LA CORTE DEI CONTI sezioni riunite per la Regione Siciliana Nell'udienza pubblica del 3 dicembre 2022 composta dai magistrati: Salvatore Pilato, Presidente sezione di controllo; Giuseppe Aloisio, Presidente sezione giurisdizionale d'appello; Vincenzo Lo Presti, Presidente sezione giurisdizionale; Adriana La Porta, consigliere; Guido Petrigni, consigliere; Giuseppe Colavecchio, consigliere; Alessandro Sperandeo, consigliere; Francesco Antonino Cancilla, consigliere; Tatiana Calvitto, primo referendario - relatore; Antonio Tea, referendario - relatore; Gaspare Rappa, referendario; Antonino Catanzaro, referendario; Massimo Giuseppe Urso, referendario - relatore; Emanuele Mio, referendario, nel giudizio di parificazione del Rendiconto generale della Regione Siciliana per l'esercizio finanziario 2020. Visti gli articoli 81, 97, primo comma, 100, secondo comma, 103, secondo comma, 117 e 119 della Costituzione; Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni ed integrazioni, e, in particolare, gli articoli 39, 40 e 41; Visto lo Statuto della Regione Siciliana, approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2; Visto l'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di Sezioni della Corte dei conti per la Regione Siciliana), a norma del quale «[l]e Sezioni regionali riunite deliberano sul rendiconto generale della Regione, in conformita' degli articoli 40 e 41 del citato testo unico»; Visto l'art. 5, comma 1, lettera a, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale); Visto l'art. 20 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione), concernente Funzioni di controllo della Corte dei conti sui bilanci delle amministrazioni pubbliche; Visto il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42); Visto l'art. 11 (Applicazione dei principi contabili e schemi di bilancio) della legge regionale 13 gennaio 2015, n. 3; Viste le deliberazioni n. 462 del 19 novembre 2021 e n. 600 del 29 dicembre 2021, con cui la Giunta della Regione Siciliana ha, rispettivamente, approvato e rettificato il Rendiconto generale della Regione Siciliana per l'esercizio finanziario 2020; Viste le note di trasmissione del Dipartimento regionale del bilancio e del tesoro - Ragioneria generale della Regione Siciliana n. 146170 del 2 dicembre 2021 (prot. n. 272 del 2 dicembre 2021) e n. 1739 del 10 gennaio 2022 (prot. n. 2 dell'11 gennaio 2022); Vista la deliberazione n. 7/2021/SSRR/INPR del 17 dicembre 2021 con la quale le Sezioni riunite per la Regione Siciliana hanno approvato il programma di lavoro per la decisione e la relazione sul Rendiconto generale della Regione Siciliana per l'anno finanziario 2020; Vista l'ordinanza n. 1/SSRR/2022/QMIG di queste sezioni riunite, in data 22 febbraio 2022, di rimessione di questioni di massima relative allo svolgimento del giudizio di parificazione; Vista la deliberazione n. 5/2022/QMIG delle Sezioni riunite in sede di controllo, depositata in data 14 aprile 2022, concernente la risoluzione delle questioni di massima; Vista la deliberazione n. 113/2022/GEST del 30 giugno 2022 della sezione di controllo per la Regione Siciliana di approvazione degli esiti della verifica del Rendiconto generale per l'esercizio 2020, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655; Viste le ordinanze presidenziali n. 7/2022/SSRR/PARI del 17 ottobre 2022 e n. 8/2022/SSRR/PARI del 31 ottobre 2022, rispettivamente di trasmissione delle bozze di relazione all'esito dell'attivita' istruttoria e di convocazione dell'adunanza in camera di consiglio del 21 novembre 2022 per lo svolgimento del contradditorio con le parti del giudizio; Viste le memorie depositate dall'Amministrazione regionale con note n. 122080 del 10 novembre 2022 (prot. n. 224 dell'11 novembre 2022), n. 123986 del 15 novembre 2022 (prot. n. 225 del 15 novembre 2022), n. 126803 del 18 novembre 2022 (prot. n. 228 del 18 novembre 2022), n. 131316 del 25 novembre 2022 (prot. n. 234 del 25 novembre 2022) e n. 135416 del 1° dicembre 2022 (prot. n. 239 del 1° dicembre 2022); Vista la requisitoria del pubblico ministero (prot. n. 238 del 28 novembre 2022), recante le richieste conclusive per la dichiarazione di parifica del Conto del bilancio e del prospetto del risultato di amministrazione, con le eccezioni specificamente individuate, e per la dichiarazione di non parifica dello Stato patrimoniale e del Conto economico, nonche' di rimessione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, dell'art. 4 della legge regionale n. 30 del 2019 e dell'art. 110 della legge regionale n. 9 del 2021; Uditi nella pubblica udienza del 3 dicembre 2022: i magistrati relatori, Tatiana Calvitto e Massimo Giuseppe Urso; il pubblico ministero nella persona del Presidente titolare della Procura generale presso la Sezione giurisdizionale d'Appello per la Regione Siciliana, Maria Rachele Anita Aronica, ha emesso la seguente ordinanza: Ritenuto in fatto 1. Svolgimento del giudizio. Il Rendiconto generale della Regione Siciliana per l'esercizio finanziario 2020, dopo essere stato approvato dalla Giunta regionale con la deliberazione n. 462 del 19 novembre 2021 e rettificato in alcuni allegati con la successiva deliberazione n. 600 del 29 dicembre 2021, e' stato presentato a queste Sezioni riunite in data 2 dicembre 2021, ai fini dello svolgimento delle funzioni disciplinate dall'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di Sezioni della Corte dei conti per la Regione Siciliana), a norma del quale «Le Sezioni regionali riunite deliberano sul rendiconto generale della Regione, in conformita' degli articoli 40 e 41 del citato testo unico» (ossia, del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, recante Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti). A seguito del deposito del documento consuntivo, le Sezioni riunite della Corte dei conti per la Regione Siciliana, con la deliberazione n. 7/2021/SSRR/PARI del 17 dicembre 2021, hanno approvato il programma di lavoro per la decisione e la relazione finale, in conformita' alle deliberazioni interpretative e di orientamento consolidate sui criteri e sulle modalita' procedimentali e processuali del giudizio di parificazione regionale (Sezione delle autonomie, deliberazione n. 9/SEZAUT/2013/INPR, Prime linee di orientamento per la parifica dei rendiconti delle regioni, ai sensi dell'art. 1, comma 5, decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213; Sezioni riunite in sede di controllo, deliberazione n. 7/SSRRCC/QMIG/13, sugli specifici profili procedimentali del giudizio di parifica; Sezione delle autonomie, deliberazione n. 14/SEZAUT/2014/INPR, Linee di orientamento sul giudizio di parificazione del rendiconto generale della regione; indirizzo di coordinamento della Procura generale, PG CdC IC/5 del 29 maggio 2014). All'esito delle camere di consiglio svoltesi in data 3 dicembre, 7 dicembre, 13 dicembre, 23 dicembre 2021, 14 gennaio e 21 gennaio 2022, queste Sezioni riunite, previo contraddittorio preliminare con le parti esperito nell'udienza in Camera di consiglio del 2 febbraio 2022 (Regione Siciliana e Ufficio di procura generale presso la Sezione giurisdizionale d'appello della Corte dei conti per la Regione Siciliana), hanno ravvisato la ricorrenza dei presupposti per sollevare alcune questioni di massima contraddistinte da particolare complessita' e rilevanza e, pertanto, con l'ordinanza n. 1/2022/QMIG, hanno deliberato di sottoporre al Presidente della Corte dei conti la valutazione dell'opportunita' di deferire alle Sezioni riunite in sede di controllo, ai sensi dell'art. 17, comma 31, del decreto-legge n. 78 del 2009, o alla Sezione delle Autonomie, ai sensi dell'art. 6, comma 4, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, la risoluzione di alcuni quesiti di carattere processuale. Le questioni di massima sono state composte dalle Sezioni riunite in sede di controllo, a norma del citato art. 17, comma 31, del decreto-legge n. 78 del 2009, con la deliberazione n. 5/2022/QMIG, depositata il 14 aprile 2022. Preso atto dei principi di diritto ivi enunciati, queste Sezioni riunite hanno dato avvio alle attivita' istruttorie a seguito del decreto del suo Presidente n. 5 del 10 maggio 2022. All'esito delle camere di consiglio del 10 e 11 ottobre 2022, con le ordinanze presidenziali n. 7/2022/SSRR/PARI del 17 ottobre 2022 e n. 8/2022/SSRR/PARI del 31 ottobre 2022, queste Sezioni riunite hanno, rispettivamente, trasmesso le bozze di relazione conseguenti allo svolgimento delle attivita' istruttorie e hanno convocato l'adunanza in camera di consiglio del 21 novembre 2022 per lo svolgimento del contradditorio con le parti del giudizio (c.d. udienza di pre-parifica). A tal fine, l'Amministrazione regionale ha depositato memorie con note n. 122080 del 10 novembre 2022 (prot. n. 224 dell'11 novembre 2022), n. 123986 del 15 novembre 2022 (prot. n. 225 del 15 novembre 2022) e n. 126803 del 18 novembre 2022 (prot. n. 228 del 18 novembre 2022). In data 3 dicembre 2022 e' stata celebrata l'udienza pubblica, preliminarmente alla quale sono state acquisite: le ulteriori memorie dell'Amministrazione regionale n. 131316 del 25 novembre 2022 (prot. n. 234 del 25 novembre 2022) e n. 135416 del 1° dicembre 2022 (prot. n. 239 del 1° dicembre 2022); la requisitoria del pubblico ministero (prot. n. 238 del 28 novembre 2022), recante, tra le altre, anche la richiesta di rimessione della questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni concernenti le modalita' di ripiano del disavanzo di amministrazione (art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019; art. 4 della legge regionale n. 30 del 2019 e dell'art. 110 della legge regionale n. 9 del 2021). Con dispositivo letto in udienza, cui ha fatto seguito la decisione n. 2/2022/PARI depositata in data 30 dicembre 2022, queste Sezioni riunite hanno accertato talune specifiche irregolarita' in ordine al Conto del bilancio e al prospetto relativo al Risultato di amministrazione e hanno dichiarato l'irregolarita' dello Stato patrimoniale e del Conto economico. Quanto ai restanti accertamenti, concernenti, in particolare, l'esatta quantificazione degli stanziamenti definitivi da iscriversi nel Conto del bilancio dell'esercizio 2020 in relazione al disavanzo finanziario, hanno, altresi', deciso la sospensione del giudizio per sollevare le questioni di legittimita' costituzionale oggetto della presente ordinanza, in ordine alle seguenti disposizioni: art. 7 (Ripiano del disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario) del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, nel testo vigente ratione temporis; art. 4 (Disavanzo finanziario al 31 dicembre 2018), comma 2, della legge regionale 28 dicembre 2019, n. 30; art. 110 (Abrogazioni e modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2020, n. 33, alla legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36 e alla legge regionale 20 gennaio 2021, n. 1), commi 3, 6 e 9, della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. Con la medesima decisione, queste Sezioni riunite hanno disposto la sospensione del giudizio anche al fine di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 90, comma 10, (Istituzione dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente) della legge regionale 3 maggio 2001, n. 6, come modificato dall'art. 58, comma 2, della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9, quanto alle spese sostenute nell'esercizio 2020 per il finanziamento annuale dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (A.R.P.A. Sicilia) a valere sulle risorse del Fondo sanitario regionale. Tale diversa questione e' oggetto di rimessione alla Corte costituzionale con separata e contestuale ordinanza (Sezioni riunite per la Regione Siciliana, ordinanza n. 2/2023/PARI). 2. Gli accertamenti sugli stanziamenti di bilancio relativi al disavanzo della Regione siciliana e sulle modalita' del suo ripiano. Il quadro normativo di riferimento. 2.1. La Relazione sulla gestione della Regione Siciliana per l'esercizio 2020, in allegato al Rendiconto in esame (allegato n. 26), indica il pieno raggiungimento degli obiettivi intermedi di ripiano del disavanzo (pagine 87-88), prendendo a riferimento le quote stanziate nel bilancio di previsione per ciascuna delle sue diverse componenti (euro 421.889.971,85) e raffrontandole con l'importo del miglioramento (euro 576.433.206,51) della parte disponibile del risultato di amministrazione a chiusura dell'esercizio (euro -6.842.282.431,72) rispetto al precedente esercizio 2019 (euro -7.418.715.638,23). 2.2. Nello specifico, il Conto del bilancio dell'esercizio 2020, oggetto del presente giudio di parificazione, registra stanziamenti definitivi a titolo di spese per il Disavanzo finanziario complessivamente pari a euro 461.889.971,86 (in particolare, capitoli di spesa nn. 1, 4, 6, 14 e 15; gli stanziamenti sono riprodotti anche nel Quadro Generale riassuntivo e nel prospetto degli Equilibri di Bilancio). Le rappresentazioni contabili concernenti le quote di ripiano del disavanzo imputate all'esercizio, presenti all'interno delle scritture consuntive sottoposte al giudizio di queste Sezioni riunite, costituiscono l'esito di iniziali stanziamenti di spesa disposti con la legge di approvazione del bilancio triennale 2020-2022 (legge regionale 12 maggio 2020, n. 10, capitoli di spesa n. 1, 4, 6, 10, 11, 14 e 15) e di variazioni successive che si sono avvicendate, non solo nel corso dell'esercizio 2020 (art. 6 e Tabella «A» della legge regionale 11 agosto 2020, n. 18, capitoli di spesa nn. 10 e 11; art. 2 e Tabella «B» della legge regionale 28 dicembre 2020, n. 33, capitoli di spesa nn. 4, 6, 14 e 15; art. 8 della legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36, capitolo di spesa n. 4), bensi' - ad esercizio ormai concluso - anche durante l'anno 2021 (art. 7, comma 1, della legge regionale 20 gennaio 2021, n. 1; art. 110, commi 3, 6, 7 e 9 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9). 2.3. Ai fini di una maggiore comprensione, si riproduce - in modo analitico e in progressione cronologica - il succedersi dei provvedimenti normativi che hanno interessato gli stanziamenti per il ripiano del disavanzo ricadenti nella competenza dell'esercizio 2020. 2.3.1. Con legge regionale 12 maggio 2020, n. 10 (Bilancio di previsione della Regione siciliana per il triennio 2020-2022) erano allocati nel Conto del bilancio dell'esercizio 2020 stanziamenti di spesa, a titolo di Disavanzo finanziario, per complessivi euro 474.446.906,78 (capitolo n. 1: euro 40.000.000,00; capitolo n. 4: euro 99.552.334,87; capitolo n. 6: 213.435.133,43; capitolo n. 10: euro 5.943,24; capitolo n. 11: euro 12.550.991,68; capitolo n. 14: euro 6.240.628,61; capitolo n. 15: euro 102.661.874,95). 2.3.2. Con legge regionale 11 agosto 2020, n. 18 (Disposizioni finanziarie) erano azzerate le quote di disavanzo iscritte nei capitoli n. 10 (euro 5.943,24) e n. 11 (euro 12.550.991,68), come previsto dall'art. 6 in combinato disposto con l'allegata Tabella «A». A seguito delle variazioni, gli stanziamenti di spesa erano pari a euro 461.889.971,86. 2.3.3. Con legge regionale 28 dicembre 2020, n. 33 (Variazioni al bilancio di previsione della Regione per l'esercizio finanziario 2020 e per il triennio 2020-2022. Modifiche di norme in materia di stabilizzazione del personale precario) molti degli stanziamenti presenti in quel momento in bilancio erano fortemente ridotti o azzerati (per una diminuzione complessiva, pari a euro 414.883.191,14, degli stanziamenti sui capitoli n. 4, 6, 14 e 15; cfr. art. 2 in combinato disposto con l'allegata Tabella «B»). A seguito delle variazioni, gli stanziamenti di spesa erano pari a euro 47.006.780,72. Avverso l'art. 3 della medesima legge regionale n. 33 del 2020, il Consiglio dei ministri ha proposto ricorso di legittimita' costituzionale in via principale ex art. 127 Cost. (atto di promovimento della Presidenza del Consiglio, iscritto nel registro dei ricorsi dei giudizi promossi in via principale e pendenti dinanzi alla Corte costituzionale, al n. 17/2021, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, prima serie speciale del 7 aprile 2021, n. 14). L'udienza di discussione e' stata fissata per la data del 25 gennaio 2023. 2.3.4. Con legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di personale e proroga di titoli edilizi. Disposizioni varie) lo stanziamento relativo al disavanzo finanziario per l'anno 2014 (capitolo n. 4) era ulteriormente ridotto di euro 1.500.000,00 (art. 8). A seguito delle variazioni, alla data del 31 dicembre 2020 gli stanziamenti di spesa erano pari a euro 45.506.780,72. 2.3.5. Con legge regionale 20 gennaio 2021, n. 1 (Autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio della Regione per l'esercizio finanziario 2021. Disposizioni finanziarie varie) erano ripristinati gli stanziamenti di spesa nella misura antecedente all'entrata in vigore della legge regionale n. 33 del 28 dicembre 2020 (art. 7). A seguito delle variazioni, gli stanziamenti di spesa alla data del 31 dicembre 2020 erano pari a euro 461.889.971,86. 2.3.6. Con l'art. 110 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2021. Legge di stabilita' regionale) erano contestualmente abrogati sia l'art. 7 della legge regionale n. 1 del 2021 (art. 110, comma 7) sia «le variazioni di euro -92.545.554,15, euro -213.435.133,43, euro -6.240.628,61 ed euro -102.661.874,95 (Missione 0, Programma 0, capitoli 000004, 000006, 000014 e 000015)» di cui alla Tabella «B» della legge regionale n. 33 del 2020 (art. 110, comma 3), nonche' l'ulteriore variazione in diminuzione di 1.500.000 sul capitolo n. 4 disposta dall'art. 8 della legge n. 36 del 2020 (art. 110, comma 6), rispettivamente con effetti dal 29 dicembre 2020 e dal 31 dicembre 2020 (secondo quanto disposto dall'art. 110, comma 9). L'assetto finale degli stanziamenti concernenti il recupero del disavanzo era il medesimo di quello raggiunto con la legge regionale n. 1 del 2021 (cioe' quello vigente ante legge regionale n. 33 del 2020). A seguito delle variazioni, pertanto, gli stanziamenti di spesa alla data del 31 dicembre 2020 erano pari di euro 461.889.971,86. 2.3.7. Le variazioni di bilancio introdotte dall'art. 110, commi 3, 6, 7 e 9, della legge regionale n. 9 del 2021 hanno, pertanto, prodotto effetti sostanziali sugli stanziamenti definitivi di spesa iscritti nel Conto del bilancio sottoposto al presente giudizio di parificazione. Si riporta a seguire il contenuto precettivo delle suddette disposizioni: art. 110, comma 3: «Alla Tabella B di cui all'art. 2 della legge regionale n. 33/2020 le variazioni di euro -92.545.554,15, euro -213.435.133,43, euro -6.240.628,61 ed euro -102.661.874,95 (Missione 0, Programma 0, capitoli 000004,000006, 000014 e 000015) sono abrogate»; art. 110, comma 6: «L'art. 8 della legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36 e' abrogato»; art. 110, comma 7: «L'art. 7 della legge regionale 20 gennaio 2021, n. 1 e' abrogato»; art. 110, comma 9: «Le abrogazioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 producono effetti con decorrenza dal 29 dicembre 2020. L'abrogazione di cui al comma 6 produce effetti con decorrenza dal 31 dicembre 2020». 2.4. Una parte degli stanziamenti definitivi di spesa per il ripiano del disavanzo di amministrazione, registrati nel Conto del bilancio sottoposto al presente giudizio di parificazione, sono regolati non solo dalle previsioni del citato art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge regionale n. 9 del 2021, ma, a monte, da una disciplina sostanziale ad hoc che discende da una fonte normativa di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana, ossia l'art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), approvato secondo il procedimento legislativo previsto dall'art. 43 dello Statuto della Regione Siciliana, cui ha fatto seguito l'art. 4, comma 2, della legge regionale 28 dicembre 2019, n. 30, concernente la quantificazione degli annuali obblighi di recupero delle diverse componenti del disavanzo in rapporto alle singole discipline di ripiano. 2.4.1. Nell'ambito delle registrazioni complessive all'interno del Conto del bilancio del 2020, si tratta, in particolare, dei seguenti stanziamenti di spesa, per un totale di euro 194.336.499,18: capitolo di spesa n. 4, euro 42.420.362,67 (quota parte del maggiore stanziamento di euro 99.552.334,87), pari a 1/10 delle quote non recuperate al 31 dicembre 2018 del disavanzo dell'esercizio 2014 (art. 4, comma 2, legge regionale n. 30 del 2019, lettera a2); capitolo di spesa n. 6, euro 49.254.261,56 (quota parte del maggiore stanziamento di euro 213.435.133,43), pari a 1/10 delle quote non recuperate al 31 dicembre 2018 del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui (art. 4, comma 2, legge regionale n. 30 del 2019, lettera b2); capitolo di spesa n. 15, euro 102.661.874,95, pari a 1/10 del disavanzo derivante dalla gestione dell'esercizio 2018 (art. 4, comma 2, legge regionale n. 30 del 2019, lettera d). 2.4.2. Nella sua versione originaria, l'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, applicabile al presente giudizio di parificazione ratione temporis, in quanto in vigore per tutto il 2020, prevedeva quanto segue: «1. In sede di prima applicazione delle presenti norme di attuazione, ferma restando la competenza statale esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci, il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018, non potranno essere ripianate oltre il limite massimo di dieci esercizi. In ogni caso l'applicazione del presente comma non puo' avere effetto sulla gestione dei pagamenti. 2. Anche al fine di tenere conto di quanto previsto dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012, il termine di dieci anni di cui al comma 1 e' ridotto a tre anni qualora, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, la Regione e lo Stato non sottoscrivano un accordo contenente specifici impegni di rientro dal disavanzo. Tali impegni, in attuazione dei principi dell'equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, di responsabilita' nell'esercizio del mandato elettivo e di responsabilita' intergenerazionale, ai sensi degli articoli 81 e 97 della Costituzione, devono garantire il rispetto di specifici parametri di virtuosita', quali la riduzione strutturale della spesa corrente, gia' con effetti a decorrere dall'esercizio finanziario 2020. La Regione si impegna, altresi', a concordare con lo Stato appositi interventi di riforma per le finalita' di cui al presente comma». 2.4.3. La disposizione ha ad oggetto il ripiano, nel limite di dieci esercizi, de «il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018» (comma 1) e, specificamente, concerne una quota di euro 1.943.364.991,73 del complessivo disavanzo di amministrazione registrato alla data del 31 dicembre 2018 (euro -7.313.398.073,97, art. 4, comma 1, della legge regionale n. 30 del 2019) e accertato con la decisione che ha definito il giudizio di parificazione del rendiconto per l'esercizio 2018 (Sezioni riunite per la Regione siciliana, deliberazione n. 6/2019/SSRR/PARI del 13 dicembre 2019), cosi' distinta: quota di euro 916.746.242,27 («quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018»), di cui: 1) euro 424.203.626,72, a titolo di quote da disavanzo ante armonizzazione contabile non recuperate alla data del 31 dicembre 2018 (art. 4, comma 2, legge regionale n. 30 del 2019, lettera a2: «il saldo finanziario negativo [...], di cui al comma 1, e' ripianato come segue [...]: in 10 quote costanti di euro 42.420.362,67 a decorrere dall'esercizio finanziario 2019 relative alle quote non recuperate al 31 dicembre 2018 del disavanzo dell'esercizio 2014 di cui alla Delib.G.R. n. 229 del 14 settembre 2015 da ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli»); 2) euro 492.542.615,55, a titolo di quote da disavanzo straordinario (extradeficit) non recuperate alla data del 31 dicembre 2018 (art. 4, comma 2, legge regionale n. 30 del 2019, lettera b2, «il saldo finanziario negativo [...], di cui al comma 1, e' ripianato come segue [...]: in 10 quote costanti di euro 49.254.261,56 a decorrere dall'esercizio finanziario 2019 relative alle quote non recuperate al 31 dicembre 2018 del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui da ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli»); quota di euro 1.026.618.749,46, a titolo di disavanzo ordinario accertato con il rendiconto 2018 e formatosi in quest'ultimo esercizio (art. 4, comma 2, legge regionale n. 30 del 2019, lettera d, «il saldo finanziario negativo [...], di cui al comma 1, e' ripianato come segue [...]: per euro 1.026.618.749,46 in 10 quote costanti di euro 102.661.874,95 a decorrere dall'esercizio 2019 relative al disavanzo derivante dalla gestione dell'esercizio 2018 da ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli»). 2.4.4. In merito alla complessiva formazione del disavanzo della Regione Siciliana, si osserva, in punto di fatto, che dall'esercizio 2015 la Regione Siciliana ha impostato i propri documenti a carattere finanziario secondo i sistemi e gli schemi della contabilita' armonizzata (art. 11 della legge regionale 13 gennaio 2015, n. 3), adottando una deliberazione per il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi, risultanti dal conto del bilancio al 31 dicembre 2014, e ricalcolando il proprio disavanzo di amministrazione alla data del 1° gennaio 2015 (Giunta regionale, deliberazione n. 204 del 10 agosto 2015, parzialmente modificata con la successiva deliberazione n. 273 del 18 novembre 2015), cosi' da avvalersi, per le corrispondenti due componenti del disavanzo derivate da tale operazione, rispettivamente, del ripiano decennale (art. 9, comma 5, del decreto-legge 13 giugno 2015, n. 78) e trentennale (art. 3, comma 16, del decreto legislativo n. 118 del 2011) offerto dalla normativa nazionale. Il disavanzo risalente alla data del 31 dicembre 2014, invero, e' adesso ripianato su base ventennale, ai sensi dei commi 779, 780 e 782 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e del comma 886 della legge 30 dicembre 2018, n. 145. La rilevante dimensione del disavanzo della Regione Siciliana, ulteriormente aggravatosi dall'esercizio 2017, rinviene la sua principale matrice in un difetto di programmazione delle effettive risorse (come rilevato dalle Sezioni riunite per la Regione Siciliana nella decisione n. 4/2018/PARI, all'esito del giudizio di parificazione del Rendiconto generale dell'esercizio 2017), nonche' nella determinazione del risultato di amministrazione in palese violazione dei nuovi principi dell'armonizzazione, come accertato negli ultimi giudizi di parificazione (Sezioni riunite per la Regione Siciliana, decisioni n. 4/2018/PARI, n. 6/2019/PARI e n. 6/2021/PARI). 2.4.5. Secondo l'esegesi gia' seguita da queste Sezioni riunite nell'esame del precedente esercizio finanziario 2019, la possibilita' dell'ammortamento decennale prevista dall'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019 e' stata espressamente subordinata alla sottoscrizione, entro novanta giorni (a partire dal 27 dicembre 2019 e con scadenza il 26 marzo 2020), di un accordo tra la Regione Siciliana e lo Stato che, invece, interveniva soltanto il 14 gennaio 2021 (cfr. citata decisione n. 6/SSRR/2021/PARI, § 10: «[I]n ossequio al principio tempus regit actum, le disposizioni di cui all'art. 7, comma 1, del decreto legislativo n. 158 del 2019, relativamente alla facolta' di ripiano in dieci anni delle quote di disavanzo non recuperate relative al rendiconto 2018, in assenza della definizione dell'accordo di cui al comma 2 entro il termine di novanta giorni originariamente previsto, non trovano applicazione agli esercizi 2019 e 2020 e pertanto le quote ordinarie di ripiano di disavanzo a carico degli esercizi 2019 e 2020 vanno definitivamente calcolate in euro 875.341.803,26 per ciascun anno»). In concomitanza con il perfezionamento di tale accordo, sopraggiungeva, infatti, il decreto legislativo 18 gennaio 2021, n. 8 (Modifiche all'art. 7 del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli), entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (ossia, dal 6 febbraio 2021), che, nel modificare la disciplina di riferimento posta dall'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, disponeva, inter alia, la sostituzione dell'iniziale termine di novanta giorni con quello del 31 gennaio 2021 (art. 1). A seguito delle variazioni apportate con la novella del gennaio 2021, l'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019 ha assunto la seguente formulazione: «1. In sede di prima applicazione delle presenti norme di attuazione, ferma restando la competenza statale esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci, il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018, saranno ripianate in dieci esercizi. In ogni caso l'applicazione del presente comma non puo' avere effetto sulla gestione dei pagamenti. Per far fronte agli effetti negativi derivanti dall'epidemia da COVID-19, le quote di copertura del disavanzo accertato con l'approvazione del rendiconto 2018, da ripianare nell'esercizio 2021, sono rinviate, esclusivamente per tale annualita', all'anno successivo a quello di conclusione del ripiano originariamente previsto. 2. Anche al fine di tenere conto di quanto previsto dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012, il termine di dieci anni di cui al comma 1 e' ridotto a tre anni secondo quanto previsto, rispetto alle tempistiche di rientro indicate al comma 1 con riferimento allo stato di emergenza dell'epidemia da COVID-19, qualora, entro il 31 gennaio 2021, la Regione e lo Stato non sottoscrivano un accordo contenente specifici impegni di rientro dal disavanzo. Tali impegni, in attuazione dei principi dell'equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, di responsabilita' nell'esercizio del mandato elettivo e di responsabilita' intergenerazionale, ai sensi degli articoli 81 e 97 della Costituzione, devono garantire il rispetto di specifici parametri di virtuosita', quali la riduzione strutturale della spesa corrente, con effetti a decorrere dall'esercizio finanziario 2021. La Regione si impegna, altresi', a concordare con lo Stato appositi interventi di riforma per le finalita' di cui al presente comma». 2.4.6. L'interpretazione e la conseguente applicazione della norma di attuazione dello Statuto contenuta nella decisione di parificazione dell'esercizio 2019, non impugnata dalla Regione siciliana, ha trovato successiva trasposizione nel Prospetto di composizione e copertura del disavanzo al 31 dicembre 2019, in allegato alla legge regionale 26 novembre 2021, n. 30 (Assestamento del Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2021 e per il triennio 2021/2023). 2.4.7. Considerata, pertanto, l'efficacia non retroattiva delle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 8 del 2021 al contenuto precettivo dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, queste Sezioni riunite, anche nel giudizio di parificazione in corso, hanno affermato che il ripiano decennale non avrebbe potuto trovare applicazione negli esercizi 2019 e 2020, cui, invece, deve applicarsi il regime di ripiano triennale delineato dall'art. 7, comma 2, nel testo vigente ratione temporis (cfr. decisione n. 2/2022/PARI, § 9.6.). Tale approccio interpretativo muove, in particolare, dal postulato contabile dell'annualita', a norma del quale le previsioni finanziarie del conto del bilancio di ciascun esercizio non potrebbero che essere regolate dalla normativa al tempo vigente, dovendosi escludere che disposizioni successive possano operare in via retroattiva su un esercizio finanziario concluso. 2.4.8. L'esito di questo percorso argomentativo ha indotto queste Sezioni riunite alla differente quantificazione delle obbligatorie iscrizioni di spesa per il complessivo recupero del disavanzo in euro 1.328.793.634,66 nell'esercizio 2020, con conseguente accertamento del mancato conseguimento degli obiettivi intermedi di ripiano del disavanzo (Sezioni riunite per la Regione Siciliana, decisione n. 2/2022/PARI, § 9.6., nonche' Relazione sul rendiconto della Regione Siciliana esercizio 2020, Vol. I, Capitolo n. 2, § 2.4.2. e tabella n. 2.33, pagine 107-119; § 2.4.4. e tabella n. 2.41, pagine 126-128). 2.4.9. Le speciali disposizioni su cui queste Sezioni riunite hanno basato la propria analisi delineano, invero, un percorso temporale di rientro differente e piu' favorevole rispetto alla disciplina generale posta dall'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011. Da quest'ultima, infatti, si ricavano le seguenti due regole generali. Per la prima, il disavanzo accertato alla fine di un esercizio deve essere applicato al primo degli esercizi del bilancio di previsione in corso di gestione (art. 42, comma 12, primo periodo), con facolta' di ripiano «negli esercizi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della legislatura regionale, contestualmente all'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio» (art. 42, comma 12, terzo periodo). Quanto alla seconda regola, le quote delle componenti del disavanzo proveniente dagli esercizi precedenti, non recuperate nell'esercizio su cui cade il relativo obbligo di ripiano, devono essere immediatamente e integralmente applicate al primo degli esercizi del bilancio in corso di gestione, in quanto, mancando i presupposti per una qualificazione in termini di "nuovo disavanzo", non ricorrerebbero le condizioni della dilazione offerta dal terzo periodo della disposizione (Corte costituzionale, sentenza n. 246 del 2021, § 6 del considerato in diritto; sentenza n. 268 del 2022, § 6.1. del considerato in diritto). 2.4.10. Con riguardo alle quote di disavanzo da extradeficit, deve ricordarsi che le modalita' di ripiano sono state definite anche dal decreto del MEF 2 aprile 2015 (in attuazione dell'art. 3, commi 15 e 16, del decreto legislativo n. 118 del 2011), il cui art. 2, comma 1, opera un rinvio all'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011, con riferimento alle Regioni («[l]a quota del disavanzo al 1° gennaio 2015 determinato a seguito del riaccertamento straordinario effettuato in attuazione dell'art. 3, comma 7, del decreto legislativo n. 118 del 2011, di importo corrispondente al disavanzo individuato in sede di approvazione del rendiconto 2014 e' ripianata dalle regioni secondo le modalita' previste dall'art. 42, comma 12, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 [...]»). L'art. 4, comma 2, disciplina, poi, le modalita' di verifica del ripiano del disavanzo da riaccertamento straordinario, negli esercizi successivi al 2015 e sino al suo completo ripiano, individuando la consueta regola del ribaltamento integrale della quota non recuperata (a norma del secondo periodo: «[s]e [...] il disavanzo applicato non e' stato recuperato, la quota non recuperata nel corso dell'esercizio, o il maggiore disavanzo registrato rispetto al risultato di amministrazione dell'esercizio precedente, e' interamente applicata al primo esercizio del bilancio di previsione in corso di gestione, in aggiunta alla quota del recupero del maggiore disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario prevista per tale esercizio, in attuazione dell'art. 3, comma 16, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118»). Circa l'interpretazione del quadro normativo appena delineato, le Sezioni riunite in speciale composizione, con la sentenza n. 1 del 2019, pronunciata nell'ambito del giudizio di parificazione del rendiconto della Regione Siciliana dell'esercizio 2017, hanno affermato che «[n]el caso in cui il ripiano puo' avvenire in piu' esercizi, il raggiungimento dell'equilibrio di bilancio viene diluito in un tempo massimo prestabilito dal legislatore, e non puo' ulteriormente essere dilatato dall'ente. Ne consegue che, una volta acceduto ad un piano di rientro che prevede il ripiano pluriennale nel massimo periodo temporale consentito, le quote di disavanzo non recuperate vanno ad aggiungersi a quelle da recuperare nell'esercizio successivo, tornando ad avere applicazione la regola generale prevista dall'art. 42, comma 12, primo periodo. D'altronde, diversamente opinando, l'ente, nella migliore ipotesi, ripianerebbe il disavanzo in un periodo di tempo maggiore rispetto a quello consentito dal legislatore, oppure, non avendo piu' alcuna scadenza finale per il raggiungimento del pareggio, potrebbe restare, anche in questo caso, in una situazione di squilibrio permanente. Poiche' la regola della traslazione della quota non ripianata all'esercizio successivo e' implicita nell'ordinamento contabile, la disposizione, contenuta nell'art. 4, comma 2, del decreto ministeriale 2 aprile 2015 per il maggior disavanzo da riaccertamento dei residui, e' da considerare una norma meramente tecnica, attuativa di principi generali e di norme attuative dettate dalla Costituzione e dal decreto legislativo n. 118/2011». 2.4.11. Il percorso di rientro dal disavanzo oggetto della norma di attuazione dello Statuto, nel testo vigente ratione temporis, si presenta piu' favorevole rispetto alla disciplina di fonte statale in ragione del concreto raffronto degli effetti scaturenti dall'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011 rispetto a quelli dell'art. 7, comma 2, del decreto legislativo n. 158 del 2019, cui queste Sezioni riunite devono dare applicazione secondo l'esegesi gia' illustrata in precedenza (supra, § 2.4.4. e 2.4.6.). Nell'esercizio 2020, infatti, le quote del disavanzo indicate dal comma 1 sono soggette alle particolari condizioni di cui al comma 2, con conseguente obbligo di ripiano nella misura di 1/3 anziche' di 1/10. Ove, dunque, non fosse stata approvata la speciale disciplina di attuazione dello Statuto, gli stanziamenti da effettuare nell'esercizio 2020 avrebbero dovuto rispettare gli obblighi di programmazione imposti dall'art. 42, comma 12, primo e terzo periodo, del decreto legislativo n. 118 del 2011, con la conseguenza che questi ultimi sarebbero stati, complessivamente, differenti e superiori a quelli iscritti nel Conto del bilancio oggetto del presente giudizio di parificazione. Considerata, infatti, la regola dell'automatica traslazione all'esercizio in corso di gestione delle quote non recuperate alla data del 31 dicembre 2018 (disavanzo ante armonizzazione, euro 424.203.626,72; disavanzo da riaccertamento straordinario dei residui, euro 492.542.615,55), ai sensi dell'art. 42, comma 12, primo periodo, del decreto legislativo n. 118 del 2011, nell'esercizio 2020, avrebbero dovuto necessariamente essere effettuati gli stanziamenti di spesa per darne integrale copertura, al netto di quelli gia' effettuati (in misura insufficiente) nell'esercizio 2019 (rispettivamente pari a 1/10, ossia euro 42.420.362,67 ed euro 49.254.261,56), primo anno da cui decorrevano gli effetti dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019 e dell'art. 4 della legge regionale n. 30 del 2019. Per la nuova quota del disavanzo proveniente dall'esercizio finanziario 2018 (disavanzo ordinario 2018, pari a euro 1.026.618.749,46), diversamente, avrebbe potuto trovare applicazione l'art. 42, comma 12, terzo periodo, del decreto legislativo n. 118 del 2011, con conseguente recupero su base triennale (euro 342.206.249,82, per ciascuno degli esercizi 2019, 2020 e 2021) e con effetti analoghi a quelli previsti dall'art. 7, comma 2, del decreto legislativo n. 158 del 2019, che, nella versione vigente ratione temporis, ne imponeva il ripiano in anni tre a seguito dello scadere del termine originario per la conclusione dell'Accordo con lo Stato (26 marzo 2020). 2.4.12. Si offre una rappresentazione sintetica degli obblighi di stanziamento che avrebbero dovuto discendere dalla citata norma statale in raffronto a quelli conseguenti all'attuazione del percorso triennale delineato dalla norma di attuazione dello Statuto, secondo gli accertamenti di queste Sezioni riunite (decisione n. 2/2022/PARI, Relazione sul rendiconto della Regione Siciliana esercizio 2020, Vol. I, Capitolo n. 2, §§ 2.5.5.-2.5.6. e tabella n. 2.42, pagine 132-134). Parte di provvedimento in formato grafico Puo' osservarsi che, in base ai precetti contenuti nell'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011, gli stanziamenti obbligatori di spesa, da quantificare in euro 1.634.375.715,41, si presentano, all'evidenza, diversi e piu' consistenti rispetto agli stanziamenti registrati nel Conto del bilancio oggetto del presente giudizio di parificazione, pari a euro 461.889.971,86, per effetto della disciplina sostanziale di ripiano decennale seguita dalla Regione Siciliana nell'applicazione dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019 e dell'art. 4 della legge regionale n. 30 del 2019. Essi sono, altresi', superiori anche a quelli che - per euro 1.328.793.634,70 - avrebbero dovuto trovare allocazione nel Conto del bilancio del 2020, per effetto del ripiano triennale previsto dall'art. 7, comma 2, del decreto legislativo n. 158 del 2019, vigente ratione temporis, da applicare secondo il criterio interpretativo reso da queste Sezioni riunite (ossia, irretroattivita', sull'esercizio 2020 gia' concluso, degli effetti della novella contenuta nel decreto legislativo n. 8 del 2021). 2.5. Come illustrato in precedenza (supra, §§ 2.3.6. e 2.3.7.), gli importi degli stanziamenti definitivi iscritti nei capitoli di spesa del Conto del bilancio a titolo di Disavanzo finanziario, pari complessivamente a euro 461.889.971,86, costituiscono l'esito finale di interventi normativi intervenuti nel corso del 2021 sull'articolazione del bilancio risultante alla data del 31 dicembre 2020, con effetti retroattivi a partire dal 29 dicembre 2020 (art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge regionale n. 9 del 2021). In base alle disposizioni vigenti al momento della chiusura dell'esercizio, infatti, l'ammontare dei pertinenti stanziamenti di spesa era pari a euro 45.506.780,72. Per il quadro normativo in materia, la misura del disavanzo iscritto in bilancio influenza l'ampiezza dello spazio finanziario per la copertura di nuove spese a mezzo dell'applicazione di quote del risultato di amministrazione (art. 1, commi 897 e 898, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e decreto legislativo n. 118 del 2011, allegato n. 4/2, §§ 9.2.15 e 9.2.16). Con riguardo, in concreto, alla gestione finanziaria dell'esercizio 2020, la Regione Siciliana, per il finanziamento di nuove spese, ha applicato quote accantonate, vincolate e destinate del risultato di amministrazione complessivamente corrispondenti all'importo di euro 694.700.914,92, in parte preponderante (nello specifico, per euro 690.671.572,65) a mezzo di variazioni di bilancio delle previsioni di entrata e di spesa disposte direttamente con provvedimenti di natura amministrativa, alcuni dei quali adottati anche successivamente alla data del 29 dicembre 2020 (momento di decorrenza delle variazioni di bilancio retroattive), secondo l'elencazione in allegato al Rendiconto in esame (allegato n. 25 - Sviluppo delle variazioni alle previsioni). Queste Sezioni riunite, nella decisione n. 2/2022/PARI (§ 9.11.-9.12.; cfr. anche Relazione sul rendiconto della Regione Siciliana esercizio 2020, Vol. I, Capitolo n. 2, §§ 2.5.10.-2.5.11. e tabella n. 2.43, pagine 136-138), hanno accertato che dall'esatta determinazione degli stanziamenti definitivi per il ripiano del disavanzo dipende il definitivo accertamento della legittimita'/illegittimita' delle maggiori spese scaturenti dal superamento dei limiti quantitativi per l'utilizzo delle quote vincolate, accantonate e destinate del risultato di amministrazione, fissati dalle norme in materia. Ove, infatti, queste Sezioni riunite dovessero prendere a riferimento lo stanziamento definitivo alla data del 31 dicembre 2020, in assenza delle modifiche normative retroattive avvenute nel corso del 2021 in base all'art. 110 della legge regionale n. 9 del 2021 della cui legittimita' si dubita, il limite in questione - come concretamente determinato in applicazione delle disposizioni normative in materia - dovrebbe ritenersi non rispettato per l'importo di euro 5.777.009,60. Parte di provvedimento in formato grafico 2.6. Quanto alle vicende di interesse circa le fasi del procedimento legislativo antecedenti all'entrata in vigore della speciale disciplina di ripiano del disavanzo della Regione siciliana, deve annoverarsi la circostanza che lo schema del decreto legislativo recante disposizioni di attuazione dello Statuto in materia di armonizzazione contabile e' stato sottoposto al parere della Corte dei conti, Sezioni riunite in sede consultiva, che, in proposito, hanno esitato la deliberazione n. 4/2019/CONS, depositata in data 29 ottobre 2019. Si osserva che la disciplina in argomento era posta dall'art. 8 del predetto schema, rubricato Ripiano del disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario, contenente una formulazione del precetto normativo sostanzialmente diversa da quella effettivamente entrata in vigore. Essa, infatti, prevedeva: «1. In sede di prima applicazione delle presenti norme di attuazione, ferma restando la competenza statale esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, il ripianamento del maggior disavanzo derivante dalla cancellazione dei residui reimputati in sede di riaccertamento straordinario, non potra' essere ripianato oltre il limite massimo di dieci esercizi. 2. L'efficacia del presente articolo e' condizionata al parere favorevole della Corte dei conti, Sezioni riunite Centrali, in sede consultiva» (testo approvato dalla Commissione paritetica ex art. 43 dello Statuto nella seduta del 12 giugno 2019. Sul punto, cfr. Assemblea regionale siciliana, Servizio Studi, Documento n. 21, ottobre 2019, Note in materia di rapporti finanziari Stato - Regione, pagine 120-122). In merito alle questioni affrontate nel parere, le Sezioni riunite in sede consultiva, nel concludere per l'inopportunita' della «previsione di tale articolo nello schema normativo», formulavano alcune concise ma significative osservazioni circa la legittimita' costituzionale della disposizione all'esame per una «una serie di aspetti problematici», pur osservando che «nella sede consultiva non e' possibile svolgere l'ampiezza delle argomentazioni che puo' valutare il giudice delle leggi, ma e' necessario attestarsi sulle norme vigenti». In particolare, era espresso il dubbio: da un lato, che, attraverso norme di attuazione dello Statuto, potesse essere autorizzata una riedizione delle operazioni di riaccertamento straordinario dei residui, introducendo una disciplina derogatoria tale da «incidere sul modello generale tracciato dalla legge statale, in una materia quale quella della armonizzazione contabile nella quale e' prevista la competenza statale esclusiva»; dall'altro, che potesse essere consentito il «differimento del riequilibrio in tempi molto prolungati attraverso una norma che sostanzialmente» avrebbe disciplinato «una fattispecie per certi aspetti analoga a quella che ha dato origine alla sentenza della Corte costituzionale n. 18 del febbraio 2019». 2.7. Occorre, infine, osservare che, successivamente all'entrata in vigore dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, il legislatore e' nuovamente intervenuto - con il procedimento previsto per l'attuazione dello Statuto - sulla speciale disciplina di ripiano del disavanzo, innestando sul percorso di rientro decennale ulteriori previsioni eccezionali e in deroga che, con riferimento agli esercizi finanziari 2021 e 2022, hanno consentito di alleggerire l'ammontare finale degli stanziamenti delle quote di competenza, posticipandone gli obblighi di recupero ad esercizi futuri. In questo caso, tuttavia, le previsioni in deroga non hanno riguardato unicamente «il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018» (art. 7, comma 1), bensi' tutte le ulteriori componenti del disavanzo finanziario «accertato con l'approvazione del rendiconto 2018» (nello specifico: disavanzo dell'esercizio 2014, disavanzo da riaccertamento straordinario dei residui, disavanzo derivante dalla gestione dell'esercizio 2017; per la composizione del disavanzo finanziario alla data del 31 dicembre 2018, cfr. il citato art. 4 della legge regionale n. 30 del 2019). In particolare, l'art. 1 del citato decreto legislativo n. 8 del 2021, nel modificare l'art. 7, comma 1, del decreto legislativo n. 158 del 2019 ha cosi' disposto: «Per far fronte agli effetti negativi derivanti dall'epidemia da Covid-19, le quote di copertura del disavanzo accertato con l'approvazione del rendiconto 2018, da ripianare nell'esercizio 2021, sono rinviate, esclusivamente per tale annualita', all'anno successivo a quello di conclusione del ripiano originariamente previsto». L'art. 1 del decreto legislativo 9 giugno 2022, n. 87, ha introdotto nell'art. 7 il seguente comma 2-bis: «Per l'anno 2022 la copertura della somma di 211 milioni di euro, pari alla meta' dell'importo relativo alle quote ordinarie di copertura del disavanzo accertato con l'approvazione del rendiconto 2018 che dovrebbe essere recuperato nel 2022, e' rinviata al secondo esercizio successivo a quello di conclusione del ripiano originariamente previsto; il predetto rinvio e' subordinato al rispetto da parte della Regione Siciliana dell'Accordo sottoscritto con lo Stato in data 14 gennaio 2021 per il ripiano decennale del disavanzo. In caso di mancato rispetto in un anno degli impegni del citato Accordo del 14 gennaio 2021, ivi compresi gli obblighi di certificazione di cui al punto 5 del medesimo Accordo, la quota di ripiano 2022 oggetto di rinvio e' interamente applicata al primo esercizio del bilancio di previsione in corso di gestione in aggiunta alle quote ordinarie del recupero del disavanzo». Considerato in diritto 1. Le norme oggetto della questione di legittimita' costituzionale. All'esito dell'istruttoria relativa alla quantificazione degli stanziamenti definitivi da iscriversi nel conto del bilancio dell'esercizio 2020 in relazione al disavanzo finanziario e al conseguimento degli obblighi intermedi e annuali di ripiano (supra, § 2 e relativi sottoparagrafi, parte in fatto), queste sezioni riunite, con dispositivo pronunciato nell'udienza del 3 dicembre 2022, cui e' seguito il deposito della deliberazione n. 2/2022/PARI, hanno deciso la sospensione del giudizio per sollevare le questioni di legittimita' costituzionale oggetto della presente ordinanza, in ordine alle seguenti disposizioni, che sono alla base dell'articolazione e della gestione del bilancio quanto al programma di recupero del disavanzo oggetto di rendicontazione nell'esercizio finanziario 2020 (supra, §§ 2.3.6-2.3.7; §§ 2.4.-2.4.11): art. 7 (Ripiano del disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario) del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, nel testo vigente ratione temporis; art. 4 (Disavanzo finanziario al 31 dicembre 2018), comma 2, della legge regionale 28 dicembre 2019, n. 30; art. 110 (Abrogazioni e modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2020, n. 33, alla legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36 e alla legge regionale 20 gennaio 2021, n. 1), commi 3, 6 e 9, della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. 1.1. Come gia' visto (supra, § 2.4. e relativi sottoparagrafi, parte in fatto), l'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, nel testo vigente ratione temporis, ha individuato un percorso di ripiano di alcune quote del complessivo disavanzo finanziario registrato alla data del 31 dicembre 2018 (quelle concernenti, in particolare, il disavanzo della gestione 2018 e le quote di disavanzo non recuperate entro il termine dello stesso esercizio) in deroga al modello generale e uniforme di disciplina posto dall'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011 («1. In sede di prima applicazione delle presenti norme di attuazione, ferma restando la competenza statale esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci, il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018, non potranno essere ripianate oltre il limite massimo di dieci esercizi. In ogni caso l'applicazione del presente comma non puo' avere effetto sulla gestione dei pagamenti. 2. Anche al fine di tenere conto di quanto previsto dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012, il termine di dieci anni di cui al comma 1 e' ridotto a tre anni qualora, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, la regione e lo Stato non sottoscrivano un accordo contenente specifici impegni di rientro dal disavanzo. Tali impegni, in attuazione dei principi dell'equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, di responsabilita' nell'esercizio del mandato elettivo e di responsabilita' intergenerazionale, ai sensi degli articoli 81 e 97 della Costituzione, devono garantire il rispetto di specifici parametri di virtuosita', quali la riduzione strutturale della spesa corrente, gia' con effetti a decorrere dall'esercizio finanziario 2020. La Regione si impegna, altresi', a concordare con lo Stato appositi interventi di riforma per le finalita' di cui al presente comma»). 1.2. Come illustrato (supra, § 2.4. e relativi sottoparagrafi, parte in fatto), l'art. 4, comma 2, della legge regionale n. 30 del 2019 ha introdotto disposizioni applicative dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, quantificando le quote oggetto di stanziamento e di ripiano annuale in deroga all'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011 (lett. a2: «in 10 quote costanti di euro 42.420.362,67 a decorrere dall'esercizio finanziario 2019 relative alle quote non recuperate al 31 dicembre 2018 del disavanzo dell'esercizio 2014 di cui alla Delib.G.R. n. 229 del 14 settembre 2015 da ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli»; lettera b2: «in 10 quote costanti di euro 49.254.261,56 a decorrere dall'esercizio finanziario 2019 relative alle quote non recuperate al 31 dicembre 2018 del disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui da ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli»; lettera d: «per euro 1.026.618.749,46 in 10 quote costanti di euro 102.661.874,95 a decorrere dall'esercizio 2019 relative al disavanzo derivante dalla gestione dell'esercizio 2018 da ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli»). 1.3. Secondo l'analisi svolta in precedenza (supra, § 2.3. e relativi sottoparagrafi, parte in fatto), l'art. 110, commi 3, 6 e 7, della legge regionale n. 9 del 2021 ha disposto, ad esercizio finanziario ormai concluso, variazioni di bilancio con effetti sostanziali sugli stanziamenti definitivi di spesa iscritti nel Conto del bilancio del 2020 sottoposto al presente giudizio di parificazione, con quantificazioni che discendono dall'attuazione dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019 e dell'art. 4, comma 2, della legge regionale 30 del 2019 (comma 3: «Alla Tabella B di cui all'art. 2 della legge regionale n. 33/2020 le variazioni di euro -92.545.554,15, euro -213.435.133,43, euro -6.240.628,61 ed euro -102.661.874,95 (Missione 0, Programma 0, capitoli 000004,000006, 000014 e 000015) sono abrogate»; comma 6: «L'art. 8 della legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36 e' abrogato»; comma 9: «Le abrogazioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 producono effetti con decorrenza dal 29 dicembre 2020.L'abrogazione di cui al comma 6 produce effetti con decorrenza dal 31 dicembre 2020»). 2. La legittimazione a sollevare la questione di legittimita' costituzionale. La legittimazione di queste sezioni riunite a sollevare questione di legittimita' costituzionale, ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nel corso del giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Siciliana, e' gia' stata riconosciuta dalla Corte costituzionale sin dalla sentenza n. 121 del 1966. Piu' in generale, la legittimazione della Corte dei conti quale giudice a quo, nello svolgimento delle funzioni di parificazione dei rendiconti regionali, a norma dell'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 231, e' stata costantemente ammessa dalla Corte costituzionale in plurime decisioni (ex multis, sentenze n. 181 del 2015, n. 89 del 2017, n. 196 del 2018, n. 138 e n. 146 del 2019, n. 112 e n. 244 del 2020, n. 215 e n. 235 del 2021, n. 253 del 2022), in quanto «la Corte dei conti, in sede di giudizio di parificazione del bilancio, e' legittimata a promuovere questione di legittimita' costituzionale avverso le disposizioni di legge che determinano, nell'articolazione e nella gestione del bilancio stesso, effetti non consentiti dai principi posti a tutela degli equilibri economico-finanziari e dagli altri precetti costituzionali, che custodiscono la sana gestione finanziaria, giacche', nella parifica del rendiconto regionale, ricorrono integralmente tutte le condizioni per le quali e' ammessa la possibilita' di sollevare questione di legittimita' costituzionale in via incidentale, in una situazione analoga a quella in cui si trova un qualsiasi giudice (ordinario o speciale), allorche' procede a raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve giudicare alle leggi che li concernono» (Corte costituzionale, sentenza n. 215 del 2021, § 4 del considerato in diritto). 3. La rilevanza delle questioni nel presente giudizio. Ai fini della definizione del presente giudizio di parificazione, assume rilievo la questione della legittimita' costituzionale di una normativa speciale e derogatoria sul ripiano del disavanzo della Regione Siciliana, quale quella posta dalla norme oggetto di scrutinio, disciplinante modalita' di recupero diverse dal contenuto precettivo del regime ordinario individuato dall'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011, in quanto essa costituisce il sostrato normativo alla base della quantificazione degli stanziamenti di spesa del Conto del bilancio dell'esercizio 2020 e dei conseguenti obiettivi annuali intermedi di ripiano oggetto di programmazione e di rendicontazione. 3.1. Nella considerazione che l'essenza del giudizio di parificazione risiede nel raffronto fra la rappresentazione contabile ed i relativi presupposti di diritto («verificazione»), occorre accertare se l'atto di imputazione al bilancio previsionale del quantum di disavanzo pregresso sia compatibile con l'attuale assetto costituzionale, potendo condizionare, in tutto o in parte, il giudizio finale sul Rendiconto generale all'esame. Qualora, infatti, le norme sospettate di incostituzionalita' dovessero essere espunte dall'ordinamento giuridico, la posta di disavanzo iscritto in spesa nel bilancio dell'esercizio 2020 si appaleserebbe illegittima in quanto gravemente sottostimata (supra, § 2.4.12., parte in fatto), con la immediata conseguenza della compromissione del principale saldo di bilancio, ovvero il risultato di amministrazione di fine esercizio, e con potenziale travolgimento dell'intera programmazione e della correlata rendicontazione. Occorre ricordare, sul punto, che la Corte costituzionale ha recentemente affermato: «E' evidente che predeterminare in questo modo, peraltro palesemente riduttivo, i disavanzi precedentemente emersi, comporta una alterazione degli equilibri, che finiscono per collidere frontalmente con gli obiettivi di finanza pubblica, e con la corretta determinazione delle risultanze gestionali oggetto del sindacato di legittimità-regolarita' della Corte dei conti. Tutto cio' comporta, inoltre, il travolgimento dell'intera programmazione e della correlata rendicontazione, elementi necessari per custodire dinamicamente l'equilibrio in tutte le fasi del ciclo di bilancio» (sentenza n. 235 del 2021, § 6 del considerato in diritto). Si tratta di un aspetto che - tra gli altri - connota, in generale, l'essenza della funzione del giudizio di parificazione ai sensi dell'art. 39 del regio decreto n. 1214 del 1934, dovendo quest'ultimo riscontrare anche l'effettiva legittimita' della gestione annuale inerente al rendiconto (Corte costituzionale, sentenza n. 49 del 2018, § 3 del considerato in diritto), attraverso l'accertamento della sussistenza della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarita' della gestione finanziaria (art. 1, comma 7, del decreto-legge n. 174 del 2012), in quanto «il bilancio e' un "bene pubblico" nel senso che e' funzionale a sintetizzare e rendere certe le scelte dell'ente territoriale, sia in ordine all'acquisizione delle entrate, sia alla individuazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche, onere inderogabile per chi e' chiamato ad amministrare una determinata collettivita' ed a sottoporsi al giudizio finale afferente al confronto tra il programmato ed il realizzato» (Corte costituzionale, sentenza n. 184 del 2016, § 3 del considerato in diritto). 3.2. In conformita' all'essenza del giudizio di parificazione, riconosciuto dalla consolidata giurisprudenza costituzionale quale «risultato dell'esercizio di una funzione di controllo-garanzia, a esito dicotomico (parifica/non parifica), [...] in vista dell'obiettivo di assicurare la conformita' dei fatti di gestione rappresentati nel rendiconto al diritto del bilancio e, in specie, ai principi della legalita' costituzionale in tema di finanza pubblica», al fine «di mettere a disposizione anche dell'ente controllato dati contabili corretti che riflettono le condizioni del bilancio a una certa data e incidono sul suo ciclo» (Corte costituzionale, sentenza n. 184 del 2022, § 5.2 del considerato in diritto), queste sezioni riunite sono tenute a sottoporre a verifica il perseguimento degli obiettivi annuali di recupero del disavanzo di amministrazione, la cui rappresentazione contabile trova sintesi nel principale saldo registrato a consuntivo della gestione dell'esercizio, ossia il risultato di amministrazione (prospetto dimostrativo del risultato di amministrazione in allegato al Rendiconto, totale parte disponibile - lettera E; decreto legislativo n. 118 del 2011, allegato n. 4/1, § 13.7. e decreto legislativo n. 4/2, § 9.2.20). In linea generale, deve essere oggetto di riscontro l'eventuale miglioramento totale o parziale del risultato di amministrazione rispetto a quello registrato a chiusura dell'anno antecedente, secondo la metodologia imposta dall'ordinamento contabile, che, con riferimento a ciascuna singola componente del disavanzo proveniente dal precedente esercizio e in rapporto agli stanziamenti da iscriversi nel Conto del bilancio, richiede di confrontare gli importi da ripianare in attuazione delle rispettive discipline concernenti i singoli piani di rientro (decreto legislativo n. 118 del 2011, allegato n. 4/1, § 13.10.3). A seguito di tali accertamenti di legittimita'/regolarita', ove il miglioramento imposto dalle norme sul recupero del disavanzo non dovesse effettivamente realizzarsi, in tutto o in parte, la successiva approvazione del rendiconto da parte dell'organo legislativo - all'esito del giudizio di parificazione - produrrebbe obblighi immediatamente conformativi a carico dell'esercizio in corso di gestione, secondo il principio di continuita' tra gli esercizi finanziari pubblici. In linea generale, infatti, «le quote del disavanzo applicate al bilancio e non recuperate sono interamente applicate al primo esercizio del bilancio di previsione in corso di gestione, in aggiunta alle quote del recupero previste dai piani di rientro in corso di gestione con riferimento a tale esercizio» (decreto legislativo n. 118 del 2011, allegato 4/2, § 9.2.26). Nell'ipotesi in cui sussistano norme autorizzative sulle specifiche modalita' di ripiano di singole quote del disavanzo di amministrazione, la relazione sulla gestione deve descrivere le diverse partizioni del disavanzo e la composizione delle relative frazioni di ripiano applicate al bilancio dell'esercizio rendicontato, ponendo, altresi', in evidenza quelle che gravano sugli esercizi considerati nel bilancio di previsione del triennio successivo (e degli ulteriori periodi finanziari), secondo la rappresentazione sintetica contenuta in appositi prospetti che l'Ente e' tenuto a redigere (decreto legislativo n. 118 del 2011, allegato n. 4/1, § 13.10.3). Secondo le prescrizioni dell'ordinamento contabile, la colonna del prospetto relativa all'esercizio successivo a quello oggetto di rendicontazione, deve, infatti, dare evidenza della «quota del disavanzo non ripianata nell'esercizio precedente, secondo le modalita' previste dalle norme». La corretta redazione di tali prospetti a consuntivo della gestione, in definitiva, pone in rapporto di continuita' l'esercizio rendicontato rispetto a quelli in corso di gestione e ai successivi periodi finanziari, sotto il profilo della programmazione degli obblighi di rientro dal disavanzo. Le verifiche sugli obblighi annuali del ripiano del disavanzo di amministrazione, dunque, sono preordinate a garantire il «principio di continuita' degli esercizi finanziari pubblici [che] e' uno dei parametri teleologicamente collegati al principio dell'equilibrio pluriennale del bilancio di cui all'art. 81 della Costituzione, in quanto collega gli esercizi sopravvenienti nel tempo in modo ordinato e concatenato, consentendo di inquadrare in modo strutturale e pluriennale la stabilita' dei bilanci preventivi e successivi. Esso esige che ogni rendiconto sia geneticamente collegato alle risultanze dell'esercizio precedente, dalle quali prende le mosse per la determinazione delle proprie (Corte costituzionale, sentenza n. 49 del 2018, § 2 del considerato in diritto). 3.3. In riferimento all'art. 110, commi 3, 6 e 9 della legge regionale n. 9 del 2021, assume rilevanza la questione della sua legittimita' costituzionale anche in relazione alle variazioni, ad esercizio finanziario ormai concluso, con effetti retroattivi sull'articolazione del bilancio risultante alla data del 31 dicembre 2020 (supra, § 2.5. parte in fatto), ai fini della verifica del superamento o meno dell'ampiezza dello spazio finanziario per la copertura di nuove spese a mezzo dell'applicazione di quote del risultato di amministrazione (art. 1, commi 897 e 898, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e decreto legislativo n. 118 del 2011, allegato n. 4/2, §§ 9.2.15 e 9.2.16). 3.4. La rimozione dall'ordinamento giuridico delle norme sospettate di illegittimita' costituzionale, di cui queste Sezioni riunite devono fare applicazione ai fini degli accertamenti oggetto del presente giudizio, rileva, nell'ipotesi di accoglimento della presente questione, sotto il profilo del percorso argomentativo idoneo a sostenere la decisione del processo principale in termini di parifica/non parifica di singole partizioni del documento consuntivo in esame o della sua integralita'. Sul punto, si rinvia agli orientamenti della Corte costituzionale, che, con la recente sentenza n. 215 del 2021, ha affermato: «In punto di rilevanza, per costante orientamento di questa Corte, essenziale e sufficiente a conferire rilevanza alla questione prospettata e' ""che il giudice debba effettivamente applicare la disposizione della cui legittimita' costituzionale dubita nel procedimento pendente avanti a se' (sentenza n. 253 del 2019) e che la pronuncia della Corte "influi[sca] sull'esercizio della funzione giurisdizionale, quantomeno sotto il profilo del percorso argomentativo che sostiene la decisione del processo principale (tra le molte, sentenza n. 28 del 2010)" (sentenza n. 20 del 2016)"" (sentenza n. 84 del 2021). E' inoltre necessario che il rimettente illustri le ragioni che "determinano la pregiudizialita' della questione sollevata rispetto alla definizione del processo principale" (sentenza n. 105 del 2018)» (§ 5.1. del considerato in diritto). 3.5. In conclusione, la decisione sulla legittimita' degli stanziamenti relativi alle quote di disavanzo da ripianare, iscritti nel Conto del bilancio del rendiconto dell'esercizio 2020, postula: a) per tutte le suddette partite contabili, l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 110, commi 3, 6 e 9 della legge regionale n. 9 del 2021, essendo la loro esposizione nel predetto documento consuntivo l'effetto retroattivo di tali enunciati normativi; b) per una parte di esse (ossia quelle concernenti il disavanzo derivante dalla gestione 2018 e le quote non recuperate al termine del medesimo esercizio), l'applicazione anche delle disposizioni di cui agli articoli 7 (Ripiano del disavanzo derivante dagli effetti del riaccertamento straordinario) del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158, nel testo vigente ratione temporis, e 4 (Disavanzo finanziario al 31 dicembre 2018), comma 2, della legge regionale 28 dicembre 2019, n. 30, rinvenendosi in queste ultime le prescrizioni specifiche e derogatorie dettate per la loro quantificazione. La rimozione dall'ordinamento giuridico delle norme citate sub a) porterebbe a sancire l'illegittimita' degli stanziamenti relativi al disavanzo da recuperare riportati nel Conto del bilancio del 2020, nonche' a rilevare la violazione dei limiti posti dal menzionato art. 1, commi 897 e 898, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e dai paragrafi 9.2.15 e 9.2.16 dell'allegato n. 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011 in tema di limiti all'applicazione di avanzo per gli enti in disavanzo. Mentre, l'eliminazione delle norme richiamate sub b) condurrebbe non solo ad accertare l'illegittimita' di quegli stanziamenti relativi al disavanzo da recuperare riportati nel Conto del bilancio del 2020 afferenti, in particolare, agli aggregati de «il disavanzo e le quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto 2018», ma anche ad enunciare quella che avrebbe dovuto essere la loro corretta e maggiore quantificazione, ai sensi dell'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011, con ulteriori eventuali statuizioni in merito alla compromissione dell'intera programmazione finanziaria dell'esercizio 2020, nonche' con tutti i conseguenti effetti conformativi sul bilancio dell'esercizio in corso di gestione. Ne deriva l'evidente rilevanza delle questioni sollevate con la presente ordinanza. 4. Profili di non manifesta infondatezza e individuazione dei paradigmi costituzionali violati. Occorre soffermarsi sui profili di non manifesta infondatezza dei dubbi di legittimita' ricadenti sulle disposizioni oggetto di scrutinio e, conseguentemente, sui parametri normativi di cui si paventa la violazione. 4.1. I dubbi di legittimita' costituzionale dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, dell'art. 4, comma 2, della legge regionale n. 30 del 2019 e dell'art. 110, commi 3, 6 e 9 della legge regionale n. 9 del 2021: violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione 4.1.1. Viene, innanzitutto, in evidenza la violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che ascrive alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell'«armonizzazione dei bilanci pubblici», di cui il disposto dell'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011, inerente alle regole fondamentali di disciplina del recupero del disavanzo di amministrazione, costituisce norma interposta. Verso questa direzione, infatti, si e' consolidato un preciso indirizzo della Corte costituzionale, chiamata a scrutinare la legittimita' di alcune disposizioni contenute nella legislazione regionale e operanti in contrasto con la disciplina di fonte statale, la quale e' stata considerata espressione dell'esigenza di armonizzare i bilanci pubblici sotto lo specifico profilo della disciplina del disavanzo di amministrazione e della uniformita' dei tempi del suo ripiano (in particolare, sentenze n. 246 del 2021, n. 168 e n. 268 del 2022). Con la decisione n. 268 del 2022, il Giudice delle leggi ha chiarito in modo definitivo che la disciplina del disavanzo di amministrazione (e del suo ripiano) attiene inequivocabilmente alla materia dell'armonizzazione dei bilanci pubblici (di competenza statale) e che la violazione dell'art. 42 del decreto legislativo n. 118 del 2011 comporta la lesione dell'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione. E' stato, infatti, affermato: «Consegue da tutto cio' che l'intero ammontare di disavanzo non ripianato nel 2019 avrebbe dovuto essere applicato, per intero, all'esercizio 2021, ai sensi di quanto prescrive il combinato dei richiamati principi contabili applicati di cui ai paragrafi 9.2.26 e 9.2.28, a loro volta espressione della esigenza di armonizzare i bilanci pubblici quanto allo specifico profilo della disciplina del disavanzo di amministrazione e della uniformita' dei tempi del suo ripiano (ex multis, sentenze n. 246 e n. 235 del 2021). Le previsioni regionali impugnate, pertanto, si pongono in contrasto con l'evocato art. 42, commi 12 e 14, del decreto legislativo n. 118 del 2011 e, di conseguenza, violano l'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, in quanto violano la competenza legislativa esclusiva dello Stato in tema di armonizzazione dei bilanci pubblici» (enfasi aggiunta; § 6.2. del considerato in diritto). Sebbene le pronunce in questione abbiano riguardato la produzione normativa di regioni ordinarie (nel caso di specie, Regione Basilicata e Regione Molise), nell'opinione di questo giudice rimettente il parametro evocato non potrebbe che imporsi anche alle regioni che, come la Regione Siciliana, a norma dell'art. 116, comma 1, della Costituzione «dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale», per le ragioni a seguire. 4.1.2. I rapporti tra la disciplina dell'armonizzazione contabile e le speciali autonomie sono regolati dall'odierno art. 79 del decreto legislativo n. 118 del 2011, rubricato Disposizioni concernenti le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano, che cosi' testualmente prevede: «La decorrenza e le modalita' di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo nei confronti delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonche' nei confronti degli enti locali ubicati nelle medesime regioni speciali e province autonome, sono stabilite, in conformita' con i relativi statuti, con le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42». 4.1.3. La norma in esame, nella versione originaria del decreto legislativo n. 118 del 2011 antecedente alle modifiche apportate dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126, dopo l'introduzione in Costituzione del principio del pareggio di bilancio (legge costituzionale n. 1 del 2012), era allocata in altra disposizione dell'originario corpus, l'art. 37, che si componeva anche del seguente secondo periodo: «Qualora entro sei mesi dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'art. 36, comma 5, non risultino concluse le procedure di cui al primo periodo, sino al completamento delle procedure medesime, le disposizioni di cui al presente decreto e ai decreti legislativi di cui all'art. 36, comma 5, trovano immediata e diretta applicazione nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano». 4.1.4. A seguito dell'entrata in vigore di questa primigenia disposizione, su impugnazione di alcune regioni a statuto speciale e delle province autonome, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' di questo secondo periodo, con la motivazione che il coordinamento della finanza degli enti territoriali a speciale autonomia avrebbe dovuto essere disciplinato non in via unilaterale dallo Stato, ma dalla normativa di attuazione statutaria, da adottare attraverso il coinvolgimento di detti enti e mediante il procedimento di formazione previsto dall'art. 27 della legge di delega n. 42 del 2009, palesandosi, pertanto, il vizio di eccesso di delega legislativa ai sensi dell'art. 76 della Costituzione (sentenza n. 178 del 2012). In particolare, la sentenza n. 178 del 2012 ha esplicitato: «Questa Corte ha gia' sottolineato che, ai sensi del comma 2 dell'art. 1 della legge n. 42 del 2009, le uniche disposizioni di tale legge applicabili agli enti ad autonomia differenziata sono gli articoli 15, 22 e 27 (sentenze n. 71 e n. 64 del 2012; n. 201 del 2010). Esclusa la rilevanza degli articoli 15 e 22 - attinenti, come gia' osservato al punto 4.2., ad aspetti non pertinenti alla questione; e cioe', rispettivamente, al finanziamento delle citta' metropolitane ed alla perequazione infrastrutturale -, va ricordato che il citato art. 27 fissa il principio secondo cui gli enti ad autonomia differenziata, «nel rispetto degli statuti speciali, concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti, nonche' al patto di stabilita' interno ed all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario» secondo le procedure «pattizie» previste per l'introduzione delle norme attuative degli statuti (cioe' «secondo criteri e modalita' stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi»). Detto art. 27, dunque, non pone alcuna deroga all'adozione di tali procedure, con la conseguenza che, in base alla legge n. 42 del 2009, tutte le disposizioni attuative della legge di delegazione (ivi comprese quelle dell'art. 2, che il decreto legislativo n. 118 del 2011 dichiara espressamente di attuare) si applicano agli enti ad autonomia differenziata non in via diretta, ma solo se recepite tramite le speciali procedure previste per le norme di attuazione statutaria. La normativa impugnata stabilisce, invece, che, qualora «entro sei mesi dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'art. 36, comma 5, non risultino concluse le procedure» di attuazione statutaria, l'intero decreto delegato e gli indicati decreti legislativi «trovano immediata e diretta applicazione» nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano «sino al completamento delle procedure medesime». Tale diretta - ancorche' transitoria - applicazione eccede, pertanto, i limiti fissati dalla legge di delegazione, la quale non consente eccezioni, con riguardo ai suddetti enti, alla regola dell'adozione delle peculiari procedure «pattizie» previste per la determinazione delle norme di attuazione statutaria» (§ 6.2. del considerato in diritto). 4.1.5. A distanza di un decennio da questa pronuncia, e soprattutto dalle modifiche intervenute sul testo della Carta costituzionale che hanno attratto alla legislazione esclusiva dello Stato la materia dell'«armonizzazione dei bilanci pubblici», con spostamento dalla precedente sede della legislazione concorrente cui permane, invece, solo quella del «coordinamento della finanza pubblica», ad avviso di questo giudice rimettente non puo' prescindersi da un'esegesi sistematica e costituzionalmente orientata del contenuto precettivo dell'art. 79 del decreto legislativo n. 118 del 2011, al fine di coglierne gli spazi di applicazione nel contesto delle disposizioni che compongono l'intero corpus normativo. 4.1.6. In merito occorre osservare che, gia' al momento delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 126 del 2014, la relazione tecnico-illustrativa sullo schema del provvedimento ha evidenziato come, all'interno del novellato corpus sull'armonizzazione contabile, fosse stato espunto dal testo dell'originario art. 37 - poi rinumerato nell'odierno art. 79 - il secondo periodo dichiarato costituzionalmente illegittimo, al fine di rispettare lo stretto perimetro della delega legislativa, con significativa menzione, tuttavia, per l'«eventuale applicabilita' alle autonomie speciali dell'art. 117 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di armonizzazione contabile» (vedi schema presentato dal Governo alla Presidenza del Senato in data 15 aprile 2014, per il parere delle competenti commissioni parlamentari, ai sensi dell'art. 2, comma 7, della legge 5 maggio 2009, n. 42). 4.1.7. A seguito della novella intervenuta sull'intero impianto del decreto legislativo n. 118 del 2011, il vigente art. 1, comma 1, prevede adesso che «[a]i sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, il presente titolo e il titolo III disciplinano l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni [...]. A decorrere dal 1° gennaio 2015 cessano di avere efficacia le disposizioni legislative regionali incompatibili con il presente decreto». Inoltre, ad esordio del titolo III, intestato all'Ordinamento finanziario e contabile delle regioni - sotto il quale si colloca anche l'art. 42, comma 12, che pone la disciplina generale in materia di ripiano del disavanzo - l'art. 36, comma 1, afferma che «[i]l presente titolo disciplina i bilanci delle regioni ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione». 4.1.8. In presenza, dunque, di una materia ricadente nella competenza esclusiva della legislazione dello Stato, il procedimento di produzione delle fonti del diritto non puo' che essere conforme alle disposizioni costituzionali collocate sotto la Sezione II, La formazione delle leggi (articoli 70-82 della Costituzione), considerando soprattutto che la novella del 2012 individua proprio nel Parlamento l'organo deputato a immettere nel circuito normativo le disposizioni fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio dei bilanci pubblici (art. 81, comma 6, della Costituzione). La costante giurisprudenza costituzionale esalta, peraltro, il rapporto strumentale tra le norme di armonizzazione dei bilanci pubblici e il precetto dell'equilibrio di bilancio: «[G]li scostamenti dai principi del decreto legislativo n. 118 del 2011 in tema di armonizzazione dei conti pubblici non costituiscono solamente un vizio formale dell'esposizione contabile, ma risultano strumentali ad una manovra elusiva della salvaguardia degli equilibri del bilancio regionale presidiati dall'art. 81 Cost.» (Corte costituzionale, sentenza n. 279 del 2016, § 3). Si pone, pertanto, la questione della possibile coesistenza di ulteriori fonti di produzione normativa, che, negli ambiti di disciplina ricadenti direttamente nella materia della competenza esclusiva dello Stato, siano abilitate a declinare, secondo forme e condizioni particolari di autonomia (art. 116, comma 1,della Costituzione), regole sostanziali che divergono dal modello normativo uniforme. 4.1.9. Sotto tale profilo, questo giudice rimettente osserva che la modifica inerente alla materia dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e' stata valorizzata dalla giurisprudenza costituzionale degli ultimi anni, tanto da sostenere con perentorieta' che essa e' una competenza esclusiva dello Stato che non puo' subire deroghe territoriali, neppure all'interno delle autonomie speciali. E' stato, dunque, affermato che l'indefettibilita' del principio di armonizzazione - ancor prima d'essere giuridica conseguenza dello spostamento della materia dal terzo al secondo comma, lettera e), dell'art. 117 della Costituzione, avvenuto ad opera della legge costituzionale n. 1 del 2012 -, e' ontologicamente collegata alla necessita' di realizzare l'uniformita' dei linguaggi e l'omogeneita' dell'espressione finanziaria e contabile di tutti gli enti operanti nel sistema della finanza pubblica allargata, senza le quali non sarebbe possibile il consolidamento dei conti pubblici e il perseguimento di obiettivi quali la programmazione economico-finanziaria, il coordinamento della finanza pubblica, la gestione del federalismo fiscale, le verifiche del rispetto delle regole comunitarie e la prevenzione di gravi irregolarita' idonee a pregiudicare gli equilibri dei bilanci (ex plurimis, sentenze n. 184 del 2016 e n. 80 del 2017). In ragione del suo carattere polifunzionale, prosegue la medesima giurisprudenza, l'armonizzazione contabile, dopo la legge n. 42 del 2009 e la legge costituzionale n. 1 del 2012, ha assunto una sua piu' ampia e rigorosa fisionomia, attraverso la legislazione ordinaria attuativa e, in particolare, attraverso il decreto legislativo n. 118 del 2011, espandendosi ad ambiti di regolazione ricadenti in altri titoli di competenza (trasversali, concorrenti e residuali) e includendo disposizioni teleologicamente ascrivibili sia al coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, della Costituzione), sia alla disciplina degli equilibri di bilancio (art. 81 della Costituzione), sia al principio del buon andamento finanziario e della programmazione (art. 97 della Costituzione). Il cardine della materia rimessa alla competenza del legislatore statale, quindi, ruota attorno all'esigenza dell'«omogeneita' dell'espressione finanziaria e contabile [che] deve ricomprendere non solo gli schemi ed i modelli aggreganti ma anche la rappresentazione uniforme dei fenomeni giuridici ed economici sottesi alla struttura matematica dei bilanci (enfasi aggiunta; sentenza n. 80 del 2017, § 3.4. del considerato in diritto)». Piu' recentemente, lo stesso giudice costituzionale ha ricordato che «[d]el resto, le regole sull'armonizzazione contabile esprimono opzioni strumentali alla garanzia dell'equilibrio e della sincerita' del bilancio, nonche' al coordinamento della finanza pubblica in un sistema di autonomie regionali [...]. E', infatti, solo il rispetto di un linguaggio contabile comune che impedisce a un sistema informato al pluralismo istituzionale di degenerare in un'ingestibile moltitudine di monadi contabili, a danno non solo delle possibilita' di coordinamento, ma finanche dello stesso principio di responsabilita' politica, quando l'inosservanza delle regole di tale linguaggio e' funzionale, negli enti autonomi, a realizzare indebiti artificiosi aumenti della capacita' di spesa» (enfasi aggiunta, sentenza n. 168 del 2022, § 7 del considerato in diritto). 4.1.10. L'uniformita' dell'espressione finanziaria e contabile sottesa alla struttura matematica dei bilanci pubblici e' stata, da ultimo, ribadita proprio in riferimento alle norme che, con puntuali prescrizioni di dettaglio, introducono vincoli precisi alle modalita' di rientro dal proprio disavanzo, limitando l'autonoma determinazione dell'ente territoriale circa la capacita' di spesa al momento dell'allocazione delle risorse in bilancio (Corte costituzionale, sentenze n. 268 e n. 168 del 2022, n. 246 e n. 235 del 2021). 4.1.11. Suscita perplessita', pertanto, un plesso normativo - quale quello introdotto dagli articoli 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, dall'art. 4, comma 2, della legge regionale n. 30 del 2019 e dall'art. 110, commi 3, 6 e 9 della legge regionale n. 9 del 2021 - che devia dal modello uniforme delineato dall'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011, quale norma interposta all'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione, declinando sul territorio della Regione siciliana regole sostanziali ad hoc. Il caso di specie, dunque, richiede di interrogarsi su una questione fondamentale, ossia se la novella costituzionale non abbia, invero, riverberato effetti immediati sulla «disattivazione» della clausola di salvaguardia contenuta nell'art. 79 del decreto legislativo n. 118 del 2011, quanto meno per gli aspetti piu' qualificanti dell'armonizzazione, cui appartiene specialmente la materia del rientro dal disavanzo. Diversamente opinando, si consentirebbero, sempre e in ogni caso, peculiari adattamenti della disciplina attraverso una fonte normativa - la norma di attuazione degli Statuti speciali - cui e' demandata senza riserve «la decorrenza e le modalita' di applicazione», con pregiudizio per l'omogeneita' dei sistemi contabili imposta dai principi costituzionali nella redazione dei bilanci pubblici. 4.1.12. Il tema coinvolge la collocazione della norma di attuazione dello Statuto nel sistema delle fonti del diritto e i confini che ne perimetrano l'oggetto. Limitando l'esposizione ai tratti essenziali, e' noto che la consolidata giurisprudenza costituzionale ne abbia affermato la natura di norme a rango primario che prevalgono sulle leggi ordinarie (statali e regionali) «nell'ambito della loro competenza» e che hanno «carattere riservato e separato rispetto a quella esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica» (sentenza n. 316 del 2004, la quale richiama a sua volta anche le precedenti pronunce n. 213 e n. 137 del 1998, n. 85 del 1990, n. 160 del 1985), con la conseguenza che la possibilita' di introdurre una disciplina particolare ed innovativa nell'ordinamento giuridico, attraverso disposizioni di tale rango, e' condizionata dal rispetto del «limite della corrispondenza alle norme e alla finalita' di attuazione dello statuto, nel contesto del principio di autonomia regionale» (sentenze n. 316 del 2004, n. 353 del 2001 e n. 212 del 1984). La demarcazione delle relazioni tra legge ordinaria e norma di attuazione dello Statuto e' stata, pertanto, segnata dal giudice costituzionale in rapporto al criterio della competenza. Si impone all'interprete, di conseguenza, il compito di circoscrivere con rigore gli ambiti di disciplina ricadenti all'interno degli Statuti speciali, sul presupposto dell'atipicita' della fonte, che, nel suo particolare procedimento di formazione, non vede protagonista anche le assemblee parlamentari, con evidente allontanamento dal principale modello di produzione normativa previsto dagli articoli 70, 76 e 77 della Costituzione. Quanto all'ambito materiale in cui si inseriscono le norme di attuazione, l'esperienza successiva alla nascita degli Statuti speciali le consegna tradizionalmente alla definizione delle competenze regionali e al relativo trasferimento di funzioni amministrative dall'autorita' centrale a quella periferica, con annessi beni strumentali, personale e organizzazione (per un chiaro esempio in tal senso, art. 11 della legge 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), nonche' all'individuazione delle risorse finanziarie proprie nelle materie dei tributi e delle altre entrate patrimoniali. Secondo le indicazioni della giurisprudenza costituzionale, sono state ammesse, inoltre, anche norme di attuazione c.d. praeter legem, ossia integrative di disposizioni statutarie, alla condizione, tuttavia, che l'emanazione delle medesime si giustifichi in ragione della stretta finalita' di attuazione dello Statuto e purche' esse non manifestino contenuti estranei a quest'ultimo (Corte costituzionale, sentenza n. 20 del 1956). Esaminando, in particolare, il profilo delle competenze statutarie della Regione Siciliana, deve osservarsi che la contabilita' e la disciplina del bilancio non figurano nell'elencazione espressa degli oggetti della legislazione esclusiva e concorrente, rispettivamente contemplati dagli articoli 14 e 17 dello Statuto, in disparte la prossimita' con la materia dell'ordinamento degli uffici e degli enti regionali (art. 14, lettera p). Come gia' rilevato dalla stessa Corte costituzionale in tempi risalenti (nel caso dell'ordinamento della Regione Sardegna), tali discipline devono considerarsi non gia' come materie a se' stanti ma piuttosto quali «mezzi e strumenti giuridici indispensabili perche' l'ente Regione possa concretamente operare per il perseguimento dei vari fini assegnatigli», attraverso atti di concreta gestione del bilancio ed erogazione delle spese in esso stanziate (sentenza n. 107 del 1970). Sotto tale aspetto, pare a questo giudice rimettente che non sussista una corrispondenza tra le norme censurate e una specifica competenza statutaria cui dare attuazione. 4.1.13. Nell'esperienza degli ultimi due decenni, le norme di attuazione sono state fortemente vitalizzate dalla legislazione ordinaria quale strumento di realizzazione del coordinamento della finanza pubblica nelle regioni a statuto speciale, specialmente nell'ambito della devoluzione delle entrate, con valorizzazione dell'autonomia tributaria e finanziaria, e del concorso di queste ultime al riequilibrio della finanza pubblica, a mezzo di obblighi di contribuzione che trasferiscono risorse dalle autonomie territoriali al centro. Proprio in questa prospettiva si muove l'art. 27 della legge n. 42 del 2009 di attuazione del federalismo fiscale secondo il c.d. «metodo pattizio», sul quale poggiano le fondamenta della clausola di riserva contenuta nell'art. 79 del decreto legislativo n. 118 del 2011. Sul punto, questo giudice rimettente osserva che, al di fuori degli ambiti strettamente connessi all'attuazione delle competenze statutarie, la giurisprudenza costituzionale non riconosce ex se una cogenza all'impiego del metodo pattizio nei rapporti tra lo Stato e le autonomie speciali, se non nei casi e nei limiti in cui esso e' espressamente riconosciuto e disciplinato dallo stesso legislatore ordinario. In tal senso, infatti, ricorrono pronunce in cui il giudice costituzionale afferma l'inesistenza di obblighi di concertazione imposti dalla Carta costituzionale. E' stato, pertanto, affermato che, fermo restando il necessario rispetto della sovraordinata fonte statutaria, il legislatore, specie in un contesto di grave crisi economica, puo' discostarsi dal modello consensualistico prefigurato dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009 nella determinazione delle modalita' del concorso delle autonomie speciali alle misure di finanza pubblica, in attuazione del federalismo fiscale previsto dall'art. 119 della Costituzione. La disposizione in esame, infatti, pur ponendo una vera e propria riserva di competenza alle norme di attuazione degli statuti speciali per la modifica della disciplina finanziaria di dette autonomie, ha pur sempre il rango di legge ordinaria, in quanto tale derogabile da atto successivo avente la medesima forza normativa. Pertanto, non e' stata considerata lesiva delle prerogative autonomistiche una clausola di salvaguardia contenuta in una legge ordinaria che non contempli una procedura concertata, dal momento che «quest'ultima non e' costituzionalmente necessitata» (sentenza n. 23 del 2014, § 5.1. del considerato in diritto). Sempre in riferimento all'art. 27 della legge n. 42 del 2009, il giudice costituzionale ha, altresi', sostenuto che l'adozione del metodo della concertazione rientri nella discrezione del legislatore statale ove non direttamente imposto dalle norme costituzionali: «[I]l legislatore delegante, nel dare attuazione all'art. 119, quinto comma, Cost. nei confronti delle autonomie speciali, ha rinunciato - pur non essendo a cio' vincolato dal dettato del citato comma dell'art. 119 - a porre una disciplina unilaterale. Ha preferito infatti, nella sua discrezionalita', regolare la materia mediante il rinvio a norme da determinarsi attraverso le particolari procedure legislative previste per l'attuazione degli statuti speciali» (sentenza n. 71 del 2012, § 2 del considerato in diritto). Ad avviso di questo giudice rimettente, tali asserzioni sono maggiormente rafforzate dal rango rivestito dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 nell'ambito della gerarchia delle fonti del diritto, cosicche' la novella costituzionale, che ha attratto l'armonizzazione dei bilanci pubblici alle materie di legislazione esclusiva dello Stato, costituisce il parametro per un'interpretazione costituzionalmente orientata della clausola di salvaguardia contenuta nell'art. 79 del decreto legislativo n. 118 del 2011. D'altronde occorre evidenziare che al fenomeno della predeterminazione del contenuto delle future disposizioni di attuazione degli statuti delle regioni ad autonomia differenziata, ricorrente nella legislazione statale come nel caso della legge delega n. 42 del 2009 e del citato art. 79, deve essere offerta una lettura in armonia con l'intero quadro delle competenze legislative delineato dalla Costituzione e dagli statuti medesimi. Opinando altrimenti, si giunge alla paradossale conclusione che, nel disciplinare, di volta in volta, i possibili oggetti delle norme di attuazione dello statuto, una legge ordinaria sarebbe libera di operare quale fonte sulla produzione normativa secondo modalita' e criteri del tutto avulsi dalle fonti gerarchicamente sovraordinate. 4.1.14. Sugli specifici oggetti di pertinenza dello strumento pattizio - cui, in generale, e' riconosciuta la funzione di attenuare il limite del coordinamento della finanza pubblica nei confronti delle Autonomie speciali, attraverso la disciplina concertata del sistema delle relazioni finanziarie - la stessa giurisprudenza costituzionale viene in ausilio con interessanti spunti di riflessione. E' stato, infatti, precisato che «lo strumento dell'accordo serve a determinare nel loro complesso punti controversi o indefiniti delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni, sia ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto dei vincoli europei, sia al fine di evitare che il necessario concorso delle Regioni comprima oltre i limiti consentiti l'autonomia finanziaria ad esse spettante. Cio' anche modulando le regole di evoluzione dei flussi finanziari dei singoli enti, in relazione alla diversita' delle situazioni esistenti nelle varie realta' territoriali» (Corte costituzionale, sentenza n. 89 del 2015, § 10 del considerato in diritto). Inoltre, «il contenuto degli accordi, oltre che la riduzione dei programmi in rapporto al concorso della Regione interessata ad obiettivi di finanza pubblica, puo' e deve riguardare anche altri profili di natura contabile quali, a titolo esemplificativo, le fonti di entrata fiscale, la cui compartecipazione sia quantitativamente controversa, l'accollo di rischi di andamenti difformi tra dati previsionali ed effettivo gettito dei tributi, le garanzie di finanziamento integrale di spese essenziali, la ricognizione globale o parziale dei rapporti finanziari tra i due livelli di governo e di adeguatezza delle risorse rispetto alle funzioni svolte o di nuova attribuzione, la verifica di congruita' di dati e basi informative finanziarie e tributarie, eventualmente conciliandole quando risultino palesemente difformi, ed altri elementi finalizzati al percorso di necessaria convergenza verso gli obiettivi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea. In definitiva, l'oggetto dell'accordo e' costituito dalle diverse componenti delle relazioni finanziarie che, nel loro complesso, comprendono e trascendono la misura del concorso regionale. [...] Il principio dell'accordo non implica un vincolo di risultato, bensi' di metodo (sentenza n. 379 del 1992). Cio' significa che le parti devono porre in essere un confronto realmente orientato al superiore interesse pubblico di conciliare, nei limiti del possibile, l'autonomia finanziaria della Regione con l'indefettibile vincolo comunitario di concorso alla manovra di stabilita'» (Corte costituzionale, sentenza n. 19 del 2015, § 6.2. del considerato in diritto). Tenuto conto degli orientamenti della Corte costituzionale, ad avviso di questo giudice rimettente la materia del ripiano del disavanzo non rientra in nessuno degli oggetti individuati tra gli ambiti dello strumento pattizio. In proposito, non puo' essere trascurato, altresi', che lo strumento dell'accordo tra lo Stato e la Regione Siciliana delineato dall'art. 7, comma 2, del decreto legislativo n. 158 del 2019 si distanzia dal modello prefigurato dal citato art. 27 della legge delega n. 42 del 2009, nella misura in cui esso, nel condizionare il percorso di rientro decennale dal disavanzo, si impernia sulla sola riduzione strutturale della spesa («tali impegni [...] devono garantire il rispetto di specifici parametri di virtuosita'»), prescindendo dagli aspetti qualificanti della disciplina posta dal legislatore delegante, che intendeva, invero, ridisegnare il concorso delle autonomie speciali al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', al patto di stabilita' interno e all'assolvimento degli obblighi discendenti dall'ordinamento comunitario, al ricorrere di precise condizioni e presupposti, da tenere in debita considerazione nella redazione delle norme di attuazione («dimensione della finanza delle predette regioni e province autonome rispetto alla finanza pubblica complessiva», «funzioni da esse effettivamente esercitate e dei relativi oneri», «svantaggi strutturali permanenti, costi dell'insularita' e livelli di reddito pro-capite inferiori alla media nazionale», «copertura del fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all'art. 117, comma 2, lettera m, Cost.)». Per tutti i profili considerati, ad avviso di questo giudice rimettente, l'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019 non si colloca in rapporto di immediata attuazione della clausola di salvaguardia dell'art. 27 della legge n. 42 del 2009, con la conseguenza che l'ambito materiale cui ascrivere le norme in contestazione appare quello dell'«armonizzazione dei bilanci pubblici» piuttosto che quello del «coordinamento della finanza pubblica», come piu' volte, invece, indicato dall'Amministrazione regionale nel corso del presente giudizio. Tale conclusione, pertanto, reca in se' l'impossibilita' di derogare ai modelli uniformi di disciplina sul ripiano del disavanzo contenuti all'interno della fonte statale, cui e' riservata la competenza legislativa esclusiva. 4.1.15. Occorre, inoltre, soffermarsi sul richiamo dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012 nel contesto dell'inciso iniziale dell'art. 7, comma 2, del decreto legislativo n. 158 del 2019 («[a]nche al fine di tenere conto di quanto previsto dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012»). Il citato art. 9, comma 1, dopo avere declinato in termini puntuali gli obiettivi di equilibrio a carico dei bilanci delle regioni e degli enti locali, in sede previsionale e a consuntivo, ai fini del perseguimento del principale saldo di finanza pubblica («saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali»), al successivo comma 5 demanda alla legge dello Stato la possibilita' di gravare gli enti di cui al comma 1 di ulteriori obblighi per il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, tenendo conto di parametri di virtuosita'. Tali disposizioni - prosegue il successivo comma 6 - «si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione». Si osserva che la necessita' di declinare in specifiche norme di attuazione degli Statuti speciali gli «ulteriori obblighi», che una legge dello Stato prevede per le Regioni ordinarie, presuppone a monte un complesso normativo esistente e specificamente individuato quale attuazione dello stesso comma 5, che non sembra potersi individuare nelle regole contabili uniformi contenute nel decreto legislativo n. 118 del 2011, non testualmente citate dalla disposizione in questione. La ratio dei commi 5 e 6 andrebbe letta, piuttosto, nel contesto degli obblighi di pareggio tra le entrate finali e le spese finali di competenza imposta dal comma 1 e, nell'ottica degli «ulteriori obblighi», dovrebbe inerire alla possibilita' di comprimere l'autonomia delle Regioni nell'allocazione delle spese in bilancio per conformarsi a «parametri di virtuosita'», come, ad esempio, a misure di riqualificazione della spesa o di riduzione percentuale della spesa corrente. Tali precetti, dunque, sarebbero la trasposizione dei criteri che l'art. 5, comma 1, lettera e), della legge costituzionale n. 1 del 2012 ha indicato per la legge «rinforzata» disciplinata dall'art. 81, comma 6, Cost. (l'attuale legge n. 243 del 2012), statuendo, in proposito, «l'introduzione di regole sulla spesa che consentano di salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica». Pertanto, il contenuto precettivo dell'art. 7, comma 2, del decreto legislativo n. 158 del 2019, ad avviso di questo giudice rimettente, travalica l'ambito segnato dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012 in riferimento alla possibilita' di intervenire con norme di attuazione, ove si consideri che l'effetto immediato e diretto del meccanismo concertato (ossia, la conclusione di un accordo tra lo Stato e la Regione Siciliana) e' la dilazione dei termini di rientro dal disavanzo, attraverso un piano di recupero piu' favorevole da quello del modello generale e uniforme dell'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011, mentre l'assunzione di impegni sulla riduzione della spesa ne costituisce solo lo strumento mediato («rispetto di specifici parametri di virtuosita', quali la riduzione strutturale della spesa corrente»). Permangono, dunque, i dubbi sull'illegittima invasione degli ambiti della legislazione esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici. 4.2. I dubbi di legittimita' costituzionale dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, dell'art. 4, comma 2, della legge regionale n. 30 del 2019 e dell'art. 110, commi 3, 6 e 9 della legge regionale n. 9 del 2021: violazione degli articoli 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., in combinato con gli articoli 3, 5 e 120, secondo comma, Cost. 4.2.1. Le disposizioni oggetto di scrutinio, ad avviso di questo giudice rimettente, si pongono in contrasto con gli articoli 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, della Costituzione, sotto il profilo della lesione dell'equilibrio e della sana gestione finanziaria del bilancio, nonche' degli interdipendenti principi di copertura pluriennale della spesa, di responsabilita' nell'esercizio del mandato elettivo e di equita' intergenerazionale. Viene in evidenza, altresi', la violazione degli articoli 3, 5 e 120, secondo comma, Cost., in quanto, la speciale disciplina di adeguamento dell'ordinamento regionale siciliano alla materia del rientro dal proprio disavanzo, ha introdotto un irragionevole trattamento di maggior favore, discostandosi dall'uniforme paradigma statale che declina l'unita' finanziaria ed economica della Repubblica sottesa alla disciplina della finanza pubblica (Corte costituzionale, sentenza n. 88 del 2014). 4.2.2. Sul tema dell'allungamento dei tempi di rientro dal disavanzo, negli ultimi anni si e' consolidato un preciso indirizzo del giudice costituzionale rivolto a censurare diverse soluzioni normative atte a prescriverne il riassorbimento in archi temporali lunghi e differenziati, ben oltre il ciclo di bilancio ordinario (principalmente, Corte costituzionale, sentenze n. 168 del 2022, n. 246 e n. 235 del 2021, n. 115 del 2020 e n. 18 del 2019). Sono state considerate, invece, frutto di un bilanciamento tra piu' valori aventi pari dignita' costituzionale, condotto secondo canoni di ragionevolezza, le speciali norme adottate una tantum che hanno introdotto deroghe al normale piano di rientro, giustificate dal passaggio alla nuova disciplina contabile armonizzata che ha fatto emergere, una volte per tutte, i disavanzi sommersi, sul «presupposto che in una fase di complesse operazioni di riaccertamento dei residui finalizzate a far emergere la reale situazione finanziaria delle Regioni, i disavanzi emersi non possano essere riassorbiti in un solo ciclo di bilancio ma richiedano inevitabilmente misure di piu' ampio respiro temporale. Cio' anche al fine di assicurare lo svolgimento delle funzioni della Regione in ossequio al «principio di continuita' dei servizi di rilevanza sociale [affidati all'ente territoriale, che deve essere] salvaguardato» (sentenza n. 10 del 2016)» (Corte costituzionale, sentenza n. 107 del 2016, § 4.1. del considerato in diritto). Al di la' di tali ipotesi, tutte in rapporto di stretta connessione rispetto alle operazioni di riaccertamento straordinario dei residui (sentenza n. 18 del 2019, § 5.1. del considerato in diritto), e' stato affermato che l'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011, nonche' i correlati principi contabili applicati, sono espressivi dei canoni costituzionali afferenti alla sana gestione finanziaria, alla responsabilita' di mandato e all'equita' intergenerazionale, che, a seguito dell'armonizzazione contabile, responsabilizza l'ente alla programmazione e realizzazione di un progressivo e coerente risanamento (da ultimo, Corte costituzionale, sentenza n. 235 del 2021, § 6 del considerato in diritto: «Le deroghe temporali per il risanamento introdotte in passato sono connesse a situazioni di particolari difficolta' finanziario-contabili cui il legislatore statale ha cercato, di volta in volta, di porre rimedio. I meccanismi normativi e amministrativi introdotti in deroga alla regola richiamata sono, comunque, subordinati alla intangibilita' dei precetti costituzionali finalizzati al progressivo e coerente risanamento, alla trasparenza delle responsabilita' di mandato assunte dagli amministratori in questo percorso, alla custodia dell'equita' intragenerazionale e intergenerazionale in termini di proporzione tra debiti e accantonamenti pluriennali e correlati benefici (ex plurimis, sentenza n. 115 del 2020, punto 10 del Considerato in diritto e sentenza n. 18 del 2019, punto 6 del Considerato in diritto)»). E' stata, dunque, stigmatizzata la «tendenza a perpetuare il deficit strutturale nel tempo, attraverso continui rinvii, [che] finirebbe per paralizzare qualsiasi ragionevole progetto di risanamento, in tal modo entrando in collisione con il principio di equita' intergenerazionale. E' stata gia' sottolineata da questa Corte la pericolosita' dell'impatto macroeconomico di misure che determinano uno squilibrio nei conti della finanza pubblica allargata e la conseguente necessita' di ulteriori manovre finanziarie restrittive che possono gravare piu' pesantemente sulle fasce deboli della popolazione (sentenza n. 10 del 2015)» (Corte costituzionale, sentenza n. 235 del 2021, § 6.1. del considerato in diritto). La Corte costituzionale, nel ricordare che «la responsabilita' politica del mandato elettorale si esercita, non solo attraverso il rendiconto del realizzato, ma anche in relazione al consumo delle risorse impiegate», evidenzia come la regola generale sul fisiologico rientro dal disavanzo obblighi a porre rimedio agli squilibri strutturali del bilancio senza «superare tempo della programmazione triennale e quello della scadenza del mandato elettorale, affinche' gli amministratori possano presentarsi in modo trasparente al giudizio dell'elettorato al termine del loro mandato, senza lasciare «eredita'» finanziariamente onerose e indefinite ai loro successori e ai futuri amministrati» (Corte costituzionale, sentenza n. 18 del 2019, § 5 del considerato in diritto). 4.2.3. Con la sentenza n. 235 del 2021, in particolare, la Corte costituzionale ha censurato la legittimita' costituzionale di una legge regionale operante in deroga al meccanismo del ribaltamento automatico in un unico esercizio del disavanzo non recuperato ad una certa data, come prescritto dal modello uniforme di disciplina dell'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011 e dei principi contabili applicati ad esso relativi. Nel caso di specie, e' stato affermato che la disciplina di disavanzi pregressi «convenzionalmente predeterminati e gravemente sottostimati» pregiudica il corretto calcolo del risultato di amministrazione poiche' «attraverso tale operazione, viene a essere sostituita una mera espressione matematica alla corretta determinazione degli effetti delle dinamiche attive e passive di bilancio relative ai suddetti rendiconti e a quelli degli esercizi successivi (principio di continuita' delle risultanze dei bilanci)». Tutto cio' «comporta una alterazione degli equilibri, che finiscono per collidere frontalmente con gli obiettivi di finanza pubblica, e con la corretta determinazione delle risultanze gestionali oggetto del sindacato di legittimità-regolarita' della Corte dei conti», con «travolgimento dell'intera programmazione e della correlata rendicontazione, elementi necessari per custodire dinamicamente l'equilibrio in tutte le fasi del ciclo di bilancio» (sentenza n. 235 del 2021, § 6 del considerato in diritto). In continuita' con tale pronuncia si pone anche la sentenza n. 168 del 2022, per la quale «[i]l richiamato art. 42, comma 12, [...] pone l'obbligo del ripiano immediato del disavanzo, da iscrivere interamente nel primo esercizio del bilancio di previsione in corso di gestione. [.. .] I principi contabili contenuti nei paragrafi 9.2.27 e 9.2.28 dell'allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011 specificano la portata del citato art. 42, prescrivendo chiaramente, da un lato, che l'ente rispetti puntualmente gli obiettivi periodici fissati dal piano di rientro, in modo da concludere il recupero entro il limite temporale previsto; dall'altro, che il mancato conseguimento di tali obiettivi, cosi' come la non corretta determinazione quantitativa degli stessi [...], comportano che l'ente deve recuperare nel primo esercizio la quota non ripianata rispetto alla scansione programmata» (sentenza n. 168 del 2022, § 10.1). 4.2.4. Al pari delle norme regionali specificamente censurate dal giudice costituzionale con le richiamate pronunce, in riferimento all'esercizio 2020 oggetto del presente giudizio, la speciale disciplina di ripiano del disavanzo della Regione Siciliana, prevista dall'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019, dall'art. 4, comma 2, legge regionale n. 30 del 2019 e dall'art. 110, commi 3, 6 e 9 della legge regionale n. 9 del 2021, ha impedito che quote rilevanti del disavanzo di amministrazione, non recuperate alla data del 31 dicembre 2018 (nella specie, il disavanzo ante armonizzazione e da extradeficit, per euro 916.746.242,27), potessero cadere nel meccanismo del ribaltamento automatico disposto dall'art. 42, comma 12, primo periodo, che costituisce misura ordinaria di rientro dal disavanzo. Il riconoscimento dell'illegittimita' costituzionale delle norme in questione, oltre ad esplicare effetti sulla decisione finale di questo giudice rimettente ai fini della parificazione del Rendiconto in esame, obbligherebbe il legislatore regionale ad adottare, in sede di assestamento del ciclo del bilancio in corso di gestione, i rimedi generali previsti dal modello uniforme, per ciascuna delle componenti del disavanzo incise dalle speciali disposizioni, allo scopo di ripristinare le misure occorrenti al rispetto degli equilibri di bilancio e all'obbligo di copertura finanziaria delle spese. 4.2.5. Si osserva, infine, che la Corte costituzionale, nella consapevolezza che i gravi squilibri di bilancio degli enti territoriali sono conseguenti alla persistente carenza di risorse finanziarie in un contesto economico problematico, ha, ad ogni modo, onerato il legislatore nazionale di rinvenire soluzioni che, lungi dal derogare alle ordinarie regole di rientro dal disavanzo, possano supportare direttamente la finanza degli enti in difficolta' con interventi in armonia al quadro dei valori costituzionali, cosi' da assicurare lo svolgimento delle funzioni fondamentali in ossequio al principio di continuita' dei servizi di rilevanza sociale affidati all'ente territoriale. E' stato, dunque, affermato: «Al di la' del fatto che i poteri di prevenzione e riscontro sui bilanci degli enti locali scontano necessariamente la complessita' di situazioni locali di penuria finanziaria endemica, non puo' sottacersi che il quadro costituzionale e normativa vigente avrebbe consentito - e consente - di affrontare le situazioni patologiche in modo piu' appropriato di quel che e' avvenuto negli esercizi piu' recenti. E' stato gia' segnalato - con riguardo agli enti territoriali - che «l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa deve essere esercitata nel rispetto dell'equilibrio del bilancio e che gli enti territoriali devono contribuire, insieme agli altri enti della finanza allargata, all'osservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea» (sentenza n. 4 del 2020). In tale prospettiva, l'equilibrio individuale dei singoli enti e' un presupposto della sana gestione finanziaria e del corretto esercizio dell'autonomia, nonche' del dovere di concorrere a realizzare gli obiettivi macroeconomici nazionali e dell'Unione europea. Ne consegue «che tutte le disfunzioni [...] devono essere rimosse e non possono essere computate nell'attivazione dei meccanismi di solidarieta' previsti dal terzo, quarto e quinto comma dell'art. 119 Cost. E' in ordine al deficit strutturale imputabile alle caratteristiche socio-economiche della collettivita' e del territorio, e non alle patologie organizzative, che deve essere rivolto l'intervento diretto dello Stato. Le risorse necessariamente stanziate per tali finalita' - proprio in virtu' dei superiori precetti costituzionali - devono essere prioritariamente destinate dallo Stato alle situazioni di accertato squilibrio strutturale dei bilanci degli enti locali» (sentenza n. 4 del 2020)» (sentenza n. 115 del 2020, § 10 del considerato in diritto). Sotto il profilo della corretta dimensione delle risorse finanziarie in rapporto alle funzioni fondamentali da svolgere in favore della collettivita', all'interno di territori che - come nel caso della Sicilia - sono caratterizzati da svantaggi strutturali permanenti, costi dell'insularita' e livelli di reddito pro-capite inferiori alla media nazionale, si evidenzia che, a distanza di quasi tre anni, non e' stato dato compiutamente seguito al monito della Corte costituzionale contenuto nella sentenza n. 62 del 2020. La pronuncia, infatti, ha dato atto della lunghissima stasi nelle trattative concernenti le relazioni finanziarie in materia di compartecipazione alla spesa sanitaria e della mancata attuazione dell'art. 1, commi 830, 831 e 832, della legge n. 296 del 2006, cui non sarebbe estranea la corresponsabilita' dello Stato (sentenza n. 62 del 2020, § 4.4.1. del considerato in diritto). 4.3. I dubbi di legittimita' costituzionale dell'art. 110, commi 3, 6 e 9 della legge regionale n. 9 del 2021: violazione dell'art. 81, quarto comma, Cost. Con riferimento al solo art. 110, commi 3, 6 e 9, della legge regionale n. 9 del 2021, cui sono ascrivibili le variazioni sugli stanziamenti del Conto del bilancio del 2020 poste in essere successivamente alla chiusura dell'esercizio finanziario, si rileva l'individuazione di un ulteriore parametro costituzionale violato, ossia l'art 81, comma 4, Cost., in relazione all'art. 51 del decreto legislativo n. 118 del 2011. Queste Sezioni riunite osservano, infatti, che dall'art. 81, comma 4, Cost. («Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo») - cui si correla anche l'art. 19 dello Statuto della Regione Siciliana, commi 1 («L'Assemblea regionale non piu' tardi del mese di gennaio, approva il bilancio della Regione per il prossimo nuovo esercizio, predisposto dalla Giunta regionale») e 2 («L'esercizio finanziario ha la stessa decorrenza di quello dello Stato») - discende il principio contabile generale (o postulato) dell'annualita' in materia di bilancio (decreto legislativo n. 118 del 2011, allegato n. 1, principio n. 1; legge 31 dicembre 2009, n. 196, allegato 1, principio n. 1). Nel caso di specie, si riscontra la violazione dell'art. 51 del citato decreto legislativo n. 118 del 2011, da intendersi quale norma interposta dell'art. 81, comma 4, Cost., il quale, nel prevedere in generale che «[n]el corso dell'esercizio, il bilancio di previsione puo' essere oggetto di variazioni autorizzate con legge» (comma 1), tuttavia dispone che «[n]essuna variazione al bilancio puo' essere approvata dopo il 30 novembre dell'anno a cui il bilancio stesso si riferisce», fatte salve le eccezioni espressamente indicate dalla medesima disposizione (comma 6). Ai sensi del principio dell'annualita', dunque, le decisioni legislative inerenti al bilancio, che provvedono in ordine all'allocazione delle risorse finanziarie e alle conseguenti autorizzazioni cui e' subordinata la gestione degli stanziamenti, sono elaborate su un orizzonte temporale almeno triennale e si riferiscono ai distinti periodi di gestione compresi nel bilancio di previsione, che, coincidenti con l'anno solare, devono presentarsi come correnti o successivi, ma mai scaduti, anche in quanto cio' recherebbe il sostanziale svuotamento della funzione di programmazione che ontologicamente e' propria del bilancio di previsione. Come, infatti, ricordato dalla Corte costituzionale, «caratteristica fondamentale del bilancio di previsione e' quella di riferirsi alle operazioni finanziarie che si prevede si verificheranno durante l'anno finanziario. Infatti soltanto riferendosi ad un determinato arco di tempo, il bilancio puo' assolvere alle sue fondamentali funzioni, le quali, in ultima analisi, tendono ad assicurare il tendenziale pareggio del bilancio, ed in generale la stabilita' della finanza pubblica» (enfasi aggiunta; sentenza n. 213 del 2008, § 6.1. del considerato in diritto). Occorre evidenziare che la ratio alla base della norma che impone di iscrivere l'importo del disavanzo di amministrazione quale primo tra gli stanziamenti di spesa del bilancio - l'art. 39, comma 7, lettera c), del decreto legislativo n. 118 del 2011 - e' strettamente correlata alla funzione di programmazione del documento finanziario previsionale: la misura degli obblighi di rientro dal deficit riversa effetti di compressione sulla dimensione generale delle spese da autorizzare e individua anche lo spazio finanziario utile all'impiego del risultato di amministrazione per il finanziamento di nuove spese nell'esercizio. Il postulato dell'annualita' del bilancio contiene naturaliter il principio di immodificabilita' dello stato del bilancio dopo la chiusura dell'esercizio finanziario cui si riferisce (31 dicembre), cosicche' la sua violazione deve ritenersi consumata non solo nell'ipotesi in cui l'alterazione degli stanziamenti di bilancio, a quella data, avvenga con norme successive che operino variazioni dirette su un esercizio finanziario ormai concluso, ma - anche qualora norme successive dispongano l'abrogazione di variazioni gia' effettuate entro l'esercizio di riferimento, disponendone l'effetto retroattivo a una data antecedente al 31 dicembre. In definitiva, la norma che si ritiene viziata di illegittimita' costituzionale ha disposto in merito all'allocazione delle spese con effettivi retroattivi sul bilancio dell'esercizio 2020 ormai concluso, alterando, conseguentemente, i risultati finali del Conto del bilancio confluiti nel documento consuntivo all'esame, in violazione del principio dell'annualita' discendente dall'art. 81, comma 4, Cost. e dall'art. 51 del decreto legislativo n. 118 del 2011, che ne costituisce parametro interposto. 5. Impossibilita' di un'esegesi costituzionalmente orientata. Per tutte le ragioni esposte, il chiaro tenore letterale dei precetti normativi della cui legittimita' si dubita, e, di conseguenza, degli effetti voluti dal legislatore, non ne consente un'interpretazione compatibile con il quadro costituzionale di riferimento. Da un lato, infatti, l'esistenza di una speciale normativa sul ripiano del disavanzo della Regione Siciliana, quale quella posta dalla norme oggetto di scrutinio, si pone in deroga al regime ordinario individuato dall'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011, che, nell'esegesi della Corte costituzionale, e' stato considerato espressione dell'esigenza di armonizzare i bilanci pubblici sotto lo specifico profilo della disciplina del disavanzo di amministrazione e della uniformita' dei tempi del suo ripiano, ai fini del perseguimento del precetto costituzionale dell'equilibrio di bilancio; dall'altro lato, gli stanziamenti definitivi di spesa del Conto del bilancio dell'esercizio 2020 relativi al disavanzo finanziario, che sono oggetto di rendicontazione, conseguono a variazioni di bilancio inequivocabilmente avvenute ad esercizio concluso, in violazione del principio costituzionale dell'annualita'.