IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI FIRENZE 
 
    Il giorno 13 settembre 2022 in Firenze si e' riunito in Camera di
consiglio nelle persone dei componenti: 
      dott. Venturini Maria Letizia - Presidente 
      dott. Faldi Francesco - Giudice 
      dott. Ruaro Massimo - Esperto 
      dott. Russo Francesco  - Esperto 
    per deliberare sulla domanda di: semiliberta' (art.  50  O.P.  );
Detenzione domiciliare (art. 47-ter O.P.), presentata da: 
    P. A. ,  nato  a               il                  ,  attualmente
detenuto presso la Casa reclusione  di  San  Gimignano  -  fine  pena
al                                      condannato  con  sentenza  n.
2012/695 Reg. Gen., emessa in data 8 febbraio 2012 da Corte D'Appello
Napoli, in riforma della sentenza emessa in data 31  luglio  2009  da
Tribunale  ordinario  Benevento,  alla  pena   di   anni ventuno   di
reclusione per i seguenti reati: 
      reato  A:  art.  74,  comma  1  decreto  del  Presidente  della
Repubblica del 1990 n. 309 luogo:                        ,  Art.  74,
comma 3 decreto del Presidente della Repubblica del 1990 n. 309; 
      reato B: art. 110 codice penale luogo:                   , Art.
81 comma 2 C.P., Art. 73 decreto del Presidente della Repubblica  del
1990 n. 309 
 
                               Osserva 
 
    Il detenuto sta espiando la pena di  venti  anni  di  reclusione,
irrogata per il reato di  cui  all'art.  74,  comma  1,  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 309/1990. La pena inflitta in sentenza
- di anni ventuno di reclusione - e' stata infatti  decurtata  di  un
anno, irrogato in continuazione per reati di cui all'art. 73  decreto
del  Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990,  per   applicazione
dell'indulto, legge n. 241/2006, pertanto residua in esecuzione  solo
la pena irrogata per il reato associativo di cui all'art.  74,  comma
l, decreto del Presidente  della  Repubblica  n.  309/1990,  compreso
nella prima fascia dell'art. 4-bis O.P. e quindi ostativo ai benefici
penitenziari in assenza di  collaborazione  con  la  giustizia  o  di
accertamento  dell'impossibilità-inesigibilita'  della  stessa  (art.
4-bis, comma 1 e 1-bis, legge n. 354 del 1975). 
    Il detenuto non ha collaborato con la giustizia e non ha chiesto,
ne' ottenuto l'accertamento  dell'impossibilità-inesigibilita'  della
stessa. 
    Il procedimento dovrebbe quindi essere definito con  declaratoria
di inammissibilita'. 
    Alla prima udienza di questo Tribunale del  19  luglio  2022,  il
Difensore  ha  sollevato  oralmente   eccezione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 4-bis O.P. rispetto alla generale esclusione
dell'ammissibilita' alla semiliberta' in  assenza  di  collaborazione
con  la  giustizia  per  il  detenuto  condannato  per  detto   reato
associativo, tuttavia gia' ammesso a fruire di permessi premio  sulla
base della sentenza n. 253/2019 della Corte costituzionale,  come  in
effetti nel caso in esame. 
    Il  procedimento  e'  stato  pertanto  rinviato  per   completare
l'istruttoria sulla verifica della  sussistenza  dei  presupposti  in
concreto  per  accedere  alla  semiliberta'  (relazione  di   sintesi
dell'equipe della Casa di Reclusione di San  Gimignano;  verifica  di
Polizia sull'attivita'  di  lavoro  prospettata;  informazioni  dalla
Prefettura di Siena - CPOSP sull'attualita' di  collegamenti  con  la
criminalita' organizzata). 
    All'esito  del  completamento  istruttorio  e  della  discussione
all'odierna udienza, si rileva che in effetti il detenuto ha reperito
idonea opportunita' di lavoro tramite il Consorzio «                 
» di che ha predisposto un  inserimento  socio-lavorativo  presso  la
struttura    denominata     «                      »,     sita     in
contrada                     nel    Comune     di                    
 (                            ).   Il   detenuto,   affiancando   gli
operatori  gia'  presenti,  potra'  svolgere  servizi   di   pulizie,
lavanderia, manutenzione degli spazi esterni  ed  interni,  cura  del
verde.  La  disponibilita'  e  regolarita'  dell'attivita'  e'  stata
verificata anche dalla Questura, che conferma la  buona  opportunita'
di inclusione nell'ambito  di  un  contesto  collegato  alla  Caritas
diocesana che da  anni  offre  opportunita'  di  reinserimento  nella
societa' con progetti in collaborazione con enti istituzionali  (cfr.
nota della Questura di                     del                      ,
in atti). 
    L'opportunita'  di  lavoro  e'  quindi   decisamente   valida   e
costituisce un ottimo mezzo per supportare il  reinserimento  sociale
del soggetto. 
    Il detenuto ha iniziato a fruire di permessi premio (art.  30-ter
O.P.) da                    sulla base  della  sentenza  della  Corte
costituzionale n.  253/2019,  all'esito  di  articolata  istruttoria,
condotta  acquisendo  informazioni  dalla  Procura  della  Repubblica
presso il Tribunale di Napoli  -  DDA  e  dalla  Direzione  nazionale
antimafia, oltre ad informazioni di Polizia e tramite la Prefettura. 
    P            A           e'  ristretto  in  carcere  dall'arresto
del                     , in  esecuzione  di  ordinanza  di  custodia
cautelare per reati  di  cui  agli  articoli  74  e  73  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.   309/1990   per   fatti   commessi
in                e provincia dal             al                   e,
come detto, ha riportato  condanna  alla  pena  di  ventuno  anni  di
reclusione, di cui un anno estinto dall'indulto. Non  ha  collaborato
con la giustizia (art.  58-ter  O.P.),  ne'  ha  chiesto  e  ottenuto
l'accertamento dell'impossibilita' della collaborazione (art.  4-bis,
comma 1-bis, O.P.). 
    Nel corso della detenzione, in atto  ininterrottamente  da  oltre
quindici  anni,  il  condannato  si  e'  impegnato  nel  percorso  di
recupero, studiando e lavorando in carcere, cosi'  da  poter  inviare
qualche somma alla famiglia, partecipando  alle  attivita'  proposte,
mantenendo sempre condotta corretta, prendendo  consapevolezza  degli
errori commessi  e  orientandosi  positivamente  (cfr.  relazioni  di
osservazione della Casa di Reclusione di San Gimignano, in atti). 
    Da oltre un anno e mezzo fruisce di permessi premio (art.  30-ter
O.P.) con  esito  regolare  e  l'esperienza  e'  stata  condotta  con
graduale progressione ed  incremento  degli  spazi  di  liberta';  da
quest'anno anche nei luoghi di origine e commissione dei reati e  non
sono mai stati segnalati rilievi, ne' sono pervenute note informative
di contenuto negativo. 
    Oltre alla condanna  attualmente  in  esecuzione,  relativa  alla
costituzione e direzione dell'associazione finalizzata  allo  spaccio
di    sostanze    stupefacenti,    ritenuta     dal                  
 al                in                e            ,  il  detenuto  ha
riportato altre tre precedenti condanne per ricettazione ed armi  del
con  pena  condizionalmente  sospesa;  per   invasione   di   edifici
del                con sola pena  pecuniaria;  per  associazione  per
delinquere ed estorsione in concorso  del                       ,  la
cui pena ha terminato di espiare in affidamento in prova al  servizio
sociale nel                    . Non risultano pendenze. 
    I dati dell'osservazione penitenziaria aggiornata sono favorevoli
alla progressione trattamentale  richiesta,  dandosi  atto  del  buon
percorso intrapreso e dal  grado  di  consapevolezza  raggiunto,  con
assunzione di responsabilita' e adesione al programma di trattamento:
il  detenuto  lavora  in  carcere  a  turnazione,  sulla  base  della
disponibilita' di  posti;  a  giugno  si  e'  diplomato  alla  scuola
superiore  con  alta  votazione,  mantiene   condotta   costantemente
regolare. 
    A                   vivono  la   madre   e   la   compagna,   che
costituiscono validi punti  di  riferimento,  come  da  verifica  del
competente UEPE, in atti, e come gia' in concreto riscontrato tramite
l'esecuzione dei permessi premio. 
    L'Equipe della Casa di Reclusione di San Gimignano si esprime  in
senso favorevole all'ammissione alla semiliberta'. 
    Ed in effetti la commissione dei reati e' ormai  assai  risalente
(anni                   e antecedenti); la carcerazione e'  in  corso
da                    (oltre  quindici  anni);  si  tratta  di  reati
gravi, in materia di sostanze stupefacenti, il detenuto non e'  pero'
mai stato condannato  per  associazione  di  tipo  mafioso,  ne'  con
l'aggravante dell'art. 7 decreto-legge n. 203/1991.  Sono  ampiamente
raggiunte le soglie temporali di  ammissibilita'  alla  semiliberta',
cui  tuttavia  il  detenuto  non  puo'  accedere  per  divieto  posto
dall'art. 4-bis O.P.. 
    Nel procedimento per la  concessione  dei  permessi  premio  sono
state acquisite informazioni dalla DDA di Napoli e dalla DNA, che pur
ricordando che P          A              e' stato condannato  in  via
definitiva per i reati suddetti, riferiscono che attualmente  non  e'
sottoposto a procedimento penale da parte della DDA, che nel 2009 gli
e'  stata  applicata  la  sorveglianza  speciale,  che  non  emergono
elementi aggiornati che lo  vedano  vicino  al  gruppo  criminale  di
pregressa appartenenza. Il soggetto e' stato considerato vicino  alle
famiglie    camorristiche                      dei                  e
degli                      , ma non e' mai stato condannato per  aver
fatto parte di quelle associazioni, ne'  raggiunto  da  provvedimenti
restrittivi della liberta' per tale tipologia di reato. 
    Per l'odierno procedimento e' stata  rinnovata  la  richiesta  di
informazioni al Comitato Provinciale  per  l'ordine  e  la  sicurezza
pubblica presso la Prefettura di Siena, come per legge, che  in  data
ha  trasmesso  note  degli  organi   di   Polizia   e   dell'Istituto
penitenziario, da cui non emergono segnali negativi rilevanti. 
    Il detenuto  potrebbe  quindi  essere  proficuamente  ammesso  ad
espiare la pena residua in regime di semiliberta', in relazione  agli
importanti progressi compiuti nel corso del trattamento e sussistendo
tutte le condizioni per un  graduale  ed  utile  reinserimento  nella
societa' (art. 50 O.P.). 
    Ritiene il  Collegio  di  dover  quindi  sollevare  questione  di
legittimita' costituzionale rispetto alla preclusione assoluta di cui
all'art. 4-bis, comma 1  e  1-bis,  legge  n.  354/1975  (ordinamento
penitenziario) per l'accesso alla semiliberta'  (art.  50,  legge  n.
354/1975) per contrasto  innanzitutto  con  le  norme  costituzionali
degli articoli 3 e 27, in linea con  i  ragionamenti  ed  i  principi
esposti nella sentenza n. 253/2019 della Corte costituzionale seppure
con riferimento al diverso istituto dei permessi premio (art.  30-ter
0.P.)  ed  anche  sotto  altro  profilo  rispetto  all'art.  4  della
Costituzione. Ed in verita', nel caso in esame,  appare  rilevante  e
non  manifestamente  infondata  la  questione  di  legittimita'   per
contrasto con gli articoli 3 e 27 Costituzione dell'art. 4-bis, comma
1 e 1-bis, O.P. nella parte in cui e' escluso in maniera assoluta per
i detenuti per i delitti ivi indicati l'ammissione alla  semiliberta'
in assenza. di collaborazione con  la  giustizia  o  di  accertamento
dell'impossibilità-inesigibilita' della  stessa,  seppure  sia  stata
accertata l'insussistenza  di  attuali  legami  con  la  criminalita'
organizzata  e  siano  stati  acquisiti  elementi  per  escludere  un
concreto pericolo di ripristino  degli  stessi  ed  il  programma  di
trattamento sia sufficientemente avanzato. 
    La questione  e'  assolutamente  rilevante  nel  caso  in  esame,
poiche', come riscontrato sopra,  ricorrono  i  presupposti  per  una
valutazione potenzialmente favorevole alla concessione del beneficio:
pena residua nella soglia di legge e presenza  di  positivi  elementi
valutabili in fatto, altresi'  in  funzione  della  progressione  del
trattamento  penitenziario  e  del  completamento  del  percorso   di
risocializzazione,  di  cui  l'ammissione  alla   semiliberta'   puo'
costituire un efficace e proficuo strumento. Tuttavia, di  fronte  al
titolo di reato commesso -  art.  74  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  n.  309/1990  -  rientrante  tra   quelli   assolutamente
ostativi, in assenza  di  collaborazione  e  in  mancanza  di  alcuna
prospettazione o offerta di  collaborazione,  il  detenuto  non  puo'
avere  accesso  alla  misura  invocata  e  quindi  l'istanza  risulta
inammissibile   tout   court,   senza   che    possano    svilupparsi
considerazioni alcune sul piano del merito. 
    La questione si mostra anche non manifestamente infondata. 
    La presenza di  presunzioni  assolute  e  insuperabili,  che  non
consentono  alcun  tipo  di   valutazione,   particolarmente   quando
limitarlo diritti fondamentali della persona e cosi',  in  ambito  di
giudizio di sorveglianza relativamente all'esecuzione della pena, non
e' in linea con il superiore principio di cui all'art. 27, III comma,
Costituzione e si mostra anche irragionevole (art.  3  Costituzione).
Il sillogismo secondo cui la mancata collaborazione e' indice di  per
se' sola di pericolosita' sociale non appare  piu'  sostenibile  alla
luce della Giurisprudenza di costituzionalita' sviluppata  in  questi
anni (sentenza n. 253/2019; ordinanza n. 97/2021) e d'altra parte  e'
stata   anche   affermata   la   necessita'   di    un    trattamento
individualizzato in materia di  benefici  penitenziari  (sentenza  n.
436/1999 e n. 149/2018), senza che possano giustificarsi categorie di
condannati escluse in senso assoluto e generale per «tipi di autore»,
in modo tale che la finalita' retributiva  e  repressiva  della  pena
diventi  assolutamente  prevalente  ed   assorbente   rispetto   alle
ulteriori  finalita'  ed   in   particolare   rispetto   al   profilo
rieducativo,  ma  anche  rispetto  al  principio  di  proporzione   e
individualizzazione  della  pena  ed  anche  di   prevenzione   della
commissione di ulteriori reati. 
    La semiliberta' costituisce una progressione del trattamento  per
il condannato, ma consente anche una  graduale  verifica  esterna  in
funzione special-preventiva, con previsione di spazi di  liberta'  da
gestire  nell'ambito  di  uno  specifico  programma  di   trattamento
individualizzato, che da una parte prevede controlli  e  monitoraggi,
mantenendo un forte grado di  vigilanza  sul  condannato,  dall'altra
costituisce una spinta estremamente propulsiva al cambiamento e  alla
conduzione del percorso di risocializzazione, attraverso  l'attivita'
di lavoro in ambiente libero esterno e attraverso una dose di fiducia
che lo  Stato  offre,  cosi  predisponendo  le  basi  del  definitivo
reinserimento sociale, che verosimilmente continuera'  a  svilupparsi
anche dopo il termine della pena,  essendo  gia'  stato  avviato  con
buoni presupposti e potendo essere proseguito. 
    D'altra  parte,  il  detenuto  fruisce  di  permessi  premio  con
continuita'  e  regolarita'  da  oltre  un  anno  e  mezzo,   ha   la
possibilita' di trascorrere fuori dall'istituto  penitenziario  anche
un numero di giorni consecutivi  non  trascurabile  (fino  a quindici
giorni) per riavvicinarsi ai familiari, ma anche per cercare  lavoro,
come da previsione dell'art. 30-ter O.P., e appare alquanto  illogico
che, pur  avendo  ora  reperito  un'ottima  opportunita'  lavorativa,
funzionale a supportare il piu'  efficace  reinserimento,  non  possa
ulteriormente  progredire  nel  processo,  lungo  e   complesso,   di
reinserimento sociale,  trascorrendo  parte  del  giorno  all'esterno
dell'istituto penitenziario per prestare una  adeguata  attivita'  di
lavoro, che rappresenta  un  momento  fondamentale  del  percorso  di
risocializzazione. 
    Consentire al detenuto per reati ostativi di fruire  di  permessi
premio,  ma  mai  di  essere  ammesso  alla  semiliberta',   vanifica
fortemente la funzione dei permessi  premio  stessi  e  impedisce  il
proseguimento di un processo, sostenuto e  protetto,  di  efficace  e
concreta  risocializzazione.  Cio'  frustra  enormemente   anche   le
aspettative della persona condannata che sia  orientata  al  positivo
cambiamento, determinando uno stallo, ingiustificato  e  totale,  del
percorso  di  reinserimento  sociale,  rimandando  alla  data   della
scadenza della pena la possibilita' di lavorare  all'estremo  e  cio'
per giunta senza alcuna sorta di  valutazione  individualizzata,  che
tenga conto, pur con  ogni  attenzione  e  prudenza,  dell'evoluzione
della  personalita'  del  singolo,  dello  specifico  caso  e   delle
prospettive di ognuno. 
    La possibilita' di svolgere una attivita' lavorativa svolge anche
una concreta e potente efficacia preventiva,  costituendo  importante
mezzo di inserimento in idoneo  contesto  sociale,  che  meglio  puo'
scongiurare la commissione di ulteriori reati e rendere effettivo  il
percorso di recupero dalla devianza. 
    Sembra il caso di richiamare anche l'art. 4  della  Costituzione,
che riconosce il diritto al lavoro a tutti i cittadini e promuove  le
condizioni che lo rendano effettivo, poiche' nella questione  che  si
pone emerge anche una violazione in questo  senso,  precludendosi  in
maniera esclusiva, totale e assoluta l'accesso al lavoro  all'esterno
per il condannato,  obliterando  anche  il  correlativo  «dovere»  di
svolgere un'attivita' funzionale al progresso sociale (art. 4,  comma
2,  Costituzione)  pur  sussistendone   tutte   le   condizioni.   Lo
svolgimento di un'attivita' di  lavoro  in  ambiente  esterno,  fuori
dalle  rnura  del   carcere,   a   contatto   con   persone   libere,
responsabilizza  il  condannato  e  ne  stimola  la  volonta'  e   la
motivazione a proseguire nel percorso avviato  di  risocializzazione.
Viceversa, precludere in senso assoluto e generale tale possibilita',
non svolge alcuna utile funzione  sul  piano  concreto  della  difesa
sociale e piuttosto crea serio ostacolo alla rieducazione e anche  al
perseguimento   in   concreto   degli   obiettivi   fondamentali   di
special-prevenzione. Ammettere il detenuto  a  lavorare  in  ambiente
libero, pur con controlli, regole e limiti, consente  di  avviare  un
programma di miglioramento delle condizioni di vita e costituisce uno
stimolo a proseguire uno stile di vita regolare e  onesto,  ponendone
le fondamenta e sviluppando con graduale  progressione  il  difficile
percorso di risocializzazione. 
    E' noto al Tribunale che sul  divieto  assoluto  posto  dall'art.
4-bis legge n. 354/1975  sono  state  sollevate  questioni  analoghe:
rispetto  alla  liberazione  condizionale  e  all'ergastolo  ostativo
(ordinanza del 3 giugno 2020 della Corte  di  cassazione,  ancora  in
valutazione, come noto); all'affidamento in prova al servizio sociale
(ordinanza del 23 settembre 2021 del  Tribunale  di  sorveglianza  di
Perugia); all'ammissione  alla  semiliberta'  in  via  provvisoria  e
urgente  (ordinanza  del  16  febbraio   2022   del   Magistrato   di
sorveglianza di  Avellino),  sulla  linea  tracciata  dalla  sentenza
«pilota»  n.  253/2019  della  Corte  costituzionale,  che  ha  messo
definitivamente  in  crisi  l'assioma  collaborazione-rescissione  di
legami  /  non   collaborazione-mantenimento   di   legami   con   la
criminalita' organizzata, poiche' invece le situazioni possono essere
assai  piu'  complesse  e  assai  meno   scontate,   cosi'   che   la
collaborazione e per  converso  la  non  collaborazione  non  possono
rappresentare  gli  unici  elementi  attorno  a  cui  sviluppare   la
valutazione della persona condannata per accedere a progressioni  del
percorso di esecuzione penale. 
    A norma dell'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87 deve essere quindi
dichiarata  la  sospensione  di  questo  procedimento  con  immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    La cancelleria provvedera' alla notifica di copia della  presente
ordinanza all'interessato e al suo difensore, al Procuratore generale
presso la Corte d'Appello di Firenze, al Presidente del Consiglio dei
ministri. e alla  comunicazione  della  stessa  ai  Presidenti  della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, ai sensi dell'art.
23, ultimo comma, legge n. 87/1953.