Ricorso della Regione Campania (c.f. 80011990636), in persona del Presidente della Giunta regionale, on. le Vincenzo De Luca, quale legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Almerina Bove (c.f. BVOLRN70C46I262Z) e Angelo Marzocchella (c.f. MRZNGL70D24F839Y) dell'Avvocatura regionale (PEC: almerinabove@pec.regione.campania.it - angelomarzocchella@pec.regione.campania.it - fax 0817963684 presso cui desiderano ricevere ogni comunicazione ex art. 136 c.p.c.) domiciliati in Roma, alla Via Poli, n. 29, in virtu' di procura speciale allegata in atti e provvedimento autorizzativo DGRC n. 734 del 6 dicembre 2023; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore; Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104 («Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attivita' economiche e finanziarie e investimenti strategici»), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136 («Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, recante disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attivita' economiche e finanziarie e investimenti strategici»), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 9 ottobre 2023, n. 236, per violazione degli articoli 3, 5, 77, 81, 117, quarto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione, nella parte in cui: a) aggiunge, al comma 2, lettera a), dell'articolo 27 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, le parole «, considerato il complesso dei servizi di trasporto pubblico locale eserciti sul territorio di ciascuna regione risultanti dalla banca dati dell'Osservatorio di cui all'articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e tenendo conto, a partire dal 2024, dei costi di gestione dell'infrastruttura ferroviaria di competenza regionale»; b) inserisce, dopo il comma 2-ter dell'articolo 27 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, il seguente: «2-quater. Limitatamente agli anni 2023 e 2024, al riparto del Fondo di cui all'articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, si provvede, per una quota pari a euro 4.873.335.361,50, e fermo restando quanto previsto dal comma 2-bis del presente articolo, secondo le percentuali utilizzate per l'anno 2020. Alla determinazione delle quote del 50 per cento di cui al comma 2, lettere a) e b), si provvede a valere sulle risorse residue del Fondo, decurtate dell'importo di cui al primo periodo del presente comma»; c) aggiunge, al comma 6 dell'articolo 27 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, il seguente periodo: «Fermo restando quanto previsto dal comma 2-quater, nelle more dell'adozione del decreto di cui al primo periodo, al fine di assicurare la ripartizione del Fondo di cui al medesimo articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge n. 95 del 2012, si provvede alla ripartizione integrale del medesimo Fondo con le modalita' di cui al comma 2, lettera a), del presente articolo.». Premessa. 1. Con l'articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e' stato istituito, a decorrere dall'anno 2013, il «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato, agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario» (nel prosieguo, anche solo Fondo TPL), che rappresenta la principale fonte di finanziamento dei servizi di trasporto pubblico locale ferroviario, automobilistico e di navigazione lagunare nelle regioni a statuto ordinario. Con l'emanazione del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, sono state definite le modalita' di funzionamento del Fondo TPL, con l'introduzione di nuovi criteri di assegnazione delle risorse alle regioni, nell'intento di orientare il riparto a principi piu' equi e maggiormente rispondenti ai fabbisogni dei diversi territori. 2. L'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 10 agosto 2023, n. 186), come modificato dalla legge di conversione 9 ottobre 2023, n. 136 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 9 ottobre 2023, n. 236) ha introdotto specifiche modifiche al menzionato decreto-legge n. 50 del 2017, disponendo, in particolare, che «All'articolo 27 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 2: 1) alla lettera a) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, considerato il complesso dei servizi di trasporto pubblico locale eserciti sul territorio di ciascuna regione risultanti dalla banca dati dell'Osservatorio di cui all'articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e tenendo conto, a partire dal 2024, dei costi di gestione dell'infrastruttura ferroviaria di competenza regionale» 2) la lettera e) e' abrogata; a-bis) dopo il comma 2-ter e' inserito il seguente: «2-quater. Limitatamente agli anni 2023 e 2024, al riparto del Fondo di cui all'articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, si provvede, per una quota pari a euro 4.873.335.361,50, e fermo restando quanto previsto dal comma 2-bis del presente articolo, secondo le percentuali utilizzate per l'anno 2020. Alla determinazione delle quote del 50 per cento di cui al comma 2, lettere a) e b), si provvede a valere sulle risorse residue del Fondo, decurtate dell'importo di cui al primo periodo del presente comma»; b) al comma 6, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Fermo restando quanto previsto dal comma 2-quater, nelle more dell'adozione del decreto di cui al primo periodo, al fine di assicurare la ripartizione del Fondo di cui al medesimo articolo 16- bis, comma 1, del decreto- legge n. 95 del 2012, si provvede alla ripartizione integrale del medesimo Fondo con le modalita' di cui al comma 2, lettera a), del presente articolo.». L'articolo 27, comma 2 e seguenti, del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, quindi, come modificato dalla prefata disposizione, cosi' recita: «2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il riparto del Fondo di cui all'articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e' effettuato, entro il 31 ottobre di ogni anno, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. In caso di mancata intesa si applica quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Tale ripartizione e' effettuata: a) per una quota pari al 50 per cento del Fondo, tenendo conto dei costi standard di cui all'articolo 1, comma 84, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, al netto delle risorse di cui alle lettere d) ed e), considerato il complesso dei servizi di trasporto pubblico locale eserciti sul territorio di ciascuna regione risultanti dalla banca dati dell'Osservatorio di cui all'articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e tenendo conto, a partire dal 2024, dei costi di gestione dell'infrastruttura ferroviaria di competenza regionale; b) per una quota pari al 50 per cento del Fondo, tenendo conto dei livelli adeguati dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, al netto delle risorse di cui alle lettere d) ed e); c) applicando una riduzione annuale delle risorse del Fondo da trasferire alle regioni qualora i servizi di trasporto pubblico locale e regionale non risultino affidati con procedure di evidenza pubblica entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento, ovvero ancora non ne risulti pubblicato alla medesima data il bando di gara, nonche' nel caso di gare non conformi alle misure di cui alle delibere dell'Autorita' di regolazione dei trasporti adottate ai sensi dell'articolo 37, comma 2, lettera f), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, qualora bandite successivamente all'adozione delle predette delibere. La riduzione si applica a decorrere dall'anno 2023. In ogni caso la riduzione di cui alla presente lettera non si applica ai contratti di servizio affidati in conformita' alle disposizioni, anche transitorie, di cui al regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, e alle disposizioni normative nazionali vigenti. La riduzione, applicata alla quota di ciascuna regione come determinata ai sensi del presente comma, e' pari al 15 per cento del valore dei corrispettivi dei contratti di servizio non affidati con le predette procedure; le risorse derivanti da tale riduzione sono ripartite tra le altre regioni con le medesime modalita'; d) mediante destinazione annuale dello 0,105 per cento dell'ammontare del Fondo, e comunque nel limite massimo di euro 5,2 milioni annui, alla copertura dei costi di funzionamento dell'Osservatorio di cui all'articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. 2-bis. Ai fini del riparto del Fondo di cui al comma 1 si tiene annualmente conto delle variazioni per ciascuna Regione in incremento o decremento, rispetto al 2017, dei costi del canone di accesso all'infrastruttura ferroviaria introdotte dalla societa' Rete ferroviaria italiana Spa, con decorrenza dal 1° gennaio 2018, in ottemperanza ai criteri stabiliti dall'Autorita' di regolazione dei trasporti ai sensi dell'articolo 37, commi 2 e 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Tali variazioni sono determinate a preventivo e consuntivo rispetto al riparto di ciascun anno a partire dal saldo del 2019. Le variazioni fissate a preventivo sono soggette a verifica consuntiva ed eventuale conseguente revisione in sede di saldo a partire dall'anno 2020 a seguito di apposita certificazione resa, entro il mese di settembre di ciascun anno, da parte delle imprese esercenti i servizi di trasporto pubblico ferroviario al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per il tramite dell'Osservatorio, di cui all'articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonche' alle regioni, a pena della sospensione dell'erogazione dei corrispettivi di cui ai relativi contratti di servizio con le regioni in analogia a quanto disposto al comma 7 dell'articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. Ai fini del riparto del saldo 2019 si terra' conto dei soli dati a consuntivo relativi alle variazioni 2018 comunicati e certificati dalle imprese esercenti i servizi di trasporto pubblico ferroviario con le modalita' e i tempi di cui al precedente periodo e con le medesime penalita' in caso di inadempienza. 2-ter. Al fine di garantire una ragionevole certezza delle risorse disponibili, il riparto di cui al comma 2, lettere a) e b), non puo' determinare, per ciascuna regione, un'assegnazione di risorse inferiore a quella risultante dalla ripartizione del Fondo di cui all'articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per l'anno 2020, al netto delle variazioni per ciascuna regione dei costi del canone di accesso all'infrastruttura ferroviaria introdotte dalla societa' Rete ferroviaria italiana Spa di cui al comma 2-bis, nonche' delle eventuali decurtazioni applicate ai sensi del comma 2, lettera c), del presente articolo ovvero dell'articolo 9 della legge 5 agosto 2022, n. 118. 2-quater. Limitatamente agli anni 2023 e 2024, al riparto del Fondo di cui all'articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, si provvede, per una quota pari a euro 4.873.335.361,50, e fermo restando quanto previsto dal comma 2-bis del presente articolo, secondo le percentuali utilizzate per l'anno 2020. Alla determinazione delle quote del 50 per cento di cui al comma 2, lettere a) e b), si provvede a valere sulle risorse residue del Fondo, decurtate dell'importo di cui al primo periodo del presente comma. 3. Al fine di garantire un'efficace programmazione delle risorse, gli effetti finanziari sul riparto del Fondo, derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 si verificano nell'anno successivo a quello di riferimento. 4. A partire dal mese di gennaio 2018 e nelle more dell'emanazione del decreto di cui all'alinea del comma 2, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e' ripartito, entro il 15 gennaio di ciascun anno, tra le regioni, a titolo di anticipazione, l'ottanta per cento dello stanziamento del Fondo. L'anticipazione e' effettuata sulla base delle percentuali attribuite a ciascuna regione l'anno precedente. Le risorse erogate a titolo di anticipazione sono oggetto di integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni successivi. La relativa erogazione alle regioni a statuto ordinario e' disposta con cadenza mensile. 5. Le amministrazioni competenti, al fine di procedere sulla base di dati istruttori uniformi, si avvalgono dell'Osservatorio di cui all'articolo 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per l'acquisizione dei dati economici, finanziari e tecnici, relativi ai servizi svolti, necessari alla realizzazione di indagini conoscitive e approfondimenti in materia di trasporto pubblico regionale e locale, prodromici all'attivita' di pianificazione e monitoraggio. A tale scopo i suddetti soggetti forniscono semestralmente all'Osservatorio indicazioni sulla tipologia dei dati da acquisire dalle aziende esercenti i servizi di trasporto pubblico. 6. Ai fini del riparto del Fondo di cui all'articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, entro il 31 luglio 2023, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti gli indicatori per determinare i livelli adeguati di servizio e le modalita' di applicazione degli stessi al fine della ripartizione del medesimo Fondo. Fermo restando quanto previsto dal comma 2-quater, nelle more dell'adozione del decreto di cui al primo periodo, al fine di assicurare la ripartizione del Fondo di cui al medesimo articolo 16-bis, comma 1, del decreto-legge n. 95 del 2012, si provvede alla ripartizione integrale del medesimo Fondo con le modalita' di cui al comma 2, lettera a), del presente articolo. (omissis)». La competente Direzione generale per la mobilita' della Giunta regionale della Campania, con nota prot. n. 590658 del 5 dicembre 2023, ha rappresentato che «La lettura sistematica delle norme introdotte con il decreto-legge n. 104/2023 come modificato dalla legge n. 136/2023 presenta dei profili di incoerenza che e' necessario rilevare nelle sedi opportune (omissis). ln primo luogo, con riferimento ai criteri di riparto del Fondo deve rilevarsi che il calcolo dei costi standard sul "complesso dei servizi di trasporto pubblico locale eserciti sul territorio di ciascuna regione risultanti dalla banca dati dell'Osservatorio" favorisce, come gia' detto, solo poche regioni che finanziano maggiormente i servizi TPL, penalizzando fortemente tutte le altre senza alcuna motivazione tecnica alla base. Infatti, in assenza della definizione dei livelli adeguati di servizio, che dovranno individuare i km "essenziali" ad assicurare in modo uniforme e omogeneo a livello nazionale il diritto dei cittadini alla mobilita', non e' possibile valutarne il costo reale e, quindi, distinguere tra i servizi cofinanziati perche' davvero "essenziali" e quelli cofinanziati per altri motivi (es. disponibilita' maggiore di risorse proprie e/o politiche di settore o tariffarie). Analogamente non e' possibile ad oggi distinguere tra i servizi, per i quali la regione paga di piu' in quanto inefficienti, o per i quali - in base a contratti cd. "gross cost" - incassa i ricavi tariffari. (omissis) in applicazione dell'art. 27, comma 2-quater e comma 6, la percentuale riconosciuta alla Regione Campania sulla base dei costi standard riferiti a tutti i servizi e' pari all'8,0579, dunque molto al di sotto di quella riconosciuta alla regione come percentuale storica, (omissis) pari al 11,07%. Inoltre, a decorrere dal 2025, nelle more della emanazione del decreto che determina gli indicatori dei LAS, l'intero ammontare del Fondo, comprensivo delle risorse aggiuntive (€ 395 milioni) verra' ripartito al 100% tenendo conto dei costi standard calcolati come sopra indicato. Il permanere della norma di salvaguardia (art. 27, comma 2-ter) per l'anno 2025 determinerebbe, di fatto, un riparto del tutto iniquo, dove solo alcune regioni vedrebbero aumentare in modo esponenziale la loro percentuale di riparto del Fondo, ed altre, come la Campania, vedrebbero al piu' confermate le risorse assegnate nell'anno 2020. Cio' in ragione che, ai fini del calcolo delle percentuali da assegnare a ciascuna regione, tenendo conto di tutti i servizi eserciti sul territorio regionale di competenza, saranno premiate solo le regioni che destinano molte risorse del proprio bilancio regionale a integrazione della quota statale, senza tener conto della ratio del Fondo nazionale, che e' invece quella di finanziare i servizi essenziali su tutto il territorio nazionale, assicurando in modo uniforme ed omogeneo il diritto alla mobilita' di tutti i cittadini e perseguendo al contempo obiettivi di efficienza ed economicita'». 3. L'articolo 17, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2023, penalizza gravemente e illegittimamente la Regione Campania e gran parte delle altre regioni a statuto ordinario e presenta gravi e insuperabili profili di incostituzionalita', lesivi delle attribuzioni della regione ricorrente, e, pertanto, e' qui promossa questione di legittimita' costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione e delle relative disposizioni di cui alla legge 11 marzo 1953, n. 87, per i seguenti Motivi I. Violazione degli articoli 3, 5, 77, 81, 117, quarto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione 1. Come noto, l'articolo 77 della Costituzione esclude tassativamente che il Governo possa, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria, se non «in casi straordinari di necessita' e d'urgenza». Ebbene, innanzitutto, il decreto-legge n. 104 del 2023 reca, espressamente, come da titolo, «Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attivita' economiche e finanziarie e investimenti strategici», senza dar alcun conto degli interventi normativi di cui alle impugnate disposizioni. In secondo luogo, nel preambolo del decreto-legge n. 104 del 2023, con riferimento alla materia de qua, e' indicata la sola e asserita «necessita' ed urgenza di adottare disposizioni in materia di trasporto pubblico locale volti a consentire un tempestivo riparto delle risorse alle regioni» e, tuttavia, non soltanto manca qualsiasi riferimento a concrete circostanze sulla base delle quali sia ravvisata tale esigenza di consentire un tempestivo riparto, ma tale urgenza non sussiste(va) affatto, tenuto conto che il testo previgente del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, consentiva il riparto medesimo, tanto che, per l'anno 2023, l'erogazione dell'anticipazione era stata gia' disposta con decreto interministeriale 15 febbraio 2023, n. 25; d'altro canto, la novella detta nuove modalita' di riparto destinate a disciplinare in maniera strutturale e con effetti significativamente modificativi il precedente regime, al di fuori dell'alveo dell'ordinario procedimento legislativo delineato dagli articoli 70 e seguenti della Costituzione. Si e' sopra rilevato, infatti, come l'articolo 17, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2023, disponga che, ai fini del riparto del Fondo TPL, si tenga conto «a partire dal 2024» e, quindi, tradendo apertamente ogni asserita esigenza d'urgenza, anche «dei costi di gestione dell'infrastruttura ferroviaria di competenza regionale». Lo stesso articolo 17, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2023 dispone, inoltre, che, nelle more dell'adozione del decreto ministeriale di definizione degli indicatori per determinare i livelli adeguati di servizio e le modalita' di applicazione degli stessi al fine del riparto del Fondo TPL, «si provvede alla ripartizione integrale del medesimo Fondo con le modalita' di cui al comma 2, lettera a), del presente articolo». Per altro verso, l'assoluta insussistenza di una necessita' e urgenza di adottare le disposizioni de quibus emerge, con nitore, dalla circostanza che, in sede di conversione, e' stata introdotta una vera e propria disciplina transitoria, con l'inserimento, dopo il comma 2-ter dell'articolo 27 del decreto-legge n. 50 del 2017, di un nuovo comma 2-quater, che di fatto ha rinviato al 2025 l'applicazione a pieno regime dei nuovi criteri di riparto. Con la modifica in questione, si palesa con evidenza la natura di riforma strutturale del decreto-legge n. 104 del 2023 e della relativa legge di conversione. Da tale ultimo punto di vista, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha chiarito, con riferimento alla «disciplina "a regime" di materie o settori di materie», che «non puo' valere il medesimo presupposto della necessita' temporale» e che tali interventi «possono quindi essere oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui all'art. 71 Cost.» (Corte costituzionale, sentenza n. 22 del 16 febbraio 2012). D'altra parte, «La legge di conversione - per l'approvazione della quale le Camere, anche se sciolte, si riuniscono entro cinque giorni dalla presentazione del relativo disegno di legge (art. 77, secondo comma, Cost.) - segue un iter parlamentare semplificato e caratterizzato dal rispetto di tempi particolarmente rapidi, che si giustificano alla luce della sua natura di legge funzionalizzata alla stabilizzazione di un provvedimento avente forza di legge, emanato provvisoriamente dal Governo e valido per un lasso temporale breve e circoscritto» (Corte costituzionale, sentenza n. 32 del 25 febbraio 2014). In effetti, l'articolo 77, comma secondo, della Costituzione, dispone che «Quando, in casi straordinari di necessita' e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilita', provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni». Alla luce dei principi esposti, emerge chiaramente che adozione del decreto-legge e approvazione della legge di conversione rappresentano, sul piano costituzionale, due facce della stessa medaglia, tanto che - come osservato da codesta ecc.ma Corte - «a norma dell'appena citato art. 77, la pre-esistenza di una situazione di fatto comportante la necessita' e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validita' costituzionale dell'adozione del predetto atto, di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura tanto un vizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori dell'ambito delle possibilita' applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione, avendo quest'ultima, nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l'esistenza di presupposti di validita' in realta' insussistenti e, quindi, convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione» (ex multis, Corte costituzionale, sentenza n. 29 del 12 gennaio 1995). L'assenza dei presupposti costituzionali di legittimita' del decreto-legge n. 104 del 2023, quindi, non puo' ritenersi in alcun modo sanata ne' superata dall'approvazione della legge di conversione n. 136 del 2023, dovendosi, piuttosto, ritenere travolte dall'illegittimita' qui dedotta anche le modifiche da quest'ultima apportate. Sul punto, infatti, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha rilevato che «Affermare che la legge di conversione sana in ogni caso i vizi del decreto significherebbe attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie» (Corte costituzionale, sentenza, n. 171 del 9 maggio 2007). In ordine ai profili di ridondanza della lesione de qua, si osserva, innanzitutto, che, come ribadito da codesta ecc.ma Corte in molteplici pronunce, «Non vi e' dubbio che la materia del trasporto pubblico locale rientra nell'ambito delle competenze residuali delle regioni di cui al quarto comma dell'art. 117 Cost.» (ex multis, Corte costituzionale, sentenza n. 222 dell'8 giugno 2005). Cio' preliminarmente chiarito, e' appena il caso di riportare quanto precisato da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la sentenza n. 22 del 16 febbraio 2012: «Questa Corte, con giurisprudenza costante, ha ritenuto ammissibili le questioni di legittimita' costituzionale prospettate da una regione, nell'ambito di un giudizio in via principale, in riferimento a parametri diversi da quelli, contenuti nel titolo V della Parte seconda della Costituzione, riguardanti il riparto delle competenze tra lo Stato e le regioni, quando sia possibile rilevare la ridondanza delle asserite violazioni su tale riparto e la ricorrente abbia indicato le specifiche competenze ritenute lese e le ragioni della lamentata lesione (ex plurimis, sentenze n. 128 del 2011, n. 326 del 2010, n. 116 del 2006, n. 280 del 2004). Con riferimento all'art. 77 Cost., questa Corte ha ribadito in parte qua la giurisprudenza sopra ricordata, riconoscendo che le regioni possono impugnare un decreto-legge per motivi attinenti alla pretesa violazione del medesimo art. 77, "ove adducano che da tale violazione derivi una compressione delle loro competenze costituzionali" (sentenza n. 6 del 2004). Nella fattispecie, la Regione Liguria, che ha sollevato questione di legittimita' costituzionale per violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost., motiva la ridondanza della suddetta censura sulle proprie attribuzioni costituzionali, facendo leva sul fatto che le norme impugnate incidono su un ambito materiale di competenza legislativa concorrente ("protezione civile"). Attraverso il ricorso al decreto-legge, lo Stato avrebbe vincolato le regioni utilizzando uno strumento improprio, ammesso dalla Costituzione per esigenze del tutto diverse; inoltre, l'approvazione di una nuova disciplina "a regime", attraverso la corsia accelerata della legge di conversione, pregiudicherebbe la possibilita' per le regioni di rappresentare le proprie esigenze nel procedimento legislativo. Questa Corte condivide l'individuazione, operata dalla suddetta ricorrente, dell'ambito materiale di incidenza delle norme impugnate, con la conseguenza che la violazione denunciata risulta potenzialmente idonea a determinare una lesione delle attribuzioni costituzionali delle regioni (in tal senso, ex plurimis, sentenze n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003)». Ebbene, il principio espresso nella prefata pronuncia, relativo a una doglianza concernente una materia di legislazione concorrente, si attaglia tanto piu' al caso di specie, in cui la materia trattata, come visto, rientra nelle materie di competenza residuale delle regioni ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione e, pertanto, la violazione qui prospettata integra senz'altro una lesione delle attribuzioni costituzionali della Regione Campania. D'altra parte, le impugnate disposizioni, erodendo arbitrariamente e illegittimamente la quota di riparto del Fondo nazionale de quo - che, come anticipato in premessa, rappresenta oggi la principale fonte di finanziamento del trasporto pubblico locale - ha una diretta ricaduta sull'autonomia riconosciuta dagli articoli 5 e 119 della Costituzione alla Regione Campania, che risulta menomata nella propria capacita' organizzativa e finanziaria (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 65 del 24 marzo 2016). 2. Fermi restando i rilievi sopra operati, le impugnate disposizioni perpetrano, comunque, una gravissima lesione degli articoli 5, 117, 118 e 119 della Costituzione, che dettano norme direttamente attributive di competenze. Codesta ecc.ma Corte costituzionale, in una recente pronuncia, ha rilevato che «l'art. 5 Cost., lungi dall'essere un parametro non competenziale, nella parte in cui riconosce e promuove le autonomie locali, e' per contro la norma costituzionale che sta alla base delle competenze riconosciute alle regioni e agli enti locali dal titolo V, Parte II, della Costituzione. Di qui la possibilita' per le regioni di dedurne la violazione nei giudizi in via principale» (Corte costituzionale, sentenza n. 220 del 6 ottobre 2021). Ebbene, il richiamato articolo 5, va coordinato, nella fattispecie che ci occupa, con l'articolo 117, in ossequio al quale il trasporto pubblico locale e' materia di competenza residuale delle regioni, con l'articolo 118, che sancisce i principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza, e con l'articolo 119 della Costituzione, che sancisce il principio dell'autonomia finanziaria. Ebbene, in una materia di competenza residuale delle regioni come il trasporto pubblico locale - nella quale codesta ecc.ma Corte ha ritenuto «ammissibili interventi statali di finanziamento del settore» solo «in quanto, sebbene non riconducibili alle previsioni dell'art. 119, quarto comma, Cost., sono volti ad assicurare un livello uniforme di godimento di diritti tutelati dalla Costituzione stessa» (Corte costituzionale, sentenza n. 78 del 19 aprile 2018) - l'introduzione, come nel caso di specie, di criteri che tengono in considerazione elementi del tutto estranei all'esigenza di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti in subiecta materia, integra una chiara violazione delle disposizioni costituzionali in menzione, per evidente lesione delle esigenze di autonomia (anche finanziaria) e decentramento, nonche' dei principi di adeguatezza, sussidiarieta' e differenziazione. 3. Le impugnate disposizioni sono gravemente violative, altresi', degli articoli 5, 117, quarto comma, e 120 della Costituzione nella misura in cui sviliscono ed eludono del tutto la ratio dell'intesa, prevista all'articolo 27, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, quale necessario strumento di collaborazione tra lo Stato e le regioni nella chiamata in sussidiarieta' che vede lo Stato intervenire in una materia assegnata dalla Costituzione alla esclusiva competenza regionale. L'articolo 17, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2023, infatti, introducendo, all'articolo 27, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 50 del 2017, ulteriori e particolareggiati criteri di dettaglio da tenere in considerazione ai fini del riparto del Fondo TPL, pur nel permanere della previsione dell'intesa in sede di Conferenza unificata, erode fatalmente il margine di trattativa e di co-decisione delle regioni, il cui ruolo risulta completamente svalutato e, di fatto, assume carattere invero meramente formale. Da questo punto di vista, non puo' ignorarsi che codesta ecc.ma Corte, con la sentenza n. 78 del 19 aprile 2018, ha chiarito che «inerendo gli interventi statali di finanziamento del trasporto pubblico locale ad un settore di competenza regionale residuale, il principio di leale collaborazione richiede il coinvolgimento decisionale del sistema regionale nella definizione di aspetti aventi diretta incidenza sulla sua sfera di interesse, quali il riparto delle risorse e la determinazione dei relativi criteri». Ebbene, nel caso di specie, l'illegittima mortificazione delle prerogative regionali nel necessario procedimento di co-decisione genera gravissime ripercussioni anche in ordine al rispetto degli articoli 5 e 119 della Costituzione, in quanto lo Stato, nel caso di specie, anziche' «riconosce[re] e promuove[re] le autonomie locali» e «adegua[re] i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento», ha accentrato arbitrariamente e indebitamente le governance di un procedimento inerente a una materia assegnata dalla Costituzione alla competenza delle regioni. A tal proposito, codesta ecc.ma Corte ha piu' volte ribadito «la necessita' di applicare il principio di leale collaborazione nei casi in cui lo Stato preveda un finanziamento, con vincolo di destinazione, incidente su materie di competenza regionale (residuale o concorrente): ipotesi nella quale, ai fini della salvaguardia di tali competenze, la legge statale deve prevedere strumenti di coinvolgimento delle regioni nella fase di attuazione della normativa, nella forma dell'intesa o del parere, in particolare quanto alla determinazione dei criteri e delle modalita' del riparto delle risorse destinate agli enti territoriali» (ex multis, Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 19 luglio 2022; Corte costituzionale, sentenza n. 114 del 9 maggio 2022). Ebbene, il chiarissimo principio enucleato dalla costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale e' senz'altro violato dalle impugnate disposizioni, in quanto le medesime stabiliscono - gia' sul piano legislativo, senza lasciare alcun reale spazio di trattativa in sede d'intesa - criteri rigorosissimi e stringenti di riparto, obliterando il ruolo delle regioni e non riconoscendo alle medesime alcun reale ed effettivo potere di incisione in ordine «alla determinazione dei criteri e delle modalita' del riparto delle risorse», su cui hanno posto l'accento proprio le menzionate sentenze n. 114 e n. 179 del 2022. 4. Ancora, la disciplina de qua perpetra una gravissima violazione anche dei principi di eguaglianza, buon andamento e imparzialita' di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, anche in relazione agli articoli 117 e 119 della Carta fondamentale, sia sotto il profilo del danno arrecato ai cittadini campani - cui si sottrae la possibilita' di fruire di servizi di trasporto pubblico locale piu' efficienti - sia delle attribuzioni e funzioni della Regione Campania in subiecta materia, oggetto, come visto, di competenza residuale ed esclusiva regionale. Le disposizioni impugnate, privilegiando arbitrariamente e del tutto irragionevolmente soltanto alcune regioni, a scapito di altre (tra cui proprio la Regione Campania), infatti, violano apertamente le prerogative regionali in materia di trasporto pubblico locale, come scandite da codesta ecc.ma Corte costituzionale, tra l'altro, nella sentenza n. 78 del 19 aprile 2018, laddove - premesso che «il trasporto pubblico locale rientra nell'ambito delle competenze residuali delle regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.» - sono stati considerati «ammissibili interventi statali di finanziamento del settore [del trasporto pubblico locale, N.d.RR.], in quanto, sebbene non riconducibili alle previsioni dell'art. 119, quarto comma, Cost., sono volti ad assicurare un livello uniforme di godimento di diritti tutelati dalla Costituzione stessa». Ebbene, l'adozione di un criterio latamente premiale - che avvantaggia le regioni che, per qualsiasi ragione, maggiormente finanziano con risorse proprie il trasporto pubblico locale - ai fini del riparto di un fondo destinato a finanziare servizi che le regioni devono garantire in una materia di propria competenza esclusiva tradisce gravemente i principi costituzionali dedotti, perche' frustra irrimediabilmente lo spazio riconosciuto alle regioni medesime, per l'appunto, dall'articolo 117 e 119 della Costituzione. D'altra parte, la necessita' - affermata, come visto, anche da codesta ecc.ma corte - di «assicurare un livello uniforme di godimento di diritti tutelati dalla costituzione stessa» collima perfettamente con il fondamentale principio di eguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione, che tanto piu' deve essere osservato dallo Stato in materie in cui i suoi margini di operativita' sono costituzionalmente ridotti (come nel caso di specie, dove si interviene in una materia di competenza residuale regionale) e pure e' gravemente violato dalle impugnate disposizioni. Proprio in ordine al principio in menzione, codesta ecc.ma Corte non ha mancato di chiarire, lapidariamente, che «L'eguaglianza, infatti, e' principio generale che condiziona tutto l'ordinamento nella sua obbiettiva struttura: esso vieta, cioe', che la legge ponga in essere una disciplina che direttamente o indirettamente dia vita ad una non giustificata disparita' di trattamento delle situazioni giuridiche, indipendentemente dalla natura e dalla qualificazione dei soggetti ai quali queste vengano imputate» (ex multis Corte costituzionale, sentenza n. 25 del 23 marzo 1966). Peraltro, fermo restando quanto appena rappresentato, il criterio di riparto del Fondo TPL relativo al «complesso dei servizi di trasporto pubblico locale eserciti sul territorio di ciascuna regione» non e' necessariamente e univocamente correlato a un'efficiente allocazione delle risorse pubbliche. La maggiore spesa attivata da una regione, infatti, ben puo' corrispondere, paradossalmente, a inefficienze nella programmazione e gestione del servizio, alle quali si deve far fronte proprio attraverso maggiori esborsi. Ancora piu' irrazionali, illogiche e inique, pertanto, alla luce dei menzionati articoli 3 e 97 della Costituzione, appaiono le impugnate disposizioni, destinate a produrre dannose ripercussioni e grave pregiudizio in ordine allo svolgimento di un servizio pubblico fondamentale, generando ingiustificate e arbitrarie discriminazioni tra le regioni e abdicando alla necessita' di soddisfare «l'esigenza di assicurare la garanzia di uno standard di omogeneita' nella fruizione del servizio su tutto il territorio nazionale» e, quindi, «assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti tutelati dalla Costituzione» (Corte costituzionale, sentenza n. 273 del 14 novembre 2013). In definitiva, rendere iniquo e irrazionale, a monte, il finanziamento dei servizi di trasporto pubblico locale arreca un gravissimo vulnus alle attivita' di programmazione della Regione Campania, che si vede, alla luce delle impugnate disposizioni, riconosciuta una quota di partecipazione sensibilmente ridotta del Fondo de quo e, pertanto, menomata nella propria sfera di attribuzioni in una materia che la Costituzione assegna alla sua competenza residuale ai sensi dell'articolo 117. 5. Sotto altro profilo, nella parte in cui inserisce, dopo il comma 2-ter dell'articolo 27 del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, il comma 2-quater, l'articolo 17 del decreto-legge n. 104 del 2023 e' illegittimo per violazione dell'articolo 97 della Costituzione in quanto foriero di gravi incertezze interpretative e applicative. Il citato comma 2-ter garantisce, infatti, in via strutturale e senza limitazioni temporali, un'assegnazione di risorse alle regioni mai inferiore a quella risultante per l'anno 2020; e, tuttavia, non si comprendono i termini di applicazione del comma 2-quater, il quale dispone che solo una quota dell'intera somma stanziata, pari a euro 4.873.335.361,50 - inferiore alla quota ripartita nel 2020, pari a euro 4.874.554.000,00 - sia ripartita, limitatamente agli anni 2023 e 2024, secondo le percentuali utilizzate per l'anno 2020 e che, per la restante frazione, si proceda al riparto secondo i criteri indicati dal comma 2, lettere a) e b). Dalla patente contraddittorieta' evidenziata, emerge un quadro normativo assolutamente irragionevole, di problematica applicazione, in assoluto spregio, per l'appunto, del principio di buon andamento di cui all'articolo 97 della Costituzione, rispetto al quale codesta ecc.ma Corte ha chiarito - in termini difficilmente equivocabili - che «non e' conforme a tale disposizione costituzionale l'adozione, per regolare l'azione amministrativa [e, nel caso di specie, il riparto e' effettuato con decreto ministeriale, N.d.RR.], di una disciplina normativa "foriera di incertezza", posto che essa «puo' tradursi in cattivo esercizio delle funzioni affidate alla cura della pubblica amministrazione» (sentenza n. 364 del 2010)» (Corte costituzionale, sentenza n. 70 del 16 aprile 2013). 6. Evidente e' anche la lesione, ad opera dell'art. 17, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2023, dell'articolo 81 della Costituzione, che sancisce i principi dell'equilibrio e del pareggio di bilancio. La disposizione in menzione, infatti, generando, irrazionalmente e arbitrariamente, entrate per l'anno 2023 - in favore delle regioni svantaggiate dalla novella normativa, tra cui la Regione Campania - di gran lunga inferiori a quelle preventivate sulla base della disciplina previgente (con una perdita annua stimata in centinaia di milioni di euro, come da documentazione che ci si riserva di produrre), fissando criteri, per gli anni successivi, tali da non consentire una copertura, con le risorse del Fondo, dei servizi necessari, arreca un vulnus foriero di gravissime ripercussioni sulla finanza e sull'attivita' programmatoria regionale. Si e' sopra rilevato, da questo punto di vista, come la competente Direzione generale per la mobilita' abbia attestato che «la percentuale riconosciuta alla regione Campania sulla base dei costi standard riferiti a tutti i servizi e' pari all'8,0579, dunque molto al di sotto di quella riconosciuta alla regione come percentuale storica, (omissis) pari al 11,07%». La norma transitoria di cui al comma 2-quater non consente in alcun modo di ritenere superata la lesione in questione, perche' in essa si prevede, in ogni caso, come visto, che, per una significativa frazione del Fondo TPL, si proceda comunque al riparto secondo i nuovi criteri. La ridondanza di tale lesione nelle attribuzioni regionali e' evidente, sia con riferimento ai servizi oggetto di normazione e finanziamento, che attengono a una materia di competenza residuale regionale (il trasporto pubblico locale), sia con riferimento alla materia del coordinamento della finanza pubblica, che, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, e' materia di legislazione concorrente. Proprio rispetto a quest'ultima, codesta ecc.ma Corte costituzionale, con sentenza n. 272 del 1° dicembre 2015, ha rilevato che «La materia del "coordinamento della finanza pubblica", infatti, non puo' essere limitata alle norme aventi lo scopo di limitare la spesa, ma comprende anche quelle aventi la funzione di "riorientare" la spesa pubblica (omissis), per una complessiva maggiore efficienza del sistema». Ancora, la ridondanza e' evidente anche con riferimento ai principi enucleati a sanciti dagli articoli 5 e 119 della Costituzione che, come gia' affermato, sono disposizioni competenziali. Le impugnate disposizioni, infatti, minando l'attivita' programmatoria delle regioni danneggiate, in generale, e della Regione Campania, in particolare, peraltro in una materia di loro competenza residuale, ne ledono gravemente le prerogative costituzionali, sia in termini di autonomia (anche finanziaria) che in termini di attribuzioni positive, comprimendo irrimediabilmente gli ambiti competenziali che la Costituzione ha inteso assegnare - ponderando esigenze di decentramento con esigenze di unitarieta' - alle regioni medesime. 7. Conclusivamente, come gia' diffusamente rappresentato, si evidenzia, nelle more dell'adozione del decreto di definizione degli indicatori per determinare i livelli adeguati di servizio e delle modalita' di applicazione degli stessi, l'aggravata lesivita' delle disposizioni introdotte con decreto-legge n. 104 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136 del 2023, laddove prevedono - in tale lasso temporale - la «ripartizione integrale del medesimo Fondo con le modalita' di cui al comma 2, lettera a), del presente articolo», estendendo, pertanto la portata lesiva della novita' apportate all'articolo 27, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 50 del 2017.