TRIBUNALE PENALE DI ROMA Sezione G.I.P. - G.U.P. Ufficio 14 Il Giudice per le indagini preliminari, dott. Roberto Ranazzi; Visti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe nei confronti di: 1) T. S., nato in ... nel ..., titolare di documento di identificazione militare n. ..., generale della Polizia presso Dipartimento di sicurezza nazionale, irreperibile (decreto del 28 gennaio 2020), assistito e difeso dall'avv. Paola Armellini, di ufficio del Foro di Roma; 2) A. K. M. I. nato in ... nel ..., titolare di documento di identificazione militare n. ..., colonnello attualmente direttore di ispezione presso la direzione della sicurezza di ..., gia' Capo delle investigazioni giudiziarie del..., irreperibile (decreto del 28 gennaio 2020) assistito e difeso dall'avv. Tranquillino Sarno, di ufficio, del Foro di Roma; 3) U. H., colonnello nato in ... nel ..., titolare di documento di identificazione militare n. ..., attualmente in servizio presso la Direzione passaporti e immigrazione, gia' in forza presso la Direzione di sicurezza nazionale (National Security), irreperibile (decreto del 28 gennaio 2020), assistito e difeso dall'avv. Filomena Pollastro, del Foro di Roma; 4) M. I. A. S., nato in ... il ..., Maggiore in servizio presso la Sicurezza nazionale (National Security), irreperibile (decreto del 28 gennaio 2020), assistito e difeso dall'avv. Anna Lisa Ticconi, di ufficio, del Foro di Roma. Imputati: a) delitto di cui articolo 110, 605, primo e secondo comma, n. 2), 61 n. 1), e 4), c.p. perche' in concorso tra loro e con altri soggetti allo stato non identificati, a seguito della denuncia presentata, negli uffici della National Security, da S...., rappresentante del sindacato indipendente dei venditori ambulanti de..., dopo avere osservato e controllato, direttamente ed indirettamente, dall'autunno ... alla sera del ... dottorando italiano della Cambridge University, abusando delle loro qualita' di pubblici ufficiali egiziani, lo bloccavano all'interno della metropolitana de... e, dopo averlo condotto contro la sua volonta' ed al di fuori di ogni attivita' istituzionale, dapprima presso il Commissariato di ..., e successivamente presso un edificio a ..., lo privavano della liberta' personale per nove giorni. In Egitto, ...dal... al... Per il solo M. I. A. S., anche le seguenti imputazioni: b) delitto di cui agli articoli 110, 582, 583, n. 2, 585 in relazione all'art. 576 n. 2) e 61 n. 1), 4) e 9), c.p. perche' dopo aver posto in essere il delitto, di cui al capo che precede, in concorso con soggetti, allo stato non identificati, per motivi abietti e futili e abusando dei loro poteri, con crudelta', cagionava a ... lesioni, che gli avrebbero impedito di attendere alle ordinarie occupazioni per oltre quaranta giorni nonche' comportato l'indebolimento e la perdita permanente di piu' organi, seviziandolo, con acute sofferenze fisiche, in piu' occasioni ed a distanza di piu' giorni: attraverso strumenti dotati di margine affilato e tagliente ed azioni con meccanismo urente, con cui gli cagionavano numerose lesioni traumatiche a livello della testa, del volto, del tratto cervico-dorsale e degli arti inferiori; attraverso ripetuti urti ad opera di mezzi contundenti (calci o pugni e/o l'uso di strumenti personali di offesa, quali bastoni, mazze) e meccanismi di proiezione ripetuta del corpo dello stesso contro superfici rigide ed anelastiche con cui gli cagionavano: frattura degli elementi dentari 11, 12, 31, 41 e 42; frattura della scapola di sinistra e di destra; frattura dell'omero di destra; frattura composta di ossa del trapezio e del trapezoide capitato e dell'uncinato polso destro; frattura della falange prossimale del II dito di destra; frattura della base del I metacarpo di sinistra; frattura del III medio della falange prossimale del I dito di sinistra; frattura base del V metatarso di destra; frattura del III distale del V metatarso di destra; frattura della falange prossimale del V dito di destra; frattura della testa del perone di destra; distacco corticale dell'apice del perone di sinistra. In Egitto, ..., dal... al..., c) delitto di cui agli articoli 110, 575, 576 n. 2), 61 n. 1), 2), 4), e 9), c.p., perche', nelle circostanze di tempo e di luogo di cui ai precedenti capi e dopo aver posto in essere i delitti di cui sopra, in concorso con soggetti allo stato non identificati, al fine di occultare la commissione dei delitti suindicati, abusando dei suoi poteri di pubblico ufficiale egiziano, con sevizie e crudelta', mediante una violenta azione contusiva, esercitata sui vari distretti corporei cranico-cervicodorsali, cagionava imponenti lesioni di natura traumatica a ...da cui conseguiva una insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava a morte. Il corpo veniva, poi, rinvenuto il ... lungo la .... In ..., ...., in epoca ricompresa tra il ... e il... All'udienza del 3 aprile 2023, il Procuratore della Repubblica di Roma sollevava questione di costituzionalita' dell'art. 420-bis codice di procedura penale (come riformato dall'art. 23, comma 1, lettera C) del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150) nei seguenti termini: «Si chiede di dichiarare la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita', in riferimento agli articoli 3, 10, 11, 24, 111, 117 della Costituzione, dell'art. 420-bis codice di procedura penale- in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e alla direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 in materia di effettivita' del diritto alla celebrazione del processo sia per le vittime di reato sia per l'accusato - nella parte in cui non prevede che si possa procedere "in assenza" dell'accusato nei casi in cui la formale mancata conoscenza del procedimento dipenda dalla mancata assistenza giudiziaria da parte dello Stato di appartenenza o di residenza dell'accusato stesso». Il Procuratore della Repubblica illustrava oralmente la richiesta e depositava una memoria scritta. Sulla questione di costituzionalita', l'Avvocato generale dello Stato in rappresentanza della costituenda parte civile Presidenza del Consiglio dei ministri, si riportava ad una memoria scritta, aggiungendo di condividere in pieno le argomentazioni del pubblico ministero e che tuttavia le stesse potevano condurre ad una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa sull'assenza, tale da consentire la dichiarazione di assenza degli imputati senza necessita' di rimettere la questione alla Corte costituzionale. L'Avv. Alessandra Ballerini in rappresentanza delle costituende parti civili ... e ... (rispettivamente padre, madre e sorella della vittima dei reati, ...), insisteva per la dichiarazione di assenza degli imputati alla luce della riforma dell'art. 420-bis codice di procedura penale chiedendo di poter produrre una memoria scritta e nel contempo produceva documentazione relativa ad articoli giornalistici in lingua araba, che hanno dato risalto al processo «...» che si svolge in Italia. Le difese degli imputati chiedevano un termine per contro-dedurre rispetto alla questione di costituzionalita' sollevata dal Procuratore della Repubblica. Il Giudice si riservava sulla questione di costituzionalita' e sulle richieste delle costituende parti civili, autorizzando il deposito fuori udienza di memorie scritte nel termine di trenta giorni; quindi rinviava per sciogliere la riserva all'udienza del 31 maggio 2023. Nel termine assegnato i difensori degli imputati congiuntamente depositavano una memoria scritta con la quale chiedevano il rigetto delle richieste del pubblico ministero e delle costituende parti civili ed emissione della sentenza di non doversi procedere ai sensi dell'art. 420-quater codice di procedura penale e dell'art. 89 delle disposizioni transitorie in materia di assenza. All'odierna udienza il Giudice dell'udienza preliminare ha pronunciato la seguente ordinanza. Premessa. In data 20 gennaio 2021 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma chiedeva il rinvio a giudizio di T. S., A. K. M. I., U. H. e M. I. A. S., cittadini egiziani dichiarati irreperibili con decreti del 28 gennaio 2020, in relazione alla imputazione di cui sopra. Il 25 maggio 2021 il giudice dell'udienza preliminare, verificata la regolarita' delle notifiche eseguite ai sensi dell'art. 159 codice di procedura penale, disponeva, con ordinanza ex art. 420-bis c.p.p., di procedere in assenza degli imputati, gia' dichiarati irreperibili, e, ritenute la giurisdizione dello Stato italiano, la competenza del Tribunale di Roma, la corretta identificazione degli imputati dichiarava l'assenza e disponeva il rinvio a giudizio degli imputati dinanzi alla Corte d'assise di Roma per l'udienza del 14 ottobre 2021. Il GUP con riferimento alla dichiarazione di assenza riteneva che gli imputati, agenti della National Security egiziana, avessero acquisito piena consapevolezza dell'esistenza del procedimento a loro carico per il sequestro e l'uccisione di ..., e si fossero volontariamente sottratti alla conoscenza formale degli atti assunti nel corso del procedimento, non rendendo possibili le relative notifiche. Il GUP, in particolare rilevava che: a) a seguito di rogatoria attiva del pubblico ministero procedente, gli indagati erano stati sentiti piu' volte dalla magistratura egiziana come persone informate sui fatti e, in quelle sedi, avevano acquisito contezza dell'esistenza di un procedimento penale instaurato in Italia a seguito della morte di ...; b) la notizia della pendenza del procedimento, e principalmente degli atti assunti dal Pubblico ministero ex art. 415-bis codice di procedura penale (prodromici alla richiesta di rinvio a giudizio del 20 gennaio 2021), la stessa richiesta di rinvio a giudizio e la data fissata per l'udienza preliminare, erano stati oggetto di una notevole diffusione mediatica internazionale, oggettivamente straordinaria, tale da poter ritenere che il processo a carico dei quattro imputati potesse essere considerato «fatto notorio»; c) gli apparati investigativi egiziani erano a conoscenza degli sviluppi e dell'esito del procedimento italiano, come comprovato dalle numerosissime riunioni espletate al riguardo, nel corso del tempo, dal cd. «team investigativo congiunto» italo-egiziano, e dal contenuto del «memorandum» redatto dalla Procura generale egiziana in data ..., contenente la descrizione e la confutazione degli elementi di prova raccolti dalla Procura di Roma; d) gli indagati, inoltre, erano stati ripetutamente invitati, senza che vi fosse stato alcun seguito, ad eleggere domicilio in Italia, secondo la previsione dell'art. 169 c.p.p. per via rogatoriale (con istanza di rogatoria trasmessa il 30 aprile 2019 dal pubblico ministero procedente alla Procura generale egiziana, ripetutamente sollecitata oralmente e a mezzo posta elettronica il 22 gennaio 2020, il 1° luglio 2020, il 17 settembre 2020 e il 20 novembre 2020) e per via diplomatica (con missiva inviata il 21 gennaio 2020 alla stessa Procura generale egiziana dall'ambasciatore italiano, contenente il fermo appello, affinche' la Procura di Roma fosse messa in condizione di «ricevere l'informazione relativa all'indirizzo ove inviare gli atti di notificazione agli ufficiali della National Security inclusi nella lista degli indagati»). All'udienza dibattimentale del 14 ottobre 2021, preliminarmente, la Corte d'assise di Roma dichiarava la nullita' della declaratoria di assenza e del conseguente decreto che dispone il giudizio, del 25 maggio 2021, ordinando la restituzione degli atti al GUP. La Corte, ricostruiva il quadro normativo interno e sovranazionale sul processo in absentia alla luce della giurisprudenza costituzionale, di legittimita' e della Corte europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (Corte EDU), evidenziando in particolare le argomentazioni della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, n. 23949 del 2020, ... , e quelle della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo,.... c. Italia, del 10 novembre 2004. La Corte d'assise sottolineava che l'unica ipotesi per procedere in absentia, senza che l'imputato avesse ricevuto la notifica a mani proprie o che vi fosse la conoscenza effettiva della vocatio in iudicium, era la volontaria sottrazione «alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento, tratta da condotte positive non tipizzate e da accertarsi in fatto. In punto di fatto, la Corte rilevava che gli indici fattuali, valorizzati in udienza preliminare per dedurre in via indiziaria l'effettiva conoscenza del procedimento da parte degli imputati e gli elementi ulteriori rappresentati dal pubblico ministero con memoria, non erano idonei, pur congiuntamente considerati, a dare prova certa dell'effettiva conoscenza da parte degli imputati dell'imputazione, della pendenza di un processo a loro carico e della vocatio in iudicium, indispensabili ai fini della dichiarazione di assenza. In sostanza, si era in presenza di dati presuntivi, dai quali era possibile inferirsi soltanto la generica conoscenza, da parte degli imputati, dell'esistenza di un procedimento penale nei loro confronti per gravi reati in danno del ricercatore Giulio Regeni, e, senza la dimostrazione con ragionevole grado di certezza, di una conoscenza sufficiente dell'azione penale e delle accuse, non si poteva neanche concludere che gli imputati avessero tentato di sottrarsi alla giustizia o avessero rinunciato in maniera non equivoca al loro diritto di partecipazione al giudizio. Gli elementi valorizzati dal GUP per la Corte d'assise erano indubbiamente dimostrativi di assenza di leale collaborazione dell'Autorita' giudiziaria egiziana, e in particolare della Procura egiziana costituente un'articolazione del potere esecutivo secondo l'ordinamento interno. Il pubblico ministero infatti aveva anche lamentato omissioni, ritardi, rifiuti opposti dalle Autorita' egiziane alle richieste di cooperazione e addirittura l'interruzione di ogni cooperazione dopo l'iscrizione degli imputati nel registro delle notizie di reato nonche' il rifiuto di dar corso alla richiesta di rogatoria della magistratura italiana. Corte d'assise, pur riconoscendo la sistematica inerzia delle Autorita' egiziane rispetto alle richieste italiane e il dato che gli imputati per essere, all'epoca dei fatti, appartenenti ad apparati di polizia governativi fossero nelle condizioni di conoscenza privilegiata delle fonti informative e delle interlocuzioni tra gli Stati, italiano ed egiziano, sottolineava che non vi era alcuna evidenza che gli imputati avessero avuto un ruolo, anche solo morale, nelle eventuali determinazioni delle massime Autorita' egiziane di prestare una collaborazione sleale ovvero nel negare la collaborazione, si da addebitare loro i contestati comportamenti in sede di cooperazione. La carenza dei presupposti per incardinare il processo comportava pertanto un insanabile pregiudizio per il diritto della difesa ad un equo processo, ai sensi degli articoli 24 e 111 Cost. e 6 Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (Convenzione EDU), e dava luogo alla nullita' per violazione del contraddittorio di carattere assoluto, ai sensi dell'art. 179 c.p.p. Nel corso della nuova udienza preliminare, svoltasi il 10 gennaio 2022, il GUP, nuovo assegnatario del procedimento, in esito alla disposta restituzione degli atti, con l'ordinanza della Corte di assise, nella fase della costituzione delle parti riteneva di non poter accogliere la richiesta del pubblico ministero e delle costituende parti civili di dichiarare l'assenza degli imputati, atteso che in caso di «contrasto» tra il giudice dell'udienza preliminare e il giudice del dibattimento prevale la decisione di quest'ultimo ex art. 28 c.p.p.». Conseguentemente, il GUP disponeva la notifica personale agli imputati dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, della richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero e del verbale di udienza rinviando il procedimento all'11 aprile 2022. Con l'ordinanza il GUP disponeva nuove ricerche a mezzo della polizia giudiziaria, per accertare il luogo di residenza e/o di domicilio e/o di lavoro ove rintracciare gli imputati ai fini delle notifiche, autorizzandoli a tal fine ad avvalersi delle banche dati delle forze dell'ordine, di fonti informative pubbliche o private, di «fonti aperte», dei dati disponibili sulle utenze telefoniche, sulle altre utenze intestate agli imputati, o sui social network ovvero attraverso fonti informative riservate o confidenziali ma degne di fede. All'udienza dell'11 aprile 2022 il Gup disponeva «la sospensione del processo ex art. 420-quater, comma 2, c.p.p., per il perdurante stato di irreperibilita' degli imputati, in quanto non era stato possibile rintracciarli per procedere alle suddette notifiche, come risultava dalla nota del Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia del ... e dalla nota del R.O.S. Carabinieri Reparto antiterrorismo 4ª sezione, del ..... Il procedimento veniva quindi rinviato all'udienza del 10 ottobre 2022, disponendosi la citazione del Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, al fine di conoscere gli esiti dei chiarimenti richiesti il 22 marzo 2022 alla Procura generale della Repubblica Araba d'Egitto; contestualmente venivano anche rinnovate le ricerche a mezzo del R.O.S. Carabinieri-Reparto antiterrorismo 4ª sezione, secondo quanto gia' indicato nell'ordinanza del 10 gennaio 2022, con eventuale notifica agli imputati degli indicati atti presso i luoghi di residenza o di dimora all'estero (in Egitto). Il G.U.P. con ordinanza, decidendo sulle istanze del pubblico ministero e delle costituende parti civili che chiedevano di non sospendere il procedimento, osservava che l'attesa risposta della Procura generale della Repubblica Araba d'Egitto atteneva non «agli accertamenti di polizia giudiziaria volti a superare la irreperibilita' degli imputati, bensi' alla mancata collaborazione dell'Autorita' giudiziaria egiziana rispetto alla richiesta di assistenza giudiziaria internazionale avanzata dalle Autorita' italiane». Inoltre, riteneva pretestuose le argomentazioni della Procura generale egiziana, che aveva evocato l'applicazione del principio del ne bis in idem per avere adottato essa stessa un provvedimento di chiusura delle indagini ovvero di archiviazione, denominato «Memorandum della Procura generale sulla scomparsa e la morte della vittima italiana, ....», datato.... Infatti, il provvedimento non era stato adottato da un giudice ma dal pubblico ministero, non aveva natura di sentenza, ed era successivo alla rogatoria del pubblico ministero italiano datata 30 aprile 2019 (addirittura posteriore di un anno e otto mesi). Peraltro, non era indicata la normativa egiziana sul ne bis in idem e non vi era neppure un riferimento ad eventuali fonti normative internazionali. Era dunque un fatto accertato non altrimenti superabile, il rifiuto di collaborazione dell'Autorita' giudiziaria egiziana. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma proponeva ricorso per cassazione avverso l'indicata ordinanza in data11 aprile 2022, e i provvedimenti presupposti di cui si era data lettura nel corso dell'udienza preliminare, deducendo con unico articolato motivo, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lettera b), c.p.p., inosservanza e/o erronea applicazione dell'art. 420-bis c.p.p. e nullita' dell'ordinanza di sospensione del procedimento perche' atto abnorme, avendo determinato, unitamente ai provvedimenti di cui costituiva effetto consequenziale, la stasi del procedimento e l'impossibilita' di proseguirlo. Con sentenza del 15 luglio 2022, n. 2322, la Cassazione I sez., dichiarava inammissibile il ricorso (motivazione depositata in data 9 febbraio 2023). All'udienza del 10 ottobre 2022, venivano sentiti il Tenente Colonnello ...del ROS CCdi Roma, sull'esito negativo delle ricerche e degli accertamenti finalizzati al rintraccio degli imputati nonche' il Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia dott. ..., in merito ai chiarimenti richiesti dal Ministero della giustizia alla Procura generale della Repubblica Araba d'Egitto in data 22 marzo 2022; quindi su richiesta del pubblico ministero, delle costituende parti civili e dei difensori degli imputati, il giudice rinviava all'udienza del 13 febbraio 2023, per conoscere le motivazioni della sentenza della Corte di cassazione non ancora depositate. Si riportano di seguito alcuni passi della relazione a firma del dott. ..., esplicativi dei vani sforzi fatti dal Ministero della giustizia italiano per ottenere assistenza giudiziaria o comunque collaborazione dalle Autorita' egiziane, ai fini del rintraccio e della notifica degli atti processuali ai quattro imputati. Nei giorni immediatamente successivi all'udienza preliminare (del 14 ottobre 2021), sono state compiute le seguenti attivita': a) in data ... il Ministero della giustizia ha partecipato ad una riunione di coordinamento presso la Farnesina, dando la disponibilita' immediata a predisporre una missione tecnica che si rechi a Il Cairo per interloquire con le autorita' egiziane; b) in data ... 1'Ufficio di Cooperazione giudiziaria internazionale del Ministero della giustizia ha sollecitato formalmente le Autorita' egiziane ad acquisire e trasmettere, entro la fine del mese di marzo, le informazioni richieste dall'autorita' giudiziaria italiana; c) in data ... l'Ambasciatore italiano a Il Cairo trasmetteva al Dipartimento per gli affari europei del Ministero degli affari esteri egiziano la Nota Verbale volta a reiterare presso le competenti autorita' egiziane la necessita' di un riscontro alla richiesta di assistenza giudiziaria formulata dalla Procura di Roma nel 2019; d) in data ... la Ministra della giustizia trasmetteva all'omologo egiziano una lettera con la quale veniva proposto un incontro a livello politico, preceduto da meeting tecnico, per discutere del caso e porre le fondamenta per una futura collaborazione in ambito giudiziario, anche al fine di stipulare accordi di assistenza reciproca. Dopo l'invio della lettera della Ministra, sono stati formalmente avviati numerosi contatti allo scopo di organizzare il duplice incontro prospettato per dare seguito alle richieste dell'ordinanza del Tribunale di Roma: il primo a livello tecnico, tra una delegazione del Dipartimento per gli affari di giustizia e una dell'omologo o degli omologhi uffici egiziani; il secondo a livello politico-diplomatico, tra i due Ministri della giustizia. Tali contatti sono stati portati avanti sia direttamente dai competenti uffici del Ministero della giustizia con l'invio di note all'autorita' giudiziaria egiziana (datate ....) sia attraverso i canali diplomatici con il sostegno della nostra Ambasciata al Cairo, la quale ha svolto diversi passi ufficiali nei confronti delle competenti autorita' egiziane: il 24 gennaio incontro dell'Ambasciatore italiano al Cairo ...., con il Capo Dipartimento cooperazione internazionale del Ministero della giustizia egiziano, Giudice ...; che ricopre anche la carica di Vice Presidente della Corte di cassazione egiziana; il .... Nota Verbale indirizzata al Ministero della giustizia egiziano ... con la quale si trasmetteva la lettera del Capo Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia italiano, Dr ...(datata ...), indirizzata al Capo Dipartimento.... In data ..., la Ministra ... ha incontrato a Roma l'Ambasciatore i per un punto di situazione e coordinare in modo congiunto i passi successivi da compiersi. In seguito, il ... si e' svolto al Cairo un incontro fra l'Ambasciatore ... e l'Assistant ... per gli Affari europei egiziano, ..., durante il quale da parte italiana e' stata sollecitata una risposta alle nostre pressanti richieste. A tali contatti formali, debbonsi aggiungere anche quelli condotti dai competenti uffici del Ministero della giustizia con le controparti del Ministero della giustizia egiziano per il tramite di scambi di comunicazioni via posta elettronica allo scopo di sollecitare il duplice incontro di cui sopra e' cenno. Ad oggi, nonostante i ripetuti passi svolti dal nostro Ambasciatore al Cairo, il Ministro della giustizia egiziano non ha ancora fornito un riscontro alla lettera del ... della Ministra ... E' invece stata effettuata dal ... scorso una missione di livello tecnico in Egitto, fortemente voluta dalla Ministra ... per stabilire un contatto diretto fra il Ministero della giustizia italiano e quello egiziano. La delegazione del Ministero della giustizia italiano, composta dal Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, dal direttore generale degli affari internazionali e della cooperazione giudiziaria, dal Consigliere diplomatico della sig.ra Ministra e dal nostro Ambasciatore al Cairo, ha dapprima incontrato il Capo del Dipartimento della cooperazione internazionale e culturale del Ministero della giustizia egiziano (...), unitamente al Vice Ministro per gli affari europei del Ministero degli esteri egiziano (...), subito dopo, al fine di rendere piu' proficua la missione e non lasciare nessuna strada inesplorata, la delegazione ministeriale ha voluto incontrare soprattutto il Capo della Direzione della cooperazione internazionale e della Direzione dei diritti umani della Procura generale della Repubblica Araba d'Egitto, nonche' capo del pool .... costituito nell'ambito della stessa Procura generale per lo svolgimento delle indagini sulla morte del connazionale. Negli incontri sopra menzionati e' stato chiarito che dal lato egiziano la competenza sulla rogatoria in oggetto, nonche' sulle varie fasi della sua procedura, dalla ricezione all'esecuzione, spetta solo ed esclusivamente alla Procura generale. Ne' il Ministero della giustizia ne' il Ministero degli esteri egiziani, come da loro stessi espressamente riconosciuto, hanno mai compiuto qualsivoglia attivita' relativa alle rogatorie attinenti all'omicidio di ... . Il rappresentante del Ministero della giustizia egiziano, il giudice ..., ha infatti illustrato che, secondo l'ordinamento egiziano, in assenza di un accordo bilaterale di cooperazione giudiziaria con un altro Paese non e' il dicastero della giustizia competente a trattare casi di cooperazione giudiziaria internazionale (incluse dunque anche la trattazione delle rogatorie passive) bensi' direttamente la Procura generale. Cio' premesso, si rappresenta che nel corso dell'incontro avuto col sopra citato ... a fronte delle insistenti richieste italiane di ricevere gli indirizzi dei quattro odierni imputati egiziani nel procedimento penale italiano - al fine di poter consentire le notifiche agli imputati stessi nel procedimento in questione e quindi per permettere l'iter giudiziario, a tutela delle vittime e per l'accertamento di fatti e responsabilità- costui ha insistentemente riferito che la Procura generale egiziana ha gia' svolto indagini nei confronti degli stessi quattro odierni imputati nel procedimento italiano. Indagini conclusesi, in data ..., con un decreto di archiviazione. Nello specifico durante l'incontro, ... ha ripercorso tutti i passaggi delle indagini svolte dalle autorita' egiziane e le tappe del procedimento giudiziario avvenuto al ... sulla morte del connazionale .... Ha altresi' mostrato alla delegazione italiana il rapporto, letteralmente denominato memorandum sul caso della Procura generale [. ..] sulla scomparsa e la morte della vittima italiana .... Accanto al memorandum, datato..., il giudice ... ha anche attirato l'attenzione della delegazione italiana sulla decisione, anch'essa datata ..., firmata ed emessa dalla Procura generale egiziana, da intendersi come un decreto di archiviazione, la quale esplicita la seguente conclusione: «Il Procuratore generale, dopo la presentazione degli atti, ordina l'approvazione delle raccomandazioni del memorandum della Procura generale datato .... «sul Caso n. ... del... Amministrativo». La Procura generale egiziana ritiene che questo provvedimento abbia natura decisoria irrevocabile, ovvero che si tratti, con particolare riferimento alla posizione giuridica dei quattro imputati, di una decisione giudiziaria non piu' suscettibile di impugnazione e che preclude la riapertura di un procedimento nei confronti degli stessi quattro indagati.... ... Conseguentemente, sempre secondo quanto riferito dalle Autorita' egiziane, l'esecuzione della richiesta di assistenza giudiziaria formulata dalla Procura di Roma sarebbe preclusa dall'applicazione del principio del ne bis in idem, sancito dall'ordinamento interno egiziano e dalle Convenzioni internazionali delle quali l'Egitto e' parte. Sulla scorta degli elementi rappresentati dalla Procura generale, il Ministero della giustizia ha richiesto, dapprima oralmente nel corso dell'incontro e poi con un'articolata e dettagliata richiesta scritta, datata ..., chiarimenti in merito ad alcune questioni di particolare interesse che sarebbero a fondamento del rifiuto da parte egiziana di prestare assistenza alle autorita' italiane. In particolare, e' stato chiesto alle Autorita' egiziane di: a) chiarire se i casi n. ... e n. ...menzionati nell'intestazione del ... memorandum, abbiano dato luogo a dei veri e propri procedimenti penali, oppure a dei meri procedimenti amministrativi; b) chiarire se il divieto del bis in idem possa valere, secondo la legge egiziana, anche qualora il primo procedimento si sia concluso con un mero provvedimento d'archiviazione, e quale sia, nell'ordinamento egiziano. il fondamento giuridico di tale principio; c) chiarire se le quattro persone imputate nel procedimento penale italiano siano state informate,o meno, della tendenza a loro carico del procedimento nell'ambito del quale e' stato redatto il piu' volte citato memorandum e se siano state altresi' informate della pendenza di un procedimento penale a loro carico in Italia; d) chiarire se nella legge egiziana vi sia una disposizione che esplicitamente attribuisca al divieto del bis in idem la valenza di causa di rifiuto dell'assistenza giudiziaria chiesta da un altro Stato: e) verificare se il soggetto che nel memorandum in data ... e' indicato come ... sia la stessa persona o persona diversa dal soggetto indicato come... e, in caso negativo, quale sia, per il suddetto ..., la ragione del rifiuto dell'assistenza chiesta dalla Procura della Repubblica di Roma; f) trasmettere copia di tutte le rilevanti disposizioni della legge egiziana, possibilmente accompagnate dalla relativa traduzione in lingua italiana. A tali richieste, formalmente sollecitate in data ... dal Capo Dipartimento per gli affari di giustizia, il Ministero della giustizia egiziano ha risposto soltanto in data ... con una laconica nota, nella quale si afferma che la Procura generale egiziana aveva risposto che tutte le richieste di informazioni riportate nella richiesta del Ministero della giustizia italiano erano state dettagliatamente trattate nel decreto della Procura generale egiziana del ... sul predetto procedimento. I - considerazione del fatto che la nota del Ministero della giustizia italiano, datata ...conteneva la richiesta di acquisire informazioni che non sono contenute nel decreto di archiviazione della Procura generale egiziana, e che afferiscono, in buona parte, alla normativa processuale e penale, egiziana, il direttore generale degli Affari internazionali e della cooperazione giudiziaria reiterava formalmente alle Autorita' egiziane, in data ..., la richiesta di fornire le informazioni richieste. Ad oggi anche questo ulteriore sollecito e' rimasto senza esito. La ricostruzione della attivita' svolta dal Ministero della giustizia, esposta dal dott. ..., evidenzia in modo significativo le volonta' delle Autorita' di Governo egiziana e della Procura generale del ... di non prestare alcuna collaborazione al Ministero della giustizia e alla Autorita' giudiziaria italiana per il processo a carico dei quattro imputati in ordine al sequestro di persona e alla morte di ...; Emblematico al riguardo e' il rifiuto di collaborazione argomentato con il principio del ne bis in idem. Infatti, il provvedimento che ha archiviato le indagini per la morte di ...(Memorandum, datato....), e' stato adottato dal Procuratore Generale del ..., e quindi non da un giudice terzo, ma dallo stesso organo che ha svolto le indagini, che peraltro nell'ordinamento della Repubblica Araba di Egitto non e' indipendente e autonomo rispetto al Governo. Non vi e' stato pertanto nessun processo in Egitto a carico dei quattro imputati, e non e' stato emesso alcun provvedimento da un Giudice terzo rispetto al Procuratore del Cairo. Come gia' e' stato scritto nella ordinanza di sospensione del procedimento, le argomentazioni dell'Autorita' giudiziaria egiziana appaiono quantomeno pretestuose e significative della volonta' di non far processare in Italia i quattro ufficiali della National Security egiziana. In data 30 dicembre 2022 e' entrata in vigore la «Riforma Cartabia» che ha introdotto il nuovo testo dell'art. 420-bis c.p., prevedendo altresi' che il GUP provveda con sentenza di non doversi procedere ex art. 420-quater c.p.p. per mancata conoscenza della pendenza del processo. All'udienza del 13 febbraio 2023, preso atto dell'ulteriore esito negativo delle ricerche compiute dalle Forze dell'Ordine per reperire gli imputati, nonche' della motivazione della sentenza Cass. Sez. I n. 2322 del 2022, con la quale era stata dichiarata l'inammissibilita' dell'impugnazione proposta dal pubblico ministero avverso l'ordinanza di sospensione del processo, sempre su richiesta del pubblico ministero e dei difensori, veniva disposto un rinvio per esaminare i contenuti del provvedimento della Corte di cassazione e per prendere posizione sulle eventuali implicazioni giuridiche anche alla luce della recente entrata in vigore della c.d. riforma «Cartabia». Inoltre, su richiesta dell'avv. Alessandra Ballerini ai sensi dell'art. 420-bis comma 2 codice di procedura penale nuovo testo, il GUP disponeva di ascoltare il Presidente del Consiglio dei ministri on. ... e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale on. ... , in ordine alle rassicurazioni e promesse ricevute da parte del Presidente circa la sua volonta' di collaborare con le Autorita' italiane per la risoluzione del «caso...». All'esito dell'udienza il GUP rinviava al 3 aprile 2023. A seguito di nota scritta dell'Avvocatura generale dello Stato, in data 1° marzo 2023, la citazione del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, veniva revocata con ordinanza del 3 marzo 2023 notificata agli avvocati e al pubblico ministero. In particolare il GUP prendeva atto delle argomentazioni dell'Avvocatura generale dello Stato, di cui si riporta la parte piu' significativa: «"..., il contenuto dei suddetti colloqui si inscrive nell'ambito delle relazioni di politica internazionale intrattenute tra la Repubblica italiana e la Repubblica Araba d'Egitto, e riguarda, quindi, attivita' svolta nell'esercizio di una delle piu' rilevanti prerogative dell'azione di Governo, nella sua piu' specifica accezione di politica estera. E, invero, secondo la prassi internazionale costantemente applicata dagli Stati, i contenuti dei colloqui, bilaterali o plurilaterali, fra i rappresentanti di Governo non possono essere divulgati se non attraverso comunicati congiunti e condivisi. La divulgazione dei medesimi contenuti, senza il consenso dello Stato estero interessato, potrebbe, pertanto, incidere sulla credibilita' dell'Italia nella Comunita' internazionale. Ne consegue che il Presidente del Consiglio dei ministri ed Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale hanno l'obbligo di astenersi dal riferire notizie riguardanti lo specifico contenuto dei colloqui avuti con il Presidente della Repubblica Araba d'Egitto in quell'occasione. Peraltro, come in precedenza evidenziato, alla scorsa udienza del 13 febbraio 2023, il legale dei famigliari di ...ha gia' prodotto le notizie giornalistiche relative ai comunicati stampa emessi sull'esito del colloqui avuti tra i rappresentanti politici italiani ed egiziani, i quali contengono, dunque, l'interezza dei contenuti dei colloqui suscettibili di divulgazione, rispetto ai quali il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro per gli Affari Esteri e la cooperazione internazionale non potrebbero fornire - per le ragioni sopra esposte - elementi informativi di maggiore dettaglio...»; All'udienza del 3 aprile 2023, il Procuratore della Repubblica chiedeva ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, nei termini sopra esposti; quindi il giudice si riservava fino all'udienza del 31 maggio 2023. All'odierna udienza, il giudice dava atto dell'esito negativo degli accertamenti effettuati dal R.O.S. Carabinieri Reparto Antiterrorismo, sulle quattro utenze telefoniche indicate in via riservata dal difensore della famiglia ..., ritenute riconducibili agli imputati, nonche' sugli indirizzi di posta elettronica anch'essi ritenuti riconducibili agli imputati. In estrema sintesi secondo il R.O.S. per poter avere un riscontro effettivo e attuale sugli utilizzatori delle utenze telefoniche in oggetto e sugli indirizzi di posta elettronica, occorrerebbe pur sempre l'assistenza giudiziaria delle Autorita' egiziane. La sentenza della Corte di cassazione I sez., del 15 luglio 2023, n. 2322, depositata il 9 febbraio 2023. Il pubblico ministero faceva ricorso avverso l'ordinanza del GUP dell'11 aprile 2023 che aveva disposto la sospensione del procedimento con nuove ricerche per il rintraccio degli imputati e la notifica a mani proprie, unitamente alla ordinanza della Corte d'Assise di Roma del 14 ottobre 2021, che aveva dichiarato la nullita' della pregressa dichiarazione di assenza e del decreto che disponeva il giudizio emesso dal GUP dott. Balestrieri, in data 25 maggio 2021. Secondo il pubblico ministero si trattava di provvedimenti abnormi, di cui chiedeva la declaratoria di nullita' e la conseguente restituzione degli atti alla Corte d'assise. La Suprema Corte in sintesi statuiva quanto segue: a) Contrariamente agli assunti del pubblico ministero ricorrente, l'ordinanza impugnata non e' affetta da abnormita'. Anzi, essa- al pari del provvedimento della Corte d'assise di Roma in data 14 ottobre 2021, che ha dichiarato nulla la precedente declaratoria di assenza, e il decreto che dispone il giudizio adottati nei confronti degli imputati all'udienza preliminare del 25 maggio 2021- va esente da qualsivoglia rilievo di legittimita', per essere conforme a diritto l'accertamento delle condizioni giustificative della disposta sospensione del processo. b) La legge, invero, in continuita' con la progressiva introduzione nel sistema processuale penale di regole di maggiore effettivita' di partecipazione al processo sotto la spinta determinante di decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo (... c. Italia del 18 maggio 2004; c. Italia del 10 novembre 2004; ... c. Italia del 25 novembre 2008), ha superato definitivamente il procedimento in contumacia - basato sul mero apprezzamento della regolarita' formale delle notifiche - prevedendo un modello lineare sul piano generale, secondo il quale il giudice procede solo se gli risulti con certezza che l'imputato non si e' presentato in udienza per sua libera scelta, conoscendo il contenuto delle accuse, la data ed il luogo del processo, ovvero la volonta' dello stesso imputato di sottrarsi alla conoscenza del procedimento o di suoi atti. Il presupposto che il giudice proceda avendo certezza che l'imputato sia a conoscenza delle accuse e della vocatio in iudicium, sul quale si basa l'art. 420-bis codice di procedura penale, trova conferma sistematica in plurime disposizioni del codice di rito. In primo luogo, l'art. 420-quater, comma 1, codice di procedura penale, «Sospensione del processo per assenza dell'imputato», dispone che, non ricorrendo i casi previsti dall'art. 420-bis codice di procedura penale, «[...] se l'imputato non e' presente il giudice rinvia l'udienza e dispone che l'avviso sia notificato all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria».... Le problematiche relative al processo in absentia sono state recentemente esaminate dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 23948 del 28 novembre 2019, dep. 2020, ... Rv. 279420)...- «il fondamento del sistema e' che la parte sia personalmente informata del contenuto dell'accusa e del giorno e luogo della udienza e, quindi, [...], il processo in assenza e' ammesso solo quando sia raggiunta la certezza della conoscenza da parte dell'imputato»; l'art. 420-quater codice di procedura penale prevede che, quando il giudice non abbia raggiunto la certezza della conoscenza della chiamata in giudizio da parte dell'imputato, deve disporre la notifica «personalmente ad opera della polizia giudiziaria»... Le Sezioni Unite hanno poi puntualmente rilevato che l'art. 420-bis, comma 2, codice di procedura penale, «per la difesa dai «finti inconsapevoli», valorizz[a], quale unica ipotesi in cui possa procedersi pur se la parte ignori la vocatio in ius, la "volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento"». Hanno a tale riguardo sottolineato che «evidentemente, si deve trattare di condotte positive, rispetto alle quali si rende necessario un accertamento in fatto, anche quanto al coefficiente psicologico della condotta», senza che la disposizione indicata "tipizzi" o consenta di tipizzare alcuna condotta particolare; sicche' «non possono farsi rientrare automaticamente in tale ambito le situazioni comuni quali la irreperibilita', il domicilio eletto etc. Certamente la manifesta mancanza di diligenza informativa, la indicazione di un domicilio falso, pur se apparentemente valido ed altro, potranno essere circostanze valutabili nei casi concreti, ma non possono essere di per se' determinanti, su di un piano solo astratto, per potere affermare la ricorrenza della "volontaria sottrazione"». Cio' perche' «se si esaspera il concetto di "mancata diligenza" sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volonta' di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius per procedere in assenza, si farebbe una mera operazione di cambio di nome e si tornerebbe alle vecchie presunzioni, il che ovviamente e' un'operazione non consentita». c) L'ordinanza del GUP del Tribunale di Roma oggetto di impugnazione e il piu' volte citato provvedimento della Corte di assise di Roma in data 14 ottobre 2021, puntualmente richiamato nell'impugnata ordinanza, hanno fatto buon Governo degli insegnamenti delle Sezioni Unite. Hanno infatti correttamente escluso che, a fondamento della pretesa effettiva conoscenza da parte degli imputati del contenuto dell'accusa e della vocatio in iudicium, possano essere addotti gli elementi valorizzati dal pubblico ministero ricorrente nel corso del procedimento, e ancora dinanzi a questa Corte. Immune da vizi logici o giuridici deve, infatti, ritenersi la valutazione, giustificata in modo assai ampio e articolato dalla Corte di assise, secondo la quale le qualifiche soggettive degli imputati all'interno delle Forze di polizia o degli apparati di sicurezza egiziani, la partecipazione di alcuni di essi al team egiziano incaricato di collaborare con gli inquirenti italiani nel caso ..., il fatto che alcuni di loro siano stati in quella sede sentiti quali persone informate dei fatti circa le indagini svolte in Egitto, e la rilevanza mediatica, anche internazionale, del processo italiano non sono concludenti al fine di ritenere raggiunta la certezza della conoscenza da parte degli imputati del processo a loro carico. Corretta, congrua e priva di profili di illogicita' appare al riguardo la motivazione di detti provvedimenti la' dove, tra l'altro, indica che i primi elementi sono precedenti all'esercizio dell'azione penale in Italia a carico degli imputati e ritiene congetturali e basate su indimostrate presunzioni le opposte valutazioni del pubblico ministero circa una necessaria e generalizzata osmosi informativa all'interno dei servizi di sicurezza egiziani, ovvero in ordine alla necessaria conoscenza che i medesimi imputati avrebbero in ogni caso tratto dai media internazionali, in particolare da quelli in lingua inglese o araba, circa le precise cadenze del processo instaurato in Italia nei loro confronti. d) Il superamento della rappresentata situazione, impeditiva della partecipazione degli imputati al processo, per il cui svolgimento sussiste la giurisdizione italiana, tenuta ad applicare senza strappi il tessuto normativo, garantista e rispettoso dei diritti di tutte le parti processuali secondo le coordinate interpretative consegnate, in tema di giudizio in assenza, dalle Sezioni Unite, appartiene alle competenti Autorita' di Governo, anche alla luce degli obblighi di assistenza e cooperazione per le stesse discendenti dalle Convenzioni internazionali, e, tra queste piu' specificamente, da quella contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti, conclusa a New York il 10 dicembre 1984, ratificata dall'Italia con legge del 3 novembre 1988, n. 498, e dall'Egitto il 25 gennaio 1986. Per completezza, infine, si annota che, alla stregua di quanto fin qui esposto, deve ritenersi non rilevante e manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita' proposto dal Procuratore generale requisente in riferimento agli articoli 420-bis, comma 2, ultimo periodo, e 420-quater codice di procedura penale (rispetto agli articoli 3, 111 e 117 Cost., in relazione all'art. 6 della Convenzione EDU e alla direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato), nella parte in cui l'art. 420-quater codice di procedura penale prevede la sospensione del processo, si sostiene, anche in caso di impossibilita' non reversibile di notificare l'avviso dell'udienza all'imputato, che abbia comunque acquisito conoscenza del procedimento o si sia volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo ai sensi dell'art. 420-bis, comma 2, ultimo periodo, codice di procedura penale, cui consegue una situazione di paralisi processuale per un tempo indefinito. La questione, infatti, da un lato presuppone che gli imputati abbiano comunque acquisito conoscenza del procedimento o si siano sottratti alla conoscenza dello stesso procedimento o di suoi atti, dato questo escluso nel presente giudizio, D'altro lato, tende a provocare il superamento dell'attuale sistema, frutto di lunga e progressiva elaborazione normativa e di consolidata interpretazione giurisprudenziale, anche in sede europea, maturate proprio al fine di renderlo conforme alle esigenze convenzionali e costituzionali. Cosi' facendo, prefigura il superamento, in via giudiziaria, di una pretesa «paralisi processuale», che, nel caso di specie, non deriva dai provvedimenti giudiziari esaminati ma da fattori esterni al processo. La sentenza della Suprema Corte dunque non solo ha confermato l'interpretazione che dell'art. 420-bis c.p.p. ha dato la Corte d'assise e il GUP con l'ordinanza di sospensione del procedimento, ma ha escluso la rilevanza della questione di costituzionalita' sollevata dal Procuratore generale in ordine all'art. 420-quater (vecchio testo). La nuova disciplina della dichiarazione di assenza. In particolare il nuovo testo dell'art. 420-bis c.p.p., introdotto dalla «Riforma Cartabia». Il procedimento all'udienza del 3 aprile 2023, quando e' stata sollevata la questione di costituzionalita', si trovava nella situazione indicata dall'art. 89, comma 2 del decreto legislativo del 10 ottobre 2022, n. 150, secondo cui: «Quando, prima dell'entrata in vigore del presente decreto, nell'udienza preliminare o nel giudizio di primo grado e' stata disposta la sospensione del processo ai sensi dell'art. 420-quater, comma 2, del codice di procedura penale nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto e l'imputato non e' stato ancora rintracciato, in luogo di disporre nuove ricerche ai sensi dell'art. 420-quinquies del codice di procedura penale nel testo vigente prima dell'entrata in vigore del presente decreto, il giudice provvede ai sensi dell'art. 420-quater del codice di procedura penale come modificato dal presente decreto. In questo caso si applicano gli articoli 420-quinquies e 420-sexies del codice di procedura penale, come modificati dal presente decreto.». Il testo vigente dell'art. 420-bis c.p.p. e' il seguente. 1. Se l'imputato, libero o detenuto, non e' presente all'udienza, il giudice procede in sua assenza: a) quando l'imputato e' stato citato a comparire a mezzo di notificazione dell'atto in mani proprie o di persona da lui espressamente delegata al ritiro dell'atto; b) quando l'imputato ha espressamente rinunciato a comparire o, sussistendo un impedimento ai sensi dell'art. 420-ter, ha rinunciato espressamente a farlo valere. 2. Il giudice procede in assenza dell'imputato anche quando ritiene altrimenti provato che lo stesso ha effettiva conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza all'udienza e' dovuta ad una scelta volontaria e consapevole. A tal fine il giudice tiene conto delle modalita' della notificazione, degli atti compiuti dall'imputato prima dell'udienza, della nomina di un difensore di fiducia e di ogni altra circostanza rilevante. 3. Il giudice procede in assenza anche fuori dai casi di cui ai commi 1 e 2, quando l'imputato e' stato dichiarato latitante o si e' in altro modo volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo. 4. Nei casi previsti dai commi 1, 2 e 3 il giudice dichiara l'imputato assente. Salvo che la legge disponga altrimenti, l'imputato dichiarato assente e' rappresentato dal difensore. 5. Fuori dai casi previsti dai commi 1, 2 e 3, prima di procedere ai sensi dell'art. 420-quater, il giudice rinvia l'udienza e dispone che l'avviso di cui all'art. 419, la richiesta di rinvio a giudizio e il verbale d'udienza siano notificati all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria. 6. L'ordinanza che dichiara l'assenza dell'imputato e' revocata anche d'ufficio se, prima della decisione, l'imputato compare. L'imputato e' restituito nel termine per esercitare le facolta' dalle quali e' decaduto: a) se fornisce la prova che, per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, si e' trovato nell'assoluta impossibilita' di comparire in tempo utile per esercitare le facolta' dalle quali e' decaduto e che non ha potuto trasmettere tempestivamente la prova dell'impedimento senza sua colpa; b) se, nei casi previsti dai commi 2 e 3, fornisce la prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non essere potuto intervenire senza sua colpa in tempo utile per esercitare le facolta' dalle quali e' decaduto; c) se comunque risulta che le condizioni per procedere in sua assenza non erano soddisfatte. 7. Fuori del caso previsto dal comma 6, se risulta che le condizioni per procedere in assenza non erano soddisfatte, il giudice revoca, anche d'ufficio, l'ordinanza che dichiara l'assenza dell'imputato e provvede ai sensi del comma 5. Il GUP quindi perdurando lo stato di irreperibilita' e non essendo stati rintracciati gli imputati, si trova difronte alle seguenti alternative: a) Rigettare la richiesta del pubblico ministero e applicare l'art. 89 citato dichiarando con sentenza ex art. 420-quater c.p.p., il non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte degli imputati; b) Rigettare la richiesta del pubblico ministero e ritenere che sussistono le condizioni per dichiarare l'assenza degli imputati ex art. 420-bis, comma 2 c.p.p. e quindi che i predetti hanno effettiva conoscenza della pendenza del processo e che l'assenza all'udienza preliminare sia dovuta ad una scelta volontaria e consapevole; c) Rigettare la richiesta del pubblico ministero e ritenere che sussistono le condizioni per dichiarare l'assenza degli imputati ex art. 420-bis, comma 3 c.p.p. e quindi che i predetti si sono volontariamente sottratti alla conoscenza della pendenza del processo. d) Rigettare la richiesta del pubblico ministero, dando una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 420-bis commi 2 e 3 c.p.p., tesi sostenuta dalle costituende parti civili. Secondo queste ultime deve ritenersi altrimenti provata la conoscenza della pendenza del processo da parte degli imputati, quando il processo e' un fatto notorio, con ampia risonanza mediatica, pubblicizzato a mezzo stampa e/o altro mezzo di diffusione, non solo in Italia ma anche all'estero (e segnatamente in Egitto), e risulti che l'Autorita' giudiziaria abbia profuso ogni sforzo, fatto tutto il possibile per rintracciare gli imputati e portarli a conoscenza del processo e cio' nonostante questi si siano sottratti al processo. In ultima analisi, poiche' «ad impossibilia nemo tenetur», deve ritenersi provata la conoscenza del processo da parte degli imputati. quando e' certo che gli stessi conoscono della esistenza del procedimento a loro carico e non e' possibile notificare formalmente l'imputazione o la vocatio in iudicium a causa della mancata cooperazione dello Stato di appartenenza o di residenza. e) Accogliere la richiesta del pubblico ministero, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 420-bis codice di procedura penale nuovo testo, nei termini sopra indicati. Deve darsi per scontato che la normativa applicabile - anche in considerazione delle precedenti pronunce della Corte d'assise, del GUP, che ha sospeso il procedimento ex art. 420-quater, comma 2 codice di procedura penale (vecchio testo) e della Corte di cassazione- sia quella relativa alla mancata conoscenza della pendenza del processo, posto che il procedimento e' stato sospeso per mancato rintraccio degli imputati e la ordinanza di sospensione del processo, e' stata ritenuta pienamente legittima dalla Corte di cassazione che ha rigettato come inammissibile, il ricorso del pubblico ministero. La norma come si e' detto e' stata ora sostituita dal nuovo testo sopra richiamato. La Corte d'assise ha gia' valutato negativamente gli elementi fattuali che avevano indotto il GUP a dichiarare l'assenza, e questi elementi sono stati altresi' considerati insufficienti dalla Corte di cassazione con la sentenza che ha dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero, in base al principio che la volonta' di sottrarsi al processo deve essere valutata in base a condotte positive dell'imputato, non potendo il giudice basarsi sull'inerzia dell'imputato o sulla mancanza di diligenza da parte di quest'ultimo nell'informarsi sulla pendenza del processo, perche' «si farebbe una mera operazione di cambio nome e si tornerebbe alle vecchie presunzioni, il che ovviamente e' un'operazione non consentita». Gli elementi fattuali successivi a quelli considerati dalla Corte d'assise, dal GUP con l'ordinanza di sospensione del processo e dalla Corte di cassazione, dimostrano ancora di piu' che il procedimento in corso per il sequestro di persona, la tortura e l'omicidio di ...., ha avuto larga risonanza mediatica in Italia, nei Paesi Arabi e in Egitto e che vi e' la prova evidente della volonta' dell'Autorita' di Governo della Repubblica Araba di Egitto e dell'Autorita' giudiziaria del ..., di non dare assistenza giudiziaria all'Autorita' giudiziaria italiana per il rintraccio e la notificazione degli atti ai quattro imputati. Tale quadro probatorio pero' riguarda la volonta' dello Stato egiziano di sottrarre i quattro imputati al nostro processo, ma non e' tale da far ritenere provata la volonta' dei quattro imputati di sottrarsi al processo. In ipotesi, gli stessi o anche solo uno di loro, potrebbero voler partecipare al processo in Italia, magari per dimostrare di essere innocenti, e la loro partecipazione essere invece impedita dalle Autorita' egiziane. La notorieta' anche in Egitto del «...», che ha indotto il Governo italiano a sollecitare il Capo di Stato di quel Paese per trovare una soluzione, anche politica, della vicenda, non consente di ritenere positivamente provata la volonta' degli imputati di sottrarsi al processo ovvero di ritenere provato che gli stessi abbiano partecipato in qualsiasi modo alle decisioni dell'Autorita' di Governo egiziano o dell'Autorita' giudiziaria del ..., di non cooperare per il rintraccio e le notifiche degli atti. La volonta' degli imputati dunque nel caso che ci occupa, puo' essere accertata solamente mediante una presunzione, perche' puo' ritenersi ragionevole e verosimile presumere che gli imputati, i quali hanno anche partecipato alle indagini egiziane e sono stati sentiti come persone informate dei fatti dal pubblico ministero italiano, siano a conoscenza del procedimento a loro carico in Italia per il sequestro di persona, la tortura e l'omicidio di .... . Eppure cio' non basta, perche' la normativa vigente sul processo in assenza, e' stata introdotta allo scopo di escludere ogni presunzione di conoscenza e di procedere in assenza dell'imputato solamente quando e' effettiva la conoscenza del processo a suo carico, sia in ordine alle imputazioni sia in ordine alla «vocatio in iudicium» ovvero e' positivamente provata la sua volonta' di sottrarsi al processo. L'attuale normativa del processo in assenza e' stata introdotta per adeguare quella precedente, alla giurisprudenza della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e della Suprema Corte, che avevano escluso ogni possibilita' di procedere in assenza in base alla presunzione di conoscenza del procedimento. Dunque, la «Riforma Cartabia» dell'art. 420-bis c.p.p., va intesa in senso piu' rigoroso rispetto alla normativa precedente, perche' fa riferimento alla conoscenza effettiva, non presunta, del processo (non del mero procedimento). Al riguardo vanno richiamati in questa sede alcuni passi della «Relazione dell'Ufficio del Massimario» n. 2 del 5 gennaio 2023. «La disciplina del processo in assenza introdotta dal decreto legislativo n. 150 del 2022 e' ispirata all'esigenza di una complessiva rivisitazione e rimodulazione della normativa precedente al duplice scopo di rendere piu' efficiente il processo, evitando che la sua celebrazione sia vanificata dalla attivazione di rimedi per il caso in cui l'imputato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, ed a quello di adeguare la normativa interna alle indicazioni e ai principi elaborati dalla giurisprudenza europea, ed in particolare al riconoscimento in termini di diritto soggettivo della possibilita' per l'imputato di essere presente nel processo che lo riguarda, ai fini dell'esercizio delle prerogative riconosciutegli dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo ... Le Sezioni Unite, consapevoli della perdurante criticita' del sistema, attraverso varie pronunce, hanno interpretato le disposizioni relative al processo in absentia introdotte nel 2014 in termini che fossero coerenti con le indicazioni provenienti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, riaffermando innanzitutto il principio per cui, affinche' un processo svoltosi in assenza possa considerarsi conforme all'art. 6 della Convenzione EDU, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, e' indispensabile che l'imputato ne abbia avuto conoscenza effettiva. A tal fine si e' ritenuto insufficiente che egli sia stato informato dell'esistenza di un'indagine penale a suo carico, dal momento che la consapevolezza del processo e' garantita solo dalla conoscenza di un provvedimento formale di vocatio in iudicium contenente l'indicazione dell'accusa formulata, nonche' della data e del luogo di svolgimento del giudizio (Sez. Unite, n. 28912 del 28 febbraio 2019,..., Rv. 275716 - 01)... Con la successiva sentenza n. 23948 del 2E/11/2019, dep. 2020, ..., Rv. 279420, le Sezioni unite hanno escluso che gli indici di conoscenza indicati dall'art. 420-bis codice di procedura penale possano considerarsi come presunzioni, dal momento che una tale interpretazione «non potrebbe mai essere consentita perche' in violazione delle disposizioni convenzionali quali interpretate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo». Recependo questi approdi della giurisprudenza di legittimita' e al fine di adeguarsi alle indicazioni europee, ed in particolare alla direttiva (UE) 343/2016 (direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali), la legge 27 settembre 2021, n. 134 ha rimodellato i presupposti del processo in assenza ponendovi a fondamento, non piu' la conoscenza legale o presunta del processo da parte dell'imputato, bensi' la sua conoscenza concreta ed effettiva, assicurata, a monte, attraverso un rinnovato sistema di notificazioni e a valle dal controllo che il giudice e' chiamato ad effettuare in ordine alla reale consapevolezza dello svolgimento del processo. Ed infatti, il criterio direttivo fondamentale, che permea tutta la riforma del cd. processo in assenza, e' quello secondo il quale in tanto il processo puo' procedere pur in mancanza dell'imputato, in quanto vi sia la certezza che egli ne abbia effettiva conoscenza e che la sua mancata partecipazione ad esso sia frutto di scelta volontaria». Quanto precede porta ad escludere la interpretazione proposta dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo cui la conoscenza del processo e la volonta' di sottrarsi allo stesso da parte degli imputati, possa essere desunta: dall'ampia risonanza mediatica; dalle prese di posizione pubbliche in territorio egiziano in ordine alla pendenza del procedimento in Italia; dal fatto che gli imputati nella qualita' di funzionari della National Security Agency hanno preso attivamente parte alle indagini condotte in loco sul caso «...». Tale interpretazione porta inevitabilmente a presumere la conoscenza del processo da parte degli imputati valorizzando elementi estranei alla volonta' degli stessi, cosi' contraddicendo lo spirito e la ratio della riforma. Peraltro, tale prospettazione e' stata gia' ampiamente censurata dalla giurisprudenza di legittimita' con riferimento alla precedente normativa (assai meno rigorosa dell'attuale), che, come si e' visto, e' stata modificata proprio al fine di escludere ogni presunzione di conoscenza del processo. Sulle osservazioni dell'avv. Alessandra Ballerini, difensore dei prossimi congiunti di ...(costituende parti civili). Allo stesso modo non si ritiene adeguata l'argomentazione del difensore della famiglia in merito alla «effettiva conoscenza della pendenza del processo» dei quattro imputati. Secondo l'avvocato: «..., nel caso di specie, questa difesa non ha dubbi sul fatto che gli odierni imputati da un lato siano a conoscenza del processo che li riguarda e che d'altra parte si stiano volontariamente sottraendo sia dall'averne una conoscenza ufficiale, sia di conseguenza dal prendervi parte: infatti, come evidenziato nel corso delle scorse udienze dal pubblico ministero e dalla scrivente difesa la notizia dell'avvio del procedimento giudiziario in Italia per il sequestro, le torture e l'uccisione di ...a carico dei quattro odierni imputati ha avuto e continua ad avere enorme risonanza mediatica non solo in Italia, ma anche nei Paesi di lingua araba, tra cui l'Egitto (casi come da estratti stampa depositati nelle precedenti udienze da questa difesa). Ancora il 28 aprile u.s., a seguito di una manifestazione organizzata dalla Fnsi insieme ad Art. 21, Adi (Associazione dei dottorandi italiani) e numerose altre associazioni, in contemporanea davanti all'ambasciata egiziana a Roma ed al consolato egiziano a Milano, la notizia del processo a carico dei quattro imputati, di cui sono stati ben scandite le generalita', ha avuto altissima risonanza nella stampa araba. Peraltro vale la pena ricordare che gli odierni imputati sono alti funzionari della National Security Agency ed hanno non solo preso attivamente parte alle indagini condotte in loco sull'uccisione di ..., ma sono nelle condizioni di essere informati, per la loro qualifica e funzione, di qualsiasi notizia riguardante il suddetto procedimento... ... Nel caso di specie sussistono in effetti molti elementi valutabili nel loro complesso che permettono di giungere alla conclusione che gli accusati si siano volontariamente sottratti al procedimento, di cui erano a conoscenza sin dal ... Come gia' indicato dagli inquirenti e ritenuto dal G.U.P. nel procedimento promosso in Italia, si ricorda che nel corso delle indagini gli imputati furono sentiti reiteratamente e per questa ragione hanno avuto conoscenza della pendenza del procedimento. Inoltre la notizia della pendenza del procedimento, degli atti assunti dal pubblico ministero e della data di fissazione delle varie udienze ha avuto ampia copertura mediatici, anche in lingua araba tanto da essere veri e propri fatti «notori». Gli apparati investigativi egiziani, di cui gli imputati hanno fatto parte con ruoli apicali o ne sono stati membri, hanno avuto conoscenza grazie a numerosissime riunioni del team investigativo congiunto e del "Memorandum" redatto dalla Procura generale egiziana del .... dal quale si evince che gli stessi imputati erano indagati anche in Egitto. Inoltre, gli indagati sono stati reiteratamente invitati sia per via diplomatica sia per rogatoria ad eleggere domicilio in Italia ai sensi dell'art. 169 codice di procedura penale e la mancanza di riscontro deve essere letta come prova certa della volontaria sottrazione al procedimento.» La tesi dell'Avv. Alessandra Ballerini, come anche quella dell'Avvocatura dello Stato, trae spunto dagli elementi che sono stati valorizzati dal GUP nella dichiarazione di assenza dichiarata nulla dalla Corte d'assise, elementi che sono stati valutati come insufficienti anche da questo GUP e dalla Corte di cassazione, la quale nella sentenza del 7 luglio 2022 (depositata il 9 febbraio 2023), che ha dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero, entrando nel merito della questione, si e' espressa negativamente. Questi elementi fattuali sono stati ritenuti insufficienti in base al vecchio testo dell'art. 420-bis c.p.p., ma la Corte di cassazione ha depositato la motivazione nel febbraio 2023 ed aveva ben presente il nuovo testo della norma. Va ribadito che tali elementi fattuali portano a "presumere" che i quattro imputati siano a conoscenza del procedimento a loro carico in Italia, ma non sono sufficienti per ritenere che questi siano a conoscenza delle contestazioni e della vocatio in iudicium e che l'assenza sia dovuta ad una scelta volontaria e consapevole. Va inoltre sottolineato che il nuovo testo dell'art. 420-bis c.p.p., ha adeguato la normativa sul processo in assenza, alla giurisprudenza Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e della Corte di cassazione ed ha quindi reso ancora piu' rigorosa la normativa, escludendo che si possa in alcun modo «presumere» che l'imputato abbia effettiva conoscenza del processo (non piu' del procedimento) a suo carico. Anche l'ulteriore argomentazione del difensore della famiglia .... relativa all'art. 420-bis c,omma 3 c.p.p., non appare adeguata al caso di specie. In sostanza si fa riferimento alla Relazione del Massimario della Corte di cassazione, laddove afferma: «La regola della necessaria conoscenza dello svolgimento del processo incontra due deroghe indicate nel comma 3 dell'art. 420-bis. Questo consente che, anche in mancanza delle condizioni indicate nei cornml precedenti, si proceda in assenza nei confronti dell'imputato latitante o che si sia volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo. In tali ipotesi, non vi e' la certezza che egli sia consapevole dell'esistenza di un processo, e tuttavia il legislatore dispone che questo faccia comunque il suo corso. Tale deroga, la quale costituisce attuazione del criterio dettato dall'art. 1, comma 7, lettera f) della legge delega, e' conforme alla direttiva 2016/343/UE che all'art. 8, par. 3, consente agli Stati membri di svolgere il processo in assenza quando l'imputato non puo' essere rintracciato «nonostante gli sforzi profusi». Ulteriore ipotesi di deroga e' prevista nel caso di volontaria sottrazione alla conoscenza del processo, la quale ricorre quando l'imputato, avendo avuto una qualche informazione in ordine al fatto che si svolgera' un processo nei suoi confronti, fa in modo di non ricevere alcuna comunicazione ufficiale, da parte degli organi a cio' preposti. In tal caso la deroga si giustifica in ragione della volonta' dell'imputato non solo di sottrarsi al processo, ma prima ancora di ostacolarne lo svolgimento impedendo di esserne formalmente informato. Anche in tal caso spetta al giudice accertare se ricorrano i presupposti di tale ipotesi derogatoria e, in caso affermativo, darne conto con specifica motivazione, (cosi' Relazione su novita' normativa: La "riforma Cartabia" del 5 gennaio 2023 dell'Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione pag. 98).» La deroga riguarda l'ipotesi in cui non si e' potuto procedere alla notifica formale degli atti del processo, perche' l'imputato si e' volontariamente sottratto alla conoscenza della pendenza del processo. Tuttavia in questo caso non vi sono condotte attive degli imputati che possono essere valutate dal giudice per accertare che gli stessi si siano «volontariamente» sottratti alla conoscenza della pendenza del processo. Come si e' visto sopra, la suprema Corte ha piu' volte chiarito, segnatamente nella sentenza del «processo ...», che la volonta' di sottrarsi al processo deve ricavarsi da condotte attive e non dall'inerzia o da condotte omissive o negligenti dell'imputato, ed in particolare: «Le Sezioni Unite hanno poi puntualmente rilevato che l'ari. 420-bis, comma 2, codice di procedura penale , «per la difesa dai "finti inconsapevoli", valorizz[a], quale unica ipotesi in cui possa procedersi pur se la parte ignori la vocatio in ius, la "volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento"». Hanno a tale riguardo sottolineato che «evidentemente, si deve trattare di condotte positive, rispetto alle quali si rende necessario un accertamento in fatto, anche quanto al coefficiente psicologico della condotta», ... Cio' perche' «se si esaspera il concetto di "mancata diligenza" sino a trasformarla automaticamente in una conclamata volonta' di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius per procedere in assenza, si farebbe una mera operazione di cambio di nome e si tornerebbe alle vecchie presunzioni, il che ovviamente e' un'operazione non consentita». Orbene, nel caso di specie non sono state accertate condotte attive dei quattro imputati per sottrarsi al processo, questi non sono mai stati raggiunti da alcuna notifica e non e' noto il luogo di lavoro o di domicilio e, come ha spiegato la suprema Corte non possono essere valorizzate le funzioni esercitate dai quattro imputati e l'aver partecipato alle indagini in Egitto, ne' tantomeno il fatto di essere stati sentiti in qualita' di testimoni dal pubblico ministero italiano. Ancora una volta la volonta' di sottrarsi al processo e' ricavata da una «presunzione di conoscenza» basata sugli elementi fattuali piu' volte richiamati, che semmai provano la volonta' delle Autorita' egiziane di sottrarre i quattro imputati al processo in Italia. Anche l'ampio richiamo dell'avv. Ballerini alla sentenza della Corte di giustizia del 19 maggio 2022 nella causa C-569/20, non appare consono al caso che ci occupa. Il caso sottoposto dal Tribunale specializzato per i procedimenti penali bulgaro, alla Corte di giustizia, era il seguente: la Procura specializzata bulgara aveva avviato un procedimento penale a carico di IR, accusato di partecipazione ad un'organizzazione criminale finalizzata alla commissione di reati tributari punibili con pene detentive. Inizialmente, l'atto di imputazione veniva notificato personalmente a IR e a seguito di tale notifica, IR indicava l'indirizzo (per noi domicilio) al quale avrebbe potuto essere contattato. Tuttavia, avviata la fase giurisdizionale del procedimento penale, davanti al Tribunale specializzato per i procedimenti penali, IR non veniva trovato all'indirizzo da lui indicato e vani erano i tentativi di convocarlo per l'udienza. Il giudice nominava un avvocato d'ufficio, che tuttavia non riusciva a contattare il predetto. L'atto di imputazione notificato a IR, essendo inficiato da un'irregolarita', veniva dichiarato nullo e, di conseguenza, il procedimento veniva chiuso. In seguito, veniva redatto un nuovo atto di imputazione e il procedimento veniva riaperto. In tale occasione, IR veniva nuovamente ricercato, anche attraverso i membri della sua famiglia, i suoi ex datori di lavoro e gli operatori di telefonia mobile, ma non era possibile rintracciarlo. Il giudice del rinvio ne deduceva che IR si era dato alla fuga e riteneva che, in tali circostanze, la causa potesse essere giudicata in assenza di IR. Orbene, il giudice rimettente chiedeva alla Corte di giustizia se una tale situazione potesse rientrare nell'ambito di applicazione dell'art. 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343 o piuttosto nell'ipotesi prevista all'art. 8, paragrafo 4, di detta direttiva. Il caso sottoposto alla Corte di giustizia e' dunque assai diverso dalla situazione relativa al processo ...., perche' in quella occasione all'imputato era stato notificato inizialmente il capo di imputazione e a seguito di questa notifica egli aveva eletto un domicilio. L'impossibilita' di convocarlo per l'udienza e successivamente di rintracciarlo nonostante tutti gli sforzi dell'Autorita' giudiziaria, dunque teneva conto della pregressa notifica del capo di imputazione e della elezione del domicilio per le successive notifiche. In una situazione di questo tipo in Italia il giudice potrebbe dichiarare l'assenza in base all'art. 420-bis, comma 2 c.p.. La Corte di giustizia in relazione al processo bulgaro affermava che: «Occorre infine rilevare che dagli elementi del fascicolo sottoposto alla Corte risulta che l'atto di imputazione originario, notificato personalmente a IR, e' stato dichiarato nullo. Il nuovo atto d'imputazione, sul quale si fonda il processo attualmente svolto in contumacia, non e' stato notificato personalmente, in quanto IR, senza informarne le autorita' competenti, ha lasciato, per un periodo a priori indeterminato, il luogo di cui aveva comunicato l'indirizzo al termine della notifica dell'atto di imputazione originario e che aveva indicato come l'indirizzo al quale avrebbe potuto essere contattato... Nell 'ipotesi in cui il giudice del rinvio dovesse constatare che il contenuto del nuovo atto di imputazione corrisponde all'atto di imputazione originario e che tale nuovo atto, pur non avendo potuto essere consegnato personalmente a IR, e' stato inviato e consegnato all'indirizzo che quest'ultimo aveva comunicato alle autorita' incaricate dell'istruzione penale dopo aver ricevuto l'atto di imputazione originario, tali circostanze potrebbero costituire indizi precisi e oggettivi atti a consentire di ritenere che IR, essendo stato informato, conformemente alla direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all'informazione nei procedimenti penali (GU 2012, L 142, pag. 1), della natura e della causa dell'accusa formulata a suo carico e, quindi, del fatto che si sarebbe svolto un processo nei suoi confronti, abbia, lasciando l'indirizzo che aveva comunicato alle autorita', al fine di sottrarsi all'azione della giustizia, impedendo a queste ultime di informarlo ufficialmente dello svolgimento di tale processo. Spetta tuttavia al giudice del rinvio effettuare tutte le verifiche a tal riguardo alla luce dell'insieme delle circostanze del procedimento principale.» In questa sede, la sentenza della Corte di giustizia segnalata dall'Avv. Ballerini, non puo' essere ritenuta rilevante, perche' riguarda un caso in cui l'imputato conosceva l'imputazione (inizialmente notificatagli personalmente), aveva eletto il domicilio per le successive notificazioni di quel procedimento, e senza comunicare il trasferimento del domicilio all'Autorita' giudiziaria, si era reso irreperibile al domicilio eletto per la notifica della convocazione all'udienza davanti al Giudice. In quel caso l'imputato era a conoscenza del processo e dell'imputazione, anche se non gli era stata notificata la fissazione dell'udienza, situazione affatto diversa da quella dei nostri imputati. Peraltro, la Corte di giustizia ha affermato il principio che le norme interne sono coerenti con gli articoli 8 e 9 della direttiva UE 2016/343 de Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016, CEDU, se nel caso in cui si proceda in assenza (o in contumacia) vi sia «in linea di principio la possibilita', a seguito della notifica della condanna, di far valere direttamente il diritto, riconosciuto dalla direttiva, di ottenere la riapertura del processo o l'accesso a un mezzo di ricorso giurisdizionale equivalente che conduca ad un nuovo esame del merito della causa in sua presenza. Tale diritto puo' tuttavia essere negato all'imputato qualora da indizi precisi e oggettivi risulti che quest'ultimo ha ricevuto informazioni sufficienti per essere a conoscenza del fatto che si sarebbe svolto un processo nei suoi confronti e, con atti deliberati e al fine di sottrarsi all'azione della giustizia, ha impedito alle autorita' di informarlo ufficialmente di tale processo». Da quanto precede se ne puo' dedurre che le ipotesi di cui agli articoli 420-bis comma 2 e comma 3 c.p.p., sono in linea con gli articoli 8 e 9 della direttiva UE 2016/343 de Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016, CEDU, in quanto: a) l'art. 175, comma 2.1, prevede a) che l'imputato giudicato in assenza e' restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato, se, nei casi previsti dall'art. 420-bis, commi 2 e 3, fornisce la prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa; b) il comma 6 dell'art. 420-bis c.p.p. prevede la revoca della assenza e la remissione in termini dell'imputato nel caso che questi dimostri di essersi trovato nella impossibilita' di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento; c) analogamente l'art. 604, comma 5-bis cpp in materia di appello prevede in quei casi la nullita' della sentenza di condanna e la restituzione degli atti al giudice del primo grado; d) l'art. 623, comma 1, lettera b-bis) per il ricorso per cassazione, analogamente prevede in quei casi l'annullamento con rinvio al giudice che ha emesso la sentenza di condanna. Sulle osservazioni dei difensori degli imputati. Nella memoria congiunta, i difensori degli imputati, dopo avere ricostruito l'iter dei provvedimenti emessi nel corso del procedimento e fatta una esposizione ragionata della giurisprudenza della suprema Corte e della nuova normativa sul processo in assenza, con riguardo alla questione di costituzionalita' sollevata dal pubblico ministero, affermano che «qualora venisse accolta la questione di legittimita' costituzionale avanzata dalla Procura, si perverrebbe al paradosso giuridico secondo il quale l'effettiva conoscenza del processo potrebbe essere a prescindere negata agli imputati per la mera iniziativa od inerzia dell'Autorita' politica del loro Stato di appartenenza, con conseguente celebrazione del processo nei confronti di soggetti non legittimamente informati e dunque sostanzialmente inconsapevoli». Tale rilievo non tiene conto che la decisione della Autorita' estera di non cooperare con l'Autorita' giudiziaria italiana, sostanzialmente porta un beneficio agli imputati, che restano esenti di fatto dalla giurisdizione del giudice italiano. Dunque, diversamente che per le vittime del reato e per i prossimi congiunti che non possono costituirsi parti civili e subiscono un indubbio pregiudizio dalla condotta ostruzionistica dello Stato estero di appartenenza degli imputati, questi ultimi al contrario beneficiano di una sostanziale immunita' penale. Inoltre, mentre il nostro ordinamento prevede specifici rimedi giuridici a tutela dell'imputato che senza sua colpa non abbia potuto intervenire nel processo per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento e dunque abbia subito, non per sua colpa, la decisione dell'Autorita' estera di non cooperare con l'Autorita' giudiziaria italiana; nessuna tutela e' prevista per le persone offese e i loro prossimi congiunti, che subiscono la condotta protezionistica dello Stato estero verso i propri cittadini o residenti, senza poter esercitare alcun rimedio giuridico. La sentenza di non doversi procedere ex art. 420-quater c.p.p., se da un lato non esclude in via definitiva la possibilita' di processare gli imputati, dall'altro reca un sicuro e grave pregiudizio alle persone offese a ai loro prossimi congiunti che vedono allontanarsi sine die la possibilita' di partecipare ad un giusto processo e, soprattutto, mancando la cooperazione dello Stato estero di appartenenza degli imputati, restano in una situazione di impotente attesa sperando che l'Autorita' straniera si decida a cooperare con l'Autorita' giudiziaria italiana. Il contesto normativa in questione, pertanto, in casi come quello del «processo ...», e' solo a favore degli imputati e non prende in nessuna considerazione i diritti delle persone offese e dei danneggiati dal reato. La tesi difensiva comunque trovera' risposta anche nelle argomentazioni che seguono sulla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita'. Rilevanza della questione di costituzionalita'. Da quanto sopra deriva che non vi puo' essere una interpretazione dell'art. 420-bis commi 2 e 3 cpp, diversa da quella che esclude di ritenere «presunta» la effettiva conoscenza della pendenza del processo e/o la volonta' dell'imputato di non comparire in udienza preliminare, ovvero di ritenere «presunta» la volonta' dell'imputato di sottrarsi alla conoscenza del processo. Inoltre, e' pure da escludere che la volonta' di non partecipare al processo o la volonta' di sottrarsi alla conoscenza dei processo, possa essere desunta dalla semplice inerzia dell'imputato o da fattori esterni non riconducibili a lui direttamente e personalmente, come nel caso in cui lo Stato estero di appartenenza o di residenza dell'imputato non cooperi con l'Autorita' giudiziaria italiana o addirittura volontariamente impedisca che quest'ultima possa esercitare la giurisdizione e procedere nei confronti dei suoi cittadini o residenti. La giurisprudenza della suprema Corte, che resta attuale anche dopo la «Riforma Cartabia», ed anzi e' confortata, rafforzata dal nuovo testo dell'art. 420-bis, commi 2 e 3 c.p.p., impedisce di accedere alle tesi indicate dalle costituende parti civili, come si e' visto sopra. Una eventuale dichiarazione di assenza che si basasse sugli elementi (attuali prospettati dalle costituende parti civili, gia' valutati negativamente dalla Corte d'assise e dalla Corte di cassazione nella sentenza del 7 luglio 2022 (depositata il 9 febbraio 2023), porterebbe, in caso di prosecuzione del giudizio, ad una sicura declaratoria di nullita' degli atti conseguenti alla dichiarazione di assenza, come gia' e' avvenuto per il precedente decreto di rinvio a giudizio emesso dal GUP in data 25 maggio 2021. E' dunque immediatamente possibile cogliere la rilevanza della questione che si intende prospettare rispetto al caso concreto, qualora venisse affermata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 420-bis, commi 2 e 3 c.p.p., nella parte in cui non prevedono la possibilita' di procedere in assenza, quando la mancata conoscenza del processo o della pendenza del processo sia dovuta all'accertato rifiuto di assistenza giudiziaria da parte dello Stato estero di appartenenza o di residenza dell'imputato. Infatti, poiche' nel caso di specie e' stato accertato dal giudice remittente il rifiuto delle Autorita' di governo e dell'Autorita' giudiziaria della Repubblica Araba di Egitto, di prestare assistenza giudiziaria alla Autorita' giudiziaria italiana, per il rintraccio e la notifica degli atti processuali (segnatamente del decreto di fissazione dell'udienza preliminare e della richiesta di rinvio a giudizio) agli imputati (tutti cittadini egiziani, pubblici ufficiali in servizio presso la National Security all'epoca dei fatti), la declaratoria di illegittimita' costituzionale consentirebbe di procedere in assenza dei quattro imputati. Per contro, l'interpretazione letterale dell'art. 420-bis commi 2 e 3 c.p.p., o quella piu' volte indicata secondo le statuizioni delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, da ultimo ribadite dalla sentenza emessa dalla Cassazione sez. I proprio con riferimento al processo inevitabilmente porterebbero ad una declaratoria di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dei quattro imputati ex articoli 420-quater c.p.p. e 89, comma 2 decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. E' evidente pertanto l'attualita' e l'inerenza della disposizione censurata rispetto alla decisione del Giudice rimettente nonche' l'incidenza concreta dell'eventuale decisione di accoglimento, sul presente processo, perche' ove la Corte costituzionale ritenesse non conforme a Costituzione la normativa attualmente in vigore, che sostanzialmente condiziona l'esercizio della giurisdizione del Giudice italiano e l'esercizio dell'azione penale del pubblico ministero italiano, per gravissimi crimini, al «grazioso gradimento» dello Stato estero di appartenenza o di residenza degli imputati (peraltro in violazione di principi pattizi)- si aprirebbe la possibilita' di procedere penalmente nei confronti degli imputati, salva in ogni caso la possibilita' per gli stessi, garantita dalle norme di cui agli arti. 175, comma 2.1 c.p.p., 420-bis comma 6 c.p.p., 604 comma 5-bis c.p.p., 623 comma 1, lettera b-bis) c.p.p., di reclamare successivamente la propria effettiva mancata conoscenza dell'esistenza del processo, per causa di forza maggiore, per altro legittimo impedimento o comunque di non avere avuto conoscenza del processo o di non esser potuti intervenire senza colpa. Sussiste, dunque, la rilevanza della questione di costituzionalita' nell'udienza preliminare in corso, altrimenti destinata a chiudersi con una sentenza di non doversi procedere ex art. 420-quater c.p.p. La non manifesta infondatezza. I fattori certi che incidono sulla impossibilita' di procedere in assenza sono: a) l'accertata volonta' dello Stato egiziano (inteso sia come Autorita' di gverno sia come Autorita' giudiziaria competente), di non prestare assistenza giudiziaria all'Autorita' giudiziaria italiana per il rintraccio e la notifica del decreto di fissazione dell'udienza preliminare (con l'allegata richiesta di rinvio a giudizio) ai quattro imputati (cittadini egiziani, pubblici ufficiali in servizio all'epoca dei fatti nella National Security), che secondo l'accusa hanno commesso nell'esercizio delle loro funzioni i reati di sequestro di persona, di lesioni gravissime compiute mediante torture, di omicidio volontario conseguente alle sevizie e alle gravissime lesioni inferte; b) la presunta conoscenza da parte degli imputati, del procedimento che si svolge in Italia a loro carico per il sequestro di persona, la tortura e la morte di ...avvenuta a ... tra il... e il ..., ricavata da una serie di elementi fattuali (sopra esposti) e dalla risonanza mediatica e notorieta' del procedimento in corso, non solo in Italia ma anche in Egitto e in tutto il «mondo arabo» (tesi questa condivisa sia dalla Corte d'assise nella ordinanza del 14 ottobre 2021 sia dalla Corte di cassazione I, sez penale nella sentenza del 7 luglio 2022 (dep. il 9 febbraio 2023); c) la impossibilita' di notificare gli atti processuali agli imputati, quale conseguenza del rifiuto delle Autorita' egiziane di cooperare con l'Autorita' giudiziaria italiana; d) il sacrificio del diritto dei prossimi congiunti di ... ad un giusto processo per accertare i fatti e le responsabilita' (eventuali) degli imputati, infatti, per effetto della «condotta» dello Stato egiziano, i familiari della vittima non possono costituirsi parti civili nel processo in corso e la tutela giurisdizionale del loro diritto alla «verita'» e al risarcimento del danno da reato, non puo' essere esercitata in giudizio; e) la impossibilita' per il Giudice dell'udienza preliminare di verificare se gli imputati scientemente e volontariamente si stiano sottraendo al processo in Italia o se invece si tratti di una scelta imposta dalle Autorita' egiziane e subita dagli imputati. 1) Violazione degli articoli 24, comma 1 e 2 Cost. La violazione dell'art. 24, comma 1 e dell'art. 2 Cost., va richiamata in primo luogo con riferimento alle persone offese e ai danneggiati dal reato, perche' l'azione in giudizio per la difesa dei propri diritti, ha osservato la Corte costituzionale, e' essa stessa il contenuto di un diritto, protetto dall'art. 24 della Costituzione ed e' da annoverarsi tra quelli inviolabili, riconducibili all'art. 2 della Costituzione e caratterizzanti lo stato democratico di diritto» (sentenza n. 26 del 1999; in senso conforme sentenze n. 238 del 2014, n. 120 del 2014 e ordinanza n. 386 del 2004). Esso e' riconosciuto a tutti, dal primo comma dell'art. 24 Cost., e a tutti spetta, com'e' proprio dei diritti ascrivibili all'alveo dell'art. 2 Cost., riferito all'uomo. Nel caso di specie, la impossibilita' per i prossimi congiunti di ..., far valere il proprio diritto all'accertamento dei fatti, delle responsabilita' e al risarcimento del danno conseguente al reato, peraltro determinata dalla volonta' dello Stato estero di appartenenza degli imputati, lede sicuramente il diritto inviolabile alla tutela giurisdizionale dei diritti delle costituente parti civili, le quali sono private del diritto di agire in giudizio non potendo esercitare l'azione civile neppure davanti al giudice civile, dato che anche in quel caso sarebbe necessaria la cooperazione dell'Autorita' estera. La Corte costituzionale, con la sentenza 22 ottobre 2014, n. 238, pronuncia che - nell'affrontare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 17 agosto 1957, n. 848, di esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, come interpretato dalla Corte internazionale di giustizia con la sentenza del 3 febbraio 2012, con cui si era negata la giurisdizione, nelle azioni risarcitorie per danni da crimini di guerra commessi «iure imperii» dal Terzo Reich - ha affermato che tra «gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell'ordinamento costituzionale, per cio' stesso sottratti anche alla revisione costituzionale», rientra «il diritto al giudice ed a una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti inviolabili», giacche' esso «e' sicuramente tra i grandi principi di civilta' giuridica in ogni sistema democratico del nostro tempo», essendo «intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia l'assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio». Anche la recente sentenza della Corte costituzionale che pure ha riconosciuto la dimensione non solo «processuale», ma «sostanziale» del principio della presunzione di innocenza (come ricavabile dall'art. 6, paragrafo 2, CEDU, nell'interpretazione datane dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, terza sezione, sentenza 20 ottobre 2020, contro Repubblica di San Marino), nel senso che tale presunzione - in ogni caso di esiti del processo penale diversi dalla condanna impone di «proteggere le persone che sono state assolte da un'accusa penale, ha affermato che tale principio non «deve ridondare a danno del diritto del danneggiato ad ottenere il risarcimento del pregiudizio cagionatogli dal reato» (Corte cost., sentenza 7 luglio 21, n. 182). La direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato -recepita dall'Italia con decreto legislativo n. 212 del 2015 -, prevede anche per la vittima del reato, intesa non solo come vittima diretta ma anche come familiare di una persona la cui morte sia stata causata direttamente da un reato (art. 2, comma 1, lettera a), ii), il diritto di partecipare ai procedimenti penali e il conseguente diritto di ottenere, da essi, l'accertamento dei fatti e le statuizioni risarcitorie. La Corte europea dei diritti dell'uomo, nei casi Abu Zubaydah c. Lituania, (31 maggio 2018, § 610), e Al Nashiric. Romania, (31 maggio 2018, § 641) ha affermato che «laddove nelle indagini siano coinvolte accuse di gravi violazioni dei diritti umani, il diritto alla verita' sulle circostanze rilevanti del caso non appartiene solo alla vittima del reato e alla sua famiglia, ma anche ad altre vittime di violazioni simili e al pubblico in generale, che ha il diritto di sapere cosa e' successo. Una risposta adeguata da parte delle autorita' nelle indagini sulle denunce di gravi violazioni dei diritti umani, puo' essere generalmente considerata essenziale per mantenere la fiducia del pubblico nella sua adesione allo stato di diritto e per prevenire qualsiasi apparenza di impunita', collusione o tolleranza di atti illeciti. Sempre secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, l'indagine dovra' portare all'identificazione e alla punizione dei responsabili, perche' se cosi' non fosse, nonostante la sua importanza fondamentale, l'interdizione inderogabile della tortura e di pene o trattamenti inumani o degradanti sarebbe inefficace nella pratica, e sarebbe possibile in alcuni casi per gli agenti dello Stato calpestare, godendo pressoche' dell'impunita', i diritti di chi e' stato sottoposto al loro controllo (si vedano, tra molte altre sentenze, Assenov e altri c. Bulgaria, 28 ottobre 1998, § 102; .... c. Italia, 6 aprile 2000, § 131, Krastanov c. Bulgaria, 3 settembre 2004, § 57; Vladimir Romanov c. Russia, 24 luglio 2008, § 81; Ali e Ayse Duran c. Turchia, 8 aprile 2008, § 60; Georgiy Bykov c. Russia, 14 ottobre 2010, § 60; ElMasri c. L'ex Repubblica di Macedonia, 13 dicembre 2012, §§ 182 e 185 e la giurisprudenza ivi citata; Dembele c. Svizzera, 24 settembre 2013, § 62; ... c.Italia, 24 giugno 2014, § 62; c. Italia, 1° luglio 2014, § 76; e Dimitrov e altri c. Bulgaria, 1° luglio 2014, § 135). Il sacrificio del diritto della vittima e dei prossimi congiunti, e' tanto piu' intollerabile, se si considera che nel caso di specie, questo e' determinato dallo Stato di appartenenza degli accusati, cioe' da un soggetto estraneo alla vicenda giudiziaria, che peraltro e' anche firmatario della Convenzione contro la tortura conclusa a New York il 10 dicembre 1984 e ratificata dall'Egitto in data 25 giugno 1986 (entrata in vigore il 26 giugno 1987). Il rifiuto della Repubblica Araba d'Egitto non solo viola la Convenzione internazionale contro la tortura, ma impedisce all'Italia di darvi attuazione (vedi oltre). 2) Violazione degli articoli 24 comma 2 Cost. e 2 Cost. La condotta ostruzionistica dello Stato estero, non solo lede il diritto delle vittime del reato ad un giusto processo, ma anche il diritto di difesa degli stessi imputati (cittadini egiziani), diritto che l'art. 24, comma 2 Cost., in attuazione del principio fondamentale sancito dall'art. 2 Cost., espressamente definisce inviolabile riconoscendolo a tutte le persone (cittadini e stranieri). Infatti, il rifiuto di cooperazione o la inerzia delle Autorita' estere (nel caso di specie egiziane) non consente al giudice di verificare se gli imputati scientemente e volontariamente abbiano deciso di non partecipare al processo (art. 420-bis comma 2 c.p.p.) o se volontariamente si stiano sottraendo alla conoscenza della pendenza del processo (art. 420-bis, comma 3 c.p.p.). Invero, tale accertamento, che le norme affidano al GUP, in assenza della cooperazione dell'Autorita' estera, risulta assolutamente impossibile da effettuare, perche' l'Autorita' giudiziaria italiana non ha poteri diretti da esercitare all'estero e necessariamente deve affidarsi alla cooperazione internazionale dello Stato estero. Non e' pertanto da escludere che l'Autorita' estera, per ragioni che esulano dall'interesse degli imputati ad un giusto processo, impedisca al suo cittadino o residente, di partecipare al processo in Italia, non consentendo a quest'ultimo di affrontare il processo e di provare la propria innocenza. La normativa di riferimento e' stata chiaramente concepita con riferimento ad imputati che si trovano in territorio italiano o in territori di Stati appartenenti all'Unione europea ovvero in territori di Stati con i quali vi sono accordi di assistenza giudiziaria o anche in assenza di questi ultimi, che comunque cooperino con le Autorita' italiane a seguito di rogatoria. La normativa sul processo in assenza non contempla affatto l'ipotesi in cui i poteri di accertamento del Giudice italiano siano impediti dallo Stato estero, come nel caso di specie, ed il sistema ideato dalla «Riforma Cartabia», entra dunque in crisi sistemica, proprio perche' non vi e' una norma che preveda un rimedio in casi di questo genere. Proprio l'assenza di una norma che consenta di procedere in assenza, quando vi e' il rifiuto di cooperazione dello Stato estero, incentiva, alimenta situazioni di ostruzionismo o di abuso del diritto. Infatti, se vi fosse una norma di chiusura, come quella appena descritta, lo Stato estero non avrebbe alcun interesse ad ostacolare la giustizia italiana, sapendo che quest'ultima potrebbe avere il suo corso sia in caso di cooperazione sia in caso di accertato rifiuto di cooperazione. Il sistema normativo sul processo in assenza raggiungerebbe un equilibrio razionale proprio in virtu' di un «contrappeso» normativo da opporre al potere dello Stato estero di sottrarre i propri cittadini o residenti alla giurisdizione italiana. La norma cosi' intesa, sarebbe perfettamente in linea con le indicazioni della Corte di giustizia, perche' come sopra abbiamo evidenziato con la sentenza del 19 maggio 2022 (causa C-569/20), la deroga al principio della effettiva conoscenza del processo da parte dell'imputato, non viola gli articoli 8 e 9 della direttiva 2016/343, nel caso in cui le Autorita' nazionali competenti, nonostante i loro ragionevoli sforzi, non riescono a rintracciare l'imputato e per tale motivo, a comunicare le informazioni sul processo svolto nei suoi confronti, purche' pero' in caso di processo in assenzao, in contumacia o, se del caso, di condanna in assenza o in contumacia, in linea di principio, all'imputato si dia la possibilita' di far valere direttamente il diritto, riconosciuto da tale direttiva, di ottenere la riapertura del processo o l'accesso ad un mezzo di ricorso giurisdizionale equivalente, che conduca ad un nuovo esame del merito della causa in sua presenza. Tale diritto puo' tuttavia essere negato all'imputato qualora da indizi precisi e oggettivi risulti che quest'ultimo aveva ricevuto informazioni sufficienti per essere a conoscenza del processo nei suoi confronti e, al fine di sottrarsi all'azione della giustizia, abbia impedito alle autorita' di informarlo ufficialmente del processo. Orbene, il nostro ordinamento giuridico, come si e' visto sopra, ha predisposto i rimedi che consentono all'imputato processato in assenza, di essere nuovamente rimesso in termini o di essere processato in primo grado o in appello, quando dimostri di non avere avuto conoscenza del processo o di non aver potuto partecipare per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento e comunque non per sua colpa. 3) Violazione degli articoli 24 e 3 Cost. La impossibilita' di procedere in assenza degli imputati per l'inerzia o il rifiuto a cooperare da parte delle Autorita' dello Stato estero di appartenenza, priva di effettivita' l'art. 24 Cost., riguardo alle persone offese dal reato ovvero dei loro prossimi congiunti. L'«effettivita' dell'accesso alla tutela giurisdizionale» e' svuotata della propria portata sostanziale, in quanto si fa gravare l'inerzia degli apparati governativi e giudiziari dei Paesi esteri che non intendono cooperare con la Giustizia italiana, sulle persone offese o sui danneggiati dal reato. L'art. 420-bis, commi 2 e 3 c.p.p. viola, dunque, l'art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto, contrastando con il principio di auto-responsabilita', non prevede un meccanismo alternativo che consenta alla persona offesa dal reato o ai prossimi congiunti danneggiati dal reato, di prescindere dalla mancata collaborazione dell'Autorita' straniera. Ma soprattutto, e questo e' il profilo che palesa nella maniera piu' evidente il vulnus costituzionale dell'art. 420-bis commi 2 e 3 c.p.p., fa gravare sulle vittime del reato e costituendo parti civili, il rischio del fatto del terzo (ossia dell'Autorita' estera), la cui inerzia o rifiuto di collaborazione rendono impossibile l'agire in giudizio come parti civili nel processo penale. Non possono gravare sull'avente diritto le conseguenze negative della inerzia della pubblica autorita' estera, cio' rende costituzionalmente illegittima, in quanto irragionevolmente discriminatoria» la normativa in questione. E' palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa delle parti civili, che la impossibilita' di costituirsi nel processo penale possa discendere dal fatto di un terzo estraneo al processo. In definitiva, contrasta con gli articoli 3 e 24 Cost. una previsione, come quella delle norme censurate, che non prevedendo la possibilita' di procedere in assenza dell'imputato, quando lo Stato estero di appartenenza rifiuta di cooperare con l'Autorita' giudiziaria italiana, fa gravare sulla persona offesa dal reato e sui prossimi congiunti, aventi diritto a costituirsi parti civili, il rischio della impossibilita' di agire in giudizio per il fatto di un terzo (Autorita' Egiziana), estranea al processo, perche' in tal modo viene lesa l'effettivita' dell'accesso alla giustizia, con conseguente sacrificio del nucleo intangibile del diritto alla tutela giurisdizionale. 4) Violazione degli articoli 3 e 2 Cost. Di fatto lo Stato egiziano rifiutando di cooperare con le Autorita' italiane, sottrae i propri funzionari alla giurisdizione del giudice italiano, creando una situazione di immunita' non riconosciuta da alcuna norma dell'ordinamento internazionale, peraltro con riguardo a delitti che violano i diritti fondamentali dell'uomo universalmente riconosciuti. Tale situazione di immunita' determina una inammissibile «zona franca» di impunita' per i cittadini-funzionari egiziani nei confronti dei cittadini italiani che abbiano subito in quel Paese dei delitti per i quali e' riconosciuta la Giurisdizione del giudice italiano in base alle convenzioni internazionali (art. 7, comma 5 c.p.). La scelta delle Autorita' egiziane di sottrarre i propri cittadini alla Giurisdizione italiana per l'accertamento delle responsabilita' in ordine a delitti che ledono i diritti inviolabili dell'uomo, e' una scelta arti-democratica, autoritaria, che di fatto crea in Italia, Paese che si ispira ai principi democratici e di eguaglianza, una disparita' di trattamento rispetto ai cittadini italiani e ai cittadini stranieri di altri Paesi, che in casi analoghi verrebbero processati. Non solo, ma non v'e' dubbio che se delitti, come quelli oggetto del «processo ....i», si verificassero in territorio italiano in danno di cittadini egiziani, le Autorita' italiane si adopererebbero in ogni modo e in ogni sede (giudiziaria ed esecutiva), per prestare assistenza alle Autorita' egiziane. Ancora una volta, la impossibilita' di procedere per volonta' dello Stato estero crea situazioni di disparita' di trattamento inaccettabili, tra cittadini italiani e cittadini stranieri (egiziani). La normativa censurata, art. 420-bis commi 2 e 3 c.p.p, inoltre, crea un sistema contrario al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost), perche' nell'ipotesi di rifiuto di assistenza delle Autorita' straniere, si chiede al giudice italiano un accertamento sulla consapevolezza del processo e sulla volonta' dell'imputato di sottrarsi volontariamente al processo, assolutamente impossibile, inesigibile, a fronte dei poteri del GUP (vera e propria «probatio diabolica»). In questi casi la prova che il GUP deve dare ai fini della dichiarazione di assenza e' addirittura piu' gravosa di quella che si chiede al Giudice per l'accertamento della responsabilita' penale dell'imputato. Come si e' visto, il GUP ha adottato i suoi poteri di accertamento facendo ricorso alla polizia giudiziaria, come previsto dalla normativa in materia, ma evidentemente si tratta di strumenti assolutamente inefficaci per superare il «muro», l'ostruzionismo dello Stato di appartenenza degli imputati. Va anche sottolineato che gli elementi di fatto emersi nel corso delle indagini e dell'udienza preliminare, fanno presumere con ragionevole certezza che i quattro imputati siano a conoscenza del procedimento penale in corso in Italia nei loro confronti. Tale consapevolezza, presunta, non consente tuttavia di procedere in assenza nei loro confronti. Sotto questo profilo, appare irragionevole e sproporzionata la impossibilita' di procedere in assenza quando manchi la cooperazione dello Stato estero di appartenenza o di residenza, perche' mentre agli imputati e' sufficiente sapere che vi e' un procedimento a loro carico in Italia per l'omicidio di ... per sottrarsi al processo, al GUP si chiede invece di provare la consapevolezza e volonta' di sottrarsi non gia' al procedimento, ma al processo e cioe' dimostrare che gli imputati, che si sottraggono al procedimento penale, conoscano anche i capi di imputazione e la vocatio in iudicium. Ancora, sempre sotto il profilo del principio di ragionevolezza, va evidenziato che il nostro ordinamento prevede degli strumenti giuridici in favore dell'imputato che, processato in assenza, dimostri di non aver potuto partecipare al processo per causa di forza maggiore, caso fortuito o altro legittimo impedimento. Ebbene, un caso di «forza maggiore» potrebbe essere proprio quello in cui lo Stato estero di appartenenza dell'imputato, non cooperando con l'Autorita' giudiziaria italiana, impedisca all'imputato di partecipare al processo, sicche' la possibilita' di procedere in assenza quando lo Stato estero di appartenenzao, di residenza dell'imputato volutamente non cooperi, troverebbe riscontro normativo proprio in quei rimedi giuridici piu' volte segnalati, a favore dell'imputato che senza sua colpa sia stato processato in assenza. 5) Violazione degli articoli 112 e 3 Cost. Il richiesto intervento «additivo» da parte della Corte delle leggi si giustifica altresi' con la necessita' -come pure adombrato dalla Procura - di evitare un sacrificio sproporzionato del principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale e, con esso, dell'eguaglianza di chiunque davanti alla legge penale, del quale la previsione di cui all'art. 112 Cost. e' il precipitato processuale. Invero, la Corte costituzionale ha sottolineato come il «principio di obbligatorieta' dell'azione penale esige che nulla venga sottratto al controllo di legalita' effettuato dal giudice: ed in esso e' insito, percio', quello che in dottrina viene definito favor actionis» (Corte cost., sentenza 28 giugno 1991, n. 88), nella consapevolezza che l'obbligatorieta' e' «elemento che concorre a garantire, da un lato, l'indipendenza del pubblico ministero nell'esercizio della propria funzione e, dall'altro, l'uguaglianza dei cittadini»; analoga e' la condizione anche dello straniero che si renda autore di un reato «di fronte alla legge penale» (Corte costituzionale, sentenza 12 luglio 1979, n. 84). Orbene, in casi come questo, la impossibilita' di fatto per il pubblico ministero di esercitare l'azione penale nei confronti di cittadini stranieri, che, secondo l'art. 7, comma 5 c.p.p. devono essere processati dal giudice italiano, soprattutto se tale impossibilita' discende dalla volonta' di Governo dello Stato estero di sottrarli alla nostra giurisdizione, pone un limite anche all'obbligatorieta' dell'azione penale, che evidentemente non puo' essere esercitata, quando non vi sia il consenso dell'Autorita' di Governo dello stato estero. Anche in questo caso l'immunita' degli stranieri (segnatamente dei cittadini egiziani) rispetto all'esercizio dell'azione penale del pubblico ministero italiano, appare inaccettabile, perche' contrasta con i principi di democrazia ed uguaglianza propri del nostro ordinamento costituzionale. Di fatto, l'azione penale, quando vi e' il rifiuto delle Autorita' straniere di far processare in Italia i propri cittadini, e' subordinata al potere esecutivo dello Stato straniero. Come si e' evidenziato sopra, proprio la mancanza di una norma che consenta di procedere in assenza, quando vi e' il rifiuto di cooperazione dello Stato estero, incentiva, alimenta situazioni di ostruzionismo o di abuso del diritto. Se vi fosse in questi casi la possibilita' di procedere in assenza, lo Stato estero non avrebbe alcun interesse ad ostacolare l'esercizio dell'azione penale del pubblico ministero italiano, sapendo che quest'ultima puo' comunque essere esercitata in caso di accertato rifiuto di cooperazione. Il sistema normativo sul processo in assenza raggiungerebbe cosi un equilibrio razionale proprio in virtu' di un «contrappeso» normativo da opporre al potere dello Stato estero di sottrarre i propri cittadini o residenti all'azione penale del pubblico ministero italiano. 6) Violazione dell'art. 117 della Costituzione. Va in primo luogo affermato che il Giudice italiano nel caso di specie esercita la giurisdizione in base all'art. 7, comma 1, n. 5 codice penale («reati commessi all'estero»), secondo cui: «e' punito secondo la legge italiana (...) lo straniero che commette in territorio estero (...) ogni (...) reato per il quale (...) convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilita' della legge italiana». Invero, sia l'Egitto che l'Italia hanno aderito alla «Convenzione contro la tortura ed altre peneo, trattamenti crudeli, inumani o degradanti» adottata dall'Assemblea generale dell'ONU in data 10 dicembre 1984. L'Italia ha ratificato la Convenzione contro la tortura con legge n. 489 del 3 novembre 1988 mentre per l'Egitto la detta Convenzione e' stata ratificata il 25 giugno 1986 ed e' entrata in vigore il 26 giugno 1987. L'art. 3 della legge di ratifica stabilisce che «e' punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro di grazia e giustizia 1, (...) lo straniero che commette all'estero (...) un fatto costituente reato, che sia qualificato atto di tortura dall'art. 1 della Convenzione, (...) in danno di un cittadino italiano». Cio' che rileva non e' il nomen iuris del reato di tortura, bensi' che l'ordinamento giuridico punisca come reato un fatto che sia sussumibile nella nozione di tortura come definita dall'art. l della Convenzione contro la tortura". Il citato art. 1 della Convenzione da' la seguente nozione del reato di tortura: «qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o e' sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate». Orbene, il delitto avente il nomen iuris di «tortura» non e' contestato dal pubblico ministero, in quanto e' stato introdotto nell'ordinamento italiano solo nel 2017, con la legge n. 110 del 14 luglio 2017, che ha inserito nel codice penale l'art. 613-bis, quindi in epoca successiva alla commissione dei fatti in questione. Tuttavia i fatti sussumibili nella nozione di tortura data dall'art.1 della Convenzione erano punibili gia' nel febbraio 2016 in base alle norme incriminatrici specificate nella richiesta di rinvio a giudizio (vedi sopra). La giurisdizione del giudice italiano dunque deriva dalla ratifica della Convenzione sulla tortura, richiamata dall'art. 7, comma 1, n. 5 c.p.. In questo caso non sono necessarie ne' la richiesta del Ministro della giustizia, che comunque e' stata avanzata in data 23 marzo 2016, ne' la presenza dello straniero nel territorio dello Stato italiano (come previsto dall'art. 10 c.p. per il delitto comune commesso dallo straniero all'estero in danno di cittadino italiano. L'art. 2 della Convenzione sulla tortura impone ad ogni Stato di assumere i provvedimenti giudiziari per impedire che atti di tortura siano compiuti in un territorio sotto la sua giurisdizione, senza dedurre nessuna circostanza eccezionale in giustificazione della tortura (norma convenzionale evidentemente violata dalle Autorita' egiziane). Inoltre, gli Stati assumono i provvedimenti necessari al fine di stabilire la propria competenza per conoscere di tutti i reati qualora la vittima sia un cittadino del suddetto Stato e quest'ultimo giudichi opportuno intervenire (norma evidentemente osservata dalle Autorita' giudiziarie italiane). Dagli articoli 6 e 7 emerge un doppio dovere di cooperazione giudiziaria, consistente sia nella collaborazione con le autorita' dello Stato di cittadinanza della vittima sia nella instaurazione di un processo giudiziario interno. Al contempo, la previsione di un processo interno che deve svolgersi secondo le regole del giusto ed equo processo, impone agli Stati di consentire l'ordinario svolgimento dell'attivita' giudiziaria dello Stato di cittadinanza della vittima, anche se non viene concessa l'estradizione dei presunti autori. Tali norme convenzionali sono state violate dalle Autorita' egiziane, sia perche' non e' stato instaurato un giusto ed equo processo per i fatti di tortura commessi in danno di ... (il memorandum del Procuratore generale del ... e' un mero provvedimento di chiusura indagini) sia perche' le Autorita' egiziane non consentono l'ordinario svolgimento dell'attivita' giudiziaria dello Stato di cittadinanza della vittima. Secondo l'art. 9 della Convenzione sulla tortura: «Gli Stati Parte si accordano l'assistenza giudiziaria piu' vasta possibile in qualsiasi procedimento penale relativo ai reati di cui all'art. 4, compresa la comunicazione di tutti gli elementi di prova disponibili e necessari ai fini del procedimento». Tale ultima disposizione della Convenzione non solo e' stata ignorata dalle Autorita' di governo e dalle Autorita' giudiziarie egiziane, ma e' stata «osteggiata» in modo palese. La violazione della Convenzione internazionale sulla tortura da parte dello Stato egiziano (che ha ratificato il trattato), impedisce allo Stato italiano, a sua volta, di osservare la medesima Convenzione, e cioe' di processare i presunti autori del delitto di tortura commesso nei confronti di ... Conseguentemente, l'art. 420-bis, commi 2 e 3 c.p.p., nella parte in cui non prevede di poter procedere in assenza contro gli imputati accusati del delitto di tortura quando lo Stato estero di appartenenza o di residenza degli imputati non cooperi con l'Autorita' giudiziaria italiana, viola l'art. 117 Cost., secondo cui «la potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato ... nel rispetto dei vincoli derivanti ... dagli obblighi internazionali», nel caso di specie degli obblighi derivanti dalla ratifica della Convenzione internazionale contro la tortura. La declaratoria di incostituzionalita' nei termini piu' volte indicati, consentirebbe pertanto allo Stato italiano di dare piena attuazione agli obblighi internazionali assunti con la ratifica della Convenzione contro la tortura. Nello specifico l'obbligo di instaurare un processo giudiziario, interno allo Stato di cittadinanza della vittima del delitto di tortura. L'art. 117 Cost., stabilendo che la potesta' legislativa «e' esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti ... dagli obblighi «internazionali», oltre a sancire una preminenza della Carta fondamentale sulla legislazione ordinaria, consacra anche il primato degli obblighi internazionali sulla legislazione ordinaria. 7) Violazione degli articoli 111 e 3 della Costituzione. Secondo i primi due commi dell'art. 111 Cost: «La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.». Si tratta di regole che riguardano tutti i processi e che delineano i caratteri essenziali anche del processo penale. Come si e' visto precedentemente, per la tortura e l'omicidio di ..., il giudice italiano esercita la giurisdizione in base all'art. 7 n. 5 codice penale e tuttavia, il processo penale non puo' svolgersi per la dichiarata volonta' dello Stato estero di non prestare assistenza giudiziaria, di non cooperare con l'Autorita' giudiziaria italiana. In estrema sintesi, la giurisdizione del giudice italiano non puo' essere esercitata per volonta' delle Autorita' estere, nel caso di specie dell'Autorita' di governo e dell'Autorita' giudiziaria della Repubblica Araba di Egitto. La norma che consente all'Autorita' estera di impedire l'esercizio della giurisdizione italiana per un delitto che in base all'ordinamento giuridico italiano e alla Convenzione internazionale sulla tortura, rientra «anche» nella giurisdizione del giudice italiano, e' l'art. 420-bis ai commi 2 e 3 c.p.p.. Infatti, risultano irreperibili per il processo che si svolge in Italia, imputati che per le Autorita' egiziane sarebbero facilmente reperibili, anche perche' sono pubblici ufficiali e prestano servizio in organi che dipendono dal ministero degli interni di quel Paese. La impossibilita' di processare in Italia i quattro imputati, per volonta' dello Stato estero di loro appartenenza, sicuramente contrasta con l'art. 111 comma primo della nostra Costituzione, perche' la giurisdizione del giudice italiano non puo' attuarsi mediante un giusto processo. Le norme piu' volte citate sono dunque in contrasto con l'art. 111, primo comma Cost., nella parte in cui non prevedono che si possa procedere in assenza degli imputati, quando la giurisdizione del giudice italiano non puo' attuarsi con un giusto processo, per la comprovata volonta' dello Stato estero di appartenenza o di residenza degli imputati, di non prestare assistenza giudiziaria o comunque di cooperare con il giudice italiano. L'art. 111, primo comma Cost. e' anche espressione del principio di eguaglianza davanti alla legge sancito dall'art. 3, primo comma Cost., e dunque l'art. 420-bis, commi 2 e 3 c.p.p., viola il principio di eguaglianza nel processo, laddove impedisce che si possa procedere in Italia nei confronti di cittadini stranieri per gravi delitti commessi all'estero nei confronti di cittadini italiani, quando lo Stato estero di appartenenza degli imputati si rifiuti di cooperare con il giudice che procede. La norma che consente all'imputato straniero di essere esonerato dal giusto processo, quando per fatti analoghi nei confronti di stranieri appartenenti a Stati che cooperano con il giudice italiano, il processo puo' essere celebrato, e' chiaramente una norma che crea una discriminazione, proprio perche' determina, sia pure indirettamente, una situazione di immunita' penale non prevista da alcuna norma italiana o internazionale. Infatti, risultano irreperibili per il processo che si svolge in Italia, imputati che per le Autorita' egiziane sarebbero facilmente reperibili, anche perche' sono pubblici ufficiali e prestano servizio in organi che dipendono dal ministero degli interni di quel Paese. La impossibilita' di processare in Italia i quattro imputati, per volonta' dello Stato estero di loro appartenenza, sicuramente contrasta con l'art. 111, comma primo della nostra Costituzione, perche' la giurisdizione del giudice italiano non puo' attuarsi mediante un giusto processo. Le norme piu' volte citate sono dunque in contrasto con l'art. 111, primo comma Cost., nella parte in cui non prevedono che si possa procedere in assenza degli imputati, quando la giurisdizione del giudice italiano non puo' attuarsi con un giusto processo, per la comprovata volonta' dello Stato estero di appartenenza o di residenza degli imputati, di non prestare assistenza giudiziaria o comunque di cooperare con il giudice italiano. L'art. 111, primo comma Cost. e' anche espressione del principio di eguaglianza davanti alla legge sancito dall'art. 3, primo comma Cost., e dunque l'art. 420-bis, commi 2 e 3 c.p.p., viola il principio di eguaglianza nel processo, laddove impedisce che si possa procedere in Italia nei confronti di cittadini stranieri per gravi delitti commessi all'estero nei confronti di cittadini italiani, quando lo Stato estero di appartenenza degli imputati si rifiuti di cooperare con il giudice che procede. La norma che consente all'imputato straniero di essere esonerato dal giusto processo, quando per fatti analoghi nei confronti di stranieri appartenenti a Stati che cooperano con il giudice italiano, il processo puo' essere celebrato, e' chiaramente una norma che crea una discriminazione, proprio perche' determina, sia pure indirettamente, una situazione di immunita' penale non prevista da alcuna norma italiana o internazionale. Le norme censurate, sono altresi' in contrasto con l'art. 111, secondo comma Cost., anch'esso espressione del piu' generale principio di eguaglianza davanti alla legge, nella parte in cui consentono ad un soggetto estraneo al processo, di impedire che si instauri il contraddittorio in condizioni di parita' tra gli imputati, le parti civili e il pubblico ministero, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Le norme costituzionali che indicano le basi del giusto processo, sono completamente pretermesse, perche' in mancanza di una disciplina che consenta di procedere in assenza dell'imputato, quando il suo Stato di appartenenza o di residenza non cooperi con il giudice terzo ed imparziale, tutte le norme sul «giusto processo» sono rese vane, svuotate di contenuto. Non vi e' processo piu' «ingiusto» di quello che non si puo' instaurare per volonta' di una Autorita' di governo. Del resto la vicenda del «processo ...» ha mobilitato pressoche' tutte le forze politiche e sociali del nostro Paese e non vi e' partito politico o associazione umanitaria, che non si sia espressa nel senso che questo processo «deve» essere celebrato. Perche' ripugna al senso comune di giustizia, che un fatto cosi grave non possa essere oggetto di un processo. In conclusione, alla luce di quanto fin qui esposto - tenuto conto dei rimedi previsti dal nostro ordinamento per l'ipotesi che l'imputato o il condannato in assenza dimostri di non aver potuto partecipare al processo per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento - la questione di legittimita' costituzionale oggetto della presente ordinanza risulta rilevante e non manifestamente infondata.