Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi,  12  contro  la  Regione
Puglia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore,
con sede in Bari, Lungomare Nazario Sauro n. 33 per  la  declaratoria
di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della  legge  della
Regione Puglia 15 giugno 2023, n. 13, pubblicata nel BUR n. 58 del 20
giugno 2023,  recante:  «Disposizioni  per  prevenire  e  contrastare
condotte di maltrattamento o di abuso, anche di  natura  psicologica,
in danno di anziani e persone con disabilita' e modifica  alla  legge
regionale 9 agosto 2006, n. 26 (Interventi  in  materia  sanitaria)»,
come da delibera del Consiglio dei ministri in data 3 agosto 2023. 
    Sul B.U.R. n. 58 del 20 giugno 2023 della Regione Puglia e' stata
pubblicata la legge regionale 15 giugno 2023, n. 13. 
    Per quanto in questa sede d'interesse, le disposizioni  impugnate
cosi' dispongono: 
 
                              «Art. 3. 
Installazione dei sistemi di videosorveglianza e tutela della privacy 
 
      1. Le strutture private adibite all'attivita' di cui all'art. 1
provvedono  autonomamente  all'installazione   delle   telecamere   a
circuito chiuso e  ne  danno  comunicazione  alle  aziende  sanitarie
locali in caso di strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali. 
      2. I sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso di  cui  al
comma 1 devono essere installati con modalita' atte  a  garantire  la
sicurezza dei dati trattati e la loro protezione da accessi  abusivi.
Nelle strutture di cui all'art. 1 e' vietato l'utilizzo di webcam. 
      3.  L'installazione  del  sistema   di   videosorveglianza   e'
effettuata in conformita' al decreto legislativo 10 agosto  2018,  n.
101 (Disposizioni per l'adeguamento della  normativa  nazionale  alle
disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento  europeo  e
del Consiglio, del 27 aprile 2016,  relativo  alla  protezione  delle
persone fisiche con  riguardo  al  trattamento  dei  dati  personali,
nonche' alla libera  circolazione  di  tali  dati  e  che  abroga  la
direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei  dati))
e al regolamento (UE) 2016/679 nonche' nel rispetto della Convenzione
delle  Nazioni  Unite  sui  diritti  delle  persone  con  disabilita'
ratificata ai sensi della legge 3 marzo  2009,  n.  18  (Ratifica  ed
esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite  sui  diritti  delle
persone con disabilita', con Protocollo opzionale, fatta a  New  York
il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio  nazionale  sulla
condizione delle  persone  con  disabilita').  Per  l'attivazione  e'
necessario acquisire il consenso degli ospiti o dei loro tutori. 
      4. La presenza dei  sistemi  di  videosorveglianza  e'  inoltre
adeguatamente segnalata a tutti  i  soggetti  che  accedono  all'area
video sorvegliata. 
      5. Le registrazioni sono effettuate  in  modalita'  criptata  e
possono essere visionate esclusivamente dall'autorita' giudiziaria, a
seguito di segnalazioni da parte dei soggetti interessati,  familiari
o degenti». 
    Il  Governo  ritiene  che  tale  legge  sia   censurabile   nelle
disposizioni sopra indicate (dunque, nel suo art. 3). 
    Propone pertanto  questione  di  legittimita'  costituzionale  ai
sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti 
 
                               motivi 
 
    1. Illegittimita' costituzionale  dell'art.  3,  legge  regionale
Puglia, 15 giugno 2023, n. 13 per contrasto con l'art.  117,  secondo
comma,   lettera   l),   della   Costituzione   sotto   il    profilo
dell'ordinamento civile e penale, e dell'art. 117, primo comma, della
Costituzione in relazione al regolamento (UE) n. 2016/679 («GDPR»)  e
al  decreto  legislativo  n.   101/2018   recante   disposizioni   di
adeguamento al GDPR e di modifica al decreto  legislativo  30  giugno
2003, n. 196  (Codice  della  privacy);  nonche'  in  relazione  alla
direttiva (UE) 2016/680 e al decreto legislativo 18 maggio  2018,  n.
51 (norme interposte). 
    La legge della Regione Puglia 15  giugno  2023,  n.  13,  recante
«Disposizioni per prevenire e contrastare condotte di  maltrattamento
o di abuso, anche di  natura  psicologica,  in  danno  di  anziani  e
persone con disabilita' e modifica  alla  legge  regionale  9  agosto
2006, n. 26 (Interventi  in  materia  sanitaria)»,  reca  all'art.  3
disposizioni in tema di installazione di sistemi di videosorveglianza
che si pongono in contrasto con l'art.  117,  comma  2,  lettera  l),
della Costituzione, in ordine alla competenza  esclusiva  statale  in
materia di ordinamento civile e penale e sono, altresi', adottate  in
violazione dei vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario,  in
violazione dell'art. 117, comma 1, della Costituzione. 
    Come sopra riportato, l'art. 3  legittima  le  strutture  private
socio-sanitarie  e  socio-assistenziali  a  carattere   residenziale,
semiresidenziale o diurno, all'autonoma installazione di  sistemi  di
videosorveglianza. 
    1. La disciplina regionale, nell'articolo censurato,  interviene,
dunque, sulla materia del trattamento dei dati personali, materia che
la Corte,  gia'  nella  sentenza  n.  271/2005,  ha  ricondotto  alla
competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile. 
    La  disciplina  della  tutela  dei  dati  personali,  riferendosi
all'intera serie dei fenomeni sociali nei quali questi possono venire
in rilievo, si caratterizza essenzialmente per il  riconoscimento  di
una serie di diritti alle persone  fisiche  relativamente  ai  propri
dati, diritti di cui sono  regolate  analiticamente  caratteristiche,
limiti, modalita' di esercizio, garanzie, forme  di  tutela  in  sede
amministrativa  e  giurisdizionale;   essa   rientra   quindi   nella
competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, di cui
all'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione (e  non  anche,
secondo la Corte, in quella in tema di  «determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» di  cui
alla lettera m) del comma 2 dell'art.  117  della  Costituzione,  dal
momento  che  la  legislazione  sui  dati  personali   non   concerne
prestazioni, bensi' la stessa disciplina  di  una  serie  di  diritti
personali attribuiti ad ogni singolo interessato). 
    La situazione relativa alle competenze in materia non e' cambiata
a fronte del mutato quadro ordinamentale, europeo ed interno. 
    La nuova normativa sulla protezione dei  dati  personali  risulta
dalle disposizioni  del  regolamento  (UE)  2016/679  del  Parlamento
europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione
delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali,
nonche' alla libera circolazione di tali dati  (di  seguito  «GDPR»),
nonche'  dalle  disposizioni  del  codice  della   privacy   (decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196) cosi' come riformato dal  decreto
legislativo n. 101/2018, recante disposizioni per l'adeguamento della
normativa nazionale alle disposizioni del GDPR.  Ulteriori  modifiche
al  codice  sono  state  successivamente  apportate   attraverso   il
decreto-legge n. 139 del 2021 convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge n. 205 del 2021. 
    Con il decreto legislativo n. 51 del 2018 l'ordinamento  italiano
ha,  invece,  attuato  la  direttiva  (UE)  2016/680,  relativa  alla
protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati
personali da parte delle autorita' competenti a fini di  prevenzione,
indagine, accertamento e perseguimento di reati. 
    La legge regionale, al comma  3  dell'art  3,  si  limita  ad  un
generico  richiamo  alle  disposizioni  del  GDPR   e   del   decreto
legislativo n. 101/2018 ed, inoltre,  tale  riferimento  e'  limitato
alla fase della «installazione»  del  sistema  di  videosorveglianza,
restando del tutto oscuro e privo di disciplina il suo  funzionamento
ed  uso  con  riferimento  a  diversi  profili  che  impattano  sulla
protezione dei dati personali dei soggetti coinvolti. 
    Il richiamo operato dalla legge regionale non e'  completo  anche
perche' non viene puntualmente individuato l'intero plesso  normativo
di riferimento, da rinvenirsi, come s'e'  detto,  anche  nel  decreto
legislativo 18 maggio 2018, n. 51,  di  recepimento  della  direttiva
(UE) 2016/680, in ragione dell'attribuzione all'autorita' giudiziaria
della competenza all'accesso alle videoriprese. 
    2. L'ultima parte del comma 3 dell'art.  3  allude,  poi,  quanto
alla «attivazione» del sistema, alla necessita' del «consenso»  degli
ospiti  (o  dei  tutori),  senza  pero'  chiarire  se   il   consenso
costituisca la base giuridica del trattamento  e,  in  tal  caso,  le
precise modalita'  attraverso  cui  esso  dovrebbe  essere  prestato,
specie per le situazioni di incapacita' degli interessati. 
    Come e' noto, pero', affinche' si possa legittimamente far valere
la (residuale) base giuridica costituita dal consenso di cui all'art.
6, par. 1, lettera a), e 9, par. 1, lettera a) del GDPR, il  consenso
deve avere determinate caratteristiche. 
    A questo proposito va ricordato che  il  consenso,  alla  stregua
dell'art.  4,  n.  11  GDPR,  e'  valido  solo  se  consiste  in  una
«manifestazione  di   volonta'   libera,   specifica,   informata   e
inequivocabile dell'interessato» a  «che  i  dati  personali  che  lo
riguardano siano oggetto di trattamento». 
    Va inoltre tenuto presente il considerando 43 del  GDPR,  secondo
il quale «Per assicurare la liberta'  di  prestare  il  consenso,  e'
opportuno che  il  consenso  non  costituisca  un  valido  fondamento
giuridico per il trattamento dei dati personali in un caso specifico,
qualora esista un evidente squilibrio tra l'interessato e il titolare
del  trattamento,  specie  quando  il  titolare  del  trattamento  e'
un'autorita' pubblica  e  cio'  rende  pertanto  improbabile  che  il
consenso sia stato prestato liberamente in tutte  le  circostanze  di
tale situazione specifica. Si presume che il consenso non  sia  stato
liberamente  prestato  se  non  e'  possibile  prestare  un  consenso
separato a distinti trattamenti di  dati  personali,  nonostante  sia
appropriato nel singolo caso, o  se  l'esecuzione  di  un  contratto,
compresa la prestazione di un servizio, e'  subordinata  al  consenso
sebbene esso non sia necessario per tale esecuzione». 
    In tale situazione la legge regionale appare del tutto oscura  ed
equivoca  sul  fatto   che   il   consenso   dell'interessato   possa
rappresentare un valido assenso alla raccolta e all'utilizzo dei dati
personali. 
    Il Comitato europeo per la protezione dei dati nelle Linee  guida
3/2019  (all.  2)  sul  trattamento  dei  dati  personali  attraverso
dispositivi video, si  occupa,  specificamente,  tra  l'altro,  della
«base giuridica»  che,  ai  sensi  del  GDPR,  puo'  giustificare  il
trattamento dei dati personali attraverso la videosorveglianza. 
    Occupandosi  del  consenso,  al  punto  3.3  «Consenso  (art.  6,
paragrafo 1, lettera a)» il Comitato precisa: 
      «43. Il consenso deve essere prestato liberamente, deve  essere
specifico, informato e inequivocabile,  come  descritto  nelle  linee
guida sul consenso. 
      44.  Per  quanto  riguarda  la  sorveglianza  sistematica,   il
consenso dell'interessato puo' fungere da  base  giuridica  ai  sensi
dell'art. 7 (cfr. il considerando 43) solo in  casi  eccezionali.  E'
nella natura  della  sorveglianza  il  fatto  che  questa  tecnologia
consenta di controllare contemporaneamente  un  numero  non  noto  di
persone. Il titolare del trattamento difficilmente sara' in grado  di
dimostrare che  l'interessato  ha  prestato  il  consenso  prima  del
trattamento dei suoi dati personali (art. 7, paragrafo 1). Supponendo
che l'interessato revochi il proprio consenso, sara' difficile per il
titolare dimostrare che i dati personali non  sono  piu'  oggetto  di
trattamento (art. 7, paragrafo 3) 
      ...46. Se il titolare  del  trattamento  desidera  invocare  il
consenso, e' suo dovere assicurarsi che ogni  interessato  che  entra
nella zona sottoposta a videosorveglianza abbia prestato  il  proprio
consenso. Tale consenso deve soddisfare le condizioni di cui all'art.
7. L'ingresso in una zona sorvegliata contrassegnata (ad esempio,  le
persone sono invitate a passare attraverso uno specifico corridoio  o
cancello per accedere a una  zona  sorvegliata),  non  configura  una
dichiarazione o una chiara azione affermativa come necessarie per  la
validita' del consenso, a meno che siano soddisfatti i criteri di cui
agli articoli 4 e 7 descritti nelle linee guida sul consenso. 
      47. Dato lo  squilibrio  di  potere  tra  datori  di  lavoro  e
dipendenti, nella maggior parte dei  casi  i  datori  di  lavoro  non
dovrebbero invocare il consenso nel trattare  i  dati  personali,  in
quanto e' improbabile che quest'ultimo venga fornito liberamente.  In
tale contesto si dovrebbe tener conto delle linee guida sul consenso. 
      48. La legge degli  Stati  membri  o  i  contratti  collettivi,
compresi i «contratti di lavoro», possono prevedere norme  specifiche
sul trattamento dei dati personali  dei  dipendenti  nell'ambito  dei
rapporti di lavoro (cfr. l'art. 88)». (enfasi aggiunta). 
    Anche da tali indicazioni si  ricava  agevolmente  che  la  legge
censurata, oltre ad essere intervenuta in una materia riservata  alla
legislazione statale, ha anche omesso di  considerare  la  disciplina
europea di settore, affidandosi ad una base giuridica  (il  consenso)
inappropriata allo scopo, anche tenuto conto  delle  finalita'  della
disciplina in cui la videosorveglianza e' inserita. 
    A tale ultimo riguardo si osserva che la legge ha la finalita' di
prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso,  anche
di natura psicologica, in danno di anziani e persone con  disabilita'
nell'ambito delle strutture socio-sanitarie e  socio-assistenziali  a
carattere residenziale, semi-residenziale o diurno. 
    Orbene,  condizionare  la  liceita'  della  videosorveglianza  al
consenso  dell'ospite  significa  anche  trascurare  del   tutto   la
posizione dei lavoratori della struttura che pure sono coinvolti  nel
trattamento dei dati personali. 
    Come si ricava,  invece,  dall'  art.  1  della  legge  regionale
rubricato «Oggetto e finalita'» «1. La presente legge ha la finalita'
di prevenire e contrastare condotte di  maltrattamento  o  di  abuso,
anche di natura psicologica,  in  danno  di  anziani  e  persone  con
disabilita'   nell'ambito   delle   strutture    socio-sanitarie    e
socio-assistenziali a  carattere  residenziale,  semi-residenziale  o
diurno». 
    E'  dunque  evidente  che   l'oggetto   del   controllo   tramite
videosorveglianza sono  (anche,  se  non  soprattutto)  i  lavoratori
addetti alla cura di anziani e disabili e dunque anche  in  relazione
alla  loro  posizione  dovrebbe  essere  valutata  la  liceita'   del
trattamento ed individuata la base giuridica. 
    Va osservato,  ulteriormente,  che  l'installazione  di  impianti
audiovisivi e  altri  strumenti  di  controllo  dei  lavoratori  deve
avvenire ai sensi dell'art. 4,  comma  1,  della  legge  n.  300/1970
(Statuto dei lavoratori)  che  prevede,  prioritariamente,  l'accordo
collettivo  con  le  RSA  e/o  RSU  presenti,  mentre  la   procedura
autorizzatoria pubblica presso l'Ispettorato del lavoro risulta  solo
eventuale e successiva al mancato  accordo  con  i  sindacati  ed  e'
condizionata, ai fini  istruttori,  alla  dimostrazione  dell'assenza
della RSA/RSU, ovvero del mancato accordo con  esse  (l'efficacia  di
tale disposizione e' espressamente affermata dall'art. 114 del codice
della privacy «Garanzie in materia di controllo a distanza», in  base
al quale «Resta fermo quanto disposto  dall'art.  4  della  legge  20
maggio 1970, n. 300»). 
    La legge regionale impugnata trascura del tutto la posizione  dei
lavoratori e le garanzie per questi stabilite dalla  legge  affidando
al consenso dei (soli)  ospiti  della  struttura  il  presupposto  di
liceita' di un sistema di trattamento dei dati che  incide  anche  su
altri (i lavoratori) e senza contemplare, ne' richiamare le  relative
garanzie. 
    3. La legge regionale appare, inoltre, violare  il  principio  di
proporzionalita' il  cui  rispetto  e'  necessario,  ai  sensi  degli
articoli 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE e 5, par. 1,
lett c) del regolamento UE  2016/679,  per  la  legittimita'  di  una
previsione normativa incidente su diritti fondamentali. 
    Il rispetto del principio di proporzionalita' dovrebbe comportare
una analisi attenta - nella fattispecie del tutto  omessa  -  sul  se
effettivamente tutti i luoghi indicati presentino un grado di rischio
adeguato a legittimare una limitazione significativa  della  liberta'
del  lavoratore   nell'adempimento   della   prestazione,   assumendo
parametri  quali  i  fattori  di  rischio  propri  del  contesto   di
riferimento,  assicurando  che  il  ricorso  a   uno   strumento   di
monitoraggio cosi' invasivo avvenga solo laddove  altre  misure  meno
limitative della riservatezza risultino inefficaci. 
    Ogni  intervento  normativo  in  materia   deve   necessariamente
coniugare,  infatti,  la  tutela  di  soggetti   in   condizione   di
particolare vulnerabilita' rispetto al rischio di abusi  e  violenze,
l'esigenza di ricostruzione probatoria di reati  per  i  quali  nella
maggior parte dei casi non si dispone di testi in grado di  agevolare
gli accertamenti, la liberta' del lavoratore  nell'adempimento  della
prestazione e, infine, il diritto alla protezione dei dati  personali
dei  vari  soggetti  ripresi  dal  sistema  di  videosorveglianza  (i
lavoratori, ed anche gli ospiti delle strutture di cura). 
    E', dunque, evidente che il bilanciamento dei descritti,  diversi
interessi in  gioco  di  natura  fondamentale  con  il  diritto  alla
protezione dei dati  personali  e'  devoluto  allo  Stato,  ai  sensi
dell'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. 
    Nel disciplinare l'attivita' di videosorveglianza nelle strutture
residenziali di cura di anziani e  disabili  la  legge  regionale  in
esame  interviene,  quindi,  al  di  la'  delle   stesse   competenze
regionali, in un ambito riservato al legislatore statale  cui  spetta
declinare i principi di  protezione  dati  nello  specifico  contesto
considerato e il bilanciamento con gli altri interessi  giuridici  in
gioco. 
    Di tale riserva e' significativa  non  solo  la  previsione,  con
legge  statale,  del  fondo  di  cui  all'art.  5-septies,  comma  2,
decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (convertito dalla legge 14 giugno
2019, n. 55), ma anche il criterio di delega di cui all'art. 4, comma
2. lettera r), legge 23 marzo 2023,  n.  33,  che  annovera  infatti,
nell'ambito dei criteri di accreditamento delle strutture di cura per
anziani, oggetto  di  semplificazione  previo  parere  in  Conferenza
unificata, «...la presenza di sistemi di videosorveglianza a circuito
chiuso, finalizzati alla prevenzione e alla garanzia della  sicurezza
degli utenti». 
    Tali norme dimostrano l'esigenza di una  complessiva  regolazione
statale delle ipotesi di ammissibilita' dell'installazione di sistemi
di videosorveglianza in contesti residenziali di cura. 
    Tra la XVII e la XVIII  legislatura,  infatti,  le  Camere  hanno
discusso alcune proposte di legge volte precisamente  a  disciplinare
l'utilizzo delle videoriprese nei servizi educativi  e  nelle  scuole
dell'infanzia,   nonche'   nelle    strutture    socio-sanitarie    e
socio-assistenziali per anziani e disabili. 
    La legge regionale in esame, proprio per la  scelta  di  autonoma
disciplina della materia, cosi' fortemente incidente  sulle  garanzie
di protezione dei dati,  non  si  muove  nell'ambito  «interstiziale»
delineato dalla Corte  come  legittimo  spazio  d'intervento  per  il
legislatore di  livello  sub-statale,  nel  rispetto  peraltro  della
cornice normativa di  riferimento  essendo  la  protezione  dei  dati
personali attribuita alla competenza legislativa statale esclusiva in
quanto ricondotta, comma ritenuto nella citata sentenza  n.  271  del
2005, alla materia «ordinamento civile»  (art.  117,  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione). 
    Ne' vale a superare i rilievi  esposti  l'affermazione,  presente
nella  legge  regionale,  circa  la  necessita'  del  rispetto  della
disciplina di protezione  dei  dati  personali,  in  assenza  di  una
formulazione della norma in concreto conforme ai  parametri  generali
di liceita' in materia  e  vista  la  incompleta  individuazione  del
corretto plesso normativo di riferimento. 
    Per completezza, si ricorda che la Corte ha  chiarito  che  nelle
materie di competenza esclusiva dello Stato sono inibiti alle regioni
interventi diretti ad incidere sulla disciplina statale, finanche  in
modo meramente riproduttivo della stessa. In tal  senso  la  sentenza
40/2017 ha ribadito che, in materie  di  competenza  esclusiva  dello
Stato, come quella ex art. 117,  secondo  comma,  lettera  e),  della
Costituzione, sono «inibiti alle regioni interventi normativi diretti
ad incidere sulla disciplina dettata dallo Stato,  finanche  in  modo
meramente riproduttivo della stessa (sentenza n. 245  del  2013,  che
richiama le sentenze n. 18 del 2013, n. 271 del 2009, n. 153 e n.  29
del 2006)». 
    4. La disciplina regionale, peraltro,  non  individua  neppure  i
tempi di  conservazione  delle  videoriprese,  cio'  che  costituisce
elemento essenziale della disciplina di protezione. 
    I dati personali non possono essere conservati piu'  a  lungo  di
quanto necessario per le finalita' per le quali sono  trattati  (art.
5, paragrafo 1,  lettere  c)  ed  e),  del  GDPR)  e  lo  Stato  (con
disciplina uniforme a livello nazionale) puo' prevedere  disposizioni
specifiche  per  i  periodi  di  conservazione  con   riguardo   alla
videosorveglianza a norma dell'art. 6, paragrafo 2, del GDPR. 
    Le citate linee guida del Comitato europeo per la protezione  dei
dati si occupano al punto 120 della necessita' che  sia  previsto  un
periodo di conservazione dei dati raccolti, ma su questo  aspetto  la
legge impugnata omette ogni indicazione. 
    5. Infine, il comma 5 del medesimo art. 3,  che  prevede  che  le
videoregistrazioni sono effettuate in modalita'  criptata  e  possono
essere visionate esclusivamente dall'autorita' giudiziaria, a seguito
di segnalazioni  da  parte  dei  soggetti  interessati,  familiari  o
degenti, reca una disposizione  che  investe  specifici  aspetti  che
afferiscono  all'ordinamento  penale,  poiche'  interferisce  con  le
prerogative  dell'autorita'  giudiziaria   (inquirente),   risultando
quindi anch'essa in contrasto con l'art. 117,  comma  2,  lettera  l)
della Costituzione. 
    Il  trattamento  dei  dati  personali  da  parte   dell'autorita'
giudiziaria non e', peraltro, disciplinato dal RGPD (si  veda  l'art.
2, paragrafo 2, lettera d),  bensi'  dalla  direttiva  (UE)  2016/680
sulla protezione dei dati nelle attivita' di  polizia  e  giudiziarie
come attuata dal decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 5, che,  come
gia' esposto, non e' neppure indicato o richiamato nella disposizione
censurata. 
    Alla luce di quanto sopra esposto  l'art.  3  della  legge  della
Regione Puglia 15 giugno 2023, n.  13,  che  legittima  le  strutture
private   socio-sanitarie   e   socio-assistenziali    a    carattere
residenziale, semiresidenziale o diurno,  all'autonoma  installazione
di sistemi di videosorveglianza, reca una disciplina  invasiva  della
competenza  legislativa  esclusiva  dello   Stato   in   materia   di
ordinamento civile e penale (cui la Corte, con sentenza 271 del 2005,
ha ricondotto  la  normativa  di  protezione  dei  dati)  ed  appare,
altresi', in  contrasto  con  i  vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario in riferimento alle disposizioni del regolamento (UE)  n.
2016/679  (GDPR),  della  direttiva  (UE)  2016/680  e  delle   norme
nazionali che a quelle disposizioni hanno  dato  attuazione  (decreto
legislativo n. 101/2018 recante disposizioni di adeguamento al GDPR e
di modifica al decreto legislativo 30 giugno 2003, n.  196  -  codice
della privacy -, nonche' decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51).