Ricorso ex art. 127 della Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, (C.F. 80188230587) rappresentato e difeso per
legge  dall'avvocatura  generale  dello  Stato   (C.F.   80224030587)
ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it  fax  06/96514000  presso  i   cui
uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12. 
 
                               Contro 
 
    La Regione Emilia Romagna,  (C.F.  80062590379)  in  persona  del
Presidente  della  Giunta  pro  tempore  per   la   declaratoria   di
incostituzionalita' dell'art. 3 della legge regionale  della  Regione
Emilia-Romagna n. 17/2023, recante «Disposizioni collegate alla legge
regionale di stabilita' per l'anno 2024»  pubblicata  sul  BUR  Parte
prima - n. 364 del 28 dicembre 2023, per  violazione  dell'art.  117,
primo comma, Cost. (che impone alle Regioni di esercitare la potesta'
legislativa anche nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento
eurounitario, nella fattispecie della direttiva 2006/123 relativa  ai
servizi nel mercato interno, con particolare riferimento all'art. 12,
paragrafi 1 e 2),  nonche'  dell'art.  117,  terzo  comma  Cost.  per
violazione dei principi  fondamentali  delle  materia  fissati  dagli
artt. 21, 28 e 30 RD n. 1775/1933, ed infine dell'art.  117,  secondo
comma, lett. e), Cost., per  violazione  della  competenza  esclusiva
statale  in  materia  di  tutela   della   concorrenza,   in   quanto
suscettibile di  pregiudicare  i  principi  di  proporzionalita',  di
parita' di trattamento, di massima partecipazione e  trasparenza  che
devono governare anche le procedure di selezione dei concessionari di
derivazioni d'acqua a uso idroelettrico. 
    L'art. 3 della legge regionale della  Regione  Emilia-Romagna  n.
17/2023, recante «Disposizioni  collegate  alla  legge  regionale  di
stabilita' per l'anno 2024», (rubricato «Modifica all'art.  10  della
legge regionale n. 26/2004») ha inserito nell'articolo 10 della legge
regionale 23 dicembre 2004, n. 26  (Disciplina  della  programmazione
energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di  energia)
il  comma  2-bis  del   seguente   tenore   testuale:   «Qualora   il
concessionario di  derivazioni  ad  uso  idroelettrico  fino  a  3000
kilowatt abbia  ottenuto  incentivi  per  la  produzione  di  energia
elettrica connessi alla derivazione,  la  durata  della  concessione,
previa istanza presentata da parte del concessionario,  e'  allineata
al periodo incentivante  di  riconoscimento  degli  incentivi,  ferma
restando la durata massima trentennale prevista all'articolo  21  del
regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Approvazione del testo unico
delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici)». 
    Detta   disposizione   interviene   dunque   nell'ambito    delle
concessioni di derivazione ad uso idroelettrico fino a 3000  kilowatt
(c.d. piccole derivazioni e cioe' quelle al  di  sotto  della  soglia
fissata dall'art. 6 del RD 1775/1933), consentendo la  proroga  della
durata di tali concessioni, sulla base di  una  semplice  domanda  da
parte del concessionario, in misura pari  a  quella  degli  incentivi
ottenuti dal concessionario per la produzione di energia elettrica  e
connessi  alla  derivazione,  ferma  restando   la   durata   massima
trentennale prevista dall'art. 21 del regio decreto n. 1775/1933. 
    Detta disposizione appare censurabile per i seguenti motivi: 
      1) Violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. e  dell'art  12
paragrafi 1 e 2 della direttiva  2006/123  relativa  ai  servizi  nel
mercato interno, nonche' violazione degli artt. 21, 28 e 30 del RD n.
1775/1933  disposizioni  statali  di  principio  nella   materia   di
legislazione  concorrente  «produzione,  trasporto  e   distribuzione
nazionale dell'energia», in relazione all'art. 117, terzo comma Cost. 
    Come noto, la materia delle concessioni  di  piccola  derivazione
idroelettrica, cosi' come per quelle di grande derivazione, afferisce
alla potesta' legislativa  concorrente  in  materia  di  «produzione,
trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»  i  cui  principi
fondamentali,  per  costante   giurisprudenza   costituzionale,   non
tollerano  eccezioni  sull'intero  territorio  nazionale  (Cfr.,   da
ultimo, Corte costituzionale, Sentenze nn. 14, 69 e 177 del  2018)  e
nel cui ambito i principi fondamentali  sono  dettati  dal  succitato
regio decreto n. 1775/1933 (recante «Testo unico  delle  disposizioni
di legge sulle acque e impianti elettrici»),  costituente,  per  quel
che occupa, parametro statale interposto e, in  specie,  dagli  artt.
21, 28 e 30. 
    Peraltro,  codesta  Corte  costituzionale  ha  chiarito  in  piu'
occasioni (ex multis, Cfr. Corte Costituzionale, Sentenze nn. 45  del
2010 e 401 del 2007) che  la  nozione  di  «concorrenza»  di  cui  al
secondo comma, lettera e), dell'art. 117 Cost. «[...]  non  puo'  che
riflettere quella operante in ambito comunitario». 
    Secondo quanto  previsto  dalla  succitata  normativa  interposta
statale, la competenza al rilascio dei rinnovi delle  concessioni  di
piccola derivazione idroelettrica e' in  capo  alle  regioni  o  alle
province, ai  sensi  degli  artt.  28  e  30  del  regio  decreto  n.
1775/1933. 
    In  base  al  combinato  disposto  degli  artt.  28  e  30  sopra
richiamati, il rinnovo delle concessioni di  piccole  derivazioni  di
acqua, con qualunque destinazione, e' consentito solo previa verifica
da parte dell'ufficio istruttore dell'effettivo fabbisogno idrico «in
funzione  delle  modifiche  dell'estensione   della   superficie   da
irrigare, dei tipi  di  colture  praticate  anche  a  rotazione,  dei
relativi consumi medi e dei metodi di irrigazione adottati». 
    La proroga automatica dettata  dall'art.3  impugnato  esclude  in
radice ogni tipo di controllo da parte dell'Autorita'  competente  in
relazione  alle   ricadute   sfavorevoli   del   mantenimento   della
concessione sul fabbisogno idrico generale e per di piu' in  un'epoca
caratterizzata dal susseguirsi di fenomeni siccitosi che impongono un
attento controllo dell'uso dell'acqua sul territorio. 
    Da questo punto di vista la disposizione viola pertanto le  norme
interposte sopra richiamate, da considerare quali principi statali da
osservare nella materia di legislazione concorrente della  produzione
dell'energia ex art. 117. Terzo comma Cost. 
    Occorre poi osservare  che,  il  suddetto  art.  30  consente  il
rinnovo delle concessioni, per una durata che,  di  regola,  in  base
all'art.  21  del  medesimo  regio  decreto,  e'  prevista  »sino   a
trent'anni» e, al  contempo,  stabilisce  che,  in  caso  di  mancato
rinnovo, lo Stato ha il diritto di ritenere senza  compenso  le  sole
«[...] opere costruite nell'alveo, sulle sponde  e  sulle  arginature
del corso d'acqua, o di obbligare il concessionario a rimuoverle e ad
eseguire a  proprie  spese  i  lavori  necessari  per  il  ripristino
dell'alveo,  delle  sponde  e  delle  arginature   nelle   condizioni
richieste dal pubblico interesse». 
    Pertanto, alla luce  della  vigente  legislazione,  tali  rinnovi
vengono rilasciati al  concessionario  uscente  al  persistere  delle
condizioni di pubblico interesse indicate dalla legge. 
    Tale disposizione, al contempo, non regola tuttavia ne' la  sorte
delle opere realizzate dal concessionario uscente  al  di  fuori  dei
siti  sopra  menzionati,  ne'  il  profilo   relativo   all'eventuale
indennizzo spettante  al  concessionario  uscente  in  considerazione
degli investimenti effettuati. 
    Differentemente dalla disciplina che regola le grandi derivazioni
idroelettriche di cui all'art. 12 del decreto legislativo n.  79/1999
(recante »Attuazione della direttiva 96/92/CE  recante  norme  comuni
per il mercato  interno  dell'energia  elettrica»),  la  legislazione
nazionale non prevede espressamente che i rinnovi per le  concessioni
di piccole derivazioni d'acqua  siano  soggetti  all'espletamento  di
apposite gare ad evidenza pubblica. 
    Ciononostante la produzione di energia idroelettrica  costituisce
un'attivita' economica, ai  sensi  dell'art.  57  TFUE,  a  cui  sono
applicabili,  in  via  generale,  i  principi   della   liberta'   di
stabilimento di cui  all'art.  49  TFUE  e,  piu'  specificamente,  i
principi della direttiva servizi 2006/123/CE, fra i quali l'art.  12,
paragrafo 1, della citata direttiva, recepito nel nostro  ordinamento
all'art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010,  n.  59  il  quale
prevede che «Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per  una
determinata attivita' sia limitato  per  via  della  scarsita'  delle
risorse naturali o delle capacita' tecniche utilizzabili,  gli  Stati
membri  applicano  una  procedura  di  selezione  tra   i   candidati
potenziali, che presenti garanzie di imparzialita' e di trasparenza e
preveda, in particolare,  un'adeguata  pubblicita'  dell'avvio  della
procedura e del  suo  svolgimento  e  completamento»  precisando,  al
paragrafo 2, che  «l'autorizzazione  e'  rilasciata  per  una  durata
limitata adeguata e  non  puo'  prevedere  la  procedura  di  rinnovo
automatico ne' accordare altri vantaggi al  prestatore  uscente  o  a
persone che con tale prestatore abbiano particolari legami». 
    Tali parametri normativi si attagliano perfettamente  anche  alla
peculiare concessione di  piccola  derivazione  in  commento  essendo
pacifico  che  l'acqua  costituisca  ormai,  purtroppo,  una  risorsa
naturale scarsa che, nel caso in cui la  stessa  sia  destinata  alla
produzione di energia  elettrica,  si  presta  indubbiamente  al  suo
sfruttamento economico. 
    Le concessioni del tipo  esaminato  si  qualificano  quindi  come
autorizzazioni  ad  esercitare  un'attivita'  economica  su   un'area
demaniale. 
    Per quanto riguarda l'applicabilita' dell'art.  49  TFUE  a  tali
fattispecie sembra utile rammentare che la Corte  di  giustizia,  sin
dalla  sentenza  7  dicembre  2000,  causa  C-324/98,  Telaustria   e
Telefonadress,  ha  chiarito  che  qualsiasi  atto  dello  Stato  che
stabilisce le condizioni alle quali e' subordinata la prestazione  di
un'attivita'  economica,  sia  tenuto   a   rispettare   i   principi
fondamentali del trattato  e,  in  particolare,  i  principi  di  non
discriminazione  in  base  alla  nazionalita'   e   di   parita'   di
trattamento, nonche' l'obbligo di trasparenza che ne deriva. 
    Nell'ottica della  Corte  detto  obbligo  di  trasparenza  impone
all'autorita' concedente di assicurare, a favore di  ogni  potenziale
offerente,  un  «adeguato  livello  di  pubblicita'»   che   consenta
l'apertura  del  relativo  mercato  alla  concorrenza,   nonche'   il
controllo   sull'imparzialita'   delle    relative    procedure    di
aggiudicazione. 
    La  Corte  ha  inizialmente  elaborato  tale  giurisprudenza  per
disciplinare quelle  commesse  pubbliche  che,  per  la  loro  natura
giuridica o per le  loro  ridotte  dimensioni,  sono  sottratte  alle
regole della concorrenza previste dalla normativa europea in tema  di
appalti pubblici. 
    Si puo', peraltro, ritenere che le ragioni di fondo alla base  di
tale giurisprudenza giustifichino  -  come,  del  resto,  chiaramente
confermato  dalla  sentenza  Promoimpresa  del   2016   -   la   loro
applicazione  ad  ogni  fattispecie  (anche  non   avente   carattere
puramente  negoziale  per  il  diritto  interno)  che  dia  luogo   a
prestazione  di  attivita'  economiche  o  che  comunque  costituisca
condizione per l'esercizio di dette attivita'. (Cfr. CdS Ad. Plen. n.
17/2021) 
    Detta    attivita'    economica    puo'    essere     d'interesse
transfrontaliero, proprio nelle ipotesi  normate  dall'art.  3  LR  n
.17/2023, nelle quali, ai proventi economici  normalmente  ritraibili
dalla produzione dell'energia elettrica, si aggiungono  anche  quelli
degli  incentivi  statali  di  regola  spalmati  su  un  lungo   arco
temporale. 
    La  disposizione  di  cui  all'art.  3  della   legge   regionale
Emilia-Romagna n. 17/2023, per come formulata, delinea una  specifica
ipotesi di rinnovo  tacito  che  esula  dai  principi  concorrenziali
soprarichiamati, consentendo al concessionario  uscente  a  cui,  nel
frattempo, e'  stato  riconosciuto  il  diritto  al  percepimento  di
incentivi,  di  beneficiare  di   una   proroga   della   concessione
originaria, in quanto la durata della stessa verrebbe slegata dal suo
originario  termine   contrattuale,   in   ragione   del   necessario
allineamento al periodo di incentivazione. 
    In buona sostanza, viene cosi' cristallizzato  il  riconoscimento
implicito di un rinnovo, in evidente  contrasto  con  i  principi  di
pubblicita',  trasparenza  e  non  discriminazione   previsti   dalla
normativa eurounitaria ed in particolare dall'art. 12 della direttiva
Bolkenstein che, secondo la costante giurisprudenza (Cfr., sul punto,
Cassazione, Sentenza n. 20 I del 2018; Consiglio di  Stato,  Adunanza
Plenaria, Sentenze nn. 17 e 18 del 2021; Corte di Giustizia, Sentenza
Promoimpresa  e  a.  C-458/14  e  C-67/15),  costituisce  norma  self
executing dell'ordinamento eurounitario, e, come  tale,  direttamente
applicabile  con  conseguente  necessita'  di  disapplicazione  della
normativa interna contrastante con essa. 
    La Corte di giustizia UE ha infatti statuito che »una proroga  ex
lege della data di scadenza delle autorizzazioni equivale a  un  loro
rinnovo automatico, che e' escluso dai termini stessi  dell'art.  12,
paragrafo 2, della  direttiva  2006/123  [...]  Inoltre,  la  proroga
automatica  (...)  non  consente  di  organizzare  una  procedura  di
selezione [ai sensi  dell'art.  12,  paragrafo  1,  della  direttiva»
(sentenza 14 luglio 2016, causa C-458/14, Promoimpresa,  punti  50  e
51). 
    A completamento  del  suesposto  quadro  normativo,  meritano  di
essere  ricordati  ulteriori  arresti  giurisprudenziali  che   hanno
evidenziato la criticita' dei  rinnovi,  sostanzialmente  automatici,
delle concessioni. 
    Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, con sentenza del 13
dicembre 2018, n. 201, ha disapplicato l'art. 30 del regio decreto n.
1775/1933, a mente del quale «qualora al  termine  della  concessione
persistano i fini della derivazione e non ostino superiori ragioni di
pubblico interesse, al concessionario e'  rinnovata  la  concessione,
con quelle modificazioni che, per le variate condizioni dei luoghi  e
del corso d'acqua si rendessero necessarie». 
    Detto Giudice ha infatti affermato che  tale  disposizione  «deve
essere disapplicata nella parte in cui  consente  il  rinnovo  di  un
contratto di concessione, senza la previa indizione di una procedura,
trasparente e  conoscibile,  che  consenta  ai  terzi  che  vi  hanno
interesse di formulare  una  proposta  concorrente,  sulla  base  dei
principi   di   derivazione   comunitaria   per   i   quali,   quando
l'amministrazione attribuisce occasioni di  vantaggio  a  privati  in
relazione a beni pubblici la cui disponibilita'  sia  limitata,  deve
rispettare i principi di  non  discriminazione  e  pari  trattamento,
corollari di quello di concorrenza su cui si basa il Trattato UE». 
    La Corte di Cassazione (Sentenza n. 1082 del 16 settembre 2020) e
codesta Corte costituzionale (Sentenza n. 10  del  29  gennaio  2021)
sono intervenute nello stesso senso su questioni analoghe concernenti
il rinnovo delle concessioni demaniali marittime. 
    In particolare, la Corte di Cassazione,  conformemente  a  quanto
gia'  ritenuto  dal  TSAP,  ha  disposto  la  disapplicazione   della
disciplina nazionale per contrasto  con  l'art.  12  della  direttiva
Bolkestein,    in    quanto    norma    immediatamente     precettiva
dell'ordinamento eurounitario, precisando  che  «[...]  e'  indubbio,
dopo la pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n. 227 del  24
giugno 2010), che  l'art.  12  della  Direttiva  Bolkestein e'  self-
executing, cioe' ha efficacia diretta  nell'ordinamento  degli  Stati
Membri». 
    Con il parere dell'Autorita'  Garante  della  Concorrenza  e  del
Mercato n. S4219 in merito alla legge  della  Provincia  Autonoma  di
Trento n. 6/2021, e' stato evidenziato come il  rilascio  di  piccole
concessioni idroelettriche  c.d.  mini-idro,  (con  potenza  nominale
media dell'impianto fino a 3000 kW), al pari  delle  concessioni  per
impianti di maggiore potenza, deve avvenire in «applica[zione di] una
procedura di selezione  tra  i  candidati  potenziali,  che  presenti
garanzie di imparzialita' e di trasparenza e preveda, in particolare,
un'adeguata  pubblicita'  dell'avvio  della  procedura  e   del   suo
svolgimento  e  completamento»,  in  quanto   gli   enti   competenti
rilasciano un titolo autorizzativo allo svolgimento  di  un'attivita'
economica il cui accesso e' limitato dalla  scarsita'  della  risorsa
naturale necessaria al suo esercizio. 
    Detta  Autorita'  e'  pervenuta  quindi  alla   conclusione   che
l'assegnazione  o  riassegnazione  delle   concessioni   di   piccola
derivazione idroelettrica, in assenza di una procedura selettiva  tra
i vari  richiedenti,  organizzata  nel  rispetto  degli  inderogabili
principi di trasparenza, pubblicita' e parita' di  accesso,  si  pone
infatti in contrasto con i principi euro-unitari e nazionali a tutela
e  promozione  della  concorrenza,  la  cui  osservanza   condiziona,
comunque,  la  legittimita'   costituzionale   dell'esercizio   della
competenza normativa delle Province  autonome  (e  a  maggiore  anche
quella delle regioni a statuto ordinario). 
    La medesima AGCM con il parere del 31 gennaio 2024 Rif. n. S4867,
si e' pronunciata proprio in merito alla legge  regionale  della  cui
legittimita' si controverte  nel  presente  giudizio,  segnalando  la
possibile  incostituzionalita'  dell'art.  3  quivi   impugnato   per
violazione dei principi dell'ordinamento euro-unitario in materia  di
assegnazione  delle  concessioni  di  derivazioni  d'acqua  a   scopo
idroelettrico (art. 117, comma  1,  Cost.)  e  per  violazione  della
competenza statale esclusiva in materia di «concorrenza»  (art.  117,
comma 2, lettera e) Cost). 
    Con la  segnalazione  AS17223  la  medesima  AGCM  ha,  altresi',
evidenziato il contrasto con i principi a tutela e  promozione  della
concorrenza e di liberta' di  stabilimento,  nonche'  con  l'art.  12
della direttiva 2006/123/CE, delle normative regionali facenti rinvio
al procedimento di rinnovo automatico delle concessioni in  scadenza,
di cui al combinato disposto degli artt. 28 e 30 del regio decreto n.
1775/1933. 
    L'Autorita' ha costantemente ribadito che,  alla  scadenza,  ogni
proroga,  che  non  sia  meramente  funzionale  all'espletamento  dei
processi competitivi di selezione del nuovo concessionario, contrasti
con  la  disciplina  eurounitaria  e  con  i  principi  di   apertura
concorrenziale del mercato, traducendosi in un  ingiustificato  favor
per il gestore uscente. 
    Merita di essere infine  richiamata  la  segnalazione  dell'AGCM,
AS1730  del  22  marzo  2021,   contenente   «Proposte   di   riforma
concorrenziale ai fini della  legge  annuale  per  il  mercato  e  la
concorrenza - anno 2021», che e' culminata nell'adozione da parte del
Parlamento della legge n. 118/2022. 
    Tale  segnalazione  ha  infatti  auspicato  l'adozione   di   una
procedura equa, non  discriminatoria  e  trasparente  come  modalita'
ordinaria di assegnazione delle concessioni, con garanzia di  massima
partecipazione e di parita' di condizioni. Ha,  inoltre,  evidenziato
il  problema  legato  al  possibile   conflitto   di   interessi   in
considerazione della frequente  coincidenza,  in  capo  a  regione  o
provincia autonoma, dei ruoli di legislatore, stazione  appaltante  e
gestore uscente. 
    Occorre inoltre osservare che,  il  sacrificio  della  disciplina
della  concorrenza  operato  dal   legislatore   regionale   con   la
disposizione  impugnata,  che  mira  ad  allineare  la  durata  della
concessione al periodo di incentivazione degli impianti,  non  appare
nemmeno controbilanciato dalla tutela di rilevanti interessi pubblici
quali,  ad  esempio,  la  promozione  di  interventi  di  risanamento
ambientale, di investimenti funzionali a una  migliore  conservazione
degli invasi (anche per far fronte a eventi  siccitosi),  nonche'  la
garanzia della salvaguardia dei livelli occupazionali. 
    Sul punto, si evidenzia che l'esigenza di promuovere investimenti
nel  settore  della  produzione  di  energia  idroelettrica  nel  suo
complesso e' stata debitamente considerata dalla Commissione  europea
in sede di archiviazione della procedura di infrazione n.  2011/20162
(in tema di mancata messa a  gara  delle  concessioni  idroelettriche
scadute), che, seppur relativa a concessioni  di  grande  derivazione
idroelettrica, appare  estensibile  anche  al  caso  delle  «piccole»
concessioni. 
    Appare  d'altronde  irragionevole  la  scelta  di  accordare   al
concessionario il beneficio della proroga automatica dal momento  che
il regime incentivante, accordato per un tempo  eccedente  la  durata
della concessione in corso di efficacia, si riferisce all'impianto  e
non alla figura del concessionario  in  quanto  tale  (tanto  che  la
stessa  normativa  fa  riferimento  agli  incentivi  «connessi   alla
derivazione») e,  dunque,  puo'  al  piu'  rappresentare  un  aspetto
dell'offerta  per  l'aggiudicazione  della  gara   bandita   per   la
riassegnazione della concessione, non  potendosi  invece  l'ulteriore
margine di arricchimento  per  l'operatore  incumbent,  che  ha  gia'
ammortizzato  i  costi  dell'investimento  parametrato  alla   durata
originaria della concessione. 
    Tutto cio' premesso, appare evidente che  l'art.  3  della  legge
regionale di cui trattasi e' idoneo a  produrre  effetti  restrittivi
della concorrenza nella parte in cui allinea la durata dei  contratti
di concessione  al  periodo  «incentivante  di  riconoscimento  degli
incentivi» che il concessionario abbia eventualmente ottenuto per  la
produzione di energia elettrica connessa alla derivazione. 
    Con queste modalita' la legge regionale dispone,  di  fatto,  una
proroga delle concessioni esistenti, in violazione  dei  principi  di
parita' di trattamento, concorrenza e non discriminazione. 
      2) Violazione dell'art. 117, secondo comma,  lett.  e),  Cost.,
per violazione della  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di
tutela della concorrenza. 
    L'Art.  3  della  LR  impugnata  nel  presente  giudizio   appare
illegittimo  anche  perche'  adottato  in  violazione  delle   regole
costituzionali di riparto della competenza legislativa tra lo Stato e
le Regioni e le Provincie Autonome che assegnano unicamente al  primo
il potere di disciplinare la materia di «tutela  della  concorrenza»,
di cui all'art. 117 comma 2, lettera e), Cost.. 
    Detta materia, per pacifica  giurisprudenza,  ha  infatti  natura
trasversale, stante il  carattere  finalistico  della  medesima,  con
conseguente possibilita' di influire su altre materie attribuite alla
competenza legislativa concorrente o residuale delle  Regioni  (Cfr.,
ex multis, Corte Costituzionale, Sentenze nn. 93  del  2017,  38  del
2013, 299 del 2012, 28 del 2014, 16 del 2021 e n. 39 del 2020). 
    L'accesso degli operatori economici al mercato dell'energia  deve
avvenire in base a condizioni uniformi sul territorio nazionale. 
    Spetta dunque solo al legislatore statale definire le regole  che
disciplinano l'espletamento della gara ad  evidenza  pubblica  per  i
casi di scadenza, decadenza, rinuncia  o  revoca  di  concessione  di
grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico (C.  Cost.  sentenze
n. 1 del 2008 n. 339 del 2011, n. 1 del 2008 e n.  401  del  2007)  -
rientrano nella materia «tutela  della  concorrenza»,  di  competenza
esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.). 
    Ad analoghe conclusioni si puo' pervenire  con  riferimento  alle
piccole concessioni idroelettriche.