TRIBUNALE DI VENEZIA 
                     Sezione dibattimento penale 
 
    Il  Tribunale  in  composizione  monocratica,   decidendo   sulla
richiesta formulata all'udienza del 20 ottobre 2023  e  ribadita  con
memoria depositata 4 dicembre 2023 dalla difesa dell'imputato  E.  Y.
di sollevare la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
133, comma 1-bis del  codice  di  procedura  penale  come  introdotto
dall'art. 7, comma 1, lettera d) del decreto legislativo  10  ottobre
2022, n. 150, nella parte in  cui  non  prevede  la  possibilita'  di
disporre  l'accompagnamento  coattivo  del  querelante   laddove   la
remissione tacita  della  querela  sia  ricusata  dall'imputato,  per
contrasto con gli articoli 24,  97,  111  della  Costituzione  e  con
l'art. 6, comma 3,  lettera  d)  della  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU); 
    Sentiti il pubblico ministero e il difensore dell'imputato, 
    All'udienza del 12 dicembre  2023,  ha  pronunciato  la  presente
ordinanza ai sensi degli articoli 134 Cost., 1 legge costituzionale 9
febbraio 1948, n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87- nell'ambito  del
procedimento penale di 1° grado iscritto ai  numeri  di  registro  in
epigrafe indicati nei confronti di: E. Y. nato l' ... ad ... (...  ),
residente in  ...  (...),  via  ...  assistito e  difeso  di  fiducia
dall'avv. Guido Simonetti e dall'avv.  Simone  Zancani  del  Foro  di
Venezia, imputato del reato di cui all'art. 612, comma 2, del  codice
penale  «perche'  minacciava  E.  I.  proferendo  al  suo   indirizzo
espressioni del seguente tenore " Ti spacco la  faccia"  "Ti  ammazzo
troia" "Quando ti trovo alla stazione per te e' finita"  e  brandendo
contro di lei uno sgabello". 
    In ... il ... ». 
1. Sullo svolgimento del processo. 
    Con decreto depositato  in  data  29  agosto  2019,  il  pubblico
ministero ha esercitato  l'azione  penale  nei  confronti  di  E.  Y.
articolando l'accusa nei termini sopra richiamati. 
    Il giudizio dibattimentale  prendeva  avvio  (innanzi  a  diverso
giudice dell'intestato Tribunale) all'udienza del  24  gennaio  2020,
nel corso della quale la persona offesa E.  I.,  tramite  il  proprio
difensore  c  procuratore  speciale,  si  costituiva  parte   civile;
venivano quindi ammesse le prove e si  disponeva  rinvio  all'udienza
del 18 settembre 2020 per l'audizione della persona offesa. 
    All'udienza del 18 settembre 2020, preso atto dell'assenza di  E.
I.,  regolarmente  citata  della  procura,   si   disponeva   rinvio,
autorizzando il pubblico ministero a  rinnovare  la  citazione  della
predetta testimone tramite la polizia giudiziaria. 
    All'udienza del 12 marzo 2021, atteso il mutamento del magistrato
titolare del procedimento, le parti rinnovavano le richieste di prova
e si disponeva rinvio, nuovamente disponendo la citazione della teste
E. I. (non comparsa) mediante la polizia giudiziaria. 
    All'udienza del 15 ottobre  2021  l'imputato  dichiarava  di  non
accettare la remissione  della  querela  formalizzata  dalla  persona
offesa in data 17 settembre 2020 e si  disponeva  rinnovazione  della
notifica della citazione quale  testimone  di  E.  I.,  non  comparsa
neppure in tale udienza. 
    Disposto rinvio delle udienze del 10 dicembre 2021 e  21  ottobre
2022 a causa dell'impedimento del giudice titolare, all'udienza del 7
aprile 2023, verificata l'assenza della teste E. I.,  il  giudice  ne
rispondeva l'accompagnamento coattivo. 
    Il procedimento veniva riassegnato allo scrivente magistrato, che
revocava l'accompagnamento coattivo della predetta testimone. 
    All'udienza del 30 giugno 2023,  preso  atto  dell'assenza  della
persona offesa E. I., si disponeva ulteriore rinvio, alla data del 20
ottobre 2023, per l'audizione di quest'ultima,  onerando  la  Procura
della citazione della predetta teste. 
    All'udienza  del  20  ottobre  2023  veniva  acquisito   verbale,
sottoscritto da E. I. in data 13 ottobre 2023 innanzi ai  Carabinieri
di ..., di remissione  della  querela  sporta  nei  confronti  di  E.
Y. L'imputato, riportandosi alla dichiarazione gia' resa  innanzi  ai
Carabinieri della Stazione di ... in data 18 ottobre  2023,  ribadiva
di non voler accettare la predetta remissione,  dichiarando  altresi'
di voler rinunciare alla prescrizione.  A  quel  punto  il  difensore
dell'imputato chiedeva l'accompagnamento coattivo della testimone  e,
a tal fine, depositava note scritte con cui  sollevava  questione  di
legittimita' costituzionale della disposizione di cui  all'art.  133,
comma  1-bis  del  codice  di  procedura  penale  nei  termini  sopra
indicati, chiedendo un breve termine per poter depositare una memoria
in relazione al tema in esame. 
    All'udienza del 12 dicembre 2023 il giudice, acquisita la memoria
gia' depositata tramite PEC in data 4  dicembre  2023  e  sentite  le
parti, che hanno insistito per l'accoglimento dell'istanza, disponeva
la sospensione del processo e l'immediata trasmissione degli atti del
presente giudizio alla Corte costituzionale.  
2. Sulla non manifesta infondatezza della questione  di  legittimita'
costituzionale. 
    Deve innanzitutto evidenziarsi che  il  reato  in  contestazione,
cosi' come formulato dalla pubblica  accusa,  risulta  procedibile  a
querela di parte. La persona offesa  ha  reiteratamente  manifestato,
sia espressamente, sia per facta concludentia,  la  volonta'  di  non
persistere  nella  sua  richiesta  di  punizione  in   sede   penale,
originariamente avanzata con querela  del  16  giugno  2016,  per  il
«delitto di minaccia oggetto del presente procedimento. A  fronte  di
tale dato, l'imputato ha ribadito piu' volte la volonta' di  ricusare
la predetta remissione, chiedendo che il  processo  venisse  istruito
nel  merito  e,  quindi,  che  la  querelante  fosse  escussa   quale
testimone, circostanza che si e' pero' rivelata  impossibile,  attesa
la reiterata mancata  comparizione  di  quest'ultima,  nonostante  le
numerose citazioni disposte dalla  Procura  e  dal  Tribunale,  anche
tramite la polizia giudiziaria. 
    L'unico strumento utile ad ottenere tale risultato e',  pertanto,
quello  dell'accompagnamento  coattivo  della  testimone   ai   sensi
dell'art. 133 del codice penale,  ipotesi  che  tuttavia  non  appare
percorribile a fronte del mutamento del quadro  normativo  ricavabile
dal coordinato disposto degli articoli 152, comma 3, n. 2) del codice
penale e 133, comma 1-bis del codice di procedura penale,  introdotti
rispettivamente dall'art. 1, comma 1, lettera h) n. 2 e dall'art.  7,
comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n.  150,
a decorrere dal 30 dicembre 2022 ex art. 99-bis del medesimo decreto,
cosi' come modificato dall'art. 6 del decreto-legge 31 ottobre  2022,
n. 162 convertito con modificazioni nella legge 30 dicembre 2022,  n.
199. 
    Come noto, il neo introdotto art. 152, comma 3 del codice  penale
attribuisce espressamente  significato  di  remissione  tacita  della
querela alla mancata comparizione,  senza  giustificato  motivo,  del
querelante citato quale testimone.  Nell'esplicitare  che,  nel  caso
anzidetto, il comportamento della persona  offesa  non  coerente  con
l'istanza di punizione assume significato di remissione  di  querela,
la riforma ha codificato gli approdi ermeneutici cui era gia'  giunta
la giurisprudenza di legittimita', rammentandosi che con la  sentenza
del 23 giugno 2016, n. 31668 le sezioni  unite  penali  gia'  avevano
affermato che  «integra  remissione  tacita  di  querela  la  mancata
comparizione all'udienza dibattimentale del  querelante,  previamente
ed espressamente avvertito dal giudice che l'eventuale assenza  sara'
interpretata come fatto incompatibile con la volonta'  di  persistere
nella querela». 
    A fronte della modifica  dell'art.  152  del  codice  penale,  il
legislatore e' intervenuto «per evidenti ragioni di coordinamento  di
sistema» (cfr. Cassazione pen., sez.  II,  del  28  giugno  2023,  n.
33684)  anche   sulla   disciplina   dell'accompagnamento   coattivo,
inserendo la disposizione di cui all'art. 133, comma 1-bis del codice
di procedura penale. 
     La norma, nella sua attuale formulazione, cosi' recita «1. Se il
testimone, il perito, la  persona  sottoposta  all'esame  del  perito
diversa dall'imputato,  il  consulente  tecnico,  l'interprete  o  il
custode  di  cose  sequestrate,  regolarmente  citati  o   convocati,
omettono senza un  legittimo  impedimento  di  comparire  nel  luogo,
giorno e ora stabiliti, il giudice puo'  ordinarne  l'accompagnamento
coattivo e puo' altresi' condannarli, con ordinanza, al pagamento  di
una somma da euro 51 a euro 516 a favore della  cassa  delle  ammende
nonche' alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa. 
    1-bis. La disposizione di cui al comma l non si applica  in  caso
di mancata comparizione del querelante all'udienza in cui  sia  stato
citato a comparire come testimone, limitatamente ai casi  in  cui  la
mancata comparizione del  querelante  integra  remissione  tacita  di
querela, nei casi in cui essa e' consentita. 
    2. Si applicano le disposizioni dell'art. 132». 
    Ebbene, posto che a mente del novellato art.  152,  comma  3  del
codice penale la mancata presentazione del querelante integra  sempre
(salvo il caso  di  ricorrenza  di  giustificati  motivi)  remissione
tacita della querela, la disposizione  di  cui  all'art.  133,  comma
1-bis del codice  di  procedura  penale,  cosi'  come  formulata,  si
traduce nel divieto di accompagnamento  coattivo  del  querelante  in
tutti  i  casi  in  cui  sia  contestato  un  reato  non  procedibile
d'ufficio. 
    Nella relazione illustrativa al decreto  legislativo  10  ottobre
2022, n. 150 la ratio  dell'introduzione  di  tale  disposizione  era
indicata nei seguenti termini «Si ritiene opportuno che  si  provveda
alla modifica dell'art. 133 del codice di procedura penale (ossia  la
disposizione relativa all'accompagnamento coattivo  di  un  testimone
non  comparso),  prevedendo  che-  nei  casi  in   cui   la   mancata
comparizione del querelante  determini  l'estinzione  del  reato  per
remissione  tacita  di  querela-  non  si  debba  disporre   relative
l'accompagnamento coattivo». 
    Tale obiettivo non  sembra,  tuttavia,  essere  stato  pienamente
tradotto nel testo del novellato art. 133 comma 1-bis del  codice  di
procedura penale, che appare calibrato esclusivamente sul significato
della mancata comparizione («limitatamente ai casi in cui la  mancata
comparizione del querelante integra remissione tacita di querela, nei
casi in cui essa e' consentita») e non sull'effetto giuridico atteso,
ossia l'estinzione del reato. 
    L'unico  limite  posto  dal  legislatore  all'automaticita'   del
meccanismo in esame e' infatti rappresentato dalla proposizione  «nei
casi in cui essa e' consentita»,  che  e'  stata  interpretata  dalla
giurisprudenza formatasi successivamente alla riforma  nel  senso  di
imporre  al  giudice  una  concreta  verifica  delle  condizioni   di
eventuale  vulnerabilita'  del  querelante  e/o  delle  ragioni   che
potrebbero aver determinato la mancata comparizione di  quest'ultimo.
Sul punto cfr. Cassazione penale sez. II, 28 giugno 2023, n. 33648 «A
presidio della tutela di soggetti deboli a qualsiasi titolo, e' pero'
esplicitamente posta la previsione dell'art. 152, comma 4, del codice
penale, che esclude l'applicazione della «nuova» causa di  remissione
tacita in caso di persone offese minorenni, incapaci o in  condizioni
di particolare vulnerabilita' ai sensi dell'art. 90-quater del codice
di procedura penale e comunque in  tutte  le  situazioni  in  cui  il
querelante non comparso sia persona che ha proposto querela agendo in
luogo della persona  offesa  e  nell'assolvimento  di  un  dovere  di
carattere pubblicistico. 
    Oltre a cio', i fatti incompatibili con la volonta' di persistere
nella querela devono essere non equivoci, obiettivi e  concludenti  e
vanno  di  volta  in  volta  valutati  dal  giudice  di  merito,  con
apprezzamento insindacabile nel giudizio di legittimita'  di  talche'
occorre ancorare l'attivazione della sequenza procedimentale  diretta
all'accertamento  della  sopravvenuta  improcedibilita'   per   facta
concludentia  ad  una  valutazione  non  superficiale  del  requisito
dell'assenza di giustificazioni della mancata comparizione. 
    Poiche' la disposizione derogatrice di cui  all'art.  133,  comma
1-bis del codice penale, limita il proprio ambito operativo  ai  soli
casi in cui la remissione tacita di querela  "e'  consentita",  anche
d'ufficio, il giudice dovra' svolgere ogni utile verifica in tema  di
sussistenza  o  meno  del   giustificato   motivo   richiesto   dalla
fattispecie processuale, in particolare laddove emergano  circostanze
da cui  poter  fondatamente  desumere  la  sussistenza  di  violenza,
minaccia, offerta o  promessa  di  denaro  o  altre  utilita'  ovvero
comunque un'illecita interferenza». 
    La formulazione  letterale  della  norma  non  tiene,  pero',  in
considerazione  l'ipotesi,  pur  statisticamente   remota,   in   cui
l'imputato  ricusi la  remissione  della  querela,  come   consentito
dall'art. 155 del  codice  penale,  al  fine  di  vedere  soddisfatto
l'interesse ad evitare la condanna alle spese  processuali  (ex  art.
340, comma 4 del codice di procedura penale) nonche' all'accertamento
nel  merito  della  propria  innocenza  e  dell'eventuale   carattere
calunnioso della querela sporta nei suoi confronti. 
    Nulla e' previsto, infatti, per il caso in cui - a fronte di  una
remissione tacita della querela - non si verifichi  l'estinzione  del
reato, profilo reso ancora piu' problematico dalla  circostanza  che,
come riconosciuto anche dalla giurisprudenza di legittimita', e'  ben
possibile che la persona offesa  dopo  una  prima  manifestazione  di
rinuncia alla volonta' punitiva possa  successivamente  procedere  ad
una nuova remissione (espressa  o  tacita)  della  querela  che  deve
essere nuovamente ricusata dall'imputato (la facolta' di reiterare la
remissione della querela si desume anche da Cass. pen., sez.  IV,  16
luglio 2009, n. 46740). 
    Conseguentemente, ogniqualvolta la parte offesa-querelante  venga
citata come testimone per un'udienza, anche successiva alla prima, la
sua mancata comparizione integrera' una nuova remissione di  querela,
alla  quale  potra'  seguire   una   nuova   ricusazione   da   parte
dell'imputato. 
    Nel descritto contesto, si ravvisano plurimi argomenti a sostegno
della fondatezza della questione di legittimita'  costituzionale  che
qui si propone. 
     In primo luogo il divieto imposto dalla  formulazione  letterale
dell'art. 133, comma 1-bis del  codice  di  procedura  penale  sembra
impedire  all'imputato  il  diritto  di  ottenere  coattivamente  dal
querelante l'adempimento dell'inderogabile dovere  sociale  (ancorato
all'art. 2 della Costituzione) di sottoporsi all'esame  testimoniale.
La circostanza che gli venga preclusa la possibilita'  di  sottoporre
la persona offesa, ossia la pretesa  vittima  del  reato  di  cui  e'
accusato, ad esame incrociato, si pone quindi in violazione dell'art.
111 della Costituzione, nella parte in  cui  garantisce  all'imputato
«la facolta' davanti al giudice, di interrogare o di far  interrogare
le persone che rendono dichiarazioni a suo carico». 
    Sempre in relazione alla  garanzia  del  giusto  processo  e  del
diritto   nel   contraddittorio   nella   formazione   della   prova,
l'invalidita' della disposizione  censurata  e'  legata  altresi'  al
contrasto con il coordinato disposto degli articoli 117  primo  comma
della Costituzione e 6, commi 1 e 3,  lettera  d)  della  Convenzione
europea  dei  diritti  dell'uomo  (quale  parametro   interposto   di
Costituzionalita'),  che  riconosce  il   diritto   dell'imputato   a
interrogare o far interrogare i testi a proprio carico e che  obbliga
gli  Stati  contraenti  ad  «adottare  delle  misure   positive   per
consentire all'accusato di esaminare o di far esaminare i testimoni a
carico» (Corte EDU, 12 ottobre 2017 - Ricorso n. 26073113, ... ). 
    L'attuale assetto normativo si pone, inoltre, in contrasto con il
principio  dell'inviolabilita'  del  diritto  di   difesa   garantito
dall'art. 24 della Costituzione,  cui  si  correla  l'imprescindibile
diritto dell'imputato ad ottenere, attraverso un giusto processo  che
si svolga nel contraddittorio tra le  parti,  una  pronuncia  che  ne
affermi la non colpevolezza nel merito e  non  solo  una  definizione
processuale che  prenda  atto  del  venir  meno  dell'interesse  alla
pretesa punitiva da parte del  querelante.  Argomentare  diversamente
finirebbe  per  legittimare   comportamenti   fraudolenti   (se   non
addirittura estorsivi) ad opera di  chi  possa  ritenersi  libero  di
querelare  altri  soggetti,   sapendo   di   potersi   sottrarre   al
contraddittorio,  non  presentandosi  all'udienza  nella   quale   e'
chiamato come  testimone,  laddove  la  frode  -o  l'estorsione-  non
abbiano sortito gli effetti sperati. 
    Non si reputa,  poi,  che  il  vulnus  appena  evidenziato  possa
trovare  soluzione  in  via  esegetica,  mediante  un'interpretazione
costituzionalmente orientata  che  prescinda  da  un  intervento  del
giudice delle leggi. 
    L'unica opzione possibile, invero in  linea  con  quanto  esposto
nella relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre  2022,
n. 150 sopra richiamata, sarebbe quella di ritenere che il divieto di
accompagnamento coattivo del querelante operi nei soli casi in cui la
remissione tacita ai sensi dell'art. 152 del codice penale, comma  3,
n. 1, non sia ricusata dall'imputato. 
    Si tratterebbe tuttavia -alla luce  del  tenore  letterale  della
norma di cui al comma 1-bis dell'art. 133  del  codice  di  procedura
penale- di operare un intervento di  natura  schiettamente  additiva.
Tale soluzione - l'unica che  appare  in  grado  di  evitare  che  il
divieto di accompagnamento coattivo del querelante si traduca in  una
violazione dell'art. 111  della  Costituzione,  anche  riguardo  alla
ragionevole  durata  del  processo-  si  risolverebbe,  infatti,   in
un'estensione in via interpretativa dei casi in  cui  il  giudice  e'
legittimato ad adottare un provvedimento  coercitivo  finalizzato  ad
assicurare l'assunzione di una testimonianza. 
    E' pero' evidente come la natura del provvedimento  in  questione
renda inammissibile una simile opzione esegetica, trovando un  limite
invalicabile nei principi espressi nell'art. 13  della  Costituzione,
che  nei  primi  due  commi  dispone:  «La  liberta'   personale   e'
inviolabile. Non e' ammessa forma alcuna di detenzione, di  ispezione
o perquisizione personale,  ne'  qualsiasi  altra  restrizione  della
liberta'  personale,  se  non  per   atto   motivato   dell'autorita'
giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge». 
    La possibilita' di disporre l'accompagnamento coattivo di persone
che non siano imputate integra, infatti, una delle manifestazioni del
potere coercitivo dell'autorita' giudiziaria, che,  come  tale,  deve
essere adeguatamente disciplinata, onde evitare che si  trasformi  in
una vera e propria misura  di  privazione  della  liberta'  personale
priva di idonee garanzie. 
    Comprimendo il diritto inviolabile alla liberta' personale  della
persona accompagnata,  la  misura  puo'  essere  disposta,  con  atto
motivato dell'Autorita' giudiziaria, «nei soli casi e  modi  previsti
dalla  legge».  Giova  al  riguardo  riportare  quanto  efficacemente
affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n.  11  del  1956
nel descrivere le garanzie sancite dall'art. 13 Cost. 
    «Risulta da  questa  disposizione  che  il  diritto  di  liberta'
personale  non  si  presenta  affatto  come  illimitato   potere   di
disposizione  della  persona  fisica,  bensi'  come  diritto  a   che
l'opposto potere di coazione personale, di cui lo Stato e'  titolare,
non sia esercitato se non in determinate circostanze e  col  rispetto
di talune forme. Il grave problema di assicurare  il  contemperamento
tra  le  due  fondamentali  esigenze,  di  non   frapporre   ostacoli
all'esercizio di attivita' di prevenzione dei reati e di garantire il
rispetto degli inviolabili diritti della personalita'  umana,  appare
in tal modo risoluto attraverso il  riconoscimento  dei  tradizionali
diritti  di  habeas  corpus  nell'ambito  del  principio  di  stretta
legalita'. La liberta' personale si presenta, pertanto, come  diritto
soggettivo perfetto nella misura in  cui  la  Costituzione  impedisce
alle  autorita'  pubbliche  l'esercizio  della  potesta'   coercitiva
personale. Correlativamente, in  nessun  caso  l'uomo  potra'  essere
privato  o  limitato  nella  sua  liberta'  se  questa  privazione  o
restrizione non risulti astrattamente prevista  dalla  legge,  se  un
regolare giudizio non sia a  tal  fine  instaurato,  se  non  vi  sia
provvedimento dell'autorita' giudiziaria che ne dia le ragioni». 
    Non appare quindi possibile, stante il carattere inviolabile  del
diritto alla liberta' personale ed il principio di stretta  legalita'
imposto dall'art. 13 della Costituzione, interpretare  analogicamente
o   estensivamente   i   «casi»   in   cui   puo'   essere   disposto
l'accompagnamento coattivo. 
    Non  essendo  percorribile  la  strada  di  un'esegesi  di   tipo
additivo, quale quella che e' necessario ipotizzare per  superare  il
contrasto della disposizione di nuovo conio con la  Costituzione,  ne
discende l'ineludibile necessita'  di  rimettere  la  questione  alla
Corte    costituzionale    affinche'    dichiari     l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 133, comma 1-bis  del  codice  di  procedura
penale nella parte in cui non  prevede la  possibilita'  di  disporre
l'accompagnamento  coattivo  del  querelante  laddove  la  remissione
tacita di querela sia ricusata dall'imputato. 
3. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    Richiamando  quanto   esposto   nel   paragrafo   dedicato   alla
ricostruzione  della  vicenda  processuale,  si  evidenzia  come   la
questione proposta sia pienamente rilevante per il giudizio in esame,
in quanto dalla sua  definizione  discende  la  possibilita'  per  il
Tribunale di disapplicare l'art.  133,  comma  1-bis  del  codice  di
procedura penale  per  accogliere  la  richiesta  di  accompagnamento
coattivo della querelante, formulata dall'imputato all'udienza del 20
ottobre 2023 a seguito  della  ricusazione  della  remissione  tacita
della querela. 
    Nel caso di  specie  infatti,  a  fronte  del  descritto  assetto
normativo, la signora E. I. potrebbe - come ha gia' piu' volte  fatto
in  passato,  anche  a  seguito   dell'introduzione   della   novella
legislativa - continuare a non comparire in udienza a  seguito  della
sua citazione, verificandosi  ogni  volta  un'ipotesi  di  remissione
tacita  della  querela  che  verrebbe  ricusata  dall'imputato,   non
potendosi disporre, stante il  limite  normativo  appena  richiamato,
l'accompagnamento coattivo della teste. 
    Del resto, a fronte dell'obbligo  di  immediata  declaratoria  di
determinate cause di non punibilita' che discende dall'art.  129  del
codice di procedura penale,  non  risulta  in  concreto  percorribile
l'alternativa  strada  di  una  sentenza   di   proscioglimento   per
intervenuta estinzione del reato, attesa l'esplicita dichiarazione di
ricusazione  della  remissione  della  querela  e  di  rinuncia  alla
prescrizione da parte dell'imputato, ne' quella di un  una  pronuncia
assolutoria  nel  merito,  che  non  puo'  prescindere   dal   vaglio
dibattimentale delle dichiarazioni  accusatorie  rese  dalla  persona
offesa in sede di querela. 
    Le considerazioni ed i rilievi innanzi esposti, allora  depongono
tutti nel senso di escludere che il presente  giudizio  possa  essere
definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
legittimita' costituzionale in esame. 
    Alla luce delle ragioni  sopra  elucidate,  che  giustificano  la
rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione   di
costituzionalita' qui proposta, deve pertanto disporsi la sospensione
del presente giudizio e  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla
Corte  costituzionale,  affinche'  si  pronunci  sulla   legittimita'
costituzionale dell'art. 133, comma 1-bis  del  codice  di  procedura
penale come introdotto dall'art. 7, comma 1, lettera d)  del  decreto
legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, nella parte in cui  non  prevede
la possibilita' di disporre l'accompagnamento coattivo del querelante
laddove   la   remissione   tacita   della   querela   sia   ricusata
dall'imputato,  per  contrasto  con  gli  articoli  24,   111   della
Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 6,  comma
3, lettera d) della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con  legge  4
agosto 1955, n. 848.