LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                           Sezione Lavoro 
 
    Composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: 
        dott. Umberto Berrino, Presidente; 
        dott.ssa Gabriella Marchese, consigliere; 
        dott.ssa Daniela Calafiore, consigliere; 
        dott. Luigi Cavallaro, relatore-consigliere; 
        dott. Francesco Buffa, consigliere; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
26314-2017 proposto da C.  L.,  elettivamente  domiciliato  in  Roma,
viale Francesco  Denza  3,  presso  lo  studio  dell'avvocato  Angelo
Martucci (Studio CFS Legal),  rappresentato  e  difeso  dall'avvocato
Francesco Caroli Casavola - ricorrente; 
    Contro INPS - Istituto nazionale  della  previdenza  sociale,  in
persona  del  Presidente  e  legale   rappresentante   pro   tempore,
elettivamente domiciliato in Roma, via  Cesare  Beccaria  29,  presso
l'Avvocatura centrale dell'Istituto,  rappresentato  e  difeso  dagli
avvocati Antonino Sgroi, Emanuele De Rose, Carla D'Aloisio,  Giuseppe
Matano, Ester Ada Sciplino, Lelio Maritato - controricorrente; 
    Avverso  la  sentenza  n.  673/2017  della  Corte  d'appello   di
L'Aquila, depositata il 29 giugno 2017 R.G.N. 554/2016; 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
14 giugno 2023 dal consigliere dott. Luigi Cavallaro; 
    Il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore  dott.
Stefano Visona' visto l'art. 23, comma  8-bis  del  decreto-legge  28
ottobre 2020, n. 137, convertito con  modificazioni  nella  legge  18
dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte. 
 
                          Rilevato in fatto 
 
        che, con sentenza depositata il  29  giugno  2017,  la  Corte
d'appello dell'Aquila, in riforma della pronuncia di primo grado,  ha
dichiarato l'obbligo dell'ing. L. C. di iscriversi presso la Gestione
separata INPS in relazione all'attivita' libero-professionale  svolta
in aggiunta a  quella  di  lavoratore  dipendente  e,  nel  rigettare
l'eccezione di prescrizione dei contributi dovuti, relativi  all'anno
..., ha dichiarato altresi' dovuto il pagamento  delle  sanzioni  per
evasione contributiva; 
        che avverso tale pronuncia l'ing. L. C. ha  proposto  ricorso
per cassazione, deducendo un unico complesso motivo di  censura,  con
il quale ha variamente contestato la sussistenza del proprio  obbligo
di iscrizione alla Gestione separata; 
        che l'INPS ha resistito con controricorso; 
        che, a seguito di infruttuosa trattazione camerale, la  causa
e' stata rimessa alla pubblica udienza con ordinanza del  26  gennaio
2023; 
        che il pubblico ministero ha depositato  conclusioni  scritte
con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso; 
        che, in vista  dell'udienza  pubblica,  parte  ricorrente  ha
depositato  memoria,  con  cui,  in  relazione  al  pagamento   delle
sanzioni, ha invocato l'applicazione della sentenza n. 238  del  2022
della Corte costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
        che, con l'unico complesso motivo di censura,  il  ricorrente
ha denunciato violazione e falsa applicazione degli  artt.  2,  comma
26, legge  n.  335/1995,  18,  comma  12,  decreto-legge  n.  98/2011
(convertito con legge n. 111/2011), 21, legge n. 6/1981, e 1, decreto
legislativo n. 103/1996, per avere la Corte di  merito  ritenuto  che
egli dovesse iscriversi presso la Gestione separata INPS in relazione
all'attivita' libero-professionale di ingegnere svolta in aggiunta  a
quella di lavoratore dipendente, nonostante che  per  tale  attivita'
fosse tenuto a versare all'INARCASSA il contributo integrativo; 
        che questa Corte ha ormai consolidato l'orientamento  secondo
cui gli ingegneri e gli architetti, che siano iscritti ad altre forme
di  previdenza  obbligatorie  e  che  non  possano   conseguentemente
iscriversi  all'INARCASSA,  rimanendo  obbligati  verso  quest'ultima
soltanto al pagamento del contributo integrativo in  quanto  iscritti
agli albi, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione  separata
presso l'INPS,  in  quanto  la  ratio  universalistica  delle  tutele
previdenziali cui e' ispirato l'art. 2, comma 26, legge n.  335/1995,
induce ad attribuire rilevanza, ai fini dell'esclusione  dell'obbligo
di iscrizione di cui alla norma d'interpretazione autentica contenuta
nell'art. 18, comma 12,  decreto-legge  n.  98/2011  (convertito  con
legge n. 111/2011), al solo versamento di contributi suscettibili  di
costituire in capo al lavoratore autonomo una  correlata  prestazione
previdenziale, cio' che invece non puo'  dirsi  del  c.d.  contributo
integrativo, in quanto versamento effettuato da  tutti  gli  iscritti
agli albi in funzione solidaristica  (cosi',  tra  le  piu'  recenti,
Cass. nn. 5826 del 2021, 20288 del 2022 e 10286 del 2023, tutte sulla
scorta di Cass. nn. 30344 del 2017 e 32166 del 2018); 
        che, con sentenza n. 238 del 2022, la  Corte  costituzionale,
nel prendere atto che tale interpretazione del tessuto  normativo  e'
ormai assurta al rango di diritto vivente, ha dichiarato non  fondate
le questioni di legittimita' costituzionale sollevate al riguardo dal
Tribunale di Rieti, in funzione di giudice del lavoro, per  contrasto
con gli artt. 3 (anche in riferimento all'art. 118, comma quarto), 23
(anche  in  riferimento  all'art.  41),  e  117  della  Costituzione,
quest'ultimo in relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale  alla
Convenzione europea dei diritti dell'uomo; 
        che, nel richiamare  sul  punto  argomentazioni  gia'  svolte
nella sentenza n. 104 del 2022, la medesima Corte costituzionale  non
ha mancato di ricordare che i rilievi  del  giudice  a  quo,  fondati
sull'incertezza dell'interpretazione dell'art. 2, comma 26, legge  n.
335/1995,   e   sull'asserita   imprevedibilita'    dell'orientamento
giurisprudenziale maturato dopo Cass. n. 30344 del  2017,  cit.,  pur
non integrando, nella specie, una specifica questione di legittimita'
costituzionale della norma di interpretazione autentica, evocavano il
problema della tutela dell'affidamento  scusabile,  riposto  -  prima
dell'art. 18, comma 12, decreto-legge n. 98/2011 - dai professionisti
nell'interpretazione restrittiva della citata  disposizione  che  era
stata accolta dalla giurisprudenza anteriore  all'entrata  in  vigore
della norma interpretativa, aggiungendo tuttavia che tale affidamento
non rilevava nel giudizio a  quo,  concernendo  esso  «unicamente  un
periodo successivo alla norma di  interpretazione  autentica»  (cosi'
Corte  costituzionale  n.  238  del  2022,  cit.,  paragrafo  7   del
Considerato in diritto); 
        che,  come  ricordato  dianzi,  nello  storico  di  lite,  la
presente fattispecie concerne viceversa contributi dovuti per  l'anno
..., dunque relativi ad un periodo anteriore  all'entrata  in  vigore
della norma interpretativa; 
        che, con riguardo alla categoria professionale degli avvocati
del libero foro, assoggettata in parte qua ad un regime previdenziale
analogo a  quello  previsto  per  la  categoria  degli  architetti  e
ingegneri, la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 104 del
2022, ha rilevato che il legislatore,  pur  fissando  legittimamente,
con l'art. 18, comma 12, decreto-legge n. 98/2011, cit., un  precetto
normativo che la disposizione interpretata era fin dall'inizio idonea
ad  esprimere,  «avrebbe  dovuto  comunque  tener  conto,  in  questa
particolare fattispecie, di tale  gia'  insorto  affidamento  in  una
diversa      interpretazione»,      dichiarando      conseguentemente
l'illegittimita' costituzionale,  in  riferimento  all'art.  3  della
Costituzione, dell'art. 18, comma 12, decreto-legge n. 98/2011, cit.,
«nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro  non
iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato  raggiungimento
delle soglie di reddito o di volume di  affari  di  cui  all'art.  22
della  legge  20  settembre  1980,  n.  576  (Riforma   del   sistema
previdenziale  forense),  tenuti  all'obbligo  di   iscrizione   alla
Gestione  separata  costituita  presso  l'Istituto  nazionale   della
previdenza sociale (INPS), siano esonerati dal pagamento,  in  favore
dell'ente  previdenziale,  delle   sanzioni   civili   per   l'omessa
iscrizione con riguardo al periodo  anteriore  alla  sua  entrata  in
vigore»; 
        che la sentenza n. 104 del 2022  appartiene  prima  facie  al
novero  delle  sentenze  c.d.  additive,  in  cui  -   come   si   e'
autorevolmente  rilevato  in   dottrina   -   l'addizione   normativa
costituisce l'effetto dell'integrazione tra  la  norma  impugnata  ed
un'altra norma, implicita  nell'ordinamento  per  necessita'  imposta
dalla Costituzione e la cui applicazione nel rapporto controverso era
tuttavia impossibile a causa di un'indebita limitazione o  esclusione
operata dal legislatore; 
        che, potendo conseguire l'eliminazione di tale  esclusione  o
limitazione  solo  alla  sentenza   di   accoglimento   della   Corte
costituzionale, deve escludersi che ad essa possa pervenirsi per  via
di interpretazione c.d. conforme o costituzionalmente orientata; 
        che,  al  riguardo,  va   ribadito   che   un'interpretazione
costituzionalmente orientata presuppone che al significante  testuale
della disposizione  di  legge  possano  annettersi  piu'  significati
normativi, di cui uno conforme a Costituzione (cosi' da ult. Cass. n.
7249 del 2023), mentre  qui,  all'evidenza,  non  v'e'  che  un  solo
significato possibile, costituito dalla perdurante esclusione operata
dall'art. 18, comma 12, decreto-legge  n.  98/2011,  della  rilevanza
dell'affidamento   insorto   nei    professionisti    in    relazione
all'interpretazione restrittiva del disposto dell'art. 2,  comma  26,
legge n. 335/1995, che, secondo il giudice  delle  leggi,  era  stata
fatta propria da questa Corte di legittimita'  con  le  sentenze  nn.
14069 del 2006, 3622 del 2007 e 13218 del 2008; 
        che,  del  pari,  dev'essere  esclusa  la   possibilita'   di
un'interpretazione analogica della  norma  dell'art.  18,  comma  12,
decreto-legge n. 98/2011, cit., cosi' come risultante dalla pronuncia
additiva del giudice delle leggi, atteso che il ricorso  all'analogia
legis presuppone, ai sensi dell'art. 12 prel. c.c., la sussistenza di
una lacuna nell'ordinamento che concerna  la  regolamentazione  della
fattispecie concreta sub iudice (cosi', tra le tante, Cass. nn.  9852
del 2002 e 2656 del 2015, nonche', da ult., Cass. S.U. n.  38596  del
2021), cio' che qui, ovviamente, non e' dato rinvenire; 
        che, d'altra parte, il  carattere  estremamente  circoscritto
della norma dell'art. 18, comma 12,  decreto-legge  n.  98/2011,  per
come risultante dalla pronuncia additiva del giudice delle leggi,  ne
renderebbe di  per  se'  inconfigurabile  un'applicazione  analogica,
vietando l'art. 14  prel.  c.c.  di  applicare  le  norme  che  fanno
eccezione  a  regole  generali  oltre  i  casi  e  i  tempi  in  esse
considerati; 
        che,  pertanto,  questa  Corte  ha  motivo  di  dubitare,  in
riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 18,  comma  12,  decreto-legge  n.  98/2011,
cit., nella parte in cui non prevede che anche gli  ingegneri  e  gli
architetti, che  non  possono  iscriversi  all'INARCASSA  per  essere
contemporaneamente  iscritti  presso  altra  gestione   previdenziale
obbligatoria, ex art. 21, legge  n.  6/1981,  e  che  siano  pertanto
tenuti all'obbligo di iscrizione alla  Gestione  separata  costituita
presso l'Istituto nazionale della previdenza  sociale  (INPS),  siano
esonerati dal pagamento, in  favore  dell'ente  previdenziale,  delle
sanzioni civili per  l'omessa  iscrizione  con  riguardo  al  periodo
anteriore alla sua entrata in vigore.