TRIBUNALE DI VENEZIA Sezione dibattimento penale Il Tribunale in composizione monocratica, decidendo sulla richiesta formulata all'udienza del 20 ottobre 2023 e ribadita con memoria depositata 4 dicembre 2023 dalla difesa dell'imputato E. Y. di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 133, comma 1-bis del codice di procedura penale come introdotto dall'art. 7, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, nella parte in cui non prevede la possibilita' di disporre l'accompagnamento coattivo del querelante laddove la remissione tacita della querela sia ricusata dall'imputato, per contrasto con gli articoli 24, 97, 111 della Costituzione e con l'art. 6, comma 3, lettera d) della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU); Sentiti il pubblico ministero e il difensore dell'imputato, All'udienza del 12 dicembre 2023, ha pronunciato la presente ordinanza ai sensi degli articoli 134 Cost., 1 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87- nell'ambito del procedimento penale di 1° grado iscritto ai numeri di registro in epigrafe indicati nei confronti di: E. Y. nato l' ... ad ... (... ), residente in ... (...), via ... assistito e difeso di fiducia dall'avv. Guido Simonetti e dall'avv. Simone Zancani del Foro di Venezia, imputato del reato di cui all'art. 612, comma 2, del codice penale «perche' minacciava E. I. proferendo al suo indirizzo espressioni del seguente tenore " Ti spacco la faccia" "Ti ammazzo troia" "Quando ti trovo alla stazione per te e' finita" e brandendo contro di lei uno sgabello". In ... il ... ». 1. Sullo svolgimento del processo. Con decreto depositato in data 29 agosto 2019, il pubblico ministero ha esercitato l'azione penale nei confronti di E. Y. articolando l'accusa nei termini sopra richiamati. Il giudizio dibattimentale prendeva avvio (innanzi a diverso giudice dell'intestato Tribunale) all'udienza del 24 gennaio 2020, nel corso della quale la persona offesa E. I., tramite il proprio difensore c procuratore speciale, si costituiva parte civile; venivano quindi ammesse le prove e si disponeva rinvio all'udienza del 18 settembre 2020 per l'audizione della persona offesa. All'udienza del 18 settembre 2020, preso atto dell'assenza di E. I., regolarmente citata della procura, si disponeva rinvio, autorizzando il pubblico ministero a rinnovare la citazione della predetta testimone tramite la polizia giudiziaria. All'udienza del 12 marzo 2021, atteso il mutamento del magistrato titolare del procedimento, le parti rinnovavano le richieste di prova e si disponeva rinvio, nuovamente disponendo la citazione della teste E. I. (non comparsa) mediante la polizia giudiziaria. All'udienza del 15 ottobre 2021 l'imputato dichiarava di non accettare la remissione della querela formalizzata dalla persona offesa in data 17 settembre 2020 e si disponeva rinnovazione della notifica della citazione quale testimone di E. I., non comparsa neppure in tale udienza. Disposto rinvio delle udienze del 10 dicembre 2021 e 21 ottobre 2022 a causa dell'impedimento del giudice titolare, all'udienza del 7 aprile 2023, verificata l'assenza della teste E. I., il giudice ne rispondeva l'accompagnamento coattivo. Il procedimento veniva riassegnato allo scrivente magistrato, che revocava l'accompagnamento coattivo della predetta testimone. All'udienza del 30 giugno 2023, preso atto dell'assenza della persona offesa E. I., si disponeva ulteriore rinvio, alla data del 20 ottobre 2023, per l'audizione di quest'ultima, onerando la Procura della citazione della predetta teste. All'udienza del 20 ottobre 2023 veniva acquisito verbale, sottoscritto da E. I. in data 13 ottobre 2023 innanzi ai Carabinieri di ..., di remissione della querela sporta nei confronti di E. Y. L'imputato, riportandosi alla dichiarazione gia' resa innanzi ai Carabinieri della Stazione di ... in data 18 ottobre 2023, ribadiva di non voler accettare la predetta remissione, dichiarando altresi' di voler rinunciare alla prescrizione. A quel punto il difensore dell'imputato chiedeva l'accompagnamento coattivo della testimone e, a tal fine, depositava note scritte con cui sollevava questione di legittimita' costituzionale della disposizione di cui all'art. 133, comma 1-bis del codice di procedura penale nei termini sopra indicati, chiedendo un breve termine per poter depositare una memoria in relazione al tema in esame. All'udienza del 12 dicembre 2023 il giudice, acquisita la memoria gia' depositata tramite PEC in data 4 dicembre 2023 e sentite le parti, che hanno insistito per l'accoglimento dell'istanza, disponeva la sospensione del processo e l'immediata trasmissione degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale. 2. Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. Deve innanzitutto evidenziarsi che il reato in contestazione, cosi' come formulato dalla pubblica accusa, risulta procedibile a querela di parte. La persona offesa ha reiteratamente manifestato, sia espressamente, sia per facta concludentia, la volonta' di non persistere nella sua richiesta di punizione in sede penale, originariamente avanzata con querela del 16 giugno 2016, per il «delitto di minaccia oggetto del presente procedimento. A fronte di tale dato, l'imputato ha ribadito piu' volte la volonta' di ricusare la predetta remissione, chiedendo che il processo venisse istruito nel merito e, quindi, che la querelante fosse escussa quale testimone, circostanza che si e' pero' rivelata impossibile, attesa la reiterata mancata comparizione di quest'ultima, nonostante le numerose citazioni disposte dalla Procura e dal Tribunale, anche tramite la polizia giudiziaria. L'unico strumento utile ad ottenere tale risultato e', pertanto, quello dell'accompagnamento coattivo della testimone ai sensi dell'art. 133 del codice penale, ipotesi che tuttavia non appare percorribile a fronte del mutamento del quadro normativo ricavabile dal coordinato disposto degli articoli 152, comma 3, n. 2) del codice penale e 133, comma 1-bis del codice di procedura penale, introdotti rispettivamente dall'art. 1, comma 1, lettera h) n. 2 e dall'art. 7, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022 ex art. 99-bis del medesimo decreto, cosi' come modificato dall'art. 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162 convertito con modificazioni nella legge 30 dicembre 2022, n. 199. Come noto, il neo introdotto art. 152, comma 3 del codice penale attribuisce espressamente significato di remissione tacita della querela alla mancata comparizione, senza giustificato motivo, del querelante citato quale testimone. Nell'esplicitare che, nel caso anzidetto, il comportamento della persona offesa non coerente con l'istanza di punizione assume significato di remissione di querela, la riforma ha codificato gli approdi ermeneutici cui era gia' giunta la giurisprudenza di legittimita', rammentandosi che con la sentenza del 23 giugno 2016, n. 31668 le sezioni unite penali gia' avevano affermato che «integra remissione tacita di querela la mancata comparizione all'udienza dibattimentale del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l'eventuale assenza sara' interpretata come fatto incompatibile con la volonta' di persistere nella querela». A fronte della modifica dell'art. 152 del codice penale, il legislatore e' intervenuto «per evidenti ragioni di coordinamento di sistema» (cfr. Cassazione pen., sez. II, del 28 giugno 2023, n. 33684) anche sulla disciplina dell'accompagnamento coattivo, inserendo la disposizione di cui all'art. 133, comma 1-bis del codice di procedura penale. La norma, nella sua attuale formulazione, cosi' recita «1. Se il testimone, il perito, la persona sottoposta all'esame del perito diversa dall'imputato, il consulente tecnico, l'interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice puo' ordinarne l'accompagnamento coattivo e puo' altresi' condannarli, con ordinanza, al pagamento di una somma da euro 51 a euro 516 a favore della cassa delle ammende nonche' alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa. 1-bis. La disposizione di cui al comma l non si applica in caso di mancata comparizione del querelante all'udienza in cui sia stato citato a comparire come testimone, limitatamente ai casi in cui la mancata comparizione del querelante integra remissione tacita di querela, nei casi in cui essa e' consentita. 2. Si applicano le disposizioni dell'art. 132». Ebbene, posto che a mente del novellato art. 152, comma 3 del codice penale la mancata presentazione del querelante integra sempre (salvo il caso di ricorrenza di giustificati motivi) remissione tacita della querela, la disposizione di cui all'art. 133, comma 1-bis del codice di procedura penale, cosi' come formulata, si traduce nel divieto di accompagnamento coattivo del querelante in tutti i casi in cui sia contestato un reato non procedibile d'ufficio. Nella relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 la ratio dell'introduzione di tale disposizione era indicata nei seguenti termini «Si ritiene opportuno che si provveda alla modifica dell'art. 133 del codice di procedura penale (ossia la disposizione relativa all'accompagnamento coattivo di un testimone non comparso), prevedendo che- nei casi in cui la mancata comparizione del querelante determini l'estinzione del reato per remissione tacita di querela- non si debba disporre relative l'accompagnamento coattivo». Tale obiettivo non sembra, tuttavia, essere stato pienamente tradotto nel testo del novellato art. 133 comma 1-bis del codice di procedura penale, che appare calibrato esclusivamente sul significato della mancata comparizione («limitatamente ai casi in cui la mancata comparizione del querelante integra remissione tacita di querela, nei casi in cui essa e' consentita») e non sull'effetto giuridico atteso, ossia l'estinzione del reato. L'unico limite posto dal legislatore all'automaticita' del meccanismo in esame e' infatti rappresentato dalla proposizione «nei casi in cui essa e' consentita», che e' stata interpretata dalla giurisprudenza formatasi successivamente alla riforma nel senso di imporre al giudice una concreta verifica delle condizioni di eventuale vulnerabilita' del querelante e/o delle ragioni che potrebbero aver determinato la mancata comparizione di quest'ultimo. Sul punto cfr. Cassazione penale sez. II, 28 giugno 2023, n. 33648 «A presidio della tutela di soggetti deboli a qualsiasi titolo, e' pero' esplicitamente posta la previsione dell'art. 152, comma 4, del codice penale, che esclude l'applicazione della «nuova» causa di remissione tacita in caso di persone offese minorenni, incapaci o in condizioni di particolare vulnerabilita' ai sensi dell'art. 90-quater del codice di procedura penale e comunque in tutte le situazioni in cui il querelante non comparso sia persona che ha proposto querela agendo in luogo della persona offesa e nell'assolvimento di un dovere di carattere pubblicistico. Oltre a cio', i fatti incompatibili con la volonta' di persistere nella querela devono essere non equivoci, obiettivi e concludenti e vanno di volta in volta valutati dal giudice di merito, con apprezzamento insindacabile nel giudizio di legittimita' di talche' occorre ancorare l'attivazione della sequenza procedimentale diretta all'accertamento della sopravvenuta improcedibilita' per facta concludentia ad una valutazione non superficiale del requisito dell'assenza di giustificazioni della mancata comparizione. Poiche' la disposizione derogatrice di cui all'art. 133, comma 1-bis del codice penale, limita il proprio ambito operativo ai soli casi in cui la remissione tacita di querela "e' consentita", anche d'ufficio, il giudice dovra' svolgere ogni utile verifica in tema di sussistenza o meno del giustificato motivo richiesto dalla fattispecie processuale, in particolare laddove emergano circostanze da cui poter fondatamente desumere la sussistenza di violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o altre utilita' ovvero comunque un'illecita interferenza». La formulazione letterale della norma non tiene, pero', in considerazione l'ipotesi, pur statisticamente remota, in cui l'imputato ricusi la remissione della querela, come consentito dall'art. 155 del codice penale, al fine di vedere soddisfatto l'interesse ad evitare la condanna alle spese processuali (ex art. 340, comma 4 del codice di procedura penale) nonche' all'accertamento nel merito della propria innocenza e dell'eventuale carattere calunnioso della querela sporta nei suoi confronti. Nulla e' previsto, infatti, per il caso in cui - a fronte di una remissione tacita della querela - non si verifichi l'estinzione del reato, profilo reso ancora piu' problematico dalla circostanza che, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza di legittimita', e' ben possibile che la persona offesa dopo una prima manifestazione di rinuncia alla volonta' punitiva possa successivamente procedere ad una nuova remissione (espressa o tacita) della querela che deve essere nuovamente ricusata dall'imputato (la facolta' di reiterare la remissione della querela si desume anche da Cass. pen., sez. IV, 16 luglio 2009, n. 46740). Conseguentemente, ogniqualvolta la parte offesa-querelante venga citata come testimone per un'udienza, anche successiva alla prima, la sua mancata comparizione integrera' una nuova remissione di querela, alla quale potra' seguire una nuova ricusazione da parte dell'imputato. Nel descritto contesto, si ravvisano plurimi argomenti a sostegno della fondatezza della questione di legittimita' costituzionale che qui si propone. In primo luogo il divieto imposto dalla formulazione letterale dell'art. 133, comma 1-bis del codice di procedura penale sembra impedire all'imputato il diritto di ottenere coattivamente dal querelante l'adempimento dell'inderogabile dovere sociale (ancorato all'art. 2 della Costituzione) di sottoporsi all'esame testimoniale. La circostanza che gli venga preclusa la possibilita' di sottoporre la persona offesa, ossia la pretesa vittima del reato di cui e' accusato, ad esame incrociato, si pone quindi in violazione dell'art. 111 della Costituzione, nella parte in cui garantisce all'imputato «la facolta' davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico». Sempre in relazione alla garanzia del giusto processo e del diritto nel contraddittorio nella formazione della prova, l'invalidita' della disposizione censurata e' legata altresi' al contrasto con il coordinato disposto degli articoli 117 primo comma della Costituzione e 6, commi 1 e 3, lettera d) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (quale parametro interposto di Costituzionalita'), che riconosce il diritto dell'imputato a interrogare o far interrogare i testi a proprio carico e che obbliga gli Stati contraenti ad «adottare delle misure positive per consentire all'accusato di esaminare o di far esaminare i testimoni a carico» (Corte EDU, 12 ottobre 2017 - Ricorso n. 26073113, ... ). L'attuale assetto normativo si pone, inoltre, in contrasto con il principio dell'inviolabilita' del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione, cui si correla l'imprescindibile diritto dell'imputato ad ottenere, attraverso un giusto processo che si svolga nel contraddittorio tra le parti, una pronuncia che ne affermi la non colpevolezza nel merito e non solo una definizione processuale che prenda atto del venir meno dell'interesse alla pretesa punitiva da parte del querelante. Argomentare diversamente finirebbe per legittimare comportamenti fraudolenti (se non addirittura estorsivi) ad opera di chi possa ritenersi libero di querelare altri soggetti, sapendo di potersi sottrarre al contraddittorio, non presentandosi all'udienza nella quale e' chiamato come testimone, laddove la frode -o l'estorsione- non abbiano sortito gli effetti sperati. Non si reputa, poi, che il vulnus appena evidenziato possa trovare soluzione in via esegetica, mediante un'interpretazione costituzionalmente orientata che prescinda da un intervento del giudice delle leggi. L'unica opzione possibile, invero in linea con quanto esposto nella relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 sopra richiamata, sarebbe quella di ritenere che il divieto di accompagnamento coattivo del querelante operi nei soli casi in cui la remissione tacita ai sensi dell'art. 152 del codice penale, comma 3, n. 1, non sia ricusata dall'imputato. Si tratterebbe tuttavia -alla luce del tenore letterale della norma di cui al comma 1-bis dell'art. 133 del codice di procedura penale- di operare un intervento di natura schiettamente additiva. Tale soluzione - l'unica che appare in grado di evitare che il divieto di accompagnamento coattivo del querelante si traduca in una violazione dell'art. 111 della Costituzione, anche riguardo alla ragionevole durata del processo- si risolverebbe, infatti, in un'estensione in via interpretativa dei casi in cui il giudice e' legittimato ad adottare un provvedimento coercitivo finalizzato ad assicurare l'assunzione di una testimonianza. E' pero' evidente come la natura del provvedimento in questione renda inammissibile una simile opzione esegetica, trovando un limite invalicabile nei principi espressi nell'art. 13 della Costituzione, che nei primi due commi dispone: «La liberta' personale e' inviolabile. Non e' ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, ne' qualsiasi altra restrizione della liberta' personale, se non per atto motivato dell'autorita' giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge». La possibilita' di disporre l'accompagnamento coattivo di persone che non siano imputate integra, infatti, una delle manifestazioni del potere coercitivo dell'autorita' giudiziaria, che, come tale, deve essere adeguatamente disciplinata, onde evitare che si trasformi in una vera e propria misura di privazione della liberta' personale priva di idonee garanzie. Comprimendo il diritto inviolabile alla liberta' personale della persona accompagnata, la misura puo' essere disposta, con atto motivato dell'Autorita' giudiziaria, «nei soli casi e modi previsti dalla legge». Giova al riguardo riportare quanto efficacemente affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 11 del 1956 nel descrivere le garanzie sancite dall'art. 13 Cost. «Risulta da questa disposizione che il diritto di liberta' personale non si presenta affatto come illimitato potere di disposizione della persona fisica, bensi' come diritto a che l'opposto potere di coazione personale, di cui lo Stato e' titolare, non sia esercitato se non in determinate circostanze e col rispetto di talune forme. Il grave problema di assicurare il contemperamento tra le due fondamentali esigenze, di non frapporre ostacoli all'esercizio di attivita' di prevenzione dei reati e di garantire il rispetto degli inviolabili diritti della personalita' umana, appare in tal modo risoluto attraverso il riconoscimento dei tradizionali diritti di habeas corpus nell'ambito del principio di stretta legalita'. La liberta' personale si presenta, pertanto, come diritto soggettivo perfetto nella misura in cui la Costituzione impedisce alle autorita' pubbliche l'esercizio della potesta' coercitiva personale. Correlativamente, in nessun caso l'uomo potra' essere privato o limitato nella sua liberta' se questa privazione o restrizione non risulti astrattamente prevista dalla legge, se un regolare giudizio non sia a tal fine instaurato, se non vi sia provvedimento dell'autorita' giudiziaria che ne dia le ragioni». Non appare quindi possibile, stante il carattere inviolabile del diritto alla liberta' personale ed il principio di stretta legalita' imposto dall'art. 13 della Costituzione, interpretare analogicamente o estensivamente i «casi» in cui puo' essere disposto l'accompagnamento coattivo. Non essendo percorribile la strada di un'esegesi di tipo additivo, quale quella che e' necessario ipotizzare per superare il contrasto della disposizione di nuovo conio con la Costituzione, ne discende l'ineludibile necessita' di rimettere la questione alla Corte costituzionale affinche' dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 133, comma 1-bis del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede la possibilita' di disporre l'accompagnamento coattivo del querelante laddove la remissione tacita di querela sia ricusata dall'imputato. 3. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Richiamando quanto esposto nel paragrafo dedicato alla ricostruzione della vicenda processuale, si evidenzia come la questione proposta sia pienamente rilevante per il giudizio in esame, in quanto dalla sua definizione discende la possibilita' per il Tribunale di disapplicare l'art. 133, comma 1-bis del codice di procedura penale per accogliere la richiesta di accompagnamento coattivo della querelante, formulata dall'imputato all'udienza del 20 ottobre 2023 a seguito della ricusazione della remissione tacita della querela. Nel caso di specie infatti, a fronte del descritto assetto normativo, la signora E. I. potrebbe - come ha gia' piu' volte fatto in passato, anche a seguito dell'introduzione della novella legislativa - continuare a non comparire in udienza a seguito della sua citazione, verificandosi ogni volta un'ipotesi di remissione tacita della querela che verrebbe ricusata dall'imputato, non potendosi disporre, stante il limite normativo appena richiamato, l'accompagnamento coattivo della teste. Del resto, a fronte dell'obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilita' che discende dall'art. 129 del codice di procedura penale, non risulta in concreto percorribile l'alternativa strada di una sentenza di proscioglimento per intervenuta estinzione del reato, attesa l'esplicita dichiarazione di ricusazione della remissione della querela e di rinuncia alla prescrizione da parte dell'imputato, ne' quella di un una pronuncia assolutoria nel merito, che non puo' prescindere dal vaglio dibattimentale delle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa in sede di querela. Le considerazioni ed i rilievi innanzi esposti, allora depongono tutti nel senso di escludere che il presente giudizio possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale in esame. Alla luce delle ragioni sopra elucidate, che giustificano la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' qui proposta, deve pertanto disporsi la sospensione del presente giudizio e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, affinche' si pronunci sulla legittimita' costituzionale dell'art. 133, comma 1-bis del codice di procedura penale come introdotto dall'art. 7, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, nella parte in cui non prevede la possibilita' di disporre l'accompagnamento coattivo del querelante laddove la remissione tacita della querela sia ricusata dall'imputato, per contrasto con gli articoli 24, 111 della Costituzione e 117 della Costituzione in relazione all'art. 6, comma 3, lettera d) della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.