Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, (C.F. 80188230587) rappresentato e difeso per legge dall'avvocatura generale dello Stato (C.F. 80224030587) ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it fax 06/96514000 presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12. Contro La Regione Emilia Romagna, (C.F. 80062590379) in persona del Presidente della Giunta pro tempore per la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 3 della legge regionale della Regione Emilia-Romagna n. 17/2023, recante «Disposizioni collegate alla legge regionale di stabilita' per l'anno 2024» pubblicata sul BUR Parte prima - n. 364 del 28 dicembre 2023, per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. (che impone alle Regioni di esercitare la potesta' legislativa anche nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento eurounitario, nella fattispecie della direttiva 2006/123 relativa ai servizi nel mercato interno, con particolare riferimento all'art. 12, paragrafi 1 e 2), nonche' dell'art. 117, terzo comma Cost. per violazione dei principi fondamentali delle materia fissati dagli artt. 21, 28 e 30 RD n. 1775/1933, ed infine dell'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., per violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in quanto suscettibile di pregiudicare i principi di proporzionalita', di parita' di trattamento, di massima partecipazione e trasparenza che devono governare anche le procedure di selezione dei concessionari di derivazioni d'acqua a uso idroelettrico. L'art. 3 della legge regionale della Regione Emilia-Romagna n. 17/2023, recante «Disposizioni collegate alla legge regionale di stabilita' per l'anno 2024», (rubricato «Modifica all'art. 10 della legge regionale n. 26/2004») ha inserito nell'articolo 10 della legge regionale 23 dicembre 2004, n. 26 (Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia) il comma 2-bis del seguente tenore testuale: «Qualora il concessionario di derivazioni ad uso idroelettrico fino a 3000 kilowatt abbia ottenuto incentivi per la produzione di energia elettrica connessi alla derivazione, la durata della concessione, previa istanza presentata da parte del concessionario, e' allineata al periodo incentivante di riconoscimento degli incentivi, ferma restando la durata massima trentennale prevista all'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici)». Detta disposizione interviene dunque nell'ambito delle concessioni di derivazione ad uso idroelettrico fino a 3000 kilowatt (c.d. piccole derivazioni e cioe' quelle al di sotto della soglia fissata dall'art. 6 del RD 1775/1933), consentendo la proroga della durata di tali concessioni, sulla base di una semplice domanda da parte del concessionario, in misura pari a quella degli incentivi ottenuti dal concessionario per la produzione di energia elettrica e connessi alla derivazione, ferma restando la durata massima trentennale prevista dall'art. 21 del regio decreto n. 1775/1933. Detta disposizione appare censurabile per i seguenti motivi: 1) Violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. e dell'art 12 paragrafi 1 e 2 della direttiva 2006/123 relativa ai servizi nel mercato interno, nonche' violazione degli artt. 21, 28 e 30 del RD n. 1775/1933 disposizioni statali di principio nella materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», in relazione all'art. 117, terzo comma Cost. Come noto, la materia delle concessioni di piccola derivazione idroelettrica, cosi' come per quelle di grande derivazione, afferisce alla potesta' legislativa concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» i cui principi fondamentali, per costante giurisprudenza costituzionale, non tollerano eccezioni sull'intero territorio nazionale (Cfr., da ultimo, Corte costituzionale, Sentenze nn. 14, 69 e 177 del 2018) e nel cui ambito i principi fondamentali sono dettati dal succitato regio decreto n. 1775/1933 (recante «Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici»), costituente, per quel che occupa, parametro statale interposto e, in specie, dagli artt. 21, 28 e 30. Peraltro, codesta Corte costituzionale ha chiarito in piu' occasioni (ex multis, Cfr. Corte Costituzionale, Sentenze nn. 45 del 2010 e 401 del 2007) che la nozione di «concorrenza» di cui al secondo comma, lettera e), dell'art. 117 Cost. «[...] non puo' che riflettere quella operante in ambito comunitario». Secondo quanto previsto dalla succitata normativa interposta statale, la competenza al rilascio dei rinnovi delle concessioni di piccola derivazione idroelettrica e' in capo alle regioni o alle province, ai sensi degli artt. 28 e 30 del regio decreto n. 1775/1933. In base al combinato disposto degli artt. 28 e 30 sopra richiamati, il rinnovo delle concessioni di piccole derivazioni di acqua, con qualunque destinazione, e' consentito solo previa verifica da parte dell'ufficio istruttore dell'effettivo fabbisogno idrico «in funzione delle modifiche dell'estensione della superficie da irrigare, dei tipi di colture praticate anche a rotazione, dei relativi consumi medi e dei metodi di irrigazione adottati». La proroga automatica dettata dall'art.3 impugnato esclude in radice ogni tipo di controllo da parte dell'Autorita' competente in relazione alle ricadute sfavorevoli del mantenimento della concessione sul fabbisogno idrico generale e per di piu' in un'epoca caratterizzata dal susseguirsi di fenomeni siccitosi che impongono un attento controllo dell'uso dell'acqua sul territorio. Da questo punto di vista la disposizione viola pertanto le norme interposte sopra richiamate, da considerare quali principi statali da osservare nella materia di legislazione concorrente della produzione dell'energia ex art. 117. Terzo comma Cost. Occorre poi osservare che, il suddetto art. 30 consente il rinnovo delle concessioni, per una durata che, di regola, in base all'art. 21 del medesimo regio decreto, e' prevista »sino a trent'anni» e, al contempo, stabilisce che, in caso di mancato rinnovo, lo Stato ha il diritto di ritenere senza compenso le sole «[...] opere costruite nell'alveo, sulle sponde e sulle arginature del corso d'acqua, o di obbligare il concessionario a rimuoverle e ad eseguire a proprie spese i lavori necessari per il ripristino dell'alveo, delle sponde e delle arginature nelle condizioni richieste dal pubblico interesse». Pertanto, alla luce della vigente legislazione, tali rinnovi vengono rilasciati al concessionario uscente al persistere delle condizioni di pubblico interesse indicate dalla legge. Tale disposizione, al contempo, non regola tuttavia ne' la sorte delle opere realizzate dal concessionario uscente al di fuori dei siti sopra menzionati, ne' il profilo relativo all'eventuale indennizzo spettante al concessionario uscente in considerazione degli investimenti effettuati. Differentemente dalla disciplina che regola le grandi derivazioni idroelettriche di cui all'art. 12 del decreto legislativo n. 79/1999 (recante »Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica»), la legislazione nazionale non prevede espressamente che i rinnovi per le concessioni di piccole derivazioni d'acqua siano soggetti all'espletamento di apposite gare ad evidenza pubblica. Ciononostante la produzione di energia idroelettrica costituisce un'attivita' economica, ai sensi dell'art. 57 TFUE, a cui sono applicabili, in via generale, i principi della liberta' di stabilimento di cui all'art. 49 TFUE e, piu' specificamente, i principi della direttiva servizi 2006/123/CE, fra i quali l'art. 12, paragrafo 1, della citata direttiva, recepito nel nostro ordinamento all'art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 il quale prevede che «Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attivita' sia limitato per via della scarsita' delle risorse naturali o delle capacita' tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialita' e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicita' dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento» precisando, al paragrafo 2, che «l'autorizzazione e' rilasciata per una durata limitata adeguata e non puo' prevedere la procedura di rinnovo automatico ne' accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami». Tali parametri normativi si attagliano perfettamente anche alla peculiare concessione di piccola derivazione in commento essendo pacifico che l'acqua costituisca ormai, purtroppo, una risorsa naturale scarsa che, nel caso in cui la stessa sia destinata alla produzione di energia elettrica, si presta indubbiamente al suo sfruttamento economico. Le concessioni del tipo esaminato si qualificano quindi come autorizzazioni ad esercitare un'attivita' economica su un'area demaniale. Per quanto riguarda l'applicabilita' dell'art. 49 TFUE a tali fattispecie sembra utile rammentare che la Corte di giustizia, sin dalla sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, Telaustria e Telefonadress, ha chiarito che qualsiasi atto dello Stato che stabilisce le condizioni alle quali e' subordinata la prestazione di un'attivita' economica, sia tenuto a rispettare i principi fondamentali del trattato e, in particolare, i principi di non discriminazione in base alla nazionalita' e di parita' di trattamento, nonche' l'obbligo di trasparenza che ne deriva. Nell'ottica della Corte detto obbligo di trasparenza impone all'autorita' concedente di assicurare, a favore di ogni potenziale offerente, un «adeguato livello di pubblicita'» che consenta l'apertura del relativo mercato alla concorrenza, nonche' il controllo sull'imparzialita' delle relative procedure di aggiudicazione. La Corte ha inizialmente elaborato tale giurisprudenza per disciplinare quelle commesse pubbliche che, per la loro natura giuridica o per le loro ridotte dimensioni, sono sottratte alle regole della concorrenza previste dalla normativa europea in tema di appalti pubblici. Si puo', peraltro, ritenere che le ragioni di fondo alla base di tale giurisprudenza giustifichino - come, del resto, chiaramente confermato dalla sentenza Promoimpresa del 2016 - la loro applicazione ad ogni fattispecie (anche non avente carattere puramente negoziale per il diritto interno) che dia luogo a prestazione di attivita' economiche o che comunque costituisca condizione per l'esercizio di dette attivita'. (Cfr. CdS Ad. Plen. n. 17/2021) Detta attivita' economica puo' essere d'interesse transfrontaliero, proprio nelle ipotesi normate dall'art. 3 LR n .17/2023, nelle quali, ai proventi economici normalmente ritraibili dalla produzione dell'energia elettrica, si aggiungono anche quelli degli incentivi statali di regola spalmati su un lungo arco temporale. La disposizione di cui all'art. 3 della legge regionale Emilia-Romagna n. 17/2023, per come formulata, delinea una specifica ipotesi di rinnovo tacito che esula dai principi concorrenziali soprarichiamati, consentendo al concessionario uscente a cui, nel frattempo, e' stato riconosciuto il diritto al percepimento di incentivi, di beneficiare di una proroga della concessione originaria, in quanto la durata della stessa verrebbe slegata dal suo originario termine contrattuale, in ragione del necessario allineamento al periodo di incentivazione. In buona sostanza, viene cosi' cristallizzato il riconoscimento implicito di un rinnovo, in evidente contrasto con i principi di pubblicita', trasparenza e non discriminazione previsti dalla normativa eurounitaria ed in particolare dall'art. 12 della direttiva Bolkenstein che, secondo la costante giurisprudenza (Cfr., sul punto, Cassazione, Sentenza n. 20 I del 2018; Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenze nn. 17 e 18 del 2021; Corte di Giustizia, Sentenza Promoimpresa e a. C-458/14 e C-67/15), costituisce norma self executing dell'ordinamento eurounitario, e, come tale, direttamente applicabile con conseguente necessita' di disapplicazione della normativa interna contrastante con essa. La Corte di giustizia UE ha infatti statuito che »una proroga ex lege della data di scadenza delle autorizzazioni equivale a un loro rinnovo automatico, che e' escluso dai termini stessi dell'art. 12, paragrafo 2, della direttiva 2006/123 [...] Inoltre, la proroga automatica (...) non consente di organizzare una procedura di selezione [ai sensi dell'art. 12, paragrafo 1, della direttiva» (sentenza 14 luglio 2016, causa C-458/14, Promoimpresa, punti 50 e 51). A completamento del suesposto quadro normativo, meritano di essere ricordati ulteriori arresti giurisprudenziali che hanno evidenziato la criticita' dei rinnovi, sostanzialmente automatici, delle concessioni. Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, con sentenza del 13 dicembre 2018, n. 201, ha disapplicato l'art. 30 del regio decreto n. 1775/1933, a mente del quale «qualora al termine della concessione persistano i fini della derivazione e non ostino superiori ragioni di pubblico interesse, al concessionario e' rinnovata la concessione, con quelle modificazioni che, per le variate condizioni dei luoghi e del corso d'acqua si rendessero necessarie». Detto Giudice ha infatti affermato che tale disposizione «deve essere disapplicata nella parte in cui consente il rinnovo di un contratto di concessione, senza la previa indizione di una procedura, trasparente e conoscibile, che consenta ai terzi che vi hanno interesse di formulare una proposta concorrente, sulla base dei principi di derivazione comunitaria per i quali, quando l'amministrazione attribuisce occasioni di vantaggio a privati in relazione a beni pubblici la cui disponibilita' sia limitata, deve rispettare i principi di non discriminazione e pari trattamento, corollari di quello di concorrenza su cui si basa il Trattato UE». La Corte di Cassazione (Sentenza n. 1082 del 16 settembre 2020) e codesta Corte costituzionale (Sentenza n. 10 del 29 gennaio 2021) sono intervenute nello stesso senso su questioni analoghe concernenti il rinnovo delle concessioni demaniali marittime. In particolare, la Corte di Cassazione, conformemente a quanto gia' ritenuto dal TSAP, ha disposto la disapplicazione della disciplina nazionale per contrasto con l'art. 12 della direttiva Bolkestein, in quanto norma immediatamente precettiva dell'ordinamento eurounitario, precisando che «[...] e' indubbio, dopo la pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 227 del 24 giugno 2010), che l'art. 12 della Direttiva Bolkestein e' self- executing, cioe' ha efficacia diretta nell'ordinamento degli Stati Membri». Con il parere dell'Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato n. S4219 in merito alla legge della Provincia Autonoma di Trento n. 6/2021, e' stato evidenziato come il rilascio di piccole concessioni idroelettriche c.d. mini-idro, (con potenza nominale media dell'impianto fino a 3000 kW), al pari delle concessioni per impianti di maggiore potenza, deve avvenire in «applica[zione di] una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialita' e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicita' dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento», in quanto gli enti competenti rilasciano un titolo autorizzativo allo svolgimento di un'attivita' economica il cui accesso e' limitato dalla scarsita' della risorsa naturale necessaria al suo esercizio. Detta Autorita' e' pervenuta quindi alla conclusione che l'assegnazione o riassegnazione delle concessioni di piccola derivazione idroelettrica, in assenza di una procedura selettiva tra i vari richiedenti, organizzata nel rispetto degli inderogabili principi di trasparenza, pubblicita' e parita' di accesso, si pone infatti in contrasto con i principi euro-unitari e nazionali a tutela e promozione della concorrenza, la cui osservanza condiziona, comunque, la legittimita' costituzionale dell'esercizio della competenza normativa delle Province autonome (e a maggiore anche quella delle regioni a statuto ordinario). La medesima AGCM con il parere del 31 gennaio 2024 Rif. n. S4867, si e' pronunciata proprio in merito alla legge regionale della cui legittimita' si controverte nel presente giudizio, segnalando la possibile incostituzionalita' dell'art. 3 quivi impugnato per violazione dei principi dell'ordinamento euro-unitario in materia di assegnazione delle concessioni di derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico (art. 117, comma 1, Cost.) e per violazione della competenza statale esclusiva in materia di «concorrenza» (art. 117, comma 2, lettera e) Cost). Con la segnalazione AS17223 la medesima AGCM ha, altresi', evidenziato il contrasto con i principi a tutela e promozione della concorrenza e di liberta' di stabilimento, nonche' con l'art. 12 della direttiva 2006/123/CE, delle normative regionali facenti rinvio al procedimento di rinnovo automatico delle concessioni in scadenza, di cui al combinato disposto degli artt. 28 e 30 del regio decreto n. 1775/1933. L'Autorita' ha costantemente ribadito che, alla scadenza, ogni proroga, che non sia meramente funzionale all'espletamento dei processi competitivi di selezione del nuovo concessionario, contrasti con la disciplina eurounitaria e con i principi di apertura concorrenziale del mercato, traducendosi in un ingiustificato favor per il gestore uscente. Merita di essere infine richiamata la segnalazione dell'AGCM, AS1730 del 22 marzo 2021, contenente «Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza - anno 2021», che e' culminata nell'adozione da parte del Parlamento della legge n. 118/2022. Tale segnalazione ha infatti auspicato l'adozione di una procedura equa, non discriminatoria e trasparente come modalita' ordinaria di assegnazione delle concessioni, con garanzia di massima partecipazione e di parita' di condizioni. Ha, inoltre, evidenziato il problema legato al possibile conflitto di interessi in considerazione della frequente coincidenza, in capo a regione o provincia autonoma, dei ruoli di legislatore, stazione appaltante e gestore uscente. Occorre inoltre osservare che, il sacrificio della disciplina della concorrenza operato dal legislatore regionale con la disposizione impugnata, che mira ad allineare la durata della concessione al periodo di incentivazione degli impianti, non appare nemmeno controbilanciato dalla tutela di rilevanti interessi pubblici quali, ad esempio, la promozione di interventi di risanamento ambientale, di investimenti funzionali a una migliore conservazione degli invasi (anche per far fronte a eventi siccitosi), nonche' la garanzia della salvaguardia dei livelli occupazionali. Sul punto, si evidenzia che l'esigenza di promuovere investimenti nel settore della produzione di energia idroelettrica nel suo complesso e' stata debitamente considerata dalla Commissione europea in sede di archiviazione della procedura di infrazione n. 2011/20162 (in tema di mancata messa a gara delle concessioni idroelettriche scadute), che, seppur relativa a concessioni di grande derivazione idroelettrica, appare estensibile anche al caso delle «piccole» concessioni. Appare d'altronde irragionevole la scelta di accordare al concessionario il beneficio della proroga automatica dal momento che il regime incentivante, accordato per un tempo eccedente la durata della concessione in corso di efficacia, si riferisce all'impianto e non alla figura del concessionario in quanto tale (tanto che la stessa normativa fa riferimento agli incentivi «connessi alla derivazione») e, dunque, puo' al piu' rappresentare un aspetto dell'offerta per l'aggiudicazione della gara bandita per la riassegnazione della concessione, non potendosi invece l'ulteriore margine di arricchimento per l'operatore incumbent, che ha gia' ammortizzato i costi dell'investimento parametrato alla durata originaria della concessione. Tutto cio' premesso, appare evidente che l'art. 3 della legge regionale di cui trattasi e' idoneo a produrre effetti restrittivi della concorrenza nella parte in cui allinea la durata dei contratti di concessione al periodo «incentivante di riconoscimento degli incentivi» che il concessionario abbia eventualmente ottenuto per la produzione di energia elettrica connessa alla derivazione. Con queste modalita' la legge regionale dispone, di fatto, una proroga delle concessioni esistenti, in violazione dei principi di parita' di trattamento, concorrenza e non discriminazione. 2) Violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. e), Cost., per violazione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. L'Art. 3 della LR impugnata nel presente giudizio appare illegittimo anche perche' adottato in violazione delle regole costituzionali di riparto della competenza legislativa tra lo Stato e le Regioni e le Provincie Autonome che assegnano unicamente al primo il potere di disciplinare la materia di «tutela della concorrenza», di cui all'art. 117 comma 2, lettera e), Cost.. Detta materia, per pacifica giurisprudenza, ha infatti natura trasversale, stante il carattere finalistico della medesima, con conseguente possibilita' di influire su altre materie attribuite alla competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni (Cfr., ex multis, Corte Costituzionale, Sentenze nn. 93 del 2017, 38 del 2013, 299 del 2012, 28 del 2014, 16 del 2021 e n. 39 del 2020). L'accesso degli operatori economici al mercato dell'energia deve avvenire in base a condizioni uniformi sul territorio nazionale. Spetta dunque solo al legislatore statale definire le regole che disciplinano l'espletamento della gara ad evidenza pubblica per i casi di scadenza, decadenza, rinuncia o revoca di concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico (C. Cost. sentenze n. 1 del 2008 n. 339 del 2011, n. 1 del 2008 e n. 401 del 2007) - rientrano nella materia «tutela della concorrenza», di competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.). Ad analoghe conclusioni si puo' pervenire con riferimento alle piccole concessioni idroelettriche.