LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                          Sezione di lavoro 
 
    composta dagli ill.mi sigg.ri Magistrati: 
        dott. Guido Raimondi - Presidente; 
        dott.ssa Margherita Maria Leone - consigliere; 
        dott.ssa Fabrizia Garri - consigliere; 
        dott.ssa Antonella Pagetta - consigliere; 
        dott. Gualtiero Michelini - consigliere rel.; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
iscritto al n. 24740/2021 R.G. proposto da: 
        S. L., elettivamente domiciliato in Roma, via degli Scipioni,
n.  110,  presso   lo   studio   dell'avvocato   Nicola   D'Ippolito,
rappresentato  e  difeso  dall'avvocato  Marco  Lovo   -   ricorrente
principale e controricorrente al ricorso incidentale; 
    contro: 
        C. N.  S.r.l.,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore,  elettivamente  domiciliata  in  Roma,  via  Luigi  Giuseppe
Faravelli, n. 22, presso lo studio dell'avvocato Arturo Maresca,  che
la rappresenta e difende unitamente all'avvocato Michele  Mariani;  -
controricorrente e ricorrente incidentale; 
    avverso la sentenza della Corte d'Appello di Firenze n. 134/2021,
depositata il 6 aprile 2021, R.G.N. 289/2020; 
    udita la relazione svolta nella pubblica udienza del  31  gennaio
2023 dal consigliere dott. Gualtiero Michelini; 
    udito il P.M., in  persona  del  sostituto  Procuratore  generale
dott. Mario Fresa,  che  ha  concluso  per  il  rigetto  del  ricorso
principale e del ricorso incidentale; 
    udito l'avvocato Marco Lovo; 
    udito l'avvocato Arturo Maresca; 
    Rilevato che: 
        1. La Corte d'Appello di  Firenze,  in  parziale  riforma  di
sentenza del Tribunale di Pisa (che aveva  respinto  le  domande  del
lavoratore),  ha  dichiarato  la   nullita'   del   licenziamento   -
destituzione di L. S. con comunicazione in data 5 ottobre 2018 ed  ha
dichiarato estinto il rapporto di lavoro intercorso con C. N.  S.r.l.
(societa' di gestione del trasporto urbano in diverse province  della
...), condannando il datore di lavoro al pagamento  di  un'indennita'
non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a  sei
mensilita' dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del
TFR; 
        2. La Corte di merito, in particolare, ha osservato, che: 
          dopo  la  contestazione  degli  addebiti,  l'opinamento  di
destituzione da parte dell'amministratore delegato (AD)  in  data  17
maggio 2018, e la tempestiva richiesta del lavoratore  di  intervento
del Consiglio di disciplina (CDD), ai sensi della normativa  speciale
per gli autoferrotranvieri di cui agli articoli 53 e 54 regio decreto
n. 148/1931, detto organo non era  stato  costituito  e  la  sanzione
espulsiva era stata adottata dal  medesimo  AD,  dando  atto  che  la
Regione non aveva indicato il proprio rappresentante nel CDD; 
          per  effetto  della  mancata  costituzione  del  CDD,   che
rappresenta una forma di garanzia procedurale  ulteriore  e  speciale
anche rispetto a  quella  di  cui  all'art.  7,  legge  n.  300/1970,
tutt'ora  vigente,  il  procedimento  disciplinare,  conclusosi   con
sanzione irrogata direttamente da parte datoriale, nonostante rituale
richiesta del lavoratore di ricorso al giudizio del CDD,  era  nullo,
per essere stato l'esercizio della potesta' punitiva  esercitato  dal
datore di lavoro, cui  tale  facolta'  non  spettava  in  conseguenza
dell'obbligatoria devoluzione  della  decisione  in  merito  al  CDD,
organo terzo, su opzione del lavoratore; 
          tenuto  conto  della  data  di  assunzione  del  lavoratore
successiva all'entrata in vigore del decreto legislativo n.  23/2015,
poiche'  l'art.  2,  comma  1,   di   tale   normativa   prevede   la
reintegrazione del lavoratore limitatamente ai casi di  licenziamento
discriminatorio ovvero perche'  «riconducibile  agli  altri  casi  di
nullita' espressamente previsti dalla legge»,  e  poiche'  in  questo
caso andava esclusa la  discriminatorieta'  e  la  nullita'  non  era
espressa, ma riconducibile a categorie  di  ordine  generale,  andava
applicata la sola tutela economica crescente nella misura indicata; 
        3. Avverso la predetta sentenza  il  lavoratore  ha  proposto
ricorso per cassazione con unico motivo; ha resistito la societa' con
controricorso, ed ha proposto ricorso incidentale con  unico  motivo,
cui  ha  resistito  il  lavoratore  con  controricorso   su   ricorso
incidentale; la causa e' stata rimessa da udienza camerale ad udienza
pubblica; le parti hanno depositato memorie e discusso  oralmente  la
causa; il P.G. ha concluso per il rigetto del  ricorso  principale  e
del ricorso incidentale; 
    Considerato che: 
        1. Parte ricorrente  principale  deduce  violazione  e  falsa
applicazione degli articoli 76 Cost., 1, comma 7, lettera  c),  della
legge delega n. 83/2014, 2-3 decreto  legislativo  n.  23/2015,  1418
codice civile, 2058 codice civile (art. 360, n. 3, c.p.c.):  sostiene
l'erroneita'   dell'interpretazione    della    Corte    di    merito
nell'applicare la tutela reintegratoria soltanto ai casi di  nullita'
espressa e non a tutti i casi di nullita', anche derivanti, come  nel
caso di specie, dall'art. 1418 codice civile, sia  sotto  il  profilo
dell'eccesso di delega, sia  perche'  l'enfatizzazione  dell'avverbio
«espressamente» risulterebbe incostituzionale e comunque illogica  ed
incoerente; 
        2. Parte ricorrente incidentale  deduce  violazione  e  falsa
applicazione degli articoli 53 e 54 dell'all. A al  regio  decreto  8
gennaio  1931,  n.  148,  per  non  avere   il   lavoratore   chiesto
tempestivamente una nuova audizione, e comunque  perche'  l'esercizio
del potere disciplinare del datore di lavoro, in  fatto  sospeso  per
l'inerzia,  motivata  da  necessita'  di  approfondimento  normativo,
dell'organo amministrativo  (Regione...)  nella  nomina  del  proprio
rappresentante del CDD, deve prevalere sulle garanzie di  difesa  del
lavoratore secondo un criterio di proporzionalita'; 
        3. Secondo consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n.
17286/2015, n.  13804/2017,  n.  12770/2019),  nel  caso  in  cui  il
dipendente  autoferrotranviario,   a   seguito   dell'opinamento   di
destituzione,  abbia  invocato  la   pronuncia   del   consiglio   di
disciplina, posto il persistente vigore  delle  disposizioni  dettate
dal  regio  decreto  in  materia  disciplinare  (come   chiarito   da
Cassazione  n.  12490/2015,  n.  855/2017,  S.U.  n.  15540/2016,  n.
12490/2015, n. 5551/2013,  n.  11929/2009),  anche  quale  disciplina
maggiormente garantita rispetto a  quella  prevista  dalla  legge  n.
300/1970, rimane irrilevante il fatto che  gli  enti  competenti  non
abbiano  esercitato  il  potere   di   nomina   dei   componenti   di
quell'organo; infatti, in  materia  di  procedimento  disciplinare  a
carico degli autoferrotranvieri, l'art. 53 dell'allegato A  al  regio
decreto n. 148 del 1931 prevede  una  procedura  articolata  in  piu'
fasi, inderogabile e volta alla  tutela  del  lavoratore  dipendente,
quale contraente debole;  l'omissione  di  una  delle  suddette  fasi
determina la nullita' della sanzione disciplinare che,  in  relazione
al tipo di violazione, rientra  nella  categoria  delle  nullita'  di
protezione (v. anche, in materia di permanente specialita', sia  pure
residuale,  del  rapporto   di   lavoro   degli   autoferrotranvieri,
Cassazione n. 5551/2013, n. 26267/2021; in tema di specifica  «doppia
fase di contestazione»,  collegata  al  diritto  di  difesa  e  piena
valorizzazione dello stesso quale  regola  indefettibile  in  materia
disciplinare, Cassazione n. 11543/2012, n. 13654/2015); 
        4. Poiche' le fasi del procedimento disciplinare non  possono
essere omesse o concentrate, e, di conseguenza, la  nullita'  di  una
sanzione disciplinare, per tale tipo  di  violazione,  rientra  nella
categoria delle nullita' di protezione, in quanto fondata sullo scopo
di tutela del contraente debole del rapporto, tale violazione non  e'
assimilabile a quelle procedurali (di cui all'art. 18, comma 6, legge
n.  300/1970,  come  modificato  dall'art.  1,  comma  42,  legge  n.
92/2012); non e', invero, qualificabile come  violazione  procedurale
in materia disciplinare  del  lavoro  autoferrotranviario  l'adozione
della sanzione della destituzione da parte del datore di lavoro,  cui
tale potere non e' piu' assegnato in caso di opzione  del  lavoratore
per l'intervento del Consiglio di disciplina, al quale  detto  potere
e' in tal caso deferito in base alla legge; si  tratta,  infatti,  di
violazione a monte della procedura, per deviazione dell'esercizio del
potere in materia, devoluto nella specie ad organo terzo  anziche'  a
parte  datoriale,  e  di  fattispecie   comparabile   a   quella   di
licenziamento a non domino, prevedendo la legge, in caso  di  opzione
in  tale  senso  del  lavoratore,  l'attribuzione   del   potere   di
licenziamento disciplinare (denominato destituzione) all'organo (CDD)
previsto dalla normativa speciale; 
        5.  Tale  regime  di  nullita'  (di  protezione)  emerge   da
ricostruzione sistematica ed  e'  riconducibile  al  regime  generale
delle nullita' disciplinato dagli articoli 1418  ss.  codice  civile,
sicche' tale qualificazione  (di  nullita'  di  protezione)  comporta
l'integrazione dell'ipotesi di  nullita'  per  contrarieta'  a  norma
imperativa, cui di norma si applica la  tutela  reintegratoria  (cfr.
Cassazione n. 32681/2021); 
        6. Nella fattispecie concreta, la Corte di merito ha ritenuto
la tutela reintegratoria non applicabile, pur accertando nullita' del
procedimento disciplinare ai sensi  degli  articoli  53  e  54  regio
decreto 8 gennaio 1931, n.  148  («Coordinamento  delle  norme  sulla
disciplina giuridica dei rapporti collettivi del  lavoro  con  quelle
sul trattamento giuridico-economico  del  personale  delle  ferrovie,
tranvie e linee di navigazione interna in  regime  di  concessione»),
trattandosi di lavoratore autoferrotranviario assunto dopo  l'entrata
in vigore del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23  («Disposizioni
in materia di contratto di lavoro  a  tempo  indeterminato  a  tutele
crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n.  183»),  in
quanto l'art. 2, comma 1, decreto legislativo 4  marzo  2015,  n.  23
prevede che il giudice, «con la pronuncia con la  quale  dichiara  la
nullita'  del  licenziamento  perche'  discriminatorio  (...)  ovvero
perche' riconducibile  agli  altri  casi  di  nullita'  espressamente
previsti  dalla  legge,  ordina  al  datore  di   lavoro   (...)   la
reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro,  indipendentemente
dal motivo formalmente addotto»; ha, cioe', ritenuto  che  la  natura
della nullita' (di protezione) rilevata non sia ricompresa  nei  casi
di  «nullita'  espressamente  previsti  dalla  legge»  di  cui   alla
disposizione da ultimo richiamata; 
        7. il Collegio  dubita  che  la  delimitazione  della  tutela
reintegratoria ai casi  di  nullita'  «espressamente  previsti  della
legge» sia in contrasto con la norma  della  legge-delega  (legge  10
dicembre 2014, n. 183 - «Deleghe al Governo  in  materia  di  riforma
degli ammortizzatori sociali, dei  servizi  per  il  lavoro  e  delle
politiche attive, nonche' in materia di riordino della disciplina dei
rapporti  di  lavoro  e  dell'attivita'  ispettiva  e  di  tutela   e
conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro»), art.  1,
comma 7, lettera c), norma che dispone che  il  legislatore  delegato
preveda  per  le  nuove  assunzioni,  la  (diversa)  limitazione  del
«diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e  discriminatori
e   a   specifiche   fattispecie   di   licenziamento    disciplinare
ingiustificato»; 
        8. Tale sospetto di illegittimita' costituzionale della norma
da applicare al caso concreto, la cui rilevanza  deriva  dal  diverso
regime di tutela applicabile al lavoratore per effetto della nullita'
del  licenziamento  disciplinare  (destituzione)  comunicatogli   dal
datore di  lavoro,  si  valuta  in  questa  sede  non  manifestamente
infondato per il duplice ordine di ragioni che segue; 
        9.  In  primo  luogo,  sotto  l'aspetto  dell'interpretazione
letterale delle norme, si osserva che  il  legislatore  delegante  ha
incaricato il legislatore  delegato,  per  le  nuove  assunzioni  con
contratto a tempo  indeterminato  a  tutele  crescenti  in  relazione
all'anzianita'  di   servizio,   di   limitare   «il   diritto   alla
reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche
fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato»: la lettera
della  legge   (delegante)   sembra   comprendere   nell'area   della
reintegrazione  tutti  i  licenziamenti  nulli  e  discriminatori,  e
delegare l'individuazione di specifiche fattispecie di  licenziamento
disciplinare  ingiustificato  (ma   non   per   questo   nullo,   cui
ulteriormente ricollegare il diritto alla  reintegrazione;  in  altri
termini,  la  limitazione  del   diritto   alla   reintegrazione   ai
licenziamenti nulli e discriminatori e a  specifiche  fattispecie  di
licenziamento disciplinare non implica l'ulteriore  limitazione  alle
nullita' espresse dalla legge, perche', in senso letterale, la delega
esclude dalla limitazione l'area dei licenziamenti  nulli  (tutti)  e
discriminatori,  oltre  a   specifiche   ipotesi   di   licenziamenti
disciplinari non nulli da individuarsi in sede delegata; 
        10. In secondo luogo, da un punto di vista sistematico,  come
osservato in dottrina,  la  restrizione  ai  soli  casi  di  nullita'
espressa - nel senso di esplicitata come  sanzione  della  violazione
del precetto primario -  finisce  con  il  forzare  il  valore  della
coerenza del sistema, e a non considerare operante, anche ai fini  di
cui all'art. 2, comma 1, del decreto legislativo n. 23 del  2015,  il
principio generale che ricollega la conseguenza della  nullita'  alla
violazione  di  norme  imperative  dell'ordinamento  civilistico;  in
realta', la differenza tra nullita' espressamente previste e nullita'
da ricollegare a categorie civilistiche generali  puo'  risultare  il
precipitato non di una  diversita'  ontologica  o  valoriale,  ma  di
peculiare  ragioni  storiche,  sistematiche  o   di   stratificazione
normativa, con esiti  casuali  e  non  razionali,  cosi'  realizzando
un'eterogenesi dei fini ordinatori della disciplina delegante;  senza
considerare che anche l'art. 1418 codice civile e' norma espressa; 
        11.  D'altra  parte,   l'interpretazione   costituzionalmente
orientata  della   normativa   non   puo'   portare   all'abrogazione
dell'avverbio «espressamente», trattandosi di lemma che non si presta
ad interpretazioni semantiche diverse da quella limitativa  dei  casi
di nullita'  cui  ricollegare  la  tutela  reintegratoria,  con  cio'
generandosi le incompatibilita' ed incongruenze con la legge - delega
di cui sopra; 
        12. La Corte costituzionale (sentenza n.  125/2022),  seppure
con  riferimento  a  diverso  profilo  di  denunciata  illegittimita'
costituzionale  ed  a  diversa  (quantunque  contigua)  normativa  in
materia  di  licenziamento  per  giustificato  motivo  oggettivo,  ha
rilevato che  un  requisito  indeterminato  (in  quel  caso  espresso
dall'aggettivo «manifesta»),  con  cui  si  demanda  al  giudice  una
valutazione sfornita  di  ogni  criterio  direttivo  e  priva  di  un
plausibile fondamento empirico, che neppure si connette razionalmente
alla peculiarita' delle diverse fattispecie di licenziamento, finisce
con non avere alcuna attinenza con  il  disvalore  del  licenziamento
intimato e risulta eccentrico nell'apparato  dei  rimedi,  usualmente
incentrato sulla diversa gravita' dei vizi e non su  una  contingenza
accidentale; 
        13. Gia' con  la  sentenza  n.  3/1957  la  stessa  Corte  ha
spiegato che i limiti dei principi e  criteri  direttivi,  del  tempo
entro il quale puo' essere emanata  la  legge  delegata,  di  oggetti
definiti,  servono  da  un  lato  a  circoscrivere  il  campo   della
delegazione, si' da evitare che la delega venga  esercitata  in  modo
divergente  dalle  finalita'  che   la   determinarono,   e   devono,
dall'altro, consentire al potere delegato la possibilita' di valutare
le particolari situazioni giuridiche della  legislazione  precedente,
che nella legge delegata deve  trovare  una  nuova  regolamentazione;
pertanto la delegazione e' accompagnata da limiti che  si  riflettono
sulla  legge  delegata,  la  cui   legittimita'   costituzionale   e'
subordinata  alla  conformita'  della  norma  delegata   alla   norma
delegante; con la conseguenza che il  giudizio  sulla  conformita'  o
divergenza porta  a  considerare  l'eccesso  di  delega  come  figura
comprensiva della mancanza, anche parziale, di  delegazione,  nonche'
l'uso del potere normativo da parte  del  Governo  oltre  il  termine
fissato, ovvero in contrasto con i predeterminati criteri direttivi o
per uno scopo estraneo a quello per cui la  funzione  legislativa  fu
delegata; 
        14. Ha poi ulteriormente chiarito (sentenza n.  98/2008)  che
il controllo  della  conformita'  della  norma  delegata  alla  norma
delegante richiede  un  confronto  fra  gli  esiti  di  due  processi
ermeneutici  paralleli,  l'uno  relativo  alla  norma  che  determina
l'oggetto, i principi e i criteri  direttivi  della  delega,  l'altro
relativo  alla  norma  delegata,  da  interpretare  nel   significato
compatibile con questi ultimi;  sebbene  la  delega  legislativa  non
escluda  ogni  discrezionalita'  del  legislatore  delegato,  occorre
valutare  se  il  legislatore  abbia   ecceduto   tali   margini   di
discrezionalita', individuando la ratio della delega, per  verificare
se la norma delegata sia con questa coerente; 
        15. La  necessaria  coerenza  tra  legge  delegante  e  legge
delegata appare nel caso in esame dubbia per  la  previsione  di  una
limitazione di  tutela  non  prevista  nella  norma  delegante  e  di
individuazione incerta; 
        16. Pertanto, in conclusione, nella presente  fattispecie  di
destituzione    per     motivi     disciplinari     di     lavoratore
autoferrotranviario assunto dopo  l'entrata  in  vigore  del  decreto
legislativo  4  marzo  2015,  n.  23  («Disposizioni  in  materia  di
contratto di lavoro a tempo  indeterminato  a  tutele  crescenti,  in
attuazione della legge 10  dicembre  2014,  n.  183»)  e  di  dedotta
nullita' del procedimento disciplinare ai sensi degli articoli  53  e
54 regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, questa Corte: 
          ritiene  rilevante  e  non  manifestamente   infondata   la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma  1,
decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, in riferimento  all'art.  76
Cost., nella parte in cui prevede che il giudice, «con  la  pronuncia
con  la  quale  dichiara  la  nullita'  del   licenziamento   perche'
discriminatorio (...) ovvero perche' riconducibile agli altri casi di
nullita' espressamente previsti dalla  legge,  ordina  al  datore  di
lavoro (...) la reintegrazione del lavoratore nel  posto  di  lavoro,
indipendentemente dal motivo formalmente addotto»; 
          solleva  questione  di  legittimita'   costituzionale,   in
riferimento all'art. 76 Cost. ed altri eventuali parametri  derivati,
della delimitazione della tutela reintegratoria ai casi  di  nullita'
«espressamente previsti della legge»,  per  contrasto  con  la  norma
della legge-delega (legge 10 dicembre 2014, n. 183, art. 1, comma  7,
lettera c), che dispone che il legislatore delegato  preveda  per  le
nuove assunzioni, la limitazione del «diritto alla reintegrazione  ai
licenziamenti nulli e discriminatori e a  specifiche  fattispecie  di
licenziamento disciplinare ingiustificato»; 
          sospende il presente giudizio; 
          ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza
sia notificata alle parti del giudizio  di  cassazione,  al  pubblico
ministero presso questa Corte ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
          ordina,  altresi',  che   la   presente   ordinanza   venga
comunicata  dal  Cancelliere  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento; 
          dispone l'immediata trasmissione  degli  atti,  comprensivi
della documentazione attestante il perfezionamento  delle  prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.