LA CORTE DEI CONTI 
              sezioni riunite per la Regione Siciliana 
 
    Nell'udienza  pubblica  del  3   dicembre   2022   composta   dai
magistrati: 
        Salvatore Pilato, Presidente sezione di controllo; 
        Giuseppe   Aloisio,   Presidente   sezione    giurisdizionale
d'appello; 
        Vincenzo Lo Presti, Presidente sezione giurisdizionale; 
        Adriana La Porta, consigliere; 
        Guido Petrigni, consigliere; 
        Giuseppe Colavecchio, consigliere; 
        Alessandro Sperandeo, consigliere; 
        Francesco Antonino Cancilla, consigliere; 
        Tatiana Calvitto, primo referendario - relatore; 
        Antonio Tea, referendario - relatore; 
        Gaspare Rappa, referendario; 
        Antonino Catanzaro, referendario; 
        Massimo Giuseppe Urso, referendario - relatore; 
        Emanuele Mio, referendario, 
    nel giudizio  di  parificazione  del  Rendiconto  generale  della
Regione Siciliana per l'esercizio finanziario 2020. 
    Visti gli articoli 81, 97, primo comma, 100, secondo comma,  103,
secondo comma, 117 e 119 della Costituzione; 
    Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato
con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni
ed integrazioni, e, in particolare, gli articoli 39, 40 e 41; 
    Visto lo Statuto della Regione Siciliana, approvato  con  decreto
legislativo  15  maggio  1946,  n.  455,   convertito   dalla   legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2; 
    Visto l'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 6  maggio  1948,
n. 655 (Istituzione di Sezioni della Corte dei conti per  la  Regione
Siciliana),  a  norma  del  quale  «[l]e  Sezioni  regionali  riunite
deliberano sul rendiconto  generale  della  Regione,  in  conformita'
degli articoli 40 e 41 del citato testo unico»; 
    Visto l'art. 5, comma 1, lettera a, della legge costituzionale 20
aprile 2012,  n.  1  (Introduzione  del  principio  del  pareggio  di
bilancio nella Carta costituzionale); 
    Visto  l'art.  20  della  legge  24   dicembre   2012,   n.   243
(Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione),  concernente
Funzioni di  controllo  della  Corte  dei  conti  sui  bilanci  delle
amministrazioni pubbliche; 
    Visto il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi  di
bilancio delle Regioni, degli enti locali e  dei  loro  organismi,  a
norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42); 
    Visto l'art. 11 (Applicazione dei principi contabili e schemi  di
bilancio) della legge regionale 13 gennaio 2015, n. 3; 
    Viste le deliberazioni n. 462 del 19 novembre 2021 e n.  600  del
29 dicembre 2021, con cui  la  Giunta  della  Regione  Siciliana  ha,
rispettivamente, approvato e rettificato il Rendiconto generale della
Regione Siciliana per l'esercizio finanziario 2020; 
    Viste le note di  trasmissione  del  Dipartimento  regionale  del
bilancio e del tesoro - Ragioneria generale della  Regione  Siciliana
n. 146170 del 2 dicembre 2021 (prot. n. 272 del 2 dicembre 2021) e n.
1739 del 10 gennaio 2022 (prot. n. 2 dell'11 gennaio 2022); 
    Vista la deliberazione n. 7/2021/SSRR/INPR del 17  dicembre  2021
con la quale le  Sezioni  riunite  per  la  Regione  Siciliana  hanno
approvato il programma di lavoro per la decisione e la relazione  sul
Rendiconto generale della Regione Siciliana  per  l'anno  finanziario
2020; 
    Vista l'ordinanza n. 1/SSRR/2022/QMIG di queste sezioni  riunite,
in data 22 febbraio 2022,  di  rimessione  di  questioni  di  massima
relative allo svolgimento del giudizio di parificazione; 
    Vista la deliberazione n. 5/2022/QMIG delle  Sezioni  riunite  in
sede di controllo, depositata in data 14 aprile 2022, concernente  la
risoluzione delle questioni di massima; 
    Vista la deliberazione n. 113/2022/GEST del 30 giugno 2022  della
sezione di controllo per la Regione Siciliana di  approvazione  degli
esiti della verifica del Rendiconto generale per l'esercizio 2020, ai
sensi dell'art. 2, comma 1, lettera b),  del  decreto  legislativo  6
maggio 1948, n. 655; 
    Viste le  ordinanze  presidenziali  n.  7/2022/SSRR/PARI  del  17
ottobre  2022  e   n.   8/2022/SSRR/PARI   del   31   ottobre   2022,
rispettivamente di trasmissione delle bozze  di  relazione  all'esito
dell'attivita' istruttoria e di convocazione dell'adunanza in  camera
di  consiglio  del  21  novembre  2022   per   lo   svolgimento   del
contradditorio con le parti del giudizio; 
    Viste le memorie depositate  dall'Amministrazione  regionale  con
note n. 122080 del 10 novembre 2022 (prot. n.  224  dell'11  novembre
2022), n. 123986 del 15 novembre 2022 (prot. n. 225 del  15  novembre
2022), n. 126803 del 18 novembre 2022 (prot. n. 228 del  18  novembre
2022), n. 131316 del 25 novembre 2022 (prot. n. 234 del  25  novembre
2022) e n. 135416 del 1° dicembre 2022 (prot. n. 239 del 1°  dicembre
2022); 
    Vista la requisitoria del pubblico ministero (prot. n. 238 del 28
novembre 2022), recante le richieste conclusive per la  dichiarazione
di parifica del Conto del bilancio e del prospetto del  risultato  di
amministrazione, con le eccezioni specificamente individuate,  e  per
la dichiarazione di non parifica dello Stato patrimoniale e del Conto
economico, nonche' di  rimessione  della  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158  del  2019,
dell'art. 4 della legge regionale n. 30  del  2019  e  dell'art.  110
della legge regionale n. 9 del 2021; 
    Uditi nella pubblica udienza del 3 dicembre 2022: 
        i magistrati relatori, Tatiana Calvitto  e  Massimo  Giuseppe
Urso; 
        il pubblico ministero nella persona del  Presidente  titolare
della Procura generale presso la  Sezione  giurisdizionale  d'Appello
per la Regione Siciliana, Maria Rachele Anita Aronica, ha  emesso  la
seguente ordinanza: 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. Svolgimento del giudizio. 
    Il Rendiconto generale della Regione  Siciliana  per  l'esercizio
finanziario 2020, dopo essere stato approvato dalla Giunta  regionale
con la deliberazione n. 462 del 19 novembre  2021  e  rettificato  in
alcuni allegati  con  la  successiva  deliberazione  n.  600  del  29
dicembre 2021, e' stato presentato a queste Sezioni riunite in data 2
dicembre 2021, ai fini dello svolgimento delle funzioni  disciplinate
dall'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 6 maggio 1948,  n.  655
(Istituzione  di  Sezioni  della  Corte  dei  conti  per  la  Regione
Siciliana),  a  norma  del  quale  «Le  Sezioni   regionali   riunite
deliberano sul rendiconto  generale  della  Regione,  in  conformita'
degli articoli 40 e 41 del citato  testo  unico»  (ossia,  del  regio
decreto 12 luglio 1934, n. 1214, recante Approvazione del testo unico
delle leggi sulla Corte dei conti). 
    A seguito del  deposito  del  documento  consuntivo,  le  Sezioni
riunite della Corte dei  conti  per  la  Regione  Siciliana,  con  la
deliberazione  n.  7/2021/SSRR/PARI  del  17  dicembre  2021,   hanno
approvato il programma di lavoro per  la  decisione  e  la  relazione
finale,  in  conformita'  alle  deliberazioni  interpretative  e   di
orientamento consolidate sui criteri e sulle modalita' procedimentali
e processuali del giudizio di parificazione regionale (Sezione  delle
autonomie,  deliberazione  n.  9/SEZAUT/2013/INPR,  Prime  linee   di
orientamento per la parifica dei rendiconti delle regioni,  ai  sensi
dell'art.  1,  comma  5,  decreto-legge  10  ottobre  2012,  n.  174,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012,  n.  213;
Sezioni   riunite   in   sede   di   controllo,   deliberazione    n.
7/SSRRCC/QMIG/13, sugli specifici profili procedimentali del giudizio
di   parifica;   Sezione   delle    autonomie,    deliberazione    n.
14/SEZAUT/2014/INPR,  Linee   di   orientamento   sul   giudizio   di
parificazione del rendiconto generale  della  regione;  indirizzo  di
coordinamento della Procura generale,  PG  CdC  IC/5  del  29  maggio
2014). 
    All'esito delle camere di consiglio svoltesi in data 3  dicembre,
7 dicembre, 13 dicembre, 23 dicembre 2021, 14 gennaio  e  21  gennaio
2022, queste Sezioni riunite, previo contraddittorio preliminare  con
le parti esperito nell'udienza in Camera di consiglio del 2  febbraio
2022 (Regione Siciliana e  Ufficio  di  procura  generale  presso  la
Sezione giurisdizionale  d'appello  della  Corte  dei  conti  per  la
Regione Siciliana), hanno ravvisato la ricorrenza dei presupposti per
sollevare alcune questioni di massima contraddistinte da  particolare
complessita' e rilevanza e, pertanto, con l'ordinanza n. 1/2022/QMIG,
hanno deliberato di sottoporre al Presidente della Corte dei conti la
valutazione dell'opportunita' di deferire  alle  Sezioni  riunite  in
sede di controllo, ai sensi dell'art. 17, comma 31, del decreto-legge
n. 78 del 2009, o alla Sezione delle Autonomie, ai sensi dell'art. 6,
comma 4, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, la risoluzione di
alcuni quesiti di carattere processuale. 
    Le questioni di massima sono state composte dalle Sezioni riunite
in sede di controllo, a norma del  citato  art.  17,  comma  31,  del
decreto-legge n. 78 del 2009, con la  deliberazione  n.  5/2022/QMIG,
depositata il 14 aprile 2022. 
    Preso atto dei principi di diritto ivi enunciati, queste  Sezioni
riunite hanno dato avvio alle attivita'  istruttorie  a  seguito  del
decreto del suo Presidente n. 5 del 10 maggio 2022. 
    All'esito delle camere di consiglio del 10 e 11 ottobre 2022, con
le ordinanze presidenziali n. 7/2022/SSRR/PARI del 17 ottobre 2022  e
n. 8/2022/SSRR/PARI del  31  ottobre  2022,  queste  Sezioni  riunite
hanno, rispettivamente, trasmesso le bozze di  relazione  conseguenti
allo  svolgimento  delle  attivita'  istruttorie  e  hanno  convocato
l'adunanza in camera  di  consiglio  del  21  novembre  2022  per  lo
svolgimento del  contradditorio  con  le  parti  del  giudizio  (c.d.
udienza di pre-parifica). 
    A tal fine, l'Amministrazione regionale ha depositato memorie con
note n. 122080 del 10 novembre 2022 (prot. n.  224  dell'11  novembre
2022), n. 123986 del 15 novembre 2022 (prot. n. 225 del  15  novembre
2022) e n. 126803 del 18 novembre 2022 (prot. n. 228 del 18  novembre
2022). 
    In data 3 dicembre 2022 e' stata  celebrata  l'udienza  pubblica,
preliminarmente alla quale sono state acquisite: le ulteriori memorie
dell'Amministrazione regionale n. 131316 del 25 novembre 2022  (prot.
n. 234 del 25 novembre 2022) e n. 135416 del 1° dicembre 2022  (prot.
n. 239 del 1° dicembre 2022); la requisitoria del pubblico  ministero
(prot. n. 238 del 28 novembre 2022), recante, tra le altre, anche  la
richiesta   di   rimessione   della   questione    di    legittimita'
costituzionale delle disposizioni concernenti le modalita' di ripiano
del disavanzo di amministrazione (art. 7 del decreto  legislativo  n.
158 del 2019; art. 4 della legge regionale n. 30 del 2019 e dell'art.
110 della legge regionale n. 9 del 2021). 
    Con dispositivo  letto  in  udienza,  cui  ha  fatto  seguito  la
decisione n. 2/2022/PARI depositata in data 30 dicembre 2022,  queste
Sezioni riunite hanno accertato talune  specifiche  irregolarita'  in
ordine al Conto del bilancio e al prospetto relativo al Risultato  di
amministrazione  e  hanno  dichiarato  l'irregolarita'  dello   Stato
patrimoniale e del Conto economico. 
    Quanto ai restanti  accertamenti,  concernenti,  in  particolare,
l'esatta quantificazione degli stanziamenti definitivi da  iscriversi
nel Conto del bilancio dell'esercizio 2020 in relazione al  disavanzo
finanziario, hanno, altresi', deciso la sospensione del giudizio  per
sollevare le questioni di legittimita' costituzionale  oggetto  della
presente ordinanza, in ordine  alle  seguenti  disposizioni:  art.  7
(Ripiano del disavanzo derivante  dagli  effetti  del  riaccertamento
straordinario) del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158,  nel
testo vigente ratione temporis; art. 4 (Disavanzo finanziario  al  31
dicembre 2018), comma 2, della legge regionale 28 dicembre  2019,  n.
30; art.  110  (Abrogazioni  e  modifiche  alla  legge  regionale  28
dicembre 2020, n. 33, alla legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36  e
alla legge regionale 20 gennaio 2021, n. 1), commi 3, 6  e  9,  della
legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. 
    Con la medesima decisione, queste Sezioni riunite hanno  disposto
la sospensione del giudizio anche al fine di sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale  dell'art.  90,  comma  10,  (Istituzione
dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente)  della  legge
regionale 3 maggio 2001, n. 6, come modificato dall'art. 58, comma 2,
della legge  regionale  7  maggio  2015,  n.  9,  quanto  alle  spese
sostenute  nell'esercizio   2020   per   il   finanziamento   annuale
dell'Agenzia regionale  per  la  protezione  dell'ambiente  (A.R.P.A.
Sicilia) a valere sulle risorse del Fondo sanitario regionale. 
    Tale diversa  questione  e'  oggetto  di  rimessione  alla  Corte
costituzionale con separata e contestuale ordinanza (Sezioni  riunite
per la Regione Siciliana, ordinanza n. 2/2023/PARI). 
    2. Gli accertamenti sugli stanziamenti di  bilancio  relativi  al
disavanzo della Regione siciliana e sulle modalita' del suo  ripiano.
Il quadro normativo di riferimento. 
    2.1. La Relazione sulla  gestione  della  Regione  Siciliana  per
l'esercizio 2020, in allegato al Rendiconto  in  esame  (allegato  n.
26), indica il pieno  raggiungimento  degli  obiettivi  intermedi  di
ripiano del disavanzo (pagine  87-88),  prendendo  a  riferimento  le
quote stanziate nel bilancio di previsione  per  ciascuna  delle  sue
diverse  componenti  (euro  421.889.971,85)  e   raffrontandole   con
l'importo  del  miglioramento  (euro  576.433.206,51)   della   parte
disponibile   del   risultato   di   amministrazione    a    chiusura
dell'esercizio  (euro  -6.842.282.431,72)  rispetto   al   precedente
esercizio 2019 (euro -7.418.715.638,23). 
    2.2. Nello specifico, il Conto del bilancio dell'esercizio  2020,
oggetto del presente giudio di parificazione,  registra  stanziamenti
definitivi  a  titolo  di  spese   per   il   Disavanzo   finanziario
complessivamente pari a euro 461.889.971,86 (in particolare, capitoli
di spesa nn. 1, 4, 6, 14 e 15; gli stanziamenti sono riprodotti anche
nel Quadro Generale riassuntivo e nel prospetto  degli  Equilibri  di
Bilancio). 
    Le rappresentazioni contabili concernenti le quote di ripiano del
disavanzo  imputate   all'esercizio,   presenti   all'interno   delle
scritture  consuntive  sottoposte  al  giudizio  di  queste   Sezioni
riunite, costituiscono l'esito  di  iniziali  stanziamenti  di  spesa
disposti  con  la  legge  di  approvazione  del  bilancio   triennale
2020-2022 (legge regionale 12 maggio 2020, n. 10, capitoli  di  spesa
n. 1, 4, 6, 10, 11, 14 e 15) e di variazioni successive che  si  sono
avvicendate, non solo nel corso dell'esercizio 2020 (art. 6 e Tabella
«A» della legge regionale 11 agosto 2020, n. 18,  capitoli  di  spesa
nn. 10 e 11; art. 2 e Tabella «B» della legge regionale  28  dicembre
2020, n. 33, capitoli di spesa nn. 4, 6, 14 e 15; art. 8 della  legge
regionale 30 dicembre 2020, n. 36, capitolo di spesa n. 4), bensi'  -
ad esercizio ormai concluso - anche  durante  l'anno  2021  (art.  7,
comma 1, della legge regionale 20 gennaio 2021, n. 1; art. 110, commi
3, 6, 7 e 9 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9). 
    2.3. Ai fini di una maggiore comprensione, si riproduce - in modo
analitico  e  in  progressione  cronologica  -  il   succedersi   dei
provvedimenti normativi che hanno interessato gli stanziamenti per il
ripiano del disavanzo ricadenti nella competenza dell'esercizio 2020. 
    2.3.1. Con legge regionale 12 maggio 2020,  n.  10  (Bilancio  di
previsione della Regione siciliana per il triennio  2020-2022)  erano
allocati nel Conto del bilancio dell'esercizio 2020  stanziamenti  di
spesa, a  titolo  di  Disavanzo  finanziario,  per  complessivi  euro
474.446.906,78 (capitolo n. 1: euro  40.000.000,00;  capitolo  n.  4:
euro 99.552.334,87; capitolo n. 6: 213.435.133,43;  capitolo  n.  10:
euro 5.943,24; capitolo n. 11: euro 12.550.991,68;  capitolo  n.  14:
euro 6.240.628,61; capitolo n. 15: euro 102.661.874,95). 
    2.3.2. Con legge regionale 11 agosto 2020,  n.  18  (Disposizioni
finanziarie) erano  azzerate  le  quote  di  disavanzo  iscritte  nei
capitoli n. 10 (euro 5.943,24) e n.  11  (euro  12.550.991,68),  come
previsto dall'art. 6 in combinato  disposto  con  l'allegata  Tabella
«A». A seguito delle variazioni, gli stanziamenti di spesa erano pari
a euro 461.889.971,86. 
    2.3.3. Con legge regionale 28 dicembre 2020, n. 33 (Variazioni al
bilancio di previsione della Regione per l'esercizio finanziario 2020
e per il  triennio  2020-2022.  Modifiche  di  norme  in  materia  di
stabilizzazione del  personale  precario)  molti  degli  stanziamenti
presenti in quel momento  in  bilancio  erano  fortemente  ridotti  o
azzerati   (per   una   diminuzione   complessiva,   pari   a    euro
414.883.191,14, degli stanziamenti sui capitoli n. 4,  6,  14  e  15;
cfr. art. 2 in combinato disposto con l'allegata Tabella «B»). 
    A seguito delle variazioni, gli stanziamenti di spesa erano  pari
a euro 47.006.780,72. 
    Avverso l'art. 3 della medesima legge regionale n. 33  del  2020,
il  Consiglio  dei  ministri  ha  proposto  ricorso  di  legittimita'
costituzionale  in  via  principale  ex  art.  127  Cost.  (atto   di
promovimento della Presidenza del Consiglio,  iscritto  nel  registro
dei ricorsi dei giudizi promossi in via principale e pendenti dinanzi
alla Corte costituzionale, al n. 17/2021, e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica  italiana,  prima  serie  speciale  del  7
aprile 2021, n. 14). L'udienza di discussione e' stata fissata per la
data del 25 gennaio 2023. 
    2.3.4. Con legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36  (Disposizioni
urgenti  in  materia  di  personale  e  proroga  di  titoli  edilizi.
Disposizioni varie) lo stanziamento relativo al disavanzo finanziario
per l'anno 2014 (capitolo n. 4) era  ulteriormente  ridotto  di  euro
1.500.000,00 (art. 8). 
    A seguito delle variazioni, alla data del 31  dicembre  2020  gli
stanziamenti di spesa erano pari a euro 45.506.780,72. 
    2.3.5. Con legge regionale 20 gennaio 2021, n. 1  (Autorizzazione
all'esercizio provvisorio del bilancio della Regione per  l'esercizio
finanziario 2021. Disposizioni finanziarie varie) erano  ripristinati
gli stanziamenti di spesa nella  misura  antecedente  all'entrata  in
vigore della legge regionale n. 33 del 28 dicembre 2020 (art. 7). 
    A seguito delle variazioni, gli stanziamenti di spesa  alla  data
del 31 dicembre 2020 erano pari a euro 461.889.971,86. 
    2.3.6. Con l'art. 110 della legge regionale 15 aprile 2021, n.  9
(Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2021.  Legge  di
stabilita' regionale) erano contestualmente  abrogati  sia  l'art.  7
della legge regionale n. 1 del 2021  (art.  110,  comma  7)  sia  «le
variazioni  di  euro  -92.545.554,15,  euro   -213.435.133,43,   euro
-6.240.628,61 ed  euro  -102.661.874,95  (Missione  0,  Programma  0,
capitoli 000004, 000006, 000014 e 000015)» di cui  alla  Tabella  «B»
della legge regionale n. 33 del 2020 (art.  110,  comma  3),  nonche'
l'ulteriore variazione in diminuzione di 1.500.000 sul capitolo n.  4
disposta dall'art. 8 della legge n. 36 del 2020 (art. 110, comma  6),
rispettivamente con effetti dal 29 dicembre 2020 e  dal  31  dicembre
2020 (secondo quanto disposto dall'art. 110, comma 9). 
    L'assetto finale degli stanziamenti concernenti il  recupero  del
disavanzo era il medesimo di quello raggiunto con la legge  regionale
n. 1 del 2021 (cioe' quello vigente ante legge regionale  n.  33  del
2020). A seguito delle  variazioni,  pertanto,  gli  stanziamenti  di
spesa  alla  data  del  31  dicembre  2020   erano   pari   di   euro
461.889.971,86. 
    2.3.7. Le variazioni di bilancio introdotte dall'art. 110,  commi
3, 6, 7 e 9, della legge regionale n. 9  del  2021  hanno,  pertanto,
prodotto effetti sostanziali sugli stanziamenti definitivi  di  spesa
iscritti nel Conto del bilancio sottoposto al  presente  giudizio  di
parificazione. 
    Si riporta a  seguire  il  contenuto  precettivo  delle  suddette
disposizioni: 
        art. 110, comma 3: «Alla Tabella B di cui  all'art.  2  della
legge regionale n. 33/2020 le variazioni di euro -92.545.554,15, euro
-213.435.133,43, euro -6.240.628,61 ed euro -102.661.874,95 (Missione
0,  Programma  0,  capitoli  000004,000006,  000014  e  000015)  sono
abrogate»; 
        art. 110,  comma  6:  «L'art.  8  della  legge  regionale  30
dicembre 2020, n. 36 e' abrogato»; 
        art. 110, comma 7: «L'art. 7 della legge regionale 20 gennaio
2021, n. 1 e' abrogato»; 
        art. 110, comma 9: «Le abrogazioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4
e  5  producono  effetti  con  decorrenza  dal  29   dicembre   2020.
L'abrogazione di cui al comma 6 produce effetti con decorrenza dal 31
dicembre 2020». 
    2.4. Una parte degli stanziamenti  definitivi  di  spesa  per  il
ripiano del disavanzo di amministrazione, registrati  nel  Conto  del
bilancio sottoposto  al  presente  giudizio  di  parificazione,  sono
regolati non solo dalle previsioni del citato art. 110, commi 3, 6  e
9, della legge  regionale  n.  9  del  2021,  ma,  a  monte,  da  una
disciplina sostanziale ad hoc che discende da una fonte normativa  di
attuazione dello Statuto della Regione Siciliana, ossia l'art. 7  del
decreto legislativo 27 dicembre 2019, n.  158  (Norme  di  attuazione
dello  statuto  speciale  della  Regione  Siciliana  in  materia   di
armonizzazione dei sistemi contabili,  dei  conti  giudiziali  e  dei
controlli), approvato secondo il  procedimento  legislativo  previsto
dall'art. 43 dello Statuto della  Regione  Siciliana,  cui  ha  fatto
seguito l'art. 4, comma 2, della legge regionale 28 dicembre 2019, n.
30, concernente la quantificazione degli annuali obblighi di recupero
delle diverse componenti  del  disavanzo  in  rapporto  alle  singole
discipline di ripiano. 
    2.4.1. Nell'ambito delle  registrazioni  complessive  all'interno
del Conto del bilancio del  2020,  si  tratta,  in  particolare,  dei
seguenti stanziamenti di spesa, per un totale di euro 194.336.499,18: 
        capitolo di spesa n. 4, euro 42.420.362,67 (quota  parte  del
maggiore stanziamento di euro 99.552.334,87), pari a 1/10 delle quote
non recuperate al 31 dicembre 2018 del disavanzo dell'esercizio  2014
(art. 4, comma 2, legge regionale n. 30 del 2019, lettera a2); 
        capitolo di spesa n. 6, euro 49.254.261,56 (quota  parte  del
maggiore stanziamento di euro  213.435.133,43),  pari  a  1/10  delle
quote non recuperate al 31 dicembre 2018 del disavanzo derivante  dal
riaccertamento straordinario dei residui  (art.  4,  comma  2,  legge
regionale n. 30 del 2019, lettera b2); 
        capitolo di spesa n. 15, euro 102.661.874,95, pari a 1/10 del
disavanzo derivante dalla gestione dell'esercizio 2018 (art. 4, comma
2, legge regionale n. 30 del 2019, lettera d). 
    2.4.2. Nella  sua  versione  originaria,  l'art.  7  del  decreto
legislativo n. 158 del 2019,  applicabile  al  presente  giudizio  di
parificazione ratione temporis, in quanto  in  vigore  per  tutto  il
2020, prevedeva quanto segue: «1. In sede di prima applicazione delle
presenti norme di attuazione, ferma restando  la  competenza  statale
esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci, il disavanzo e le
quote di disavanzo non recuperate, relative al rendiconto  2018,  non
potranno essere ripianate oltre il limite massimo di dieci  esercizi.
In ogni caso l'applicazione del presente comma non puo' avere effetto
sulla gestione dei pagamenti. 2. Anche al fine  di  tenere  conto  di
quanto previsto dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012,  il  termine
di dieci anni di cui al comma 1 e' ridotto a tre anni qualora,  entro
novanta  giorni  dall'entrata  in   vigore   del   presente   decreto
legislativo, la Regione e  lo  Stato  non  sottoscrivano  un  accordo
contenente specifici impegni di rientro dal disavanzo. Tali  impegni,
in attuazione dei principi  dell'equilibrio  e  della  sana  gestione
finanziaria  del  bilancio,  di  responsabilita'  nell'esercizio  del
mandato elettivo e di responsabilita'  intergenerazionale,  ai  sensi
degli articoli 81  e  97  della  Costituzione,  devono  garantire  il
rispetto di specifici parametri di virtuosita',  quali  la  riduzione
strutturale della  spesa  corrente,  gia'  con  effetti  a  decorrere
dall'esercizio finanziario 2020. La Regione si impegna,  altresi',  a
concordare con  lo  Stato  appositi  interventi  di  riforma  per  le
finalita' di cui al presente comma». 
    2.4.3. La disposizione ha ad oggetto il ripiano,  nel  limite  di
dieci esercizi,  de  «il  disavanzo  e  le  quote  di  disavanzo  non
recuperate, relative al rendiconto 2018» (comma 1) e, specificamente,
concerne una quota di euro 1.943.364.991,73 del complessivo disavanzo
di amministrazione registrato alla data del 31  dicembre  2018  (euro
-7.313.398.073,97, art. 4, comma 1, della legge regionale n.  30  del
2019) e accertato con la decisione che ha  definito  il  giudizio  di
parificazione del rendiconto per l'esercizio  2018  (Sezioni  riunite
per la Regione siciliana, deliberazione n.  6/2019/SSRR/PARI  del  13
dicembre 2019), cosi' distinta: 
        quota  di  euro  916.746.242,27  («quote  di  disavanzo   non
recuperate, relative al rendiconto 2018»), di cui: 
          1) euro 424.203.626,72, a titolo di quote da disavanzo ante
armonizzazione contabile non recuperate alla  data  del  31  dicembre
2018 (art. 4, comma 2, legge regionale n. 30 del  2019,  lettera  a2:
«il saldo finanziario negativo [...], di cui al comma 1, e' ripianato
come segue [...]: in  10  quote  costanti  di  euro  42.420.362,67  a
decorrere dall'esercizio finanziario 2019  relative  alle  quote  non
recuperate al 31 dicembre 2018 del disavanzo dell'esercizio  2014  di
cui alla Delib.G.R. n. 229 del 14  settembre  2015  da  ripianare  ai
sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158 recante  norme
di attuazione dello  Statuto  speciale  della  Regione  Siciliana  in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali
e dei controlli»); 
          2) euro 492.542.615,55, a  titolo  di  quote  da  disavanzo
straordinario (extradeficit) non recuperate alla data del 31 dicembre
2018 (art. 4, comma 2, legge regionale n. 30 del  2019,  lettera  b2,
«il saldo finanziario negativo [...], di cui al comma 1, e' ripianato
come segue [...]: in  10  quote  costanti  di  euro  49.254.261,56  a
decorrere dall'esercizio finanziario 2019  relative  alle  quote  non
recuperate  al  31  dicembre  2018  del   disavanzo   derivante   dal
riaccertamento straordinario dei residui da ripianare  ai  sensi  del
decreto legislativo  27  dicembre  2019,  n.  158  recante  norme  di
attuazione dello Statuto speciale della Regione Siciliana in  materia
di armonizzazione dei sistemi contabili, dei conti giudiziali  e  dei
controlli»); 
        quota  di  euro  1.026.618.749,46,  a  titolo  di   disavanzo
ordinario  accertato  con  il  rendiconto   2018   e   formatosi   in
quest'ultimo esercizio (art. 4, comma 2, legge regionale  n.  30  del
2019, lettera d, «il saldo finanziario  negativo  [...],  di  cui  al
comma 1, e' ripianato come segue [...]: per euro 1.026.618.749,46  in
10 quote costanti di euro 102.661.874,95 a  decorrere  dall'esercizio
2019 relative al disavanzo derivante  dalla  gestione  dell'esercizio
2018 da ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre  2019,
n. 158 recante norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale  della
Regione Siciliana in materia di armonizzazione dei sistemi contabili,
dei conti giudiziali e dei controlli»). 
    2.4.4. In merito alla complessiva formazione del disavanzo  della
Regione Siciliana, si osserva, in punto di fatto, che  dall'esercizio
2015 la Regione Siciliana ha impostato i propri documenti a carattere
finanziario  secondo  i  sistemi  e  gli  schemi  della  contabilita'
armonizzata (art. 11 della legge regionale 13 gennaio  2015,  n.  3),
adottando una deliberazione per il riaccertamento  straordinario  dei
residui attivi e passivi, risultanti dal conto  del  bilancio  al  31
dicembre 2014, e ricalcolando il proprio disavanzo di amministrazione
alla data del 1° gennaio 2015 (Giunta regionale, deliberazione n. 204
del  10  agosto  2015,  parzialmente  modificata  con  la  successiva
deliberazione n. 273 del 18 novembre 2015), cosi' da  avvalersi,  per
le corrispondenti due  componenti  del  disavanzo  derivate  da  tale
operazione, rispettivamente, del ripiano decennale (art. 9, comma  5,
del decreto-legge 13 giugno 2015, n. 78) e trentennale (art. 3, comma
16, del decreto legislativo n. 118 del 2011) offerto dalla  normativa
nazionale. Il disavanzo risalente alla data  del  31  dicembre  2014,
invero, e' adesso ripianato su base ventennale, ai  sensi  dei  commi
779, 780 e 782 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e del comma  886
della legge 30 dicembre 2018, n. 145. 
    La rilevante dimensione del disavanzo  della  Regione  Siciliana,
ulteriormente  aggravatosi  dall'esercizio  2017,  rinviene  la   sua
principale matrice in un difetto di  programmazione  delle  effettive
risorse (come rilevato dalle Sezioni riunite per la Regione Siciliana
nella  decisione  n.   4/2018/PARI,   all'esito   del   giudizio   di
parificazione del Rendiconto generale dell'esercizio  2017),  nonche'
nella determinazione  del  risultato  di  amministrazione  in  palese
violazione dei nuovi  principi  dell'armonizzazione,  come  accertato
negli ultimi giudizi di parificazione (Sezioni riunite per la Regione
Siciliana,  decisioni   n.   4/2018/PARI,   n.   6/2019/PARI   e   n.
6/2021/PARI). 
    2.4.5. Secondo l'esegesi gia' seguita da queste  Sezioni  riunite
nell'esame del precedente esercizio finanziario 2019, la possibilita'
dell'ammortamento  decennale  prevista  dall'art.   7   del   decreto
legislativo n. 158 del 2019 e' stata espressamente  subordinata  alla
sottoscrizione, entro novanta giorni (a partire dal 27 dicembre  2019
e con scadenza il 26 marzo  2020),  di  un  accordo  tra  la  Regione
Siciliana e lo Stato che, invece, interveniva soltanto il 14  gennaio
2021 (cfr. citata decisione n. 6/SSRR/2021/PARI, § 10: «[I]n ossequio
al principio tempus regit actum, le disposizioni di cui  all'art.  7,
comma 1, del decreto legislativo n. 158 del 2019, relativamente  alla
facolta' di ripiano in  dieci  anni  delle  quote  di  disavanzo  non
recuperate relative al rendiconto 2018, in assenza della  definizione
dell'accordo di cui al comma 2 entro il  termine  di  novanta  giorni
originariamente previsto, non trovano applicazione agli esercizi 2019
e 2020 e pertanto le quote ordinarie di ripiano di disavanzo a carico
degli esercizi 2019 e 2020 vanno definitivamente  calcolate  in  euro
875.341.803,26 per ciascun anno»). 
    In  concomitanza  con  il  perfezionamento   di   tale   accordo,
sopraggiungeva, infatti, il decreto legislativo 18 gennaio 2021, n. 8
(Modifiche all'art. 7 del decreto legislativo 27  dicembre  2019,  n.
158,  recante  norme  di  attuazione  dello  Statuto  della   Regione
Siciliana in materia di armonizzazione  dei  sistemi  contabili,  dei
conti giudiziali e  dei  controlli),  entrato  in  vigore  il  giorno
successivo alla sua pubblicazione nella  Gazzetta  Ufficiale  (ossia,
dal  6  febbraio  2021),  che,  nel  modificare  la   disciplina   di
riferimento posta dall'art. 7 del  decreto  legislativo  n.  158  del
2019, disponeva, inter alia, la sostituzione dell'iniziale termine di
novanta giorni con quello del 31 gennaio 2021 (art. 1). 
    A seguito delle variazioni apportate con la novella  del  gennaio
2021, l'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019 ha assunto  la
seguente formulazione:  «1.  In  sede  di  prima  applicazione  delle
presenti norme di attuazione, ferma restando  la  competenza  statale
esclusiva in materia di armonizzazione dei bilanci, il disavanzo e le
quote di disavanzo  non  recuperate,  relative  al  rendiconto  2018,
saranno ripianate in dieci esercizi. In ogni caso l'applicazione  del
presente comma non puo' avere effetto sulla gestione  dei  pagamenti.
Per far fronte  agli  effetti  negativi  derivanti  dall'epidemia  da
COVID-19,  le  quote  di  copertura  del  disavanzo   accertato   con
l'approvazione del rendiconto 2018, da ripianare nell'esercizio 2021,
sono  rinviate,  esclusivamente   per   tale   annualita',   all'anno
successivo  a  quello  di  conclusione  del  ripiano  originariamente
previsto. 
    2. Anche al fine di tenere conto di quanto previsto  dall'art.  9
della legge n. 243 del 2012, il termine di dieci anni di cui al comma
1 e' ridotto a  tre  anni  secondo  quanto  previsto,  rispetto  alle
tempistiche di rientro indicate al comma 1 con riferimento allo stato
di emergenza dell'epidemia da COVID-19, qualora, entro il 31  gennaio
2021, la Regione e lo Stato non sottoscrivano un  accordo  contenente
specifici  impegni  di  rientro  dal  disavanzo.  Tali  impegni,   in
attuazione  dei  principi  dell'equilibrio  e  della  sana   gestione
finanziaria  del  bilancio,  di  responsabilita'  nell'esercizio  del
mandato elettivo e di responsabilita'  intergenerazionale,  ai  sensi
degli articoli 81  e  97  della  Costituzione,  devono  garantire  il
rispetto di specifici parametri di virtuosita',  quali  la  riduzione
strutturale  della  spesa   corrente,   con   effetti   a   decorrere
dall'esercizio finanziario 2021. La Regione si impegna,  altresi',  a
concordare con  lo  Stato  appositi  interventi  di  riforma  per  le
finalita' di cui al presente comma». 
    2.4.6. L'interpretazione  e  la  conseguente  applicazione  della
norma di  attuazione  dello  Statuto  contenuta  nella  decisione  di
parificazione  dell'esercizio  2019,  non  impugnata  dalla   Regione
siciliana, ha  trovato  successiva  trasposizione  nel  Prospetto  di
composizione e copertura  del  disavanzo  al  31  dicembre  2019,  in
allegato alla legge regionale 26 novembre 2021, n.  30  (Assestamento
del Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2021 e per  il
triennio 2021/2023). 
    2.4.7. Considerata, pertanto, l'efficacia non  retroattiva  delle
modifiche  apportate  dal  decreto  legislativo  n.  8  del  2021  al
contenuto precettivo dell'art. 7 del decreto legislativo n.  158  del
2019, queste Sezioni riunite, anche nel giudizio di parificazione  in
corso, hanno affermato che il ripiano decennale  non  avrebbe  potuto
trovare applicazione negli esercizi 2019 e 2020,  cui,  invece,  deve
applicarsi il regime di  ripiano  triennale  delineato  dall'art.  7,
comma 2, nel  testo  vigente  ratione  temporis  (cfr.  decisione  n.
2/2022/PARI, § 9.6.). 
    Tale  approccio  interpretativo  muove,   in   particolare,   dal
postulato contabile dell'annualita', a norma del quale le  previsioni
finanziarie  del  conto  del  bilancio  di  ciascun   esercizio   non
potrebbero che essere regolate  dalla  normativa  al  tempo  vigente,
dovendosi escludere che disposizioni successive  possano  operare  in
via retroattiva su un esercizio finanziario concluso. 
    2.4.8. L'esito di questo percorso argomentativo ha indotto queste
Sezioni riunite alla differente  quantificazione  delle  obbligatorie
iscrizioni di spesa per il complessivo recupero del disavanzo in euro
1.328.793.634,66 nell'esercizio 2020,  con  conseguente  accertamento
del mancato conseguimento degli obiettivi intermedi  di  ripiano  del
disavanzo (Sezioni riunite per la  Regione  Siciliana,  decisione  n.
2/2022/PARI, § 9.6., nonche' Relazione sul rendiconto  della  Regione
Siciliana esercizio 2020, Vol. I, Capitolo n. 2, § 2.4.2.  e  tabella
n. 2.33, pagine 107-119; § 2.4.4. e tabella n. 2.41, pagine 126-128). 
    2.4.9. Le speciali disposizioni su  cui  queste  Sezioni  riunite
hanno basato  la  propria  analisi  delineano,  invero,  un  percorso
temporale di rientro  differente  e  piu'  favorevole  rispetto  alla
disciplina  generale  posta  dall'art.  42,  comma  12,  del  decreto
legislativo n. 118 del 2011. 
    Da quest'ultima, infatti, si  ricavano  le  seguenti  due  regole
generali. 
    Per la prima, il disavanzo accertato alla fine  di  un  esercizio
deve essere  applicato  al  primo  degli  esercizi  del  bilancio  di
previsione in corso di gestione (art. 42, comma 12,  primo  periodo),
con facolta' di ripiano «negli esercizi considerati nel  bilancio  di
previsione, in ogni  caso  non  oltre  la  durata  della  legislatura
regionale, contestualmente all'adozione di  una  delibera  consiliare
avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel  quale  siano
individuati i provvedimenti necessari  a  ripristinare  il  pareggio»
(art. 42, comma 12, terzo periodo). 
    Quanto  alla  seconda  regola,  le  quote  delle  componenti  del
disavanzo  proveniente  dagli  esercizi  precedenti,  non  recuperate
nell'esercizio su cui cade il relativo  obbligo  di  ripiano,  devono
essere  immediatamente  e  integralmente  applicate  al  primo  degli
esercizi del bilancio in corso di gestione,  in  quanto,  mancando  i
presupposti per una qualificazione in termini di  "nuovo  disavanzo",
non ricorrerebbero le condizioni della dilazione  offerta  dal  terzo
periodo della disposizione (Corte costituzionale, sentenza n. 246 del
2021, § 6 del considerato in diritto; sentenza n.  268  del  2022,  §
6.1. del considerato in diritto). 
    2.4.10. Con riguardo alle quote  di  disavanzo  da  extradeficit,
deve ricordarsi che le modalita' di ripiano sono state definite anche
dal decreto del MEF 2 aprile 2015 (in attuazione dell'art.  3,  commi
15 e 16, del decreto legislativo n. 118 del 2011),  il  cui  art.  2,
comma  1,  opera  un  rinvio  all'art.  42,  comma  12,  del  decreto
legislativo n. 118 del 2011,  con  riferimento  alle  Regioni  («[l]a
quota del disavanzo al 1° gennaio  2015  determinato  a  seguito  del
riaccertamento straordinario effettuato in  attuazione  dell'art.  3,
comma 7,  del  decreto  legislativo  n.  118  del  2011,  di  importo
corrispondente al disavanzo individuato in sede di  approvazione  del
rendiconto 2014 e'  ripianata  dalle  regioni  secondo  le  modalita'
previste dall'art. 42, comma 12, del decreto  legislativo  23  giugno
2011, n.  118  [...]»).  L'art.  4,  comma  2,  disciplina,  poi,  le
modalita' di verifica del ripiano  del  disavanzo  da  riaccertamento
straordinario, negli esercizi  successivi  al  2015  e  sino  al  suo
completo ripiano, individuando la consueta  regola  del  ribaltamento
integrale della quota non recuperata (a norma  del  secondo  periodo:
«[s]e [...] il disavanzo applicato non e' stato recuperato, la  quota
non recuperata nel corso  dell'esercizio,  o  il  maggiore  disavanzo
registrato rispetto al risultato  di  amministrazione  dell'esercizio
precedente, e' interamente applicata al primo esercizio del  bilancio
di previsione in corso  di  gestione,  in  aggiunta  alla  quota  del
recupero  del  maggiore  disavanzo   derivante   dal   riaccertamento
straordinario prevista per tale esercizio, in attuazione dell'art. 3,
comma 16, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118»). 
    Circa l'interpretazione del quadro normativo appena delineato, le
Sezioni riunite in speciale composizione, con la sentenza  n.  1  del
2019, pronunciata  nell'ambito  del  giudizio  di  parificazione  del
rendiconto  della  Regione  Siciliana  dell'esercizio   2017,   hanno
affermato che «[n]el caso in cui il ripiano  puo'  avvenire  in  piu'
esercizi, il raggiungimento dell'equilibrio di bilancio viene diluito
in  un  tempo  massimo  prestabilito  dal  legislatore,  e  non  puo'
ulteriormente essere dilatato dall'ente. Ne consegue che,  una  volta
acceduto ad un piano di rientro che prevede  il  ripiano  pluriennale
nel massimo periodo temporale consentito, le quote di  disavanzo  non
recuperate vanno ad aggiungersi a quelle da recuperare nell'esercizio
successivo,  tornando  ad  avere  applicazione  la  regola   generale
prevista  dall'art.  42,  comma  12,   primo   periodo.   D'altronde,
diversamente opinando, l'ente, nella migliore  ipotesi,  ripianerebbe
il disavanzo in un  periodo  di  tempo  maggiore  rispetto  a  quello
consentito dal legislatore, oppure, non avendo piu'  alcuna  scadenza
finale per il raggiungimento del pareggio, potrebbe restare, anche in
questo caso, in una situazione di squilibrio permanente.  Poiche'  la
regola della traslazione  della  quota  non  ripianata  all'esercizio
successivo e' implicita nell'ordinamento contabile, la  disposizione,
contenuta nell'art. 4, comma 2, del  decreto  ministeriale  2  aprile
2015 per il maggior disavanzo da riaccertamento dei  residui,  e'  da
considerare  una  norma  meramente  tecnica,  attuativa  di  principi
generali e di  norme  attuative  dettate  dalla  Costituzione  e  dal
decreto legislativo n. 118/2011». 
    2.4.11. Il percorso di rientro dal disavanzo oggetto della  norma
di attuazione dello Statuto, nel testo vigente ratione  temporis,  si
presenta piu' favorevole rispetto alla disciplina di fonte statale in
ragione del concreto raffronto degli effetti scaturenti dall'art. 42,
comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011 rispetto  a  quelli
dell'art. 7, comma 2, del decreto legislativo n. 158  del  2019,  cui
queste Sezioni riunite devono  dare  applicazione  secondo  l'esegesi
gia'  illustrata  in  precedenza  (supra,   §   2.4.4.   e   2.4.6.).
Nell'esercizio 2020, infatti, le quote  del  disavanzo  indicate  dal
comma 1 sono soggette alle particolari condizioni di cui al comma  2,
con conseguente obbligo di ripiano nella misura di  1/3  anziche'  di
1/10. 
    Ove, dunque, non fosse stata approvata la speciale disciplina  di
attuazione   dello   Statuto,   gli   stanziamenti   da    effettuare
nell'esercizio 2020  avrebbero  dovuto  rispettare  gli  obblighi  di
programmazione imposti dall'art. 42, comma 12, primo e terzo periodo,
del decreto legislativo n. 118  del  2011,  con  la  conseguenza  che
questi  ultimi  sarebbero  stati,  complessivamente,   differenti   e
superiori a quelli  iscritti  nel  Conto  del  bilancio  oggetto  del
presente giudizio di parificazione. 
    Considerata,  infatti,  la  regola  dell'automatica   traslazione
all'esercizio in corso di gestione delle quote  non  recuperate  alla
data del  31  dicembre  2018  (disavanzo  ante  armonizzazione,  euro
424.203.626,72;  disavanzo  da   riaccertamento   straordinario   dei
residui, euro 492.542.615,55), ai sensi dell'art. 42, comma 12, primo
periodo, del decreto legislativo  n.  118  del  2011,  nell'esercizio
2020,  avrebbero  dovuto  necessariamente   essere   effettuati   gli
stanziamenti di spesa per darne  integrale  copertura,  al  netto  di
quelli gia' effettuati (in misura insufficiente) nell'esercizio  2019
(rispettivamente pari  a  1/10,  ossia  euro  42.420.362,67  ed  euro
49.254.261,56), primo anno da cui decorrevano gli effetti dell'art. 7
del decreto legislativo n. 158 del 2019 e  dell'art.  4  della  legge
regionale n. 30 del 2019. 
    Per la  nuova  quota  del  disavanzo  proveniente  dall'esercizio
finanziario   2018   (disavanzo   ordinario   2018,   pari   a   euro
1.026.618.749,46), diversamente, avrebbe potuto trovare  applicazione
l'art. 42, comma 12, terzo periodo, del decreto  legislativo  n.  118
del  2011,  con  conseguente  recupero  su   base   triennale   (euro
342.206.249,82, per ciascuno degli esercizi 2019, 2020 e 2021) e  con
effetti analoghi a quelli previsti dall'art. 7, comma 2, del  decreto
legislativo n. 158 del 2019,  che,  nella  versione  vigente  ratione
temporis, ne imponeva il ripiano in anni tre a seguito dello  scadere
del termine originario per la conclusione dell'Accordo con  lo  Stato
(26 marzo 2020). 
    2.4.12. Si offre una rappresentazione sintetica degli obblighi di
stanziamento che  avrebbero  dovuto  discendere  dalla  citata  norma
statale in raffronto a quelli conseguenti all'attuazione del percorso
triennale delineato dalla norma di attuazione dello Statuto,  secondo
gli accertamenti di queste Sezioni riunite (decisione n. 2/2022/PARI,
Relazione sul rendiconto della Regione Siciliana esercizio 2020, Vol.
I, Capitolo  n.  2,  §§  2.5.5.-2.5.6.  e  tabella  n.  2.42,  pagine
132-134). 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Puo' osservarsi che, in base ai precetti contenuti nell'art.  42,
comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011,  gli  stanziamenti
obbligatori di spesa, da quantificare in  euro  1.634.375.715,41,  si
presentano, all'evidenza, diversi e piu'  consistenti  rispetto  agli
stanziamenti registrati nel Conto del bilancio oggetto  del  presente
giudizio di parificazione, pari a euro  461.889.971,86,  per  effetto
della disciplina  sostanziale  di  ripiano  decennale  seguita  dalla
Regione  Siciliana  nell'applicazione   dell'art.   7   del   decreto
legislativo n. 158 del 2019 e dell'art. 4 della legge regionale n. 30
del 2019. 
    Essi sono, altresi', superiori anche a  quelli  che  -  per  euro
1.328.793.634,70 - avrebbero dovuto trovare allocazione nel Conto del
bilancio  del  2020,  per  effetto  del  ripiano  triennale  previsto
dall'art. 7, comma 2,  del  decreto  legislativo  n.  158  del  2019,
vigente  ratione  temporis,  da   applicare   secondo   il   criterio
interpretativo   reso   da    queste    Sezioni    riunite    (ossia,
irretroattivita', sull'esercizio 2020 gia'  concluso,  degli  effetti
della novella contenuta nel decreto legislativo n. 8 del 2021). 
    2.5. Come illustrato in precedenza (supra, §§ 2.3.6.  e  2.3.7.),
gli importi degli stanziamenti definitivi iscritti  nei  capitoli  di
spesa del Conto del bilancio a titolo di Disavanzo finanziario,  pari
complessivamente a euro 461.889.971,86, costituiscono l'esito  finale
di   interventi   normativi   intervenuti   nel   corso   del    2021
sull'articolazione del bilancio risultante alla data del 31  dicembre
2020, con effetti retroattivi a partire dal 29  dicembre  2020  (art.
110, commi 3, 6 e 9, della legge regionale n. 9 del  2021).  In  base
alle disposizioni vigenti al momento della  chiusura  dell'esercizio,
infatti, l'ammontare dei pertinenti stanziamenti di spesa era pari  a
euro 45.506.780,72. 
    Per il quadro normativo  in  materia,  la  misura  del  disavanzo
iscritto in bilancio influenza l'ampiezza  dello  spazio  finanziario
per la copertura di nuove spese a mezzo  dell'applicazione  di  quote
del risultato di amministrazione (art. 1,  commi  897  e  898,  della
legge 30 dicembre 2018, n. 145 e decreto legislativo n. 118 del 2011,
allegato n. 4/2, §§ 9.2.15 e 9.2.16). 
    Con   riguardo,   in   concreto,   alla   gestione    finanziaria
dell'esercizio 2020, la Regione Siciliana, per  il  finanziamento  di
nuove spese, ha applicato quote accantonate,  vincolate  e  destinate
del  risultato  di  amministrazione  complessivamente  corrispondenti
all'importo di euro 694.700.914,92,  in  parte  preponderante  (nello
specifico, per euro 690.671.572,65) a mezzo di variazioni di bilancio
delle previsioni di entrata e  di  spesa  disposte  direttamente  con
provvedimenti di natura amministrativa,  alcuni  dei  quali  adottati
anche successivamente alla data del  29  dicembre  2020  (momento  di
decorrenza  delle  variazioni  di  bilancio   retroattive),   secondo
l'elencazione in allegato al Rendiconto in esame (allegato  n.  25  -
Sviluppo delle variazioni alle previsioni). 
    Queste  Sezioni  riunite,  nella  decisione  n.  2/2022/PARI   (§
9.11.-9.12.;  cfr.  anche  Relazione  sul  rendiconto  della  Regione
Siciliana esercizio 2020, Vol. I, Capitolo n. 2, §§ 2.5.10.-2.5.11. e
tabella n. 2.43, pagine 136-138),  hanno  accertato  che  dall'esatta
determinazione degli  stanziamenti  definitivi  per  il  ripiano  del
disavanzo    dipende     il     definitivo     accertamento     della
legittimita'/illegittimita'  delle  maggiori  spese  scaturenti   dal
superamento  dei  limiti  quantitativi  per  l'utilizzo  delle  quote
vincolate, accantonate e destinate del risultato di  amministrazione,
fissati dalle norme in materia. 
    Ove,  infatti,  queste  Sezioni  riunite  dovessero  prendere   a
riferimento lo stanziamento definitivo  alla  data  del  31  dicembre
2020, in assenza delle modifiche normative retroattive  avvenute  nel
corso del 2021 in base all'art. 110 della legge regionale  n.  9  del
2021 della cui legittimita' si dubita, il limite in questione -  come
concretamente  determinato   in   applicazione   delle   disposizioni
normative  in  materia  -  dovrebbe  ritenersi  non  rispettato   per
l'importo di euro 5.777.009,60. 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    2.6.  Quanto  alle  vicende  di  interesse  circa  le  fasi   del
procedimento legislativo  antecedenti  all'entrata  in  vigore  della
speciale disciplina di ripiano del disavanzo della Regione siciliana,
deve annoverarsi la circostanza che lo schema del decreto legislativo
recante disposizioni  di  attuazione  dello  Statuto  in  materia  di
armonizzazione contabile e' stato sottoposto al  parere  della  Corte
dei conti, Sezioni riunite in sede  consultiva,  che,  in  proposito,
hanno esitato la deliberazione n. 4/2019/CONS, depositata in data  29
ottobre 2019. 
    Si osserva che la disciplina in argomento era posta  dall'art.  8
del predetto schema, rubricato Ripiano del disavanzo derivante  dagli
effetti del riaccertamento straordinario, contenente una formulazione
del   precetto   normativo   sostanzialmente   diversa   da    quella
effettivamente entrata in vigore. Essa, infatti,  prevedeva:  «1.  In
sede di prima applicazione delle presenti norme di attuazione,  ferma
restando la competenza statale esclusiva in materia di armonizzazione
dei bilanci pubblici, il ripianamento del maggior disavanzo derivante
dalla cancellazione dei residui reimputati in sede di  riaccertamento
straordinario, non potra' essere ripianato oltre il limite massimo di
dieci esercizi. 2. L'efficacia del presente articolo e'  condizionata
al parere favorevole della Corte dei conti, Sezioni riunite Centrali,
in sede consultiva» (testo approvato dalla Commissione paritetica  ex
art. 43 dello Statuto nella seduta del 12  giugno  2019.  Sul  punto,
cfr. Assemblea regionale siciliana, Servizio Studi, Documento n.  21,
ottobre 2019, Note in materia di rapporti finanziari Stato - Regione,
pagine 120-122). 
    In merito  alle  questioni  affrontate  nel  parere,  le  Sezioni
riunite in sede consultiva, nel concludere per l'inopportunita' della
«previsione di tale articolo  nello  schema  normativo»,  formulavano
alcune concise ma significative osservazioni  circa  la  legittimita'
costituzionale della disposizione all'esame per  una  «una  serie  di
aspetti problematici», pur osservando che «nella sede consultiva  non
e'  possibile  svolgere  l'ampiezza  delle  argomentazioni  che  puo'
valutare il giudice delle leggi, ma e'  necessario  attestarsi  sulle
norme vigenti». 
    In  particolare,  era  espresso  il  dubbio:  da  un  lato,  che,
attraverso  norme  di  attuazione  dello  Statuto,   potesse   essere
autorizzata  una  riedizione  delle  operazioni   di   riaccertamento
straordinario dei residui, introducendo  una  disciplina  derogatoria
tale da «incidere sul modello generale tracciato dalla legge statale,
in una materia quale  quella  della  armonizzazione  contabile  nella
quale e' prevista la competenza statale esclusiva»;  dall'altro,  che
potesse essere consentito il «differimento del riequilibrio in  tempi
molto prolungati attraverso una norma  che  sostanzialmente»  avrebbe
disciplinato «una fattispecie per certi aspetti analoga a quella  che
ha dato origine alla sentenza della Corte costituzionale  n.  18  del
febbraio 2019». 
    2.7. Occorre, infine, osservare che, successivamente  all'entrata
in vigore dell'art. 7 del decreto legislativo n.  158  del  2019,  il
legislatore e' nuovamente intervenuto - con il procedimento  previsto
per l'attuazione dello Statuto - sulla speciale disciplina di ripiano
del disavanzo, innestando sul percorso di rientro decennale ulteriori
previsioni eccezionali e in deroga che, con riferimento agli esercizi
finanziari 2021 e 2022, hanno consentito di  alleggerire  l'ammontare
finale degli stanziamenti delle quote di  competenza,  posticipandone
gli obblighi di recupero ad esercizi futuri. 
    In questo caso, tuttavia,  le  previsioni  in  deroga  non  hanno
riguardato unicamente «il disavanzo  e  le  quote  di  disavanzo  non
recuperate, relative al rendiconto 2018» (art. 7,  comma  1),  bensi'
tutte le ulteriori componenti del  disavanzo  finanziario  «accertato
con l'approvazione del rendiconto 2018» (nello  specifico:  disavanzo
dell'esercizio 2014, disavanzo da  riaccertamento  straordinario  dei
residui, disavanzo derivante dalla gestione dell'esercizio 2017;  per
la composizione del disavanzo finanziario alla data del  31  dicembre
2018, cfr. il citato art. 4 della legge regionale n. 30 del 2019). 
    In particolare, l'art. 1 del citato decreto legislativo n. 8  del
2021, nel modificare l'art. 7, comma 1, del  decreto  legislativo  n.
158 del 2019 ha cosi' disposto: «Per far fronte agli effetti negativi
derivanti dall'epidemia  da  Covid-19,  le  quote  di  copertura  del
disavanzo  accertato  con  l'approvazione  del  rendiconto  2018,  da
ripianare nell'esercizio 2021, sono rinviate, esclusivamente per tale
annualita', all'anno successivo a quello di conclusione  del  ripiano
originariamente previsto». 
    L'art. 1 del  decreto  legislativo  9  giugno  2022,  n.  87,  ha
introdotto nell'art. 7 il seguente comma 2-bis: «Per l'anno  2022  la
copertura della somma  di  211  milioni  di  euro,  pari  alla  meta'
dell'importo relativo alle quote ordinarie di copertura del disavanzo
accertato con l'approvazione del rendiconto 2018 che dovrebbe  essere
recuperato nel 2022, e' rinviata al secondo  esercizio  successivo  a
quello  di  conclusione  del  ripiano  originariamente  previsto;  il
predetto rinvio e' subordinato al rispetto  da  parte  della  Regione
Siciliana dell'Accordo sottoscritto con lo Stato in data  14  gennaio
2021 per il ripiano decennale  del  disavanzo.  In  caso  di  mancato
rispetto in un anno degli impegni del citato Accordo del  14  gennaio
2021, ivi compresi gli obblighi di certificazione di cui al  punto  5
del medesimo Accordo, la quota di ripiano 2022 oggetto di  rinvio  e'
interamente applicata al primo esercizio del bilancio  di  previsione
in corso di gestione in aggiunta alle quote  ordinarie  del  recupero
del disavanzo». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.   Le   norme   oggetto   della   questione   di   legittimita'
costituzionale. 
    All'esito dell'istruttoria relativa  alla  quantificazione  degli
stanziamenti  definitivi  da  iscriversi  nel  conto   del   bilancio
dell'esercizio 2020  in  relazione  al  disavanzo  finanziario  e  al
conseguimento degli obblighi intermedi e annuali di ripiano (supra, §
2 e relativi sottoparagrafi, parte in fatto), queste sezioni riunite,
con dispositivo pronunciato nell'udienza del 3 dicembre 2022, cui  e'
seguito il deposito della deliberazione n. 2/2022/PARI, hanno  deciso
la  sospensione  del  giudizio  per   sollevare   le   questioni   di
legittimita' costituzionale  oggetto  della  presente  ordinanza,  in
ordine   alle   seguenti   disposizioni,   che   sono    alla    base
dell'articolazione e della gestione del bilancio quanto al  programma
di recupero del disavanzo oggetto di  rendicontazione  nell'esercizio
finanziario 2020 (supra, §§  2.3.6-2.3.7;  §§  2.4.-2.4.11):  art.  7
(Ripiano del disavanzo derivante  dagli  effetti  del  riaccertamento
straordinario) del decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 158,  nel
testo vigente ratione temporis; art. 4 (Disavanzo finanziario  al  31
dicembre 2018), comma 2, della legge regionale 28 dicembre  2019,  n.
30; art.  110  (Abrogazioni  e  modifiche  alla  legge  regionale  28
dicembre 2020, n. 33, alla legge regionale 30 dicembre 2020, n. 36  e
alla legge regionale 20 gennaio 2021, n. 1), commi 3, 6  e  9,  della
legge regionale 15 aprile 2021, n. 9. 
    1.1. Come gia' visto (supra, § 2.4.  e  relativi  sottoparagrafi,
parte in fatto), l'art. 7 del decreto legislativo n.  158  del  2019,
nel testo vigente ratione temporis, ha  individuato  un  percorso  di
ripiano  di  alcune  quote  del  complessivo  disavanzo   finanziario
registrato alla data del 31 dicembre  2018  (quelle  concernenti,  in
particolare, il disavanzo della gestione 2018 e le quote di disavanzo
non recuperate entro il termine dello stesso esercizio) in deroga  al
modello generale e uniforme di disciplina posto dall'art.  42,  comma
12, del decreto legislativo n. 118 del 2011 («1.  In  sede  di  prima
applicazione delle presenti norme di attuazione,  ferma  restando  la
competenza  statale  esclusiva  in  materia  di  armonizzazione   dei
bilanci, il  disavanzo  e  le  quote  di  disavanzo  non  recuperate,
relative al rendiconto 2018, non potranno essere ripianate  oltre  il
limite massimo di dieci esercizi. In  ogni  caso  l'applicazione  del
presente comma non puo' avere effetto sulla gestione  dei  pagamenti.
2. Anche al fine di tenere conto di quanto previsto dall'art. 9 della
legge n. 243 del 2012, il termine di dieci anni di cui al comma 1  e'
ridotto a tre anni qualora,  entro  novanta  giorni  dall'entrata  in
vigore del presente decreto legislativo, la regione e  lo  Stato  non
sottoscrivano un accordo contenente specifici impegni di rientro  dal
disavanzo. Tali impegni, in attuazione dei principi dell'equilibrio e
della sana gestione  finanziaria  del  bilancio,  di  responsabilita'
nell'esercizio   del   mandato   elettivo   e   di    responsabilita'
intergenerazionale,  ai  sensi  degli  articoli   81   e   97   della
Costituzione, devono garantire il rispetto di specifici parametri  di
virtuosita', quali la riduzione  strutturale  della  spesa  corrente,
gia' con effetti a  decorrere  dall'esercizio  finanziario  2020.  La
Regione si impegna, altresi', a  concordare  con  lo  Stato  appositi
interventi di riforma per le finalita' di cui al presente comma»). 
    1.2. Come illustrato (supra, § 2.4.  e  relativi  sottoparagrafi,
parte in fatto), l'art. 4, comma 2, della legge regionale n.  30  del
2019 ha introdotto disposizioni applicative dell'art. 7  del  decreto
legislativo n. 158  del  2019,  quantificando  le  quote  oggetto  di
stanziamento e di ripiano annuale in deroga all'art.  42,  comma  12,
del decreto legislativo n. 118 del  2011  (lett.  a2:  «in  10  quote
costanti di euro 42.420.362,67 a decorrere dall'esercizio finanziario
2019 relative alle quote non  recuperate  al  31  dicembre  2018  del
disavanzo dell'esercizio 2014 di cui alla Delib.G.R. n.  229  del  14
settembre 2015 da ripianare  ai  sensi  del  decreto  legislativo  27
dicembre 2019, n. 158  recante  norme  di  attuazione  dello  Statuto
speciale della Regione Siciliana in  materia  di  armonizzazione  dei
sistemi contabili, dei conti giudiziali e dei controlli»; lettera b2:
«in  10  quote   costanti   di   euro   49.254.261,56   a   decorrere
dall'esercizio finanziario 2019 relative alle quote non recuperate al
31  dicembre  2018  del  disavanzo   derivante   dal   riaccertamento
straordinario  dei  residui  da  ripianare  ai  sensi   del   decreto
legislativo 27 dicembre 2019, n.  158  recante  norme  di  attuazione
dello  Statuto  speciale  della  Regione  Siciliana  in  materia   di
armonizzazione dei sistemi contabili,  dei  conti  giudiziali  e  dei
controlli»;  lettera  d:  «per  euro  1.026.618.749,46  in  10  quote
costanti di  euro  102.661.874,95  a  decorrere  dall'esercizio  2019
relative al disavanzo derivante dalla gestione dell'esercizio 2018 da
ripianare ai sensi del decreto legislativo 27 dicembre 2019,  n.  158
recante norme di attuazione  dello  Statuto  speciale  della  Regione
Siciliana in materia di armonizzazione  dei  sistemi  contabili,  dei
conti giudiziali e dei controlli»). 
    1.3. Secondo l'analisi svolta in  precedenza  (supra,  §  2.3.  e
relativi sottoparagrafi, parte in fatto), l'art. 110, commi 3, 6 e 7,
della legge regionale  n.  9  del  2021  ha  disposto,  ad  esercizio
finanziario  ormai  concluso,  variazioni  di  bilancio  con  effetti
sostanziali sugli stanziamenti definitivi di spesa iscritti nel Conto
del  bilancio  del  2020   sottoposto   al   presente   giudizio   di
parificazione, con  quantificazioni  che  discendono  dall'attuazione
dell'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019  e  dell'art.  4,
comma 2, della legge regionale 30 del 2019 (comma 3: «Alla Tabella  B
di cui all'art. 2 della legge regionale n. 33/2020 le  variazioni  di
euro -92.545.554,15, euro -213.435.133,43, euro -6.240.628,61 ed euro
-102.661.874,95 (Missione 0,  Programma  0,  capitoli  000004,000006,
000014 e 000015) sono abrogate»;  comma  6:  «L'art.  8  della  legge
regionale 30  dicembre  2020,  n.  36  e'  abrogato»;  comma  9:  «Le
abrogazioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4  e  5  producono  effetti  con
decorrenza dal 29 dicembre  2020.L'abrogazione  di  cui  al  comma  6
produce effetti con decorrenza dal 31 dicembre 2020»). 
    2. La legittimazione a sollevare  la  questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    La legittimazione di queste sezioni riunite a sollevare questione
di legittimita' costituzionale, ai  sensi  dell'art.  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87,  nel  corso  del  giudizio  di  parificazione  del
rendiconto  generale  della  Regione   Siciliana,   e'   gia'   stata
riconosciuta dalla Corte costituzionale sin dalla sentenza n. 121 del
1966. 
    Piu' in generale, la legittimazione della Corte dei  conti  quale
giudice a quo, nello svolgimento delle funzioni di parificazione  dei
rendiconti regionali, a norma dell'art. 1, comma 5, del decreto-legge
10 ottobre 2012, n. 174, convertito con  modificazioni  dall'art.  1,
comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 231, e' stata  costantemente
ammessa dalla Corte costituzionale in plurime decisioni  (ex  multis,
sentenze n. 181 del 2015, n. 89 del 2017, n. 196 del 2018, n.  138  e
n. 146 del 2019, n. 112 e n. 244 del 2020, n. 215 e n. 235 del  2021,
n. 253 del 2022), in quanto «la Corte dei conti, in sede di  giudizio
di parificazione del bilancio, e' legittimata a promuovere  questione
di legittimita' costituzionale avverso le disposizioni di  legge  che
determinano, nell'articolazione e nella gestione del bilancio stesso,
effetti non consentiti dai principi posti a  tutela  degli  equilibri
economico-finanziari  e  dagli  altri  precetti  costituzionali,  che
custodiscono la sana gestione finanziaria, giacche',  nella  parifica
del rendiconto regionale, ricorrono integralmente tutte le condizioni
per le quali e' ammessa la possibilita'  di  sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale in via  incidentale,  in  una  situazione
analoga a quella in cui si trova un qualsiasi  giudice  (ordinario  o
speciale), allorche' procede a raffrontare i fatti  e  gli  atti  dei
quali  deve  giudicare  alle  leggi   che   li   concernono»   (Corte
costituzionale, sentenza n. 215 del 2021,  §  4  del  considerato  in
diritto). 
    3. La rilevanza delle questioni nel presente giudizio. 
    Ai fini della definizione del presente giudizio di parificazione,
assume rilievo la questione della legittimita' costituzionale di  una
normativa speciale e derogatoria  sul  ripiano  del  disavanzo  della
Regione  Siciliana,  quale  quella  posta  dalla  norme  oggetto   di
scrutinio, disciplinante modalita' di recupero diverse dal  contenuto
precettivo del regime ordinario individuato dall'art. 42,  comma  12,
del decreto legislativo n. 118 del 2011, in quanto  essa  costituisce
il  sostrato  normativo  alla  base   della   quantificazione   degli
stanziamenti di spesa del Conto del bilancio  dell'esercizio  2020  e
dei conseguenti obiettivi annuali intermedi  di  ripiano  oggetto  di
programmazione e di rendicontazione. 
    3.1.  Nella  considerazione  che  l'essenza   del   giudizio   di
parificazione risiede nel raffronto fra la rappresentazione contabile
ed i  relativi  presupposti  di  diritto  («verificazione»),  occorre
accertare se l'atto  di  imputazione  al  bilancio  previsionale  del
quantum di disavanzo pregresso sia compatibile con l'attuale  assetto
costituzionale,  potendo  condizionare,  in  tutto  o  in  parte,  il
giudizio finale sul Rendiconto generale all'esame. 
    Qualora, infatti,  le  norme  sospettate  di  incostituzionalita'
dovessero essere espunte  dall'ordinamento  giuridico,  la  posta  di
disavanzo iscritto in  spesa  nel  bilancio  dell'esercizio  2020  si
appaleserebbe illegittima in quanto gravemente sottostimata (supra, §
2.4.12.,  parte  in  fatto),  con  la  immediata  conseguenza   della
compromissione del principale saldo di bilancio, ovvero il  risultato
di amministrazione di fine esercizio, e con potenziale  travolgimento
dell'intera programmazione e della correlata rendicontazione. 
    Occorre ricordare, sul punto,  che  la  Corte  costituzionale  ha
recentemente affermato: «E' evidente  che  predeterminare  in  questo
modo, peraltro palesemente  riduttivo,  i  disavanzi  precedentemente
emersi, comporta una alterazione degli equilibri, che  finiscono  per
collidere frontalmente con gli obiettivi di finanza pubblica,  e  con
la corretta determinazione delle risultanze  gestionali  oggetto  del
sindacato di legittimità-regolarita' della  Corte  dei  conti.  Tutto
cio' comporta, inoltre, il travolgimento dell'intera programmazione e
della correlata rendicontazione,  elementi  necessari  per  custodire
dinamicamente l'equilibrio in tutte le fasi del  ciclo  di  bilancio»
(sentenza n. 235 del 2021, § 6 del considerato in diritto). 
    Si tratta di un aspetto  che  -  tra  gli  altri  -  connota,  in
generale, l'essenza della funzione del giudizio di  parificazione  ai
sensi dell'art. 39 del  regio  decreto  n.  1214  del  1934,  dovendo
quest'ultimo  riscontrare  anche   l'effettiva   legittimita'   della
gestione  annuale  inerente  al  rendiconto  (Corte   costituzionale,
sentenza n. 49 del 2018, § 3 del considerato in diritto),  attraverso
l'accertamento  della   sussistenza   della   violazione   di   norme
finalizzate a garantire la  regolarita'  della  gestione  finanziaria
(art. 1, comma 7, del decreto-legge n. 174 del 2012), in  quanto  «il
bilancio e'  un  "bene  pubblico"  nel  senso  che  e'  funzionale  a
sintetizzare e rendere certe le scelte dell'ente territoriale, sia in
ordine all'acquisizione delle entrate, sia alla individuazione  degli
interventi attuativi delle politiche  pubbliche,  onere  inderogabile
per chi e' chiamato ad amministrare una determinata collettivita'  ed
a sottoporsi  al  giudizio  finale  afferente  al  confronto  tra  il
programmato ed il realizzato» (Corte costituzionale, sentenza n.  184
del 2016, § 3 del considerato in diritto). 
    3.2. In conformita' all'essenza del  giudizio  di  parificazione,
riconosciuto dalla consolidata  giurisprudenza  costituzionale  quale
«risultato dell'esercizio di una funzione  di  controllo-garanzia,  a
esito   dicotomico   (parifica/non   parifica),   [...]   in    vista
dell'obiettivo di assicurare la conformita'  dei  fatti  di  gestione
rappresentati nel rendiconto al diritto del bilancio e, in specie, ai
principi della legalita' costituzionale in tema di finanza pubblica»,
al fine «di mettere a disposizione anche dell'ente  controllato  dati
contabili corretti che riflettono le condizioni del  bilancio  a  una
certa data e incidono sul suo ciclo» (Corte costituzionale,  sentenza
n. 184 del 2022, § 5.2 del considerato in  diritto),  queste  sezioni
riunite sono tenute a sottoporre a verifica  il  perseguimento  degli
obiettivi annuali di recupero del disavanzo  di  amministrazione,  la
cui rappresentazione contabile trova  sintesi  nel  principale  saldo
registrato a  consuntivo  della  gestione  dell'esercizio,  ossia  il
risultato di amministrazione (prospetto dimostrativo del risultato di
amministrazione in allegato al Rendiconto, totale parte disponibile -
lettera E; decreto legislativo n. 118 del 2011, allegato  n.  4/1,  §
13.7. e decreto legislativo n. 4/2, § 9.2.20). 
    In linea generale, deve essere oggetto di  riscontro  l'eventuale
miglioramento totale o  parziale  del  risultato  di  amministrazione
rispetto  a  quello  registrato  a  chiusura  dell'anno  antecedente,
secondo la metodologia imposta dall'ordinamento contabile,  che,  con
riferimento a ciascuna singola componente del  disavanzo  proveniente
dal  precedente  esercizio  e  in  rapporto  agli   stanziamenti   da
iscriversi nel  Conto  del  bilancio,  richiede  di  confrontare  gli
importi  da  ripianare  in  attuazione  delle  rispettive  discipline
concernenti i singoli piani di rientro (decreto  legislativo  n.  118
del 2011, allegato n. 4/1, § 13.10.3). 
    A seguito di tali accertamenti di  legittimita'/regolarita',  ove
il miglioramento imposto dalle norme sul recupero del  disavanzo  non
dovesse  effettivamente  realizzarsi,  in  tutto  o  in   parte,   la
successiva  approvazione  del   rendiconto   da   parte   dell'organo
legislativo - all'esito del giudizio di parificazione  -  produrrebbe
obblighi immediatamente conformativi a carico dell'esercizio in corso
di gestione, secondo il principio di  continuita'  tra  gli  esercizi
finanziari pubblici.  In  linea  generale,  infatti,  «le  quote  del
disavanzo applicate al bilancio e  non  recuperate  sono  interamente
applicate al primo esercizio del bilancio di previsione in  corso  di
gestione, in aggiunta alle quote del recupero previste dai  piani  di
rientro in corso  di  gestione  con  riferimento  a  tale  esercizio»
(decreto legislativo n. 118 del 2011, allegato 4/2, § 9.2.26). 
    Nell'ipotesi  in  cui  sussistano   norme   autorizzative   sulle
specifiche modalita' di ripiano di singole  quote  del  disavanzo  di
amministrazione, la  relazione  sulla  gestione  deve  descrivere  le
diverse partizioni del disavanzo e  la  composizione  delle  relative
frazioni   di   ripiano   applicate   al   bilancio    dell'esercizio
rendicontato, ponendo, altresi', in evidenza quelle che gravano sugli
esercizi  considerati  nel  bilancio  di  previsione   del   triennio
successivo  (e  degli  ulteriori  periodi  finanziari),  secondo   la
rappresentazione sintetica contenuta in appositi prospetti che l'Ente
e' tenuto a redigere (decreto legislativo n. 118 del  2011,  allegato
n.  4/1,  §  13.10.3).  Secondo  le   prescrizioni   dell'ordinamento
contabile, la colonna del prospetto relativa all'esercizio successivo
a quello oggetto di rendicontazione,  deve,  infatti,  dare  evidenza
della «quota del disavanzo non ripianata  nell'esercizio  precedente,
secondo le modalita' previste dalle norme». 
    La corretta  redazione  di  tali  prospetti  a  consuntivo  della
gestione, in definitiva, pone in rapporto di continuita'  l'esercizio
rendicontato rispetto a quelli in corso di gestione e  ai  successivi
periodi finanziari,  sotto  il  profilo  della  programmazione  degli
obblighi di rientro dal disavanzo. 
    Le verifiche sugli obblighi annuali del ripiano del disavanzo  di
amministrazione, dunque, sono preordinate a garantire  il  «principio
di continuita' degli esercizi finanziari pubblici [che]  e'  uno  dei
parametri teleologicamente  collegati  al  principio  dell'equilibrio
pluriennale del bilancio di cui all'art. 81  della  Costituzione,  in
quanto collega gli esercizi sopravvenienti nel tempo in modo ordinato
e concatenato,  consentendo  di  inquadrare  in  modo  strutturale  e
pluriennale la stabilita' dei bilanci preventivi e  successivi.  Esso
esige che ogni rendiconto sia geneticamente collegato alle risultanze
dell'esercizio  precedente,  dalle  quali  prende  le  mosse  per  la
determinazione delle proprie (Corte costituzionale,  sentenza  n.  49
del 2018, § 2 del considerato in diritto). 
    3.3. In riferimento all'art. 110, commi 3,  6  e  9  della  legge
regionale n. 9 del 2021, assume  rilevanza  la  questione  della  sua
legittimita' costituzionale anche in relazione  alle  variazioni,  ad
esercizio  finanziario  ormai  concluso,  con   effetti   retroattivi
sull'articolazione del bilancio risultante alla data del 31  dicembre
2020 (supra, § 2.5. parte in  fatto),  ai  fini  della  verifica  del
superamento o meno dell'ampiezza  dello  spazio  finanziario  per  la
copertura di nuove spese  a  mezzo  dell'applicazione  di  quote  del
risultato di amministrazione (art. 1, commi 897 e 898, della legge 30
dicembre 2018, n. 145 e decreto legislativo n. 118 del 2011, allegato
n. 4/2, §§ 9.2.15 e 9.2.16). 
    3.4.  La  rimozione  dall'ordinamento   giuridico   delle   norme
sospettate di illegittimita' costituzionale, di  cui  queste  Sezioni
riunite devono fare applicazione ai fini degli  accertamenti  oggetto
del presente giudizio, rileva,  nell'ipotesi  di  accoglimento  della
presente questione,  sotto  il  profilo  del  percorso  argomentativo
idoneo a sostenere la decisione del processo principale in termini di
parifica/non parifica di singole partizioni del documento  consuntivo
in esame o della sua integralita'. 
    Sul   punto,   si   rinvia   agli   orientamenti   della    Corte
costituzionale, che, con la recente sentenza  n.  215  del  2021,  ha
affermato: «In punto  di  rilevanza,  per  costante  orientamento  di
questa Corte, essenziale e sufficiente  a  conferire  rilevanza  alla
questione  prospettata  e'  ""che  il  giudice  debba  effettivamente
applicare  la  disposizione  della  cui  legittimita'  costituzionale
dubita nel procedimento pendente avanti a se' (sentenza  n.  253  del
2019) e che la  pronuncia  della  Corte  "influi[sca]  sull'esercizio
della funzione  giurisdizionale,  quantomeno  sotto  il  profilo  del
percorso  argomentativo  che  sostiene  la  decisione  del   processo
principale (tra le molte, sentenza n. 28 del 2010)" (sentenza  n.  20
del 2016)"" (sentenza n. 84 del 2021). E' inoltre necessario  che  il
rimettente illustri le ragioni che "determinano  la  pregiudizialita'
della questione sollevata  rispetto  alla  definizione  del  processo
principale" (sentenza n. 105 del 2018)» (§ 5.1.  del  considerato  in
diritto). 
    3.5.  In  conclusione,  la  decisione  sulla  legittimita'  degli
stanziamenti relativi alle quote di disavanzo da ripianare,  iscritti
nel Conto del bilancio del rendiconto dell'esercizio 2020, postula: 
      a) per tutte  le  suddette  partite  contabili,  l'applicazione
delle disposizioni di cui all'art. 110, commi 3, 6 e  9  della  legge
regionale n. 9 del 2021, essendo la  loro  esposizione  nel  predetto
documento  consuntivo  l'effetto  retroattivo   di   tali   enunciati
normativi; 
      b) per una parte di esse (ossia quelle concernenti il disavanzo
derivante dalla gestione 2018 e le quote non  recuperate  al  termine
del medesimo esercizio), l'applicazione anche delle  disposizioni  di
cui agli articoli 7 (Ripiano del disavanzo  derivante  dagli  effetti
del riaccertamento straordinario) del decreto legislativo 27 dicembre
2019, n. 158, nel testo vigente  ratione  temporis,  e  4  (Disavanzo
finanziario al 31 dicembre 2018), comma 2, della legge  regionale  28
dicembre 2019, n. 30, rinvenendosi in queste ultime  le  prescrizioni
specifiche e derogatorie dettate per la loro quantificazione. 
    La rimozione dall'ordinamento giuridico delle norme citate sub a)
porterebbe a sancire l'illegittimita' degli stanziamenti relativi  al
disavanzo da recuperare riportati nel Conto del  bilancio  del  2020,
nonche' a rilevare la violazione dei limiti posti dal menzionato art.
1, commi 897 e 898, della legge  30  dicembre  2018,  n.  145  e  dai
paragrafi 9.2.15 e 9.2.16 dell'allegato n. 4/2 al decreto legislativo
n. 118 del 2011 in tema di limiti all'applicazione di avanzo per  gli
enti in disavanzo. 
    Mentre, l'eliminazione delle norme richiamate sub b)  condurrebbe
non  solo  ad  accertare  l'illegittimita'  di  quegli   stanziamenti
relativi al disavanzo da recuperare riportati nel Conto del  bilancio
del 2020 afferenti, in particolare, agli aggregati de «il disavanzo e
le quote di disavanzo non recuperate, relative al  rendiconto  2018»,
ma anche ad enunciare  quella  che  avrebbe  dovuto  essere  la  loro
corretta e maggiore quantificazione, ai sensi dell'art. 42, comma 12,
del decreto legislativo n. 118  del  2011,  con  ulteriori  eventuali
statuizioni in merito alla compromissione dell'intera  programmazione
finanziaria dell'esercizio 2020,  nonche'  con  tutti  i  conseguenti
effetti  conformativi  sul  bilancio  dell'esercizio  in   corso   di
gestione. 
    Ne deriva l'evidente rilevanza delle questioni sollevate  con  la
presente ordinanza. 
    4. Profili di non manifesta  infondatezza  e  individuazione  dei
paradigmi costituzionali violati. 
    Occorre soffermarsi sui profili di non manifesta infondatezza dei
dubbi  di  legittimita'  ricadenti  sulle  disposizioni  oggetto   di
scrutinio e, conseguentemente, sui  parametri  normativi  di  cui  si
paventa la violazione. 
    4.1. I dubbi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  7  del
decreto legislativo n. 158 del 2019,  dell'art.  4,  comma  2,  della
legge regionale n. 30 del 2019 e dell'art. 110, commi 3, 6 e 9  della
legge regionale n. 9 del  2021:  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera e), della Costituzione 4.1.1. Viene, innanzitutto,  in
evidenza la violazione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),
della Costituzione, che ascrive alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato la materia dell'«armonizzazione dei bilanci pubblici», di
cui il disposto dell'art. 42, comma 12, del  decreto  legislativo  n.
118 del 2011, inerente alle regole  fondamentali  di  disciplina  del
recupero  del  disavanzo  di   amministrazione,   costituisce   norma
interposta. 
    Verso questa direzione, infatti, si  e'  consolidato  un  preciso
indirizzo  della  Corte  costituzionale,  chiamata  a  scrutinare  la
legittimita' di  alcune  disposizioni  contenute  nella  legislazione
regionale e operanti in contrasto con la disciplina di fonte statale,
la  quale  e'  stata   considerata   espressione   dell'esigenza   di
armonizzare i bilanci  pubblici  sotto  lo  specifico  profilo  della
disciplina del disavanzo di amministrazione e della  uniformita'  dei
tempi del suo ripiano (in particolare, sentenze n. 246 del  2021,  n.
168 e n. 268 del 2022). 
    Con la decisione n. 268 del  2022,  il  Giudice  delle  leggi  ha
chiarito in modo  definitivo  che  la  disciplina  del  disavanzo  di
amministrazione (e del suo ripiano) attiene  inequivocabilmente  alla
materia  dell'armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  (di  competenza
statale) e che la violazione dell'art. 42 del decreto legislativo  n.
118 del 2011 comporta la lesione dell'art. 117, comma 2,  lettera  e)
della Costituzione. E' stato, infatti, affermato: «Consegue da  tutto
cio' che l'intero ammontare  di  disavanzo  non  ripianato  nel  2019
avrebbe dovuto essere applicato, per intero, all'esercizio  2021,  ai
sensi di  quanto  prescrive  il  combinato  dei  richiamati  principi
contabili applicati di cui ai paragrafi 9.2.26 e 9.2.28, a loro volta
espressione della esigenza di armonizzare i bilanci  pubblici  quanto
allo  specifico   profilo   della   disciplina   del   disavanzo   di
amministrazione e della uniformita' dei tempi  del  suo  ripiano  (ex
multis, sentenze n. 246 e n. 235 del 2021). Le  previsioni  regionali
impugnate, pertanto, si pongono in contrasto con l'evocato  art.  42,
commi 12 e 14,  del  decreto  legislativo  n.  118  del  2011  e,  di
conseguenza, violano l'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),  della
Costituzione, in quanto violano la competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato in tema di armonizzazione dei bilanci  pubblici»  (enfasi
aggiunta; § 6.2. del considerato in diritto). 
    Sebbene le pronunce in questione abbiano riguardato la produzione
normativa  di  regioni  ordinarie  (nel  caso  di   specie,   Regione
Basilicata  e  Regione  Molise),  nell'opinione  di  questo   giudice
rimettente il parametro evocato non potrebbe che imporsi  anche  alle
regioni che, come la Regione Siciliana, a norma dell'art. 116,  comma
1, della Costituzione «dispongono di forme e  condizioni  particolari
di autonomia, secondo i  rispettivi  statuti  speciali  adottati  con
legge costituzionale», per le ragioni a seguire. 
    4.1.2. I rapporti tra la disciplina dell'armonizzazione contabile
e le speciali  autonomie  sono  regolati  dall'odierno  art.  79  del
decreto  legislativo  n.  118  del   2011,   rubricato   Disposizioni
concernenti le regioni a statuto speciale e le Province  autonome  di
Trento e di Bolzano, che cosi' testualmente prevede: «La decorrenza e
le modalita' di applicazione delle disposizioni di  cui  al  presente
decreto legislativo nei confronti delle regioni a statuto speciale  e
delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonche' nei confronti
degli enti locali ubicati nelle medesime regioni speciali e  province
autonome, sono stabilite, in conformita' con i relativi statuti,  con
le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42». 
    4.1.3. La norma in esame, nella versione originaria  del  decreto
legislativo n. 118 del 2011 antecedente alle modifiche apportate  dal
decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126,  dopo  l'introduzione  in
Costituzione  del  principio  del   pareggio   di   bilancio   (legge
costituzionale n. 1 del 2012), era  allocata  in  altra  disposizione
dell'originario  corpus,  l'art.  37,  che  si  componeva  anche  del
seguente secondo periodo: «Qualora entro  sei  mesi  dall'entrata  in
vigore dei decreti legislativi di  cui  all'art.  36,  comma  5,  non
risultino concluse le procedure di cui  al  primo  periodo,  sino  al
completamento delle procedure medesime, le  disposizioni  di  cui  al
presente decreto e ai decreti legislativi di cui all'art.  36,  comma
5, trovano immediata e diretta applicazione nelle Regioni  a  statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano». 
    4.1.4. A seguito dell'entrata  in  vigore  di  questa  primigenia
disposizione, su impugnazione di alcune regioni a statuto speciale  e
delle  province  autonome,  la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato
l'illegittimita' di questo secondo periodo, con la motivazione che il
coordinamento  della  finanza  degli  enti  territoriali  a  speciale
autonomia avrebbe dovuto essere disciplinato non in  via  unilaterale
dallo Stato, ma dalla normativa di attuazione statutaria, da adottare
attraverso il coinvolgimento di detti enti e mediante il procedimento
di formazione previsto dall'art. 27 della legge di delega n.  42  del
2009,  palesandosi,  pertanto,  il  vizio  di   eccesso   di   delega
legislativa ai sensi dell'art. 76 della Costituzione (sentenza n. 178
del 2012). 
    In particolare, la sentenza  n.  178  del  2012  ha  esplicitato:
«Questa Corte  ha  gia'  sottolineato  che,  ai  sensi  del  comma  2
dell'art. 1 della legge n. 42 del 2009,  le  uniche  disposizioni  di
tale legge applicabili agli enti ad autonomia differenziata sono  gli
articoli 15, 22 e 27 (sentenze n. 71 e n. 64 del  2012;  n.  201  del
2010). Esclusa la rilevanza degli articoli 15 e 22 - attinenti,  come
gia'  osservato  al  punto  4.2.,  ad  aspetti  non  pertinenti  alla
questione; e cioe', rispettivamente, al  finanziamento  delle  citta'
metropolitane ed alla perequazione infrastrutturale -,  va  ricordato
che il citato art. 27 fissa il principio  secondo  cui  gli  enti  ad
autonomia  differenziata,  «nel  rispetto  degli  statuti   speciali,
concorrono al conseguimento degli  obiettivi  di  perequazione  e  di
solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti,
nonche' al patto di  stabilita'  interno  ed  all'assolvimento  degli
obblighi posti dall'ordinamento  comunitario»  secondo  le  procedure
«pattizie» previste per l'introduzione delle  norme  attuative  degli
statuti (cioe' «secondo criteri e modalita'  stabiliti  da  norme  di
attuazione dei rispettivi statuti,  da  definire,  con  le  procedure
previste dagli statuti medesimi»). 
    Detto art. 27, dunque, non pone  alcuna  deroga  all'adozione  di
tali procedure, con la conseguenza che, in base alla legge n. 42  del
2009, tutte le disposizioni attuative della legge di delegazione (ivi
comprese quelle dell'art. 2, che il decreto legislativo  n.  118  del
2011 dichiara espressamente di attuare) si  applicano  agli  enti  ad
autonomia differenziata non in  via  diretta,  ma  solo  se  recepite
tramite le speciali procedure previste per  le  norme  di  attuazione
statutaria. La normativa impugnata stabilisce, invece,  che,  qualora
«entro sei mesi dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di cui
all'art. 36,  comma  5,  non  risultino  concluse  le  procedure»  di
attuazione statutaria,  l'intero  decreto  delegato  e  gli  indicati
decreti legislativi «trovano immediata e diretta applicazione»  nelle
Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento  e  di
Bolzano  «sino  al  completamento  delle  procedure  medesime».  Tale
diretta - ancorche' transitoria - applicazione  eccede,  pertanto,  i
limiti fissati dalla legge di  delegazione,  la  quale  non  consente
eccezioni, con riguardo ai suddetti enti, alla  regola  dell'adozione
delle peculiari procedure «pattizie» previste per  la  determinazione
delle norme di attuazione statutaria»  (§  6.2.  del  considerato  in
diritto). 
    4.1.5.  A  distanza  di  un  decennio  da  questa  pronuncia,   e
soprattutto  dalle  modifiche  intervenute  sul  testo  della   Carta
costituzionale che hanno attratto alla legislazione  esclusiva  dello
Stato la materia  dell'«armonizzazione  dei  bilanci  pubblici»,  con
spostamento dalla precedente sede della legislazione concorrente  cui
permane,  invece,  solo  quella  del  «coordinamento  della   finanza
pubblica»,  ad  avviso  di  questo  giudice   rimettente   non   puo'
prescindersi da un'esegesi sistematica e costituzionalmente orientata
del contenuto precettivo dell'art. 79 del decreto legislativo n.  118
del 2011, al fine di coglierne gli spazi di applicazione nel contesto
delle disposizioni che compongono l'intero corpus normativo. 
    4.1.6. In merito occorre osservare che,  gia'  al  momento  delle
modifiche introdotte dal decreto legislativo  n.  126  del  2014,  la
relazione tecnico-illustrativa  sullo  schema  del  provvedimento  ha
evidenziato    come,     all'interno     del     novellato     corpus
sull'armonizzazione  contabile,  fosse  stato   espunto   dal   testo
dell'originario art. 37 - poi rinumerato nell'odierno art.  79  -  il
secondo periodo dichiarato costituzionalmente illegittimo, al fine di
rispettare  lo  stretto  perimetro  della  delega  legislativa,   con
significativa menzione,  tuttavia,  per  l'«eventuale  applicabilita'
alle  autonomie  speciali  dell'art.  117  della  Costituzione,  come
modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, che  attribuisce
allo Stato la  competenza  esclusiva  in  materia  di  armonizzazione
contabile» (vedi schema presentato dal Governo  alla  Presidenza  del
Senato in data  15  aprile  2014,  per  il  parere  delle  competenti
commissioni parlamentari, ai sensi dell'art. 2, comma 7, della  legge
5 maggio 2009, n. 42). 
    4.1.7. A seguito della novella intervenuta  sull'intero  impianto
del decreto legislativo n. 118 del 2011, il vigente art. 1, comma  1,
prevede adesso che «[a]i sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera
e),  della  Costituzione,  il  presente  titolo  e  il   titolo   III
disciplinano l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio delle Regioni [...]. A decorrere dal 1° gennaio 2015 cessano
di   avere   efficacia   le   disposizioni   legislative    regionali
incompatibili con il presente decreto». 
    Inoltre, ad esordio del  titolo  III,  intestato  all'Ordinamento
finanziario e contabile delle regioni - sotto  il  quale  si  colloca
anche l'art. 42, comma 12, che pone la disciplina generale in materia
di ripiano del disavanzo - l'art. 36,  comma  1,  afferma  che  «[i]l
presente titolo disciplina i bilanci delle regioni ai sensi dell'art.
117, comma 2, lettera e), della Costituzione». 
    4.1.8. In  presenza,  dunque,  di  una  materia  ricadente  nella
competenza esclusiva della legislazione dello Stato, il  procedimento
di produzione delle fonti del diritto non puo'  che  essere  conforme
alle disposizioni costituzionali collocate sotto la  Sezione  II,  La
formazione  delle  leggi   (articoli   70-82   della   Costituzione),
considerando soprattutto che la novella del  2012  individua  proprio
nel Parlamento l'organo deputato a immettere nel  circuito  normativo
le  disposizioni  fondamentali  e  i  criteri  volti  ad   assicurare
l'equilibrio  dei  bilanci  pubblici  (art.  81,   comma   6,   della
Costituzione).  La  costante  giurisprudenza  costituzionale  esalta,
peraltro, il rapporto strumentale tra le norme di armonizzazione  dei
bilanci pubblici e il precetto dell'equilibrio  di  bilancio:  «[G]li
scostamenti dai principi del decreto legislativo n. 118 del  2011  in
tema di armonizzazione dei conti pubblici non costituiscono solamente
un vizio formale dell'esposizione contabile, ma risultano strumentali
ad  una  manovra  elusiva  della  salvaguardia  degli  equilibri  del
bilancio   regionale   presidiati   dall'art.   81   Cost.»    (Corte
costituzionale, sentenza n. 279 del 2016, § 3). 
    Si pone, pertanto, la questione della  possibile  coesistenza  di
ulteriori  fonti  di  produzione  normativa,  che,  negli  ambiti  di
disciplina ricadenti  direttamente  nella  materia  della  competenza
esclusiva dello Stato, siano abilitate a declinare, secondo  forme  e
condizioni  particolari  di  autonomia  (art.  116,   comma   1,della
Costituzione), regole sostanziali che divergono dal modello normativo
uniforme. 
    4.1.9. Sotto tale profilo, questo giudice rimettente osserva  che
la modifica inerente alla  materia  dell'armonizzazione  dei  bilanci
pubblici e' stata  valorizzata  dalla  giurisprudenza  costituzionale
degli ultimi anni, tanto da sostenere con perentorieta' che  essa  e'
una competenza esclusiva dello Stato  che  non  puo'  subire  deroghe
territoriali, neppure all'interno delle autonomie speciali. 
    E' stato, dunque, affermato che l'indefettibilita' del  principio
di armonizzazione - ancor prima d'essere giuridica conseguenza  dello
spostamento della materia dal terzo al  secondo  comma,  lettera  e),
dell'art. 117 della  Costituzione,  avvenuto  ad  opera  della  legge
costituzionale n. 1 del 2012 -,  e'  ontologicamente  collegata  alla
necessita' di realizzare l'uniformita' dei linguaggi e  l'omogeneita'
dell'espressione finanziaria e contabile di tutti gli  enti  operanti
nel sistema della finanza pubblica  allargata,  senza  le  quali  non
sarebbe  possibile  il  consolidamento  dei  conti  pubblici   e   il
perseguimento    di     obiettivi     quali     la     programmazione
economico-finanziaria, il coordinamento della  finanza  pubblica,  la
gestione del federalismo fiscale, le  verifiche  del  rispetto  delle
regole comunitarie e la prevenzione di gravi irregolarita'  idonee  a
pregiudicare gli equilibri dei bilanci (ex plurimis, sentenze n.  184
del 2016 e n. 80 del 2017). 
    In ragione del suo carattere polifunzionale, prosegue la medesima
giurisprudenza, l'armonizzazione contabile, dopo la legge n.  42  del
2009 e la legge costituzionale n. 1 del 2012, ha assunto una sua piu'
ampia e rigorosa fisionomia,  attraverso  la  legislazione  ordinaria
attuativa e, in particolare, attraverso il decreto legislativo n. 118
del 2011, espandendosi ad ambiti di regolazione  ricadenti  in  altri
titoli  di  competenza  (trasversali,  concorrenti  e  residuali)   e
includendo   disposizioni   teleologicamente   ascrivibili   sia   al
coordinamento della finanza pubblica (art. 117,  terzo  comma,  della
Costituzione), sia alla disciplina degli equilibri di bilancio  (art.
81  della  Costituzione),  sia  al  principio  del   buon   andamento
finanziario e della programmazione (art. 97 della Costituzione). 
    Il cardine della materia rimessa alla competenza del  legislatore
statale,  quindi,  ruota   attorno   all'esigenza   dell'«omogeneita'
dell'espressione finanziaria e contabile [che] deve ricomprendere non
solo gli schemi ed i modelli aggreganti ma anche la  rappresentazione
uniforme dei fenomeni giuridici ed economici sottesi  alla  struttura
matematica dei bilanci (enfasi aggiunta; sentenza n. 80 del  2017,  §
3.4. del considerato in diritto)». 
    Piu' recentemente, lo stesso giudice costituzionale ha  ricordato
che «[d]el resto, le regole sull'armonizzazione  contabile  esprimono
opzioni strumentali alla garanzia dell'equilibrio e della  sincerita'
del bilancio, nonche' al coordinamento della finanza pubblica  in  un
sistema di autonomie regionali [...]. E', infatti, solo  il  rispetto
di  un  linguaggio  contabile  comune  che  impedisce  a  un  sistema
informato al pluralismo istituzionale di degenerare in un'ingestibile
moltitudine di monadi contabili, a danno non solo delle  possibilita'
di   coordinamento,   ma   finanche   dello   stesso   principio   di
responsabilita' politica, quando l'inosservanza delle regole di  tale
linguaggio e' funzionale, negli enti autonomi, a realizzare  indebiti
artificiosi aumenti  della  capacita'  di  spesa»  (enfasi  aggiunta,
sentenza n. 168 del 2022, § 7 del considerato in diritto). 
    4.1.10. L'uniformita' dell'espressione  finanziaria  e  contabile
sottesa alla struttura matematica dei bilanci pubblici e'  stata,  da
ultimo, ribadita proprio in riferimento alle norme che, con  puntuali
prescrizioni di dettaglio, introducono vincoli precisi alle modalita'
di rientro dal proprio disavanzo, limitando l'autonoma determinazione
dell'ente  territoriale  circa  la  capacita'  di  spesa  al  momento
dell'allocazione delle risorse  in  bilancio  (Corte  costituzionale,
sentenze n. 268 e n. 168 del 2022, n. 246 e n. 235 del 2021). 
    4.1.11. Suscita perplessita', pertanto,  un  plesso  normativo  -
quale quello introdotto dagli articoli 7 del decreto  legislativo  n.
158 del 2019, dall'art. 4, comma 2, della legge regionale n.  30  del
2019 e dall'art. 110, commi 3, 6 e 9 della legge regionale n.  9  del
2021 - che devia dal modello uniforme delineato dall'art.  42,  comma
12, del decreto legislativo n. 118 del 2011, quale  norma  interposta
all'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione, declinando sul
territorio della Regione siciliana regole sostanziali ad hoc. 
    Il caso di  specie,  dunque,  richiede  di  interrogarsi  su  una
questione fondamentale, ossia se la novella costituzionale non abbia,
invero, riverberato effetti immediati  sulla  «disattivazione»  della
clausola  di  salvaguardia  contenuta  nell'art.   79   del   decreto
legislativo n. 118  del  2011,  quanto  meno  per  gli  aspetti  piu'
qualificanti  dell'armonizzazione,  cui  appartiene  specialmente  la
materia  del  rientro  dal  disavanzo.  Diversamente   opinando,   si
consentirebbero, sempre e in ogni caso, peculiari  adattamenti  della
disciplina attraverso una fonte normativa - la  norma  di  attuazione
degli  Statuti  speciali  -  cui  e'  demandata  senza  riserve   «la
decorrenza e le  modalita'  di  applicazione»,  con  pregiudizio  per
l'omogeneita'   dei   sistemi   contabili   imposta   dai    principi
costituzionali nella redazione dei bilanci pubblici. 
    4.1.12.  Il  tema  coinvolge  la  collocazione  della  norma   di
attuazione dello Statuto nel sistema delle  fonti  del  diritto  e  i
confini che ne perimetrano l'oggetto. 
    Limitando l'esposizione ai tratti  essenziali,  e'  noto  che  la
consolidata  giurisprudenza  costituzionale  ne  abbia  affermato  la
natura di norme a rango primario che prevalgono sulle leggi ordinarie
(statali e regionali) «nell'ambito della loro competenza» e che hanno
«carattere riservato e separato rispetto a quella esercitabile  dalle
ordinarie leggi della Repubblica» (sentenza n. 316 del 2004, la quale
richiama a sua volta anche le precedenti pronunce n. 213 e n. 137 del
1998, n. 85 del 1990, n. 160 del 1985), con  la  conseguenza  che  la
possibilita' di introdurre una disciplina particolare  ed  innovativa
nell'ordinamento giuridico, attraverso disposizioni di tale rango, e'
condizionata dal rispetto del «limite della corrispondenza alle norme
e alla finalita'  di  attuazione  dello  statuto,  nel  contesto  del
principio di autonomia regionale» (sentenze n. 316 del 2004,  n.  353
del 2001 e n. 212 del 1984). 
    La demarcazione delle relazioni tra legge ordinaria  e  norma  di
attuazione dello Statuto e'  stata,  pertanto,  segnata  dal  giudice
costituzionale in rapporto al criterio della  competenza.  Si  impone
all'interprete, di  conseguenza,  il  compito  di  circoscrivere  con
rigore gli ambiti di disciplina ricadenti all'interno  degli  Statuti
speciali, sul presupposto dell'atipicita' della fonte, che,  nel  suo
particolare procedimento di formazione, non vede  protagonista  anche
le assemblee parlamentari, con evidente allontanamento dal principale
modello di produzione normativa previsto dagli articoli 70, 76  e  77
della Costituzione. 
    Quanto all'ambito materiale in cui si  inseriscono  le  norme  di
attuazione,  l'esperienza  successiva  alla  nascita  degli   Statuti
speciali  le  consegna  tradizionalmente   alla   definizione   delle
competenze  regionali  e  al  relativo  trasferimento   di   funzioni
amministrative  dall'autorita'  centrale  a  quella  periferica,  con
annessi beni strumentali, personale e organizzazione (per  un  chiaro
esempio in tal senso, art. 11 della legge  5  giugno  2003,  n.  131,
Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla
legge   costituzionale   18   ottobre   2001,    n.    3),    nonche'
all'individuazione delle risorse finanziarie  proprie  nelle  materie
dei tributi e delle altre entrate patrimoniali. 
    Secondo le indicazioni della giurisprudenza costituzionale,  sono
state ammesse, inoltre, anche norme di attuazione c.d. praeter legem,
ossia  integrative  di  disposizioni  statutarie,  alla   condizione,
tuttavia, che l'emanazione delle medesime si giustifichi  in  ragione
della stretta finalita' di attuazione dello Statuto  e  purche'  esse
non   manifestino   contenuti   estranei   a   quest'ultimo    (Corte
costituzionale, sentenza n. 20 del 1956). 
    Esaminando,  in  particolare,   il   profilo   delle   competenze
statutarie  della  Regione  Siciliana,   deve   osservarsi   che   la
contabilita'   e   la   disciplina   del   bilancio   non    figurano
nell'elencazione espressa degli oggetti della legislazione  esclusiva
e concorrente, rispettivamente contemplati dagli  articoli  14  e  17
dello  Statuto,  in  disparte   la   prossimita'   con   la   materia
dell'ordinamento degli  uffici  e  degli  enti  regionali  (art.  14,
lettera p). Come gia' rilevato dalla stessa Corte  costituzionale  in
tempi risalenti (nel caso dell'ordinamento della  Regione  Sardegna),
tali discipline devono considerarsi  non  gia'  come  materie  a  se'
stanti ma piuttosto quali «mezzi e strumenti giuridici indispensabili
perche'  l'ente  Regione   possa   concretamente   operare   per   il
perseguimento  dei  vari  fini  assegnatigli»,  attraverso  atti   di
concreta gestione del bilancio ed  erogazione  delle  spese  in  esso
stanziate (sentenza n. 107 del 1970). 
    Sotto tale aspetto, pare a  questo  giudice  rimettente  che  non
sussista una corrispondenza tra le norme censurate  e  una  specifica
competenza statutaria cui dare attuazione. 
    4.1.13. Nell'esperienza degli ultimi due  decenni,  le  norme  di
attuazione  sono  state  fortemente  vitalizzate  dalla  legislazione
ordinaria quale strumento di realizzazione  del  coordinamento  della
finanza pubblica  nelle  regioni  a  statuto  speciale,  specialmente
nell'ambito  della  devoluzione  delle  entrate,  con  valorizzazione
dell'autonomia tributaria e finanziaria, e  del  concorso  di  queste
ultime al riequilibrio della finanza pubblica, a mezzo di obblighi di
contribuzione che trasferiscono risorse dalle autonomie  territoriali
al centro. 
    Proprio in questa prospettiva si muove l'art. 27 della  legge  n.
42 del 2009 di attuazione del federalismo  fiscale  secondo  il  c.d.
«metodo pattizio», sul quale poggiano le fondamenta della clausola di
riserva contenuta nell'art. 79 del decreto  legislativo  n.  118  del
2011. 
    Sul punto, questo giudice rimettente osserva  che,  al  di  fuori
degli ambiti strettamente connessi  all'attuazione  delle  competenze
statutarie, la giurisprudenza costituzionale non riconosce ex se  una
cogenza all'impiego del metodo pattizio nei rapporti tra lo  Stato  e
le autonomie speciali, se non nei casi e nei limiti in  cui  esso  e'
espressamente riconosciuto e disciplinato  dallo  stesso  legislatore
ordinario. 
    In tal senso, infatti,  ricorrono  pronunce  in  cui  il  giudice
costituzionale afferma l'inesistenza  di  obblighi  di  concertazione
imposti dalla Carta costituzionale. 
    E' stato, pertanto, affermato che, fermo restando  il  necessario
rispetto della sovraordinata fonte statutaria, il legislatore, specie
in un contesto di grave crisi economica, puo' discostarsi dal modello
consensualistico prefigurato dall'art. 27 della legge n. 42 del  2009
nella determinazione delle modalita'  del  concorso  delle  autonomie
speciali  alle  misure  di  finanza  pubblica,  in   attuazione   del
federalismo fiscale previsto dall'art.  119  della  Costituzione.  La
disposizione in esame,  infatti,  pur  ponendo  una  vera  e  propria
riserva di competenza alle norme di attuazione degli statuti speciali
per la modifica della disciplina finanziaria di dette  autonomie,  ha
pur sempre il rango di legge ordinaria, in quanto tale derogabile  da
atto successivo avente la medesima forza normativa. Pertanto, non  e'
stata  considerata  lesiva  delle  prerogative   autonomistiche   una
clausola di salvaguardia contenuta in una  legge  ordinaria  che  non
contempli una procedura concertata, dal momento che «quest'ultima non
e' costituzionalmente necessitata» (sentenza n. 23 del 2014,  §  5.1.
del considerato in diritto). 
    Sempre in riferimento all'art. 27 della legge n. 42 del 2009,  il
giudice costituzionale ha, altresi',  sostenuto  che  l'adozione  del
metodo della concertazione rientri nella discrezione del  legislatore
statale ove non  direttamente  imposto  dalle  norme  costituzionali:
«[I]l legislatore delegante, nel dare attuazione all'art. 119, quinto
comma, Cost. nei confronti delle autonomie speciali, ha rinunciato  -
pur non essendo  a  cio'  vincolato  dal  dettato  del  citato  comma
dell'art. 119 - a porre  una  disciplina  unilaterale.  Ha  preferito
infatti, nella sua discrezionalita', regolare la materia mediante  il
rinvio a norme da determinarsi attraverso  le  particolari  procedure
legislative  previste  per  l'attuazione  degli   statuti   speciali»
(sentenza n. 71 del 2012, § 2 del considerato in diritto). 
    Ad avviso di questo  giudice  rimettente,  tali  asserzioni  sono
maggiormente   rafforzate   dal   rango   rivestito    dalla    legge
costituzionale n. 1 del 2012 nell'ambito della gerarchia delle  fonti
del diritto, cosicche' la novella  costituzionale,  che  ha  attratto
l'armonizzazione dei bilanci pubblici alle  materie  di  legislazione
esclusiva    dello    Stato,    costituisce    il    parametro    per
un'interpretazione costituzionalmente  orientata  della  clausola  di
salvaguardia contenuta nell'art. 79 del decreto  legislativo  n.  118
del 2011. 
    D'altronde   occorre   evidenziare   che   al   fenomeno    della
predeterminazione  del  contenuto  delle   future   disposizioni   di
attuazione degli statuti delle regioni  ad  autonomia  differenziata,
ricorrente nella legislazione  statale  come  nel  caso  della  legge
delega n. 42 del 2009 e del citato art. 79, deve essere  offerta  una
lettura in armonia con l'intero quadro delle  competenze  legislative
delineato dalla  Costituzione  e  dagli  statuti  medesimi.  Opinando
altrimenti,  si  giunge  alla  paradossale   conclusione   che,   nel
disciplinare, di volta in volta, i possibili oggetti delle  norme  di
attuazione dello statuto,  una  legge  ordinaria  sarebbe  libera  di
operare quale fonte sulla produzione normativa  secondo  modalita'  e
criteri del tutto avulsi dalle fonti gerarchicamente sovraordinate. 
    4.1.14. Sugli specifici oggetti  di  pertinenza  dello  strumento
pattizio - cui, in generale, e' riconosciuta la funzione di attenuare
il limite del coordinamento  della  finanza  pubblica  nei  confronti
delle Autonomie speciali, attraverso  la  disciplina  concertata  del
sistema  delle  relazioni  finanziarie  -  la  stessa  giurisprudenza
costituzionale  viene  in  ausilio   con   interessanti   spunti   di
riflessione. 
    E' stato, infatti, precisato che «lo strumento dell'accordo serve
a determinare nel loro complesso punti controversi o indefiniti delle
relazioni  finanziarie  tra  Stato  e  Regioni,  sia  ai   fini   del
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nel  rispetto  dei
vincoli europei, sia al fine di evitare che  il  necessario  concorso
delle  Regioni  comprima  oltre  i  limiti   consentiti   l'autonomia
finanziaria ad esse spettante. Cio'  anche  modulando  le  regole  di
evoluzione dei flussi finanziari dei singoli enti, in relazione  alla
diversita'   delle   situazioni   esistenti   nelle   varie   realta'
territoriali» (Corte costituzionale, sentenza n. 89 del  2015,  §  10
del considerato in diritto). 
    Inoltre, «il contenuto degli accordi, oltre che la riduzione  dei
programmi in  rapporto  al  concorso  della  Regione  interessata  ad
obiettivi di finanza pubblica, puo' e  deve  riguardare  anche  altri
profili di natura contabile quali, a titolo esemplificativo, le fonti
di entrata fiscale, la cui  compartecipazione  sia  quantitativamente
controversa, l'accollo di  rischi  di  andamenti  difformi  tra  dati
previsionali  ed  effettivo  gettito  dei  tributi,  le  garanzie  di
finanziamento integrale di spese essenziali, la ricognizione  globale
o parziale dei rapporti finanziari tra i due livelli di governo e  di
adeguatezza delle risorse rispetto alle funzioni svolte  o  di  nuova
attribuzione, la verifica di congruita' di dati  e  basi  informative
finanziarie  e   tributarie,   eventualmente   conciliandole   quando
risultino palesemente difformi,  ed  altri  elementi  finalizzati  al
percorso di necessaria  convergenza  verso  gli  obiettivi  derivanti
dall'appartenenza  all'Unione  europea.  In   definitiva,   l'oggetto
dell'accordo e' costituito dalle diverse componenti  delle  relazioni
finanziarie che, nel loro complesso,  comprendono  e  trascendono  la
misura del concorso regionale. [...] Il  principio  dell'accordo  non
implica un vincolo di risultato, bensi' di metodo  (sentenza  n.  379
del 1992). Cio' significa che le parti  devono  porre  in  essere  un
confronto realmente orientato  al  superiore  interesse  pubblico  di
conciliare, nei limiti del possibile, l'autonomia  finanziaria  della
Regione con l'indefettibile  vincolo  comunitario  di  concorso  alla
manovra di stabilita'» (Corte  costituzionale,  sentenza  n.  19  del
2015, § 6.2. del considerato in diritto). 
    Tenuto conto degli orientamenti della  Corte  costituzionale,  ad
avviso di questo  giudice  rimettente  la  materia  del  ripiano  del
disavanzo non rientra in nessuno degli oggetti  individuati  tra  gli
ambiti dello strumento pattizio. 
    In proposito,  non  puo'  essere  trascurato,  altresi',  che  lo
strumento dell'accordo tra lo Stato e la Regione Siciliana  delineato
dall'art. 7, comma 2, del decreto legislativo  n.  158  del  2019  si
distanzia dal modello prefigurato dal  citato  art.  27  della  legge
delega n. 42 del 2009, nella misura in cui esso, nel condizionare  il
percorso di rientro decennale dal disavanzo, si impernia  sulla  sola
riduzione  strutturale  della  spesa  («tali  impegni  [...]   devono
garantire  il  rispetto  di  specifici  parametri  di  virtuosita'»),
prescindendo dagli aspetti qualificanti della  disciplina  posta  dal
legislatore delegante, che intendeva, invero, ridisegnare il concorso
delle  autonomie  speciali  al  conseguimento  degli   obiettivi   di
perequazione e di solidarieta', al  patto  di  stabilita'  interno  e
all'assolvimento   degli   obblighi   discendenti    dall'ordinamento
comunitario, al ricorrere di precise  condizioni  e  presupposti,  da
tenere in  debita  considerazione  nella  redazione  delle  norme  di
attuazione  («dimensione  della  finanza  delle  predette  regioni  e
province  autonome  rispetto  alla  finanza  pubblica   complessiva»,
«funzioni da esse effettivamente esercitate e  dei  relativi  oneri»,
«svantaggi strutturali permanenti, costi dell'insularita'  e  livelli
di reddito pro-capite inferiori alla media nazionale», «copertura del
fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  di  cui  all'art.
117, comma 2, lettera m, Cost.)». 
    Per tutti i profili considerati,  ad  avviso  di  questo  giudice
rimettente, l'art. 7 del decreto legislativo n. 158 del 2019  non  si
colloca  in  rapporto  di  immediata  attuazione  della  clausola  di
salvaguardia dell'art.  27  della  legge  n.  42  del  2009,  con  la
conseguenza  che  l'ambito  materiale  cui  ascrivere  le  norme   in
contestazione  appare   quello   dell'«armonizzazione   dei   bilanci
pubblici» piuttosto  che  quello  del  «coordinamento  della  finanza
pubblica», come piu'  volte,  invece,  indicato  dall'Amministrazione
regionale nel corso del presente giudizio. 
    Tale conclusione,  pertanto,  reca  in  se'  l'impossibilita'  di
derogare ai modelli uniformi di disciplina sul ripiano del  disavanzo
contenuti all'interno  della  fonte  statale,  cui  e'  riservata  la
competenza legislativa esclusiva. 
    4.1.15. Occorre, inoltre, soffermarsi sul  richiamo  dell'art.  9
della legge  n.  243  del  2012  nel  contesto  dell'inciso  iniziale
dell'art. 7, comma  2,  del  decreto  legislativo  n.  158  del  2019
(«[a]nche al fine di tenere conto  di  quanto  previsto  dall'art.  9
della legge n. 243 del 2012»). 
    Il citato art. 9,  comma  1,  dopo  avere  declinato  in  termini
puntuali gli obiettivi di  equilibrio  a  carico  dei  bilanci  delle
regioni e degli enti locali, in sede previsionale e a consuntivo,  ai
fini del perseguimento  del  principale  saldo  di  finanza  pubblica
(«saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali
e le spese finali»), al successivo comma 5 demanda alla  legge  dello
Stato la possibilita' di gravare gli  enti  di  cui  al  comma  1  di
ulteriori  obblighi  per  il  concorso  agli  obiettivi  di   finanza
pubblica, tenendo conto di parametri di virtuosita'. 
    Tali  disposizioni  -  prosegue  il  successivo  comma  6  -  «si
applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di
Trento e di Bolzano  compatibilmente  con  le  norme  dei  rispettivi
statuti e con le relative norme di attuazione». 
    Si osserva che la necessita' di declinare in specifiche norme  di
attuazione degli Statuti speciali gli «ulteriori obblighi»,  che  una
legge dello Stato prevede per  le  Regioni  ordinarie,  presuppone  a
monte un complesso normativo esistente e  specificamente  individuato
quale attuazione  dello  stesso  comma  5,  che  non  sembra  potersi
individuare nelle regole contabili  uniformi  contenute  nel  decreto
legislativo  n.  118  del  2011,  non   testualmente   citate   dalla
disposizione in questione. 
    La ratio dei commi 5 e 6 andrebbe letta, piuttosto, nel  contesto
degli obblighi di pareggio tra le entrate finali e le spese finali di
competenza imposta  dal  comma  1  e,  nell'ottica  degli  «ulteriori
obblighi»,  dovrebbe  inerire   alla   possibilita'   di   comprimere
l'autonomia delle Regioni nell'allocazione delle  spese  in  bilancio
per conformarsi a «parametri di virtuosita'»,  come,  ad  esempio,  a
misure di riqualificazione della spesa  o  di  riduzione  percentuale
della  spesa  corrente.   Tali   precetti,   dunque,   sarebbero   la
trasposizione dei criteri che l'art. 5, comma 1,  lettera  e),  della
legge  costituzionale  n.  1  del  2012  ha  indicato  per  la  legge
«rinforzata» disciplinata dall'art. 81,  comma  6,  Cost.  (l'attuale
legge n. 243 del 2012), statuendo, in proposito,  «l'introduzione  di
regole sulla spesa che consentano di salvaguardare gli  equilibri  di
bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico  e  prodotto
interno lordo nel lungo periodo, in coerenza  con  gli  obiettivi  di
finanza pubblica». 
    Pertanto, il contenuto  precettivo  dell'art.  7,  comma  2,  del
decreto legislativo n. 158 del 2019,  ad  avviso  di  questo  giudice
rimettente, travalica l'ambito segnato dall'art. 9 della legge n. 243
del 2012 in riferimento alla possibilita' di intervenire con norme di
attuazione, ove si consideri che l'effetto immediato  e  diretto  del
meccanismo concertato (ossia, la conclusione di  un  accordo  tra  lo
Stato e la Regione Siciliana) e' la dilazione dei termini di  rientro
dal disavanzo, attraverso un piano di  recupero  piu'  favorevole  da
quello del modello generale e uniforme dell'art. 42,  comma  12,  del
decreto legislativo n. 118 del 2011, mentre l'assunzione  di  impegni
sulla riduzione della spesa ne costituisce solo lo strumento  mediato
(«rispetto di specifici parametri di virtuosita', quali la  riduzione
strutturale della spesa corrente»). 
    Permangono, dunque,  i  dubbi  sull'illegittima  invasione  degli
ambiti della legislazione esclusiva in materia di armonizzazione  dei
bilanci pubblici. 
    4.2. I dubbi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  7  del
decreto legislativo n. 158 del 2019,  dell'art.  4,  comma  2,  della
legge regionale n. 30 del 2019 e dell'art. 110, commi 3, 6 e 9  della
legge regionale n. 9 del 2021:  violazione  degli  articoli  81,  97,
primo comma, e 119, primo comma, Cost., in combinato con gli articoli
3, 5 e 120, secondo comma, Cost. 
    4.2.1. Le disposizioni oggetto di scrutinio, ad avviso di  questo
giudice rimettente, si pongono in contrasto con gli articoli 81,  97,
primo comma, e 119, primo comma, della Costituzione, sotto il profilo
della lesione dell'equilibrio e della sana gestione  finanziaria  del
bilancio,  nonche'  degli  interdipendenti  principi   di   copertura
pluriennale  della  spesa,  di  responsabilita'  nell'esercizio   del
mandato elettivo e di equita' intergenerazionale. 
    Viene in evidenza, altresi', la violazione degli articoli 3, 5  e
120, secondo comma, Cost.,  in  quanto,  la  speciale  disciplina  di
adeguamento dell'ordinamento regionale  siciliano  alla  materia  del
rientro  dal  proprio  disavanzo,  ha  introdotto  un   irragionevole
trattamento di maggior favore, discostandosi dall'uniforme  paradigma
statale  che  declina  l'unita'  finanziaria   ed   economica   della
Repubblica sottesa alla  disciplina  della  finanza  pubblica  (Corte
costituzionale, sentenza n. 88 del 2014). 
    4.2.2. Sul  tema  dell'allungamento  dei  tempi  di  rientro  dal
disavanzo, negli ultimi anni si e' consolidato un  preciso  indirizzo
del giudice costituzionale  rivolto  a  censurare  diverse  soluzioni
normative atte a prescriverne il riassorbimento  in  archi  temporali
lunghi e differenziati, ben oltre  il  ciclo  di  bilancio  ordinario
(principalmente, Corte costituzionale, sentenze n. 168 del  2022,  n.
246 e n. 235 del 2021, n. 115 del 2020 e n. 18 del 2019). 
    Sono state considerate, invece, frutto di  un  bilanciamento  tra
piu' valori aventi pari  dignita'  costituzionale,  condotto  secondo
canoni di ragionevolezza, le speciali norme adottate una  tantum  che
hanno introdotto deroghe al normale piano  di  rientro,  giustificate
dal passaggio alla nuova  disciplina  contabile  armonizzata  che  ha
fatto emergere, una  volte  per  tutte,  i  disavanzi  sommersi,  sul
«presupposto  che  in   una   fase   di   complesse   operazioni   di
riaccertamento dei  residui  finalizzate  a  far  emergere  la  reale
situazione finanziaria delle Regioni, i disavanzi emersi non  possano
essere riassorbiti  in  un  solo  ciclo  di  bilancio  ma  richiedano
inevitabilmente misure di piu' ampio respiro temporale. Cio' anche al
fine di assicurare lo svolgimento delle  funzioni  della  Regione  in
ossequio al  «principio  di  continuita'  dei  servizi  di  rilevanza
sociale   [affidati   all'ente   territoriale,   che   deve   essere]
salvaguardato» (sentenza n.  10  del  2016)»  (Corte  costituzionale,
sentenza n. 107 del 2016, § 4.1. del considerato in diritto). 
    Al  di  la'  di  tali  ipotesi,  tutte  in  rapporto  di  stretta
connessione rispetto alle operazioni di riaccertamento  straordinario
dei residui (sentenza n. 18 del  2019,  §  5.1.  del  considerato  in
diritto), e' stato affermato che l'art. 42,  comma  12,  del  decreto
legislativo n. 118 del 2011, nonche' i correlati  principi  contabili
applicati, sono espressivi dei canoni costituzionali  afferenti  alla
sana  gestione  finanziaria,  alla  responsabilita'  di   mandato   e
all'equita' intergenerazionale, che,  a  seguito  dell'armonizzazione
contabile, responsabilizza l'ente alla programmazione e realizzazione
di  un  progressivo  e  coerente  risanamento   (da   ultimo,   Corte
costituzionale, sentenza n. 235 del 2021,  §  6  del  considerato  in
diritto: «Le deroghe  temporali  per  il  risanamento  introdotte  in
passato  sono  connesse  a  situazioni  di  particolari   difficolta'
finanziario-contabili cui il legislatore statale ha cercato, di volta
in volta, di porre rimedio. I meccanismi normativi  e  amministrativi
introdotti  in  deroga  alla  regola   richiamata   sono,   comunque,
subordinati   alla   intangibilita'   dei   precetti   costituzionali
finalizzati al progressivo e coerente risanamento,  alla  trasparenza
delle responsabilita' di  mandato  assunte  dagli  amministratori  in
questo percorso,  alla  custodia  dell'equita'  intragenerazionale  e
intergenerazionale  in  termini   di   proporzione   tra   debiti   e
accantonamenti  pluriennali  e  correlati  benefici   (ex   plurimis,
sentenza n. 115 del 2020, punto  10  del  Considerato  in  diritto  e
sentenza n. 18 del 2019, punto 6 del Considerato in diritto)»). 
    E' stata, dunque, stigmatizzata  la  «tendenza  a  perpetuare  il
deficit strutturale nel  tempo,  attraverso  continui  rinvii,  [che]
finirebbe  per  paralizzare   qualsiasi   ragionevole   progetto   di
risanamento, in tal modo entrando in collisione con il  principio  di
equita' intergenerazionale. E'  stata  gia'  sottolineata  da  questa
Corte la pericolosita'  dell'impatto  macroeconomico  di  misure  che
determinano uno squilibrio nei conti della finanza pubblica allargata
e  la  conseguente  necessita'  di  ulteriori   manovre   finanziarie
restrittive che possono gravare piu' pesantemente sulle fasce  deboli
della popolazione (sentenza n. 10 del 2015)»  (Corte  costituzionale,
sentenza n. 235 del 2021, § 6.1. del considerato in diritto). 
    La Corte costituzionale, nel ricordare  che  «la  responsabilita'
politica del mandato elettorale si esercita, non solo  attraverso  il
rendiconto del realizzato, ma anche in  relazione  al  consumo  delle
risorse impiegate», evidenzia come la regola generale sul fisiologico
rientro  dal  disavanzo  obblighi  a  porre  rimedio  agli  squilibri
strutturali del bilancio senza «superare tempo  della  programmazione
triennale e quello della scadenza del mandato  elettorale,  affinche'
gli  amministratori  possano  presentarsi  in  modo  trasparente   al
giudizio dell'elettorato al termine del loro mandato, senza  lasciare
«eredita'» finanziariamente onerose e indefinite ai loro successori e
ai futuri amministrati» (Corte costituzionale,  sentenza  n.  18  del
2019, § 5 del considerato in diritto). 
    4.2.3. Con la sentenza n. 235 del 2021, in particolare, la  Corte
costituzionale ha censurato la  legittimita'  costituzionale  di  una
legge regionale operante in deroga  al  meccanismo  del  ribaltamento
automatico in un unico esercizio del disavanzo non recuperato ad  una
certa data,  come  prescritto  dal  modello  uniforme  di  disciplina
dell'art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011 e dei
principi contabili applicati ad esso relativi. 
    Nel caso di specie, e'  stato  affermato  che  la  disciplina  di
disavanzi pregressi «convenzionalmente  predeterminati  e  gravemente
sottostimati»  pregiudica  il  corretto  calcolo  del  risultato   di
amministrazione poiche' «attraverso tale operazione, viene  a  essere
sostituita   una   mera   espressione   matematica   alla    corretta
determinazione degli effetti delle  dinamiche  attive  e  passive  di
bilancio relative ai suddetti rendiconti e a  quelli  degli  esercizi
successivi (principio di continuita' delle risultanze dei  bilanci)».
Tutto cio' «comporta una alterazione degli equilibri,  che  finiscono
per collidere frontalmente con gli obiettivi di finanza  pubblica,  e
con la corretta determinazione delle  risultanze  gestionali  oggetto
del sindacato di legittimità-regolarita' della Corte dei conti»,  con
«travolgimento   dell'intera   programmazione   e   della   correlata
rendicontazione,  elementi  necessari  per  custodire   dinamicamente
l'equilibrio in tutte le fasi del ciclo di bilancio» (sentenza n. 235
del 2021, § 6 del considerato in diritto). 
    In continuita' con tale pronuncia si pone anche  la  sentenza  n.
168 del 2022, per la quale «[i]l richiamato art. 42, comma 12,  [...]
pone l'obbligo del ripiano  immediato  del  disavanzo,  da  iscrivere
interamente nel primo esercizio del bilancio di previsione  in  corso
di gestione. [.. .] I  principi  contabili  contenuti  nei  paragrafi
9.2.27 e 9.2.28 dell'allegato 4/2 al decreto legislativo n.  118  del
2011  specificano  la  portata  del  citato  art.  42,   prescrivendo
chiaramente,  da  un  lato,  che  l'ente  rispetti  puntualmente  gli
obiettivi  periodici  fissati  dal  piano  di  rientro,  in  modo  da
concludere  il  recupero  entro   il   limite   temporale   previsto;
dall'altro, che il mancato conseguimento  di  tali  obiettivi,  cosi'
come la non corretta determinazione quantitativa degli stessi  [...],
comportano che l'ente deve recuperare nel primo  esercizio  la  quota
non ripianata rispetto alla scansione programmata» (sentenza  n.  168
del 2022, § 10.1). 
    4.2.4. Al pari delle norme regionali specificamente censurate dal
giudice costituzionale con le  richiamate  pronunce,  in  riferimento
all'esercizio  2020  oggetto  del  presente  giudizio,  la   speciale
disciplina di ripiano del disavanzo della Regione Siciliana, prevista
dall'art. 7 del decreto legislativo n. 158  del  2019,  dall'art.  4,
comma 2, legge regionale n. 30 del 2019 e dall'art. 110, commi 3, 6 e
9 della legge  regionale  n.  9  del  2021,  ha  impedito  che  quote
rilevanti del disavanzo di amministrazione, non recuperate alla  data
del 31 dicembre 2018 (nella specie, il disavanzo ante  armonizzazione
e da extradeficit, per euro  916.746.242,27),  potessero  cadere  nel
meccanismo del ribaltamento automatico disposto dall'art.  42,  comma
12, primo periodo, che costituisce misura ordinaria  di  rientro  dal
disavanzo. 
    Il riconoscimento dell'illegittimita' costituzionale delle  norme
in questione, oltre ad esplicare effetti sulla  decisione  finale  di
questo giudice rimettente ai fini della parificazione del  Rendiconto
in esame, obbligherebbe il legislatore regionale ad adottare, in sede
di assestamento del ciclo del bilancio in corso di gestione, i rimedi
generali previsti dal modello uniforme, per ciascuna delle componenti
del disavanzo incise  dalle  speciali  disposizioni,  allo  scopo  di
ripristinare le misure occorrenti  al  rispetto  degli  equilibri  di
bilancio e all'obbligo di copertura finanziaria delle spese. 
    4.2.5. Si osserva, infine, che  la  Corte  costituzionale,  nella
consapevolezza  che  i  gravi  squilibri  di  bilancio   degli   enti
territoriali sono conseguenti alla  persistente  carenza  di  risorse
finanziarie in un contesto economico problematico, ha, ad ogni  modo,
onerato il legislatore nazionale di rinvenire  soluzioni  che,  lungi
dal derogare alle ordinarie regole di rientro dal disavanzo,  possano
supportare direttamente la finanza  degli  enti  in  difficolta'  con
interventi in armonia al quadro dei valori costituzionali,  cosi'  da
assicurare lo svolgimento delle funzioni fondamentali in ossequio  al
principio di continuita' dei servizi di  rilevanza  sociale  affidati
all'ente territoriale. 
    E' stato, dunque, affermato: «Al di la' del fatto che i poteri di
prevenzione e  riscontro  sui  bilanci  degli  enti  locali  scontano
necessariamente la  complessita'  di  situazioni  locali  di  penuria
finanziaria   endemica,   non   puo'   sottacersi   che   il   quadro
costituzionale e normativa vigente avrebbe consentito - e consente  -
di affrontare le situazioni patologiche in modo piu'  appropriato  di
quel che e' avvenuto negli  esercizi  piu'  recenti.  E'  stato  gia'
segnalato - con riguardo agli enti territoriali  -  che  «l'autonomia
finanziaria di entrata e di spesa deve essere esercitata nel rispetto
dell'equilibrio del bilancio  e  che  gli  enti  territoriali  devono
contribuire,  insieme  agli  altri  enti  della  finanza   allargata,
all'osservanza dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento  dell'Unione
europea» (sentenza n. 4 del 2020). 
    In tale prospettiva, l'equilibrio individuale dei singoli enti e'
un  presupposto  della  sana  gestione  finanziaria  e  del  corretto
esercizio  dell'autonomia,  nonche'  del  dovere  di   concorrere   a
realizzare  gli  obiettivi  macroeconomici  nazionali  e  dell'Unione
europea. Ne consegue «che tutte le disfunzioni  [...]  devono  essere
rimosse  e  non  possono  essere   computate   nell'attivazione   dei
meccanismi di solidarieta' previsti dal terzo, quarto e quinto  comma
dell'art. 119 Cost. E' in ordine al  deficit  strutturale  imputabile
alle  caratteristiche  socio-economiche  della  collettivita'  e  del
territorio, e non  alle  patologie  organizzative,  che  deve  essere
rivolto l'intervento diretto dello Stato. Le risorse  necessariamente
stanziate per tali  finalita'  -  proprio  in  virtu'  dei  superiori
precetti costituzionali - devono  essere  prioritariamente  destinate
dallo Stato alle situazioni di accertato squilibrio  strutturale  dei
bilanci degli enti locali» (sentenza n. 4 del 2020)» (sentenza n. 115
del 2020, § 10 del considerato in diritto). 
    Sotto  il  profilo  della  corretta  dimensione   delle   risorse
finanziarie in rapporto alle funzioni  fondamentali  da  svolgere  in
favore della collettivita', all'interno di territori che -  come  nel
caso della Sicilia - sono  caratterizzati  da  svantaggi  strutturali
permanenti, costi dell'insularita' e livelli  di  reddito  pro-capite
inferiori alla media nazionale, si evidenzia che, a distanza di quasi
tre anni, non e' stato dato compiutamente  seguito  al  monito  della
Corte costituzionale contenuto nella sentenza  n.  62  del  2020.  La
pronuncia, infatti,  ha  dato  atto  della  lunghissima  stasi  nelle
trattative  concernenti  le  relazioni  finanziarie  in  materia   di
compartecipazione alla spesa sanitaria  e  della  mancata  attuazione
dell'art. 1, commi 830, 831 e 832, della legge n. 296 del  2006,  cui
non sarebbe estranea la corresponsabilita' dello Stato  (sentenza  n.
62 del 2020, § 4.4.1. del considerato in diritto). 
    4.3. I dubbi di legittimita' costituzionale dell'art. 110,  commi
3, 6 e 9 della legge regionale n. 9 del  2021:  violazione  dell'art.
81, quarto comma, Cost. 
    Con riferimento al solo art. 110, commi 3, 6  e  9,  della  legge
regionale n. 9 del 2021, cui sono  ascrivibili  le  variazioni  sugli
stanziamenti  del  Conto  del  bilancio  del  2020  poste  in  essere
successivamente alla chiusura dell'esercizio finanziario,  si  rileva
l'individuazione di un ulteriore  parametro  costituzionale  violato,
ossia l'art 81, comma 4, Cost., in relazione all'art. 51 del  decreto
legislativo n. 118 del 2011. 
    Queste Sezioni riunite  osservano,  infatti,  che  dall'art.  81,
comma 4, Cost. («Le Camere ogni anno approvano con legge il  bilancio
e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo») - cui si  correla
anche l'art. 19  dello  Statuto  della  Regione  Siciliana,  commi  1
(«L'Assemblea regionale non piu' tardi del mese di  gennaio,  approva
il  bilancio  della  Regione  per  il   prossimo   nuovo   esercizio,
predisposto dalla Giunta regionale») e 2 («L'esercizio finanziario ha
la stessa decorrenza di quello dello Stato») - discende il  principio
contabile  generale  (o  postulato)  dell'annualita'  in  materia  di
bilancio (decreto  legislativo  n.  118  del  2011,  allegato  n.  1,
principio n. 1; legge 31 dicembre 2009, n. 196, allegato 1, principio
n. 1). 
    Nel caso di specie, si riscontra la violazione dell'art.  51  del
citato decreto legislativo n. 118 del 2011, da intendersi quale norma
interposta dell'art. 81, comma 4, Cost., il quale, nel  prevedere  in
generale che «[n]el corso dell'esercizio, il bilancio  di  previsione
puo' essere oggetto di variazioni autorizzate con legge»  (comma  1),
tuttavia dispone che «[n]essuna variazione al  bilancio  puo'  essere
approvata dopo il 30 novembre dell'anno a cui il bilancio  stesso  si
riferisce», fatte salve le  eccezioni  espressamente  indicate  dalla
medesima disposizione (comma 6). 
    Ai sensi del  principio  dell'annualita',  dunque,  le  decisioni
legislative  inerenti  al  bilancio,   che   provvedono   in   ordine
all'allocazione  delle  risorse  finanziarie   e   alle   conseguenti
autorizzazioni cui e' subordinata  la  gestione  degli  stanziamenti,
sono elaborate su  un  orizzonte  temporale  almeno  triennale  e  si
riferiscono ai distinti periodi di gestione compresi nel bilancio  di
previsione, che, coincidenti con l'anno  solare,  devono  presentarsi
come correnti o successivi, ma mai  scaduti,  anche  in  quanto  cio'
recherebbe   il   sostanziale   svuotamento   della    funzione    di
programmazione  che  ontologicamente  e'  propria  del  bilancio   di
previsione. 
    Come,   infatti,   ricordato    dalla    Corte    costituzionale,
«caratteristica fondamentale del bilancio di previsione e' quella  di
riferirsi   alle   operazioni   finanziarie   che   si   prevede   si
verificheranno   durante   l'anno   finanziario.   Infatti   soltanto
riferendosi ad  un  determinato  arco  di  tempo,  il  bilancio  puo'
assolvere  alle  sue  fondamentali  funzioni,  le  quali,  in  ultima
analisi, tendono ad assicurare il tendenziale pareggio del  bilancio,
ed  in  generale  la  stabilita'  della  finanza  pubblica»   (enfasi
aggiunta; sentenza n.  213  del  2008,  §  6.1.  del  considerato  in
diritto). 
    Occorre evidenziare che la ratio alla base della norma che impone
di iscrivere l'importo del disavanzo di amministrazione  quale  primo
tra gli stanziamenti di spesa del bilancio  -  l'art.  39,  comma  7,
lettera c), del decreto legislativo n. 118 del 2011 - e' strettamente
correlata alla funzione di programmazione del  documento  finanziario
previsionale: la misura degli obblighi di rientro dal deficit riversa
effetti di compressione sulla  dimensione  generale  delle  spese  da
autorizzare e individua anche lo spazio finanziario utile all'impiego
del risultato di amministrazione per il finanziamento di nuove  spese
nell'esercizio. 
    Il postulato dell'annualita' del bilancio contiene naturaliter il
principio di immodificabilita'  dello  stato  del  bilancio  dopo  la
chiusura dell'esercizio finanziario cui si riferisce  (31  dicembre),
cosicche'  la  sua  violazione  deve  ritenersi  consumata  non  solo
nell'ipotesi in cui l'alterazione degli stanziamenti di  bilancio,  a
quella data, avvenga con  norme  successive  che  operino  variazioni
dirette su un  esercizio  finanziario  ormai  concluso,  ma  -  anche
qualora norme successive dispongano l'abrogazione di variazioni  gia'
effettuate entro l'esercizio di riferimento,  disponendone  l'effetto
retroattivo a una data antecedente al 31 dicembre. 
    In definitiva, la norma che si ritiene viziata di  illegittimita'
costituzionale ha disposto in merito all'allocazione delle spese  con
effettivi  retroattivi  sul  bilancio   dell'esercizio   2020   ormai
concluso, alterando, conseguentemente, i risultati finali  del  Conto
del  bilancio  confluiti  nel  documento  consuntivo  all'esame,   in
violazione del principio dell'annualita'  discendente  dall'art.  81,
comma 4, Cost. e dall'art. 51 del  decreto  legislativo  n.  118  del
2011, che ne costituisce parametro interposto. 
    5. Impossibilita' di un'esegesi costituzionalmente orientata. 
    Per tutte le ragioni esposte,  il  chiaro  tenore  letterale  dei
precetti  normativi  della  cui  legittimita'  si   dubita,   e,   di
conseguenza, degli effetti voluti dal legislatore,  non  ne  consente
un'interpretazione  compatibile  con  il  quadro  costituzionale   di
riferimento. 
    Da un lato, infatti, l'esistenza di una  speciale  normativa  sul
ripiano del disavanzo della Regione  Siciliana,  quale  quella  posta
dalla norme oggetto  di  scrutinio,  si  pone  in  deroga  al  regime
ordinario individuato dall'art. 42, comma 12, del decreto legislativo
n. 118 del 2011, che, nell'esegesi  della  Corte  costituzionale,  e'
stato considerato espressione dell'esigenza di armonizzare i  bilanci
pubblici sotto lo specifico profilo della disciplina del disavanzo di
amministrazione e della uniformita' dei tempi  del  suo  ripiano,  ai
fini del perseguimento del precetto costituzionale dell'equilibrio di
bilancio; dall'altro lato, gli stanziamenti definitivi di  spesa  del
Conto  del  bilancio  dell'esercizio  2020  relativi   al   disavanzo
finanziario,  che  sono  oggetto  di  rendicontazione,  conseguono  a
variazioni  di  bilancio  inequivocabilmente  avvenute  ad  esercizio
concluso, in violazione del principio costituzionale dell'annualita'.