IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                           Sezione quinta 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 723 del 2022, proposto da P                        
D                     , rappresentato e  difeso  dall'avvocato  Luigi
Parenti, con domicilio digitale come da PEC da registri di  giustizia
e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle  Milizie
114; 
    contro Ministero della giustizia,  in  persona  del  Ministro  in
carica, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello  Stato,
domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    e con l'intervento di ad adiuvandum: 
      A       (A             P           e S                   ),  in
persona del legale  rappresentante  pro  tempore,  e  M              
V          , entrambi rappresentati e difesi  dagli  avvocati  Nicola
Zampieri, Fabio Ganci, Walter Miceli, Salvatore Russo, con  domicilio
digitale come da PEC da registri di giustizia; 
    per l'annullamento: 
      del       provvedimento       prot.        n.                  
del                     , del Dipartimento per la Giustizia  minorile
e di comunita'  -  Ufficio  interdistrettuale  di  esecuzione  penale
esterna per la Sardegna, di  immediata  sospensione  dal  diritto  di
svolgere l'attivita' lavorativa, emesso nei confronti dell'Assistente
Capo   di   Polizia    Penitenziaria    P                   D        
            , matricola ministeriale, ai sensi del  decreto-legge  26
novembre 2021, n. 172, art. 2  comma  3,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 282 del 26 novembre 2021; 
      dell'invito  a  produrre  la  documentazione  con  nota   prot.
n.               del              ; 
      del decreto-legge 26 novembre 2021,  n.  172,  recante  «Misure
urgenti per il  contenimento  dell'epidemia  da  COVID-19  e  per  lo
svolgimento in sicurezza delle attivita' economiche e sociali»; 
      del decreto-legge del 21 settembre 2021, n. 127 recante «Misure
urgenti  per  assicurare  lo  svolgimento  in  sicurezza  del  lavoro
pubblico e  privato  mediante  l'estensione  dell'ambito  applicativo
della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di
screening»; 
      del decreto-legge  1°  aprile  2021,  n.  44,  recante  «Misure
urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia  di
vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici»; 
      della legge del 28 maggio 2021, n. 76; 
      della legge del 23 luglio 2021, n. 106; 
      del decreto-legge del 7 gennaio 2022 n. 1; 
      di  ogni  altro  atto  presupposto,  connesso,  collegato   e/o
consequenziale, antecedente o successivo, ancorche' non conosciuto; 
      nonche' per la condanna dell'amministrazione al risarcimento di
tutti i danni subiti e subendi dal ricorrente. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione  in  giudizio  del  Ministero  della
Giustizia; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2022 il  dott.
Sebastiano Zafarana e uditi per le parti i difensori come specificato
nel verbale; 
    1.1. Con ricorso notificato il 26 gennaio 2022  e  depositato  in
pari data il ricorrente, Assistente Capo Coordinatore  della  Polizia
Penitenziaria in  servizio  presso                   di              
       ,   ha   impugnato   il   provvedimento    prot.    nr        
 del                    , del Dipartimento per la giustizia  minorile
e di comunita'  -  Ufficio  interdistrettuale  di  esecuzione  penale
esterna per la Sardegna, di  immediata  sospensione  dal  diritto  di
svolgere l'attivita' lavorativa. 
    Il provvedimento di sospensione e' stato  emesso  a  seguito  del
mancato adempimento dell'obbligo vaccinale introdotto dall'  art.  2,
comma 3, del decreto-legge n. 172 del 26 novembre 2021 convertito con
modificazioni dalla legge 21  gennaio  2022,  n.  3  (nella  Gazzetta
Ufficiale del 25 gennaio 2022, n. 19) il  quale  ha  aggiunto  l'art.
4-ter al decreto-legge n. 44/2021. 
    In  particolare  nel  provvedimento  e'  dato  leggere   che   il
ricorrente  -  in   riscontro   all'invito   dell'amministrazione   a
sottoporsi alla vaccinazione ricevuto in data              presentava
dapprima la ricevuta della prenotazione vaccinale contro il  COVID-19
fissata per il giorno                  ; 
    successivamente, in data                        ,  il  ricorrente
comunicava di aver posticipato la somministrazione del vaccino al 2; 
    infine con e-mail  del                        comunicava  di  non
essersi  sottoposto  a  vaccinazione  in   quanto   intenzionato   ad
effettuare esami di laboratorio preliminarmente alla somministrazione
del vaccino. 
    Il  ricorrente  sostiene  che  l'impugnato  decreto  dirigenziale
n.               del                  , nonche' tutti  gli  atti  del
procedimento amministrativo  aperto  nei  suoi  confronti,  sarebbero
illegittimi per illegittimita' derivata dell'art. 4-ter decreto-legge
n. 44/2021 (articolo inserito dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge
26 novembre 2021, n. 172, convertito con modificazioni dalla legge 21
gennaio 2022, n. 3) il quale presenterebbe profili di  illegittimita'
costituzionale sotto diversi profili. 
    Il ricorrente - premesso di lavorare in un  ufficio  occupato  da
n          dipendenti debitamente distanziati tra  di  loro,  di  cui
peraltro uno assente - ha sostenuto la natura  discriminatoria  della
norma che gli impedisce di accedere al luogo di lavoro, in quanto non
vaccinato,   seppure   disponibile    a    sottoporsi    a    tampone
ogni quarantotto ore ed ha chiesto a questo TAR: di essere  riammesso
in  servizio  con  la  conseguente  retribuzione   ovvero,   in   via
subordinata, di annullare  parzialmente  il  provvedimento  impugnato
nella parte  in  cui  viene  prevista  la  totale  sospensione  della
retribuzione (chiedendo in definitiva  di  poter  ottenere  l'assegno
alimentare come meglio precisato nella parte motiva del ricorso). 
    Nel caso di specie il  ricorrente  ha  motivato  le  ragioni  del
rifiuto a sottoporsi a vaccinazione dichiarando in ricorso  che  «non
assume farmaci perche' nell'assumerli  ha  come  conseguenze  effetti
indesiderati ed anche gravi». 
    Sostiene che la sospensione dal servizio  stabilito  dalla  norma
per  la  categoria  professionale  cui   egli   appartiene   (Polizia
penitenziaria) integrerebbe una evidente  disparita'  di  trattamento
rispetto ad altre categorie professionali, atteso che le mansioni  da
egli in concreto svolte nella sua  qualita'  di  Assistente  capo  di
Polizia Penitenziaria sono in  parte  equiparabili  a  quelle  svolte
anche da soggetti appartenenti a professioni differenti per le quali,
tuttavia, a parita' di condizioni, non  e'  stato  imposto  l'obbligo
vaccinale. 
    Anzi vi sarebbero categorie di lavoratori per i quali, in  alcuni
casi, l'attivita' lavorativa risulta in concreto  essere  addirittura
maggiormente rischiosa da un punto di vista  epidemiologico  rispetto
alle mansioni da egli svolte, in quanto  svolta  a  contatto  con  il
pubblico o i colleghi di lavoro. 
    Deduce inoltre, quanto al suo caso specifico, di svolgere compiti
d'ufficio e che per il numero  di  addetti  e  per  le  modalita'  di
svolgimento dell'attivita' lavorativa non vi sarebbe  nessun  rischio
di contagiare e/o essere contagiato da altri colleghi  o  da  persone
terze, sicche' un obbligo generalizzato di vaccinazione  non  sarebbe
giustificato  nemmeno  nell'ambito   della   propria   categoria   di
appartenenza, essendo  sempre  possibile  per  il  datore  di  lavoro
distinguere caso per caso. 
    E  cosi'  il  datore  di  lavoro  avrebbe  potuto,  ad   esempio,
assegnargli mansioni alternative idonee a non arrecare  pericoli  per
la salute pubblica; o disporre lo svolgimento delle  stesse  mansioni
da remoto senza  alcun  pregiudizio  per  la  qualita'  del  servizio
svolto. 
    Il provvedimento impugnato  sarebbe  altresi'  illegittimo  nella
parte in cui, a corollario della disposta sospensione  dal  servizio,
prevede che «durante tale periodo non sono dovuti la retribuzione ne'
altro compenso o emolumento  comunque  denominati,  anche  di  natura
previdenziale»  in  quanto  la  disposizione  di  cui  fa  pedissequa
applicazione  (art.4-ter,  comma   3,   decreto-legge   n.   44/2021)
integrerebbe un'evidente disparita' di trattamento rispetto ad  altre
ipotesi di sospensione del pubblico  dipendente  dal  servizio,  come
risulterebbe evidente dal raffronto con gli art. 914 e  seguenti  del
decreto legislativo n. 66/2010 (Codice dell'ordinamento militare): 
      l'art.  914  del  decreto  legislativo  n.  66/2010   rubricato
«Sospensione  a  seguito  di  condanna  penale»  prevede   che:   «La
sospensione   dall'impiego   e'   applicata   ai   militari   durante
l'espiazione di pene detentive, anche  se  sostituite  in  base  alle
disposizioni dell'ordinamento penitenziario»; 
      l'art.  915  del  decreto  legislativo  n.  66/2010   rubricato
«Sospensione precauzionale obbligatoria» prevede  altresi'  che:  «La
sospensione  precauzionale  dall'impiego  e'  sempre  applicata   nei
confronti del militare se sono adottati a suo carico: 
        a) il fermo o l'arresto; 
        b) le misure cautelari coercitive limitative  della  liberta'
personale; 
        c) le misure cautelari interdittive  o  coercitive,  tali  da
impedire la prestazione del servizio; 
        d) le misure di prevenzione provvisorie, la cui  applicazione
renda impossibile la prestazione del servizio»; 
      l'art.  916  del  decreto  legislativo  n.  66/2010   rubricato
«Sospensione  precauzionale  facoltativa  connessa   a   procedimento
penale» stabilisce che: «La  sospensione  precauzionale  puo'  essere
applicata nei confronti di un militare se lo stesso e'  imputato  per
un reato da cui puo' derivare la perdita del grado»; 
      infine l'art. 920 del decreto legislativo n. 66/2010  rubricato
«Norme comuni in materia di sospensione  dall'impiego»  prevede  che:
«Al militare durante la sospensione  dall'impiego  compete  la  meta'
degli assegni a carattere fisso e continuativo.  Agli  effetti  della
pensione, il tempo trascorso in sospensione dal servizio e' computato
per meta'». 
    Lamenta che le citate disposizioni normative prevedono che l'ente
di  appartenenza  sospenda  (in  via  precauzionale,  obbligatoria  o
facoltativa) il militare che sia imputato di un reato  da  cui  possa
derivare la perdita del grado, o il militare sottoposto ad arresto  o
qualsiasi altra misura cautelare; e tuttavia, in tutte le ipotesi  di
sospensione cosi' previste, e'  sempre  garantita  al  dipendente  la
corresponsione  di  meta'  degli  assegni   a   carattere   fisso   e
continuativo. Di converso, la previsione contenuta nel  decreto-legge
n. 44/2021 prevede la totale sospensione dalla retribuzione per tutti
i dipendenti  che  non  vogliano  e/o  non  possano  sottoporsi  alla
somministrazione del vaccino da COVID-19, e cio'  nonostante  sia  la
stessa norma ad escludere  che  detto  rifiuto  integri  un  illecito
penale o anche solo disciplinare. 
    La previsione normativa in commento sarebbe, dunque,  palesemente
illegittima creando un'evidente disparita' di trattamento rispetto  a
quanto   statuito,   secondo    l'esempio    citato,    dal    codice
dell'ordinamento militare. 
    Deduce infine che i decreti legge summenzionati fanno  unicamente
riferimento alla sospensione dalla «retribuzione» ma non dall'assegno
alimentare, che ha natura  indennitaria  e  si  riferisce  al  minimo
vitale per se' e per la propria famiglia, come prescrive  l'art.  36,
comma 2, Cost. con il quale si porrebbe allora in evidente contrasto.
Deduce  pertanto  che  «La  sospensione  dal  lavoro,   come   misura
precauzionale, comporta  un  irragionevole,  perche'  sproporzionato,
bilanciamento del diritto al lavoro e a un'equa retribuzione,  da  un
lato,  ed  il  dovere  di  solidarieta'  e  il  diritto  alla  salute
individuale  e  collettivo,  dall'altro.  Il  rapporto  tra   diritto
collettivo alla salute e diritto al lavoro non risulta  adeguatamente
bilanciato dal decreto-legge n. 44/2021,  che  e'  assimilabile  alle
leggi-provvedimento per il contenuto dettagliato e  settoriale  delle
misure adottate  e  va  assoggettato  ad  uno  stretto  scrutinio  di
costituzionalita'  in  considerazione  del  pericolo  di  trattamento
differenziato  insito   in   previsioni   di   tipo   particolare   e
derogatorio». 
    1.2. In data 31 gennaio 2022 si  e'  costituito  in  giudizio  il
Ministero della Giustizia, successivamente  depositando  documenti  e
memoria di  costituzione  con  la  quale  ha  chiesto  rigettarsi  il
ricorso. 
    Deduce il Ministero che i provvedimenti  adottati  nei  confronti
del  ricorrente  troverebbero  all'evidenza  fondamento  giuridico  e
autosufficiente   motivazione   nell'accertamento   dell'inosservanza
dell'obbligo  vaccinale  previsto  dalla  normativa,  determinandosi,
proprio in  virtu'  di  detta  circostanza,  l'immediata  sospensione
dell'interessato dal diritto di svolgere l'attivita'  lavorativa  con
sospensione della retribuzione, senza conseguenze disciplinari e  con
diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. 
    L'amministrazione avrebbe dunque agito in conformita' con  quanto
disposto  dalla  normativa  di   rango   primario   e   non   sarebbe
configurabile per l'amministrazione alcuno  spazio  per  determinarsi
diversamente. 
    Il provvedimento, del resto  non  avrebbe  carattere  definitivo,
giustificandosi per l'appunto nel perdurare  della  (e  fintanto  che
perdura la) inosservanza;  talche'  sarebbe  lasciata  al  ricorrente
l'iniziativa di dimostrare l'ottemperanza  all'obbligo  vaccinale  in
qualunque momento con diritto alla  riammissione  in  servizio  e  al
conseguente trattamento retributivo. 
    1.3.  Con  ordinanza  n.                 del                     
 questa sezione ha accolto  la  domanda  cautelare  con  la  seguente
motivazione «Considerato che il ricorso richiede  approfondimento  di
merito, in relazione ai profili di doveroso bilanciamento  di  valori
costituzionali, tra la tutela della salute come interesse  collettivo
- cui e' funzionalizzato l'obbligo vaccinale - e  l'assicurazione  di
un sostegno economico vitale  -  idoneo  a  sopperire  alle  esigenze
essenziali  di  vita,  nel  caso  di  sospensione  dell'attivita'  di
servizio per mancata sottoposizione alla somministrazione delle  dosi
e successivi richiami, c.d. booster - tenuto conto che la sospensione
e' dichiaratamente di natura non disciplinare e implica la privazione
integrale  del  trattamento  retributivo.  Ritenuto,   pertanto,   di
accogliere l'istanza cautelare,  nel  senso  che  al  ricorrente  sia
corrisposto un assegno alimentare pari  alla  meta'  del  trattamento
retributivo di attivita', confermando il decreto monocratico  del  27
gennaio 2022 n. 544,  nei  sensi  indicati».  La  suddetta  ordinanza
cautelare non e' stata appellata dal Ministero resistente. 
    1.4.  Successivamente  hanno  spiegato  atto  di  intervento   ad
adiuvandum l'A        (A            P      e  S             )  ed  il
sig. M             V              in proprio, i quali hanno insistito
per  l'accoglimento  del  ricorso  previa   remissione   alla   Corte
Costituzionale  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 4-ter del decreto-legge n. 44/2021 (introdotto dall'art.  2
del decreto-legge n. 172/2021 convertito dalla legge n. 3/22). 
    Deducono gli intervenienti, quanto alla  loro  legittimazione  ad
intervenire in giudizio: 
      che il sig. M V ,  Maresciallo  della  Guardia  di  Finanza  in
servizio alle dipendenze del Comando Provinciale  di                ,
vanterebbe un interesse, ai sensi dell'art. 28 del  codice  procedura
amministrativa a sostenere le ragioni del  ricorrente  principale  in
quanto non essendosi sottoposto alla vaccinazione ha,  a  sua  volta,
subito  un  provvedimento  di  sospensione  dal  servizio   e   dalla
retribuzione emanato proprio  in  applicazione  dell'art.  4-ter  del
decreto-legge n. 44/2021; l'interveniente -  il  quale  peraltro  non
dichiara ne'  documenta  di  avere  tempestivamente  impugnato  nelle
competenti sedi il provvedimento di sospensione  che  lo  riguarda  -
sostiene di avere un interesse  collegato  e  dipendente  rispetto  a
quello  fatto  valere  dal   ricorrente   principale,   poiche'   «la
sopravvenuta dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della
norma che disciplina il potere di adozione di un atto  amministrativo
oggetto  di  ricorso  giurisdizionale,   determina   l'illegittimita'
derivata dell'atto stesso» (cosi', ex multis, Cons. Stato, Sez. II, 7
settembre 2020, n. 5399); 
      che analogamente  l'  sarebbe  legittimata  ad  intervenire  in
quanto titolare di un proprio interesse qualificato a contrastare  la
discriminazione operata dall'art. 4-ter del  decreto-legge  n.  44/21
nei confronti del personale non vaccinato, in  quanto  organizzazione
sindacale  riconosciuta  maggiormente   rappresentativa   a   livello
nazionale nel Comparto Istruzione e ricerca,  ai  cui  dipendenti  il
contestato art. 4-ter ha pure esteso l'obbligo vaccinale. 
    1.5. In vista dell'udienza pubblica di discussione  nessun  altro
scritto difensivo e' stato depositato dalle parti. 
    1.6. Alla pubblica udienza del 6 maggio  2022,  dopo  discussione
dei  difensori  delle  parti,  il  ricorso  e'  stato  trattenuto  in
decisione. 
    2. Quanto al merito del ricorso il  Collegio  ritiene  di  dovere
riservare   ogni   determinazione   all'esito    dell'incidente    di
costituzionalita' che viene sollevato con il presente provvedimento. 
    Va conseguentemente riservata a tale fase anche ogni  valutazione
in  ordine  alla  dubbia  ammissibilita'  degli  atti  di  intervento
spiegati in giudizio. 
    3. Ricostruzione normativa. 
    Preliminarmente appare utile effettuare una  breve  ricostruzione
del quadro normativo vigente, per quanto di interesse alle  questioni
oggetto di causa. 
    L'art. 4, comma 1, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, conv.
in l. 28 maggio 2021 n. 76, al fine di tutelare la salute pubblica  e
mantenere adeguate  condizioni  di  sicurezza  nell'erogazione  delle
prestazioni di cura e assistenza, in  attuazione  del  piano  di  cui
all'art. 1,  comma  457,  della  legge  30  dicembre  2020,  n.  178,
stabilisce che gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori
di interesse sanitario di cui all'art. 1, comma  2,  della  legge  1°
febbraio  2006,  n.  43,  per  la   prevenzione   dell'infezione   da
SARS-CoV-2, sono obbligati  a  sottoporsi  a  vaccinazione  gratuita,
comprensiva, a far data dal 15 dicembre 2021, della  somministrazione
della dose di richiamo successiva al ciclo  vaccinale  primario,  nel
rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con  circolare  del
Ministero della salute. La disposizione, al comma 2, prevede  che  la
vaccinazione costituisce requisito essenziale per  l'esercizio  della
professione e per lo svolgimento  delle  prestazioni  lavorative  dei
soggetti obbligati, essendone possibile l'omissione o il differimento
solo in caso di accertato pericolo per  la  salute,  in  relazione  a
specifiche condizioni cliniche  documentate,  attestate  dal  proprio
medico curante di medicina generale ovvero  dal  medico  vaccinatore,
nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di
esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2. 
    Successivamente e per quanto qui di interesse l'art. 2, comma  1,
del decreto legislativo 26 novembre  2021,  n.  172,  convertito  con
modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3  ha  inserito  l'art.
4-ter al decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44. L'art.  44-ter   recita
dunque: 
      «1.  Dal  15  dicembre  2021,  l'obbligo   vaccinale   per   la
prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 di cui  all'art.  3-ter,  da
adempiersi, per la somministrazione della dose di richiamo,  entro  i
termini di validita' delle  certificazioni  verdi  COVID-19  previsti
dall'art. 9, comma 3,  del  decreto-legge  22  aprile  2021,  n.  52,
convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87,  si
applica  anche  alle  seguenti  categorie:  a...;  b)...;  c...;   d)
personale  che  svolge  a  qualsiasi  titolo  la  propria   attivita'
lavorativa    alle    dirette     dipendenze     del     Dipartimento
dell'amministrazione  penitenziaria  o  del   Dipartimento   per   la
giustizia  minorile  e  di  comunita',  all'interno  degli   istituti
penitenziari per adulti e minori. 
    2.  La  vaccinazione  costituisce  requisito  essenziale  per  lo
svolgimento delle attivita'  lavorative  dei  soggetti  obbligati  ai
sensi del comma 1. I  responsabili  delle  strutture  in  cui  presta
servizio il personale di  cui  al  comma  1  assicurano  il  rispetto
dell'obbligo di cui al medesimo comma 1. Si applicano le disposizioni
di cui all'art. 4, commi 2 e 7 . 
    3. I  soggetti  di  cui  al  comma  2  verificano  immediatamente
l'adempimento dell'obbligo vaccinale di cui al comma 1 acquisendo  le
informazioni necessarie anche secondo le modalita'  definite  con  il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'art.  9,
comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n.  52,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87. Nei casi in cui non
risulti l'effettuazione  della  vaccinazione  anti  SARS-CoV-2  o  la
presentazione  della  richiesta  di  vaccinazione   nelle   modalita'
stabilite nell'ambito della campagna vaccinale in atto, i soggetti di
cui al comma 2 invitano, senza  indugio,  l'interessato  a  produrre,
entro cinque giorni dalla ricezione  dell'invito,  la  documentazione
comprovante l'effettuazione della vaccinazione oppure  l'attestazione
relativa all'omissione  o  al  differimento  della  stessa  ai  sensi
dell'art. 4, comma 2, ovvero  la  presentazione  della  richiesta  di
vaccinazione da eseguirsi in un termine non superiore a venti  giorni
dalla  ricezione  dell'invito,   o   comunque   l'insussistenza   dei
presupposti per l'obbligo vaccinale di cui al comma  1.  In  caso  di
presentazione  di   documentazione   attestante   la   richiesta   di
vaccinazione, i soggetti di cui al comma 2 invitano  l'interessato  a
trasmettere immediatamente e comunque  non  oltre  tre  giorni  dalla
somministrazione,   la   certificazione   attestante    l'adempimento
dell'obbligo  vaccinale.  In  caso  di  mancata  presentazione  della
documentazione di cui al secondo e terzo periodo i soggetti di cui al
comma 2 accertano l'inosservanza dell'obbligo vaccinale  e  ne  danno
immediata   comunicazione   scritta   all'interessato.   L'atto    di
accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dal
diritto  di  svolgere  l'attivita'  lavorativa,   senza   conseguenze
disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.
Per il periodo di sospensione, non sono dovuti  la  retribuzione  ne'
altro compenso o emolumento, comunque denominati. La  sospensione  e'
efficace fino alla comunicazione da parte dell'interessato al  datore
di  lavoro  dell'avvio  o  del  successivo  completamento  del  ciclo
vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo, e
comunque non oltre il  31  dicembre  2022.  In  caso  di  intervenuta
guarigione si applica la disposizione dell'art. 4, comma 5». 
    L'art. 8, comma 4,  del  decreto  legge  24  marzo  2022  n.  24,
convertito con modificazioni dalla legge 19 maggio 2022, n. 52 ha poi
esteso fino al 15 giugno 2022 l'obbligo vaccinale  per  la  categoria
qui in esame. 
    4. Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. 
    Il ricorrente  e'  assistente  capo  coordinatore  della  Polizia
Penitenziaria       in       servizio       presso                  .
di                          . 
    Lo stesso ha ritenuto  di  non  adempiere  all'obbligo  vaccinale
prescritto dall'art. 4-ter comma 1 lettera d) d.l. n. 44/2021,  e  in
ricorso non documenta di versare in una  delle  ipotesi  per  cui  la
vaccinazione puo' essere omessa  o  differita,  ma  afferma  soltanto
genericamente che «non assume farmaci perche' nell'assumerli ha  come
conseguenze effetti indesiderati ed anche gravi». 
    E' stato quindi sospeso dal servizio  e  dalla  retribuzione  con
provvedimento prot. n.                   del                   ,  del
Dipartimento per la Giustizia  Minorile  e  di  Comunita'  -  Ufficio
interdistrettuale di esecuzione penale esterna per la Sardegna. 
    Il  provvedimento   e'   stato   emesso   in   applicazione   del
decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, art. 2  comma  3,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 282 del 26 novembre 2021 (convertito  con
modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3.) che  ha  introdotto
l'art. 4-ter comma 1 lettera d) al decreto-legge n. 44/2021. 
    Il  ricorrente  chiede  l'annullamento   del   provvedimento   di
sospensione dal servizio e  dalla  retribuzione  e/o,  in  subordine,
l'annullamento del provvedimento «nella parte in  cui  in  cui  viene
prevista la totale sospensione della retribuzione» (ovvero,  come  si
evince dalla parte motiva del ricorso, nella parte in cui non prevede
almeno la corresponsione di un assegno alimentare). 
    Orbene deve rilevarsi che la disciplina prevista dall'art. 4-ter,
comma 3, decreto-legge n. 44/2021,  sul  punto,  e'  lapidaria  nello
stabilire che: «L'atto di accertamento  dell'inadempimento  determina
l'immediata  sospensione  dal   diritto   di   svolgere   l'attivita'
lavorativa,  senza  conseguenze  disciplinari  e  con  diritto   alla
conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di  sospensione,
non sono dovuti la retribuzione  ne'  altro  compenso  o  emolumento,
comunque denominati». 
    La formulazione utilizzata, nel fare  espresso  riferimento  alla
retribuzione ed a qualsiasi  altro  compenso  o  emolumento  comunque
denominati  -  locuzioni,  tutte,  che  rinviano  a  un  concetto  di
corrispettivita' tra le prestazioni - sembra  comunque  esprimere  un
concetto omnicomprensivo non  suscettibile  di  interpretazione,  che
sembra escludere perfino il  riconoscimento  all'assegno  alimentare,
benche' quest'ultimo non abbia natura corrispettiva ma assistenziale;
tanto piu' che la disposizione ha carattere speciale, e dunque deroga
ad ogni altra di ordine generale prevista dalla  legge  ovvero  dalla
contrattazione collettiva. 
    La questione che si pone appare dunque rilevante. 
    Se infatti e' vero che gli effetti della sospensione dal servizio
e dalla retribuzione possono cessare o su iniziativa del  dipendente,
dimostrando  l'ottemperanza  all'obbligo  vaccinale,  ovvero  con  la
cessazione dello stato di emergenza sanitaria,  e'  altrettanto  vero
che in entrambi i casi il  ricorrente  ha  interesse  alla  rimozione
degli effetti medio  tempore  prodotti  dal  provvedimento  impugnato
posto che, soltanto nella ipotesi in cui la disposizione  di  cui  si
chiede lo scrutinio di costituzionalita' venisse ritenuta illegittima
quanto alle conseguenze previste, ovvero soltanto nella parte in  cui
appunto esclude, nel periodo di  sospensione  dal  servizio  ex  art.
4-ter f.l. n. 44/2021, l'erogazione dell'assegno alimentare  previsto
invece dalla legge in  altre  ipotesi  di  sospensione  (cautelare  o
disciplinare) dal servizio, le domande del ricorrente finalizzate  al
recupero delle retribuzioni non corrisposte per il periodo in cui  e'
rimasto sospeso dal servizio o,  almeno,  al  riconoscimento  in  via
definitiva del diritto alla percezione  dell'assegno  alimentare  per
detto periodo, potrebbero trovare accoglimento nella sede di merito. 
    5. Sulla non manifesta infondatezza. 
      5.1. Va preliminarmente premesso e debitamente considerato come
il d.l. n. 44/2021 sia ispirato alla finalita' «di tutelare la salute
pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione
delle prestazioni di cura e assistenza» (art.  4,  comma  1,  decreto
legge n. 44/2021), nell'ambito di una situazione sanitaria  nazionale
emergenziale che  certamente  presenta  caratteri  di  novita'  e  di
straordinarieta'. 
    Tuttavia la disposizione impugnata sembra porsi in  conflitto,  o
comunque evidenzia profili di scarsa compatibilita'  con  i  principi
desumibili dagli artt. 2, 3, 32 comma 2, Cost., nella misura  in  cui
le conseguenze che  esso  implica  nella  sfera  del  dipendente  non
vaccinato,  appaiono   oggettivamente   sbilanciate   se   ricondotte
nell'alveo  della  necessaria  considerazione  degli   altri   valori
costituzionali  coinvolti,   avuto   anche   riguardo   alla   natura
pacificamente assistenziale  che  riveste,  nel  nostro  ordinamento,
l'assegno alimentare (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 15 giugno 2015,  n.
2939; T.A.R. Lombardia. Milano, Sez. I  16  maggio  2002,  n.  2070),
generalmente riconosciuto in caso  di  sospensione  dal  rapporto  di
lavoro per motivi disciplinari o cautelari. 
    Il diritto al lavoro, infatti, e'  considerato  valore  fondativo
della Repubblica riconosciuto nell'ambito dei «principi fondamentali»
della Carta costituzionale (artt. 1, 4) nonche' status attraverso  il
quale si realizza la partecipazione dell'individuo all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese (art.  3.  comma  2,  Cost.),
potendo cosi' egli concorrere al  progresso  materiale  e  spirituale
della  societa'  secondo  le  proprie  possibilita'   (art.   4),   e
costituisce il mezzo per assicurare alla persona -  secondo  principi
di sufficienza e proporzionalita' della  retribuzione  -  il  diritto
fondamentale di vivere  un'esistenza  libera  e  dignitosa  (art.  36
Cost.) 
    La disposizione in esame, allora,  nel  precludere  al  personale
della  Polizia  Penitenziaria  non  vaccinato  la   possibilita'   di
espletare la prestazione lavorativa (escludendo in radice  l'adozione
di soluzioni alternative quali  ad  esempio:  la  sottoposizione  del
dipendente ad un rigido sistema di controllo tramite  test  periodici
di rilevazione del virus; l'assegnazione a  mansioni  diverse  non  a
contatto con il pubblico o i colleghi, forme  di  lavoro  da  remoto,
etc.), impedisce allo stesso di fruire di un sostentamento minimo per
far fronte alle proprie primarie esigenze di vita; sicche'  non  puo'
che esporsi al  dubbio  di  rivelarsi  eccessivamente  sbilanciata  e
sproporzionata, ad eccessivo detrimento  del  valore  della  dignita'
della persona, con possibile violazione, oltre che dell'art. 2, anche
dell'art. 3 Cost. 
    In particolare l'art.  2  Cost.  stabilisce  che  «La  Repubblica
riconosce e garantisce i  diritti  inviolabili  dell'uomo,  sia  come
singolo,  sia  nelle  formazioni  sociali  ove  si  svolge   la   sua
personalita', e richiede l'adempimento  dei  doveri  inderogabili  di
solidarieta' politica, economica e sociale». 
    Anche  a  fronte  dei  sanciti  doveri  di  solidarieta'  sociale
incombenti su ciascun  individuo,  nei  quali  puo'  farsi  rientrare
l'obbligo  vaccinale,  la  norma  costituzionale  nel  prevedere  una
particolare  tutela  dell'individuo,  sia  come  singolo,  sia  nelle
formazioni sociali  ove  si  svolge  la  sua  personalita'  (tra  cui
rientrano i luoghi di lavoro), non sembra  consentire  l'adozione  di
misure che gli precludano ogni forma di sostentamento per far  fronte
ai  bisogni  primari  della   vita   e   che,   pertanto,   finiscono
inevitabilmente per ledere la dignita' della persona. 
    Va infatti considerato che il pubblico dipendente sospeso ex art.
4-ter decreto-legge n. 44/2021, non puo' accedere a  quegli  istituti
che   tutelano   i   lavoratori   privati   in   caso   di    perdita
dell'occupazione, quale,  ad  es.,  l'indennita'  di  disoccupazione,
essendo tale provvidenza in ogni modo preclusa ai lavoratori pubblici
a tempo indeterminato, sicche' lo stesso perde ogni  possibilita'  di
far fronte alle esigenze primarie  della  sua  esistenza  e  del  suo
nucleo familiare, non potendo fare affidamento  su  alcuna  forma  di
sostegno  economico  per   un   periodo   temporale   particolarmente
rilevante, da ultimo prorogato fino al 15 giugno 2022. 
    Sicche' non appare implausibile ritenere che le  disposizioni  in
esame finiscano di fatto per trasmodare in una sorta  di  coercizione
indiretta  all'adempimento  dell'obbligo,   ponendo   il   lavoratore
renitente  di  fronte  all'alternativa  di   doversi   suo   malgrado
sottoporre alla vaccinazione da egli  avversata,  ovvero  subire  uno
stato di prolungata indigenza e di significativa compressione del suo
abituale tenore di  vita.  Dunque  introducendo  ulteriori  dubbi  di
costituzionalita' rispetto all'art.  32,  comma  2,  Cost.  il  quale
dispone che, anche nei casi di trattamento obbligatori  disposti  per
legge, quest'ultima «non puo' in nessun caso violare i limiti imposti
dal rispetto della persona umana». 
    5.2. Vengono in rilievo le seguenti altre considerazioni. 
    L'obbligo  di  sottoporsi  a  trattamento  sanitario  costituisce
un'eccezione rispetto al principio sancito dall'art. 32 Cost.,  della
libera determinazione  dell'individuo  in  materia  sanitaria  (Cass.
civ., Sez. III, 5 luglio 2017, n.16503); e indipendentemente da  ogni
questione relativa alla reale efficacia, o alla disputa tra  vantaggi
e presunti svantaggi, della vaccinazione contro il  COVID-19,  e'  un
dato  di  comune  esperienza  che  qualsiasi  pratica   sanitaria   o
farmacologica, sia pur correttamente praticata, comporta comunque dei
possibili rischi per la salute, che in taluni casi possono  rivelarsi
anche gravi. 
    Tanto che in  seno  allo  stesso  decreto  legge  n.  44/2021  il
legislatore,  con  l'art.  3,  ha  ritenuto  di  dover  espressamente
escludere la responsabilita' penale degli operatori medici per  fatti
conseguenti alla somministrazione del vaccino in tutti i casi in  cui
«... l'uso del vaccino e' conforme  alle  indicazioni  contenute  nel
provvedimento di autorizzazione all'immissione  in  commercio  emesso
dalle competenti autorita'  e  alle  circolari  pubblicate  nel  sito
internet istituzionale  del  Ministero  della  salute  relative  alle
attivita' di vaccinazione». 
    Sicche'  deve  rilevarsi  come  l'impianto  normativo   nel   suo
complesso,  da  un  lato  si  faccia  carico  di  disporre  norme  di
salvaguardia penale in favore del personale medico,  mostrando  cosi'
di considerare tangibile la possibilita' che  la  vaccinazione  possa
comportare rischi  (per  quanto  statisticamente  marginali)  per  la
salute; dall'altro lato nega contraddittoriamente e in modo  assoluto
ogni sostegno economico al dipendente che, non volendo accettare quei
rischi, rifiuti di sottoporsi all'obbligo  vaccinale  ex  art.  4-ter
decreto-legge n. 44/2021,  esprimendo  cosi'  una  libera  scelta  in
materia sanitaria che certamente puo' essere  opinabile  ma  che,  in
quanto  tale,  non  e'  censurabile  a  livello  disciplinare,   come
espressamente riconosciuto dalla norma stessa. 
    In definitiva la norma in esame sembra confliggere con l'art. 32,
comma 2, Cost. ponendo il pubblico dipendente che  voglia  esercitare
il diritto di  liberamente  determinarsi  in  materia  sanitaria,  di
fronte alla alternativa di non poter assicurare a se' ed alla propria
famiglia neppure i mezzi di sostentamento minimi ed indispensabili, e
di non poter far fronte ai propri  impegni  economici  (nel  caso  in
esame il ricorrente si duole di non essere in grado di pagare la rata
mensile del prestito ottenuto); laddove la  norma  costituzionale  in
esame prevede,  invece,  che  nei  casi  di  trattamento  obbligatori
disposti per legge, quest'ultima «non puo' in nessun caso  violare  i
limiti imposti dal rispetto della persona umana». 
    Non  appare  ultroneo  osservare  come  il  mancato  assolvimento
dell'obbligo vaccinale non e' considerato  dallo  stesso  legislatore
come atto penalmente o disciplinarmente rilevante (art. 4-ter,  comma
3, decreto-legge n. 44/2021) e, tuttavia la disposizione in esame non
soltanto preclude al dipendente di svolgere  la  propria  prestazione
lavorativa a seguito della sospensione, con conseguente perdita della
retribuzione, ma lo priva perfino della fruizione di quegli istituti,
come  l'assegno  alimentare,  che  gli  verrebbero  invece  garantiti
laddove fosse sospeso poiche' coinvolto in un procedimento  penale  e
disciplinare, con misure anche restrittive della liberta'  personale,
e dunque per procedimenti riguardanti il suo coinvolgimento in  reati
anche di oggettiva gravita'. 
    5.3. Sotto quest'ultimo profilo, l'art.  4-ter  decreto-legge  n.
44/2021, nello stabilire che «durante tale periodo non sono dovuti la
retribuzione ne' altro compenso  o  emolumento  comunque  denominati,
anche   di   natura   previdenziale»,    sembra    infatti    sancire
l'impossibilita' del lavoratore sospeso di accedere anche a forme  di
assistenza minime,  come  quella  dell'assegno  alimentare  (comunque
denominato),  e  sembra  allora  integrare  un'ulteriore   violazione
dell'art. 3 Cost., per violazione del principio di eguaglianza e  per
irragionevolezza, posto che impedisce anche l'applicazione di  quelle
misure di sostegno che l'ordinamento ha sempre  riconosciuto  persino
in caso di sospensione cautelare del lavoratore, laddove quest'ultimo
abbia commesso (o sia sospettato di aver commesso) determinati  fatti
costituenti  reato,  idonei  a  determinare  anche  l'irrogazione  di
sanzioni disciplinari. 
    A tal riguardo, il ricorrente lamenta, ad esempio, che  gli  art.
914  e   seguenti   del   decreto   legislativo   n.66/2010   (Codice
dell'Ordinamento  Militare)  prevedono  che  l'ente  di  appartenenza
sospenda  (in  via  precauzionale,  obbligatoria  o  facoltativa)  il
militare imputato di un reato da cui possa derivare  la  perdita  del
grado, o il militare sottoposto ad arresto o qualsiasi  altra  misura
cautelare; e tuttavia, l'art. 920 del decreto  legislativo  n.66/2010
rubricato «Norme  comuni  in  materia  di  sospensione  dall'impiego»
prevede  comunque  che:   «Al   militare   durante   la   sospensione
dall'impiego compete la meta'  degli  assegni  a  carattere  fisso  e
continuativo. Agli effetti della  pensione,  il  tempo  trascorso  in
sospensione dal servizio e' computato per meta'». 
    Ma vengono in evidenza anche altre disposizioni normative: 
      l'art. 82  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  10
gennaio 1957,  n.  3,  recante  il  testo  unico  delle  disposizioni
concernenti lo statuto degli impiegati civili  dello  Stato,  secondo
cui «All'impiegato sospeso  e'  concesso  un  assegno  alimentare  in
misura non superiore alla meta' dello stipendio,  oltre  gli  assegni
per carichi di famiglia»; 
      l'art. 500 del decreto legislativo  16  aprile  1994,  n.  297,
recante il testo unico del personale scolastico,  contenente  analoga
disposizione anche in materia di sospensione disciplinare; 
      gli articoli 10, 21,  comma  4,  e  22  comma  4,  del  decreto
legislativo n.109 del 23 febbraio 2006, recante la  disciplina  degli
illeciti  disciplinari  dei  magistrati,  i   quali   contengono   la
previsione dell'erogazione dell'assegno alimentare sia nelle  ipotesi
di sospensione disciplinare  (art.  10  decreto  legislativo  n.  109
cit.), sia nelle ipotesi di  sospensione  cautelare,  obbligatoria  o
facoltativa (artt. 21, comma 4 e 22 comma 4  decreto  legislativo  n.
109 cit.). 
      la contrattazione collettiva del pubblico impiego  privatizzato
ex art. 2, comma 2, decreto legislativo n.  30  marzo  2001  n.  165,
competente a regolare «la tipologia delle infrazioni e delle relative
sanzioni», ex art. 55,  comma  2  decreto  legislativo  n.  165/2001,
prevede l'assegno alimentare nei casi di  sospensione  cautelare  del
dipendente, anche laddove quest'ultima si protragga per  un  notevole
arco temporale, in quanto  disposta  in  attesa  degli  esiti  di  un
procedimento penale, e dunque anche per fatti ritenuti  di  oggettiva
gravita' e disvalore. 
    5.4. Per tutto quanto precede la sospensione dal  servizio  e  la
perdita della retribuzione previste dalla  norma  in  esame  appaiono
conseguenze sproporzionate e in contrasto con l'art. 3 Cost. 
    Si tratta, infatti, di conseguenze che per la loro  portata  sono
suscettibili di  vulnerare  i  diritti  fondamentali  della  persona,
eppure correlate ad una condotta (il mancato adempimento dell'obbligo
vaccinale)  non  integrante  ne'  illecito   penale,   ne'   illecito
disciplinare; e che pertanto  sembrano  integrare  una  irragionevole
disparita' di trattamento rispetto a quei lavoratori sospesi  perche'
coinvolti  in  procedimenti  penali  e  disciplinari  per  fatti   di
oggettiva  gravita'  ed  ai  quali,  invece  l'ordinamento  riconosce
l'assegno alimentare  per  far  fronte  ai  loro  bisogni  alimentari
primari. 
    6. Conclusivamente questo Tribunale , ai sensi dell'art. 23 comma
2 l. 11 marzo 1953 n. 87, ritenendole rilevanti e non  manifestamente
infondate,  solleva  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 4-ter, comma 3, del  decreto-legge  n.  44/2021  (articolo.
inserito dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 26 novembre 2021, n.
172, convertito con modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n.  3)
nella  parte  in  cui   prevede,   per   effetto   dell'inadempimento
all'obbligo vaccinale, la sospensione dal servizio e la perdita della
retribuzione  per  il  personale  della  Polizia  Penitenziaria,  per
contrasto con gli artt. dagli artt. 2, 3, 32 comma  2,  Cost.,  della
Costituzione, e comunque sotto il profilo della mancata previsione di
un assegno alimentare per violazione del principio di  eguaglianza  e
di ragionevolezza. 
    7. Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi e per  gli
effetti di cui agli articoli  79  e  80  c.p.a.  e  295  c.p.c.,  con
trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale. 
    8. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle
spese, e' riservata alla decisione definitiva.