TRIBUNALE DI MARSALA 
                           Sezione penale 
 
    Il giudice dell'esecuzione Fabrizio  Guercio  ha  pronunciato  la
seguente  ordinanza   di   rimessione   alla   Corte   costituzionale
nell'ambito procedimento indicato in epigrafe nei confronti di D.  V.
A., nato a..., il...; in atto detenuto presso la  Casa  circondariale
di..., in esecuzione della  sentenza  del  Tribunale  di  Marsala  n.
632/2022 del 20 aprile 2022, divenuta irrevocabile in data  25  marzo
2023; difeso di fiducia dall'avv. Luisa Calamia del Foro di Marsala. 
    Per  una  migliore  intelligibilita'  della  presente  ordinanza,
appare anzitutto  necessaria  una  premessa  in  ordine  alla  genesi
dell'odierno procedimento di esecuzione. 
    D. V. A. e' stato condannato, con sentenza  n.  632/2022,  emessa
dal Tribunale di Marsala in data 20 aprile 2022, alla  pena  di  anno
uno  e  mesi  cinque  di  reclusione  in  ordine  ai  reati  di  atti
persecutori e lesioni personali ascrittigli e  ritenuti  avvinti  dal
vincolo della continuazione, senza la concessione del beneficio della
sospensione condizionale della pena. 
    In data 9 novembre  2022  la  Corte  di  appello  di  Palermo  ha
integralmente confermato, con sentenza n. 5976/2022, la pronuncia  di
primo grado, fissando in giorni novanta - ex art. 544,  comma  3  del
Codice di procedura  penale  -  il  termine  per  il  deposito  della
sentenza. 
    Il 13 dicembre 2022 (dunque, ampiamente  prima  del  decorso  del
suddetto termine, che sarebbe maturato in data 7  febbraio  2023)  il
giudice di secondo grado ha depositato la sentenza avverso  la  quale
non e' stato proposto gravame nei termini: per l'effetto, la sentenza
del  Tribunale  di  Marsala  n.  632/2022   del   20   aprile   2022,
integralmente confermata in appello, e' divenuta irrevocabile in data
25 marzo 2023. 
    In esecuzione della stessa - come  indicato  dalla  difesa  nella
propria istanza - e' stato emesso nei confronti del D. V. l'ordine di
esecuzione per la carcerazione n. 252/2023 S.I.E.P. (tant'e'  che  il
predetto e' in atto detenuto presso la Casa circondariale di...). 
    Entro trenta giorni dal passaggio in  giudicato  della  succitata
sentenza del Tribunale di Marsala (segnatamente,  in  data  2  maggio
2023) l'avv. Luisa Calamia ha presentato istanza di applicazione  «in
executivis» di una delle pene sostitutive delle pene detentive brevi:
tale istanza e' stata fatta pervenire al sottoscritto  il  16  maggio
2023 e in pari data e' stato emesso il relativo decreto di fissazione
del procedimento in Camera di consiglio. 
    All'udienza del  15  giugno  2023  il  difensore  del  D.  V.  ha
sollecitato questo giudice  a  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  95  delle  disposizioni  transitorie   del
decreto legislativo n. 150/2022  per  violazione  dell'art.  3  della
Costituzione; sentito il P.M., che nulla ha osservato,  lo  scrivente
si e' riservato e il giorno seguente ha rimesso la causa  sul  ruolo,
«ravvisando l'assoluta necessita'  di  acquisire  la  sentenza  della
Corte di appello  di  Palermo  del  9  novembre  2022  (con  espressa
indicazione della data di deposito), con la quale e' stata confermata
la sentenza n. 632/22 emessa dal Tribunale di Marsala  il  20  aprile
2022, divenuta definitiva il 25 marzo 2023». 
    Infine,  all'odierna  udienza  del  27  giugno  2023,  dopo  aver
acquisito la predetta documentazione e - sentito il P.M.,  che  nulla
ha osservato - quella prodotta dalla difesa, il Tribunale ha invitata
le parti a concludere e  si  e'  ritirato  in  Camera  di  consiglio,
all'esito della quale ha dato lettura della presente ordinanza. 
    Tutto cio' premesso, il Tribunale di Marsala ritiene di sollevare
questione di legittimita' costituzionale  -  per  contrasto  con  gli
articoli 3, 24 e 27 della Carta  costituzionale  dell'art.  95  delle
disposizioni  transitorie  del  decreto   legislativo   n.   150/2022
(rubricato «Disposizioni transitorie in materia di  pene  sostitutive
delle pene detentive brevi»), nella parte  in  cui  non  consente  di
presentare al giudice  dell'esecuzione  ex art.  666  del  codice  di
procedura penale, entro trenta  giorni  dal  passaggio  in  giudicato
della sentenza, istanza di applicazione di una delle pene sostitutive
di cui all'art. 20-bis Codice penale ai condannati a  pena  detentiva
non superiore a quattro anni nei  confronti  dei  quali,  al  momento
dell'entrata in vigore del succitato decreto,  pendeva  dinanzi  alla
Corte di appello il termine per il deposito della sentenza. 
    Com'e' noto, infatti,  il  decreto  legislativo  n.  150  del  10
ottobre 2022 (c.d. «Riforma Cartabia») ha riformato in modo  organico
la disciplina delle sanzioni sostitutive delle pene  detentive  brevi
di cui al Capo III della legge  n.  689/1981,  al  fine  precipuo  di
favorire  la  risocializzazione  dei  condannati,  «consent[endo]  al
giudice di cognizione di applicare pene, diverse da quella detentiva,
destinate a essere eseguite  immediatamente,  dopo  la  definitivita'
della condanna, senza essere sostituite  con  misure  alternative  da
parte del tribunale di sorveglianza, spesso a distanza di molto tempo
dalla condanna stessa (come testimonia l'allarmante fenomeno dei  c.d
liberi sospesi)» (cosi', in termini, la «Relazione  Illustrativa»  al
decreto  legislativo   n.   150/2022,   pubblicato   in   Supplemento
straordinario n. 5 alla Gazzetta Ufficiale  n.  245  del  19  ottobre
2022). 
    La disposizione normativa censurata (l'art. 95 delle disposizioni
transitorie) -  nel  dettare  un  regime  intertemporale  chiaramente
ispirato al principio del «favor rei» - prevede testualmente che  «Le
norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689,  se
piu' favorevoli, si applicano anche ai procedimenti  penali  pendenti
in primo grado o in grado  di  appello  al  momento  dell'entrata  in
vigore del presente decreto,  Il  condannato  a  pena  detentiva  non
superiore a quattro  anni,  all'esito  di  un  procedimento  pendente
innanzi la Corte di cassazione all'entrata  in  vigore  del  presente
decreto, puo' presentare istanza di applicazione di  una  delle  pene
sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n.  689,
al giudice dell'esecuzione, ai sensi  dell'art.  666  del  codice  di
procedura penale, entro trenta  giorni  dalla  irrevocabilita'  della
sentenza.  Nel  giudizio  di  esecuzione  si  applicano,  in   quanto
compatibili, le norme del Capo III della legge 24 novembre  1981,  n.
689, e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive.
In caso di annullamento con rinvio provvede il giudice del rinvio». 
1. Condizioni  di  ammissibilita'  della  Questione:  le  nozioni  di
«Giudice» e «giudizio» 
    L'art. 1 della legge costituzionale n.  l  del  9  febbraio  1948
individua come condizioni di ammissibilita' del vaglio incidentale di
legittimita' costituzionale che la  questione  sorga  dinanzi  ad  un
«Giudice» e nell'ambito di un «giudizio». 
    L'evoluzione della giurisprudenza costituzionale ha  permesso  di
ritenere ammissibile  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
sulla base di un'interpretazione sostanziale e non meramente  formale
dei suddetti termini: la Consulta, quindi, puo' procedere ad un esame
nel  merito  della  questione  prospettatale,  ove  quest'ultima  sia
proposta da un soggetto chiamato  ad  applicare  il  diritto  a  casi
concreti e in condizione di autonomia, neutralita' e indipendenza  da
altri poteri,  nell'esercizio  di  attribuzioni  che  attengono  alla
tutela di diritti e interessi legittimi e che vengono esercitate  nel
rispetto di regole che garantiscano il diritto di difesa. 
    L'accezione non restrittiva sopra  indicata  ha  trovato  la  sua
prima affermazione nella sentenza n. 129 del 1957, con  la  quale  e'
stata   ritenuta   ammissibile   la   questione    di    legittimita'
costituzionale proposta nell'ambito di un procedimento di  volontaria
giurisdizione, per poi giungersi, con la sentenza n. 226 del  1976  a
motivare tale scelta con la finalita' di  evitare  «zone  franche  di
incostituzionalita'», che potrebbero determinare l'impossibilita'  di
porre rimedio a  violazioni  che,  soprattutto  in  caso  di  diritti
fondamentali, risulterebbero intollerabili. 
    Alla luce di quanto suesposto, non puo' che concludersi nel senso
dell'ammissibilita' della  questione  di  legittimita'  proposta  dal
rimettente in questa sede. 
    In via del tutto preliminare, infatti, non v'e' dubbio che  -  al
di  la'  del  «nomen»  -  quello  dell'esecuzione  sia  un  «Giudice»
(nell'accezione sopra descritta) e che il  procedimento  camerale  di
cui agli articoli 666 del codice di procedura penale  e  ss.  sia  un
«giudizio». 
    Peraltro, qualora  si  considerasse  inammissibile  la  questione
sollevata  in  questa  sede,  si  priverebbero  i  condannati  i  cui
procedimenti penali, al momento dell'entrata  in  vigore  della  c.d.
Riforma Cartabia,  erano  solo  formalmente  «pendenti  in  grado  di
appello»  -  essendo  gia'  stato  emesso  nei  loro   confronti   il
dispositivo di condanna -  della  possibilita'  di  richiedere  a  un
qualunque giudice di applicare una delle sanzioni  sostitutive  delle
pene detentive brevi. 
    Tale species di condannati, infatti, non potrebbero rivolgersi: 
      ne' alla Corte di appello, che con la lettura  del  dispositivo
si e' definitivamente «spogliata» del potere decisionale (nel caso di
specie, peraltro, la Corte aveva gia' depositato anche la motivazione
della sentenza); 
      ne' alla Corte di cassazione, dinanzi alla quale - in  base  al
disposto dello stesso art. 95 delle disposizioni  transitorie  -  non
potrebbero richiedere  per  la  prima  volta  l'applicazione  di  una
sanzione sostitutiva (1) ,  ne'  tantomeno  potrebbero  impugnare  la
sentenza di secondo grado sotto il profilo della mancata  concessione
di una sanzione sostitutiva, trattandosi di una statuizione di merito
antecedente all'entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia; 
      ne',  infine,  al   giudice   dell'esecuzione,   ostandovi   la
formulazione letterale della disposizione normativa in commento. 
    Il  che  creerebbe   una   «zona   franca»   del   controllo   di
costituzionalita' delle leggi che la Consulta vuole proprio  evitare,
soprattutto laddove si verta, come nel caso di specie, in materia  di
diritti,  fondamentali  e  inviolabili  (e  invero,  la  facolta'  di
richiedere l'applicazione di una sanzione  sostitutiva  di  una  pena
detentiva breve trova un addentellato normativa  nell'art.  27  della
Carta costituzionale, che - nel riconoscere la finalita'  rieducativa
della pena - ribadisce  l'inviolabilita'  della  liberta'  personale,
scolpita a chiare lettere nell'art. 13 della Costituzione). 
    Ne' puo' ritenersi tardiva, nel caso di specie,  la  proposizione
della questione di legittimita', atteso che, per potersi  pronunciare
sull'istanza della  difesa,  avente  ad  oggetto  l'applicazione  «in
executivis» di una sanzione sostitutiva, il  rimettente  si  trova  a
doverne preliminarmente vagliare l'ammissibilita',  facendo  all'uopo
applicazione dell'art. 95 delle disposizioni transitorie del  decreto
legislativo n. 150/2022, che -  come  sopra  illustrato  -  ne  detta
rigidamente le condizioni. 
    Del resto, il D.  V.  non  avrebbe  certamente  potuto  sollevare
questione  di  legittimita'   costituzionale   dell'art.   95   delle
disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022  dinanzi
alla Corte di appello, che - al momento dell'entrata in vigore  della
c.d.  Riforma  Cartabia  -  si  era  gia'  «spogliata»  della  causae
cognitio, avendo emesso il  dispositivo  della  sentenza  e  finanche
depositato la relativa motivazione. 
    Quand'anche poi il D. V. avesse sollevato tale questione  dinanzi
alla suprema Corte, quest'ultima - a parere dello scrivente - avrebbe
dovuto  dichiararla  «irrilevante»,  poiche'  l'imputato   non   puo'
dolersi,  col  ricorso  per  cassazione,  del  fatto  di  non  potere
richiedere al giudice dell'esecuzione, ex  art.  666  del  codice  di
procedura penale, l'applicazione di una sanzione sostitutiva. 
    2. La rilevanza della questione nel presente giudizio 
    Il dubbio di legittimita' costituzionale, che in questa  sede  lo
scrivente si trova a sollevare, discende dalla necessita' di decidere
sull'istanza di applicazione di  una  sanzione  sostitutiva  di  pene
detentive brevi avanzata dall'avv. Luisa Calamia, ai sensi  dell'art.
666 del codice di procedura penale, nell'interesse di D. V. A.,  come
sopra generalizzato, in atto detenuto presso la Casa circondariale di
esecuzione della sentenza del Tribunale di Marsala n. 632/2022 del 20
aprile 2022, divenuta irrevocabile in  data  25  marzo  2023  (giusto
ordine di esecuzione per la carcerazione n. 252/2023 S.I.E.P.). 
    In particolare, questo giudice si trova nella condizione di dover
valutare,  alla  luce  dei  requisiti  indicati  dall'art.  95  delle
disposizioni  transitorie  del  decreto  legislativo   n.   150/2022,
l'ammissibilita'   dell'istanza    difensiva,    dacche'    -    come
inequivocabilmente desumibile dal combinato disposto dei commi 2 e  4
dell'art. 666 del  codice  di  procedura  penale  (in  modo  peraltro
conforme ai principi fondamentali della «logica  giuridica»)  -  ogni
valutazione  «nel  merito»  da  parte  del  giudice   dell'esecuzione
presuppone un  vaglio  preliminare  in  ordine  alla  «non  manifesta
infondatezza» della questione prospettatagli. 
    Orbene,  facendo  rigorosa  applicazione   dell'art.   95   delle
disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 dovrebbe
pervenirsi ad una declaratoria di inammissibilita',  dell'istanza  in
commento, atteso che, al momento dell'entrata in vigore  del  decreto
legislativo n. 150/2022, il procedimento penale a carico del D. V.  -
che pure ha presentato la propria istanza ex art. 666 del  codice  di
procedura penale entro il termine di giorni novanta dal passaggio  in
giudicato della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti -  non
pendeva dinanzi alla Corte di cassazione, bensi' dinanzi  alla  Corte
di appello. 
    Sennonche' - ed e' questa la ragione per la  quale  lo  scrivente
dubita della legittimita' costituzionale della disposizione normativa
in commento - alla data del  30  dicembre  2022,  giorno  in  cui  e'
entrato in vigore del decreto legislativo n.  150/2022,  il  processo
penale a carico del D. V. era solo formalmente pendente  in  appello,
poiche' il giudice del gravame aveva gia' emesso il dispositivo (il 9
novembre 2022) e addirittura - anzitempo rispetto alla  scadenza  del
termine per il deposito  della  sentenza,  indicato  dalla  Corte  in
giorni novanta - redatto la relativa motivazione  (depositata  il  13
dicembre 2022). 
    In termini maggiormente esplicativi, dal momento che la Corte  di
appello aveva indicato in giorni novanta il termine per  il  deposito
della sentenza (poi per  vero  depositata  in  poco  piu'  di  trenta
giorni), al momento dell'entrata in vigore della  novella  normativa,
ossia il 30 dicembre 2022, pendeva ancora il termine per la redazione
della motivazione della  sentenza  di'  secondo  grado,  che  sarebbe
spirato il 7 febbraio 2023. 
    Cionondimeno - come anzidetto - il D. V. non poteva piu' avanzare
alcuna richiesta ne' proporre alcuna istanza alla Corte  di  appello,
dal momento  che  la  stessa  aveva  «consumato»  il  proprio  potere
decisionale (depositando finanche la motivazione della  sentenza):  e
cio' - si badi - per il semplice fatto  che  il  giudice  di  secondo
grado,  ritenendo  particolarmente   complessa   la   stesura   della
motivazione, aveva indicato nel dispositivo un termine piu' lungo per
il deposito della sentenza, ex  art.  544,  comma  3  del  codice  di
procedura penale. 
    Tant'e'  vero  che,  con  provvedimento  del  13  febbraio   2023
(acquisito, col consenso delle  parti,  all'odierna  udienza  del  27
giugno 2023) la Corte di appello  di  Palermo,  facendo  applicazione
della disciplina transitoria dettata dall'art. 95 decreto legislativo
n. 150/2022, ha dichiarato inammissibile «istanza presentata via  PEC
il 21 gennaio 2023 dal difensore di fiducia di  D.  V.  A.,  in  atti
generalizzato,  diretta  a  sostituire  la  misura   della   custodia
cautelare  in  carcere  con  una  delle  pene  sostitutive   previste
dall'art. 20-bis del codice penale, alla luce anche della ratio della
c.d. riforma Cartabia di favorire misure alternative al carcere», sul
presupposto che «il giudizio di  appello  si  e'  concluso  in  epoca
antecedente al 30 dicembre 2022». 
    Per le suesposte ragioni, dunque,  un'eventuale  declaratoria  di
illegittimita'  costituzionale  dell'art.   95   delle   disposizioni
transitorie del decreto legislativo n.  150/2022  avrebbe  senz'altro
rilevanza nell'odierno procedimento,  in  quanto  consentirebbe  allo
scrivente  di   poter   ritenere   ammissibile   l'istanza   avanzata
nell'interesse del D. V. e, per l'effetto,  di  potersi  pronunciarsi
sul merito della stessa. 
    Non sussistono nel caso di specie, infatti, ulteriori  ragioni  -
di  tipo  oggettivo  o  soggettivo  -  per  ritenere  «manifestamente
infondata per difetto delle condizioni di legge», ex art. 666,  comma
2 del codice di procedura penale, la richiesta del condannato. 
3. La non manifesta infondatezza della questione 
    A parere del sottoscritto,  la  disposizione  normativa,  la  cui
legittimita' costituzionale si  chiede  alla  Consulta  di  vagliare,
risulta in contrasto con l'art. 3 della  Costituzione,  in  relazione
agli articoli 24 e 27 della Costituzione. 
    E  invero,  il  rigido  dettato  normativo  dell'art.  95   delle
disposizioni  transitorie  del  decreto   legislativo   n.   150/2022
determina una violazione del «principio di  ragionevolezza»  scolpito
nell'art.  3  della  Costituzione,   atteso   che,   ricorrendone   i
presupposti di legge (ex articoli 53 e ss. legge n. 689/1981, come da
ultimo novellata): 
      consente agli imputati i cui processi - al momento dell'entrata
in vigore della c.d. Riforma Cartabia - erano pendenti in primo grado
o in appello di chiedere al giudice della  cognizione  l'applicazione
di una sanzione sostitutiva delle pene detentive  brevi  (posto  che,
alla stregua della disposizione de qua, «Le norme previste  dal  Capo
III della legge 24 novembre 1981, n.  689,  se  piu'  favorevoli,  si
applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado  o  in
grado di appello al  momento  dell'entrata  in  vigore  del  presente
decreto»); 
      consente ai condannati i cui processi erano «pendent[i] innanzi
la Corte di cassazione all'entrata in  vigore  dei  presente  decreto
...[di]  presentare  istanza  di  applicazione  di  una  delle   pene
sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n.  689,
al giudice dell'esecuzione, ai sensi  dell'art.  666  del  codice  di
procedura penale, entro trenta  giorni  dalla  irrevocabilita'  della
sentenza» (termine discrezionalmente individuato dal legislatore); 
      non  consente  agli  imputati  i  cui   processi   erano   solo
«formalmente» «pendenti ....  in  grado  di  appello»  -  poiche'  il
giudice del gravame aveva gia' emesso il dispositivo,  «spogliandosi»
conseguentemente  del  potere  decisionale -  di  presentare  analoga
istanza innanzi al giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 666 del
codice di procedura penale, entro  il  succitato  termine  di  giorni
trenta dal passaggio in giudicato della sentenza. 
    Orbene, premesso che - a parere di chi  scrive  -  si  tratta  di
un'evidente lacuna normativa di tipo involontario, quand'anche  cosi'
non  fosse,  dovrebbe  cionondimeno  concludersi  nel   senso   della
illegittimita'  costituzionale  della  previsione  normativa  di  cui
trattasi,   dalla   cui   applicazione   discende   un    trattamento
assolutamente irragionevole e discriminatorio: ai  sensi  e  per  gli
effetti dell'art.  95  delle  disposizioni  transitorie  del  decreto
legislativo n.  150/2022,  infatti,  un  imputato  impossibilitato  a
chiedere al giudice della cognizione (in primo grado  o  in  appello)
l'applicazione di una sanzione sostitutiva puo' rivolgersi al giudice
dell'esecuzione (entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della
sentenza) soltanto se -  al  momento  dell'entrata  in  vigore  della
novella normativa - il procedimento penale a suo carico era  pendente
dinanzi alla Corte di cassazione, ma non anche nell'ipotesi in cui  -
in quello stesso momento - pendeva nei suoi confronti il termine  per
il deposito della sentenza di secondo grado da parte della  Corte  di
appello. 
    In   altri   termini,   non   ravvisa   lo    scrivente    alcuna
«ragionevolezza»  nella  diversita'  di  trattamento  tra   l'ipotesi
dell'imputato il cui procedimento penale era pendente  in  Cassazione
al momento dell'entrata in  vigore  della  c.d.  Riforma  Cartabia  e
quella dell'imputato il cui procedimento  penale,  in  quello  stesso
frangente temporale, era  solo  formalmente  «pendente  in  appello»,
poiche' - per l'appunto - non era ancora spirato il  termine  per  il
deposito della sentenza da parte della Corte. 
    Alla stregua della disposizione normativa in questione,  infatti,
due  posizioni  sostanzialmente  analoghe  (id  est,   due   imputati
impossibilitati a chiedere al giudice della cognizione l'applicazione
di  una  sanzione  sostitutiva)  riceverebbero,  in  modo  del  tutto
irragionevole, un diverso  trattamento  giuridico,  a  detrimento  di
quello il cui procedimento penale - al momento dell'entrata in vigore
della c.d. Riforma Cartabia - pendeva solo  formalmente  in  appello,
essendo gia' stato  emesso  nei  suoi  confronti  il  dispositivo  di
sentenza  o  financo  la  motivazione  (come  nel  caso  di  specie):
quest'ultimo,  invero,  a  differenza  dell'altro  imputato  (il  cui
procedimento penale - al momento dell'entrata in  vigore  della  c.d.
Riforma Cartabia - pendeva dinanzi alla  Corte  di  cassazione),  non
puo' piu' avanzare alcuna richiesta ne' proporre alcuna istanza  alla
Corte di appello (che s'e' gia' «spogliata»  dalla  cognizione  della
causa),  non  puo'  richiedere   l'applicazione   di   una   sanzione
sostitutiva alla suprema Corte e,  infine,  non  puo'  promuovere  un
incidente di esecuzione ex art. 666 del codice di procedura penale. 
    Il che determina una violazione degli  articoli  24  e  27  della
Costituzione. 
    Con riguardo a questo primo  profilo,  invero,  l'art.  95  delle
disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022 preclude
ad alcuni imputati soltanto (quelli il cui  procedimento  penale,  al
momento dell'entrata in vigore della c.d. Riforma  Cartabia,  pendeva
solo formalmente in appello) la facolta'  di  richiedere  al  giudice
dell'esecuzione l'applicazione di una sanzione sostitutiva della pena
detentiva breve irrogata nei loro confronti all'esito del giudizio di
cognizione, con un'irragionevole compressione  del  loro  diritto  di
difesa,  che  -  per  espressa   previsione   costituzionale   -   e'
«inviolabile in ogni stato e grado del procedimento». 
    Inoltre, questa immotivata diversita' di trattamento collide  con
l'art. 27 della Costituzione e,  in  particolare,  con  la  finalita'
rieducativa della pena, cui peraltro e' ispirata  la  stessa  novella
legislativa, uno dei cui obiettivi -  come  anzidetto  e'  quello  di
consentire al giudice della cognizione (ed eccezionalmente, ai  sensi
dell'art.   95   delle    disposizioni    transitorie,    a    quello
dell'esecuzione)  di  applicare  delle  pene,   diverse   da   quella
detentiva,  destinate  a  essere  eseguite  immediatamente  dopo   la
definitivita' della condanna, in modo da «diversificare» la  risposta
punitiva dello Stato e renderla piu' effettiva e tempestiva. 
    Avuto riguardo al caso  in  esame,  peraltro,  l'irragionevolezza
della norma in commento si puo'  agevolmente  apprezzare  se  sol  si
considera che D. V. A.  non  potrebbe  richiedere  ad  alcun  giudice
l'applicazione di una sanzione sostitutiva per il semplice fatto  che
la Corte di appello, ritenendo particolarmente complessa  la  stesura
della motivazione, aveva indicato nel  dispositivo  un  termine  piu'
lungo per il deposito della sentenza, ai sensi dell'art. 544, comma 3
del codice di procedura penale. 
4.   L'impossibilita'   di   un'interpretazione    costituzionalmente
orientata 
    I tentativi di interpretazione  «secundum  constitutionem»  della
disposizione normativa di cui trattasi operati da questo giudice  non
hanno consentito di giungere ad una soluzione  ermeneutica  idonea  a
superare le problematiche individuate nel paragrafo precedente  della
presente ordinanza. 
    E invero,  la  littera  legis  dell'art.  95  delle  disposizioni
transitorie  del  decreto   legislativo   n.   150/2022   e'   chiara
nell'affermare che  possono  richiedere  al  giudice  dell'esecuzione
l'applicazione di  una  sanzione  sostitutiva  (entro  trenta  giorni
dall'intervenuta   irrevocabilita'   della   sentenza)   soltanto   i
condannati a pena detentiva  non  superiore  a  quattro  anni  i  cui
procedimenti penali, al momento dell'entrata in vigore  del  suddetto
decreto legislativo, erano pendenti dinanzi alla Corte di cassazione. 
    Ritenere ammissibile l'istanza del D.  V.  (il  cui  procedimento
penale - lo si ribadisce - era pendente, al momento  dell'entrata  in
vigore della novella, dinanzi  alla  Corte  di  appello  di  Palermo,
ancorche'   solo    «formalmente»)    significherebbe    interpretare
analogicamente la disposizione  normativa  in  commento:  il  che  e'
precluso in radice dall'art. 14  delle  preleggi,  alla  stregua  del
quale «Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali
o ad altre leggi non si applicano oltre i casi  e  i  tempi  in  esse
considerati». 
    In altri termini,  in  quanto  norma  «eccezionale»  (perche'  di
natura «intertemporale»), l'art. 95  delle  disposizioni  transitorie
del decreto legislativo n.  150/2022  non  puo'  essere  interpretato
analogicamente. 
    Ne consegue che, anche  a  fronte  di  quella  che  lo  scrivente
ritiene essere una lacuna normativa  di  tipo  involontario,  l'unica
soluzione per rendere la disposizione in  esame  compatibile  con  la
Carta  costituzionale  e'  quella  di  dichiararla,  in  parte   qua,
costituzionalmente illegittima. 
    Peraltro - quand'anche  non  si  fosse  trattato  di  una  lacuna
involontaria, bensi' di una scelta discrezionale  del  legislatore  -
dovrebbe cionondimeno concludersi, a parere di chi scrive, nel  senso
della parziale  incostituzionalita'  della  norma  in  commento,  per
violazione  dell'art.  3  della  Costituzione  e,  segnatamente,  del
«principio di ragionevolezza», in relazione agli  articoli  24  e  27
della Costituzione. 
5. Conclusioni e petitum 
    Alla luce delle  argomentazioni  che  precedono,  ritiene  questo
giudice che non si possa  decidere  in  ordine  all'istanza  avanzata
dalla difesa del D.  V.  indipendentemente  dalla  risoluzione  della
questione relativa  alla  legittimita'  costituzionale  dell'art.  95
delle disposizioni transitorie del decreto legislativo n. 150/2022. 
    Si  ritiene,  in  particolare,  che  la  disposizione   normativa
indicata debba essere dichiarata costituzionalmente illegittima,  per
violazione degli articoli 3, 24 e 27 della Costituzione, nella  parte
in cui non consente di presentare al giudice dell'esecuzione ex  art.
666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dal passaggio
in giudicato della sentenza, istanza di  applicazione  di  una  delle
«pene sostitutive delle pene detentive brevi» ai  condannati  a  pena
detentiva non superiore a quattro anni i cui procedimenti penali,  al
momento dell'entrata in  vigore  del  presente  decreto,  erano  solo
formalmente «pendenti .... in grado di appello», in quanto il giudice
del  gravame  aveva  gia'  emesso   il   dispositivo   di   sentenza,
«consumando» il proprio potere decisionale. 
    Si  rappresenta  alla  Corte,  infine,  l'estrema  urgenza  della
deliberazione, atteso che il D. V. e' in atto detenuto in  esecuzione
della sentenza  oggetto  della  sua  istanza  di  esecuzione  e  che,
conseguentemente, i tempi di definizione del  presente  procedimento,
nelle more sospeso, incidono sulla liberta' personale dell'imputato. 

(1) Ne e' prova il fatto  che  i  condannati  a  pena  detentiva  non
    superiore a quattro anni i cui procedimenti penali -  al  momento
    dell'entrata in vigore del succitato  decreto  -  erano  pendenti
    innanzi la Corte  di  cassazione  devono  attendere  l'esito  del
    giudizio e, in caso  di  condanna,  promuovere  un  incidente  di
    esecuzione, ex art. 666 del codice  di  procedura  penale,  entro
    trenta giorni dall'intervenuta irrevocabilita' della stessa.