TRIBUNALE PENALE DI ROMA 
 
                       Sezione G.I.P. - G.U.P. 
                             Ufficio 14 
 
    Il Giudice per le indagini preliminari, dott. Roberto Ranazzi; 
    Visti gli atti del procedimento penale indicato in  epigrafe  nei
confronti di: 
        1) T. S., nato in ...  nel  ...,  titolare  di  documento  di
identificazione  militare  n.  ...,  generale  della  Polizia  presso
Dipartimento di sicurezza nazionale,  irreperibile  (decreto  del  28
gennaio 2020), assistito  e  difeso  dall'avv.  Paola  Armellini,  di
ufficio del Foro di Roma; 
        2) A. K. M. I. nato in ... nel ..., titolare di documento  di
identificazione militare n. ..., colonnello attualmente direttore  di
ispezione presso la direzione della sicurezza di ..., gia' Capo delle
investigazioni  giudiziarie  del...,  irreperibile  (decreto  del  28
gennaio 2020) assistito e difeso  dall'avv.  Tranquillino  Sarno,  di
ufficio, del Foro di Roma; 
        3) U. H.,  colonnello  nato  in  ...  nel  ...,  titolare  di
documento di identificazione militare n. ..., attualmente in servizio
presso la Direzione passaporti e immigrazione, gia' in  forza  presso
la Direzione di sicurezza nazionale (National Security), irreperibile
(decreto del 28 gennaio 2020), assistito e difeso dall'avv.  Filomena
Pollastro, del Foro di Roma; 
        4) M. I. A. S., nato in ...  il  ...,  Maggiore  in  servizio
presso  la  Sicurezza  nazionale  (National  Security),  irreperibile
(decreto del 28 gennaio 2020), assistito e difeso dall'avv. Anna Lisa
Ticconi, di ufficio, del Foro di Roma. 
    Imputati: 
        a) delitto di cui articolo 110, 605, primo e  secondo  comma,
n. 2), 61 n. 1), e 4), c.p. perche' in concorso tra loro e con  altri
soggetti allo  stato  non  identificati,  a  seguito  della  denuncia
presentata,  negli  uffici  della  National   Security,   da   S....,
rappresentante del sindacato  indipendente  dei  venditori  ambulanti
de...,  dopo  avere  osservato   e   controllato,   direttamente   ed
indirettamente,  dall'autunno  ...  alla  sera  del  ...   dottorando
italiano della Cambridge University, abusando delle loro qualita'  di
pubblici  ufficiali  egiziani,  lo   bloccavano   all'interno   della
metropolitana de... e, dopo averlo condotto contro la sua volonta' ed
al di fuori di  ogni  attivita'  istituzionale,  dapprima  presso  il
Commissariato di ..., e successivamente presso un edificio a ...,  lo
privavano della liberta' personale per nove giorni. 
    In Egitto, ...dal... al... 
    Per il solo M. I. A. S., anche le seguenti imputazioni: 
        b) delitto di cui agli articoli 110, 582, 583, n. 2,  585  in
relazione all'art. 576 n. 2) e 61 n. 1), 4) e 9), c.p.  perche'  dopo
aver posto in essere il delitto, di  cui  al  capo  che  precede,  in
concorso con  soggetti,  allo  stato  non  identificati,  per  motivi
abietti e futili e abusando dei loro poteri, con crudelta', cagionava
a ... lesioni, che gli avrebbero impedito di attendere alle ordinarie
occupazioni   per   oltre   quaranta   giorni   nonche'    comportato
l'indebolimento e la perdita permanente di piu' organi, seviziandolo,
con acute sofferenze fisiche, in piu' occasioni ed a distanza di piu'
giorni: 
          attraverso strumenti dotati di margine affilato e tagliente
ed azioni con meccanismo urente, con  cui  gli  cagionavano  numerose
lesioni traumatiche a livello della  testa,  del  volto,  del  tratto
cervico-dorsale e degli arti inferiori; 
          attraverso ripetuti urti  ad  opera  di  mezzi  contundenti
(calci o pugni e/o l'uso di  strumenti  personali  di  offesa,  quali
bastoni, mazze) e meccanismi di proiezione ripetuta del  corpo  dello
stesso  contro  superfici  rigide  ed   anelastiche   con   cui   gli
cagionavano: frattura degli elementi dentari 11, 12,  31,  41  e  42;
frattura della scapola di sinistra e di destra;  frattura  dell'omero
di destra; frattura composta di ossa del trapezio  e  del  trapezoide
capitato  e  dell'uncinato  polso  destro;  frattura  della   falange
prossimale del II dito di destra; frattura della base del I metacarpo
di sinistra; frattura del III medio della falange  prossimale  del  I
dito di sinistra; frattura base del V metatarso di  destra;  frattura
del III distale del V metatarso di  destra;  frattura  della  falange
prossimale del V dito di destra; frattura della testa del  perone  di
destra; distacco corticale dell'apice del perone di sinistra. 
    In Egitto, ..., dal... al..., 
        c) delitto di cui agli articoli 110, 575, 576 n.  2),  61  n.
1), 2), 4), e 9), c.p., perche', nelle  circostanze  di  tempo  e  di
luogo di cui ai precedenti capi e dopo aver posto in essere i delitti
di cui sopra, in concorso con soggetti allo stato  non  identificati,
al fine di occultare la commissione dei delitti suindicati,  abusando
dei suoi  poteri  di  pubblico  ufficiale  egiziano,  con  sevizie  e
crudelta', mediante una violenta  azione  contusiva,  esercitata  sui
vari distretti corporei cranico-cervicodorsali,  cagionava  imponenti
lesioni di natura traumatica a ...da cui conseguiva una insufficienza
respiratoria acuta di tipo centrale che lo portava a morte. Il  corpo
veniva, poi, rinvenuto il ... lungo la .... 
    In ..., ...., in epoca ricompresa tra il ... e il... 
    All'udienza del 3 aprile 2023, il Procuratore della Repubblica di
Roma  sollevava  questione  di  costituzionalita'  dell'art.  420-bis
codice di procedura penale (come riformato  dall'art.  23,  comma  1,
lettera C) del decreto legislativo  10  ottobre  2022,  n.  150)  nei
seguenti termini: 
        «Si chiede di dichiarare la  rilevanza  e  la  non  manifesta
infondatezza della questione  di  costituzionalita',  in  riferimento
agli articoli 3, 10, 11, 24, 111, 117 della  Costituzione,  dell'art.
420-bis codice di procedura penale- in  relazione  all'art.  6  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali e  alla  direttiva  2012/29/UE  del  Parlamento
Europeo  e  del  Consiglio  del  25  ottobre  2012  in   materia   di
effettivita' del diritto alla celebrazione del processo  sia  per  le
vittime di reato sia per l'accusato - nella parte in cui non  prevede
che si possa procedere "in assenza" dell'accusato nei casi in cui  la
formale mancata conoscenza del  procedimento  dipenda  dalla  mancata
assistenza giudiziaria da parte dello  Stato  di  appartenenza  o  di
residenza dell'accusato stesso». 
    Il Procuratore della Repubblica illustrava oralmente la richiesta
e   depositava   una   memoria   scritta.    Sulla    questione    di
costituzionalita', l'Avvocato generale dello Stato in  rappresentanza
della costituenda parte civile Presidenza del Consiglio dei ministri,
si riportava ad una memoria scritta, aggiungendo  di  condividere  in
pieno le argomentazioni del pubblico  ministero  e  che  tuttavia  le
stesse potevano condurre ad  una  interpretazione  costituzionalmente
orientata  della  normativa  sull'assenza,  tale  da  consentire   la
dichiarazione di assenza degli imputati senza necessita' di rimettere
la questione alla Corte costituzionale. 
    L'Avv. Alessandra Ballerini in rappresentanza  delle  costituende
parti civili ... e ... (rispettivamente padre, madre e sorella  della
vittima dei reati, ...), insisteva per la  dichiarazione  di  assenza
degli imputati alla luce della riforma dell'art.  420-bis  codice  di
procedura penale chiedendo di poter produrre una  memoria  scritta  e
nel  contempo   produceva   documentazione   relativa   ad   articoli
giornalistici in lingua araba, che hanno  dato  risalto  al  processo
«...» che si svolge in Italia. 
    Le difese degli imputati chiedevano un termine per contro-dedurre
rispetto  alla   questione   di   costituzionalita'   sollevata   dal
Procuratore della Repubblica. 
    Il Giudice si riservava sulla questione  di  costituzionalita'  e
sulle richieste  delle  costituende  parti  civili,  autorizzando  il
deposito fuori udienza di  memorie  scritte  nel  termine  di  trenta
giorni; quindi rinviava per sciogliere la riserva all'udienza del  31
maggio 2023. 
    Nel termine assegnato i difensori degli  imputati  congiuntamente
depositavano una memoria scritta con la quale chiedevano  il  rigetto
delle richieste del pubblico  ministero  e  delle  costituende  parti
civili ed emissione della sentenza di non doversi procedere ai  sensi
dell'art. 420-quater codice di procedura penale e dell'art. 89  delle
disposizioni transitorie in materia di assenza. 
    All'odierna  udienza  il  Giudice  dell'udienza  preliminare   ha
pronunciato la seguente ordinanza. 
Premessa. 
    In data 20 gennaio 2021 il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Roma chiedeva il rinvio a giudizio di T. S.,  A.  K.  M.
I., U. H. e M. I. A. S., cittadini egiziani  dichiarati  irreperibili
con decreti del 28 gennaio 2020, in relazione alla imputazione di cui
sopra. 
    Il 25 maggio 2021 il giudice dell'udienza preliminare, verificata
la regolarita' delle notifiche eseguite ai sensi dell'art. 159 codice
di procedura penale, disponeva, con ordinanza ex art. 420-bis c.p.p.,
di procedere in assenza degli imputati, gia' dichiarati irreperibili,
e, ritenute la giurisdizione dello Stato italiano, la competenza  del
Tribunale  di  Roma,  la  corretta  identificazione  degli   imputati
dichiarava l'assenza e disponeva il rinvio a giudizio degli  imputati
dinanzi alla Corte d'assise di Roma  per  l'udienza  del  14  ottobre
2021. 
    Il GUP con riferimento alla dichiarazione di assenza riteneva che
gli imputati,  agenti  della  National  Security  egiziana,  avessero
acquisito piena consapevolezza dell'esistenza del procedimento a loro
carico  per  il  sequestro  e  l'uccisione  di  ...,  e  si   fossero
volontariamente sottratti alla conoscenza formale degli atti  assunti
nel corso  del  procedimento,  non  rendendo  possibili  le  relative
notifiche. 
    Il GUP, in particolare rilevava che: 
        a) a seguito  di  rogatoria  attiva  del  pubblico  ministero
procedente,  gli  indagati  erano  stati  sentiti  piu'  volte  dalla
magistratura egiziana come persone informate sui fatti e,  in  quelle
sedi, avevano acquisito contezza dell'esistenza  di  un  procedimento
penale instaurato in Italia a seguito della morte di ...; 
        b)  la   notizia   della   pendenza   del   procedimento,   e
principalmente degli atti assunti  dal  Pubblico  ministero  ex  art.
415-bis codice di procedura  penale  (prodromici  alla  richiesta  di
rinvio a giudizio del 20 gennaio 2021), la stessa richiesta di rinvio
a giudizio e la data fissata per l'udienza preliminare,  erano  stati
oggetto  di  una  notevole   diffusione   mediatica   internazionale,
oggettivamente straordinaria, tale da poter ritenere che il  processo
a carico dei  quattro  imputati  potesse  essere  considerato  «fatto
notorio»; 
        c) gli apparati investigativi  egiziani  erano  a  conoscenza
degli  sviluppi  e  dell'esito  del   procedimento   italiano,   come
comprovato dalle numerosissime riunioni espletate  al  riguardo,  nel
corso   del   tempo,   dal   cd.   «team   investigativo   congiunto»
italo-egiziano,  e  dal  contenuto  del  «memorandum»  redatto  dalla
Procura generale egiziana in data ..., contenente la descrizione e la
confutazione degli elementi di prova raccolti dalla Procura di Roma; 
        d) gli indagati, inoltre, erano stati ripetutamente invitati,
senza che vi fosse stato alcun  seguito,  ad  eleggere  domicilio  in
Italia,  secondo  la  previsione  dell'art.  169   c.p.p.   per   via
rogatoriale (con istanza di rogatoria trasmessa il 30 aprile 2019 dal
pubblico  ministero  procedente  alla  Procura   generale   egiziana,
ripetutamente sollecitata oralmente e a mezzo posta elettronica il 22
gennaio 2020, il 1° luglio  2020,  il  17  settembre  2020  e  il  20
novembre 2020) e per via  diplomatica  (con  missiva  inviata  il  21
gennaio 2020 alla stessa Procura generale egiziana  dall'ambasciatore
italiano, contenente il fermo appello, affinche' la Procura  di  Roma
fosse  messa  in  condizione  di  «ricevere  l'informazione  relativa
all'indirizzo ove inviare gli atti di  notificazione  agli  ufficiali
della National Security inclusi nella lista degli indagati»). 
    All'udienza dibattimentale del 14 ottobre 2021,  preliminarmente,
la Corte d'assise di Roma dichiarava la nullita'  della  declaratoria
di assenza e del conseguente decreto che dispone il giudizio, del  25
maggio 2021, ordinando la restituzione degli atti al GUP. 
    La   Corte,   ricostruiva   il   quadro   normativo   interno   e
sovranazionale   sul   processo   in   absentia   alla   luce   della
giurisprudenza costituzionale, di legittimita' e della Corte  europea
dei diritti dell'uomo e  delle  liberta'  fondamentali  (Corte  EDU),
evidenziando in particolare le argomentazioni  della  sentenza  delle
Sezioni Unite della Corte di cassazione, n. 23949 del 2020, ...  ,  e
quelle della sentenza della Corte europea dei diritti  dell'uomo,....
c. Italia, del 10 novembre 2004. 
    La Corte d'assise sottolineava che l'unica ipotesi per  procedere
in absentia, senza che l'imputato avesse ricevuto la notifica a  mani
proprie o che vi fosse  la  conoscenza  effettiva  della  vocatio  in
iudicium,  era  la  volontaria  sottrazione  «alla   conoscenza   del
procedimento o di atti del procedimento, tratta da condotte  positive
non tipizzate e da accertarsi in fatto. 
    In punto di fatto, la Corte rilevava  che  gli  indici  fattuali,
valorizzati in udienza preliminare  per  dedurre  in  via  indiziaria
l'effettiva conoscenza del procedimento da parte degli imputati e gli
elementi ulteriori rappresentati dal pubblico ministero con  memoria,
non erano idonei, pur congiuntamente considerati, a dare prova  certa
dell'effettiva conoscenza da parte degli  imputati  dell'imputazione,
della pendenza di un processo  a  loro  carico  e  della  vocatio  in
iudicium, indispensabili ai fini della dichiarazione di  assenza.  In
sostanza, si era in  presenza  di  dati  presuntivi,  dai  quali  era
possibile inferirsi soltanto la generica conoscenza, da  parte  degli
imputati, dell'esistenza di un procedimento penale nei loro confronti
per gravi reati in danno del ricercatore Giulio Regeni, e,  senza  la
dimostrazione con ragionevole grado di certezza,  di  una  conoscenza
sufficiente dell'azione penale e delle accuse, non si poteva  neanche
concludere che  gli  imputati  avessero  tentato  di  sottrarsi  alla
giustizia o avessero rinunciato  in  maniera  non  equivoca  al  loro
diritto di partecipazione al giudizio. 
    Gli elementi valorizzati dal GUP  per  la  Corte  d'assise  erano
indubbiamente  dimostrativi  di  assenza  di   leale   collaborazione
dell'Autorita' giudiziaria egiziana, e in particolare  della  Procura
egiziana costituente un'articolazione del  potere  esecutivo  secondo
l'ordinamento interno. Il  pubblico  ministero  infatti  aveva  anche
lamentato  omissioni,  ritardi,  rifiuti  opposti   dalle   Autorita'
egiziane alle richieste di cooperazione e addirittura  l'interruzione
di ogni cooperazione dopo l'iscrizione degli  imputati  nel  registro
delle notizie di reato nonche' il rifiuto di dar corso alla richiesta
di  rogatoria  della  magistratura  italiana.  Corte  d'assise,   pur
riconoscendo la sistematica inerzia delle Autorita' egiziane rispetto
alle richieste italiane e  il  dato  che  gli  imputati  per  essere,
all'epoca dei fatti, appartenenti ad apparati di polizia  governativi
fossero nelle  condizioni  di  conoscenza  privilegiata  delle  fonti
informative  e  delle  interlocuzioni  tra  gli  Stati,  italiano  ed
egiziano, sottolineava  che  non  vi  era  alcuna  evidenza  che  gli
imputati avessero avuto un ruolo, anche solo morale, nelle  eventuali
determinazioni delle  massime  Autorita'  egiziane  di  prestare  una
collaborazione sleale ovvero nel  negare  la  collaborazione,  si  da
addebitare loro i contestati comportamenti in sede  di  cooperazione.
La carenza dei presupposti per  incardinare  il  processo  comportava
pertanto un insanabile pregiudizio per il diritto della difesa ad  un
equo processo, ai sensi degli articoli 24 e 111 Cost. e 6 Convenzione
europea  dei  diritti  dell'uomo  e   delle   liberta'   fondamentali
(Convenzione EDU), e dava luogo  alla  nullita'  per  violazione  del
contraddittorio di carattere assoluto, ai sensi dell'art. 179 c.p.p. 
    Nel corso della nuova udienza preliminare, svoltasi il 10 gennaio
2022, il GUP, nuovo assegnatario  del  procedimento,  in  esito  alla
disposta restituzione degli atti,  con  l'ordinanza  della  Corte  di
assise, nella fase della costituzione delle  parti  riteneva  di  non
poter  accogliere  la  richiesta  del  pubblico  ministero  e   delle
costituende parti civili  di  dichiarare  l'assenza  degli  imputati,
atteso che  in  caso  di  «contrasto»  tra  il  giudice  dell'udienza
preliminare e il giudice del dibattimento  prevale  la  decisione  di
quest'ultimo ex art. 28 c.p.p.». Conseguentemente, il  GUP  disponeva
la  notifica  personale  agli  imputati  dell'avviso  di   fissazione
dell'udienza preliminare, della richiesta di rinvio  a  giudizio  del
pubblico ministero e del verbale di udienza rinviando il procedimento
all'11 aprile 2022. Con l'ordinanza il GUP disponeva nuove ricerche a
mezzo della polizia giudiziaria, per accertare il luogo di  residenza
e/o di domicilio e/o di lavoro ove rintracciare gli imputati ai  fini
delle notifiche, autorizzandoli a tal fine ad avvalersi delle  banche
dati delle  forze  dell'ordine,  di  fonti  informative  pubbliche  o
private,  di  «fonti  aperte»,  dei  dati  disponibili  sulle  utenze
telefoniche, sulle altre utenze intestate agli imputati, o sui social
network ovvero attraverso fonti informative riservate o confidenziali
ma degne di fede. 
    All'udienza dell'11 aprile 2022 il Gup disponeva «la  sospensione
del processo ex art. 420-quater, comma 2, c.p.p., per  il  perdurante
stato di irreperibilita' degli imputati,  in  quanto  non  era  stato
possibile rintracciarli per procedere alle suddette  notifiche,  come
risultava dalla nota del Capo del  Dipartimento  per  gli  affari  di
giustizia del Ministero della giustizia del  ...  e  dalla  nota  del
R.O.S. Carabinieri Reparto antiterrorismo 4ª sezione,  del  .....  Il
procedimento veniva quindi rinviato all'udienza del 10 ottobre  2022,
disponendosi la citazione del Capo del Dipartimento per gli affari di
giustizia, al fine di conoscere gli esiti dei  chiarimenti  richiesti
il 22  marzo  2022  alla  Procura  generale  della  Repubblica  Araba
d'Egitto; contestualmente venivano  anche  rinnovate  le  ricerche  a
mezzo  del  R.O.S.  Carabinieri-Reparto  antiterrorismo  4ª  sezione,
secondo quanto gia' indicato nell'ordinanza del 10 gennaio 2022,  con
eventuale notifica agli imputati degli indicati atti presso i  luoghi
di residenza o di dimora all'estero (in Egitto). 
    Il G.U.P. con ordinanza, decidendo  sulle  istanze  del  pubblico
ministero e delle costituende parti  civili  che  chiedevano  di  non
sospendere il procedimento, osservava  che  l'attesa  risposta  della
Procura generale della Repubblica Araba d'Egitto atteneva  non  «agli
accertamenti   di   polizia   giudiziaria   volti   a   superare   la
irreperibilita' degli imputati, bensi'  alla  mancata  collaborazione
dell'Autorita'  giudiziaria  egiziana  rispetto  alla  richiesta   di
assistenza  giudiziaria  internazionale  avanzata   dalle   Autorita'
italiane». Inoltre,  riteneva  pretestuose  le  argomentazioni  della
Procura generale  egiziana,  che  aveva  evocato  l'applicazione  del
principio del ne bis in  idem  per  avere  adottato  essa  stessa  un
provvedimento di chiusura delle  indagini  ovvero  di  archiviazione,
denominato «Memorandum della Procura generale sulla  scomparsa  e  la
morte  della  vittima  italiana,  ....»,   datato....   Infatti,   il
provvedimento non era stato adottato da un giudice  ma  dal  pubblico
ministero, non aveva natura  di  sentenza,  ed  era  successivo  alla
rogatoria del pubblico  ministero  italiano  datata  30  aprile  2019
(addirittura posteriore di un anno e otto mesi).  Peraltro,  non  era
indicata la normativa egiziana sul ne  bis  in  idem  e  non  vi  era
neppure un riferimento ad eventuali fonti  normative  internazionali.
Era dunque un fatto accertato non altrimenti superabile,  il  rifiuto
di collaborazione dell'Autorita' giudiziaria egiziana. 
    Il Procuratore della  Repubblica  presso  il  Tribunale  di  Roma
proponeva ricorso per  cassazione  avverso  l'indicata  ordinanza  in
data11 aprile 2022, e i provvedimenti presupposti di cui si era  data
lettura nel  corso  dell'udienza  preliminare,  deducendo  con  unico
articolato motivo, ai sensi  dell'art.  606,  comma  1,  lettera  b),
c.p.p.,  inosservanza  e/o  erronea  applicazione  dell'art.  420-bis
c.p.p. e nullita'  dell'ordinanza  di  sospensione  del  procedimento
perche' atto abnorme, avendo determinato, unitamente ai provvedimenti
di cui costituiva effetto consequenziale, la stasi del procedimento e
l'impossibilita' di proseguirlo. 
    Con sentenza del 15 luglio 2022, n. 2322, la Cassazione  I  sez.,
dichiarava inammissibile il ricorso (motivazione depositata in data 9
febbraio 2023). 
    All'udienza del 10 ottobre  2022,  venivano  sentiti  il  Tenente
Colonnello ...del ROS CCdi Roma, sull'esito negativo delle ricerche e
degli accertamenti finalizzati al rintraccio degli  imputati  nonche'
il Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia  dott.  ...,  in
merito ai chiarimenti richiesti dal Ministero  della  giustizia  alla
Procura generale della Repubblica Araba d'Egitto  in  data  22  marzo
2022; quindi su richiesta del pubblico ministero,  delle  costituende
parti civili e dei difensori  degli  imputati,  il  giudice  rinviava
all'udienza del 13 febbraio 2023, per conoscere le motivazioni  della
sentenza della Corte di cassazione non ancora depositate. 
    Si riportano di seguito alcuni passi della relazione a firma  del
dott. ..., esplicativi dei vani  sforzi  fatti  dal  Ministero  della
giustizia italiano per ottenere  assistenza  giudiziaria  o  comunque
collaborazione dalle Autorita' egiziane, ai  fini  del  rintraccio  e
della notifica degli atti processuali ai quattro imputati. 
    Nei giorni immediatamente successivi all'udienza preliminare (del
14 ottobre 2021), sono state compiute le seguenti attivita': 
        a) in data ... il Ministero della giustizia ha partecipato ad
una  riunione  di  coordinamento  presso  la  Farnesina,   dando   la
disponibilita' immediata a predisporre una missione  tecnica  che  si
rechi a Il Cairo per interloquire con le autorita' egiziane; 
        b)  in  data  ...  1'Ufficio  di   Cooperazione   giudiziaria
internazionale  del  Ministero   della   giustizia   ha   sollecitato
formalmente le Autorita' egiziane ad acquisire e  trasmettere,  entro
la fine del mese di marzo, le informazioni  richieste  dall'autorita'
giudiziaria italiana; 
        c) in data ... l'Ambasciatore italiano a Il Cairo trasmetteva
al Dipartimento per gli affari europei  del  Ministero  degli  affari
esteri  egiziano  la  Nota  Verbale  volta  a  reiterare  presso   le
competenti autorita' egiziane la  necessita'  di  un  riscontro  alla
richiesta di assistenza giudiziaria formulata dalla Procura  di  Roma
nel 2019; 
        d) in  data  ...  la  Ministra  della  giustizia  trasmetteva
all'omologo egiziano una lettera con  la  quale  veniva  proposto  un
incontro a  livello  politico,  preceduto  da  meeting  tecnico,  per
discutere  del  caso  e  porre   le   fondamenta   per   una   futura
collaborazione in ambito giudiziario,  anche  al  fine  di  stipulare
accordi di assistenza reciproca. 
    Dopo l'invio della lettera della Ministra, sono stati formalmente
avviati numerosi  contatti  allo  scopo  di  organizzare  il  duplice
incontro prospettato per dare seguito alle  richieste  dell'ordinanza
del  Tribunale  di  Roma:  il  primo  a  livello  tecnico,  tra   una
delegazione del Dipartimento  per  gli  affari  di  giustizia  e  una
dell'omologo o degli omologhi uffici egiziani; il secondo  a  livello
politico-diplomatico,  tra  i  due  Ministri  della  giustizia.  Tali
contatti sono stati portati avanti sia  direttamente  dai  competenti
uffici  del  Ministero  della   giustizia   con   l'invio   di   note
all'autorita' giudiziaria egiziana (datate  ....)  sia  attraverso  i
canali diplomatici con il sostegno della nostra Ambasciata al  Cairo,
la quale ha  svolto  diversi  passi  ufficiali  nei  confronti  delle
competenti   autorita'   egiziane:    il    24    gennaio    incontro
dell'Ambasciatore italiano al Cairo ...., con  il  Capo  Dipartimento
cooperazione internazionale del Ministero della  giustizia  egiziano,
Giudice ...; che ricopre anche la carica  di  Vice  Presidente  della
Corte di cassazione egiziana; il ....  Nota  Verbale  indirizzata  al
Ministero della giustizia egiziano ... con la quale si trasmetteva la
lettera del  Capo  Dipartimento  per  gli  affari  di  giustizia  del
Ministero della giustizia italiano, Dr ...(datata  ...),  indirizzata
al Capo Dipartimento.... In data ..., la Ministra ... ha incontrato a
Roma l'Ambasciatore i per un punto di situazione e coordinare in modo
congiunto i passi successivi da compiersi. In seguito, il ...  si  e'
svolto al Cairo un incontro fra l'Ambasciatore ... e l'Assistant  ...
per gli Affari europei egiziano,  ...,  durante  il  quale  da  parte
italiana e' stata sollecitata  una  risposta  alle  nostre  pressanti
richieste. A tali contatti formali, debbonsi aggiungere anche  quelli
condotti dai competenti uffici del Ministero della giustizia  con  le
controparti del Ministero della giustizia egiziano per il tramite  di
scambi  di  comunicazioni  via  posta  elettronica  allo   scopo   di
sollecitare il duplice incontro di cui sopra e' cenno. 
    Ad  oggi,  nonostante  i  ripetuti  passi   svolti   dal   nostro
Ambasciatore al Cairo, il Ministro della giustizia  egiziano  non  ha
ancora fornito un riscontro alla lettera del ... della  Ministra  ...
E' invece stata effettuata dal ... scorso  una  missione  di  livello
tecnico in Egitto, fortemente voluta dalla Ministra ... per stabilire
un contatto diretto fra  il  Ministero  della  giustizia  italiano  e
quello egiziano. 
    La delegazione del Ministero della giustizia  italiano,  composta
dal Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, dal  direttore
generale   degli   affari   internazionali   e   della   cooperazione
giudiziaria, dal Consigliere diplomatico della sig.ra Ministra e  dal
nostro Ambasciatore al Cairo, ha  dapprima  incontrato  il  Capo  del
Dipartimento  della  cooperazione  internazionale  e  culturale   del
Ministero della giustizia egiziano (...), unitamente al Vice Ministro
per gli affari europei del Ministero  degli  esteri  egiziano  (...),
subito dopo, al fine di rendere  piu'  proficua  la  missione  e  non
lasciare nessuna strada inesplorata, la delegazione  ministeriale  ha
voluto  incontrare  soprattutto  il  Capo   della   Direzione   della
cooperazione internazionale e della Direzione dei diritti umani della
Procura generale della Repubblica Araba d'Egitto,  nonche'  capo  del
pool .... costituito nell'ambito della stessa Procura generale per lo
svolgimento delle indagini sulla morte del connazionale. 
    Negli incontri sopra menzionati e' stato chiarito  che  dal  lato
egiziano la competenza sulla  rogatoria  in  oggetto,  nonche'  sulle
varie fasi  della  sua  procedura,  dalla  ricezione  all'esecuzione,
spetta solo ed esclusivamente alla Procura generale. Ne' il Ministero
della giustizia ne' il Ministero degli esteri egiziani, come da  loro
stessi espressamente riconosciuto, hanno  mai  compiuto  qualsivoglia
attivita' relativa alle rogatorie attinenti all'omicidio di ... .  Il
rappresentante del Ministero della  giustizia  egiziano,  il  giudice
..., ha infatti illustrato che, secondo  l'ordinamento  egiziano,  in
assenza di un accordo bilaterale di cooperazione giudiziaria  con  un
altro Paese non e' il dicastero della giustizia competente a trattare
casi di cooperazione giudiziaria internazionale (incluse dunque anche
la  trattazione  delle  rogatorie  passive)  bensi'  direttamente  la
Procura generale. 
    Cio' premesso, si rappresenta che nel corso  dell'incontro  avuto
col sopra citato ... a fronte delle insistenti richieste italiane  di
ricevere gli indirizzi dei  quattro  odierni  imputati  egiziani  nel
procedimento penale  italiano  -  al  fine  di  poter  consentire  le
notifiche agli imputati stessi nel procedimento in questione e quindi
per permettere l'iter giudiziario,  a  tutela  delle  vittime  e  per
l'accertamento di fatti e responsabilità- costui  ha  insistentemente
riferito che la Procura generale egiziana ha gia' svolto indagini nei
confronti degli stessi  quattro  odierni  imputati  nel  procedimento
italiano. Indagini  conclusesi,  in  data  ...,  con  un  decreto  di
archiviazione. 
    Nello specifico durante l'incontro, ...  ha  ripercorso  tutti  i
passaggi delle indagini svolte dalle autorita' egiziane  e  le  tappe
del  procedimento  giudiziario  avvenuto  al  ...  sulla  morte   del
connazionale .... Ha altresi' mostrato alla delegazione  italiana  il
rapporto, letteralmente denominato memorandum sul caso della  Procura
generale [. ..] sulla scomparsa e la  morte  della  vittima  italiana
.... Accanto al  memorandum,  datato...,  il  giudice  ...  ha  anche
attirato l'attenzione della  delegazione  italiana  sulla  decisione,
anch'essa datata  ...,  firmata  ed  emessa  dalla  Procura  generale
egiziana, da intendersi come un decreto di  archiviazione,  la  quale
esplicita la seguente conclusione: «Il Procuratore generale, dopo  la
presentazione degli atti, ordina l'approvazione delle raccomandazioni
del memorandum della Procura generale datato .... «sul  Caso  n.  ...
del... Amministrativo». La  Procura  generale  egiziana  ritiene  che
questo provvedimento abbia natura decisoria irrevocabile, ovvero  che
si tratti, con particolare riferimento alla posizione  giuridica  dei
quattro imputati, di una decisione giudiziaria non piu'  suscettibile
di impugnazione e che preclude la riapertura di un  procedimento  nei
confronti degli stessi quattro indagati.... 
    ...  Conseguentemente,  sempre  secondo  quanto  riferito   dalle
Autorita'  egiziane,  l'esecuzione  della  richiesta  di   assistenza
giudiziaria  formulata  dalla  Procura  di  Roma   sarebbe   preclusa
dall'applicazione  del  principio  del  ne  bis  in   idem,   sancito
dall'ordinamento interno egiziano e dalle Convenzioni  internazionali
delle quali l'Egitto e' parte. 
    Sulla scorta degli elementi rappresentati dalla Procura generale,
il Ministero della giustizia ha  richiesto,  dapprima  oralmente  nel
corso dell'incontro e poi con un'articolata e  dettagliata  richiesta
scritta, datata ..., chiarimenti in merito  ad  alcune  questioni  di
particolare interesse che sarebbero a fondamento del rifiuto da parte
egiziana di prestare assistenza alle autorita' italiane. 
    In particolare, e' stato chiesto alle Autorita' egiziane di: 
        a)  chiarire  se  i  casi   n.   ...   e   n.   ...menzionati
nell'intestazione del ... memorandum, abbiano dato luogo a dei veri e
propri  procedimenti  penali,  oppure   a   dei   meri   procedimenti
amministrativi; 
        b) chiarire se il divieto  del  bis  in  idem  possa  valere,
secondo la legge egiziana, anche qualora il primo procedimento si sia
concluso con un mero  provvedimento  d'archiviazione,  e  quale  sia,
nell'ordinamento egiziano. il fondamento giuridico di tale principio; 
        c) chiarire se le quattro persone imputate  nel  procedimento
penale italiano siano state informate,o meno, della tendenza  a  loro
carico del procedimento nell'ambito del quale  e'  stato  redatto  il
piu' volte citato memorandum e  se  siano  state  altresi'  informate
della pendenza di un procedimento penale a loro carico in Italia; 
        d) chiarire se nella legge egiziana vi sia  una  disposizione
che esplicitamente attribuisca al divieto del bis in idem la  valenza
di causa di rifiuto dell'assistenza giudiziaria chiesta da  un  altro
Stato: 
        e) verificare se il soggetto che nel memorandum in  data  ...
e' indicato come ... sia la stessa  persona  o  persona  diversa  dal
soggetto indicato come... e, in caso  negativo,  quale  sia,  per  il
suddetto ..., la ragione del rifiuto  dell'assistenza  chiesta  dalla
Procura della Repubblica di Roma; 
        f) trasmettere copia di tutte le rilevanti disposizioni della
legge egiziana, possibilmente accompagnate dalla relativa  traduzione
in lingua italiana. 
    A tali richieste, formalmente sollecitate in data  ...  dal  Capo
Dipartimento  per  gli  affari  di  giustizia,  il  Ministero   della
giustizia egiziano ha risposto soltanto in data ... con una  laconica
nota, nella quale si afferma che la Procura generale  egiziana  aveva
risposto che tutte  le  richieste  di  informazioni  riportate  nella
richiesta  del  Ministero  della  giustizia  italiano   erano   state
dettagliatamente trattate nel decreto della Procura generale egiziana
del ... sul predetto procedimento. 
    I - considerazione del fatto che  la  nota  del  Ministero  della
giustizia italiano, datata ...conteneva  la  richiesta  di  acquisire
informazioni che non sono  contenute  nel  decreto  di  archiviazione
della Procura generale egiziana, e che afferiscono, in  buona  parte,
alla normativa processuale e penale, egiziana, il direttore  generale
degli  Affari  internazionali  e   della   cooperazione   giudiziaria
reiterava formalmente  alle  Autorita'  egiziane,  in  data  ...,  la
richiesta di fornire le informazioni richieste. 
    Ad oggi anche questo ulteriore sollecito e' rimasto senza esito. 
    La ricostruzione  della  attivita'  svolta  dal  Ministero  della
giustizia, esposta dal dott. ..., evidenzia in modo significativo  le
volonta' delle Autorita' di Governo egiziana e della Procura generale
del ... di non prestare  alcuna  collaborazione  al  Ministero  della
giustizia e alla Autorita' giudiziaria italiana  per  il  processo  a
carico dei quattro imputati in ordine al sequestro di persona e  alla
morte di ...; 
    Emblematico  al  riguardo  e'  il   rifiuto   di   collaborazione
argomentato con  il  principio  del  ne  bis  in  idem.  Infatti,  il
provvedimento  che  ha  archiviato  le  indagini  per  la  morte   di
...(Memorandum,  datato....),  e'  stato  adottato  dal   Procuratore
Generale del ..., e quindi non da un giudice terzo, ma  dallo  stesso
organo che ha svolto le indagini, che peraltro nell'ordinamento della
Repubblica Araba di Egitto non e' indipendente e autonomo rispetto al
Governo. Non vi e' stato pertanto nessun processo in Egitto a  carico
dei quattro imputati, e non e' stato emesso alcun provvedimento da un
Giudice terzo rispetto al Procuratore del Cairo. Come gia'  e'  stato
scritto  nella  ordinanza  di  sospensione   del   procedimento,   le
argomentazioni   dell'Autorita'   giudiziaria    egiziana    appaiono
quantomeno pretestuose e significative  della  volonta'  di  non  far
processare in Italia i  quattro  ufficiali  della  National  Security
egiziana. 
    In data 30  dicembre  2022  e'  entrata  in  vigore  la  «Riforma
Cartabia» che ha introdotto il nuovo testo  dell'art.  420-bis  c.p.,
prevedendo altresi' che il GUP provveda con sentenza di  non  doversi
procedere ex art. 420-quater  c.p.p.  per  mancata  conoscenza  della
pendenza del processo. 
    All'udienza del 13 febbraio 2023, preso atto dell'ulteriore esito
negativo delle ricerche compiute dalle Forze dell'Ordine per reperire
gli imputati, nonche' della motivazione della sentenza Cass.  Sez.  I
n.   2322   del   2022,   con   la   quale   era   stata   dichiarata
l'inammissibilita' dell'impugnazione proposta dal pubblico  ministero
avverso l'ordinanza di sospensione del processo, sempre su  richiesta
del pubblico ministero e dei difensori, veniva disposto un rinvio per
esaminare i contenuti del provvedimento della Corte di  cassazione  e
per prendere posizione sulle eventuali implicazioni giuridiche  anche
alla  luce  della  recente  entrata  in  vigore  della  c.d.  riforma
«Cartabia». Inoltre, su richiesta dell'avv. Alessandra  Ballerini  ai
sensi dell'art. 420-bis comma 2  codice  di  procedura  penale  nuovo
testo, il GUP disponeva di ascoltare il Presidente del Consiglio  dei
ministri  on.  ...  e  il  Ministro  degli  affari  esteri  e   della
cooperazione internazionale on. ... , in ordine alle rassicurazioni e
promesse ricevute da parte del Presidente circa la  sua  volonta'  di
collaborare  con  le  Autorita'  italiane  per  la  risoluzione   del
«caso...». All'esito dell'udienza il GUP rinviava al 3 aprile 2023. 
    A seguito di nota scritta dell'Avvocatura generale  dello  Stato,
in data 1° marzo 2023, la citazione del Presidente del Consiglio  dei
ministri e del Ministro degli  affari  esteri  e  della  cooperazione
internazionale, veniva  revocata  con  ordinanza  del  3  marzo  2023
notificata agli avvocati e al pubblico ministero. 
    In  particolare  il  GUP  prendeva  atto   delle   argomentazioni
dell'Avvocatura generale dello Stato, di cui si riporta la parte piu'
significativa: 
        «"...,  il  contenuto  dei  suddetti  colloqui  si   inscrive
nell'ambito delle relazioni di politica  internazionale  intrattenute
tra  la  Repubblica  italiana  e  la  Repubblica  Araba  d'Egitto,  e
riguarda, quindi, attivita' svolta nell'esercizio di una  delle  piu'
rilevanti  prerogative  dell'azione  di  Governo,  nella   sua   piu'
specifica accezione di politica estera. E, invero, secondo la  prassi
internazionale costantemente applicata dagli Stati, i  contenuti  dei
colloqui, bilaterali o plurilaterali, fra i rappresentanti di Governo
non possono essere divulgati se non attraverso comunicati congiunti e
condivisi. La divulgazione dei medesimi contenuti, senza il  consenso
dello Stato estero interessato, potrebbe,  pertanto,  incidere  sulla
credibilita' dell'Italia nella Comunita' internazionale. Ne  consegue
che il Presidente del Consiglio dei ministri ed Ministro degli affari
esteri  e  della  cooperazione  internazionale  hanno  l'obbligo   di
astenersi dal riferire notizie riguardanti lo specifico contenuto dei
colloqui avuti con il Presidente della Repubblica Araba  d'Egitto  in
quell'occasione.  Peraltro,  come  in  precedenza  evidenziato,  alla
scorsa udienza del 13 febbraio 2023,  il  legale  dei  famigliari  di
...ha gia' prodotto le notizie giornalistiche relative ai  comunicati
stampa emessi sull'esito del  colloqui  avuti  tra  i  rappresentanti
politici  italiani  ed  egiziani,   i   quali   contengono,   dunque,
l'interezza dei contenuti dei colloqui suscettibili di  divulgazione,
rispetto ai quali il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ed  il
Ministro per gli Affari Esteri e la cooperazione  internazionale  non
potrebbero  fornire  -  per  le  ragioni  sopra  esposte  -  elementi
informativi di maggiore dettaglio...»; 
    All'udienza del 3 aprile 2023, il  Procuratore  della  Repubblica
chiedeva ordinanza  di  rimessione  alla  Corte  costituzionale,  nei
termini  sopra  esposti;  quindi  il  giudice   si   riservava   fino
all'udienza del 31 maggio 2023. 
    All'odierna udienza, il giudice  dava  atto  dell'esito  negativo
degli  accertamenti  effettuati  dal   R.O.S.   Carabinieri   Reparto
Antiterrorismo, sulle quattro  utenze  telefoniche  indicate  in  via
riservata dal difensore della famiglia  ...,  ritenute  riconducibili
agli imputati, nonche' sugli indirizzi di posta elettronica anch'essi
ritenuti riconducibili agli imputati. In estrema sintesi  secondo  il
R.O.S. per  poter  avere  un  riscontro  effettivo  e  attuale  sugli
utilizzatori delle utenze telefoniche in oggetto e sugli indirizzi di
posta elettronica, occorrerebbe pur sempre  l'assistenza  giudiziaria
delle Autorita' egiziane. 
La sentenza della Corte di cassazione I sez., del 15 luglio 2023,  n.
2322, depositata il 9 febbraio 2023. 
    Il pubblico ministero faceva ricorso avverso l'ordinanza del  GUP
dell'11  aprile  2023  che  aveva   disposto   la   sospensione   del
procedimento con nuove ricerche per il rintraccio degli imputati e la
notifica a  mani  proprie,  unitamente  alla  ordinanza  della  Corte
d'Assise di Roma  del  14  ottobre  2021,  che  aveva  dichiarato  la
nullita' della pregressa dichiarazione di assenza e del  decreto  che
disponeva il giudizio emesso dal GUP dott. Balestrieri,  in  data  25
maggio 2021. 
    Secondo  il  pubblico  ministero  si  trattava  di  provvedimenti
abnormi, di cui chiedeva la declaratoria di nullita' e la conseguente
restituzione degli atti alla Corte d'assise. 
    La Suprema Corte in sintesi statuiva quanto segue: 
        a)  Contrariamente  agli  assunti  del   pubblico   ministero
ricorrente, l'ordinanza impugnata non e' affetta da abnormita'. Anzi,
essa- al pari del provvedimento della Corte d'assise di Roma in  data
14 ottobre 2021, che ha dichiarato nulla la  precedente  declaratoria
di assenza, e  il  decreto  che  dispone  il  giudizio  adottati  nei
confronti degli imputati all'udienza preliminare del 25 maggio  2021-
va  esente  da  qualsivoglia  rilievo  di  legittimita',  per  essere
conforme a diritto  l'accertamento  delle  condizioni  giustificative
della disposta sospensione del processo. 
        b) La  legge,  invero,  in  continuita'  con  la  progressiva
introduzione nel sistema processuale penale  di  regole  di  maggiore
effettivita'  di  partecipazione  al   processo   sotto   la   spinta
determinante di decisioni della Corte europea dei  diritti  dell'uomo
(... c. Italia del 18 maggio 2004; c. Italia del  10  novembre  2004;
... c. Italia del 25 novembre 2008), ha superato  definitivamente  il
procedimento in contumacia -  basato  sul  mero  apprezzamento  della
regolarita' formale delle notifiche - prevedendo un  modello  lineare
sul piano generale, secondo il quale il giudice procede solo  se  gli
risulti con certezza che l'imputato non si e' presentato  in  udienza
per sua libera scelta, conoscendo il contenuto delle accuse, la  data
ed il luogo del processo, ovvero la volonta' dello stesso imputato di
sottrarsi alla conoscenza del procedimento o di suoi atti. 
    Il  presupposto  che  il  giudice  proceda  avendo  certezza  che
l'imputato sia a conoscenza delle accuse e della vocatio in iudicium,
sul quale si basa l'art. 420-bis codice di  procedura  penale,  trova
conferma sistematica in plurime disposizioni del codice di rito. 
    In primo luogo, l'art. 420-quater, comma 1, codice  di  procedura
penale, «Sospensione del processo per assenza dell'imputato», dispone
che, non ricorrendo i  casi  previsti  dall'art.  420-bis  codice  di
procedura penale, «[...] se l'imputato non  e'  presente  il  giudice
rinvia l'udienza e dispone che l'avviso sia  notificato  all'imputato
personalmente   ad   opera   della   polizia   giudiziaria»....    Le
problematiche  relative  al   processo   in   absentia   sono   state
recentemente esaminate dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 23948  del  28
novembre 2019, dep. 2020, ...  Rv.  279420)...-  «il  fondamento  del
sistema e' che la parte sia  personalmente  informata  del  contenuto
dell'accusa e del giorno e luogo della udienza e, quindi,  [...],  il
processo in assenza e' ammesso solo quando sia raggiunta la  certezza
della conoscenza da parte dell'imputato»; 
    l'art. 420-quater codice di procedura penale prevede che,  quando
il giudice non abbia raggiunto la  certezza  della  conoscenza  della
chiamata  in  giudizio  da  parte  dell'imputato,  deve  disporre  la
notifica «personalmente ad opera della polizia giudiziaria»... 
    Le Sezioni Unite  hanno  poi  puntualmente  rilevato  che  l'art.
420-bis, comma 2, codice di procedura  penale,  «per  la  difesa  dai
«finti inconsapevoli», valorizz[a], quale unica ipotesi in cui  possa
procedersi pur se la parte ignori la vocatio in ius,  la  "volontaria
sottrazione  alla  conoscenza  del  procedimento  o   di   atti   del
procedimento"».   Hanno   a   tale    riguardo    sottolineato    che
«evidentemente, si deve trattare di condotte positive, rispetto  alle
quali si rende necessario un accertamento in fatto, anche  quanto  al
coefficiente psicologico della condotta», senza che  la  disposizione
indicata  "tipizzi"  o  consenta   di   tipizzare   alcuna   condotta
particolare; sicche' «non possono farsi rientrare automaticamente  in
tale  ambito  le  situazioni  comuni  quali  la  irreperibilita',  il
domicilio eletto etc. Certamente la manifesta mancanza  di  diligenza
informativa,  la  indicazione  di  un   domicilio   falso,   pur   se
apparentemente  valido  ed   altro,   potranno   essere   circostanze
valutabili nei casi concreti,  ma  non  possono  essere  di  per  se'
determinanti, su di un piano solo astratto, per potere  affermare  la
ricorrenza della  "volontaria  sottrazione"».  Cio'  perche'  «se  si
esaspera il concetto  di  "mancata  diligenza"  sino  a  trasformarla
automaticamente in una conclamata volonta' di evitare  la  conoscenza
degli atti, ritenendola sufficiente per fare a meno della prova della
consapevolezza della vocatio in ius  per  procedere  in  assenza,  si
farebbe una mera operazione di cambio di nome e  si  tornerebbe  alle
vecchie  presunzioni,  il  che  ovviamente   e'   un'operazione   non
consentita». 
        c) L'ordinanza del GUP  del  Tribunale  di  Roma  oggetto  di
impugnazione e il piu' volte  citato  provvedimento  della  Corte  di
assise di Roma in  data  14  ottobre  2021,  puntualmente  richiamato
nell'impugnata ordinanza, hanno fatto buon Governo degli insegnamenti
delle Sezioni Unite.  Hanno  infatti  correttamente  escluso  che,  a
fondamento della pretesa effettiva conoscenza da parte degli imputati
del contenuto dell'accusa e della vocatio in iudicium, possano essere
addotti gli elementi valorizzati dal  pubblico  ministero  ricorrente
nel corso del procedimento, e ancora dinanzi a questa  Corte.  Immune
da vizi logici o giuridici deve, infatti, ritenersi  la  valutazione,
giustificata in modo assai ampio e articolato dalla Corte di  assise,
secondo la quale le qualifiche soggettive degli imputati  all'interno
delle Forze di polizia o degli apparati  di  sicurezza  egiziani,  la
partecipazione di alcuni di  essi  al  team  egiziano  incaricato  di
collaborare con gli inquirenti italiani nel caso ...,  il  fatto  che
alcuni di loro siano stati  in  quella  sede  sentiti  quali  persone
informate dei  fatti  circa  le  indagini  svolte  in  Egitto,  e  la
rilevanza mediatica, anche internazionale, del processo italiano  non
sono concludenti al fine di  ritenere  raggiunta  la  certezza  della
conoscenza da parte  degli  imputati  del  processo  a  loro  carico.
Corretta, congrua  e  priva  di  profili  di  illogicita'  appare  al
riguardo la motivazione di detti provvedimenti la' dove, tra l'altro,
indica che i primi elementi sono precedenti all'esercizio dell'azione
penale in Italia a carico degli imputati  e  ritiene  congetturali  e
basate  su  indimostrate  presunzioni  le  opposte  valutazioni   del
pubblico  ministero  circa  una  necessaria  e  generalizzata  osmosi
informativa all'interno dei servizi di sicurezza egiziani, ovvero  in
ordine alla necessaria conoscenza che i medesimi  imputati  avrebbero
in ogni caso tratto  dai  media  internazionali,  in  particolare  da
quelli in lingua inglese  o  araba,  circa  le  precise  cadenze  del
processo instaurato in Italia nei loro confronti. 
        d) Il superamento della rappresentata situazione,  impeditiva
della  partecipazione  degli  imputati  al  processo,  per   il   cui
svolgimento sussiste la giurisdizione italiana, tenuta  ad  applicare
senza strappi il  tessuto  normativo,  garantista  e  rispettoso  dei
diritti  di  tutte  le  parti  processuali  secondo   le   coordinate
interpretative consegnate, in tema  di  giudizio  in  assenza,  dalle
Sezioni Unite, appartiene alle competenti Autorita' di Governo, anche
alla luce degli obblighi di assistenza e cooperazione per  le  stesse
discendenti dalle Convenzioni  internazionali,  e,  tra  queste  piu'
specificamente, da quella contro la tortura  e  altri  trattamenti  o
punizioni crudeli, inumani o degradanti, conclusa a New  York  il  10
dicembre 1984, ratificata dall'Italia con legge del 3 novembre  1988,
n. 498, e dall'Egitto il 25 gennaio 1986. 
    Per completezza, infine, si annota che, alla  stregua  di  quanto
fin qui  esposto,  deve  ritenersi  non  rilevante  e  manifestamente
infondato il dubbio di  costituzionalita'  proposto  dal  Procuratore
generale requisente in riferimento agli articoli  420-bis,  comma  2,
ultimo periodo, e 420-quater codice  di  procedura  penale  (rispetto
agli articoli 3, 111 e 117  Cost.,  in  relazione  all'art.  6  della
Convenzione EDU e alla direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo  e
del Consiglio del 25 ottobre 2012 in materia di diritti, assistenza e
protezione delle  vittime  di  reato),  nella  parte  in  cui  l'art.
420-quater codice di procedura  penale  prevede  la  sospensione  del
processo,  si  sostiene,  anche  in  caso   di   impossibilita'   non
reversibile di notificare  l'avviso  dell'udienza  all'imputato,  che
abbia  comunque  acquisito  conoscenza  del  procedimento  o  si  sia
volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di  atti
del medesimo ai sensi dell'art. 420-bis,  comma  2,  ultimo  periodo,
codice di procedura penale, cui consegue una situazione  di  paralisi
processuale per un tempo indefinito. La  questione,  infatti,  da  un
lato  presuppone  che  gli  imputati   abbiano   comunque   acquisito
conoscenza del procedimento o  si  siano  sottratti  alla  conoscenza
dello stesso procedimento o di suoi atti,  dato  questo  escluso  nel
presente giudizio, D'altro lato, tende  a  provocare  il  superamento
dell'attuale sistema, frutto  di  lunga  e  progressiva  elaborazione
normativa e di consolidata interpretazione  giurisprudenziale,  anche
in sede europea, maturate proprio al fine di renderlo  conforme  alle
esigenze convenzionali e costituzionali. 
    Cosi' facendo, prefigura il superamento, in via  giudiziaria,  di
una pretesa «paralisi processuale», che,  nel  caso  di  specie,  non
deriva dai provvedimenti giudiziari esaminati ma da  fattori  esterni
al processo. 
    La sentenza della Suprema Corte dunque  non  solo  ha  confermato
l'interpretazione che dell'art.  420-bis  c.p.p.  ha  dato  la  Corte
d'assise e il GUP con l'ordinanza di sospensione del procedimento, ma
ha  escluso  la  rilevanza  della  questione   di   costituzionalita'
sollevata dal Procuratore  generale  in  ordine  all'art.  420-quater
(vecchio testo). 
La nuova disciplina della dichiarazione di assenza. In particolare il
nuovo testo  dell'art.  420-bis  c.p.p.,  introdotto  dalla  «Riforma
Cartabia». 
    Il procedimento all'udienza del 3 aprile 2023,  quando  e'  stata
sollevata  la  questione  di  costituzionalita',  si  trovava   nella
situazione indicata dall'art. 89, comma 2 del decreto legislativo del
10 ottobre 2022, n. 150, secondo cui: «Quando, prima dell'entrata  in
vigore del presente decreto, nell'udienza preliminare o nel  giudizio
di primo grado e' stata disposta la sospensione del processo ai sensi
dell'art. 420-quater, comma 2, del codice  di  procedura  penale  nel
testo vigente prima dell'entrata in vigore  del  presente  decreto  e
l'imputato non e' stato ancora rintracciato,  in  luogo  di  disporre
nuove  ricerche  ai  sensi  dell'art.  420-quinquies  del  codice  di
procedura penale nel testo vigente prima dell'entrata in  vigore  del
presente decreto, il giudice provvede ai sensi  dell'art.  420-quater
del codice di procedura penale come modificato dal presente  decreto.
In questo caso si applicano gli articoli 420-quinquies  e  420-sexies
del  codice  di  procedura  penale,  come  modificati  dal   presente
decreto.». 
    Il testo vigente dell'art. 420-bis c.p.p. e' il seguente. 
    1. Se l'imputato, libero o detenuto, non e' presente all'udienza,
il giudice procede in sua assenza: 
        a) quando l'imputato e' stato citato a comparire a  mezzo  di
notificazione  dell'atto  in  mani  proprie  o  di  persona  da   lui
espressamente delegata al ritiro dell'atto; 
        b) quando l'imputato ha espressamente rinunciato a  comparire
o,  sussistendo  un  impedimento  ai  sensi  dell'art.  420-ter,   ha
rinunciato espressamente a farlo valere. 
    2. Il giudice  procede  in  assenza  dell'imputato  anche  quando
ritiene altrimenti provato che  lo  stesso  ha  effettiva  conoscenza
della pendenza del processo e  che  la  sua  assenza  all'udienza  e'
dovuta ad una scelta volontaria e consapevole. A tal fine il  giudice
tiene conto delle modalita' della notificazione, degli atti  compiuti
dall'imputato prima dell'udienza, della nomina  di  un  difensore  di
fiducia e di ogni altra circostanza rilevante. 
    3. Il giudice procede in assenza anche fuori dai casi di  cui  ai
commi 1 e 2, quando l'imputato e' stato dichiarato latitante o si  e'
in  altro  modo  volontariamente  sottratto  alla  conoscenza   della
pendenza del processo. 
    4. Nei casi previsti dai commi 1,  2  e  3  il  giudice  dichiara
l'imputato  assente.  Salvo  che  la   legge   disponga   altrimenti,
l'imputato dichiarato assente e' rappresentato dal difensore. 
    5. Fuori dai casi previsti dai commi 1, 2 e 3, prima di procedere
ai sensi dell'art. 420-quater, il giudice rinvia l'udienza e  dispone
che l'avviso di cui all'art. 419, la richiesta di rinvio a giudizio e
il verbale d'udienza siano notificati all'imputato  personalmente  ad
opera della polizia giudiziaria. 
    6. L'ordinanza che dichiara l'assenza dell'imputato  e'  revocata
anche  d'ufficio  se,  prima  della  decisione,  l'imputato  compare.
L'imputato e' restituito nel termine per esercitare le facolta' dalle
quali e' decaduto: 
        a) se  fornisce  la  prova  che,  per  caso  fortuito,  forza
maggiore o altro legittimo impedimento, si e'  trovato  nell'assoluta
impossibilita' di comparire in tempo utile per esercitare le facolta'
dalle  quali  e'  decaduto  e   che   non   ha   potuto   trasmettere
tempestivamente la prova dell'impedimento senza sua colpa; 
        b) se, nei casi previsti dai commi 2 e 3, fornisce  la  prova
di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo  e
di non essere potuto intervenire senza sua colpa in tempo  utile  per
esercitare le facolta' dalle quali e' decaduto; 
        c) se comunque risulta che le condizioni per procedere in sua
assenza non erano soddisfatte. 
    7. Fuori del caso  previsto  dal  comma  6,  se  risulta  che  le
condizioni per procedere in assenza non erano soddisfatte, il giudice
revoca,  anche  d'ufficio,   l'ordinanza   che   dichiara   l'assenza
dell'imputato e provvede ai sensi del comma 5. 
    Il GUP quindi  perdurando  lo  stato  di  irreperibilita'  e  non
essendo stati rintracciati  gli  imputati,  si  trova  difronte  alle
seguenti alternative: 
        a) Rigettare la richiesta del pubblico ministero e  applicare
l'art. 89 citato dichiarando con sentenza ex art. 420-quater  c.p.p.,
il non doversi procedere per mancata conoscenza  della  pendenza  del
processo da parte degli imputati; 
        b) Rigettare la richiesta del pubblico ministero  e  ritenere
che sussistono le condizioni per dichiarare l'assenza degli  imputati
ex art. 420-bis, comma  2  c.p.p.  e  quindi  che  i  predetti  hanno
effettiva conoscenza della pendenza  del  processo  e  che  l'assenza
all'udienza  preliminare  sia  dovuta  ad  una  scelta  volontaria  e
consapevole; 
        c) Rigettare la richiesta del pubblico ministero  e  ritenere
che sussistono le condizioni per dichiarare l'assenza degli  imputati
ex art. 420-bis, comma 3 c.p.p. e  quindi  che  i  predetti  si  sono
volontariamente  sottratti  alla  conoscenza   della   pendenza   del
processo. 
        d) Rigettare la richiesta del pubblico ministero,  dando  una
interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 420-bis  commi
2 e 3 c.p.p., tesi sostenuta dalle costituende parti civili.  Secondo
queste ultime deve ritenersi altrimenti provata la  conoscenza  della
pendenza del processo da parte degli imputati, quando il processo  e'
un fatto notorio, con  ampia  risonanza  mediatica,  pubblicizzato  a
mezzo stampa e/o altro mezzo di diffusione, non  solo  in  Italia  ma
anche  all'estero  (e  segnatamente  in  Egitto),   e   risulti   che
l'Autorita' giudiziaria abbia profuso ogni  sforzo,  fatto  tutto  il
possibile per rintracciare gli imputati e portarli a  conoscenza  del
processo e cio' nonostante questi si siano sottratti al processo.  In
ultima  analisi,  poiche'  «ad  impossibilia  nemo   tenetur»,   deve
ritenersi provata la conoscenza del processo da parte degli imputati.
quando  e'  certo  che  gli  stessi  conoscono  della  esistenza  del
procedimento a loro carico e non e' possibile notificare  formalmente
l'imputazione  o  la  vocatio  in  iudicium  a  causa  della  mancata
cooperazione dello Stato di appartenenza o di residenza. 
        e) Accogliere la richiesta del pubblico ministero,  ritenendo
rilevante  e   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
costituzionalita' dell'art. 420-bis codice di procedura penale  nuovo
testo, nei termini sopra indicati. 
    Deve darsi per scontato che la normativa applicabile -  anche  in
considerazione delle precedenti pronunce della  Corte  d'assise,  del
GUP, che ha sospeso il  procedimento  ex  art.  420-quater,  comma  2
codice  di  procedura  penale  (vecchio  testo)  e  della  Corte   di
cassazione-  sia  quella  relativa  alla  mancata  conoscenza   della
pendenza del processo, posto che il procedimento e' stato sospeso per
mancato rintraccio degli imputati e la ordinanza di  sospensione  del
processo, e' stata  ritenuta  pienamente  legittima  dalla  Corte  di
cassazione che  ha  rigettato  come  inammissibile,  il  ricorso  del
pubblico ministero. La norma come si e' detto e' stata ora sostituita
dal nuovo testo sopra richiamato. 
    La Corte d'assise ha gia'  valutato  negativamente  gli  elementi
fattuali che avevano indotto il GUP a dichiarare l'assenza, e  questi
elementi sono stati altresi' considerati insufficienti dalla Corte di
cassazione con la sentenza che ha dichiarato inammissibile il ricorso
del pubblico ministero, in base  al  principio  che  la  volonta'  di
sottrarsi al  processo  deve  essere  valutata  in  base  a  condotte
positive dell'imputato, non potendo il giudice  basarsi  sull'inerzia
dell'imputato o sulla mancanza di diligenza da parte di  quest'ultimo
nell'informarsi sulla pendenza del processo, perche' «si farebbe  una
mera  operazione  di  cambio  nome  e  si  tornerebbe  alle   vecchie
presunzioni, il che ovviamente e' un'operazione non consentita». 
    Gli elementi fattuali successivi a quelli considerati dalla Corte
d'assise, dal GUP con l'ordinanza di sospensione del processo e dalla
Corte di cassazione, dimostrano ancora di piu' che il procedimento in
corso per il sequestro di persona, la tortura e l'omicidio  di  ....,
ha avuto larga risonanza mediatica in Italia, nei Paesi  Arabi  e  in
Egitto e che vi e' la prova evidente della volonta' dell'Autorita' di
Governo della Repubblica Araba di Egitto e dell'Autorita' giudiziaria
del ..., di non dare assistenza giudiziaria all'Autorita' giudiziaria
italiana per il rintraccio e la notificazione degli atti  ai  quattro
imputati. 
    Tale quadro probatorio pero' riguarda  la  volonta'  dello  Stato
egiziano di sottrarre i quattro imputati al nostro processo,  ma  non
e' tale da far ritenere provata la volonta' dei quattro  imputati  di
sottrarsi al processo. In ipotesi, gli stessi o  anche  solo  uno  di
loro, potrebbero voler partecipare al processo in Italia, magari  per
dimostrare di essere  innocenti,  e  la  loro  partecipazione  essere
invece impedita dalle Autorita' egiziane. 
    La notorieta' anche in  Egitto  del  «...»,  che  ha  indotto  il
Governo italiano a sollecitare il Capo di Stato  di  quel  Paese  per
trovare una soluzione, anche politica, della vicenda, non consente di
ritenere  positivamente  provata  la  volonta'  degli   imputati   di
sottrarsi al processo ovvero  di  ritenere  provato  che  gli  stessi
abbiano partecipato in qualsiasi modo alle  decisioni  dell'Autorita'
di Governo egiziano o dell'Autorita'  giudiziaria  del  ...,  di  non
cooperare per il rintraccio e le notifiche degli atti. 
    La volonta' degli imputati dunque nel caso che  ci  occupa,  puo'
essere accertata solamente mediante  una  presunzione,  perche'  puo'
ritenersi ragionevole e verosimile  presumere  che  gli  imputati,  i
quali hanno anche partecipato alle indagini  egiziane  e  sono  stati
sentiti come persone  informate  dei  fatti  dal  pubblico  ministero
italiano, siano a conoscenza del procedimento a loro carico in Italia
per il sequestro di persona, la tortura e l'omicidio di .... . Eppure
cio' non basta, perche' la normativa vigente sul processo in assenza,
e' stata introdotta allo  scopo  di  escludere  ogni  presunzione  di
conoscenza e di procedere in assenza dell'imputato  solamente  quando
e' effettiva la conoscenza del processo a suo carico, sia  in  ordine
alle imputazioni sia in ordine alla «vocatio in iudicium»  ovvero  e'
positivamente provata la sua volonta' di sottrarsi al processo. 
    L'attuale normativa del processo in assenza e'  stata  introdotta
per adeguare quella precedente, alla giurisprudenza della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali  e  della  Suprema  Corte,  che  avevano  escluso   ogni
possibilita' di procedere in assenza  in  base  alla  presunzione  di
conoscenza del procedimento. Dunque, la «Riforma Cartabia»  dell'art.
420-bis c.p.p., va  intesa  in  senso  piu'  rigoroso  rispetto  alla
normativa  precedente,  perche'  fa   riferimento   alla   conoscenza
effettiva, non presunta, del processo (non del mero procedimento). 
    Al riguardo vanno richiamati in questa sede  alcuni  passi  della
«Relazione dell'Ufficio del Massimario» n. 2 del 5 gennaio 2023. 
    «La disciplina del processo in  assenza  introdotta  dal  decreto
legislativo  n.  150  del  2022  e'  ispirata  all'esigenza  di   una
complessiva rivisitazione e rimodulazione della normativa  precedente
al duplice scopo di rendere piu' efficiente il processo, evitando che
la sua celebrazione sia vanificata dalla attivazione di rimedi per il
caso in cui l'imputato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, ed  a
quello di  adeguare  la  normativa  interna  alle  indicazioni  e  ai
principi elaborati dalla giurisprudenza europea, ed in particolare al
riconoscimento in termini di diritto  soggettivo  della  possibilita'
per l'imputato di essere presente nel processo che  lo  riguarda,  ai
fini   dell'esercizio   delle   prerogative   riconosciutegli   dalla
Convenzione europea dei  diritti  dell'uomo  ...  Le  Sezioni  Unite,
consapevoli della perdurante criticita' del sistema, attraverso varie
pronunce, hanno interpretato le disposizioni relative al processo  in
absentia introdotte nel 2014 in termini che fossero coerenti  con  le
indicazioni provenienti dalla Corte europea  dei  diritti  dell'uomo,
riaffermando innanzitutto il principio per cui, affinche' un processo
svoltosi in assenza possa  considerarsi  conforme  all'art.  6  della
Convenzione EDU, come interpretato dalla giurisprudenza  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo, e' indispensabile  che  l'imputato  ne
abbia  avuto  conoscenza  effettiva.  A  tal  fine  si  e'   ritenuto
insufficiente  che  egli  sia  stato  informato   dell'esistenza   di
un'indagine penale a suo carico, dal momento  che  la  consapevolezza
del processo e' garantita solo dalla conoscenza di  un  provvedimento
formale di vocatio in iudicium contenente  l'indicazione  dell'accusa
formulata, nonche' della data e del luogo di svolgimento del giudizio
(Sez. Unite, n. 28912 del 28 febbraio 2019,..., Rv. 275716 - 01)... 
    Con la successiva sentenza n. 23948 del  2E/11/2019,  dep.  2020,
..., Rv. 279420, le Sezioni unite hanno escluso  che  gli  indici  di
conoscenza indicati dall'art.  420-bis  codice  di  procedura  penale
possano considerarsi come  presunzioni,  dal  momento  che  una  tale
interpretazione  «non  potrebbe  mai  essere  consentita  perche'  in
violazione delle disposizioni convenzionali quali interpretate  dalla
Corte europea dei diritti dell'uomo». 
    Recependo questi approdi della giurisprudenza di  legittimita'  e
al fine di adeguarsi alle indicazioni europee, ed in particolare alla
direttiva (UE) 343/2016  (direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio sul rafforzamento di alcuni aspetti  della  presunzione  di
innocenza e del diritto di presenziare al processo  nei  procedimenti
penali), la  legge  27  settembre  2021,  n.  134  ha  rimodellato  i
presupposti del processo in assenza ponendovi a fondamento, non  piu'
la conoscenza legale o presunta del processo da parte  dell'imputato,
bensi' la sua conoscenza concreta ed effettiva, assicurata, a  monte,
attraverso un rinnovato  sistema  di  notificazioni  e  a  valle  dal
controllo che il giudice e' chiamato ad  effettuare  in  ordine  alla
reale consapevolezza dello svolgimento del processo. Ed  infatti,  il
criterio direttivo fondamentale, che permea tutta la riforma del  cd.
processo in assenza, e' quello secondo il quale in tanto il  processo
puo' procedere pur in mancanza dell'imputato, in  quanto  vi  sia  la
certezza che egli ne abbia effettiva conoscenza e che la sua  mancata
partecipazione ad esso sia frutto di scelta volontaria». 
    Quanto precede porta ad  escludere  la  interpretazione  proposta
dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo cui la  conoscenza  del
processo e la volonta'  di  sottrarsi  allo  stesso  da  parte  degli
imputati, possa essere desunta: dall'ampia risonanza mediatica; dalle
prese di posizione pubbliche in territorio egiziano  in  ordine  alla
pendenza del procedimento in Italia; dal fatto che gli imputati nella
qualita' di funzionari della National  Security  Agency  hanno  preso
attivamente parte alle indagini condotte in loco sul caso «...». 
    Tale  interpretazione  porta  inevitabilmente  a   presumere   la
conoscenza del processo da parte degli imputati valorizzando elementi
estranei alla volonta' degli stessi, cosi' contraddicendo lo  spirito
e la ratio della riforma. Peraltro, tale prospettazione e' stata gia'
ampiamente  censurata  dalla  giurisprudenza  di   legittimita'   con
riferimento  alla   precedente   normativa   (assai   meno   rigorosa
dell'attuale), che, come si e' visto, e' stata modificata proprio  al
fine di escludere ogni presunzione di conoscenza del processo. 
Sulle osservazioni  dell'avv.  Alessandra  Ballerini,  difensore  dei
prossimi congiunti di ...(costituende parti civili). 
    Allo stesso modo non si  ritiene  adeguata  l'argomentazione  del
difensore della famiglia in merito alla «effettiva  conoscenza  della
pendenza del processo» dei quattro imputati. Secondo l'avvocato: 
        «..., nel caso di specie, questa  difesa  non  ha  dubbi  sul
fatto che gli odierni imputati da un  lato  siano  a  conoscenza  del
processo  che  li  riguarda   e   che   d'altra   parte   si   stiano
volontariamente sottraendo sia dall'averne una conoscenza  ufficiale,
sia di conseguenza dal prendervi parte: infatti, come evidenziato nel
corso delle scorse udienze dal pubblico ministero e  dalla  scrivente
difesa la notizia dell'avvio del procedimento giudiziario  in  Italia
per il sequestro, le torture e l'uccisione di ...a carico dei quattro
odierni imputati ha  avuto  e  continua  ad  avere  enorme  risonanza
mediatica non solo in Italia, ma anche nei Paesi di lingua araba, tra
cui  l'Egitto  (casi  come  da  estratti  stampa   depositati   nelle
precedenti udienze da questa difesa). Ancora il  28  aprile  u.s.,  a
seguito di una manifestazione organizzata dalla Fnsi insieme ad  Art.
21, Adi (Associazione  dei  dottorandi  italiani)  e  numerose  altre
associazioni, in contemporanea davanti all'ambasciata egiziana a Roma
ed al consolato egiziano a Milano, la notizia del processo  a  carico
dei quattro imputati, di cui sono stati ben scandite le  generalita',
ha avuto altissima risonanza nella stampa araba. 
    Peraltro vale la pena ricordare che  gli  odierni  imputati  sono
alti funzionari della National Security  Agency  ed  hanno  non  solo
preso attivamente parte alle indagini condotte in loco sull'uccisione
di ..., ma sono nelle condizioni di essere  informati,  per  la  loro
qualifica e funzione, di qualsiasi notizia  riguardante  il  suddetto
procedimento... ... 
    Nel  caso  di  specie  sussistono  in  effetti   molti   elementi
valutabili  nel  loro  complesso  che  permettono  di  giungere  alla
conclusione che gli accusati si siano  volontariamente  sottratti  al
procedimento, di cui erano a conoscenza sin dal ... 
    Come gia' indicato dagli inquirenti e  ritenuto  dal  G.U.P.  nel
procedimento promosso in Italia,  si  ricorda  che  nel  corso  delle
indagini gli imputati furono  sentiti  reiteratamente  e  per  questa
ragione hanno  avuto  conoscenza  della  pendenza  del  procedimento.
Inoltre la  notizia  della  pendenza  del  procedimento,  degli  atti
assunti dal pubblico ministero e della data di fissazione delle varie
udienze ha avuto ampia copertura mediatici,  anche  in  lingua  araba
tanto  da  essere  veri  e  propri  fatti  «notori».   Gli   apparati
investigativi egiziani, di cui gli imputati  hanno  fatto  parte  con
ruoli apicali o ne sono stati membri, hanno avuto conoscenza grazie a
numerosissime  riunioni  del  team  investigativo  congiunto  e   del
"Memorandum" redatto dalla Procura generale  egiziana  del  ....  dal
quale si evince che gli  stessi  imputati  erano  indagati  anche  in
Egitto. Inoltre, gli indagati sono stati reiteratamente invitati  sia
per via diplomatica sia per rogatoria ad eleggere domicilio in Italia
ai sensi dell'art. 169 codice di procedura penale e  la  mancanza  di
riscontro  deve  essere  letta  come  prova  certa  della  volontaria
sottrazione al procedimento.» 
    La  tesi  dell'Avv.  Alessandra  Ballerini,  come  anche   quella
dell'Avvocatura dello Stato, trae  spunto  dagli  elementi  che  sono
stati valorizzati dal GUP nella dichiarazione di  assenza  dichiarata
nulla dalla Corte d'assise, elementi che  sono  stati  valutati  come
insufficienti anche da questo GUP e dalla  Corte  di  cassazione,  la
quale nella sentenza del 7 luglio  2022  (depositata  il  9  febbraio
2023), che  ha  dichiarato  inammissibile  il  ricorso  del  pubblico
ministero, entrando  nel  merito  della  questione,  si  e'  espressa
negativamente.  Questi  elementi   fattuali   sono   stati   ritenuti
insufficienti in base al vecchio testo dell'art. 420-bis  c.p.p.,  ma
la Corte di cassazione ha depositato la motivazione nel febbraio 2023
ed aveva ben presente il nuovo testo della norma. 
    Va ribadito che tali elementi fattuali portano a "presumere"  che
i quattro imputati siano a conoscenza del procedimento a loro  carico
in Italia, ma non sono sufficienti per ritenere che  questi  siano  a
conoscenza delle contestazioni e della  vocatio  in  iudicium  e  che
l'assenza sia dovuta ad una scelta volontaria e consapevole. 
    Va inoltre sottolineato che  il  nuovo  testo  dell'art.  420-bis
c.p.p., ha adeguato  la  normativa  sul  processo  in  assenza,  alla
giurisprudenza Convenzione europea per la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali e della Corte  di  cassazione
ed ha quindi reso ancora piu' rigorosa la normativa,  escludendo  che
si possa in alcun modo «presumere»  che  l'imputato  abbia  effettiva
conoscenza del processo (non piu' del procedimento) a suo carico. 
    Anche l'ulteriore argomentazione  del  difensore  della  famiglia
.... relativa all'art. 420-bis c,omma 3 c.p.p., non  appare  adeguata
al caso di specie. 
    In sostanza si fa riferimento alla Relazione del Massimario della
Corte di cassazione, laddove afferma: 
        «La regola della necessaria conoscenza dello svolgimento  del
processo incontra due deroghe indicate nel comma 3 dell'art. 420-bis.
Questo consente che, anche in mancanza delle condizioni indicate  nei
cornml precedenti, si proceda in assenza nei confronti  dell'imputato
latitante o che si  sia  volontariamente  sottratto  alla  conoscenza
della pendenza del processo. 
    In tali ipotesi, non vi e' la certezza che egli  sia  consapevole
dell'esistenza di un processo, e tuttavia il legislatore dispone  che
questo  faccia  comunque  il  suo  corso.  Tale  deroga,   la   quale
costituisce attuazione del criterio dettato  dall'art.  1,  comma  7,
lettera f) della legge delega, e' conforme alla direttiva 2016/343/UE
che all'art. 8, par. 3, consente agli Stati  membri  di  svolgere  il
processo in assenza quando l'imputato non  puo'  essere  rintracciato
«nonostante gli sforzi profusi». 
    Ulteriore ipotesi di deroga e' prevista nel  caso  di  volontaria
sottrazione alla conoscenza del processo,  la  quale  ricorre  quando
l'imputato, avendo avuto una qualche informazione in ordine al  fatto
che si svolgera' un processo nei suoi confronti, fa in  modo  di  non
ricevere alcuna comunicazione ufficiale, da parte degli organi a cio'
preposti. 
    In tal caso la deroga si giustifica  in  ragione  della  volonta'
dell'imputato non solo di sottrarsi al processo, ma prima  ancora  di
ostacolarne  lo  svolgimento   impedendo   di   esserne   formalmente
informato. Anche in tal caso spetta al giudice accertare se ricorrano
i presupposti di tale ipotesi derogatoria  e,  in  caso  affermativo,
darne conto con specifica motivazione, (cosi'  Relazione  su  novita'
normativa: La "riforma Cartabia" del 5 gennaio 2023 dell'Ufficio  del
Massimario della Corte Suprema di Cassazione pag. 98).» 
    La deroga riguarda l'ipotesi in cui non si  e'  potuto  procedere
alla notifica formale degli atti del processo, perche' l'imputato  si
e' volontariamente  sottratto  alla  conoscenza  della  pendenza  del
processo. 
    Tuttavia in  questo  caso  non  vi  sono  condotte  attive  degli
imputati che possono essere valutate dal giudice  per  accertare  che
gli stessi si siano «volontariamente» sottratti alla conoscenza della
pendenza del processo. Come si e' visto sopra, la  suprema  Corte  ha
piu' volte chiarito, segnatamente nella sentenza del «processo  ...»,
che la volonta' di sottrarsi al processo deve ricavarsi  da  condotte
attive e  non  dall'inerzia  o  da  condotte  omissive  o  negligenti
dell'imputato,  ed  in  particolare:  «Le  Sezioni  Unite  hanno  poi
puntualmente  rilevato  che  l'ari.  420-bis,  comma  2,  codice   di
procedura  penale  ,  «per  la  difesa  dai  "finti   inconsapevoli",
valorizz[a], quale unica ipotesi in cui possa procedersi  pur  se  la
parte ignori la vocatio  in  ius,  la  "volontaria  sottrazione  alla
conoscenza del procedimento o di atti  del  procedimento"».  Hanno  a
tale riguardo sottolineato che «evidentemente, si  deve  trattare  di
condotte  positive,  rispetto  alle  quali  si  rende  necessario  un
accertamento in fatto, anche quanto al coefficiente psicologico della
condotta», ... Cio' perche' «se si esaspera il concetto  di  "mancata
diligenza" sino a  trasformarla  automaticamente  in  una  conclamata
volonta' di evitare la conoscenza degli atti, ritenendola sufficiente
per fare a meno della prova della consapevolezza della vocatio in ius
per procedere in assenza, si farebbe una mera operazione di cambio di
nome e si tornerebbe alle vecchie presunzioni, il che  ovviamente  e'
un'operazione non consentita». 
    Orbene, nel caso di specie  non  sono  state  accertate  condotte
attive dei quattro imputati per sottrarsi  al  processo,  questi  non
sono mai stati raggiunti da alcuna notifica e non e' noto il luogo di
lavoro o di domicilio e,  come  ha  spiegato  la  suprema  Corte  non
possono  essere  valorizzate  le  funzioni  esercitate  dai   quattro
imputati e l'aver partecipato alle indagini in Egitto, ne'  tantomeno
il fatto di  essere  stati  sentiti  in  qualita'  di  testimoni  dal
pubblico ministero italiano. 
    Ancora una volta la volonta' di sottrarsi al processo e' ricavata
da una «presunzione di conoscenza»  basata  sugli  elementi  fattuali
piu' volte richiamati, che semmai provano la volonta' delle Autorita'
egiziane di sottrarre i quattro imputati al processo in Italia. 
    Anche l'ampio richiamo dell'avv. Ballerini  alla  sentenza  della
Corte di giustizia del 19  maggio  2022  nella  causa  C-569/20,  non
appare consono al caso che ci occupa. 
    Il caso sottoposto dal Tribunale specializzato per i procedimenti
penali bulgaro, alla Corte di giustizia, era il seguente: 
        la   Procura   specializzata   bulgara   aveva   avviato   un
procedimento penale a carico di IR,  accusato  di  partecipazione  ad
un'organizzazione criminale finalizzata  alla  commissione  di  reati
tributari  punibili  con  pene  detentive.  Inizialmente,  l'atto  di
imputazione veniva notificato personalmente a IR e a seguito di  tale
notifica, IR  indicava  l'indirizzo  (per  noi  domicilio)  al  quale
avrebbe  potuto  essere  contattato.  Tuttavia,   avviata   la   fase
giurisdizionale  del  procedimento  penale,  davanti   al   Tribunale
specializzato per  i  procedimenti  penali,  IR  non  veniva  trovato
all'indirizzo da lui indicato e vani erano i tentativi di  convocarlo
per  l'udienza.  Il  giudice  nominava  un  avvocato  d'ufficio,  che
tuttavia non riusciva a contattare il predetto. L'atto di imputazione
notificato  a  IR,  essendo  inficiato  da  un'irregolarita',  veniva
dichiarato nullo e, di conseguenza, il procedimento veniva chiuso. In
seguito,  veniva  redatto  un  nuovo  atto  di   imputazione   e   il
procedimento veniva riaperto. In tale occasione, IR veniva nuovamente
ricercato, anche attraverso i membri della sua famiglia,  i  suoi  ex
datori di lavoro e gli operatori di  telefonia  mobile,  ma  non  era
possibile rintracciarlo. 
    Il giudice del rinvio ne deduceva che IR si era dato alla fuga  e
riteneva che, in tali circostanze, la causa potesse essere  giudicata
in assenza di IR. Orbene, il giudice rimettente chiedeva  alla  Corte
di giustizia se una tale situazione potesse rientrare nell'ambito  di
applicazione dell'art. 8, paragrafo 2,  della  direttiva  2016/343  o
piuttosto nell'ipotesi prevista all'art. 8,  paragrafo  4,  di  detta
direttiva. 
    Il caso sottoposto  alla  Corte  di  giustizia  e'  dunque  assai
diverso dalla situazione relativa al processo ...., perche' in quella
occasione all'imputato era stato notificato inizialmente il  capo  di
imputazione e a seguito di  questa  notifica  egli  aveva  eletto  un
domicilio.   L'impossibilita'   di   convocarlo   per   l'udienza   e
successivamente  di  rintracciarlo  nonostante   tutti   gli   sforzi
dell'Autorita'  giudiziaria,  dunque  teneva  conto  della  pregressa
notifica del capo di imputazione e della elezione del  domicilio  per
le successive notifiche. In una situazione di questo tipo  in  Italia
il giudice potrebbe dichiarare l'assenza in  base  all'art.  420-bis,
comma 2 c.p.. 
    La Corte di giustizia in relazione al processo bulgaro  affermava
che: 
        «Occorre infine rilevare che  dagli  elementi  del  fascicolo
sottoposto alla Corte risulta che l'atto di  imputazione  originario,
notificato personalmente a IR, e' stato dichiarato  nullo.  Il  nuovo
atto d'imputazione, sul quale si fonda il processo attualmente svolto
in contumacia, non e' stato notificato personalmente, in  quanto  IR,
senza informarne le autorita' competenti, ha lasciato, per un periodo
a priori indeterminato, il luogo di cui aveva comunicato  l'indirizzo
al termine della notifica dell'atto di imputazione originario  e  che
aveva indicato  come  l'indirizzo  al  quale  avrebbe  potuto  essere
contattato... Nell 'ipotesi in cui  il  giudice  del  rinvio  dovesse
constatare che il contenuto del nuovo atto di imputazione corrisponde
all'atto di imputazione originario e che tale  nuovo  atto,  pur  non
avendo potuto essere consegnato personalmente a IR, e' stato  inviato
e consegnato all'indirizzo che  quest'ultimo  aveva  comunicato  alle
autorita' incaricate dell'istruzione penale dopo aver ricevuto l'atto
di imputazione originario,  tali  circostanze  potrebbero  costituire
indizi precisi e oggettivi atti a  consentire  di  ritenere  che  IR,
essendo stato informato, conformemente alla direttiva 2012/13/UE  del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012,  sul  diritto
all'informazione nei procedimenti penali (GU 2012, L  142,  pag.  1),
della natura e della causa dell'accusa  formulata  a  suo  carico  e,
quindi, del  fatto  che  si  sarebbe  svolto  un  processo  nei  suoi
confronti, abbia, lasciando l'indirizzo  che  aveva  comunicato  alle
autorita', al fine di sottrarsi all'azione della giustizia, impedendo
a queste ultime di informarlo ufficialmente dello svolgimento di tale
processo. Spetta tuttavia al giudice del rinvio effettuare  tutte  le
verifiche a tal riguardo alla luce dell'insieme delle circostanze del
procedimento principale.» 
    In questa sede, la sentenza della Corte  di  giustizia  segnalata
dall'Avv. Ballerini, non  puo'  essere  ritenuta  rilevante,  perche'
riguarda  un  caso  in   cui   l'imputato   conosceva   l'imputazione
(inizialmente notificatagli personalmente), aveva eletto il domicilio
per  le  successive  notificazioni  di  quel  procedimento,  e  senza
comunicare il trasferimento del domicilio all'Autorita'  giudiziaria,
si era reso irreperibile al domicilio eletto per  la  notifica  della
convocazione all'udienza davanti al Giudice. 
    In  quel  caso  l'imputato  era  a  conoscenza  del  processo   e
dell'imputazione, anche se non gli era stata notificata la fissazione
dell'udienza,  situazione  affatto  diversa  da  quella  dei   nostri
imputati. Peraltro, la Corte di giustizia ha affermato  il  principio
che le norme interne sono coerenti con  gli  articoli  8  e  9  della
direttiva UE 2016/343 de Parlamento europeo e  del  Consiglio  del  9
marzo 2016, CEDU, se nel caso in cui si  proceda  in  assenza  (o  in
contumacia) vi sia «in linea di principio la possibilita', a  seguito
della notifica della condanna, di far valere direttamente il diritto,
riconosciuto dalla direttiva, di ottenere la riapertura del  processo
o l'accesso a un mezzo di  ricorso  giurisdizionale  equivalente  che
conduca ad un nuovo esame del merito della  causa  in  sua  presenza.
Tale diritto puo' tuttavia  essere  negato  all'imputato  qualora  da
indizi precisi e  oggettivi  risulti  che  quest'ultimo  ha  ricevuto
informazioni sufficienti per essere a conoscenza  del  fatto  che  si
sarebbe svolto un processo nei suoi confronti e, con atti  deliberati
e al fine di sottrarsi all'azione della giustizia, ha  impedito  alle
autorita' di informarlo ufficialmente di tale  processo».  Da  quanto
precede se ne puo' dedurre  che  le  ipotesi  di  cui  agli  articoli
420-bis comma 2 e comma 3 c.p.p., sono in linea con gli articoli 8  e
9 della direttiva UE 2016/343 de Parlamento europeo e  del  Consiglio
del 9 marzo 2016, CEDU, in quanto: 
        a) l'art. 175, comma 2.1, prevede a) che l'imputato giudicato
in assenza e' restituito, a sua richiesta, nel termine  per  proporre
impugnazione, salvo che vi abbia volontariamente rinunciato, se,  nei
casi previsti dall'art. 420-bis, commi 2 e 3, fornisce  la  prova  di
non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e  di
non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa; 
        b) il comma 6 dell'art.  420-bis  c.p.p.  prevede  la  revoca
della assenza e la remissione in termini dell'imputato nel  caso  che
questi dimostri di essersi trovato nella impossibilita' di  comparire
per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento; 
        c) analogamente l'art. 604, comma 5-bis  cpp  in  materia  di
appello prevede in quei casi la nullita' della sentenza di condanna e
la restituzione degli atti al giudice del primo grado; 
        d) l'art. 623, comma 1, lettera b-bis)  per  il  ricorso  per
cassazione, analogamente prevede  in  quei  casi  l'annullamento  con
rinvio al giudice che ha emesso la sentenza di condanna. 
Sulle osservazioni dei difensori degli imputati. 
    Nella memoria congiunta, i difensori degli imputati,  dopo  avere
ricostruito  l'iter  dei   provvedimenti   emessi   nel   corso   del
procedimento e fatta una esposizione ragionata  della  giurisprudenza
della suprema Corte e della nuova normativa sul processo in  assenza,
con  riguardo  alla  questione  di  costituzionalita'  sollevata  dal
pubblico  ministero,  affermano  che  «qualora  venisse  accolta   la
questione di legittimita' costituzionale avanzata dalla  Procura,  si
perverrebbe al  paradosso  giuridico  secondo  il  quale  l'effettiva
conoscenza del processo potrebbe essere  a  prescindere  negata  agli
imputati per la mera iniziativa od  inerzia  dell'Autorita'  politica
del loro Stato di  appartenenza,  con  conseguente  celebrazione  del
processo nei confronti di soggetti  non  legittimamente  informati  e
dunque sostanzialmente inconsapevoli». 
    Tale rilievo non tiene conto che  la  decisione  della  Autorita'
estera  di  non  cooperare  con  l'Autorita'  giudiziaria   italiana,
sostanzialmente porta un beneficio agli imputati, che restano  esenti
di  fatto  dalla  giurisdizione   del   giudice   italiano.   Dunque,
diversamente che per le vittime del reato e per i prossimi  congiunti
che non possono costituirsi parti  civili  e  subiscono  un  indubbio
pregiudizio dalla condotta  ostruzionistica  dello  Stato  estero  di
appartenenza degli imputati, questi ultimi al  contrario  beneficiano
di una sostanziale immunita' penale. 
    Inoltre, mentre il nostro ordinamento  prevede  specifici  rimedi
giuridici a tutela dell'imputato che senza sua colpa non abbia potuto
intervenire nel processo per caso fortuito, forza  maggiore  o  altro
legittimo impedimento e dunque abbia subito, non per  sua  colpa,  la
decisione dell'Autorita' estera  di  non  cooperare  con  l'Autorita'
giudiziaria italiana; nessuna  tutela  e'  prevista  per  le  persone
offese e  i  loro  prossimi  congiunti,  che  subiscono  la  condotta
protezionistica  dello  Stato  estero  verso  i  propri  cittadini  o
residenti, senza poter esercitare alcun rimedio giuridico. 
    La sentenza di non doversi procedere ex art.  420-quater  c.p.p.,
se da un lato non  esclude  in  via  definitiva  la  possibilita'  di
processare  gli  imputati,  dall'altro  reca  un   sicuro   e   grave
pregiudizio alle persone offese a  ai  loro  prossimi  congiunti  che
vedono allontanarsi sine die la possibilita'  di  partecipare  ad  un
giusto processo e, soprattutto, mancando la cooperazione dello  Stato
estero di appartenenza degli imputati, restano in una  situazione  di
impotente attesa sperando  che  l'Autorita'  straniera  si  decida  a
cooperare con l'Autorita' giudiziaria italiana. 
    Il contesto normativa in questione, pertanto, in casi come quello
del «processo ...», e' solo a favore degli imputati e non  prende  in
nessuna  considerazione  i  diritti  delle  persone  offese   e   dei
danneggiati dal reato. 
    La  tesi  difensiva  comunque  trovera'  risposta   anche   nelle
argomentazioni che seguono sulla  non  manifesta  infondatezza  della
questione di costituzionalita'. 
Rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    Da quanto sopra deriva che non vi puo' essere una interpretazione
dell'art. 420-bis commi 2 e 3 cpp, diversa da quella che  esclude  di
ritenere  «presunta»  la  effettiva  conoscenza  della  pendenza  del
processo e/o la volonta' dell'imputato di non  comparire  in  udienza
preliminare, ovvero di ritenere «presunta» la volonta'  dell'imputato
di sottrarsi alla conoscenza del processo. 
    Inoltre, e' pure da escludere che la volonta' di non  partecipare
al processo o la volonta' di sottrarsi alla conoscenza dei  processo,
possa essere  desunta  dalla  semplice  inerzia  dell'imputato  o  da
fattori esterni non riconducibili a lui direttamente e personalmente,
come nel caso in cui lo Stato estero di appartenenza o  di  residenza
dell'imputato non cooperi  con  l'Autorita'  giudiziaria  italiana  o
addirittura  volontariamente   impedisca   che   quest'ultima   possa
esercitare la  giurisdizione  e  procedere  nei  confronti  dei  suoi
cittadini o residenti. 
    La giurisprudenza della suprema Corte, che  resta  attuale  anche
dopo la «Riforma Cartabia», ed anzi  e'  confortata,  rafforzata  dal
nuovo testo dell'art. 420-bis, commi  2  e  3  c.p.p.,  impedisce  di
accedere alle tesi indicate dalle costituende parti civili,  come  si
e' visto sopra. 
    Una eventuale dichiarazione  di  assenza  che  si  basasse  sugli
elementi (attuali prospettati dalle costituende  parti  civili,  gia'
valutati  negativamente  dalla  Corte  d'assise  e  dalla  Corte   di
cassazione nella sentenza del 7 luglio 2022 (depositata il 9 febbraio
2023), porterebbe, in caso  di  prosecuzione  del  giudizio,  ad  una
sicura  declaratoria  di  nullita'  degli   atti   conseguenti   alla
dichiarazione di assenza, come gia' e'  avvenuto  per  il  precedente
decreto di rinvio a giudizio emesso dal GUP in data 25 maggio 2021. 
    E' dunque immediatamente possibile cogliere  la  rilevanza  della
questione che si  intende  prospettare  rispetto  al  caso  concreto,
qualora venisse affermata l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.
420-bis, commi 2 e 3 c.p.p., nella parte  in  cui  non  prevedono  la
possibilita' di procedere in assenza, quando  la  mancata  conoscenza
del processo o della pendenza del processo sia  dovuta  all'accertato
rifiuto di assistenza giudiziaria da  parte  dello  Stato  estero  di
appartenenza o di residenza dell'imputato. Infatti, poiche' nel  caso
di specie e' stato accertato dal giudice remittente il rifiuto  delle
Autorita' di governo e dell'Autorita'  giudiziaria  della  Repubblica
Araba di Egitto, di prestare assistenza  giudiziaria  alla  Autorita'
giudiziaria italiana, per il rintraccio  e  la  notifica  degli  atti
processuali (segnatamente  del  decreto  di  fissazione  dell'udienza
preliminare e della richiesta di rinvio  a  giudizio)  agli  imputati
(tutti cittadini egiziani, pubblici ufficiali in servizio  presso  la
National  Security  all'epoca  dei   fatti),   la   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale consentirebbe di procedere  in  assenza
dei quattro imputati. 
    Per contro, l'interpretazione letterale dell'art. 420-bis commi 2
e 3 c.p.p., o quella piu' volte indicata secondo le statuizioni delle
Sezioni Unite della Corte di cassazione,  da  ultimo  ribadite  dalla
sentenza emessa dalla Cassazione sez. I proprio  con  riferimento  al
processo inevitabilmente porterebbero  ad  una  declaratoria  di  non
doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del  processo
da parte dei quattro imputati ex articoli  420-quater  c.p.p.  e  89,
comma 2 decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. 
    E' evidente pertanto l'attualita' e l'inerenza della disposizione
censurata rispetto alla  decisione  del  Giudice  rimettente  nonche'
l'incidenza concreta dell'eventuale decisione  di  accoglimento,  sul
presente processo, perche' ove la Corte costituzionale ritenesse  non
conforme a Costituzione  la  normativa  attualmente  in  vigore,  che
sostanzialmente  condiziona  l'esercizio  della   giurisdizione   del
Giudice  italiano  e  l'esercizio  dell'azione  penale  del  pubblico
ministero italiano, per gravissimi crimini, al «grazioso  gradimento»
dello Stato estero di appartenenza  o  di  residenza  degli  imputati
(peraltro  in  violazione  di  principi  pattizi)-  si  aprirebbe  la
possibilita' di procedere penalmente nei  confronti  degli  imputati,
salva in ogni caso la possibilita' per gli  stessi,  garantita  dalle
norme di cui agli arti.  175,  comma  2.1  c.p.p.,  420-bis  comma  6
c.p.p., 604 comma 5-bis c.p.p., 623 comma 1, lettera  b-bis)  c.p.p.,
di reclamare successivamente la propria effettiva mancata  conoscenza
dell'esistenza del processo, per causa di forza maggiore,  per  altro
legittimo impedimento o comunque di non avere  avuto  conoscenza  del
processo o di non esser potuti intervenire senza colpa. 
    Sussiste,   dunque,   la    rilevanza    della    questione    di
costituzionalita'  nell'udienza  preliminare  in  corso,   altrimenti
destinata a chiudersi con una sentenza di non  doversi  procedere  ex
art. 420-quater c.p.p. 
La non manifesta infondatezza. 
    I fattori certi che incidono sulla impossibilita' di procedere in
assenza sono: a) l'accertata volonta' dello  Stato  egiziano  (inteso
sia  come  Autorita'  di  gverno  sia  come   Autorita'   giudiziaria
competente), di non  prestare  assistenza  giudiziaria  all'Autorita'
giudiziaria italiana per il rintraccio e la notifica del  decreto  di
fissazione dell'udienza  preliminare  (con  l'allegata  richiesta  di
rinvio a giudizio) ai quattro imputati (cittadini egiziani,  pubblici
ufficiali in servizio all'epoca dei fatti nella  National  Security),
che  secondo  l'accusa  hanno  commesso  nell'esercizio  delle   loro
funzioni i reati di  sequestro  di  persona,  di  lesioni  gravissime
compiute mediante torture, di omicidio  volontario  conseguente  alle
sevizie e alle gravissime lesioni inferte; b) la presunta  conoscenza
da parte degli imputati, del procedimento che si svolge in  Italia  a
loro carico per il sequestro di persona, la tortura  e  la  morte  di
...avvenuta a ... tra il... e  il  ...,  ricavata  da  una  serie  di
elementi fattuali (sopra  esposti)  e  dalla  risonanza  mediatica  e
notorieta' del procedimento in corso, non solo in Italia ma anche  in
Egitto e in tutto il «mondo arabo» (tesi questa condivisa  sia  dalla
Corte d'assise nella ordinanza del 14 ottobre 2021 sia dalla Corte di
cassazione I, sez penale nella sentenza del 7 luglio 2022 (dep. il  9
febbraio  2023);  c)  la  impossibilita'  di  notificare   gli   atti
processuali  agli  imputati,  quale  conseguenza  del  rifiuto  delle
Autorita' egiziane di cooperare con l'Autorita' giudiziaria italiana;
d) il sacrificio del diritto dei prossimi  congiunti  di  ...  ad  un
giusto  processo  per  accertare  i  fatti   e   le   responsabilita'
(eventuali) degli imputati, infatti,  per  effetto  della  «condotta»
dello  Stato  egiziano,  i  familiari  della  vittima   non   possono
costituirsi  parti  civili  nel  processo  in  corso  e   la   tutela
giurisdizionale del loro diritto alla «verita'» e al risarcimento del
danno da reato,  non  puo'  essere  esercitata  in  giudizio;  e)  la
impossibilita' per il Giudice dell'udienza preliminare di  verificare
se gli imputati scientemente e volontariamente si  stiano  sottraendo
al processo in Italia o se invece si tratti  di  una  scelta  imposta
dalle Autorita' egiziane e subita dagli imputati. 
1) Violazione degli articoli 24, comma 1 e 2 Cost. 
    La violazione dell'art. 24, comma  1  e  dell'art.  2  Cost.,  va
richiamata in primo luogo con riferimento alle persone  offese  e  ai
danneggiati dal reato, perche' l'azione in giudizio per la difesa dei
propri diritti, ha osservato la Corte costituzionale, e' essa  stessa
il contenuto di un diritto, protetto dall'art. 24 della  Costituzione
ed e' da annoverarsi tra quelli inviolabili, riconducibili all'art. 2
della Costituzione e caratterizzanti lo stato democratico di diritto»
(sentenza n. 26 del 1999; in senso conforme sentenze n. 238 del 2014,
n. 120 del 2014 e ordinanza n. 386 del 2004). Esso e' riconosciuto  a
tutti, dal primo comma dell'art. 24 Cost., e a tutti  spetta,  com'e'
proprio dei diritti ascrivibili all'alveo dell'art. 2 Cost., riferito
all'uomo. 
    Nel caso di specie, la impossibilita' per i prossimi congiunti di
..., far valere il proprio diritto all'accertamento dei fatti,  delle
responsabilita' e al risarcimento del  danno  conseguente  al  reato,
peraltro  determinata  dalla   volonta'   dello   Stato   estero   di
appartenenza degli imputati, lede sicuramente il diritto  inviolabile
alla tutela  giurisdizionale  dei  diritti  delle  costituente  parti
civili, le quali sono private del diritto di agire  in  giudizio  non
potendo esercitare l'azione civile neppure davanti al giudice civile,
dato che anche  in  quel  caso  sarebbe  necessaria  la  cooperazione
dell'Autorita' estera. 
    La Corte costituzionale, con la sentenza 22 ottobre 2014, n. 238,
pronuncia  che  -  nell'affrontare  la  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1 della legge 17 agosto  1957,  n.  848,  di
esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, come interpretato dalla
Corte internazionale di giustizia con  la  sentenza  del  3  febbraio
2012,  con  cui  si  era  negata  la  giurisdizione,   nelle   azioni
risarcitorie per danni da crimini di guerra commessi  «iure  imperii»
dal Terzo Reich - ha affermato che tra «gli  elementi  identificativi
ed irrinunciabili dell'ordinamento costituzionale,  per  cio'  stesso
sottratti anche alla revisione costituzionale», rientra  «il  diritto
al giudice ed a una  tutela  giurisdizionale  effettiva  dei  diritti
inviolabili», giacche' esso «e' sicuramente tra i grandi principi  di
civilta' giuridica in ogni sistema  democratico  del  nostro  tempo»,
essendo «intimamente connesso con lo stesso principio  di  democrazia
l'assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice
e un giudizio». 
    Anche la recente sentenza della Corte costituzionale che pure  ha
riconosciuto la dimensione non solo «processuale»,  ma  «sostanziale»
del  principio  della  presunzione  di  innocenza  (come   ricavabile
dall'art. 6, paragrafo 2,  CEDU,  nell'interpretazione  datane  dalla
Corte europea dei  diritti  dell'uomo,  terza  sezione,  sentenza  20
ottobre 2020, contro Repubblica di San Marino), nel  senso  che  tale
presunzione - in ogni caso di esiti del processo penale diversi dalla
condanna impone di «proteggere le persone che sono state  assolte  da
un'accusa penale, ha affermato che tale principio non «deve ridondare
a danno del diritto del danneggiato ad ottenere il  risarcimento  del
pregiudizio cagionatogli dal reato» (Corte cost., sentenza  7  luglio
21, n. 182). 
    La direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo  e  del  Consiglio
del 25 ottobre 2012,  che  istituisce  norme  minime  in  materia  di
diritti, assistenza e protezione delle  vittime  di  reato  -recepita
dall'Italia con decreto legislativo n. 212 del 2015 -, prevede  anche
per la vittima del reato, intesa non solo  come  vittima  diretta  ma
anche come familiare di una persona la cui morte  sia  stata  causata
direttamente da un reato (art.  2,  comma  1,  lettera  a),  ii),  il
diritto di  partecipare  ai  procedimenti  penali  e  il  conseguente
diritto  di  ottenere,  da  essi,  l'accertamento  dei  fatti  e   le
statuizioni risarcitorie. 
    La Corte europea dei diritti dell'uomo, nei casi Abu Zubaydah  c.
Lituania, (31 maggio 2018, § 610), e Al Nashiric. Romania, (31 maggio
2018, § 641) ha affermato che «laddove nelle indagini siano coinvolte
accuse di gravi violazioni dei diritti umani, il diritto alla verita'
sulle circostanze rilevanti del caso non appartiene solo alla vittima
del reato  e  alla  sua  famiglia,  ma  anche  ad  altre  vittime  di
violazioni simili e al pubblico in generale, che  ha  il  diritto  di
sapere cosa  e'  successo.  Una  risposta  adeguata  da  parte  delle
autorita' nelle  indagini  sulle  denunce  di  gravi  violazioni  dei
diritti umani, puo' essere generalmente  considerata  essenziale  per
mantenere la fiducia del pubblico nella sua adesione  allo  stato  di
diritto e per prevenire qualsiasi apparenza di impunita',  collusione
o tolleranza di atti illeciti. 
    Sempre secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, l'indagine
dovra' portare all'identificazione e alla punizione dei responsabili,
perche'  se  cosi'  non   fosse,   nonostante   la   sua   importanza
fondamentale, l'interdizione inderogabile della tortura e di  pene  o
trattamenti inumani o degradanti sarebbe inefficace nella pratica,  e
sarebbe  possibile  in  alcuni  casi  per  gli  agenti  dello   Stato
calpestare, godendo pressoche' dell'impunita', i diritti  di  chi  e'
stato sottoposto al  loro  controllo  (si  vedano,  tra  molte  altre
sentenze, Assenov e altri c. Bulgaria, 28 ottobre 1998, §  102;  ....
c. Italia, 6 aprile 2000, § 131, Krastanov c. Bulgaria,  3  settembre
2004, § 57; Vladimir Romanov c. Russia, 24 luglio 2008, § 81;  Ali  e
Ayse Duran c. Turchia, 8 aprile 2008, § 60; Georgiy Bykov c.  Russia,
14 ottobre 2010, § 60; ElMasri c. L'ex Repubblica  di  Macedonia,  13
dicembre 2012, §§ 182 e 185 e la giurisprudenza ivi  citata;  Dembele
c. Svizzera, 24 settembre 2013, § 62; ... c.Italia, 24 giugno 2014, §
62; c. Italia, 1° luglio 2014, § 76; e Dimitrov e altri c.  Bulgaria,
1° luglio 2014, § 135). 
    Il sacrificio del diritto della vittima e dei prossimi congiunti,
e' tanto piu' intollerabile, se si considera che nel caso di  specie,
questo e' determinato dallo Stato  di  appartenenza  degli  accusati,
cioe' da un soggetto estraneo alla vicenda giudiziaria, che  peraltro
e' anche firmatario della Convenzione contro la  tortura  conclusa  a
New York il 10 dicembre 1984 e  ratificata  dall'Egitto  in  data  25
giugno 1986 (entrata in vigore il 26 giugno 1987). Il  rifiuto  della
Repubblica   Araba   d'Egitto   non   solo   viola   la   Convenzione
internazionale contro la tortura, ma impedisce  all'Italia  di  darvi
attuazione (vedi oltre). 
2) Violazione degli articoli 24 comma 2 Cost. e 2 Cost. 
    La condotta ostruzionistica dello Stato estero, non solo lede  il
diritto delle vittime del reato ad un giusto processo,  ma  anche  il
diritto di difesa degli stessi imputati (cittadini egiziani), diritto
che  l'art.  24,  comma  2  Cost.,  in   attuazione   del   principio
fondamentale  sancito  dall'art.  2  Cost.,  espressamente  definisce
inviolabile  riconoscendolo  a  tutte   le   persone   (cittadini   e
stranieri). Infatti, il rifiuto di cooperazione o  la  inerzia  delle
Autorita' estere (nel  caso  di  specie  egiziane)  non  consente  al
giudice di verificare se gli imputati scientemente e  volontariamente
abbiano deciso di non partecipare al processo (art. 420-bis  comma  2
c.p.p.) o se volontariamente si  stiano  sottraendo  alla  conoscenza
della pendenza del processo (art. 420-bis, comma 3  c.p.p.).  Invero,
tale accertamento, che le norme affidano al  GUP,  in  assenza  della
cooperazione dell'Autorita' estera, risulta assolutamente impossibile
da effettuare, perche' l'Autorita' giudiziaria italiana non ha poteri
diretti da esercitare all'estero  e  necessariamente  deve  affidarsi
alla cooperazione internazionale dello Stato estero. Non e'  pertanto
da  escludere  che  l'Autorita'  estera,  per  ragioni  che   esulano
dall'interesse degli imputati ad un giusto processo, impedisca al suo
cittadino o residente, di partecipare  al  processo  in  Italia,  non
consentendo a quest'ultimo di affrontare il processo e di provare  la
propria innocenza. 
    La normativa di riferimento e' stata  chiaramente  concepita  con
riferimento ad imputati che si trovano in territorio  italiano  o  in
territori  di  Stati  appartenenti  all'Unione  europea   ovvero   in
territori di  Stati  con  i  quali  vi  sono  accordi  di  assistenza
giudiziaria o  anche  in  assenza  di  questi  ultimi,  che  comunque
cooperino con le Autorita' italiane a seguito di rogatoria. 
    La normativa  sul  processo  in  assenza  non  contempla  affatto
l'ipotesi in cui i poteri di accertamento del Giudice italiano  siano
impediti dallo Stato estero, come nel caso di specie, ed  il  sistema
ideato dalla «Riforma Cartabia», entra  dunque  in  crisi  sistemica,
proprio perche' non vi e' una norma che preveda un rimedio in casi di
questo genere. 
    Proprio l'assenza di una  norma  che  consenta  di  procedere  in
assenza, quando vi e' il rifiuto di cooperazione dello Stato  estero,
incentiva, alimenta  situazioni  di  ostruzionismo  o  di  abuso  del
diritto. Infatti, se vi fosse una  norma  di  chiusura,  come  quella
appena descritta, lo Stato estero  non  avrebbe  alcun  interesse  ad
ostacolare la giustizia italiana, sapendo che  quest'ultima  potrebbe
avere il suo corso sia  in  caso  di  cooperazione  sia  in  caso  di
accertato rifiuto di cooperazione. Il sistema normativo sul  processo
in assenza raggiungerebbe un equilibrio razionale proprio  in  virtu'
di un «contrappeso» normativo da opporre al potere dello Stato estero
di sottrarre  i  propri  cittadini  o  residenti  alla  giurisdizione
italiana. 
    La norma cosi' intesa, sarebbe  perfettamente  in  linea  con  le
indicazioni della Corte di  giustizia,  perche'  come  sopra  abbiamo
evidenziato con la sentenza del 19 maggio 2022 (causa  C-569/20),  la
deroga al principio della effettiva conoscenza del processo da  parte
dell'imputato, non viola gli articoli 8 e 9 della direttiva 2016/343,
nel caso in cui le Autorita' nazionali competenti, nonostante i  loro
ragionevoli sforzi, non riescono a rintracciare l'imputato e per tale
motivo, a comunicare le informazioni sul  processo  svolto  nei  suoi
confronti,  purche'  pero'  in  caso  di  processo  in  assenzao,  in
contumacia o, se del caso, di condanna in assenza o in contumacia, in
linea di principio, all'imputato si dia la possibilita' di far valere
direttamente il diritto, riconosciuto da tale direttiva, di  ottenere
la riapertura del  processo  o  l'accesso  ad  un  mezzo  di  ricorso
giurisdizionale equivalente, che conduca ad un nuovo esame del merito
della causa in sua presenza. Tale diritto puo' tuttavia essere negato
all'imputato qualora  da  indizi  precisi  e  oggettivi  risulti  che
quest'ultimo aveva ricevuto informazioni  sufficienti  per  essere  a
conoscenza del processo nei suoi confronti e, al  fine  di  sottrarsi
all'azione  della  giustizia,  abbia  impedito  alle   autorita'   di
informarlo ufficialmente del processo. 
    Orbene, il nostro ordinamento giuridico, come si e' visto  sopra,
ha predisposto i rimedi che  consentono  all'imputato  processato  in
assenza,  di  essere  nuovamente  rimesso  in  termini  o  di  essere
processato in primo grado o in appello, quando dimostri di non  avere
avuto conoscenza del processo o di non aver  potuto  partecipare  per
caso  fortuito,  forza  maggiore  o  altro  legittimo  impedimento  e
comunque non per sua colpa. 
3) Violazione degli articoli 24 e 3 Cost. 
    La impossibilita' di procedere  in  assenza  degli  imputati  per
l'inerzia o il rifiuto a cooperare da  parte  delle  Autorita'  dello
Stato estero di appartenenza, priva di effettivita' l'art. 24  Cost.,
riguardo alle persone offese  dal  reato  ovvero  dei  loro  prossimi
congiunti. L'«effettivita' dell'accesso alla tutela  giurisdizionale»
e' svuotata della  propria  portata  sostanziale,  in  quanto  si  fa
gravare l'inerzia degli apparati governativi e giudiziari  dei  Paesi
esteri che non intendono cooperare con la Giustizia  italiana,  sulle
persone offese o sui danneggiati dal reato. 
    L'art. 420-bis, commi 2 e 3 c.p.p. viola, dunque, l'art. 3  Cost.
sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto, contrastando con il
principio  di  auto-responsabilita',  non   prevede   un   meccanismo
alternativo che consenta alla persona offesa dal reato o ai  prossimi
congiunti  danneggiati  dal  reato,  di  prescindere  dalla   mancata
collaborazione dell'Autorita' straniera. 
    Ma soprattutto, e questo e' il profilo che palesa  nella  maniera
piu' evidente il vulnus costituzionale dell'art. 420-bis commi 2 e  3
c.p.p., fa gravare  sulle  vittime  del  reato  e  costituendo  parti
civili, il rischio del fatto del terzo (ossia dell'Autorita' estera),
la cui  inerzia  o  rifiuto  di  collaborazione  rendono  impossibile
l'agire in giudizio come parti civili nel processo penale. 
    Non possono gravare sull'avente diritto le  conseguenze  negative
della  inerzia  della   pubblica   autorita'   estera,   cio'   rende
costituzionalmente   illegittima,   in    quanto    irragionevolmente
discriminatoria»  la   normativa   in   questione.   E'   palesemente
irragionevole, oltre che lesivo del diritto  di  difesa  delle  parti
civili, che la impossibilita'  di  costituirsi  nel  processo  penale
possa discendere dal fatto di un terzo estraneo al processo. 
    In definitiva, contrasta con  gli  articoli  3  e  24  Cost.  una
previsione, come quella delle norme censurate, che non prevedendo  la
possibilita' di procedere in assenza dell'imputato, quando  lo  Stato
estero  di  appartenenza  rifiuta  di   cooperare   con   l'Autorita'
giudiziaria italiana, fa gravare sulla persona offesa dal reato e sui
prossimi congiunti, aventi diritto a  costituirsi  parti  civili,  il
rischio della impossibilita' di agire in giudizio per il fatto di  un
terzo (Autorita' Egiziana), estranea al processo, perche' in tal modo
viene  lesa   l'effettivita'   dell'accesso   alla   giustizia,   con
conseguente sacrificio del nucleo intangibile del diritto alla tutela
giurisdizionale. 
4) Violazione degli articoli 3 e 2 Cost. 
    Di fatto  lo  Stato  egiziano  rifiutando  di  cooperare  con  le
Autorita' italiane, sottrae i propri  funzionari  alla  giurisdizione
del  giudice  italiano,  creando  una  situazione  di  immunita'  non
riconosciuta  da  alcuna   norma   dell'ordinamento   internazionale,
peraltro con riguardo a delitti che violano  i  diritti  fondamentali
dell'uomo universalmente riconosciuti. Tale situazione  di  immunita'
determina  una  inammissibile  «zona  franca»  di  impunita'  per   i
cittadini-funzionari egiziani nei confronti  dei  cittadini  italiani
che abbiano  subito  in  quel  Paese  dei  delitti  per  i  quali  e'
riconosciuta la Giurisdizione  del  giudice  italiano  in  base  alle
convenzioni internazionali (art. 7, comma 5 c.p.).  La  scelta  delle
Autorita' egiziane di sottrarre i propri cittadini alla Giurisdizione
italiana per l'accertamento delle responsabilita' in ordine a delitti
che  ledono  i  diritti  inviolabili   dell'uomo,   e'   una   scelta
arti-democratica, autoritaria, che di fatto crea in Italia, Paese che
si ispira ai principi democratici e di eguaglianza, una disparita' di
trattamento rispetto ai cittadini italiani e ai  cittadini  stranieri
di altri Paesi, che in casi analoghi verrebbero processati. Non solo,
ma non v'e' dubbio che se delitti, come quelli oggetto del  «processo
....i», si verificassero in territorio italiano in danno di cittadini
egiziani, le Autorita' italiane si adopererebbero in ogni modo  e  in
ogni sede (giudiziaria ed esecutiva), per  prestare  assistenza  alle
Autorita' egiziane. Ancora una volta, la impossibilita' di  procedere
per volonta' dello Stato estero  crea  situazioni  di  disparita'  di
trattamento  inaccettabili,  tra  cittadini  italiani   e   cittadini
stranieri (egiziani). 
    La normativa censurata, art. 420-bis commi 2 e 3 c.p.p,  inoltre,
crea un sistema contrario al  principio  di  ragionevolezza  (art.  3
Cost), perche' nell'ipotesi di rifiuto di assistenza delle  Autorita'
straniere, si  chiede  al  giudice  italiano  un  accertamento  sulla
consapevolezza  del  processo  e  sulla  volonta'  dell'imputato   di
sottrarsi volontariamente  al  processo,  assolutamente  impossibile,
inesigibile, a fronte dei poteri del GUP (vera  e  propria  «probatio
diabolica»). In questi casi la prova che il GUP  deve  dare  ai  fini
della dichiarazione di assenza e' addirittura piu' gravosa di  quella
che si chiede al Giudice  per  l'accertamento  della  responsabilita'
penale dell'imputato. Come si e' visto, il GUP  ha  adottato  i  suoi
poteri di accertamento facendo ricorso alla polizia giudiziaria, come
previsto dalla normativa in materia, ma evidentemente  si  tratta  di
strumenti  assolutamente   inefficaci   per   superare   il   «muro»,
l'ostruzionismo dello Stato di appartenenza degli imputati. 
    Va anche sottolineato che gli elementi di fatto emersi nel  corso
delle  indagini  e  dell'udienza  preliminare,  fanno  presumere  con
ragionevole certezza che i quattro imputati siano  a  conoscenza  del
procedimento penale in corso  in  Italia  nei  loro  confronti.  Tale
consapevolezza, presunta,  non  consente  tuttavia  di  procedere  in
assenza  nei   loro   confronti.   Sotto   questo   profilo,   appare
irragionevole e sproporzionata  la  impossibilita'  di  procedere  in
assenza  quando  manchi  la  cooperazione  dello  Stato   estero   di
appartenenza  o  di  residenza,  perche'  mentre  agli  imputati   e'
sufficiente sapere che vi e' un procedimento a loro carico in  Italia
per l'omicidio di ... per sottrarsi al processo,  al  GUP  si  chiede
invece di provare la consapevolezza e volonta' di sottrarsi non  gia'
al procedimento, ma al processo e cioe' dimostrare che gli  imputati,
che si sottraggono al procedimento penale, conoscano anche i capi  di
imputazione e la vocatio in iudicium. 
    Ancora, sempre sotto il profilo del principio di  ragionevolezza,
va evidenziato che il  nostro  ordinamento  prevede  degli  strumenti
giuridici  in  favore  dell'imputato  che,  processato  in   assenza,
dimostri di non aver potuto partecipare  al  processo  per  causa  di
forza maggiore, caso fortuito o altro legittimo impedimento.  Ebbene,
un caso di «forza maggiore» potrebbe essere proprio quello in cui  lo
Stato  estero  di  appartenenza  dell'imputato,  non  cooperando  con
l'Autorita'   giudiziaria   italiana,   impedisca   all'imputato   di
partecipare al processo, sicche'  la  possibilita'  di  procedere  in
assenza  quando  lo  Stato  estero  di  appartenenzao,  di  residenza
dell'imputato volutamente non cooperi, troverebbe riscontro normativo
proprio in quei rimedi  giuridici  piu'  volte  segnalati,  a  favore
dell'imputato che senza sua colpa sia stato processato in assenza. 
5) Violazione degli articoli 112 e 3 Cost. 
    Il richiesto intervento «additivo» da  parte  della  Corte  delle
leggi si giustifica altresi' con la necessita' -come  pure  adombrato
dalla Procura - di evitare un sacrificio sproporzionato del principio
dell'obbligatorieta' dell'azione penale e, con esso, dell'eguaglianza
di chiunque davanti alla legge penale, del quale la previsione di cui
all'art. 112 Cost. e' il precipitato processuale. 
    Invero,  la  Corte  costituzionale  ha   sottolineato   come   il
«principio di obbligatorieta'  dell'azione  penale  esige  che  nulla
venga sottratto al controllo di legalita' effettuato dal giudice:  ed
in esso e' insito, percio', quello che  in  dottrina  viene  definito
favor actionis» (Corte cost., sentenza 28 giugno 1991, n. 88),  nella
consapevolezza che l'obbligatorieta'  e'  «elemento  che  concorre  a
garantire,  da  un  lato,  l'indipendenza  del   pubblico   ministero
nell'esercizio della propria funzione  e,  dall'altro,  l'uguaglianza
dei cittadini»; analoga e' la condizione anche dello straniero che si
renda autore di  un  reato  «di  fronte  alla  legge  penale»  (Corte
costituzionale, sentenza 12 luglio 1979, n. 84). 
    Orbene, in casi come questo, la impossibilita' di  fatto  per  il
pubblico ministero di esercitare l'azione  penale  nei  confronti  di
cittadini stranieri, che, secondo l'art. 7,  comma  5  c.p.p.  devono
essere  processati  dal  giudice  italiano,   soprattutto   se   tale
impossibilita' discende dalla volonta' di Governo dello Stato  estero
di  sottrarli  alla  nostra  giurisdizione,  pone  un  limite   anche
all'obbligatorieta' dell'azione penale, che  evidentemente  non  puo'
essere esercitata, quando non vi sia il  consenso  dell'Autorita'  di
Governo dello stato estero. 
    Anche in questo caso l'immunita'  degli  stranieri  (segnatamente
dei cittadini egiziani) rispetto all'esercizio dell'azione penale del
pubblico ministero italiano, appare inaccettabile, perche'  contrasta
con i  principi  di  democrazia  ed  uguaglianza  propri  del  nostro
ordinamento costituzionale. 
    Di  fatto,  l'azione  penale,  quando  vi  e'  il  rifiuto  delle
Autorita' straniere di far processare in Italia i  propri  cittadini,
e' subordinata al potere esecutivo dello Stato straniero. Come si  e'
evidenziato sopra, proprio la mancanza di una norma che  consenta  di
procedere in assenza, quando vi e' il rifiuto di  cooperazione  dello
Stato estero, incentiva, alimenta situazioni di  ostruzionismo  o  di
abuso del diritto. Se vi fosse in  questi  casi  la  possibilita'  di
procedere in assenza, lo Stato estero non avrebbe alcun interesse  ad
ostacolare l'esercizio  dell'azione  penale  del  pubblico  ministero
italiano, sapendo che quest'ultima puo' comunque essere esercitata in
caso di accertato rifiuto di cooperazione. Il sistema  normativo  sul
processo in  assenza  raggiungerebbe  cosi  un  equilibrio  razionale
proprio in virtu' di un «contrappeso» normativo da opporre al  potere
dello Stato estero  di  sottrarre  i  propri  cittadini  o  residenti
all'azione penale del pubblico ministero italiano. 
6) Violazione dell'art. 117 della Costituzione. 
    Va in primo luogo affermato che il Giudice italiano nel  caso  di
specie esercita la giurisdizione in base all'art. 7, comma  1,  n.  5
codice penale («reati commessi all'estero»), secondo cui: «e'  punito
secondo  la  legge  italiana  (...)  lo  straniero  che  commette  in
territorio  estero  (...)  ogni  (...)  reato  per  il  quale   (...)
convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilita' della  legge
italiana». 
    Invero, sia l'Egitto che l'Italia hanno aderito alla «Convenzione
contro la tortura ed altre  peneo,  trattamenti  crudeli,  inumani  o
degradanti» adottata dall'Assemblea  generale  dell'ONU  in  data  10
dicembre 1984. 
    L'Italia ha ratificato la Convenzione contro la tortura con legge
n. 489 del 3 novembre 1988 mentre per l'Egitto la  detta  Convenzione
e' stata ratificata il 25 giugno 1986 ed e' entrata in vigore  il  26
giugno 1987. 
    L'art. 3 della  legge  di  ratifica  stabilisce  che  «e'  punito
secondo la legge italiana, a  richiesta  del  Ministro  di  grazia  e
giustizia 1, (...) lo straniero  che  commette  all'estero  (...)  un
fatto  costituente  reato,  che  sia  qualificato  atto  di   tortura
dall'art. 1  della  Convenzione,  (...)  in  danno  di  un  cittadino
italiano». 
    Cio' che rileva non e' il  nomen  iuris  del  reato  di  tortura,
bensi' che l'ordinamento giuridico punisca come reato  un  fatto  che
sia sussumibile nella nozione di tortura come  definita  dall'art.  l
della Convenzione contro la tortura". 
    Il citato art. 1 della Convenzione da' la  seguente  nozione  del
reato  di  tortura:  «qualsiasi   atto   mediante   il   quale   sono
intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze  fisiche
o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o  da  una  terza
persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o
una terza persona ha commesso o e' sospettata di  aver  commesso,  di
intimorirla o di far pressione su di lei o di  intimorire  o  di  far
pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo  fondato
su  qualsiasi  forma  di  discriminazione,  qualora  tale  dolore   o
sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica  o  da
ogni  altra  persona  che  agisca  a  titolo  ufficiale,  o  su   sua
istigazione, o con il suo consenso espresso o  tacito.  Tale  termine
non si estende al dolore o alle sofferenze risultanti  unicamente  da
sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate». 
    Orbene, il delitto avente il nomen  iuris  di  «tortura»  non  e'
contestato dal pubblico ministero,  in  quanto  e'  stato  introdotto
nell'ordinamento italiano solo nel 2017, con la legge n. 110  del  14
luglio 2017, che ha inserito nel codice penale l'art. 613-bis, quindi
in epoca successiva alla commissione dei fatti in questione. Tuttavia
i fatti sussumibili nella nozione di tortura  data  dall'art.1  della
Convenzione erano punibili gia' nel febbraio 2016 in base alle  norme
incriminatrici specificate nella richiesta di rinvio a giudizio (vedi
sopra). 
    La  giurisdizione  del  giudice  italiano  dunque  deriva   dalla
ratifica della Convenzione sulla  tortura,  richiamata  dall'art.  7,
comma 1, n. 5 c.p..  In  questo  caso  non  sono  necessarie  ne'  la
richiesta  del  Ministro  della  giustizia,  che  comunque  e'  stata
avanzata in data 23 marzo 2016, ne' la presenza dello  straniero  nel
territorio dello Stato italiano (come previsto dall'art. 10 c.p.  per
il delitto comune commesso dallo straniero  all'estero  in  danno  di
cittadino italiano. 
    L'art. 2 della Convenzione sulla tortura impone ad ogni Stato  di
assumere i provvedimenti giudiziari per impedire che atti di  tortura
siano compiuti in un territorio sotto  la  sua  giurisdizione,  senza
dedurre nessuna  circostanza  eccezionale  in  giustificazione  della
tortura (norma convenzionale evidentemente  violata  dalle  Autorita'
egiziane). 
    Inoltre, gli Stati assumono i provvedimenti necessari al fine  di
stabilire la propria  competenza  per  conoscere  di  tutti  i  reati
qualora la vittima sia un cittadino del suddetto Stato e quest'ultimo
giudichi opportuno intervenire (norma evidentemente  osservata  dalle
Autorita' giudiziarie italiane). 
    Dagli articoli 6 e 7 emerge  un  doppio  dovere  di  cooperazione
giudiziaria, consistente sia nella collaborazione  con  le  autorita'
dello Stato di cittadinanza della vittima sia nella instaurazione  di
un processo giudiziario interno. Al contempo,  la  previsione  di  un
processo interno che deve svolgersi secondo le regole del  giusto  ed
equo  processo,  impone  agli   Stati   di   consentire   l'ordinario
svolgimento dell'attivita' giudiziaria dello  Stato  di  cittadinanza
della  vittima,  anche  se  non  viene  concessa  l'estradizione  dei
presunti autori. Tali norme convenzionali sono  state  violate  dalle
Autorita' egiziane, sia perche' non e' stato instaurato un giusto  ed
equo processo per i fatti di tortura commessi in  danno  di  ...  (il
memorandum del Procuratore generale del ... e' un mero  provvedimento
di  chiusura  indagini)  sia  perche'  le  Autorita'   egiziane   non
consentono l'ordinario svolgimento dell'attivita'  giudiziaria  dello
Stato di cittadinanza della vittima. 
    Secondo l'art. 9 della  Convenzione  sulla  tortura:  «Gli  Stati
Parte si accordano l'assistenza giudiziaria piu' vasta  possibile  in
qualsiasi procedimento penale relativo ai reati di  cui  all'art.  4,
compresa la comunicazione di tutti gli elementi di prova  disponibili
e necessari ai fini del procedimento». Tale ultima disposizione della
Convenzione non solo e' stata ignorata dalle Autorita' di  governo  e
dalle Autorita' giudiziarie egiziane, ma  e'  stata  «osteggiata»  in
modo palese. La violazione  della  Convenzione  internazionale  sulla
tortura  da  parte  dello  Stato  egiziano  (che  ha  ratificato   il
trattato), impedisce allo Stato italiano, a sua volta,  di  osservare
la medesima Convenzione, e cioe' di processare i presunti autori  del
delitto di tortura commesso nei confronti di ... 
    Conseguentemente, l'art. 420-bis, commi 2 e 3 c.p.p., nella parte
in cui non prevede di poter procedere in assenza contro gli  imputati
accusati  del  delitto  di  tortura  quando  lo   Stato   estero   di
appartenenza  o  di  residenza  degli  imputati   non   cooperi   con
l'Autorita' giudiziaria italiana, viola l'art. 117 Cost., secondo cui
«la potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato ...  nel  rispetto
dei vincoli derivanti ... dagli obblighi internazionali», nel caso di
specie degli obblighi  derivanti  dalla  ratifica  della  Convenzione
internazionale contro la tortura. 
    La declaratoria di incostituzionalita'  nei  termini  piu'  volte
indicati, consentirebbe pertanto allo Stato italiano  di  dare  piena
attuazione agli obblighi internazionali assunti con la ratifica della
Convenzione  contro  la  tortura.  Nello   specifico   l'obbligo   di
instaurare  un  processo   giudiziario,   interno   allo   Stato   di
cittadinanza della vittima del delitto di tortura. 
    L'art. 117 Cost., stabilendo  che  la  potesta'  legislativa  «e'
esercitata  dallo  Stato  e  dalle   regioni   nel   rispetto   della
Costituzione,  nonche'  dei  vincoli  derivanti  ...  dagli  obblighi
«internazionali»,  oltre  a  sancire  una  preminenza   della   Carta
fondamentale sulla legislazione ordinaria, consacra anche il  primato
degli obblighi internazionali sulla legislazione ordinaria. 
7) Violazione degli articoli 111 e 3 della Costituzione. 
    Secondo i primi due commi dell'art. 111 Cost:  «La  giurisdizione
si attua mediante il  giusto  processo  regolato  dalla  legge.  Ogni
processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parita', davanti a giudice terzo e imparziale. La legge  ne  assicura
la ragionevole durata.». 
    Si tratta di  regole  che  riguardano  tutti  i  processi  e  che
delineano i caratteri essenziali anche del processo penale. 
    Come si e' visto precedentemente, per la tortura e l'omicidio  di
..., il giudice italiano esercita la giurisdizione in base all'art. 7
n. 5 codice penale e tuttavia, il processo penale non puo'  svolgersi
per la  dichiarata  volonta'  dello  Stato  estero  di  non  prestare
assistenza giudiziaria, di non cooperare con l'Autorita'  giudiziaria
italiana. In estrema sintesi, la giurisdizione del  giudice  italiano
non puo' essere esercitata per volonta' delle Autorita'  estere,  nel
caso di specie dell'Autorita' di governo e dell'Autorita' giudiziaria
della Repubblica Araba di Egitto. La norma che consente all'Autorita'
estera di impedire l'esercizio della giurisdizione  italiana  per  un
delitto  che  in  base  all'ordinamento  giuridico  italiano  e  alla
Convenzione  internazionale  sulla  tortura,  rientra  «anche»  nella
giurisdizione del giudice italiano, e' l'art. 420-bis ai commi 2 e  3
c.p.p.. Infatti, risultano irreperibili per il processo che si svolge
in  Italia,  imputati  che  per  le  Autorita'   egiziane   sarebbero
facilmente  reperibili,  anche  perche'  sono  pubblici  ufficiali  e
prestano servizio in organi che dipendono dal ministero degli interni
di quel Paese. 
    La impossibilita' di processare in Italia i quattro imputati, per
volonta'  dello  Stato  estero  di  loro  appartenenza,   sicuramente
contrasta con l'art.  111  comma  primo  della  nostra  Costituzione,
perche' la giurisdizione  del  giudice  italiano  non  puo'  attuarsi
mediante un giusto processo. 
    Le norme piu' volte citate sono dunque in  contrasto  con  l'art.
111, primo comma Cost., nella parte in cui non prevedono che si possa
procedere in assenza degli  imputati,  quando  la  giurisdizione  del
giudice italiano non puo' attuarsi con un  giusto  processo,  per  la
comprovata volonta' dello Stato estero di appartenenza o di residenza
degli imputati, di non prestare assistenza giudiziaria o comunque  di
cooperare con il giudice italiano. 
    L'art. 111, primo comma Cost. e' anche espressione del  principio
di eguaglianza davanti alla legge sancito dall'art.  3,  primo  comma
Cost., e dunque  l'art.  420-bis,  commi  2  e  3  c.p.p.,  viola  il
principio di eguaglianza nel processo, laddove impedisce che si possa
procedere in Italia nei confronti di cittadini  stranieri  per  gravi
delitti commessi all'estero  nei  confronti  di  cittadini  italiani,
quando lo Stato estero di appartenenza degli imputati si  rifiuti  di
cooperare  con  il  giudice  che  procede.  La  norma  che   consente
all'imputato straniero  di  essere  esonerato  dal  giusto  processo,
quando per fatti analoghi nei confronti di stranieri  appartenenti  a
Stati che cooperano con il giudice italiano, il processo puo'  essere
celebrato, e' chiaramente una norma  che  crea  una  discriminazione,
proprio perche' determina, sia pure indirettamente, una situazione di
immunita'  penale  non  prevista   da   alcuna   norma   italiana   o
internazionale. 
    Infatti, risultano irreperibili per il processo che si svolge  in
Italia, imputati che per le Autorita' egiziane  sarebbero  facilmente
reperibili, anche perche' sono pubblici ufficiali e prestano servizio
in organi che dipendono dal ministero degli interni di quel Paese. 
    La impossibilita' di processare in Italia i quattro imputati, per
volonta'  dello  Stato  estero  di  loro  appartenenza,   sicuramente
contrasta con l'art. 111,  comma  primo  della  nostra  Costituzione,
perche' la giurisdizione  del  giudice  italiano  non  puo'  attuarsi
mediante un giusto processo. 
    Le norme piu' volte citate sono dunque in  contrasto  con  l'art.
111, primo comma Cost., nella parte in cui non prevedono che si possa
procedere in assenza degli  imputati,  quando  la  giurisdizione  del
giudice italiano non puo' attuarsi con un  giusto  processo,  per  la
comprovata volonta' dello Stato estero di appartenenza o di residenza
degli imputati, di non prestare assistenza giudiziaria o comunque  di
cooperare con il giudice italiano. 
    L'art. 111, primo comma Cost. e' anche espressione del  principio
di eguaglianza davanti alla legge sancito dall'art.  3,  primo  comma
Cost., e dunque  l'art.  420-bis,  commi  2  e  3  c.p.p.,  viola  il
principio di eguaglianza nel processo, laddove impedisce che si possa
procedere in Italia nei confronti di cittadini  stranieri  per  gravi
delitti commessi all'estero  nei  confronti  di  cittadini  italiani,
quando lo Stato estero di appartenenza degli imputati si  rifiuti  di
cooperare  con  il  giudice  che  procede.  La  norma  che   consente
all'imputato straniero  di  essere  esonerato  dal  giusto  processo,
quando per fatti analoghi nei confronti di stranieri  appartenenti  a
Stati che cooperano con il giudice italiano, il processo puo'  essere
celebrato, e' chiaramente una norma  che  crea  una  discriminazione,
proprio perche' determina, sia pure indirettamente, una situazione di
immunita'  penale  non  prevista   da   alcuna   norma   italiana   o
internazionale. 
    Le norme censurate, sono altresi' in contrasto  con  l'art.  111,
secondo  comma  Cost.,  anch'esso  espressione  del   piu'   generale
principio di eguaglianza davanti  alla  legge,  nella  parte  in  cui
consentono ad un soggetto estraneo al processo, di  impedire  che  si
instauri  il  contraddittorio  in  condizioni  di  parita'  tra   gli
imputati, le parti civili e il  pubblico  ministero,  davanti  ad  un
giudice terzo ed imparziale. Le norme costituzionali che indicano  le
basi del giusto processo, sono completamente pretermesse, perche'  in
mancanza di una disciplina  che  consenta  di  procedere  in  assenza
dell'imputato, quando il suo Stato di appartenenza o di residenza non
cooperi con il giudice  terzo  ed  imparziale,  tutte  le  norme  sul
«giusto processo» sono rese vane, svuotate di contenuto.  Non  vi  e'
processo piu' «ingiusto» di quello che non  si  puo'  instaurare  per
volonta' di una Autorita' di governo. 
    Del resto la vicenda del «processo ...» ha mobilitato  pressoche'
tutte le forze politiche e sociali del  nostro  Paese  e  non  vi  e'
partito politico o associazione umanitaria, che non si  sia  espressa
nel senso  che  questo  processo  «deve»  essere  celebrato.  Perche'
ripugna al senso comune di giustizia, che un  fatto  cosi  grave  non
possa essere oggetto di un processo. 
    In conclusione, alla luce di quanto  fin  qui  esposto  -  tenuto
conto dei rimedi previsti dal nostro ordinamento  per  l'ipotesi  che
l'imputato o il condannato in assenza dimostri  di  non  aver  potuto
partecipare al processo per caso fortuito,  forza  maggiore  o  altro
legittimo impedimento - la questione di  legittimita'  costituzionale
oggetto  della   presente   ordinanza   risulta   rilevante   e   non
manifestamente infondata.