TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione lavoro e previdenza Il Tribunale di Napoli, II Sezione Lavoro e Previdenza, in composizione collegiale con i seguenti magistrati: 1) Dott.ssa Maria Gallo - Presidente; 2) Dott.ssa Maria Vittoria Ciaramella - Giudice; 3) Dott.ssa Manuela Montuori - Giudice relatore; riunito in camera di consiglio, all'udienza del 9 ottobre 2023, a scioglimento della riserva assunta, ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale nel procedimento di reclamo n. R.G. 16325/2023, avverso l'ordinanza n. 19882/23 emessa dal giudice unico del lavoro del Tribunale di Napoli, tra: Fondazione Teatro di San Carlo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata ex lege in Napoli - via Diaz n. 11 - reclamante; e Stephane Michel Lissner rappresentato e difeso dagli avvocati Claudio Daniele Mose' Morpurgo, Pietro Matteo Fioruzzi, Giulio Enea Vigevani elettivamente domiciliato, giusta procura in atti, presso lo studio del primo sito in Milano alla via Durini n. 20 - reclamato; 1) Premessa. I fatti oggetto del giudizio sono noti e pacifici tra le parti: con comunicazione del 26 maggio 2023 la Fondazione in epigrafe, revocava anticipatamente e con effetto immediato l'incarico di sovrintendente della Fondazione Teatro San Carlo, avente scadenza 31 marzo 2005, conferito a Stephane Lissner. Esclusivo motivo posto a fondamento del provvedimento e' la disposizione di cui all'art. 2, comma 3, decreto-legge n. 51/2023 convertito in legge 3 luglio 2023, n. 87 che prescrive che «Il sovrintendente cessa in ogni caso dalla carica al compimento del 70° anno di eta'», avendo Lissner gia' compiuto 70 anni in data 23 gennaio 2023. In sede cautelare, in accoglimento del ricorso d'urgenza proposto dal Lissner avverso il provvedimento di recesso, il giudice a quo ne aveva disposto la reintegra nel posto di lavoro. Avverso l'ordinanza ex art. 700 del codice di procedura civile ha proposto reclamo la Fondazione a cui ha resistito il Sovrintendente chiedendone la conferma. Disposta la comparizione delle parti, all'esito della discussione svolta, il Tribunale ha riservato la decisione. A scioglimento della riserva si formulano le seguenti osservazioni. 2) Preliminarmente, deve darsi atto che nel corso della discussione orale parte reclamante ha rinunciato all'eccezione di improcedibilita' sollevata, attinente la mancata chiamata in causa, sia dinanzi al Giudice monocratico che dinanzi al Collegio, del MIUR e del «contro-interessato» Fuortes Carlo. Superflua, dunque, e' ogni statuizione al riguardo. 3) Ritiene il Collegio che sussistono i presupposti della tutela cautelare invocata, sia pure per motivi diversi rispetto a quelli ritenuti dal giudice di prime cure. In primo luogo, ricorre il requisito del periculum in mora. E' evidente che la delicatezza degli interessi coinvolti, per l'alto prestigio dell'incarico rivestito dal M. Lissner, gli inevitabili riflessi in ordine alla gestione dell'unico teatro lirico cittadino, cui sono connessi anche aspetti di interesse pubblico, e, non da ultimo, l'eco mediatica della vicenda, destinata a ripercuotersi negativamente sia sulla figura del sovrintendente che della Fondazione stessa, inducono a ritenere senz'altro sussistente il periculum in mora. L'attesa dei tempi di celebrazione di un ordinario giudizio di cognizione potrebbe, invero, produrre danni irreversibili sia alla professionalita' del sovrintendente - gia' legato in esclusiva al Teatro San Carlo - che alla medesima gestione della Fondazione, laddove un repentino avvicendamento, a stagione prossima all'inizio, nella figura del sovrintendente, potrebbe portare ad analoghi danni irreversibili - L'art. 13, decreto legislativo n. 367/1996 e lo Statuto della Fondazione Teatro San Carlo, all'art. 17, consentono di affermare che il Sovrintendente e' l'unico organo di gestione della Fondazione Teatro San Carlo ed ha competenze amplissime soprattutto quando, come nel caso di specie, riveste anche l'incarico di direttore artistico. A lui e' affidata la gestione di tutta l'attivita' artistica del Teatro, la programmazione e la produzione degli spettacoli, la direzione ed il coordinamento del personale, la possibilita' di stipulare e risolvere rapporti di lavoro. Gli e', altresi', affidata la parte amministrativa di tale gestione, la predisposizione del bilancio di esercizio, la tenuta dei libri e delle scritture contabili, il rispetto dei vincoli di bilancio, la rappresentanza esterna della Fondazione. Ebbene, e' evidente che nel caso in cui - durante il tempo occorrente per lo svolgimento del giudizio di merito - il M. Lissner fosse costretto a lasciare l'incarico e gli fosse sostituito un altro Sovrintendente, la cesura irrimediabilmente vanificherebbe tutta l'attivita' artistica programmata, le produzioni, la costruzione della rete di relazioni umane, oltre che professionali, su cui il reclamato aveva fondato la propria attivita'. La particolare natura ed il contenuto dell'attivita' svolta dal Sovrintendente sono tali che, perche' sia assicurato il suo diritto all'effettivo svolgimento della prestazione, e' necessario che ne sia assicurata la continuita', diversamente vanificandosi di fatto tale diritto. E', dunque, proprio con riguardo alla considerazione che deve aversi di tutti gli interessi coinvolti, professionale e personale quello del M. Lissner , e latamente pubblicistico, per la natura di ente privato sottoposto a controlli erariali di spesa quello della Fondazione , che deve affermarsi la ricorrenza, nella vicenda in esame, di un periculum in mora. Appaiono, pertanto, infondate le doglianze mosse all'ordinanza reclamata dalla Fondazione sul punto, in quanto fondate prevalentemente sulla risarcibilita' di ogni danno a carattere patrimoniale - come e' normale - e sulla tranquillita' economica derivante al M. Lissner dall'essere pensionato (fin dal 2014, presso il paese di appartenenza) e dalla percezione di un trattamento complementare (in virtu' dei contributi maturati nel decennio di lavoro precedente trascorso in Italia) a carico dell'INPS. Come si e' accennato, sono di altra natura i probabili danni ravvisabili nella fattispecie in esame ed e' al pericolo di una lesione irreversibile degli stessi che deve apprestarsi tutela. 4) Ricorre, altresi', il requisito del fumus boni iuris. Occorre in primo luogo chiarire che appare improprio discorrere di «tutela reintegratoria» cui avrebbe o meno diritto il Lissner. Nel caso in esame, ricorre, piuttosto, un'ipotesi di estinzione automatica del rapporto per effetto dell'intervenuta previsione di cui all'art. 2 decreto-legge n. 53/2023 di cui il datore di lavoro si e' limitato a prendere atto. Nel caso di cessazione del rapporto di lavoro per sopraggiunti limiti di eta' prevista da disposizioni di legge la comunicazione della risoluzione del rapporto non ha natura provvedimentale, ma di mera notizia e ricognizione dell'effetto collegato dalla legge all'evento; si tratta, quindi, di causa di risoluzione diversa e distinta dal licenziamento di cui, quindi, non si applica la relativa disciplina (cfr. Cass, ord. n. 14326 del 5 maggio 2022). Ne consegue che ove la norma richiamata fosse, per qualunque motivo, ritenuta inapplicabile, in assenza di valido recesso, il rapporto di lavoro dovrebbe continuare inalterato. Il provvedimento cautelare oggetto di reclamo, condividendo l'impostazione difensiva del Lissner, ha ritenuto la norma inapplicabile al caso di specie (con conseguente «rentegrazione» del lavoratore). L'inapplicabilita' dell'art. 2, decreto-legge n. 53/2023 e' stata fatta derivare da una lettura costituzionalmente orientata della norma che, pero', ad avviso del Collegio, non e' praticabile. La norma esaminata, intitolata Disposizioni in materia di fondazioni lirico-sinfoniche, cosi' dispone: «1. All'art. 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, il settimo periodo e' sostituito dal seguente: "Alle fondazioni lirico-sinfoniche di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310, il divieto di conferimento di incarichi si applica al raggiungimento del settantesimo anno di eta'"; 2. All'art. 13, comma 3, del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, dopo il primo periodo, e' inserito il seguente: "il sovrintendente cessa in ogni caso dalla carica al compimento del settantesimo anno di eta'."; 3. I sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, hanno compiuto il settantesimo anno di eta' cessano anticipatamente dalla carica a decorrere dal 1° giugno 2023, indipendentemente dalla data di scadenza degli eventuali contratti in corso». Il primo giudice ha ritenuto sussistente il fumus boni iuris interpretando la disposizione di cui all'art. 2, decreto-legge n. 51/2023 alla luce della ratio ritenuta sottesa alla norma di legge. Il comma 1 del citato art. 2, decreto-legge n. 51/2003 si innesta nel decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni, in legge n. 135/2012 (che ha ad oggetto «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese nel settore bancario (spending review)», modificandone il comma 9 dell'art. 5 che e' rubricato «Riduzione di spese delle pubbliche amministrazioni». Il provvedimento cautelare reclamato, muovendo dal rilievo secondo cui l'art. 2, decreto-legge, comma 1, n. 51/2023 si innesta su una normativa espressamente finalizzata a contenere la spesa pubblica ed a «scongiurare l'elusione delle norme in materia di quiescenza», attribuisce erroneamente la medesima ratio anche allo stesso art. 2, decreto-legge n. 51/2023. Da tale interpretazione il Tribunale fa discendere la conclusione per cui «la disposizione si attaglia esclusivamente a coloro che godano di un trattamento pensionistico in Italia in quanto collocati in quiescenza e, conseguentemente, gia' gravino a tale titolo sul bilancio statale». La disposizione normativa in parola, cosi' come interpretata, non sarebbe, quindi, applicabile al Leissner, trattandosi di cittadino straniero, privo di trattamento pensionistico a carico dello Stato: gli unici destinatari della norma sarebbero, infatti, solo coloro che sono titolari in Italia di un trattamento pensionistico obbligatorio, mentre per gli altri, non essendovi un problema di contenimento della spesa pubblica, la norma non troverebbe applicazione. Tale conclusione deriva da una lettura unitaria dell'art. 2 decreto-legge n. 51/2023 tale da estendere la rintracciata finalita' di contenimento della spesa del primo comma anche alle diverse previsioni di cui ai commi 2 e 3, in modo che la norma in esame appare interamente permeata dalla medesima ratio. Una diversa interpretazione della norma, nella prospettazione offerta dal Lissner e fatta propria dal giudice a quo, porrebbe una questione di legittimita' costituzionale della norma medesima che, infatti, la parte chiede, in via subordinata, che sia sollevata. 5) Il Collegio muove da un'opzione ermeneutica diversa della norma. Si ritiene, viceversa, che i tre commi disciplinino fattispecie diverse con previsioni tra loro slegate ed avvinte solo da una necessita' di organicita' del sistema attraverso il riferimento al 70° anno di eta' quale limite per il conferimento degli incarichi e, quindi, per la loro cessazione. Le singole previsioni della norma vanno, cioe', lette ciascuna nel contesto normativo in cui sono collocate, senza trascurare il criterio-cardine nella interpretazione della legge in generale, come definito dall'art. 12, comma 1^, prel., secondo cui: «Nell'applicare la legge non si puo' ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» e che il criterio della intenzione del legislatore e della mens legis hanno valore unicamente sussidiario nell'interpretazione di una legge, trovando un limite nel fatto che la volonta' da essi emergente non puo' sovrapporsi alla volonta' obiettiva della legge quale risulta dal dato letterale e dalla intenzione del legislatore intesa come volonta' oggettiva della norma (voluntas legis), da tenersi distinta dalla volonta' dei singoli partecipanti al processo formativo di essa. La norma contenuta nel primo comma dell'art. 2 del decreto-legge n. 10 maggio 2023, n. 51 apporta modifiche all'art. 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95. La citata norma, nel testo previgente, vietava alle pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi dirigenziali e direttivi, di studio e di consulenza a soggetti collocati in quiescenza se non a titolo gratuito, ma stabiliva che per il personale in quiescenza delle fondazioni lirico-sinfoniche il divieto di conferimento di incarichi si applicava al raggiungimento del limite ordinamentale di eta' piu' elevato previsto per i dipendenti pubblici. Le modifiche introdotte stabiliscono che per le fondazioni lirico-sinfoniche, il divieto di conferimento di incarichi si applica al raggiungimento del settantesimo anno di eta' (comma 1). La disposizione interviene, quindi, nella fase costitutiva del rapporto e fissa al settantesimo anno di eta' il limite massimo a decorrere dal quale non e' piu' possibile conferire incarichi all'interno delle fondazioni liriche. Essa, pertanto, disciplina esclusivamente la fase afferente al conferimento degli incarichi in seno alle Fondazioni liriche e riguarda le svariate figure professionali normalmente adibite a funzioni dirigenziali e/o direttive e, pertanto, non attiene al caso in esame in cui viene in rilievo la fase funzionale del rapporto e la sua cessazione. Il comma 2, dell'art. 2, decreto-legge n. 51/2023 si inserisce, invece, nel decreto legislativo n. 367/1996 intitolato «Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato» e, in particolare, integra l'art. 13, rubricato «Il sovrintendente» disciplinante le cause di cessazione dal servizio. - L'art. 13, decreto legislativo n. 367/1996 dispone, infatti, che: «1. Il sovrintendente cessa dalla carica unitamente al CdA che lo ha nominato e puo' essere riconfermato. 2. Il CdA puo' revocare il Sovrintendente con deliberazione presa a maggioranza assoluta dei suoi componenti solo per gravi motivi. Il comma 2, introdotto dall'art. 2, comma 2, decreto-legge n. 51/2023 introduce una nuova causa di cessazione del rapporto del Sovrintendete a quelle gia' originariamente previste, disponendo che: 3. Il Sovrintendente cessa in ogni caso dalla carica al compimento del 70° anno di eta'». Il comma 2, quindi, interviene esclusivamente sul rapporto gia' in corso tra Sovrintendente e la Fondazione lirica, ampliando il contenuto della disposizione contenuta nell'art. 13, comma 3, del decreto legislativo n. 367/1996 e prevedendo che questa figura professionale, in ogni caso, cessi automaticamente dalla carica al raggiungimento della soglia di eta' massima prevista per legge. La disposizione di cui al comma 2 del decreto-legge n. 51/2023, dunque, ha una portata applicativa autonoma rispetto a quella del comma 1: infatti, se letta nel suo contesto normativo di riferimento - cioe' la norma che disciplina le ipotesi di cessazione dall'incarico del solo Sovrintendete - non c'e' alcun elemento che consenta di affermare che la previsione in esame si riferisca al medesimo personale (in quiescenza) cui, secondo l'opzione interpretativa adottata nel provvedimento cautelare, si riferirebbe il primo comma. L'atto con cui la Fondazione ha preso atto dell'avvenuta estinzione automatica del rapporto di lavoro con Lissner non e' fondato sulla previsione del comma 2, ma l'anticipata risoluzione del rapporto di lavoro e' stata correttamente ricondotta unicamente alla «disciplina transitoria» di cui al comma 3, dell'art. 2, decreto-legge n. 51/2023. La legge, infatti, puo' ben disporre la cessazione del rapporto di lavoro al raggiungimento di un certo limite di eta', di tal che dal momento di entrata in vigore della legge non possano stipularsi contratti con scadenza successiva al limite di eta' stabilito e, ove stipulati in violazione alla previsione di legge, il rapporto di lavoro cessi «in ogni caso» al compimento dell'eta' indicata. Diversamente, nel caso in esame, il terzo comma dell'art. 2 decreto-legge n. 51/2023, intervenendo sui contratti gia' in corso, prescrive che «I sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, hanno compiuto il settantesimo anno di eta' cessano anticipatamente dalla carica a decorrere dal 1° giugno 2023, indipendentemente dalla data di scadenza degli eventuali contratti in corso». Tale essendo la norma in base alla quale e' avvenuta la risoluzione automatica del rapporto di lavoro del Sovrintendente della Fondazione Teatro San Carlo, il Collegio ritiene sussistere profili di illegittimita' costituzionale. 6) Sulla compatibilita' della tutela urgente con il giudizio incidentale di costituzionalita', deve osservarsi che e' principio costantemente affermato dalla stessa Corte Costituzionale che la questione di legittimita' costituzionale puo' essere sollevata anche nell'ambito di un procedimento avente natura cautelare ed anche laddove il giudice conceda la relativa misura, purche' tale concessione non si risolva nel definitivo esaurimento del potere cautelare del quale in quella sede il Giudice fruisce (cfr. sul punto Corte costituzionale, sentenze n. 325 del 2012, n. 176 del 2011 e n. 161 del 2008). In ordine alla potestas iudicandi del giudice della cautela, la Corte costituzionale ha, altresi', chiarito come la stessa non possa ritenersi esaurita quando la concessione della misura cautelare sia fondata, quanto al fumus boni iuris, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, dovendosi, in tal caso, ritenere di carattere provvisorio e temporaneo la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato, fino alla ripresa del processo cautelare dopo il giudizio incidentale (cfr. sentenze Corte costituzionale n. 83 del 2013, n. 236 del 2010, n. 351 e n. 161 del 2008; ordinanza n. 25 del 2006). 7) Rilevanza della questione di costituzionalita' sottoposta al vaglio della Corte. La rilevanza della questione si rintraccia, come si e' detto, nel rilievo per cui l'eventuale illegittimita' costituzionale della norma che ha determinato l'effetto estintivo automatico del rapporto di lavoro del Lissner - e di cui la Fondazione si e' limitata a prendere atto - comporterebbe l'inalterata continuazione del rapporto anche nelle more del giudizio di merito. Viceversa, ove la norma fosse ritenuta legittima, in presenza del chiaro tenore letterale della previsione transitoria non potrebbe esservi spazio per alcuna interpretazione diversa da quella che ha condotto la Fondazione a comunicare al Sovrintendente la risoluzione del rapporto. Il provvedimento impugnato dal Lissner trova, cioe', la sua indefettibile base normativa nell'art. 2, comma 3, decreto-legge n. 51/2023: la declaratoria di illegittimita' costituzionale travolgerebbe il provvedimento impugnato e condurrebbe all'accoglimento del ricorso, atteso che, come dianzi accennato, sussiste anche il requisito del periculum in mora. 8) Non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata. Ritiene il Collegio che l'art. 2, comma 3, decreto-legge 10 maggio 2023, n. 51, come convertito in legge 3 luglio 2023 n. 87, violi i principi posti degli articoli 3, 97, 98 e 77, comma 2, della Costituzione. La norma in esame, infatti, non risponde a canoni di ragionevolezza e di coerenza, non e' funzionale ad obiettivi di interesse pubblico generale, incide negativamente sui principi di buon andamento e continuita' dell'azione amministrativa, e' lesiva dell'affidamento meritevole di tutela dell'unico lavoratore destinatario della norma ad hoc ed e' stata adottata con decreto-legge in assenza dei prescritti requisiti di necessita' ed urgenza. Riguardo alla violazione dell'art. 3 della Costituzione si osserva, in primo luogo, che la norma e' costruita ad personam cioe' per lo specifico ed esclusivo incarico ricoperto da Lissner, il quale era l'unico Sovrintendente a trovarsi nella situazione prevista dalla norma e, cioe', l'aver compiuto il 70° anno di eta' prima dell'entrata in vigore della disposizione ed avere un incarico ancora in corso. Si legge, infatti, alla pg. 4 degli atti parlamentari della Camera dei Deputati (all. 3 della memoria difensiva), a proposito della disciplina transitoria introdotta dal comma 3 dell'art. 2 decreto-legge n. 51/2023 che «... sulla base dei dati acquisiti per il tramite della competente Direzione generale spettacolo del Ministero della cultura, delle quattordici Fondazioni lirico-sinfoniche... soltanto per una di esse di applichera' il regine transitorio di cui al comma in esame, in quanto il sovrintendente in carico ha gia' compiuto 70 anni...». La norma e' stata, quindi, introdotta per essere volutamente applicata un'unica volta, proprio all'odierno reclamato Lissner. La disposizione, particolare e derogatoria, reca con se' il pericolo di una disparita' di trattamento che non appare giustificata da un'oggettiva esigenza di differenziazione, ne' dagli interessi oggetto di tutela desumibili dalla norma stessa e dalla sua ratio. Dai lavori preparatori non emerge, invero, la specifica finalita' sottesa alla previsione in esame. Detti lavori preparatori si limitano all'osservazione che il comma 3 detta una disciplina transitoria agganciandolo al comma due: quest'ultimo, prevedendo in ogni caso la cessazione dalla carica di Sovrintendente al compimento del 70° anno di eta', sarebbe volto a «favorire il ricambio generazionale», a «consentire il turn over all'interno degli enti lirico-sinfonici» e «a nuove professionalita' di emergere». Tale finalita', sembra di capire, informerebbe anche il comma 3. La «disciplina transitoria» appare, pero', irragionevole e sproporzionata non essendo ne' necessaria ne' idonea al raggiungimento degli scopi indicati, non essendovi congruita' tra mezzi (risoluzione ante tempus di un unico rapporto a termine) e fini perseguiti (ricambio generazionale e, quindi, ingresso nel mercato del lavoro di un numero indeterminato di candidati per altrettanti posti vacanti). Tale irragionevolezza non verrebbe meno neppure ove si volesse ricondurre la ratio della disposizione ad esigenze di contenimento della spesa pubblica considerato che difetta qualunque valutazione delle conseguenze e degli effetti onerosi derivanti dall'applicazione della norma a carico del bilancio della Fondazione. La norma oggetto di scrutinio appare irragionevole anche sotto il profilo della violazione del principio di cui all'art. 97 della Costituzione e 98 della Costituzione. La cessazione automatica dell'incarico con effetto retroattivo incide negativamente sul buon andamento e sulla continuita' dell'azione amministrativa. In proposito, occorre richiamare i principi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 15/2017 e in precedenza, su fattispecie sovrapponibili alla presente, nelle sentenze n. 81/2010 e 161/2008 concernenti l'art. 2, comma 161, del decreto-legge n. 262 del 2006 convertito con modificazioni dalla legge n. 286 del 2006 e la sentenza n. 103/2007 con riferimento all'art. 3, comma 7, legge n. 145 del 2002. L'insegnamento del Giudice delle leggi, invero, appare chiaro nel senso che qualunque meccanismo di cessazione automatica ex lege di incarichi di funzioni dirigenziali, vieppiu' ove ricondotto al mutare del Governo in carica, si pone in conflitto con gli articoli 97 e 98 della Costituzione, perche', in sostanza, precarizzando la posizione del dirigente pubblico incrina i principi fondamentali dell'azione amministrativa, che la vogliono imparzialmente al servizio della nazione e delle leggi da applicare, ed autonoma nell'ambito degli indirizzi politici, con solo riguardo all'interesse al rispetto dei quali (leggi ed indirizzi) gli incarichi in questione possono legittimamente essere revocati, mediante forme procedimentali atte a sottrarre tali iniziative a mero arbitrio, ed a ricondurle alla necessita' del rispetto dei medesimi principi fondamentali. Ad ulteriore conforto della paventata illegittimita' si riscontra Corte costituzionale, sentenza n. 52/2017 nella quale si afferma: «Questa Corte ha piu' volte affermato l'incompatibilita' con l'art. 97 della Costituzione di disposizioni di legge, statali o regionali, che prevedono meccanismi di revocabilita' ad nutum o di decadenza automatica dalla carica, dovuti a cause estranee alle vicende del rapporto instaurato con il titolare, non correlati a valutazioni concernenti i risultati conseguiti da quest'ultimo nel quadro di adeguate garanzie procedimentali (sentenze n. 15 del 2017, n. 20 del 2016, n. 104 e n. 103 del 2007), quando tali meccanismi siano riferiti non al personale addetto agli uffici di diretta collaborazione con l'organo di governo (sentenza n. 304 del 2010) oppure a figure apicali, per le quali risulti decisiva la personale adesione agli orientamenti politici dell'organo nominante, ma a titolari di incarichi dirigenziali che comportino l'esercizio di funzioni tecniche di attuazione dell'indirizzo politico (sentenze n. 269 del 2016, n. 246 del 2011, n. 81 del 2010 e n. 161 del 2008)». Da ultimo, infine, la Corte si e' pronunciata con sentenza n. 26/2023 del 23 febbraio 2023 sulla cessazione dall'incarico del direttore amministrativo e di quello sanitario a seguito della nomina del nuovo direttore generale sancendo l'illegittimita' costituzionale di norme regionali che ne disciplinavano la cessazione automatica dalla carica. In tale recentissima pronuncia la Corte, richiamate le sentenze n. 228 del 2011 e n. 224 del 2010, alla luce dell'orientamento nel frattempo consolidatosi in tema di spoils system (sono citate le sentenze n. 34 del 2010, n. 351 e n. 161 del 2008, n. 104 e n. 103 del 2007), ha affermato che sarebbero lesive dell'art. 97 della Costituzione disposizioni recanti meccanismi di decadenza automatica relativi ai rapporti, non solo tra organi politici e amministrativi, ma anche tra gli stessi organi amministrativi, pur se concernenti figure dirigenziali non apicali, ovvero titolari di uffici per la cui scelta l'ordinamento non attribuisce rilievo, esclusivo o prevalente, al criterio della personale adesione del nominato all'orientamento politico del soggetto conferente: anche in queste ipotesi, infatti, l'automatismo della decadenza contrasterebbe con il principio del buon andamento, pregiudicando la continuita' dell'azione amministrativa e privando il soggetto dichiarato decaduto delle garanzie del giusto procedimento, nell'ambito del quale accertare i risultati conseguiti nello svolgimento dell'incarico. In sostanza, a parere del Tribunale, i principi enunciati dalla Corte in tutte le sentenze citate condurrebbero a ritenere costituzionalmente illegittima la norma oggetto dell'odierno scrutinio che prevede la cessazione automatica, in corso di rapporto, del sovrintendente. E' da escludersi, del resto, l'esistenza di un vincolo personale e di particolare fiducia tra Fondazione e sovrintendente , avuto riguardo alla procedura di selezione del sovrintendente ad opera del Consiglio di Indirizzo e della successiva procedura di nomina e conferimento dell'incarico (cfr. manifestazione di interesse della Fondazione per la carica di Sovrintendente del 27 giugno 2019; verbale del Consiglio di Indirizzo del 7 ottobre 2019; decreto ministeriale di nomina del 10 ottobre 2019; verbale del Consiglio di Indirizzo del 29 novembre 2019; stipula del contratto di lavoro del 29 novembre 2019). In maniera del tutto analoga ai meccanismi censurati nelle ipotesi al vaglio della Corte, inoltre, il comma 3 della norma oggetto di scrutinio, e' in contrasto con l'esigenza di continuita' dell'azione amministrativa. Infatti, in forza della specifica modalita' con cui e' strutturato il principio simul stabunt, simul cadent dall'art. 2, comma 3 cit., l'ente risulta esposto al rischio di subire un periodo di discontinuita' gestionale nel tempo occorrente per la nomina del successore. La norma censurata, inoltre, con l'effetto automatico che determina, «non ancora l'interruzione del rapporto di ufficio in corso a ragioni «interne» a tale rapporto» (sentenza della Corte costituzionale n. 224 del 2010), legate alle modalita' di svolgimento delle funzioni del sovrintendente. Essa, altresi', pretermette del tutto una fase valutativa dei comportamenti tenuti dall'interessato, in cui gli sia consentita la possibilita' di fare valere le proprie ragioni, sulla base dei risultati delle prestazioni rese e delle competenze esercitate in concreto nella gestione delle funzioni a lui affidati. L'interruzione automatica del rapporto stabilita dalla norma censurata esclude, quindi, ogni possibilita' di valutazione qualitativa dell'operato del sovrintendente. Nondimeno, se e' vero che il legislatore puo', in linea di principio, prescrivere la decadenza ex lege di organi preposti all'amministrazione e alla gestione di enti pubblici o controllati cio', tuttavia, e' consentito solo allorquando il medesimo, con riforma di ampia portata, modifichi l'assetto organizzativo dell'ente e le modalita' di preposizione dei sui organi e risulti necessario dare immediata attuazione alla nuova disciplina (argomenta ex Corte costituzionale, sentenza n. 233 del 16 giugno 2006, punto 11.3). Nel caso che ci occupa, invece, la legge si e' limitata a prevedere un limite di eta', senza modificare l'assetto istituzionale delle Fondazioni lirico-sinfoniche. Emerge, dunque, anche sotto tale profilo, l'irragionevolezza della disposizione censurata ed il contrasto con i criteri cardine cui deve conformarsi la PA. A parere del Tribunale remittente, la norma scrutinata va, altresi', censurata anche sotto l'aspetto del difetto dei requisiti di cui all'art. 77, comma 2, della Costituzione non ravvisandosi una situazione di fatto comportante la necessita' e l'urgenza di provvedere tramite uno strumento eccezionale, qual e' il decreto-legge. In via generale, va osservato che la mancanza dei presupposti della necessita' ed urgenza ove sia «evidente» si configura come un vizio di illegittimita' costituzionale del decreto-legge che risulti adottato al di fuori dell'ambito applicativo costituzionalmente previsto. Tale difetto di presupposti, «una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge» di tal che deve escludersi l'eventuale efficacia sanante di quest'ultima, dal momento che «affermare che tale legge di conversione sana in ogni caso i vizi del decreto, significherebbe attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie». (Corte costituzionale n. 128/2008). Cio' premesso, occorre verificare, alla stregua degli indici intrinseci ed estrinseci della norma censurata, se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarieta' del caso di necessita' e d'urgenza di provvedere. L'epigrafe del decreto reca l'intestazione «Disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici, di termini legislativi e di iniziative di solidarieta' sociale.» ed il preambolo e' cosi' testualmente formulato: «Ritenuta la straordinaria necessita' e urgenza di stabilire misure volte a garantire l'efficienza dell'organizzazione degli enti previdenziali pubblici, nonche' delle fondazioni lirico-sinfoniche. In primo luogo, va osservato che non e' ravvisabile un concreto collegamento tra tali premesse e la previsione di cui all'art. 2, decreto-legge n. 51/2023; pur prescindendo dalla eterogeneita' delle norme inserite nel decreto-legge, la decretazione d'urgenza in esame, lungi dal dettare una disciplina organica di riordino delle Fondazioni Liriche, si e' limitata ad introdurre un limite di eta' per l'accesso agli incarichi ed una specifica ipotesi di risoluzione automatica del rapporto di lavoro del solo Sovrintendente. Tenuto conto della portata estremamente contenuta di tali disposizioni che non solo non introducono una riorganizzazione delle Fondazioni Liriche, ma coinvolgono anche un numero molto limitato di soggetti (i sovrintendenti in Italia sono solo 14), per cui appare difficile configurare la necessita' e l'urgenza. Ancor meno rispetto ad una disposizione derogatoria applicabile ad un unico soggetto dove l'urgenza di assicurare l'efficienza dell'organizzazione della Fondazione Lirica avrebbe richiesto, semmai, un graduale avvicendamento con il nuovo Sovrintendente piuttosto che la improvvisa cessazione del Sovrintendente in carica con contratto a tempo determinato. L'importanza e la complessita' dei compiti del Sovrintendente esige, nell'interesse della Fondazione la continuita' dell'incarico poiche' l'improvvisa cessazione del rapporto di lavoro del Sovrintendente ben puo' costituire un danno per la stessa Fondazione. Ne' il giudizio di sussistenza della necessita' ed urgenza puo' essere sostenuta dalla apodittica enunciazione della ricorrenza dei richiamati presupposti, ne' puo' esaurirsi nella eventuale constatazione della ragionevolezza della disciplina (Corte costituzionale n. 171/07). 9) Provvedimenti interinali: dalla prospettata violazione di precetti costituzionali deriva, come indicato al punto 6) del presente provvedimento, la sospensione dell'atto di revoca impugnato - e del correlato giudizio cautelare - per il tempo occorrente alla definizione del giudizio incidentale dinanzi la Corte costituzionale. Sempre in via provvisoria ed interinale, dunque, per il tempo necessario alla definizione del giudizio di costituzionalita' e comunque non oltre la naturale scadenza del termine apposto al contratto del 29 novembre 2020, deve essere assicurata la ripresa in servizio del sovrintendente Lissner con diritto, in ossequio al generale principio di corrispettivita' delle prestazioni, alla retribuzione convenuta. Ogni altra richiesta risarcitoria e' demandata alla decisione del giudizio di merito e, in ogni caso, causalmente collegata alla affermazione della legittimita' o meno della revoca disposta dalla Fondazione Teatro di San Carlo.