TRIBUNALE DI ANCONA 
                           sezione penale 
 
    Il  Tribunale  in  composizione  monocratica,   decidendo   sulla
richiesta, depositata via PEC 1'11 aprile 2023 e ribadita all'udienza
odierna del 17 aprile 2023,  della  difesa  dell'imputata  S.  N.  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  635,
ultimo comma, c.p., come  introdotto  dall'art.  2,  lettera  n)  del
decreto legislativo 10 ottobre  2022,  n.  150,  recante  «Attuazione
della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo  per
l'efficienza del processo penale, nonche'  in  materia  di  giustizia
riparativa e disposizioni per la celere definizione dei  procedimenti
giudiziari», nella parte in  cui  non  prevede  che  il  delitto  sia
punibile a querela della persona offesa anche  nel  caso  di  cui  al
comma 2, n. 1), del medesimo articolo quando il fatto sia commesso su
cose esposte alla pubblica fede, per contrasto con  gli  articoli  3,
76, 77, primo comma, 25, secondo comma, della Costituzione; 
    Sentito il pubblico ministero e il difensore dell'imputata; 
 
                               Osserva 
 
1. La rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    1.1. Con decreto di citazione a giudizio datato  6  maggio  2022,
depositato il 15 maggio 2022 e notificato all'imputata il 30 dicembre
2022  il  pubblico  ministero  ha  esercitato  l'azione  penale   nei
confronti, per quel che rileva in questa  sede,  di  S.  N.,  per  il
delitto, commesso il 21 ottobre 2019,  previsto  e  punito  dall'art.
635, comma 2, in relazione all'art. 625, n. 7, codice penale  perche'
danneggiava l'autovettura di proprieta' di D. M. A., che  si  trovava
nel pubblico parcheggio dello Stadio del Conero, sferrando pugni alla
carrozzeria. 
    In data 31 ottobre 2019 la persona  offesa  D.  A.  aveva  sporto
querela (anche) anche per i teste' descritti fatti presso gli  uffici
della Stazione dei Carabinieri di ... (AN). 
    Il 4 febbraio 2020  la  PO,  sempre  presso  i  medesimi  uffici,
dichiarava di rimettere a tutti gli effetti di legge la querela e  il
6  febbraio  2020  S.  N.  presso  gli  uffici  della  Stazione   dei
Carabinieri di ... accettava la remissione. 
    Alla odierna prima udienza dibattimentale (che  segue  quella  di
mero smistamento a  nuovo  ruolo  dell'8  marzo  2023)  il  difensore
dell'imputata ha richiesto che il Tribunale sollevi la  questione  di
costituzionalita' nei termini di cui in premessa. 
    1.2. Risulta evidente la rilevanza della questione ai fini  della
decisione del procedimento a  quo:  sono  infatti  intervenute,  come
illustrato nelle premesse, e tra l'altro  gia'  prima  dell'esercizio
dell'azione penale, la remissione della querela (anche) per il  fatto
oggetto dell'imputazione di danneggiamento aggravato dall'esposizione
a pubblica fede e l'accettazione dell'imputata, cui conseguirebbe, se
intervenisse declaratoria di incostituzionalita' di cui  all'istanza,
la pronuncia prevista dall'art. 529 del codice di  procedura  penale,
necessariamente preliminare a qualsivoglia ulteriore statuizione. 
2.   La   non   manifesta    infondatezza    della    questione    di
costituzionalita'. 
    2.1. La legge 27 settembre 2021, n. 134, ha conferito «Delega  al
Governo per l'efficienza del processo penale nonche'  in  materia  di
giustizia riparativa e disposizioni per  la  celere  definizione  dei
procedimenti giudiziari». In  particolare,  per  quel  che  qui  piu'
specificamente  interessa,  l'art.  1,  comma  15,  della  legge   27
settembre 2021, n. 134, ha previsto che «Nell'esercizio della  delega
di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti modifiche al  codice
penale e al codice di procedura penale in materia  di  condizioni  di
procedibilita', per le parti di seguito indicate, sono  adattati  nel
rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: 
        ...; 
        b) prevedere l'estensione  del  regime  di  procedibilita'  a
querela di parte a ulteriori specifici  reati  contro  la  persona  o
contro il patrimonio nell'ambito di quelli puniti con  pena  edittale
detentiva non superiore nel minimo a due anni; prevedere che ai  fini
della determinazione della pena detentiva non si  tenga  conto  delle
circostanze, facendo salva  la  procedibilita'  d'ufficio  quando  la
persona offesa sia incapace per eta' o per infermita' ...». 
    Il decreto legislativo  10  ottobre  2022,  n.  150,  intitolato:
«Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega  al
Governo per l'efficienza del processo penale, nonche' in  materia  di
giustizia riparativa e disposizioni per  la  celere  definizione  dei
procedimenti  giudiziari»  ha  disposto  agli  articoli  2  e  3   un
ampliamento del  catalogo  dei  reati  procedibili  a  querela,  cosi
mutando il regime di procedibilita' con riferimento  a  otto  delitti
(quelli previsti dagli articoli 582, 590-bis, 605, 610, 614, 624, 634
e 635 del codice penale) e due contravvenzioni (quelle previste dagli
articoli 659 e 660 del codice penale). 
    Particolare  rilievo,  nell'ambito  del  presente   procedimento,
assume la lettera  n)  dell'art.  2,  comma  1,  del  citato  decreto
legislativo, che dispone che «all'art. 635, dopo il quarto comma,  e'
aggiunto il seguente: "Nei casi previsti dal primo comma  il  delitto
e' punibile a querela  della  persona  offesa.  Si  procede  tuttavia
d'ufficio se il fatto e' commesso in occasione del  delitto  previsto
dall'art. 331 ovvero se la persona offesa e' incapace, per eta' o per
infermita'"». 
    Dunque,  a  seguito  del  disposto   normativo,   il   reato   di
danneggiamento e' divenuto procedibile a querela, sempre che: 
        la  persona  offesa  non  sia  incapace,  per  eta'   o   per
infermita'; 
        non sia commesso in occasione del delitto di cui all'art. 331
del codice penale; 
        non ricorrano le ipotesi di cui ai commi 2 e 3 dell'art.  635
del codice penale. 
    Con  specifico  riguardo  a   tale   modifica   nella   relazione
illustrativa, che illumina sull'intenzione del  legislatore  e  sulla
finalita' della riforma, si legge «L'intervento rende  procedibile  a
querela  di  parte  il  delitto  di   danneggiamento,   limitatamente
all'ipotesi prevista dal primo confina dell'art. 635 (fatto  commesso
con violenza alla persona o con minaccia).  Mentre  nel  primo  comma
viene in rilievo un'offesa di  natura  spiccatamente  patrimoniale  e
privatistica, oltre che personale (violenza/minaccia), nei successivi
commi dell'art. 635 del codice penale vengono in rilievo  ipotesi  di
danneggiamento di beni pubblici o, comunque, di interesse o  utilita'
pubblica. Di  qui  l'opportunita'  di  conservare  la  procedibilita'
d'ufficio in tali casi. La procedibilita'  d'ufficio  resta  altresi'
ferma, nei casi previsti dal primo comma, quando la persona offesa e'
incapace per eta' o per infermita', nonche' nell'ipotesi  in  cui  il
fatto sia commesso in occasione del delitto  previsto  dall'art.  331
del codice penale (interruzione di un  pubblico  servizio).  In  tale
ultima ipotesi il fatto di reato  si  colloca  nel  contesto  di  una
dimensione pubblicistica che giustifica la procedibilita'  d'ufficio,
prevista anche per il concorrente delitto di interruzione di pubblico
servizio». 
    «La legge  delega  ha  individuato  l'area  di  estensione  della
procedibilita' a querela in rapporto  a  reati,  di  non  particolare
gravita',  posti  a  tutela  di   beni   individuali,   personali   e
patrimoniali.  Il  bene  giuridico  tutelato,  in  via  esclusiva   o
prevalente dalla norma incriminatrice, e' pertanto il criterio  guida
per l'individuazione degli specifici reati cui estendere il regime di
procedibilita' a querela. Si e' pertanto conservata la procedibilita'
d'ufficio nelle ipotesi  in  cui  viene  in  rilievo  una  dimensione
sovra-individuale dell'offesa (beni pubblici o a titolarita' diffusa)
o vi e'  una  particolare  esigenza  di  tutela  delle  vittime,  che
potrebbero essere condizionate e non libere nella scelta  processuale
di presentare una querela. 
    Si  e'  ritenuto  opportuno,  in  linea  con  gli  obiettivi   di
efficienza del processo e del sistema  penale,  fissati  dalla  legge
delega, estendere in modo significativo il regime di procedibilita' a
querela, in particolare per reati che si  presentano  con  una  certa
frequenza nella prassi e che si prestano  a  condotte  risarcitone  e
riparatorie. Una delle linee di fondo  della  legge  n.  134/2021  e'
infatti  quella  di'  incentivare  tali  condotte  in   vista   della
estinzione  del  reato  prima  della  celebrazione  del  processo,  a
beneficio dell'imputato, della vittima  e  del  sistema  giudiziario.
Estendere la procedibilita' a querela a reati  contro  la  persona  e
contro il patrimonio, di frequente contestazione, come ad esempio nel
caso delle lesioni  personali  e  del  furto,  rappresenta  un  forte
incentivo  alla  riparazione  dell'offesa  nonche'  alla  definizione
anticipata del procedimento penale  attraverso  la  remissione  della
querela o l'attivazione della causa estintiva di cui all'art. 162-ter
del codice penale (disposizione ad oggi scarsamente applicata, specie
in sede dibattimentale, come  si  legge  nella  relazione  del  primo
Presidente della Cassazione in occasione dell'inaugurazione dell'anno
giudiziario 2021 - ivi, pag. 61). In un sistema come quello italiano,
in cui il numero dei procedimenti  penali  e'  notevolmente  elevato,
anche in ragione dell'obbligatorieta' dell'azione  penale,  estendere
il regime di procedibilita' a  querela  il  piu'  possibile,  tenendo
conto delle necessarie esigenze di  tutela  della  persona  offesa  e
della collettivita', nonche' dei beni pubblici coinvolti  nel  reato,
e' del tutto ragionevole  e  rispondente  a  criteri  di  efficienza.
Secondo dati del Ministero della giustizia, alla fine del 2021  erano
pendenti negli uffici giudicanti penali quasi un milione e  mezzo  di
procedimenti penali (1.139.491 davanti ai tribunali, 262.761  davanti
alle corti d'appello, 23.736  avanti  la  Corte  di  cassazione).  Un
simile carico giudiziario incide  inevitabilmente  sulla  durata  del
processo, ragion per cui e' ragionevole e strategicamente  opportuno,
rispetto agli obiettivi di efficienza perseguiti dalla legge  delega,
ampliare il novero dei reati procedibili a querela. In non pochi casi
(emblematici i casi dei furti aggravati, magari solo per la destrezza
o l'esposizione della cosa alla pubblica fede), infatti, lo Stato  e'
costretto oggi a celebrare procedimenti penali che potrebbero  essere
definiti anticipatamente con il  risarcimento  del  danno,  la  piena
soddisfazione della persona offesa e l'estinzione del reato. Cio'  e'
impedito dal regime di procedibilita' d'ufficio,  che  in  non  pochi
casi lega oggi irragionevolmente le mani tanto alle parti  quanto  al
giudice, con enorme dispendio di energie  e  risorse  che  potrebbero
essere utilmente impiegate per perseguire altri reati e per ridurre i
tempi  complessivi  medi  di  definizione  dei  procedimenti  penali,
secondo l'obiettivo del P.N.R.R.». 
    Tuttavia la ratio legis e l'intenzione del legislatore, pur  cosi
perspicuamente dichiarate,  non  vengono  declinate  compiutamente  e
coerentemente in tutti  gli  esiti  positivi  del  dettato  normativo
risultante dall'intervento operato sull'articolato codicistico. 
    Ai sensi del combinato  disposto  dai  comuni  secondo  e  ultimo
dell'art. 635 del codice penale, il delitto  in  esame  e',  infatti,
rimasto procedibile d'ufficio nel caso in cui abbia ad oggetto: 
        1)  edifici  pubblici  o   destinati   a   uso   pubblico   o
all'esercizio di un culto  o  immobili  compresi  nel  perimetro  dei
centri storici, ovvero immobili  i  cui  lavori  di  costruzione,  di
ristrutturazione, di recupero  o  di  risanamento  sono  in  corso  o
risultano  ultimati  o  altre  delle  cose  indicate  nel  numero  7)
dell'art. 625; 
        2) opere destinate all'irrigazione; 
        3) piantate di  viti,  di  alberi  o  arbusti  fruttiferi,  o
boschi,  selve  o  foreste,  ovvero  vivai  forestali  destinati   al
rimboschimento; 
        4) attrezzature e impianti sportivi al  fine  di  impedire  o
interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive. 
    Le cose indicate nel numero 7) dell'art. 625 del  codice  penale,
sono costituite da «cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici,
o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessita' o
per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a
pubblico servizio o a pubblica utilita', difesa o reverenza». 
    2.2. Orbene, e' manifesta l'irragionevolezza  di  una  norma  che
mantiene  il  regime  di  procedibilita'  d'ufficio  in  relazione  a
condotte penalmente rilevanti aventi ad oggetto beni privati  esposti
alla  pubblica  fede,  che  non  facciano  assumere  all'offesa   una
dimensione meta-individuale (in ragione di titolarita' o  servizio  o
utilita'  o  interesse  pubblici  dei  predetti  beni,   ovvero   del
particolare  vincolo  di  provenienza  pubblicistica  -  sequestro  e
pignoramento - ad essi imposto).  Disattendendo  cosi'  peraltro  gli
stessi  criteri   cui   dichiara   di   attenersi   nella   relazione
illustrativa. 
    La  manifesta  irragionevolezza  del  precipitato   della   norma
positiva   novellata   corrisponde,   sul   piano   del   vaglio   di
costituzionalita' e dei limiti alla discrezionalita' del legislatore,
ad un vulnus al principio di uguaglianza scolpito dall'art.  3  della
Costituzione. 
    2.3.   Tale   violazione   emerge   ancor   piu'   manifesta   se
dall'orizzonte  della  valutazione  di   manifesta   irragionevolezza
sistematica intrinseca, ci si rivolge verso quello del raffronto  con
il tertium comparationis, nella fattispecie rappresentato dalla nuova
disciplina introdotta per il delitto  di  furto  sempre  dal  decreto
legislativo n. 150/2022, che all'art. 2,  lettera  i),  prevede:  «il
delitto e' punibile  a  querela  della  persona  offesa.  Si  procede
tuttavia d'ufficio se la persona offesa e' incapace, per eta'  o  per
infermita',  ovvero  se  ricorre  taluna  delle  circostanze  di  cui
all'art. 625, numeri 7, salvo che  il  fatto  sia  commesso  su  cose
esposte alla pubblica fede e 7-bis». 
    In merito, nella  relazione  illustrativa  significativamente  si
afferma che  «una  dimensione  pubblicistica  dell'oggetto  materiale
della condotta e  dell'offesa  patrimoniale  non  e'  necessariamente
propria  della  mera  esposizione  della  res  alla  pubblica   fede,
situazione per la quale si prevede la procedibilita' a querela: basti
pensare al caso da manuale, ricorrente nella prassi, del furto di una
bicicletta  lasciata  nella  pubblica  via».  O  di   un'autovettura,
soggiunge lo scrivente Tribunale. 
    E'  evidente  la  violazione  del  principio  costituzionale   di
uguaglianza, tanto piu' che nella fattispecie non  risultano  neppure
trattati in modo differente situazioni uguali, ma e' financo trattata
in termini di maggior sfavore  per  il  reo  proprio  la  fattispecie
(danneggiamento) caratterizzata da  minor  disvalore,  come  peraltro
pianamente  si  ricava  dal  raffronto  del  rispettivo   trattamento
sanzionatorio. E che sia principalmente il trattamento  sanzionatorio
il faro orientativo delle scelte operate dal  legislatore,  anche  in
punto di procedibilita', all'interno  del  plesso  normativo  qui  in
esame, affiora reiteratamente, oltre che dai limiti  esterni  imposti
dalla legge delega («pena edittale detentiva non superiore nel minimo
a due anni»),  dall'esame  delle  singole  disposizioni  del  decreto
delegato: si consideri, exempli  causa,  e  sempre  con  riguardo  ai
delitti contro il patrimonio  mediante  violenza  alle  cose  o  alle
persone (Titolo XIII, capo I, del codice  penale),  quanto  si  legge
nella relazione illustrativa in riferimento al mutamento  del  regime
di procedibilita' dell'art.  634  del  codice  penale:  «L'intervento
rende procedibile a querela di parte il delitto di cui  all'art.  634
del codice penale, facendo salva la procedibilita'  d'ufficio  se  la
persona offesa e' incapace per eta' o per infermita'. Si tratta di un
delitto punito meno severamente di  quello  previsto  dal  precedente
art. 633, che nell'ipotesi base e' procedibile a querela». 
    Con icastica sintesi finale: chi oggi sottrae a  scopo  di  lucro
un'auto parcheggiata sulla pubblica via beneficia  di  un  regime  di
procedibilita' piu' favorevole di colui che quell'auto  si  limita  a
danneggiare. 
    2.4.   Tutto   cio'   premesso   e   considerato,   la    patente
disapplicazione  da  parte  del  legislatore  delegato,  in  sede  di
emanazione, dei  criteri  orientativi  ed  ermeneutici  dal  medesimo
assunti e dichiarati nella relazione illustrativa, sembra il  frutto,
piu' che di una scelta intenzionale, di una sorta di  lapsus  calami,
di una dimenticanza o di  una  non  sorvegliata  tecnica  redazionale
della norma, di cui peraltro si rinviene ulteriore spia  nel  rilievo
che nella relazione illustrativa non si trova alcun passaggio che  si
periti quanto meno di giustificare il diverso regime prescelto per  i
beni privati, esposti a pubblica  fede,  oggetto  di  danneggiamento,
rispetto a quelli oggetto  di  furto,  su  cui  anzi  il  legislatore
delegato ritiene opportuno spiegare, come detto, che «una  dimensione
pubblicistica dell'oggetto materiale  della  condotta  e  dell'offesa
patrimoniale non e' necessariamente propria  della  mera  esposizione
della res alla  pubblica  fede».  Quand'anche  voluta,  comunque,  il
risultato   integra   manifesta   violazione   dell'art.   3    della
Costituzione. 
    2.5. Si puo' dubitare di trovarsi al  cospetto  anche  della  pus
dedotta  violazione  dell'art.  76  della  Costituzione  sub   specie
dell'eccesso di delega; la legge,  infatti,  lasciava  ampio  margine
discrezionale al Governo delegato nella selezione e nella scelta  dei
reati cui estendere il regime di procedibilita' a querela  di  parte,
limitandosi a stabilire due limiti estrinseci: il bene  protetto  (la
persona o il patrimonio) e la cornice edittale  («quelli  puniti  con
pena edittale detentiva non superiore nel minimo a due anni»), che il
legislatore delegato ha rispettato. 
    Occorre  tuttavia  ricordare  che  ai  fini   del   giudizio   di
conformita' della norma delegata alla norma delegante, detti principi
e criteri direttivi devono  essere  interpretati  sia  tenendo  conto
delle  finalita'  ispiratrici  della  delega,  sia  verificando,  nel
silenzio del legislatore  delegante  sullo  specifico  tema,  che  le
scelte operate dal legislatore delegato non siano  in  contrasto  con
gli indirizzi generali della delega e con la  ratio  di  essa  (Corte
costituzionale,  sentenze  numeri   127/2017;   426/2008;   111/1997;
237/1993; 51/1992; 129/1963). 
    Sotto diverso ma speculare profilo mette conto evidenziare che un
esercizio  manifestamente  irragionevole  della  delega,  come  nella
fattispecie si riscontra,  inficia  gia'  senz'altro  intrinsecamente
come evidenziato il decreto legislativo per  violazione  dell'art.  3
della Costituzione, ma si trasfonde altresi' nella  violazione  della
stessa delega, che tra i suoi principii e criteri direttivi immanenti
e sempre impliciti non puo' che contemplare  anche  il  rispetto  del
principio di ragionevolezza  (v.  Corte  costituzionale  sentenza  n.
59/2016; n. 237/2013; n. 401/2007; n. 87/1989). 
    2.6 Non pare potersi condividere la deduzione difensiva in ordine
alla pretesa violazione dell'art. 77, primo comma, della Costituzione
per lesione per difetto della delega da parte  del  Governo.  Non  e'
costituzionalmente  precluso  infatti  a   quest'ultimo,   ferma   la
responsabilita'  politica  verso  il   Parlamento   delegante,   dare
attuazione solo parziale alla delega (Corte costituzionale,  sentenze
numeri 304/2011, 218/1987, 8/1977 e  41/1975),  salvo  che  cio'  non
determini  uno  stravolgimento  della  legge  di  delegazione   (cfr.
sentenza della Corte costituzionale  n.  149/2005;  ordinanze  numeri
283/2013 e 257/2005), o, come si riscontra nella fattispecie, non  si
declini in esiti di manifesta irragionevolezza: ma  in  tal  caso  la
fibrillazione costituzionale, a ben vedere, si  attiva  con  riguardo
agli articoli 3 e 76 della Costituzione e non per  la  mera  parziale
attuazione della delega (sentenza n. 51/1992); non viene in  rilievo,
infatti, un eccesso dalla delega  ma  una  violazione  per  omissione
delle sue finalita' e principi, tra cui, sempre immanente, quello  di
non manifesta irragionevolezza. 
    Per speculari ed omologhe ragioni non sembra  parimenti  meritare
adesione  l'evocata  lesione  dell'art.  25,  secondo  comma,   della
Costituzione, per asserita violazione del principio della riserva  di
legge, pur avendo avuto modo la Consulta di statuire, in  riferimento
a fattispecie simili ma non esattamente sovrapponibili alla  presente
(si  faceva  questione,  cola',  di   «oggettive   incertezze   nella
ricostruzione del coerente significato di taluni principi  e  criteri
direttivi»,   che   il   legislatore   delegato    «deve    procedere
all'approvazione di norme che si mantengano comunque nell'alveo delle
scelte di fondo operate dalla legge delega, senza contrastare  con  i
relativi indirizzi generali. Tale coerenza fra legge delega e decreto
legislativo assume peculiare crucialita' quando  siano  in  questione
scelte di politica criminale compiute dal Parlamento. In tal caso, il
controllo sul rispetto dell'art. 76 Cost. e quindi sulle modalita' di
esercizio, da parte del Governo, della funzione legislativa delegata,
e' anche strumento di garanzia del principio della riserva  di  legge
sancito, in  materia  penale,  dall'art.  25,  secondo  comma,  della
Costituzione, che attribuisce al Parlamento funzione centrale,  tanto
nella individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle  sanzioni
loro  applicabili,  quanto   nella   selezione   delle   materie   da
depenalizzare. Quando vi e' la possibilita'  di  scegliere  fra  piu'
mezzi per realizzare l'obiettivo indicato nella legge di delegazione,
la soluzione adottata deve rispettare il canone della  ragionevolezza
e l'esercizio del potere delegato appare coerente con la delega anche
quando  persegua  lo  scopo  di  prevenire  eventuali   contrasti   o
incertezze di giurisprudenza. In tal caso, il controllo sul  rispetto
dell'art.  76  della  Costituzione,  e  quindi  sulle  modalita'   di
esercizio, da parte del Governo, della funzione legislativa delegata,
e' anche strumento di garanzia del principio della riserva  di  legge
sancito, in  materia  penale,  dall'art.  25,  secondo  comma,  della
Costituzione, che attribuisce al Parlamento funzione centrale,  tanto
nella individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle  sanzioni
loro applicabili (sentenza n. 5 del  2014),  quanto  nella  selezione
delle materie da depenalizzare». (Sentenza n. 127/2017). 
    Un'ultima notazione si  impone:  il  dettato  normativo  positivo
risultante   non   lascia   margini   interpretativi   di   ortopedia
costituzionale,  di  talche'  il  giudice  ordinario  in  un  sistema
costituzionale    improntato    al    controllo     accentrato     di
costituzionalita' non puo' che  demandare  la  questione  alla  Corte
costituzionale.