TRIBUNALE DI ORISTANO Sezione unica penale Il giudice, dott.ssa Cristiana Argiolas, letti gli atti del procedimento penale a carico di P.S., nato a ... (...) il ..., imputato: 1. del reato di cui all'art. 75, comma 1 del decreto legislativo n. 159/2011, poiche', sottoposto alla misura di prevenzione della Sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per anni uno, con decreto n. ... del Tribunale di Oristano datato ... violava l'obbligo inerente il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione dalle ore 20,00 fino alle ore 06,00 (non trovandosi all'interno della predetta abitazione alle ore ... dell'...) senza aver previamente avvisalo l'Autorita' di PS e avere ricevuto autorizzazione. In ... (...) il ...; 2. in ordine al reato p. e p. dall'art. 75, comma 1 del decreto legislativo n. 159/2011 poiche', sottoposto alla misura di prevenzione della Sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per anni uno, con decreto n. ... del Tribunale di Oristano datato ... violava l'obbligo inerente il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione dalle ore 20,00 fino alle ore 06,00 (non trovandosi all'interno della predetta abitazione alle ore ... del ...) senza aver previamente avvisato l'Autorita' di PS e avere ricevuto autorizzazione. In ... (...) il ...; 3. del reato p. e p. dall'art. 75, comma 1 del decreto legislativo n. 159 del 5 settembre 2011 perche', pur essendo stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di un anno (disposta con decreto n. ... del ... dal Tribunale - Sezione unica penale di Oristano, notificatagli il ...) con l'obbligo di non rincasare dopo le ore 20,00 e di non uscire di casa prima delle ore 06,00, in autunno e in inverno, contravveniva alla prescrizione «di non rincasare dopo le ore 20,00», essendo rientrato in casa alle ore ... Accertato in ... il ...; 4. del reato di cui all'art. 75, comma 1 del decreto legislativo n. 159/2011 perche', sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di Pubblica sicurezza, disposta con decreto del Tribunale di Oristano n. ... del ... (esecutivo dal ... per la durata di anni uno), violava la prescrizione di non rincasare piu' tardi delle ore 21,00 in primavera e in estate e delle ore 22,00 in autunno e in inverno, di non uscire mai di casa prima delle ore ... senza comprovate necessita' o comunque senza averne dato tempestiva notizia all'Autorita' di pubblica sicurezza e averne ricevuto autorizzazione: infatti, alle ore ... del ... risultava assente dal proprio domicilio. Commesso in ..., il ...; 5. del reato p. e p. dall'art. 75, comma 1 del decreto legislativo n. 159/2011 perche', pur essendo stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di un anno (disposta con decreto n. ... del ... dal Tribunale di Oristano, notificato il ...) con l'obbligo, tra gli altri, di non rincasare dopo le ore 20 in autunno e in inverno nella propria abitazione sita in ... contravveniva a tale prescrizione in quanto veniva trovato dai carabinieri alle ore ... a ... in piazza ... ubriaco. Accertata in ... l'...; nel decidere sull'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 2ter del decreto legislativo n. 159/2011, sollevata dal difensore di fiducia dell'imputato, con riferimento agli articoli 3, commi 1 e 2, 13 e 27, comma 3 della Costituzione; sentito il pubblico ministero; Rilevato che, secondo la prospettazione difensiva, l'art. 14, comma 2-ter del decreto legislativo n. 159/2011, nella parte in cui prevede che «l'esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa durante il tempo in cui l'interessato e' sottoposto a detenzione per espiazione pena. Dopo la cessazione dello stato di detenzione, se esso si e' protratto per almeno due anni, il tribunale verifica, anche d'ufficio, sentito il pubblico ministero che ha esercitato le relative funzioni, nel corso della trattazione camerale, la persistenza della pericolosita' sociale dell'interessato, assumendo le necessarie informazioni presso l'amministrazione penitenziaria e l'autorita' di pubblica sicurezza, nonche' presso gli organi di polizia giudiziaria», presenterebbe un primo profilo di illegittimita' costituzionale rispetto all'art. 3, commi 1 e 2 della Costituzione, poiche' introdurrebbe una ingiustificata e non ragionevole disparita' di trattamento tra soggetti sottoposti alla misura di prevenzione personale (nella specie la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza) e soggetti, invece, sottoposti a misura di' sicurezza (pur trattandosi di misure aventi analoga ratio e finalita' di tutela), prevedendo - in relazione alla sola ipotesi della sospensione dell'esecuzione delle misure di prevenzione in caso di detenzione per espiazione pena - che la pericolosita' sociale del destinatario della misura debba essere rivalutata al momento della concreta e successiva applicazione allorche' lo stato detentivo - e la conseguente sospensione del provvedimento restrittivo della liberta' personale e di movimento - si siano protratte per almeno due anni, diversamente da quanto disposto per le misure di sicurezza dall'art. 679, comma 1 del codice di procedura penale, ai sensi del quale «quando una misura di sicurezza diversa dalla confisca e' stata, fuori dei casi previsti dall'art. 312, ordinata con sentenza, o deve essere ordinata successivamente, il magistrato di sorveglianza, su richiesta del pubblico ministero o di ufficio, accerta se l'interessato e' persona socialmente pericolosa e adotta i provvedimenti conseguenti, premessa, ove occorra, la dichiarazione di abitualita' o professionalita' nel reato [...]»; che un secondo profilo di illegittimita' costituzionale della disposizione in esame si delineerebbe rispetto all'art. 13, comma 1 della Costituzione poiche', secondo quanto rilevato dal difensore di S. la censurata previsione normativa pretende di dare applicazione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (misura fortemente restrittiva della liberta' personale) - la cui esecuzione sia rimasta sospesa in ragione dello status detentivo del destinatario - senza verificare se, all'esito di un periodo di detenzione per espiazione pena di durata inferiore ai due anni, siano rimasti inalterati i presupposti di pericolosita' sociale necessari per addivenire alla sua esecuzione; che, da ultimo, secondo quanto emerge dall'argomentazione difensiva, un terzo profilo di illegittimita' costituzionale della disposizione indicata si debba ravvisare rispetto all'art. 27, comma 3 della Costituzione, atteso che il citato art. 14, comma 2-ter del decreto legislativo n. 159/2011, nel prevedere che la rivalutazione della pericolosita' sociale al momento dell'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza - rimasta sospesa durante la detenzione per espiazione pena del prevenuto - debba avvenire solo quando lo stato detentivo si sia protratto oltre il biennio, implica - nelle diverse ipotesi di detenzione infra-biennale - un'indebita presunzione di persistenza della pericolosita' sociale del destinatario della sorveglianza speciale di P.S. e, conseguentemente, di inidoneita' della pena detentiva di durata inferiore ai due anni a perseguire la funzione rieducati va prevista dalla disposizione costituzionale richiamata; Osserva I. Sullo svolgimento del processo. Con decreto del ..., nel procedimento n. ..., il Tribunale di Oristano ha applicato a P.L.S. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di un anno. Tale provvedimento e' stato notificato all'odierno imputato il successivo ..., quando egli si trovava ristretto presso l'istituto penitenziario di ... in esecuzione dell'ordine di carcerazione disposto dal procuratore della Repubblica presso il presente tribunale con provvedimento di cumulo pene del ... (seguito da successivo provvedimento del ... di determinazione dell'ulteriore pena da scontare in regime di restrizione carceraria). Secondo quanto disposto dall'art. 14, comma 2-ter del codice penale, l'esecuzione della sorveglianza speciale disposta con il provvedimento menzionato e' rimasta sospesa fino alla scarcerazione di S. avvenuta il ... giorno in cui e' stato convocato presso la Questura di ... per la sottoscrizione del verbale di sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di un anno che, a partire da tale data, diveniva efficace ed esecutiva fino al ... (come si evince dal verbale di sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. redatto dall'Ufficio misure di prevenzione e sicurezza della Questura di ... in atti). Con decreto di citazione a giudizio, emesso il 25 marzo 2021 e regolarmente notificato, P.L.S. e' stato chiamato davanti a questo tribunale per rispondere del reato di cui all'art. 75, comma 1 del decreto legislativo n. 159/2011 per aver violato - sottoposto alla misura di prevenzione della Sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per anni uno, con il citato decreto n. ... del Tribunale di Oristano datato ... - la prescrizione di non allontanarsi dalla propria abitazione nell'orario compreso fra le ore 20,00 e le 6,00, commessa il giorno ... (procedimento penale n. 342/21 R.G.). Con successivi decreti di citazione del 31 marzo 2021 (procedimento penale n. 374/21 R.G.), ... (procedimento penale n. 226/22 R.G.), ... (procedimento penale n. 238/22) e ... (procedimento penale n. 259/22 R.G.) sono state contestate al medesimo imputato analoghe violazioni dell'art. 75, comma 1 del decreto legislativo n. 159/2011 commesse rispettivamente il ..., ..., ... e ..., sopra meglio precisate e tutte commesse mentre egli si trovava sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di P.S. per la durata di un anno, disposta con il decreto del ..., divenuto esecutivo il successivo ... In ragione dell'istanza di riunione presentata dal difensore e ritenuti sussistenti i presupposti di cui all'art. 17 del codice di procedura penale, i procedimenti n. 374/21, n. 226/22, n. 259/22, n. 238/22 venivano riuniti al procedimento piu' risalente n. 342/21 R.G., pendente dinanzi a questo giudice. L'imputato, tramite il suo difensore munito di procura speciale, ha chiesto di essere giudicato nelle forme dell'abbreviato condizionato a produzioni documentali e, ai sensi dell'art. 441, comma 5 del codice di procedura penale, e' stata disposta una perizia psichiatrica (1) . Nella successiva udienza, fissata per l'esame del perito e la discussione, il difensore ha chiesto un rinvio di cortesia perche' intenzionato a sollevare la presente questione di legittimita' costituzionale mediante deposito di memoria scritta. II. Sulla rilevanza della questione di illegittimita' costituzionale nel caso sottoposto all'attenzione del giudice a quo. Le richiamate circostanze, verificatesi nel caso di specie, consentono di apprezzare la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa per la definizione del procedimento penale pendente, dovendo il presente giudice necessariamente fare applicazione della disposizione della quale viene contestata la legittimita' costituzionale per pervenire alla decisione in ordine alla responsabilita' penale di P.L.S. per i reati di cui all'art. 75, comma 1 del decreto legislativo n. 159/2011 a lui ascritti. E, invero, sebbene il decreto applicativo della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di un anno sia stato emesso il ..., in quel momento S. si trovava ristretto (per effetto di un provvedimento di carcerazione del procuratore della Repubblica presso questo tribunale del precedente ...) ed e' stato scarcerato solo il successivo ... (avendo peraltro egli beneficiato della liberazione anticipata concessagli con le ordinanze del ... e ... del magistrato di sorveglianza di Cagliari), quando era stato convocato presso gli uffici della Questura di Oristano per la notifica del verbale di sottoposizione alla misura di prevenzione precedentemente disposta per la durata di un anno; misura che da tale momento diveniva esecutiva. Dunque, a distanza di oltre un anno dall'emanazione del provvedimento applicati v o della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (che peraltro era stata disposta per la durata di un solo anno), senza alcuna rivalutazione della pericolosita' sociale - alla stregua della disposizione in contestazione - la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ha acquisito efficacia esecutiva mediante la sola sottoscrizione - contestualmente alla scarcerazione dell'odierno imputato - di un verbale di effettiva sottoposizione alla misura originariamente disposta, meramente riepilogativo delle prescrizioni previste dal provvedimento genetico. E' del tutto evidente che se la presente questione di legittimita' costituzionale venisse accolta, con conseguente pronuncia di illegittimita' dell'art. 14, comma 2-ter del decreto legislativo n. 159/2011 nella parte in cui limita la rivalutazione d'ufficio della pericolosita' sociale ai soli casi - diversi da quello in esame - in cui la detenzione per espiazione pena si sia protratta per almeno due anni, dovrebbe trovare retroattivamente applicazione la disciplina che attualmente impone (analogamente a quanto previsto per le misure di sicurezza) la rivalutazione ex officio da parte del tribunale - con assunzione di informazioni presso l'amministrazione penitenziaria e l'autorita' di pubblica sicurezza, nonche' presso gli organi di polizia giudiziaria - della pericolosita' sociale del destinatario della sorveglianza speciale di P.S. preliminarmente all'esecuzione della misura disposta, quando la sospensione dell'esecuzione per espiazione pena si sia protratta per almeno due anni, secondo quanto disposto dall'art. 14, comma 2-ter, penultimo inciso (2) . In altri termini, l'accoglimento della questione priverebbe la decisione adottata in sede applicativa di efficacia esecutiva perche' inidonea, da se' sola, a giustificare la permanenza della pericolosita' sociale, rendendo necessario un ulteriore accertamento da compiere indefettibilmente e d'ufficio perche' la misura possa essere concretamente posta in esecuzione. Cio' non potrebbe che spiegare i propri effetti, dunque, in ordine alla sussistenza delle fattispecie incriminatrici contestate a S., rappresentate da plurimi episodi di violazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza commessi in seguito alla notifica del verbale di sottoposizione alle prescrizioni imposte dal provvedimento originario (la cui esecuzione e' rimasta sospesa per un tempo inferiore ai due anni) senza che si sia proceduto alla verifica in concreto della persistenza della pericolosita' sociale del medesimo. Persistenza della quale, a ben guardare, si sarebbe potuto dubitare nel caso di specie ove, non solo la misura di prevenzione era stata disposta per la durata di un solo anno (gia' interamente decorso nel momento in cui la misura ha trovato differita esecuzione), ma S. aveva altresi' beneficiato - nel corso della carcerazione medio tempore subita - della liberazione anticipata e di permessi premio con provvedimenti attestanti la partecipazione all'opera rieducativa e la correttezza della condotta intramuraria (3) . Ma, anche a voler prescindere dall'ipotetico esito di una tale verifica, e' la radicale omissione della rivalutazione della pericolosita' sociale secondo il procedimento invece previsto per le ipotesi di detenzione protrattasi per un periodo di almeno due anni a condurre ad escludere - nell'ipotesi di declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma citata nella parte censurata - l'efficacia della misura di prevenzione disposta nei confronti di S. ed a far venir meno il presupposto della fattispecie incriminatrice contestata nel presente procedimento. Se la questione di legittimita' costituzionale venisse accolta, infatti, in assenza di una rivalutazione della pericolosita' in origine stabilita, la sospensione dell'esecuzione della misura di prevenzione non potrebbe dirsi cessata in maniera automatica per il solo cessare dell'esecuzione della pena detentiva - mediante mera notifica del provvedimento applicativo originario -, ma si dovrebbe ritenere persistente fino a quando il giudice competente non proceda a verificare nuovamente la pericolosita' sociale della persona sottoposta alla misura e ad emettere, se del caso, il relativo provvedimento debitamente notificato all'interessato: solo il rispetto di tale iter costituirebbe condizione di efficacia della misura di prevenzione. Del resto, con riferimento alle conseguenze della mancata verifica dell'attualita' della pericolosita' sociale della misura di prevenzione all'esito di una detenzione di lunga durata - nel diverso caso concernente la rivalutazione della pericolosita' dei soggetti indiziati di appartenere ad associazioni mafiose, contemplati dall'art. 4 del decreto legislativo n. 159/2011 - ha avuto modo di pronunciarsi anche la Corte di cassazione, sezioni unite 13 novembre 2018, n. 51407, affermando che «Nei confronti di un soggetto destinatario di una misura di sorveglianza speciale, la cui esecuzione sia stata sospesa per effetto di una detenzione di lunga durata, in assenza di una rivalutazione dell'attualita' e persistenza della sua pericolosita' sociale ad opera del giudice della prevenzione, al momento della nuova sottoposizione alla misura, non e' configurabile il reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, previsto dall'art. 75 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (4) ». Con tale pronuncia, infatti, la Suprema Corte ha sanato il contrasto giurisprudenziale venutosi a delineare in ordine alla permanenza o meno della sospensione dell'esecuzione della misura di prevenzione in caso di cessazione di uno stato detentivo per espiazione pena o sottoposizione alla misura cautelare della custodia in carcere, quando non vi sia ancora stata la rivalutazione della pericolosita' sociale d'ufficio. Secondo l'orientamento interpretativo (Cassazione, sezione 1, n. 6878 del 5 dicembre 2014, dep. 2015, ...) avallato dalle sezioni unite citate, «nell'ipotesi di sottoposto a misura di prevenzione ai sensi della legge n. 1423 del 1956 ovvero del decreto legislativo n. 159 del 2011, il quale, successivamente all'adozione della misura, sia assoggettato a misura cautelare personale ovvero alla espiazione di pena detentiva per un apprezzabile periodo temporale potenzialmente idoneo ad incidere sullo stato di pericolosita' in precedenza delibato, la misura stessa deve considerarsi sospesa nella sua efficacia fino a quando il giudice della prevenzione non ne valuti nuovamente l'attualita' alla luce di quanto desumibile in favore del sottoposto dalla esperienza di carcerazione patita: con la conseguenza che, fino a quando tale nuova valutazione non venga effettuata dal giudice della prevenzione, anche alla luce del comportamento tenuto nel corso dell'esecuzione della pena, non puo' considerarsi sussistente il reato di cui all'art. 75, comma 2 del decreto legislativo n. 159/2011 (ovvero quello di cui all'art. 9, comma 2 della legge n. 1423 del 1956), dal momento che tale illecito consiste nell'inadempimento ad obblighi e prescrizioni la cui esecuzione e' sospesa». In sintesi, la valutazione di attualita' della pericolosita' sociale del destinatario della misura in questione, compiuta dal giudice della prevenzione al termine del periodo di differimento dell'esecuzione della misura stessa determinato da detenzione per espiazione pena costituisce presupposto di sussistenza per l'integrazione dei reati previsti dall'art. 75 del decreto legislativo n. 159 del 2011 (5) . III. Sulla non manifesta infondatezza. 1. L'art. 4 della legge 17 ottobre 2017, n. 161, ha inserito, nel testo dell'art. 14 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, rubricato «decorrenza e cessazione della sorveglianza speciale», il comma 2-ter, secondo il quale «l'esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa durante il tempo in cui l'interessato e' sottoposto a detenzione per espiazione pena. Dopo la cessazione dello stato di detenzione, se esso si e' protratto per almeno due anni, il tribunale verifica, anche d'ufficio, sentito il pubblico ministero che ha esercitato le relative funzioni, nel corso della trattazione camerale, la persistenza della pericolosita' sociale dell'interessato, assumendo le necessarie informazioni presso l'amministrazione penitenziario e l'autorita' di pubblica sicurezza, nonche' presso gli organi di polizia giudiziaria. Al relativo procedimento si applica, in quanto compatibile, il disposto dell'art. 7. Se persiste la pericolosita' sociale il tribunale emette decreto con cui ordina l'esecuzione della misura di prevenzione, il cui termine di durata continua a decorrere dal giorno in cui il decreto stesso e' comunicato all'interessato, salvo quanto stabilito dal comma 2 del presente articolo. Se invece la pericolosita' sociale e' cessata, il tribunale emette decreto con cui revoca il provvedimento di applicazione della misura di prevenzione». Tale previsione e' stata introdotta dal legislatore in seguito alla pronuncia della Corte costituzionale n. 291 del 2 dicembre 2013 con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, laddove non prevede che, nel caso in cui l'esecuzione di una misura di prevenzione personale resti sospesa a causa dello stato di detenzione per espiazione pena della persona ad essa sottoposta, l'organo che ha adottato il provvedimento di applicazione debba valutare, anche d'ufficio, la persistenza della pericolosita' sociale dell'interessato nel momento dell'esecuzione della misura; nonche', in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 15 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonche' nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136) - disposizione nella quale e' stato trasfuso quanto disposto dall'art. 12 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 -, nella parte in cui non prevede che, nel caso in cui l'esecuzione di una misura di prevenzione personale resti sospesa a causa dello stato di detenzione per espiazione di pena della persona ad essa sottoposta, l'organo che ha adottato il provvedimento di applicazione debba valutare, an??? d'ufficio, la persistenza della pericolosita' sociale dell'interessato nel momento dell'esecuzione della misura (6) . Partendo dalla questione del rapporto di compatibilita' fra sottoposizione alla misura di prevenzione e detenzione per espiazione pena e dall'orientamento allora maggioritario, avallato dalla Cassazione, sezioni unite, del 25 marzo 1993, n. 2491, ... (che riteneva passibile, in caso di destinatario di misura di prevenzione detenuto in espiazione pena, la sua applicazione sulla base della valutazione di pericolosita' sociale (7) espressa al momento deliberativo della stessa, nonostante la sospensione dell'applicazione e il conseguente decorso del tempo rispetto al successivo momento esecutivo, posto che la disciplina in materia faceva salva l'iniziativa del prevenuto volta alla rivalutazione di una pericolosita' altrimenti presunta), il giudice delle leggi ha ritenuto sussistente la violazione del principio di uguaglianza con riferimento alla diversa disciplina delle misure di sicurezza, per le quali l'art. 679, comma 1 del codice di procedura penale - secondo cui «quando una misura di sicurezza diversa dalla confisca e' stata, fuori dai casi di cui previsti dall'art. 312, ordinata con sentenza, o deve essere ordinata successivamente, il magistrato di sorveglianza, su richiesta del pubblico ministero o di ufficio, accerta se l'interessato e' persona socialmente pericolosa e adotta i provvedimenti conseguenti [...]» - prevede un diverso meccanismo di necessaria doppia valutazione anche di ufficio, e non solo su iniziativa del destinatario, della pericolosita' sociale. In altri termini, la richiamata disciplina delle misure di sicurezza prevede - e prevedeva gia' al tempo di tale arresto della Consulta - che la pericolosita' debba essere valutata due volte: dal giudice della cognizione al momento della pronuncia della sentenza e, successivamente, dal magistrato di sorveglianza per verificare l'attualita' della pericolosita' sociale al momento dell'effettiva applicazione della misura. Ebbene, secondo quanto ulteriormente chiarito dalla pronuncia citata, solo tale ultimo modello risulta conforme ai principi costituzionali e, atteso che misure di sicurezza e misure di prevenzione hanno identita' di ratio e costituiscono species di un medesimo genus (8) , deve intendersi irragionevole tale disparita' di trattamento fra i destinatari delle une e delle altre. Con tale pronuncia la Corte costituzionale ha quindi censurato la disciplina dettata in materia di misure di prevenzione personali laddove - contrariamente a quanto previsto per le misure di sicurezza - limitava la rivalutazione della pericolosita' sociale del prevenuto al momento dell'esecuzione della misura della sorveglianza speciale di P.S. alle sole ipotesi in cui ci fosse stata un'iniziativa del prevenuto a tal fine diretta. In altri termini, e' stata ritenuta intollerabile dalla Consulta una presunzione, sia pure solo iuris tantum - perche' superabile con l'attivazione da parte del prevenuto di un procedimento teso a verificare, in negativo, l'inesistenza della pericolosita' - di persistenza della pericolosita' sociale del destinatario della misura di prevenzione, malgrado fra il momento di deliberazione della stessa e la sua esecuzione egli sia stato sottoposto ad un trattamento costituzionalmente teso alla sua risocializzazione. In maniera particolarmente incisiva il giudice delle leggi ha precisato che «gia' in linea generale, il decorso di un lungo lasso di tempo incrementa la possibilita' che intervengano modifiche nell'atteggiamento del soggetto nei confronti dei valori della convivenza civile: ma a maggior ragione civile quando si discuta di persona che, durante tale lasso temporale, e' sottoposta ad un trattamento specificamente volto alla sua risocializzazione. Se e' vero, in effetti, che non puo' darsi per scontato a priori l'esito positivo di detto trattamento, per quanto lungo esso sia, meno ancora puo' giustificarsi, sul fronte opposto, una presunzione - sia pure solo iuris tantum - di persistenza della pericolosita' sociale malgrado il trattamento, che equivale alla negazione della sua stessa funzione: presunzione che risulta, per converso, sostanzialmente insita in un assetto che attribuisca alla verifica della pericolosita' operata in fase applicativa un'efficacia sine die, salvo che non intervenga una sua vittoriosa contestazione da parte dell'interessato». Ebbene, l'art. 14, comma 2-ter del decreto legislativo n. 159/2011 interviene in seguito a tale pronuncia di illegittimita' costituzionale degli articoli 12, legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e 15 del decreto legislativo n. 159/2011, prevedendo - nel tentativo di adeguarsi al principio ivi espresso (9) - che, nell'ipotesi di sospensione dell'esecuzione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. per lo stato di detenzione del prevenuto dovuto ad espiazione pena, la verifica d'ufficio dell'attualita' della pericolosita' sociale al momento della concreta esecuzione della misura debba avvenire solo quando tale descrizione si sia protratta per almeno due anni. 2. Nel diritto vivente, peraltro, si e' affermata una sempre piu' evidente valorizzazione del requisito dell'attualita' della pericolosita' sociale al momento dell'applicazione di misure di prevenzione restrittive della liberta' personale, giungendosi per tale via al progressivo superamento di presunzioni - sia pure relative - di pericolosita' sociale dei soggetti che ne risultino destinatari. Si pensi, a titolo meramente esemplificativo, alla recente sentenza della Corte di cassazione, sezione VI, 9 luglio 2020, n. 20577, secondo la quale «Ai fini dell'applicazione di misure di prevenzione nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso e' necessario accertare il requisito della "attualita'" della pericolosita' e, laddove sussistano elementi sintomatici di una "partecipazione" del proposto al sodalizio mafioso, e' possibile applicare la presunzione semplice relativa alla stabilita' del vincolo associativo purche' la sua validita' sia verificata alla luce degli specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto e la stessa non sia posta quale unico fondamento dell'accertamento di attualita' della pericolosita'. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento impugnato, sul rilievo della omessa valutazione, da parte della corte di appello, del lungo periodo di permanenza del ricorrente in stato detentivo, della confessione resa e della simulazione da parte sua di un'offerta reale alle persone offese dei reati, a fini risarcitori, elementi di cui era necessario accertare se denotassero l'abbandono delle logiche criminali in precedenza condivise all'interno del sodalizio camorristico)», nonche' all'ulteriore recente pronuncia di analogo tenore in forza della quale «Ai fini dell'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso e' necessario accertare il requisito della "attualita'" della pericolosita' del proposto, sicche', a fronte di elementi positivi denotanti l'abbandono di logiche criminali di appartenenza all'associazione, l'applicazione della misura nei confronti di soggetti gia' detenuti per lunghi periodi temporali non puo' essere fondata sulla presunzione di permanenza desunta dalla condotta precedente alla pronuncia di condanna emessa nel separato giudizio penale. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio il decreto impugnato, rilevando l'omessa valutazione da parte della corte di appello di una nota della D.I.A. attestante che il ricorrente svolgeva regolare attivita' lavorativa e che non risultavano circostanze successive alla sua scarcerazione idonee ad evidenziarne la pericolosita' sociale) (cfr. Cass. Pen., sezione II, 3 marzo 2020, n. 8541). L'affermazione di tale orientamento della giurisprudenza di legittimita' - incentrato sul superamento della presunzione «semel mafioso, semper mafioso» trae fondamento della nota pronuncia della Suprema corte a Sezioni unite, 30 novembre 2017, n. 111, ..., la quale perviene al superamento della presunzione di pericolosita' anche nei confronti di soggetti portatori di pericolosita' qualificata ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 159/2011, affermando che «non puo' dimenticarsi la considerazione della progressiva erosione dell'attendibilita' della richiamata valutazione presuntiva, ed il connesso costante monito sull'importanza della valutazione del singolo caso, desumibile in particolare dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 291 del 2013 che ha posto in discussione la natura insuperabile di tale presunzione dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 1 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nella parte in cui non prevede che, nel caso in cui l'esecuzione di una misura di prevenzione personale resti sospesa a causa dello stato di detenzione per espiazione di pena della persona ad essa sottoposta, l'organo che ha adottato il provvedimento di applicazione debba valutare, anche d'ufficio, la persistenza della pericolosita' sociale dell'interessato nel momento dell'esecuzione della misura. Con tale pronuncia si e' imposta la considerazione della detenzione intercorsa medio tempore, come elemento di fatto di possibile modifica dello status qua ante, precisandosi che tale accadimento non puo' essere considerato indifferente rispetto alle possibili modifiche delle scelte di fondo dell'interessato, proprio in ragione del principio rieducativo sotteso alla potesta' statuale di applicazione ed esecuzione della pena, la cui esclusione minerebbe i connotati essenziali del patto sociale in argomento e la cui portata generale impone la considerazione di tale elemento di fatto anche nell'ipotesi di pericolosita' derivante da elementi di appartenenza a strutture associative. La connessione con tale accadimento intermedio, nel corso dell'esecuzione della misura, ha quindi imposto una valutazione in concreto della persistenza della pericolosita', anche nell'ipotesi di vincolo associativo accertato in precedenza». E' ben evidente che tali ultime pronunce si collocano sul diverso piano dell'attualita' della pericolosita' sociale del destinatario della misura di prevenzione al momento deliberativo, applicativo della stessa, (non potendo quindi la misura trovare fondamento in elementi sintomatici di una pericolosita' certamente pregressa, ma non necessariamente persistente), ma risultano fondamentali per comprendere come l'attualita' della pericolosita' sociale rappresenti, e debba necessariamente rappresentare, il fulcro della prevenzione personale: le misure di prevenzione - limitative della liberta' personale, di circolazione e di movimento - si inseriscono nel sistema costituzionale solo se finalisticamente orientate a contrastare una condizione di pericolosita' attualmente esistente. In altri termini, la pericolosita' - nel sistema della prevenzione personale - non e' solo presupposto applicativo delle misure, ma anche fondamento della loro perduranza, specie nelle ipotesi di sospensione o differimento dell'esecuzione delle medesime. Tale indirizzo trova peraltro conforto in un'interpretazione conforme alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, poiche' la Corte EDU - con la nota pronuncia della Grande camera del 6 aprile 2000, ... c. Italia - ha espresso il principio della necessaria verifica della permanenza della pericolosita' del destinatario di un misura di prevenzione affinche' possano dirsi garantite le condizioni di compatibilita' della disciplina per le stesse dettata dal diritto interno con la liberta' di movimento sancita dall'art. 2, prot. 4 CEDU (10) . 3. Alla luce delle considerazioni finora svolte, si ritiene che debba essere condivisa la prospettazione difensiva secondo la quale l'art. 14, comma 2-ter del decreto legislativo n. 159/2011 - nella parte in cui limita la valutazione d'ufficio della permanenza della pericolosita' sociale del prevenuto nei casi di sospensione dell'esecuzione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. dovuta a detenzione per espiazione pena che si sia protratta per almeno due anni - si pone in contrasto con l'art. 3, comma 1 della Costituzione, che prescrive di trattare in modo eguale situazioni eguali e in modo diverso situazioni diverse, cosi' introducendo nel nostro ordinamento un canone di coerenza e ragionevolezza alla stregua del quale riguardare le scelte legislative individuandone la ratio sottesa per comprendere se una determinata disparita' di trattamento possa dirsi ragionevole alla stregua della disposizione costituzionale citata. Assumendo quale tertium comparationis rispetto alla norma censurata il gia' citato art. 679 del codice di procedura penale, che regola il differimento dell'esecuzione delle misure di sicurezza introducendo un meccanismo di doppia valutazione della pericolosita' (al momento della deliberazione con la sentenza emessa all'esito del giudizio di cognizione e, successivamente, al momento dell'esecuzione in concreto della misura), a parere della scrivente, la censurata previsione legislativa - introdotta per dare esecuzione alla precedente pronuncia della Consulta n. 291/2013 - non supera il vaglio di ragionevolezza, perche' mantiene un ingiustificato trattamento differenziato fra soggetti che si trovano in posizioni analoghe. Difatti, misure di sicurezza e misure di prevenzione hanno analoga ratio e sono parimenti orientate a prevenire la commissione di reati da parte di soggetti valutati come pericolosi e a favorirne il loro recupero verso l'ordinato vivere sociale e, sotto tale profilo, gia' la Consulta si era pronunciata in ordine all'illegittimita' di una disparita' di trattamento, ritenendo conforme ai principi costituzionali la sola disciplina delle misure di sicurezza che prevede la necessaria attualita' della valutazione di pericolosita' dell'imputato al momento della sua esecuzione. E' l'introduzione di un lasso temporale rigido (2 anni di sospensione dell'esecuzione della misura di prevenzione determinata da detenzione per espiazione pena), al di sotto del quale non e' possibile verificare se la pericolosita' sociale del prevenuto sia o meno in concreto rimasta inalterata (con conseguente mantenimento di una presunzione iuris tantum di permanenza della pericolosita' sociale) a porsi in contrasto con la previsione costituzionale citata, perche' non e' dato ravvisare ragioni per introdurre un simile trattamento differenziato per le sole misure di prevenzione. Difatti, il soggetto a cui sia stata applicata una misura di sicurezza con sentenza verra' sempre sottoposto ad una rivalutazione della sua pericolosita' al momento della concreta e successiva esecuzione della misura (anche quando tale momento sia differito rispetto a quello deliberativo per un periodo inferiore ai due anni e pur non ravvisandosi in concreto ragioni per dubitare dell'inalterata permanenza), mentre in quelle stesse ipotesi e in maniera del tutto irragionevole - analogamente a quanto accadeva prima della pronuncia della Consulta che ha inteso parificare i regimi delle due tipologie di misure sotto tale profilo - restera' rimessa all'iniziativa del destinatario della misura di prevenzione personale l'attivazione della procedura di valutazione dell'attualita' della sua pericolosita' sociale; e cio' anche in ipotesi come quella venuta in rilievo nel caso di specie in cui risulta evidente l'irragionevolezza della scelta legislativa, giacche' la misura di prevenzione e' stata disposta ab origine per la durata di un solo anno e, ciononostante, e' divenuta automaticamente esecutiva oltre tale previsione temporale originaria e sebbene all'odierno imputato sia stato riconosciuto dal magistrato di sorveglianza - in ragione della sua adesione al percorso rieducativo per lui predisposto - il beneficio della liberazione anticipata. E, del resto, la stessa pronuncia della Consulta aveva chiarito la necessita' di una parificazione piena fra le due discipline, prevedendo che fosse rimesso «all'applicazione giudiziale l'individuazione delle ipotesi nelle quali la reiterazione della verifica della pericolosita' sociale potra' essere ragionevolmente omessa, a fronte della brevita' del periodo di differimento dell'esecuzione della misura di prevenzione (si pensi al caso limite in cui la persona alla quale la misura e' stata applicata si trovi a dover scontare solo pochi giorni di pena detentiva)». Proprio in ragione di tale monito finale della pronuncia della Consulta deve pervenirsi alla conclusione che la previsione di una soglia temporale ex lege - due anni - al di sotto della quale la rivalutazione della pericolosita' sociale continua ad essere rimessa all'iniziativa del prevenuto, tesa ad introdurre un procedimento di verifica in negativo dell'attuale inesistenza della pericolosita' (presupposta dal provvedimento applicativo rimasto sospeso), determini un ulteriore profilo di irragionevolezza dell'art. 14, comma 2-ter del decreto legislativo n. 159/2011 rispetto alla disciplina dalla medesima previsione dettata per le ipotesi di detenzione per espiazione pena protrattesi per almeno due anni (conforme a quella prevista per le misure di sicurezza e improntata alla necessaria doppia valutazione d'ufficio). Non si comprende la ragione di un simile differente trattamento di situazioni evidentemente analoghe, che non puo' essere ravvisata nella sola circostanza che la detenzione e conseguente sospensione della misura di prevenzione si sia o meno protratta per un periodo - comunque non breve - rigidamente fissato. L'irragionevolezza si desume dal fatto che tale meccanica esclusione dalla rivalutazione ex officio non consente di tener conto di quelle ipotesi in cui la detenzione, pur breve, abbia attenuato o addirittura escluso la concreta pericolosita' del soggetto destinatario della misura di prevenzione diversamente da talune ipotesi di detenzione prolungata, ove il percorso rieducativo e di recupero al corretto vivere sociale puo' risultare ben piu' ostico. Peraltro, tale rigida soglia risulta iniqua anche sotto il profilo della mancata considerazione della durata della misura di prevenzione originariamente disposta cosi' precludendo in radice la rivalutazione anche nelle ipotesi in cui - come quella in esame - il differimento dell'esecuzione della misura della sorveglianza speciale di P.S. si sia protratto oltre la complessiva durata della misura disposta con il provvedimento genetico. 1.2. Deve ritenersi condivisibile anche la lamentata violazione dell'art. 13, comma 1 della Costituzione, derivante dalla scelta legislativa di cui all'art. 14, comma 2-ter del decreto legislativo n. 159/2011 di sottrarre alla rivalutazione d'ufficio della pericolosita' sociale le ipotesi in cui l'esecuzione della misura della sorveglianza speciale di P.S. sia rimasta sospesa in ragione di una detenzione per espiazione pena protrattasi per un periodo di tempo inferiore ai due anni. Difatti, ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo n. 159/2011, la possibilita' di ricondurre il proposto in una delle categorie tipizzate di pericolosita' sociale (generica o qualificata) previste dall'art. 4 e' condizione necessaria ma non sufficiente per l'applicazione di una misura di prevenzione personale, dovendosi riscontrare in concreto la sussistenza di tale condizione. La norma richiamata prevede, infatti, al comma 1, che «alle persone indicate nell'art. 4, quando siano pericolose per la sicurezza pubblica, puo' essere applicata, nei modi stabiliti negli articoli seguenti, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.». In altri termini, il codice antimafia postula una doppia operazione valutativa: da un lato va realizzato l'inquadramento del soggetto in una delle categorie tipiche di cui all'art. 4, dall'altro occorre apprezzare in concreto la condizione di pericolosita' attuale del destinatario della misura di prevenzione personale. E' quindi la necessita' di contenere la concreta e attuale pericolosita' sociale a rappresentare il fulcro del sistema delle misure di prevenzione personale e a costituire la ragione delle limitazioni alla liberta' personale che con esse vengono imposte, nonche' calibrate in ragione del fine di tutelare beni giuridici primari minacciati dalle condotte che - alla stregua della valutata e concreta pericolosita' - il soggetto destinatario della misura di prevenzione potrebbe con tutta probabilita' porre in essere. La Corte costituzionale, fin dalle sue prime sentenze in materia, ha sempre ritenuto che le misure di prevenzione personali comportassero una restrizione della liberta' tutelata dall'art. 13 della Costituzione in ragione della tipologia di prescrizioni che ineriscono alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e che comportano, ad esempio, - anche laddove non sia disposto l'obbligo o il divieto di soggiorno - l'obbligo di fissare la propria dimora e di non allontanarsene senza preventivo avviso all'autorita', nonche' il divieto di uscire o rincasare al di fuori di certi orari. Conseguentemente, le misure in questione in tanto possono considerarsi legittime, in quanto rispettino i requisiti cui l'art. 13 della Costituzione subordina la liceita' di ogni restrizione alla liberta' personale, tra i quali rientra la necessaria proporzionalita' della misura rispetto ai legittimi obiettivi di prevenzione dei reati (proporzionalita' che e' requisito di sistema nell'ordinamento costituzionale italiano, in relazione a ogni atto dell'autorita' suscettibile di incidere sui diritti fondamentali dell'individuo) (11) . Ebbene, l'art. 14, comma 2-ter del decreto legislativo n. 159/2011 comporta una violazione del requisito della proporzionalita' del provvedimento limitativo rispetto alla finalita' special-preventiva presidiata (sulla base delle esigenze di tutela della liberta' personale di cui all'art. 13 della Costituzione), nella parte in cui pretende di far discendere l'esecuzione di misure di prevenzione personali e delle prescrizioni fortemente limitative ad esse correlate dal solo provvedimento deliberativo della misura e in assenza di una rivalutazione d'ufficio della pericolosita' sociale che ne deve costituire il fondamento, non solo applicativo, ma esecutivo e legittimarne la perduranza in ipotesi di sospensione o differimento della sua esecuzione. Tale violazione parrebbe ancor pio' ravvisarsi in ipotesi - quale quella in esame - in cui la misura di prevenzione era stata in origine disposta per la durata di un solo anno e che, per effetto della sospensione determinata dallo stato detentivo del destinatario, abbia visto differita la sua esecuzione oltre un anno dopo la sua deliberazione; circostanza in cui, in maniera ancora piu' evidente, emerge la sproporzione della misura limitativa imposta in assenza di una rivalutazione dell'attualita' della pericolosita' sociale del proposto. La possibilita' attualmente prevista dalla norma censurata - per le ipotesi di sospensione o differimento dell'esecuzione della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza determinata da detenzione per espiazione pena di durata inferiore ai due anni - che sia l'iniziativa del prevenuto a sollecitare l'attivazione di un procedimento teso alla rivalutazione dell'attualita' del presupposto non vale a sanare tale contrasto perche' alta base di ogni provvedimento limitativo della liberta' personale - che deve sempre costituire extrema ratio - deve essere prevista in automatico la rivalutazione dell'attualita' dei presupposti legittimanti l'applicazione della misura. Deve ritenersi quindi non manifestamente infondata anche la questione relativa al contrasto dell'art. 14, comma 2-ter, con l'art. 13, comma 1 della Costituzione, perche' l'introduzione di una presunzione di permanenza della pericolosita' sociale, nonche' di perdurante e presunta sussistenza del presupposto legittimante l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza - in assenza di una sua concreta ed attuale valutazione - si pone in contrasto con la citata previsione costituzionale laddove sancisce l'inviolabilita' della liberta' personale. 1.3. Questo giudice, traendo spunto dal principio enunciato dalla Consulta nella richiamata pronuncia n. 291/2013, ritiene che la disposizione in commento si ponga altresi' in contrasto con la previsione di cui all'art. 27, comma 3 della Costituzione che sancisce che «le pene devono tendere alla rieducazione del condannato». Ebbene l'introduzione di una soglia temporale rigida - coincidente con una detenzione protrattasi per un periodo di almeno due anni - al di sotto della quale non e' mai necessario procedere alla rivalutazione della pericolosita' sociale per applicare la misura di prevenzione personale equivale necessariamente a sostenere che in tale arco temporale l'espiazione della pena non possa aver sortito alcun effetto in termini di risocializzazione del condannato. E' vero che la pena deve tendere alla rieducazione e che il mero fatto della detenzione carceraria non puo' in se' rappresentare sicuro indice dell'avvenuta risocializzazione, ma nemmeno puo' affermarsi il contrario e cioe' - come accade nel caso di specie - che una detenzione protrattasi per un periodo inferiore ai due anni non possa aver sortito alcun effetto in termini di risocializzazione. Cio', infatti, equivarrebbe ad introdurre una presunzione di inidoneita' delle pene detentive che abbiano una durata inferiore ai due anni a tendere alla funzione rieducativa, aprioristicamente esclusa dalla norma contestata. Come incisamente affermato dalla pronuncia della Corte costituzionale, infatti, «Gia' in linea generale il decorso di un lungo lasso di tempo incrementa la possibilita' che intervengano modifiche nell'atteggiamento del soggetto nei confronti dei valori della convivenza civile: ma a maggior ragione cio' vale quando si discuta di persona che, durante tale lasso temporale, sia sottoposta ad un trattamento specificamente volto alla sua risocializzazione. Se e' vero, in effetti, che non puo' darsi per scontato a priori l'esito positivo di detto trattamento, per quanto lungo esso sia, meno ancora puo' giustificarsi, sul fronte opposto, una presunzione - sia pure solo iuris tantum - di persistenza della pericolosita' malgrado il trattamento, che equivale alla negazione della sua stessa funzione: presunzione che risulta, per converso, sostanzialmente insita in un assetto che attribuisca alla verifica della pericolosita' operata in fase applicativa una efficacia sine die, salvo che non intervenga una sua vittoriosa contestazione da parte dell'interessato». Ne consegue che il mantenimento di uno spazio di permanenza dell'immediata eseguibilita' della misura di prevenzione in ragione di una presunzione iuris tantum di perdurante pericolosita' del proposto, che pure abbia espiato una pena di durata inferiore ai due anni, si pone altresi' in contrasto con l'art. 27, comma 3 della Costituzione che riconosce a qualsiasi pena detentiva -anche di durata inferiore ai due anni - preminentemente funzione rieducativa. In conclusione, con riferimento all'art. 14, comma 2-ter del decreto legislativo n. 159/2011, la questione di legittimita' costituzionale appare rilevante in rapporto alla fattispecie concreta all'attenzione del tribunale e non manifestamente infondata, per violazione degli articoli 3, comma 1, 13, comma 1, e 27, comma 3 della Costituzione. (1) Il perito ha ritenuto che P.L.S., all'epoca dei fatti in contestazione, fosse parzialmente incapace di intendere e di volere, che sia capace di partecipare coscientemente al procedimento penale e, da ultimo, si e' espresso in termini di attuale pericolosita' in senso psichiatrico-forense dell'imputato che, sia pure attenuata, deve ritenersi comunque esistente. (2) Ai sensi del quale «se persiste la pericolosita' sociale, il tribunale emette decreto con cui ordina l'esecuzione della misura di prevenzione, il cui termine continua a decorrere dal giorno in cui il decreto stesso e' comunicato all'interessato, salvo quanto disposto dal comma 2 del presente articolo». (3) Ne' risulta che nel periodo di riferimento vi siano state rivalutazioni, sia pur incidentali, della pericolosita' (nemmeno in senso psichiatrico-forense) dell'imputato posto che la relazione di perizia psichiatrica prodotta dalla difesa (resa nell'ambito del procedimento penale n. 659/2017 R.G.) aveva ritenuto S. pienamente capace di intendere e di volere. (4) Piu' precisamente, la questione di diritto - rilevante per valutare la portata nel caso di specie di un provvedimento di accoglimento della questione di legittimita' sollevata - per la quale il ricorso e' stato rimesso alle sezioni unite e' la seguente: «Se sia configurabile il reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, previsto dall'art. 75 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nei confronti di soggetto destinatario di misura di sorveglianza speciale, la cui esecuzione sia stata sospesa per effetto di detenzione di consistente durata, anche qualora al momento della risottoposizione alla misura non si sia proceduto di ufficio ad una rivalutazione dell'attualita' e persistenza della sua pericolosita' sociale ad opera del giudice della prevenzione, in base ai principi affermati da Corte costituzionale n. 291 del 2013, e tale rivalutazione non sia stata dallo stesso sollecitata». (5) Un contrapposto orientamento (Cassazione, sezione 1, n. 2790 del 9 marzo 2017, ...) riteneva, invece, che la mancata rivalutazione della pericolosita' sociale non determinasse una sospensione ex lege della misura di prevenzione, con la conseguenza che il nuovo esame della pericolosita' sociale del destinatario era rimesso alla competenza funzionale «del giudice della misura stessa», senza che la mancanza di tale rivalutazione potesse equivalere ad automatica inesistenza (originaria o sopravvenuta) del titolo genetico o determinarne una sospensione ex lege. Secondo tale ricostruzione, infatti, il presupposto di pericolosita' sociale, che trae genesi dal titolo originario, continua ad esistere perche' adottato nel concorso delle condizioni legittimanti ed all'esito della verifica giurisdizionale e mantiene efficacia finche' il giudice funzionalmente competente non provveda ad operare una rivalutazione di segno contrario. Tale orientamento ermeneutico troverebbe supporto normativo nella disposizione dell'art. 10 del decreto legislativo n. 159, che prevede la immediata esecutivita' dei provvedimenti che applicano le misure di prevenzione e che non sono sospesi neanche in caso di loro impugnazione. In passato un ulteriore orientamento (Cassazione, sezione 2, n. 12915 del 5 marzo 2015, ...) aveva effettuato un distinguo, ribadendo che quando l'esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa per lo stato detentivo dell'interessato, «unica interpretazione costituzionalmente orientata e' quella di considerare la sospensione dell'esecuzione della misura come destinata a risolversi solo a seguito della rivalutazione da parte del giudice, non dell'esecuzione, bensi' dal medesimo giudice che ha applicato la misura, ovvero il tribunale competente a norma degli articoli 5 e seguenti del decreto legislativo n. 159 del 2011. Tali pronunce avevano pero' tenuto distinta l'ipotesi in cui la sospensione dipendesse da stato detentivo per espiazione pena da quella determinata dall'applicazione di una misura cautelare. Infatti, mentre la detenzione per espiazione di pena di chi sia sottoposto a misura di prevenzione personale incrementa la possibilita', favorita dal trattamento rieducativo individualizzato «che intervengano modifiche nell'atteggiamento del soggetto nei confronti di valori della convivenza civile», la sottoposizione a misura cautelare personale, sia essa detentiva o non detentiva, non consente di ritenere superata o attenuata la presunzione di attualita' della pericolosita' sociale emessa in sede di applicazione, ma si pone, in realta', come indiretta conferma della valutazione stessa, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari riferibili anche alla personalita' dell'indagato e al concreto rischio di commissione di gravi reati». (6) Prima della pronuncia di illegittimita' costituzionale la seguente materia era regolata dall'art. 12 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (il cui testo era poi confluito nell'art. 15 del decreto legislativo n. 159/2011), secondo il quale «La persona sottoposta all'obbligo del soggiorno in un determinato comune che contravviene alle relative prescrizioni e' punito con l'arresto da tre mesi ad un anno. Il tempo trascorso in custodia preventiva seguita da condanna o in espiazione di pena detentiva, anche se per effetto di conversione di pena pecuniaria, non e' computato nella durata dell'obbligo del soggiorno in un determinato comune. L'obbligo del soggiorno cessa di diritto se la persona obbligata e' sottoposta a misura di sicurezza detentiva. Se alla persona obbligata a soggiornare in un determinato comune e' applicata la liberta' vigilata, la persona stessa vi e' sottoposta dopo la cessazione dell'obbligo di soggiorno» e dall'art. 7 del medesimo testo legislativo, ai sensi del quale «il provvedimento di applicazione delle misure di prevenzione di cui all'art. 3 e' comunicato al questore per l'esecuzione. Il provvedimento stesso, su istanza dell'interessato e sentita l'autorita' di pubblica sicurezza che lo propose, puo' essere revocato o modificato dall'organo dal quale fu emanato, quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato. Il ricorso contro il provvedimento di revoca o di modifica non ha effetto sospensivo». (7) Intesa come concreta probabilita' di riproposizione di quelle condotte devianti che hanno determinato l'iscrizione di un soggetto in una delle categorie tipizzate dalle previsioni di cui agli articoli 1 e 4 del decreto legislativo n. 159/2011. (8) La comune finalita' delle misure di sicurezza e delle misure di prevenzione, tese entrambe a prevenire la commissione di reati da parte di soggetti socialmente pericolosi e a favorirne il recupero all'ordinato vivere civile, e' stata a piu' riprese ribadita dal giudice delle leggi - Corte costituzionale n. 177/1980, n. 419/1994, n. 69/1995, n. 124/2004 e n. 291/2013 - e, peraltro, trova indiretta e positiva conferma nella previsione dell'art. 13 del decreto legislativo n. 159/2011 (che riproduce quanto disposto dall'art. 10 della legge n. 1423/1956), secondo la quale «quando sia stata applicata una misura di sicurezza detentiva o la liberta' vigilata, durante la loro esecuzione non si puo' far luogo alla sorveglianza speciale; se questa sia stata pronunciata, ne cessano gli effetti», con conseguente assorbimento della comune esigenza special preventiva nella esecuzione della sola prevalente misura di sicurezza, tanto da far venir meno la necessita' di una successiva esecuzione della misura di prevenzione. (9) E' bene precisare che la Corte costituzionale, dopo aver espresso il principio secondo cui «nel caso in cui l'esecuzione di una misura di prevenzione personale resti sospesa a causa dello stato di detenzione per espiazione di pena della persona ad essa sottoposta, l'organo che aveva adottato il provvedimento di applicazione debba valutare, anche d'ufficio, la persistenza della pericolosita' sociale dell'interessato nel momento dell'esecuzione della misura», afferma conclusivamente che «restera' rimessa all'applicazione giudiziale l'individuazione delle ipotesi nelle quali la reiterazione della verifica della pericolosita' sociale potra' essere ragionevolmente omessa, a fronte della brevita' del periodo di differimento dell'esecuzione della misura di prevenzione (si pensi al caso limite in cui la persona alla quale la misura e' stata applicata si trovi a dover scontare solo pochi giorni di pena detentiva)». (10) Al riguardo, infatti, ai paragrafi 193-197, la Grande camera della Corte di Strasburgo ha precisato che non vi e' contrasto fra le misure di misure di prevenzione e l'art. 2, prot. 4 della Convenzione, che sancisce la liberta' di movimento, atteso che l'applicazione di tali misure limitative nei confronti di soggetti indiziati di appartenere ad associazioni mafiose assolve alla ragionevole funzione di prevenzione dalla commissione di delitti. Tuttavia, la violazione del principio convenzionalmente tutelato emerge allorche' - a fronte di una sopravvenuta sentenza di assoluzione e del decorso del tempo rispetto al momento deliberativo della misura - non sia stata rivalutata la concreta e attuale sussistenza di elementi dai quali desumere il permanere della pericolosita' sociale del preposto. In particolare, al paragrafo 196, la Corte EDU sottolinea che la misura di prevenzione personale disposta «nei confronti del sig. ... fu decisa il ... quando esistevano effettivamente gli indizi della sua appartenenza alla mafia, ma fu applicata solo a partire dal ..., vale a dire dopo il proscioglimento pronunciato dal Tribunale di Trapani. (...) In conclusione, e senza sottovalutare la minaccia rappresentata dalla mafia, la Corte conclude che le restrizioni alla liberta' di circolazione del sig. ... non potevano essere considerate come "necessarie in una societa' democratica". C'e' stata dunque violazione dell'art. 2 del protocollo n. 4». (11) Corte costituzionale 24 gennaio 2019, n. 24.