LA CORTE D'APPELLO DI FIRENZE 
                       Seconda sezione civile 
 
    La Corte d'appello nelle persone dei seguenti magistrati: 
        dott. Ludovico Delle Vergini, Presidente; 
        dott. Luigi Nannipieri, consigliere relatore; 
        dott. Fabrizio Nicoletti, consigliere; 
    Poste Vita S.p.a. (C.F. ...), con il patrocinio dell'avv. De Luca
Tamajo e dell'avv. Coccia Maria Stella, appellante; 
    contro: R.  P.  (C.F.  ...),  rappresentato  e  difeso  dall'avv.
Lorenzetti Francesca e dall'avv. Grassi Maria Teresa, appellato; 
    dopo che la causa era stata trattenuta in  decisione  all'udienza
del 30 marzo 2023 ha pronunziato la seguente ordinanza. 
    Premesso: 
        che in data ... il sig. O. P. stipulava con la societa' Poste
Vita S.p.a. un contratto qualificato "polizza di assicurazione  sulla
vita di tipo index linked n. ... denominata Classe 3 a Valore  Reale"
con durata di dieci anni e versamento di un premio unico pari a  euro
5.164,57 ed indicava quale beneficiario  della  polizza  in  caso  di
morte il figlio R. P.; in data ..., su sollecitazione della  societa'
Poste Vita S.p.a.,  la  suddetta  polizza  veniva  trasformata  nella
polizza n. ... «Postafuturo ad hoc», con scadenza fissata  al  ...  e
beneficiario in caso di  morte  sempre  il  figlio;  il  sig.  O.  P.
decedeva il ...; in data ..., poco prima della scadenza contrattuale,
il figlio R. P. presentava richiesta di liquidazione  della  polizza,
ma Poste Vita S.p.a. comunicava l'impossibilita' di dar seguito  alla
richiesta, stante l'intervenuta prescrizione biennale ex 2952,  comma
secondo, codice civile nel testo applicabile  ratione  temporis,  con
decorrenza dalla morte del contraente  e  obbligo  di  devolvere  gli
importi al Fondo relativo ai rapporti "dormienti" di cui all'art.  1,
comma 343 della legge n. 266 del 2005; 
        che R. P. promuoveva giudizio dinanzi al Tribunale di  Lucca,
chiedendo dichiararsi la nullita' della prima polizza  "index  linked
n. ...", da qualificarsi non  come  contratto  assicurativo  ma  come
investimento finanziario, con applicazione delle disposizioni di  cui
al decreto legislativo n. 58 del 1998 (TUF), compresa  la  necessita'
di sottoscrizione di un «contratto  quadro»  ex  art.  23  TUF  quale
integrato dal regolamento Consob; chiedeva in ipotesi la liquidazione
degli importi spettanti in base alla seconda polizza, sostenendo  che
il termine di prescrizione dovesse essere  decennale,  come  per  gli
altri  rapporti   «dormienti»   o   che   dovesse   farsi   decorrere
dall'effettiva conoscenza che aveva avuto della polizza  sottoscritta
dal padre; 
        che Poste Vita S.p.a. si costituiva in giudizio,  contestando
le domande attoree ed evidenziando che,  comunque,  a  seguito  della
trasformazione  consensuale,  doveva  farsi  riferimento  solo   alla
seconda  polizza  e  che  legittimamente  era   stata   eccepita   la
prescrizione ex 2952, comma secondo, codice civile,  essendo  decorso
il  termine  biennale  con  decorrenza  dalla  morte  previsto  dalla
disposizione  nel  testo  risultante  a   seguito   delle   modifiche
introdotte con l'art. 3, comma 2-ter, del decreto-legge  n.  143  del
2008, convertito, con modificazioni, nella  legge  n.  166  del  2008
(«Gli altri diritti derivanti dal contratto di  assicurazione  e  dal
contratto di riassicurazione si prescrivono in due anni dal giorno in
cui si e' verificato il fatto su cui il diritto si fonda»), anteriore
alle modifiche  solo  successivamente  introdotte  dall'art.  22  del
decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con  modificazioni,  nella
legge n. 221 del 2012 («Gli altri diritti derivanti dal contratto  di
assicurazione e dal contratto di riassicurazione  si  prescrivono  in
due anni dal giorno in cui si  e'  verificato  il  fatto  su  cui  il
diritto si fonda, ad esclusione del contratto di assicurazione  sulla
vita i cui diritti si prescrivono in dieci  anni»),  con  conseguente
obbligo per l'impresa assicuratrice di devolvere gli importi al Fondo
dei "rapporti dormienti" ex art. 1, comma 343, della legge n. 266 del
2005; 
        che il Tribunale di Lucca dichiarava la nullita' della  prima
polizza vita, da riqualificare come  investimento  in  uno  strumento
finanziario, con necessita' di previa sottoscrizione di un "contratto
quadro" o "contratto generale di investimento" ex art.  23  TUF  come
integrato dal regolamento Consob e l'inefficacia-nullita' anche della
seconda polizza, qualificando  la  "trasformazione"  quale  novazione
relativa a obbligazione inesistente, ai sensi dell'art.  1234  codice
civile, con condanna di  Poste  Vita  S.p.a.  alla  restituzione  del
premio inizialmente versato, oltre interessi; 
        che  Poste  Vita  S.p.a.  ha  proposto  tempestivo   appello,
contestando quanto ritenuto dal Tribunale  circa  la  nullita'  della
prima polizza e la nullita' anche della  seconda  polizza  a  seguito
della "trasformazione" consensuale  e  chiedendo,  in  riforma  della
impugnata sentenza, il rigetto delle domande avanzate del sig. R.  P.
in forza dell'eccezione di prescrizione; 
        che  si  e'  costituito  R.  P.,  contestando  la  fondatezza
dell'appello e comunque riproponendo tutte le domande gia'  formulate
in primo grado, comprese  quelle  relative  alla  liquidazione  degli
importi della seconda polizza. 
    Ritenuto: 
        di  dover  sollevare  d'ufficio,  questione  di  legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  agli  articoli   3   e   47   della
Costituzione, dell'art. 2952, secondo  comma,  codice  civile  -  nel
testo applicabile ratione temporis alla fattispecie per cui e' causa,
ovvero nel testo risultante a seguito delle modifiche introdotte  con
l'art. 3, comma  2-ter  del  decreto-legge  n.  143  del  2008,  come
convertito  («Gli  altri   diritti   derivanti   dal   contratto   di
assicurazione e dal contratto di riassicurazione  si  prescrivono  in
due anni dal giorno in cui si  e'  verificato  il  fatto  su  cui  il
diritto si fonda») ed anteriore alle modifiche  solo  successivamente
introdotte dall'art. 22 del  decreto-legge  n.  179  del  2012,  come
convertito  («Gli  altri   diritti   derivanti   dal   contratto   di
assicurazione e dal contratto di riassicurazione  si  prescrivono  in
due anni dal giorno in cui si  e'  verificato  il  fatto  su  cui  il
diritto si fonda, ad esclusione del contratto di assicurazione  sulla
vita i cui diritti si prescrivono in dieci anni»)  -  onde  ottenerne
l'ablazione limitatamente al contratto di assicurazione  sulla  vita,
con conseguente applicazione del  termine  generale  di  prescrizione
previsto dall'art. 2946 codice civile («Salvi i casi in cui la  legge
dispone diversamente i diritti si estinguono per prescrizione con  il
decorso di dieci anni») anche per il periodo anteriore  alla  novella
del 2012,  in  linea  con  l'intervento  normativo  in  cui  essa  e'
consistita; 
    Considerato quanto alla rilevanza: 
        che parte appellante, contestato quanto ritenuto dal  giudice
di prime cure  in  ordine  alla  nullita'  della  prima  polizza  con
qualificazione come novazione inefficace ex art. 1234  codice  civile
della successiva trasformazione nella seconda, ha chiesto, in riforma
della sentenza impugnata, rigettarsi la domanda di liquidazione degli
importi  dovuti  in   ragione   di   quest'ultima   per   intervenuta
prescrizione ai sensi dell'art. 2952, secondo comma,  codice  civile,
essendo decorso il termine biennale, con conseguente obbligo  per  le
imprese assicuratrici di devolvere gli importi al Fondo cui  all'art.
1, comma 343, della legge n. 266 del 2005; 
        che i motivi  di  appello,  con  i  quali  e'  contestata  la
decisione  del  Tribunale  di  ritenere  nulla   la   prima   polizza
sottoscritta, qualificando come novazione  inefficace  ex  art.  1234
codice civile la successiva  sottoscrizione  della  seconda  polizza,
risultano fondati (la prima polizza di assicurazione  sulla  vita  di
tipo  index  linked  n.  ...  denominata  Classe  3  a  Valore  Reale
sottoscritta dal sig. O.  P.  rientra  tra  le  polizze  assicurative
disciplinate dall'art. 2 del decreto legislativo  n.  209  del  2005,
ramo III; tale disciplina nazionale e'  attuativa  di  previsioni  di
diritto dell'Unione europea:  da  ultimo,  sentenza  della  Corte  di
giustizia, terza sezione, 24 febbraio  2022  nelle  cause  riunite  C
143/20 e C 213/20, paragrafo 76: «per quanto riguarda la  nozione  di
"contratto d'assicurazione" ai  sensi  della  medesima  disposizione,
occorre rilevare che la Corte ha  gia'  dichiarato  che  i  contratti
unit-linked rientrano nell'ambito di  applicazione  ratione  materiae
della direttiva 2002/83 (v., in tal  senso,  sentenza  del  10  marzo
2012, Gonzalez  Alonso,  C  166/11,  EU:C:2012:119,  punto  29)»;  la
polizza,  in  caso  di  premorienza  dell'assicurato,  prevedeva   la
garanzia di restituzione integrale del premio unico versato: art.  3,
lettera c, delle condizioni di polizza; all'assicurato  era  comunque
garantita una determinata prestazione  a  prescindere  dai  risultati
della gestione finanziaria; la polizza del ... e' stata  sottoscritta
anteriormente alle modifiche al decreto legislativo n.  58  del  1998
(TUF) introdotte con legge n. 262 del 2005 e decreto  legislativo  n.
303 del 2006; la sottoscrizione di un "contratto quadro" o "contratto
generale di investimento" e' prescritta dall'art. 37 del  regolamento
intermediari CONSOB adottato con delibera 20307 del 15 febbraio  2018
unicamente per i  "servizi  ed  attivita'  di  investimento"  di  cui
all'art. 1, comma 5, TUF; la polizza del ...  e'  stata  redatta  per
iscritto con compiuta indicazione delle condizioni applicabili; 
        con la seconda polizza «Postafuturo ad hoc» del ..., di  ramo
I, sono state in ogni caso disciplinate  le  obbligazioni  esistenti,
anche  restitutorie,   correlate   alla   precedente   polizza,   con
riconoscimento integrale del capitale inizialmente investito); 
        che conseguentemente questa Corte rimettente, nell'ambito dei
motivi di  appello  proposti,  dovra'  necessariamente  esaminare  la
richiesta di parte appellante Poste  Vita  S.p.a.  di  rigetto  delle
domande avanzate  del  sig.  R.  P.  di  liquidazione  della  seconda
polizza, di ramo I, per l'intervenuta prescrizione biennale ai  sensi
dell'art.  2952,  secondo  comma,  codice  civile,   nella   versione
applicabile ratione temporis; 
        che detta disposizione prevede, anche per le polizze vita, un
termine di prescrizione breve di due anni  decorrente  comunque  «dal
giorno in cui si e' verificato il fatto su cui il diritto si fonda»; 
        che, atteso  il  chiaro  e  univoco  tenore  letterale  della
disposizione - insuscettibile  di  diversa  interpretazione,  neppure
costituzionalmente conforme - la prescrizione breve  per  le  polizze
vita decorre dal decesso dell'assicurato, come chiarito  anche  dalla
Corte di  cassazione  (tra  le  altre,  in  parte  motiva,  Corte  di
cassazione, sezione terza civile, 18 giugno 1998,  n.  6062:  «e'  di
tutta evidenza che nella specie il giorno in cui  il  diritto  poteva
essere fatto valere e' quello in cui si e' verificato il fatto su cui
esso si fondava e cioe' la morte [...]. Ed e' del pari  indubbio  che
se  si  ancorasse  il  decorso  della  prescrizione  alla  conoscenza
dell'esistenza del diritto in capo al terzo (ed  alla  prova  che  di
tale conoscenza possa fornirsi)  si  finirebbe  con  l'introdurre  un
principio assolutamente in contrasto con  lo  stesso  istituto  della
prescrizione e con la funzione di certezza  nei  rapporti  giuridici,
collegata al decorso del tempo, allo stesso connessa»); 
        che non puo' trovare applicazione, alla fattispecie  per  cui
e' causa, il piu' lungo termine decennale di prescrizione, introdotto
per le polizze vita dall'art. 22 del decreto-legge n. 179  del  2012,
come convertito, posto che tale disposizione  e'  entrata  in  vigore
quando il  precedente  termine  di  prescrizione  biennale  era  gia'
interamente maturato (il decesso del sig. O. P.  risale  al  ...;  in
applicazione della norma censurata la  prescrizione,  in  assenza  di
atti interruttivi, e' maturata il 10  settembre  2011,  quindi  prima
della vigenza della novella) e, in carenza  di  specifica  disciplina
transitoria, non puo'  retroattivamente  incidere  su  rapporti  gia'
estinti (principio pacifico nella giurisprudenza: tra le altre, Corte
di cassazione, sezione terza civile, 14  settembre  2022,  n.  27015:
«qualora sopravvenga una nuova  norma  che  prolunga  un  termine  di
prescrizione originariamente previsto,  essa  e'  applicabile  se  il
termine risulta gia' avviato ma non ancora consumato, mentre  non  lo
e'  al  termine  gia'  consumato»;  nello  stesso  senso,  Corte   di
cassazione, sezione lavoro, 3 marzo 1992, n. 2575); 
        che, dunque, questa Corte, in forza dell'atto  di  appello  e
della specifica eccezione formulata da parte appellante, e'  chiamata
a dare applicazione all'art. 2952, secondo comma, codice  civile  nel
testo  anteriore  alle   modifiche   apportate   dall'art.   22   del
decreto-legge n. 179 del 2012, come convertito; 
        che quindi sussiste un nesso di  obbiettiva  pregiudizialita'
tra la questione di costituzionalita' sollevata e  la  decisione  del
caso concreto  sottoposto  a  questa  Corte,  non  essendo  possibile
definire il giudizio a prescindere dalla soluzione della prima; 
        che, infatti, ove la questione venisse accolta e l'art. 2952,
secondo comma, codice  civile,  nella  versione  applicabile  ratione
temporis,  fosse  dichiarato   costituzionalmente   illegittimo   con
riferimento alle polizze  vita,  troverebbe  applicazione  il  regime
prescrizionale ordinario di cui all'art. 2946 codice civile,  la  cui
portata  normativa  si  riespanederebbe  fino  a   ricomprendere   la
fattispecie all'odierno esame; ne deriverebbe che il diritto  vantato
dal sig. P., fatto valere prima del decorso  del  termine  decennale,
non sarebbe prescritto e l'eccezione sollevata al riguardo  da  Poste
Vita S.p.a. andrebbe rigettata; viceversa,  ove  la  questione  fosse
giudicata non fondata, il termine  prescrizionale  biennale  previsto
dalla norma censurata, ormai trascorso al momento della richiesta  di
liquidazione  della  polizza  nel  novembre  del   ...,   condurrebbe
all'accoglimento dell'eccezione di prescrizione; 
        che, dunque, dall'eventuale accoglimento della  questione  di
costituzionalita' discenderebbe un diverso esito del giudizio; 
    Considerato circa la non manifesta infondatezza: 
        che la  disciplina  della  prescrizione  applicabile  ratione
temporis presenta profili di irragionevolezza e di contrasto  con  la
tutela del risparmio, in violazione degli articoli 3 e 47 Cost.; 
        che il testo originario dell'art. 2952, secondo comma, codice
civile disponeva: «Gli  altri  diritti  derivanti  dal  contratto  di
assicurazione si prescrivono  in  un  anno  e  quelli  derivanti  dal
contratto di riassicurazione in due anni dal  giorno  in  cui  si  e'
verificato il fatto su cui il diritto si fonda»; 
        che l'irragionevolezza della previsione di un  termine  breve
di prescrizione con riferimento alle  polizze  vita  era  gia'  stata
evidenziata  dall'ISVAP,   che,   con   apposita   circolare,   aveva
sottolineato le varie ragioni  per  le  quali  il  periodo  temporale
previsto era  tale  da  non  rendere  effettiva  la  possibilita'  di
esercizio del diritto e aveva invitato  le  imprese  assicuratrici  a
procedere comunque alla liquidazione degli importi anche in  caso  di
richieste tardive (vedi circolare  ISVAP  403/D  del  16  marzo  2000
«qualita' del servizio  offerto  agli  assicurati  dalle  imprese  di
assicurazione sulla vita», art.  8:  «Dall'esame  di  taluni  esposti
relativi a richieste di liquidazione di capitali caso morte e' emerso
il problema dell'applicazione dell'art. 2952, comma  secondo,  codice
civile [...]. E' stato infatti rilevato che nella maggior  parte  dei
casi la tardiva richiesta dipendeva dal fatto che i  beneficiari  non
erano a conoscenza dell'esistenza della polizza, avendo ritrovato  la
documentazione   solo   in   un   momento   successivo   al   decesso
dell'assicurato. Al riguardo, questo Istituto rileva come invocare il
decorso del termine prescrizionale non sia un  obbligo  ma  una  mera
facolta' per l'impresa, posta a presidio, tra l'altro, della certezza
dei rapporti giuridici. Alla riportata osservazione si  aggiunga  che
il termine previsto dall'art. 2952,  comma  secondo,  e'  di  estrema
brevita' e che esigenze di tutela della  privacy  dell'assicurato  in
ordine  alla  identita'  della   persona   del   beneficiario   della
prestazione assicurativa impediscono di fissare  regole  quanto  alla
comunicazione,  da  parte  delle  imprese,   ai   beneficiari   della
attribuzione del diritto alla prestazione assicurativa (la quale, tra
l'altro, e' revocabile sino al momento della morte  dell'assicurato).
Appare  pertanto  opportuno  che  le  imprese  si  dispongano,  nella
valutazione di richieste di liquidazione  eventualmente  tardive,  in
un'ottica di ragionevolezza onde evitare che  il  beneficio  previsto
dalla legge a loro  favore  in  ordine  alla  certezza  dei  rapporti
assicurativi si tramuti in un trattamento che puo' rivelarsi punitivo
per il beneficiario, in ispecie quando questi - in  condizioni  umane
non ideali a causa della perdita di uno  stretto  congiunto  e/o  per
ragioni le piu' varie - non abbia potuto avere tempestiva  conoscenza
del proprio diritto ad una prestazione assicurativa la quale ha,  tra
l'altro, rilevante funzione previdenziale»); 
        che le imprese assicuratrici successivamente al 2000 si erano
allineate alle indicazioni dell'ISVAP, non eccependo la  prescrizione
breve, liquidando anche richieste tardive, nella  maggior  parte  dei
casi ritenendo sufficiente che la  richiesta  di  liquidazione  fosse
stata avanzata nell'ambito  del  termine  ordinario  di  prescrizione
decennale; 
        che preciso  riscontro  di  tale  adeguamento  delle  imprese
assicuratici alle indicazioni dell'istituto di vigilanza del settore,
con accoglimento delle richieste di liquidazione pervenute  entro  il
decennio dall'evento, puo' rinvenirsi  anche  negli  atti  di  causa:
nella  prima  polizza  sottoscritta  nel  ...,  all'art.   10   delle
condizioni, si legge: «L'art. 2952 del codice civile dispone che,  se
non e' stata avanzata richiesta di pagamento, i diritti derivanti dal
contratto di assicurazione si prescrivono entro un anno da quando  si
e' verificato l'evento su cui il diritto si  fonda.  Tuttavia,  Poste
Vita S.p.a. rinuncia a tale diritto e corrisponde  il  capitale  caso
morte, indicato al  punto  3  c)  della  presente  nota  informativa,
purche' la richiesta sia inoltrata entro il  termine  di  dieci  anni
(termine della prescrizione ordinaria di cui all'art. 2946 del codice
civile)»; 
        che tale rinunzia preventiva a eccepire la  prescrizione,  al
di la' della sua invalidita' ex  art.  2937,  secondo  comma,  codice
civile, attesta comunque che, di fatto, le imprese assicuratrici - e,
nelle intenzioni dichiarate, la stessa Poste Vita  S.p.a.  -  per  le
polizze  vita  procedevano  comunque  alla  liquidazione  di  istanze
formulate entro dieci anni dal decesso; 
        che  nel  contesto  in  precedenza  delineato  (istituto   di
vigilanza che aveva evidenziato l'irragionevolezza  della  previsione
di un termine breve di prescrizione per le polizze vita, con concreto
rischio   di   un   «trattamento    punitivo»    del    beneficiario,
sostanzialmente privato del diritto a una prestazione assicurativa di
«rilevante  funzione  previdenziale»;   imprese   assicurative   che,
adeguandosi  alle  espresse  indicazioni  dell'ente   pubblico,   non
eccepivano  la  maturazione  del  termine  breve   di   prescrizione,
liquidando comunque, anche ex art. 2940 codice civile,  le  richieste
pervenute entro l'ordinario termine decennale) e' intervenuto  l'art.
3 del decreto-legge n. 134 del  2008,  convertito  con  modificazioni
dalla legge n. 166 del 2008, che: 
          A) ha previsto l'immediata e  obbligatoria  devoluzione  al
fondo afferente ai "rapporti dormienti" di tutti gli importi relativi
alle polizze vita non richiesti  entro  il  termine  di  prescrizione
(comma 2-bis: «Per garantire la sollecita operativita' del  fondo  di
cui al citato comma 343 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2005,  n.
266, dopo il comma 345-bis  del  predetto  art.  1  sono  inseriti  i
seguenti: [...] 345-quater. Gli importi  dovuti  ai  beneficiari  dei
contratti di cui all'art. 2, comma 1, del codice delle  assicurazioni
private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209,  che
non sono reclamati entro il  termine  di  prescrizione  del  relativo
diritto, sono devoluti al fondo di cui al comma 343»); 
          B) ha mantenuto il termine breve di  prescrizione  previsto
in generale dall'art. 2952, secondo comma, codice  civile  per  tutti
«gli altri diritti derivanti dal contratto di  assicurazione»  (senza
quindi una previsione  specifica  per  le  polizze  vita),  sia  pure
elevandolo da  uno  a  due  anni  (comma  2-ter:  «Il  secondo  comma
dell'art. 2952 del codice civile e'  sostituito  dal  seguente:  "Gli
altri  diritti  derivanti  dal  contratto  di  assicurazione  e   dal
contratto di riassicurazione si prescrivono in due anni dal giorno in
cui si e' verificato il fatto su cui il diritto si fonda"»); 
        che  tale  intervento  normativo,  pur  avendo  previsto   un
(limitato) allungamento del termine di prescrizione, ha comportato in
realta' conseguenze gravemente e ingiustificatamente  pregiudizievoli
per   i   beneficiari   delle   prestazioni   delle   polizze   vita,
assoggettandoli  a  un  trattamento  deteriore  rispetto   ad   altri
consumatori, i cui risparmi  erano  parimenti  devoluti  al  medesimo
fondo: 
          a) in primo luogo, il termine  di  prescrizione  introdotto
(due  anni)  era  comunque  di   estrema   brevita',   di   per   se'
irragionevole, non rendeva effettiva la possibilita' di esercizio del
diritto,  specie  in  caso  di  decesso   dell'assicurato,   per   le
circostanze tutte gia' evidenziate anche dall'ISVAP  nella  circolare
in precedenza richiamata e, come  di  seguito  esposto,  riconosciuto
dallo  stesso  legislatore   con   intervento   normativo   d'urgenza
successivo; 
          b)  inoltre  l'obbligo  per  le  imprese  assicuratrici  di
procedere al versamento degli importi nel fondo statale  relativo  ai
"rapporti dormienti" ha precluso alle imprese stesse, come invece  di
fatto avveniva anche a seguito di indicazione espressa  dell'ente  di
vigilanza,  di  procedere  al  pagamento  dei  medesimi  importi   ai
beneficiari anche dopo il maturare del termine (prolungato,  si',  ma
comunque sempre irragionevolmente)  breve  di  prescrizione;  preciso
riscontro di cisi rinviene anche nei documenti di causa:  la  seconda
polizza del ... non reca la pur invalida rinunzia preventiva da parte
dell'assicuratore Poste Vita alla prescrizione breve  con  impegno  a
liquidare in ogni  caso  le  richieste  pervenute  entro  il  termine
ordinario decennale ex art. 2946 codice civile; 
          c) infine, l'obbligatoria devoluzione  al  fondo  "rapporti
dormienti" avveniva, almeno nel periodo per cui e' causa, con termini
e  modalita'  deteriori   e   penalizzanti,   senza   alcuna   valida
giustificazione, per i beneficiari delle  polizze  vita  rispetto  ad
altri consumatori, sia con riferimento al termine (due anni  rispetto
ai dieci anni in generale previsti per i "rapporti dormienti" ex art.
1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 116 del  2007),  sia
con riferimento alla  carenza  di  qualsiasi  preventivo  obbligo  di
avviso  o  di  verifiche   preliminari   da   parte   delle   imprese
assicuratrici (mentre, in generale, per gli altri rapporti  dormienti
era obbligatorio, ai sensi dell'art. 3  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n.  117  del  2007,  il  preventivo  invio,  tramite
raccomandata di «invito ad impartire disposizioni entro il termine di
centottanta giorni dalla data della ricezione», con  espresso  avviso
che solo «decorso tale termine, il rapporto verra' estinto e le somme
ed i valori relativi a ciascun rapporto verranno devoluti al fondo»),
sia infine per la mancata previsione in ordine alla  possibilita'  di
rivolgere  le  proprie  istanze  al  fondo  decorso  il  termine   di
prescrizione (vedi l'art. 1,  comma  345-ter,  con  riferimento  agli
assegni circolari: «Gli importi degli assegni circolari non  riscossi
entro il termine di prescrizione  del  relativo  diritto  [...]  sono
comunicati dagli istituti  emittenti  al  Ministero  dell'economia  e
delle finanze e versati al fondo di cui al comma  343,  entro  il  31
maggio dell'anno successivo a quello  in  cui  scade  il  termine  di
prescrizione. Resta impregiudicato nei confronti del fondo il diritto
del richiedente l'emissione dell'assegno circolare non riscosso  alla
restituzione del relativo importo»); 
        che in dottrina, commentando la normativa applicabile ratione
temporis   alla   fattispecie   per   cui   e'   causa,   era   stato
significativamente   osservato:    «per    effetto    dell'intervento
legislativo, quindi,  avviene  un  mutamento  nella  posizione  delle
imprese di  assicurazione  verso  le  loro  controparti  che  non  si
riscontra in termini  generali  dove,  all'assenza  di  un  onere  di
avviso, corrisponde il sorgere (almeno) di  un'obbligazione  naturale
verso i titolari dei diritti prescritti. Nel caso in esame,  infatti,
questi ultimi si vedono privati anche dell'aspettativa a ottenere  il
"riconoscimento" dell'obbligazione naturale  poiche'  le  imprese  di
assicurazione hanno perso la capacita' di essere soggetti passivi  di
quest'obbligazione, ne' a esse si sostituisce lo Stato»;  «la  scelta
compiuta dal legislatore italiano e' in antitesi a ciche si  registra
in altri ordinamenti, dove il fenomeno della mancata richiesta  delle
prestazioni derivanti dai contratti di assicurazione  sulla  vita  e'
contrastato  imponendo  l'obbligo  alle  imprese   di   assicurazione
d'informarsi  sul  decesso  degli  assicurati  e   di   ricercare   i
beneficiari delle prestazioni affinche' possano ottenerle,  non  gia'
"espropriandoli" dei loro diritti»; 
        che solo successivamente al periodo  per  cui  e'  causa  con
l'art. 20-quinquies, comma 1, del  decreto-legge  n.  119  del  2018,
convertito, con modificazioni, nella legge n. 136 del 2018, e'  stato
introdotto  il  comma  1-bis  nel  citato  art.  3  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 116 del 2007, che  attualmente  impone
alle imprese assicuratrici, ogni anno, di verificare,  con  strumenti
informatici, «l'esistenza in  vita  degli  assicurati  delle  polizze
vita», attivando in ipotesi «la procedura per la corresponsione della
somma assicurata al beneficiario, inclusa la ricerca del beneficiario
ove non espressamente indicato nella polizza»; 
        che quindi l'intervento normativo attuato nel 2008  non  solo
non   ha   risolto   il   problema,   gia'   segnalato    dall'ISVAP,
dell'irragionevolezza intrinseca del termine  di  prescrizione  breve
per i diritti nascenti dalle  polizze  vita  (posto  che  il  modesto
allungamento da uno a due anni era comunque incongruo e insufficiente
a garantire, nelle circostanze concrete, specie  con  riferimento  al
caso del decesso dell'assicurato, l'effettivo esercizio del diritto),
ma lo ha anzi ulteriormente accentuato  e  reso  ancora  piu'  grave,
introducendo una sorta di automatico e irreversibile  "esproprio",  a
favore di un fondo statale, delle somme spettanti ai  beneficiari  al
maturare di tale ingiustificatamente ristretto lasso temporale, senza
alcun previo avviso, senza alcuna possibilita' di adempimento ex 2940
codice civile da  parte  delle  imprese  assicuratrici,  come  invece
avveniva generalmente in precedenza; 
        che  l'intrinseca  irragionevolezza  del  previgente  termine
breve anche biennale e la disparita' di trattamento  con  riferimento
ad altri casi di devoluzione al fondo statale sono state riconosciute
in modo espresso dal legislatore con successivo intervento normativo:
il comma 14 dell'art. 22 del decreto-legge  n.  179  del  2012,  come
convertito, ha disposto: «Al fine di superare possibili disparita' di
trattamento tra i consumatori nel  settore  delle  polizze  vita,  il
secondo comma dell'art. 2952 del  codice  civile  e'  sostituito  dal
seguente: "Gli altri diritti derivanti dal contratto di assicurazione
e dal contratto di riassicurazione si prescrivono  in  due  anni  dal
giorno in cui si e' verificato il fatto su cui il diritto  si  fonda,
ad esclusione del contratto di assicurazione sulla vita i cui diritti
si prescrivono in dieci  anni"»;  nella  relazione  illustrativa  del
decreto-legge si legge che il termine di  due  anni  era  «del  tutto
insufficiente al fine di garantire la possibilita' di riscatto  della
polizza, soprattutto in caso di morte dell'intestatario.  Il  termine
viene cosi' riallineato con i termini di  prescrizione  ordinari,  in
modo da un lato di garantire maggiormente i consumatori - soprattutto
gli eredi che devono riscuotere le polizze vita dei lori cari  ed  ai
quali, molto spesso, il termine prescrizionale dei due  anni  inibiva
la possibilita' di  riceverle  date  anche  le  difficolta'  pratiche
legate all'eredita' - e, dall'altro, di evitare  possibili  eccezioni
di illegittimita' costituzionale per disparita'  di  trattamento,  ex
art. 3 della  Costituzione,  ad  esempio  rispetto  alle  polizze  cd
"dormienti" dei conti correnti bancari»; 
        che, come  chiarito  da  codesta  Corte  costituzionale,  con
riferimento alla fissazione dei termini di prescrizione  dei  singoli
diritti, «il legislatore gode di ampia discrezionalita', con  l'unico
limite   dell'eventuale   irragionevolezza,   qualora   "esso   venga
determinato in modo da  non  rendere  effettiva  la  possibilita'  di
esercizio del diritto cui si riferisce, e di  conseguenza  inoperante
la tutela voluta accordare al cittadino leso" (ex plurimis, ordinanze
n. 16 del 2006 e n. 153 del 2000)" (sentenza n. 234 del  2008;  nello
stesso senso, sentenza n. 10 del 1970)» (sentenza n. 216 del 2015); 
        che nella fattispecie l'irragionevolezza del termine breve di
prescrizione (allora annuale) con specifico riferimento alle  polizze
vita era gia' stata da tempo  evidenziata  dall'ISVAP  (una  «estrema
brevita'»,  con  rischio  di  «trattamento  [...]  punitivo  per   il
beneficiario») e, a seguito di espresso invito dell'ente pubblico  di
sorveglianza del settore, le imprese  assicuratrici,  di  fatto,  per
lungo tempo non si sono avvalse di  tale  irragionevole  prescrizione
breve, liquidando le prestazioni a fronte di richieste avanzate entro
il termine ordinario decennale ex art. 2946 codice civile; 
        che   tale   irragionevolezza   non   e'    stata    superata
dall'intervento normativo attuato con il  decreto-legge  n.  134  del
2008  con  il  modesto  allungamento   a   due   anni   del   termine
prescrizionale, posto che esso e' rimasto incongruamente breve ed  e'
stata contemporaneamente  introdotta  una  disciplina  di  automatica
devoluzione a un fondo  statale,  con  modalita'  ingiustificatamente
"punitive" e deteriori per i beneficiari delle  polizze  vita,  anche
rispetto agli altri  consumatori,  con  perdita  definitiva  di  ogni
possibilita' di ottenere le somme maturate,  possibilita'  invece  di
fatto generalmente consentita in precedenza; 
        che il legislatore, con il  successivo  intervento  normativo
d'urgenza, ha espressamente riconosciuto sia i profili di trattamento
deteriore (vedi il testo normativo in precedenza trascritto: «Al fine
di superare possibili disparita' di trattamento tra  i  consumatori»)
sia  l'irragionevolezza  specifica  del  previgente   termine   breve
biennale, che,  concretamente,  non  rendeva  comunque  effettiva  la
possibilita'   di   esercizio   del   diritto   e   di    conseguenza
sostanzialmente inoperante la tutela (vedi la  relazione  governativa
al  decreto-legge  in  precedenza  trascritta:  «termine  del   tutto
insufficiente al fine di garantire la possibilita' di riscatto  della
polizza, soprattutto in caso di  morte  dell'intestatario  [...]  gli
eredi che devono riscuotere le polizze  vita  dei  lori  cari  ed  ai
quali, molto spesso, il termine prescrizionale dei due  anni  inibiva
la possibilita' di riceverle»); 
        che,  tuttavia   il   legislatore,   pur   riconoscendo   che
l'intervento  muoveva  dalla  necessita'  di  evitare  disparita'  di
trattamento e irragionevolezza,  non  ha  dettato  alcuna  disciplina
transitoria,  eventualmente  in  deroga  alla   generale   previsione
dell'art. 11 disp. prel. codice civile; 
        che quindi i beneficiari  di  polizze  vita  per  i  quali  i
termini di prescrizione sono maturati tra il 2008 (entrata in  vigore
dell'art. 3, comma 2-bis,  del  decreto-legge  n.  134  del  2008  di
obbligo di devoluzione  al  Fondo)  e  il  2012  (entrata  in  vigore
dell'art. 22 del decreto-legge n. 179 del 2012, come convertito) sono
stati   incongruamente   penalizzati   senza    alcuna    ragionevole
giustificazione,  anche  alla  luce  -  lo  si  ripete  -  sia  della
situazione precedente (nella quale comunque le imprese assicuratrici,
anche a seguito di sollecitazione  ISVAP,  di  fatto  liquidavano  le
prestazioni anche in caso di domande tardive,  entro  il  piu'  ampio
termine decennale ordinario: vedi  condizioni  generali  della  prima
polizza per cui e' causa, sottoscritta nel ...), sia della situazione
successiva, nella quale il legislatore, con la  dichiarata  finalita'
di evitare disparita' e irragionevolezza  ha  introdotto  il  termine
decennale  ma  omettendo  una  previsione  espressa  per  il  periodo
anteriore; 
        che, inoltre, il termine prescrizionale breve,  in  un'ottica
di comparazione degli interessi delle parti del rapporto assicurativo
con riferimento alle  polizze  vita,  non  trova  alcuna  particolare
giustificazione che ne fondi altrimenti la ragionevolezza al  di  la'
del gia' illustrato effetto di eccessiva compressione per l'esercizio
del diritto: da un lato, esso e' stato successivamente  riportato  al
termine ordinario decennale, a  dimostrazione  dell'insussistenza  di
una  particolare  esigenza  di  celerita'  e  di  certezza  in   capo
dell'assicuratore,  con  riferimento  alla  specifica  categoria   di
polizze, tale da giustificare una previsione di  deroga  alla  regola
generale ex art. 2946 codice civile; dall'altro, non e'  accompagnato
dalla previsione di alcuna misura volta a temperarne gli  effetti,  a
tutto danno dei beneficiari delle prestazioni -  a  fronte  di  premi
gia'  corrisposti  -  cosi'  finendo   per   delineare   un   assetto
ingiustificatamente  sbilanciato  a  vantaggio   dell'una   parte   a
discapito dell'altra; 
        che  tale  assetto  ingiustificatamente  sbilanciato  e'   di
particolare  evidenza  con   riferimento   all'ipotesi   maggiormente
frequente  e  diffusa  di  polizze  vita  in  funzione  di  risparmio
previdenziale, ovvero quelle a premio unico a fronte di un capitale o
una rendita a una certa scadenza o alla morte  dell'assicurato,  come
nella fattispecie per cui e' causa; 
        che la disciplina in precedenza esposta e applicabile ratione
temporis,  oltre  che  con  l'art.   3   sotto   il   profilo   della
ragionevolezza, si pone altresi' in contrasto  con  l'art.  47  della
Costituzione, comportando la perdita irreversibile del  risparmio  di
tipo  previdenziale  a   seguito   del   maturare   di   un   termine
incongruamente breve, con decorrenza anche in assenza  di  conoscenza
effettiva da parte del beneficiario, assenza di  qualsiasi  avviso  e
impossibilita'  per  l'impresa  assicuratrice  di  corrispondere  gli
importi ex 2940 codice civile per  la  definitiva  devoluzione  a  un
fondo statale; 
        che il termine breve di prescrizione  e'  ingiustificatamente
penalizzante per i beneficiari ed e' in patente contraddizione con la
speciale protezione che il  legislatore,  in  attuazione  del  dovere
della Repubblica di tutelare  il  risparmio  previdenziale,  assicura
invece  alle   stesse   polizze   vita   in   altri   ambiti,   quali
l'impignorabilita'  e   l'insequestrabilita'   delle   somme   dovute
dall'assicuratore al contraente e al beneficiario ex art. 1923 codice
civile, l'esclusione delle indennita' dall'asse ereditario ex art. 12
del decreto legislativo n.  346  del  1990,  la  speciale  disciplina
fiscale (vedi art. 13 del decreto legislativo n. 47 del 2000); 
        che, in conclusione,  l'intervento  -  meramente  ablativo  -
richiesto alla stregua delle ragioni  che  precedono  ha  ad  oggetto
l'art. 2952, comma secondo, codice civile nel  testo  anteriore  alle
modifiche introdotte con l'art. 22 del decreto-legge n. 179 del 2012,
come convertito, con riguardo precipuo alle polizze vita; l'eventuale
dichiarazione d'incostituzionalita' del termine  breve  comporterebbe
l'applicazione del termine ordinario decennale ex  art.  2946  codice
civile anche per il periodo precedente,  in  linea  con  l'intervento
legislativo successivo.