LA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI MILANO Sezione 12 Riunita in udienza il 23 ottobre 2023 alle ore 14,30 con la seguente composizione collegiale: Mietto Massimo, Presidente; Cozzi Stefano Celeste, relatore; Salvo Michele, giudice; in data 23 ottobre 2023 ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1462/2023 depositato il 29 marzo 2023; proposto da Engie Italia S.p.a. - 06289781004; difeso da: Paolo Biagi - BGIPLA67A03L833K; Davide De Girolamo - DGRDVD77A24H501P; Livia Salvini - SLVLVI57H67H501M; rappresentato da Monica Iacono - CNIMNC69E58F205V ed elettivamente domiciliato presso paolo.biagi@pec.it Contro Agenzia entrate Direzione regionale Lombardia elettivamente domiciliato presso dr.lombardia.gtpec@pce.agenziaentrate.it Avente ad oggetto l'impugnazione di: silenzio rifiut caro bollette 2022 a seguito di discussione in pubblica udienza. Elementi in fatto e diritto Engie Italia S.p.a. e' una societa' che fa capo ad un gruppo industriale francese che svolge attivita' afferenti ai mercati dell'energia. Con il ricorso in esame, tale societa' impugna il provvedimento tacito di rigetto formatosi, ai sensi dell'art. 22, secondo comma, del decreto legislativo n. 546 del 1992, sulla sua istanza di rimborso delle somme versate a titolo di «contributo straordinario contro il caro bollette» previsto dall'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022, per un importo di euro 290.151.089,80, oltre interessi maturati e maturandi. Si e' costituita in giudizio, per resistere al ricorso, l'Agenzia delle entrate. La causa e' stata trattenuta in decisione in esito alla pubblica udienza del 23 ottobre 2023. Ritiene il collegio che non siano manifestamente infondati i seguenti profili di illegittimita' costituzionale del citato art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022 evidenziati dalla ricorrente. 1. Genericita', indeterminatezza e irragionevolezza del presupposto. Il citato art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022, convertito con legge n. 51 del 2022, ha introdotto, per l'anno 2022, un contributo straordinario contro il caro bollette posto a carico delle impresse che svolgono attivita' nel campo energetico. Il primo ed il secondo comma di tale norma individuano i soggetti passivi ed i criteri di calcolo del tributo (base imponibile e aliquota), senza pero' specificare quale sia il suo presupposto, con conseguente impossibilita' di identificare con certezza la manifestazione di capacita' contributiva che l'imposta intende colpire. Solo dalla lettura dei lavori preparatori sembrerebbe potersi dedurre che il contributo in esame dovrebbe intercettare asseriti «extraprofitti» di cui le imprese del comparto dell'energia avrebbero beneficiato, in relazione all'aumento dei prezzi e delle tariffe del settore verificatosi a causa della crisi internazionale conseguente all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. La mancata indicazione nella norma dello scopo del tributo rende pero' incerto il presupposto e tale incertezza si potrebbe porre in contrasto con l'art. 23 Cost., che, prevedendo una chiara riserva di legge in relazione alle prestazioni patrimoniali, impone al legislatore di individuare gli elementi essenziali identificativi della prestazione tributaria. Risulterebbero inoltre violati gli articoli 3 e 53 Cost., dal momento che, pur rientrando nella discrezionalita' del legislatore la determinazione dei singoli fatti espressivi della capacita' contributiva, che puo' essere desunta da qualsiasi indice che sia rivelatore di ricchezza, tale discrezionalita' incontra il limite della non arbitrarieta'. 2. Inidoneita' della base imponibile ad incidere sugli extraprofitti correlati al settore energetico. Anche ammettendo che la ratio del contributo sia quella di colpire gli extraprofitti, la sua struttura sembrerebbe inidonea allo scopo, con conseguente ulteriore profilo di contrasto con gli articoli 3 e 57 Cost. A questo proposito, si rileva che l'art. 37, secondo comma, decreto-legge n. 21 del 2022 collega la base imponibile del tributo all'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021. La norma richiama quindi la disciplina in materia di IVA, e nello specifico quella delle relative liquidazioni periodiche (LIPE). In tal modo pero', il tributo non pare in grado di incidere sugli extraprofitti posto che il differenziale tra «saldi IVA» e' il semplice risultato della somma algebrica delle poste attive e passive relative a determinate operazioni che si realizzano in uno specifico periodo, risultato che non sembra mettere in evidenza la sussistenza di un incremento degli utili, ne' tantomeno la sussistenza di un incremento degli utili di tipo congiunturale dovuto ad attivita' speculativa o comunque estranea all'impresa. A questo riguardo va innanzitutto evidenziato, da un punto di vista generale, che la struttura dell'IVA non consente di correlare le componenti attive con le corrispondenti componenti passive. Per tale imposta, infatti, non si applica il principio di competenza economica che impone la correlazione tra costi e ricavi al fine di calcolare un preciso risultato economico realizzato in un determinato lasso di tempo. Nel sistema dell'IVA, l'imposta grava sulle singole operazioni e si disinteressa di eventuali collegamenti tra le masse di operazioni attive e passive, non essendo strutturalmente demandata ad intercettare la formazione di un utile. Quanto sopra risulta particolarmente evidente per i costi di acquisto dei beni strumentali, per i quali, a fini IVA, non si applica l'ammortamento venendo tali costi contabilizzati per intero al momento dell'acquisto. Questo metodo di contabilizzazione non consente evidentemente di intercettare il risultato economico dell'attivita' di impresa posto che l'onere economico sostenuto per l'acquisto dei beni strumentali incide per diverse annualita' su tale risultato. Inoltre, per come configurata la base imponibile del contributo per la quale assumono rilievo esclusivamente le contabilizzazioni effettuate nei periodi 1° ottobre 2021-30 aprile 2022 e 1° ottobre 2020-30 aprile 2021, il costo di acquisto dei beni strumentali puo' incidere o non incidere sulla determinazione della base imponibile del tributo in base ad un elemento del tutto casuale: il fatto che l'acquisto sia stato o meno effettuato nei succitati periodi. Altro elemento casuale e' dato dalle «fatture di fine anno» le quali, per ragioni appunto del tutto casuali legate a variabili non prevedibili dell'impresa (ad esempio i tempi di emissione), non confluiscono nelle LIPE ma solo nella dichiarazione finale IVA dell'anno di competenza) e non sono percio' rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile del contributo. Va poi considerato che le norme in materia di IVA non tengono conto di alcuni rilevantissimi elementi di costo che insistono in maniera significativa sui profitti, e quindi sugli ipotetici «sovraprofitti» del settore. Si pensi, in particolare, ai costi di personale e ai differenziali realizzati su contratti derivati che, in quanto considerati non soggetti ad IVA, non sono computabili ai fini del contributo. Per quanto concerne in particolare i contratti derivati, si sottolinea che i relativi costi, non rappresentando corrispettivi di una controprestazione, secondo quanto chiarito dalle indicazioni di prassi dell'Amministrazione finanziaria (risoluzione MEF n. 77 del 16 luglio 1998), non concorrono all'ammontare complessivo delle operazioni passive ai fini dell'IVA. Questi costi tuttavia rilevano sicuramente ai fini della determinazione del risultato economico dell'attivita' di impresa, soprattutto per cio' che concerne le imprese esercenti attivita' in campo energetico le quali sono solite stipulare tale tipologia di contratti a copertura dei rischi legati all'andamento delle quotazioni dei beni che costituiscono materie prime o prodotti finiti (l'esigenza ad essi sottesa e', in sostanza, quella di evitare che tali quotazioni possano causare l'erosione dei margini di guadagno per effetto dell'aumento del prezzo di materie prime o della contrazione del prezzo dei prodotti oggetto dell'attivita'). Non puo' quindi dubitarsi che tali componenti di costo siano direttamente riconducibili all'attivita' di impresa, trattandosi di costi specificamente riferibili al suo oggetto: conseguentemente, non puo' nemmeno dubitarsi che essi concorrano, sia in senso economico che giuridico, alla produzione di profitti e, quindi, di eventuali «sovraprofitti» realizzati nell'esercizio di quella stessa attivita'. E cio' senza contare che effetto dei contratti derivati - la cui funzione si ripete e' quella di assicurare un andamento equilibrato dell'attivita' economica mettendola al riparo da contingenti variazioni di mercato - puo' essere proprio quello di elidere il profitto che l'impresa consegue in momenti di eccezionale favore. Anche sotto tale aspetto, la struttura del tributo appare inidonea a rappresentare correttamente il supposto «sovraprofitto» che intende colpire. Va poi osservato che il contributo, gravando sul fatturato IVA, incide su elementi radicalmente estranei alla definizione di profitto in senso economico o fiscale, come tipicamente accade con gli importi riferiti alle accise traslate sui clienti, che rappresentano componenti fiscali in definitiva riversate allo Stato, che non rientrano nella definizione di profitto in senso economico o fiscale, sicche' non possono rappresentare in alcun modo un incremento rilevante di «ricchezza» tassabile. Inoltre, poiche' secondo l'interpretazione dell'Amministrazione finanziaria (circolare n. 22/E del 23 giugno 2022), il contributo in esame si applica sull'interezza del fatturato ritratto da tutte le attivita' esercitate, anche nel caso di soggetti operanti anche al di fuori dell'ambito energetico, l'imposizione fiscale puo' estendersi a redditi maturati in settori di attivita' totalmente diversi da quello di interesse, che in nessun modo si presuppongono beneficiati dall'andamento del prezzo dei prodotti energetici. Per quanto riguarda l'aspetto temporale, si deve rilevare che, come ripetuto, l'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022, stabilisce che, per determinare la base imponibile del tributo, occorre prendere a riferimento i differenziali dei saldi IVA relativi ai periodi 1° ottobre 2021-30 aprile 2022 e 1° ottobre 2020-30 aprile 2021. Tali periodi potrebbero rivelarsi eccessivamente brevi essendo ben possibile che, a fronte di un dato risultato economico consuntivato nel periodo temporale rilevante ai fini del contributo, le societa' realizzino negli altri periodi dell'anno rilevantissime perdite o rilevantissimi guadagni. A cio' si aggiunga che gli extraprofitti realizzati nel 2021-2022, rispetto al corrispondente periodo 2020-2021, potrebbero essere dovuti al fatto che, durante la pandemia, le societa' energetiche hanno subito rilevanti contrazioni delle vendite dovute al calo dei consumi. Va da ultimo evidenziato che, se lo scopo del legislatore e' quello di porre rimedio al caro bollette, vi e' il forte rischio che il contributo consegua il risultato opposto qualora gli operatori riversino sui clienti finali il relativo onere economico. E' ben vero che, per evitare questo risultato, il comma 8 dell'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022 assoggetta gli stessi operatori al controllo dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, ma non e' detto che tale controllo sia effettivamente in grado di stabilire quando un aumento dei prezzi sia correlato a oggettive ragioni di mercato ovvero alla volonta' di scaricare sull'utenza l'onere del contributo. Tutto quanto sin qui illustrato porta a dubitare della compatibilita' dell'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022 con gli articoli 3 e 53 Cost. posto che, come chiarito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 10 del 2015 (in tema di Robin Tax), vi deve essere sempre coerenza fra il presupposto economico che il legislatore intende colpire e la struttura del tributo. 3. Violazione del principio di uguaglianza. La mancata correlazione fra scopo del tributo e struttura dello stesso potrebbe anche comportare problemi rilevanti sotto il profilo del rispetto del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. Si e' visto, ad esempio, che la rilevanza dei costi connessi all'acquisto dei beni strumentali ai fini della determinazione della base imponibile dipende da elementi del tutto casuali: il fatto che l'acquisto sia stato effettuato nei periodi presi in considerazione dall'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022. L'imposta potrebbe quindi andare ad incidere in maniera casuale sugli operatori del settore, colpendo magari chi non ha beneficiato in nessun modo dell'ascesa dei prezzi e delle tariffe energetiche, con conseguente violazione del suddetto principio. Va poi osservato che la medesima norma esenta da imposta gli operatori che hanno realizzato extraprofitti per importi inferiori a 5 milioni di euro o in una percentuale inferiore al 10 per cento. Anche questa previsione potrebbe rivelarsi discriminatoria posto che introduce un regime fiscale differenziato pur a fronte di situazioni del tutto comparabili (si pensi al caso dell'operatore che realizza extraprofitti di importo di poco inferiore a 5 milioni di euro, che non deve versare alcunche', e dell'operatore che realizza extraprofitti di poco superiori a tale soglia il quale e' tenuto a versare una somma superiore ad un milione di euro). A tutto cio' si puo' aggiungere che il contributo non colpisce soggetti che operano in altri settori bancario e farmaceutico) che ugualmente potrebbero aver beneficiato della situazione congiunturale. 4. Violazione degli articoli 53 e 42 della Costituzione, nonche' dell'art. 117 Cost. in relazione all'art. 1 del Primo Protocollo CEDU. Il secondo comma dell'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022, stabilisce che il contributo si applica nella misura del 25 per cento della base imponibile la quale, come ripetuto, e' costituita dall'incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive, riferito ai periodi 1° ottobre 2021-30 aprile 2022 e 1° ottobre 2020-30 aprile 2021. Si e' detto sopra che la struttura della base imponibile non sembra in grado di mettere in evidenza il reale andamento economico dell'impresa. La combinazione di questi elementi (base imponibile non rappresentativa di un utile economico e aliquota pari al 25 per cento di tale base imponibile) potrebbe comportare, quale conseguenza, che, per far fronte all'imposta, il soggetto passivo debba attingere in maniera rilevante alle proprie risorse patrimoniali. Parte ricorrente porta ad esempio la propria situazione, rilevando che l'importo del tributo che essa e' stata obbligata a versare, non solo incide su una societa' in perdita, ma erode quasi completamente il suo patrimonio netto. Si potrebbe quindi ritenere che, per come configurato, il contributo possa avere effetti ablativi anche integrali della capacita' economica del soggetto inciso, con conseguente violazione degli articoli 42 e 53 Cost. Con riferimento all'art. 42 Cost., si osserva che la norma pone una garanzia alla proprieta' privata, prevendendo che questa possa essere espropriata solo per ragioni di interesse generale e salvo pagamento di un indennizzo. La sottoposizione ad una tassazione in grado di incidere fortemente sul patrimonio del soggetto passivo sarebbe dunque in contrasto con questa disposizione in quanto avente sostanzialmente effetti espropriativi. Analogo ragionamento puo' essere formulato in relazione all'art. 53 Cost. il quale, come noto, pone il limite della «capacita' contributiva» del soggetto passivo. Questa norma opera, infatti, da baluardo contro prelievi fiscali configurati in modo tale da generare l'erosione progressiva dell'oggetto cui e' riferita l'imposta, oppure contro prelievi che sottraggono integralmente la stessa ricchezza tassata o in una misura che possa fondatamente minacciare l'equilibrio tra i bisogni finanziari del settore pubblico e l'interesse dei singoli. Per questo profilo viene anche in rilievo l'art. 1 del Primo Protocollo CEDU, il quale costituisce parametro interposto nei giudizi di costituzionalita' riguardanti le norme primarie dell'ordinamento italiano, ai sensi dell'art. 117, primo comma, Cost. (cfr. Corte costituzionale, 20 ottobre 2007, n. 348). L'art. 1 del Primo Protocollo CEDU e' anch'esso posto a presidio della tutela proprietaria, prevedendo al primo comma, primo periodo, la regola secondo cui «ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni» e cosi' vietando, in via generale, ogni compressione al libero godimento dei beni stessi. I periodi successivi del testo della disposizione autorizzano, a certe condizioni, la limitazione del diritto di proprieta': il secondo periodo del primo comma prevede, infatti, che «nessuno puo' essere privato della sua proprieta' se non per causa di pubblica utilita' e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale». Il secondo comma dispone a sua volta che «le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende». La Corte EDU ha chiarito che le ragioni di ordine fiscale non consentono l'introduzione, da parte del legislatore nazionale, di «imposte confiscatorie», tali cioe' da azzerare o, comunque, diminuire fortemente la manifestazione di ricchezza che esse intendono colpire, alterando cosi' in maniera radicale l'equilibrio tra interesse fiscale e diritto alla tutela proprietaria (CEDU, N.K.M. vs. Hungary, sentenza del 14 maggio 2013). Tanto premesso, si puo' osservare che il contributo in esame, nella misura in cui potrebbe determinare l'erosione di una parte rilevante del patrimonio netto sociale, si potrebbe porre in contrasto con questa norma. 5. Profili di illegittimita' costituzionale riguardanti specificamente il comma 3-ter dell'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022. L'art. 37, comma 3-ter, del decreto-legge n. 21 del 2022, introdotto dall'art. 1, comma 120, lettera c), della legge n. 197 del 2022, stabilisce che non concorrono alla determinazione della base imponibile del tributo di cui si discute «... le operazioni attive non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale [...] se e nella misura in cui gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini dell'IVA». Con questa disposizione il legislatore ha inteso far si' che le voci attive correlate alle vendite estere (sempre escluse dal campo di applicazione dell'IVA nonostante inserite nelle LIPE per ragioni di controllo) vengano escluse dalla base imponibile del contributo solo se gli «acquisti afferenti» siano, a loro volta, extraterritoriali. Va pero' osservato che, come evidenziato sopra, la struttura dell'IVA (e di conseguenza quella del contributo in esame) non consente di correlare le componenti attive con le corrispondenti componenti passive, essendo la sua base imponibile calcolata con riferimento al differenziale di due masse non collegate che non riflettono percio' l'andamento economico dell'impresa. Si potrebbe quindi ritenere che la disposizione contenuta nell'art. 37, comma 3-ter, del decreto-legge n. 21 del 2022 presenti profili di irrazionalita' laddove pretende che, al solo fine di attribuire irrilevanza ai proventi derivanti dalle cessioni extraterritoriali, il contribuente debba individuare gli acquisti «afferenti». Inoltre, come visto, la base imponibile del contributo si determina con riferimento a due periodi ben determinati, con la conseguenza che sono irrilevanti le operazioni compiute al di fuori di tali periodi. Se gli acquisti afferenti sono effettuati in periodi diversi da quelli presi in considerazione dalla norma, l'entrata derivante dalla vendita extraterritoriale ad essi correlata dovrebbe quindi comunque computarsi ai fini della determinazione della base imponibile. La rilevanza delle operazioni di vendita extraterritoriale sulla determinazione della base imponibile si aggancia pertanto ad un elemento del tutto causale: la data di acquisto del bene afferente. Questi elementi potrebbero far ritenere che anche la specifica previsione ora esaminata presenti profili di irragionevolezza e sia percio' in contrasto con gli articoli 3 e 53 Cost. 6. Rilevanza della questione di costituzionalita'. Ritiene il collegio che le questioni di costituzionalita' sopra illustrate siano rilevanti ai fini della decisione del presente giudizio posto la presenza dell'art. 37 del decreto-legge n. 21 del 2022 nell'ordinamento giuridico, osta al richiesto rimborso.