IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO Sezione quinta Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 723 del 2022, proposto da P D , rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Parenti, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie 114; contro Ministero della giustizia, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; e con l'intervento di ad adiuvandum: A (A P e S ), in persona del legale rappresentante pro tempore, e M V , entrambi rappresentati e difesi dagli avvocati Nicola Zampieri, Fabio Ganci, Walter Miceli, Salvatore Russo, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia; per l'annullamento: del provvedimento prot. n. del , del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunita' - Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna per la Sardegna, di immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attivita' lavorativa, emesso nei confronti dell'Assistente Capo di Polizia Penitenziaria P D , matricola ministeriale, ai sensi del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, art. 2 comma 3, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 282 del 26 novembre 2021; dell'invito a produrre la documentazione con nota prot. n. del ; del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, recante «Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attivita' economiche e sociali»; del decreto-legge del 21 settembre 2021, n. 127 recante «Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening»; del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, recante «Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici»; della legge del 28 maggio 2021, n. 76; della legge del 23 luglio 2021, n. 106; del decreto-legge del 7 gennaio 2022 n. 1; di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, antecedente o successivo, ancorche' non conosciuto; nonche' per la condanna dell'amministrazione al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi dal ricorrente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2022 il dott. Sebastiano Zafarana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1.1. Con ricorso notificato il 26 gennaio 2022 e depositato in pari data il ricorrente, Assistente Capo Coordinatore della Polizia Penitenziaria in servizio presso di , ha impugnato il provvedimento prot. nr del , del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunita' - Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna per la Sardegna, di immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attivita' lavorativa. Il provvedimento di sospensione e' stato emesso a seguito del mancato adempimento dell'obbligo vaccinale introdotto dall' art. 2, comma 3, del decreto-legge n. 172 del 26 novembre 2021 convertito con modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3 (nella Gazzetta Ufficiale del 25 gennaio 2022, n. 19) il quale ha aggiunto l'art. 4-ter al decreto-legge n. 44/2021. In particolare nel provvedimento e' dato leggere che il ricorrente - in riscontro all'invito dell'amministrazione a sottoporsi alla vaccinazione ricevuto in data presentava dapprima la ricevuta della prenotazione vaccinale contro il COVID-19 fissata per il giorno ; successivamente, in data , il ricorrente comunicava di aver posticipato la somministrazione del vaccino al 2; infine con e-mail del comunicava di non essersi sottoposto a vaccinazione in quanto intenzionato ad effettuare esami di laboratorio preliminarmente alla somministrazione del vaccino. Il ricorrente sostiene che l'impugnato decreto dirigenziale n. del , nonche' tutti gli atti del procedimento amministrativo aperto nei suoi confronti, sarebbero illegittimi per illegittimita' derivata dell'art. 4-ter decreto-legge n. 44/2021 (articolo inserito dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito con modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3) il quale presenterebbe profili di illegittimita' costituzionale sotto diversi profili. Il ricorrente - premesso di lavorare in un ufficio occupato da n dipendenti debitamente distanziati tra di loro, di cui peraltro uno assente - ha sostenuto la natura discriminatoria della norma che gli impedisce di accedere al luogo di lavoro, in quanto non vaccinato, seppure disponibile a sottoporsi a tampone ogni quarantotto ore ed ha chiesto a questo TAR: di essere riammesso in servizio con la conseguente retribuzione ovvero, in via subordinata, di annullare parzialmente il provvedimento impugnato nella parte in cui viene prevista la totale sospensione della retribuzione (chiedendo in definitiva di poter ottenere l'assegno alimentare come meglio precisato nella parte motiva del ricorso). Nel caso di specie il ricorrente ha motivato le ragioni del rifiuto a sottoporsi a vaccinazione dichiarando in ricorso che «non assume farmaci perche' nell'assumerli ha come conseguenze effetti indesiderati ed anche gravi». Sostiene che la sospensione dal servizio stabilito dalla norma per la categoria professionale cui egli appartiene (Polizia penitenziaria) integrerebbe una evidente disparita' di trattamento rispetto ad altre categorie professionali, atteso che le mansioni da egli in concreto svolte nella sua qualita' di Assistente capo di Polizia Penitenziaria sono in parte equiparabili a quelle svolte anche da soggetti appartenenti a professioni differenti per le quali, tuttavia, a parita' di condizioni, non e' stato imposto l'obbligo vaccinale. Anzi vi sarebbero categorie di lavoratori per i quali, in alcuni casi, l'attivita' lavorativa risulta in concreto essere addirittura maggiormente rischiosa da un punto di vista epidemiologico rispetto alle mansioni da egli svolte, in quanto svolta a contatto con il pubblico o i colleghi di lavoro. Deduce inoltre, quanto al suo caso specifico, di svolgere compiti d'ufficio e che per il numero di addetti e per le modalita' di svolgimento dell'attivita' lavorativa non vi sarebbe nessun rischio di contagiare e/o essere contagiato da altri colleghi o da persone terze, sicche' un obbligo generalizzato di vaccinazione non sarebbe giustificato nemmeno nell'ambito della propria categoria di appartenenza, essendo sempre possibile per il datore di lavoro distinguere caso per caso. E cosi' il datore di lavoro avrebbe potuto, ad esempio, assegnargli mansioni alternative idonee a non arrecare pericoli per la salute pubblica; o disporre lo svolgimento delle stesse mansioni da remoto senza alcun pregiudizio per la qualita' del servizio svolto. Il provvedimento impugnato sarebbe altresi' illegittimo nella parte in cui, a corollario della disposta sospensione dal servizio, prevede che «durante tale periodo non sono dovuti la retribuzione ne' altro compenso o emolumento comunque denominati, anche di natura previdenziale» in quanto la disposizione di cui fa pedissequa applicazione (art.4-ter, comma 3, decreto-legge n. 44/2021) integrerebbe un'evidente disparita' di trattamento rispetto ad altre ipotesi di sospensione del pubblico dipendente dal servizio, come risulterebbe evidente dal raffronto con gli art. 914 e seguenti del decreto legislativo n. 66/2010 (Codice dell'ordinamento militare): l'art. 914 del decreto legislativo n. 66/2010 rubricato «Sospensione a seguito di condanna penale» prevede che: «La sospensione dall'impiego e' applicata ai militari durante l'espiazione di pene detentive, anche se sostituite in base alle disposizioni dell'ordinamento penitenziario»; l'art. 915 del decreto legislativo n. 66/2010 rubricato «Sospensione precauzionale obbligatoria» prevede altresi' che: «La sospensione precauzionale dall'impiego e' sempre applicata nei confronti del militare se sono adottati a suo carico: a) il fermo o l'arresto; b) le misure cautelari coercitive limitative della liberta' personale; c) le misure cautelari interdittive o coercitive, tali da impedire la prestazione del servizio; d) le misure di prevenzione provvisorie, la cui applicazione renda impossibile la prestazione del servizio»; l'art. 916 del decreto legislativo n. 66/2010 rubricato «Sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale» stabilisce che: «La sospensione precauzionale puo' essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso e' imputato per un reato da cui puo' derivare la perdita del grado»; infine l'art. 920 del decreto legislativo n. 66/2010 rubricato «Norme comuni in materia di sospensione dall'impiego» prevede che: «Al militare durante la sospensione dall'impiego compete la meta' degli assegni a carattere fisso e continuativo. Agli effetti della pensione, il tempo trascorso in sospensione dal servizio e' computato per meta'». Lamenta che le citate disposizioni normative prevedono che l'ente di appartenenza sospenda (in via precauzionale, obbligatoria o facoltativa) il militare che sia imputato di un reato da cui possa derivare la perdita del grado, o il militare sottoposto ad arresto o qualsiasi altra misura cautelare; e tuttavia, in tutte le ipotesi di sospensione cosi' previste, e' sempre garantita al dipendente la corresponsione di meta' degli assegni a carattere fisso e continuativo. Di converso, la previsione contenuta nel decreto-legge n. 44/2021 prevede la totale sospensione dalla retribuzione per tutti i dipendenti che non vogliano e/o non possano sottoporsi alla somministrazione del vaccino da COVID-19, e cio' nonostante sia la stessa norma ad escludere che detto rifiuto integri un illecito penale o anche solo disciplinare. La previsione normativa in commento sarebbe, dunque, palesemente illegittima creando un'evidente disparita' di trattamento rispetto a quanto statuito, secondo l'esempio citato, dal codice dell'ordinamento militare. Deduce infine che i decreti legge summenzionati fanno unicamente riferimento alla sospensione dalla «retribuzione» ma non dall'assegno alimentare, che ha natura indennitaria e si riferisce al minimo vitale per se' e per la propria famiglia, come prescrive l'art. 36, comma 2, Cost. con il quale si porrebbe allora in evidente contrasto. Deduce pertanto che «La sospensione dal lavoro, come misura precauzionale, comporta un irragionevole, perche' sproporzionato, bilanciamento del diritto al lavoro e a un'equa retribuzione, da un lato, ed il dovere di solidarieta' e il diritto alla salute individuale e collettivo, dall'altro. Il rapporto tra diritto collettivo alla salute e diritto al lavoro non risulta adeguatamente bilanciato dal decreto-legge n. 44/2021, che e' assimilabile alle leggi-provvedimento per il contenuto dettagliato e settoriale delle misure adottate e va assoggettato ad uno stretto scrutinio di costituzionalita' in considerazione del pericolo di trattamento differenziato insito in previsioni di tipo particolare e derogatorio». 1.2. In data 31 gennaio 2022 si e' costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, successivamente depositando documenti e memoria di costituzione con la quale ha chiesto rigettarsi il ricorso. Deduce il Ministero che i provvedimenti adottati nei confronti del ricorrente troverebbero all'evidenza fondamento giuridico e autosufficiente motivazione nell'accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale previsto dalla normativa, determinandosi, proprio in virtu' di detta circostanza, l'immediata sospensione dell'interessato dal diritto di svolgere l'attivita' lavorativa con sospensione della retribuzione, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. L'amministrazione avrebbe dunque agito in conformita' con quanto disposto dalla normativa di rango primario e non sarebbe configurabile per l'amministrazione alcuno spazio per determinarsi diversamente. Il provvedimento, del resto non avrebbe carattere definitivo, giustificandosi per l'appunto nel perdurare della (e fintanto che perdura la) inosservanza; talche' sarebbe lasciata al ricorrente l'iniziativa di dimostrare l'ottemperanza all'obbligo vaccinale in qualunque momento con diritto alla riammissione in servizio e al conseguente trattamento retributivo. 1.3. Con ordinanza n. del questa sezione ha accolto la domanda cautelare con la seguente motivazione «Considerato che il ricorso richiede approfondimento di merito, in relazione ai profili di doveroso bilanciamento di valori costituzionali, tra la tutela della salute come interesse collettivo - cui e' funzionalizzato l'obbligo vaccinale - e l'assicurazione di un sostegno economico vitale - idoneo a sopperire alle esigenze essenziali di vita, nel caso di sospensione dell'attivita' di servizio per mancata sottoposizione alla somministrazione delle dosi e successivi richiami, c.d. booster - tenuto conto che la sospensione e' dichiaratamente di natura non disciplinare e implica la privazione integrale del trattamento retributivo. Ritenuto, pertanto, di accogliere l'istanza cautelare, nel senso che al ricorrente sia corrisposto un assegno alimentare pari alla meta' del trattamento retributivo di attivita', confermando il decreto monocratico del 27 gennaio 2022 n. 544, nei sensi indicati». La suddetta ordinanza cautelare non e' stata appellata dal Ministero resistente. 1.4. Successivamente hanno spiegato atto di intervento ad adiuvandum l'A (A P e S ) ed il sig. M V in proprio, i quali hanno insistito per l'accoglimento del ricorso previa remissione alla Corte Costituzionale della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4-ter del decreto-legge n. 44/2021 (introdotto dall'art. 2 del decreto-legge n. 172/2021 convertito dalla legge n. 3/22). Deducono gli intervenienti, quanto alla loro legittimazione ad intervenire in giudizio: che il sig. M V , Maresciallo della Guardia di Finanza in servizio alle dipendenze del Comando Provinciale di , vanterebbe un interesse, ai sensi dell'art. 28 del codice procedura amministrativa a sostenere le ragioni del ricorrente principale in quanto non essendosi sottoposto alla vaccinazione ha, a sua volta, subito un provvedimento di sospensione dal servizio e dalla retribuzione emanato proprio in applicazione dell'art. 4-ter del decreto-legge n. 44/2021; l'interveniente - il quale peraltro non dichiara ne' documenta di avere tempestivamente impugnato nelle competenti sedi il provvedimento di sospensione che lo riguarda - sostiene di avere un interesse collegato e dipendente rispetto a quello fatto valere dal ricorrente principale, poiche' «la sopravvenuta dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma che disciplina il potere di adozione di un atto amministrativo oggetto di ricorso giurisdizionale, determina l'illegittimita' derivata dell'atto stesso» (cosi', ex multis, Cons. Stato, Sez. II, 7 settembre 2020, n. 5399); che analogamente l' sarebbe legittimata ad intervenire in quanto titolare di un proprio interesse qualificato a contrastare la discriminazione operata dall'art. 4-ter del decreto-legge n. 44/21 nei confronti del personale non vaccinato, in quanto organizzazione sindacale riconosciuta maggiormente rappresentativa a livello nazionale nel Comparto Istruzione e ricerca, ai cui dipendenti il contestato art. 4-ter ha pure esteso l'obbligo vaccinale. 1.5. In vista dell'udienza pubblica di discussione nessun altro scritto difensivo e' stato depositato dalle parti. 1.6. Alla pubblica udienza del 6 maggio 2022, dopo discussione dei difensori delle parti, il ricorso e' stato trattenuto in decisione. 2. Quanto al merito del ricorso il Collegio ritiene di dovere riservare ogni determinazione all'esito dell'incidente di costituzionalita' che viene sollevato con il presente provvedimento. Va conseguentemente riservata a tale fase anche ogni valutazione in ordine alla dubbia ammissibilita' degli atti di intervento spiegati in giudizio. 3. Ricostruzione normativa. Preliminarmente appare utile effettuare una breve ricostruzione del quadro normativo vigente, per quanto di interesse alle questioni oggetto di causa. L'art. 4, comma 1, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, conv. in l. 28 maggio 2021 n. 76, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, in attuazione del piano di cui all'art. 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, stabilisce che gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'art. 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2, sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita, comprensiva, a far data dal 15 dicembre 2021, della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con circolare del Ministero della salute. La disposizione, al comma 2, prevede che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati, essendone possibile l'omissione o il differimento solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal proprio medico curante di medicina generale ovvero dal medico vaccinatore, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2. Successivamente e per quanto qui di interesse l'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 26 novembre 2021, n. 172, convertito con modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3 ha inserito l'art. 4-ter al decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44. L'art. 44-ter recita dunque: «1. Dal 15 dicembre 2021, l'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 di cui all'art. 3-ter, da adempiersi, per la somministrazione della dose di richiamo, entro i termini di validita' delle certificazioni verdi COVID-19 previsti dall'art. 9, comma 3, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, si applica anche alle seguenti categorie: a...; b)...; c...; d) personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attivita' lavorativa alle dirette dipendenze del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria o del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunita', all'interno degli istituti penitenziari per adulti e minori. 2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attivita' lavorative dei soggetti obbligati ai sensi del comma 1. I responsabili delle strutture in cui presta servizio il personale di cui al comma 1 assicurano il rispetto dell'obbligo di cui al medesimo comma 1. Si applicano le disposizioni di cui all'art. 4, commi 2 e 7 . 3. I soggetti di cui al comma 2 verificano immediatamente l'adempimento dell'obbligo vaccinale di cui al comma 1 acquisendo le informazioni necessarie anche secondo le modalita' definite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'art. 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87. Nei casi in cui non risulti l'effettuazione della vaccinazione anti SARS-CoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle modalita' stabilite nell'ambito della campagna vaccinale in atto, i soggetti di cui al comma 2 invitano, senza indugio, l'interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell'invito, la documentazione comprovante l'effettuazione della vaccinazione oppure l'attestazione relativa all'omissione o al differimento della stessa ai sensi dell'art. 4, comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione da eseguirsi in un termine non superiore a venti giorni dalla ricezione dell'invito, o comunque l'insussistenza dei presupposti per l'obbligo vaccinale di cui al comma 1. In caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, i soggetti di cui al comma 2 invitano l'interessato a trasmettere immediatamente e comunque non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l'adempimento dell'obbligo vaccinale. In caso di mancata presentazione della documentazione di cui al secondo e terzo periodo i soggetti di cui al comma 2 accertano l'inosservanza dell'obbligo vaccinale e ne danno immediata comunicazione scritta all'interessato. L'atto di accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attivita' lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione ne' altro compenso o emolumento, comunque denominati. La sospensione e' efficace fino alla comunicazione da parte dell'interessato al datore di lavoro dell'avvio o del successivo completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo, e comunque non oltre il 31 dicembre 2022. In caso di intervenuta guarigione si applica la disposizione dell'art. 4, comma 5». L'art. 8, comma 4, del decreto legge 24 marzo 2022 n. 24, convertito con modificazioni dalla legge 19 maggio 2022, n. 52 ha poi esteso fino al 15 giugno 2022 l'obbligo vaccinale per la categoria qui in esame. 4. Sulla rilevanza della questione di costituzionalita'. Il ricorrente e' assistente capo coordinatore della Polizia Penitenziaria in servizio presso . di . Lo stesso ha ritenuto di non adempiere all'obbligo vaccinale prescritto dall'art. 4-ter comma 1 lettera d) d.l. n. 44/2021, e in ricorso non documenta di versare in una delle ipotesi per cui la vaccinazione puo' essere omessa o differita, ma afferma soltanto genericamente che «non assume farmaci perche' nell'assumerli ha come conseguenze effetti indesiderati ed anche gravi». E' stato quindi sospeso dal servizio e dalla retribuzione con provvedimento prot. n. del , del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunita' - Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna per la Sardegna. Il provvedimento e' stato emesso in applicazione del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, art. 2 comma 3, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 282 del 26 novembre 2021 (convertito con modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3.) che ha introdotto l'art. 4-ter comma 1 lettera d) al decreto-legge n. 44/2021. Il ricorrente chiede l'annullamento del provvedimento di sospensione dal servizio e dalla retribuzione e/o, in subordine, l'annullamento del provvedimento «nella parte in cui in cui viene prevista la totale sospensione della retribuzione» (ovvero, come si evince dalla parte motiva del ricorso, nella parte in cui non prevede almeno la corresponsione di un assegno alimentare). Orbene deve rilevarsi che la disciplina prevista dall'art. 4-ter, comma 3, decreto-legge n. 44/2021, sul punto, e' lapidaria nello stabilire che: «L'atto di accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dal diritto di svolgere l'attivita' lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione ne' altro compenso o emolumento, comunque denominati». La formulazione utilizzata, nel fare espresso riferimento alla retribuzione ed a qualsiasi altro compenso o emolumento comunque denominati - locuzioni, tutte, che rinviano a un concetto di corrispettivita' tra le prestazioni - sembra comunque esprimere un concetto omnicomprensivo non suscettibile di interpretazione, che sembra escludere perfino il riconoscimento all'assegno alimentare, benche' quest'ultimo non abbia natura corrispettiva ma assistenziale; tanto piu' che la disposizione ha carattere speciale, e dunque deroga ad ogni altra di ordine generale prevista dalla legge ovvero dalla contrattazione collettiva. La questione che si pone appare dunque rilevante. Se infatti e' vero che gli effetti della sospensione dal servizio e dalla retribuzione possono cessare o su iniziativa del dipendente, dimostrando l'ottemperanza all'obbligo vaccinale, ovvero con la cessazione dello stato di emergenza sanitaria, e' altrettanto vero che in entrambi i casi il ricorrente ha interesse alla rimozione degli effetti medio tempore prodotti dal provvedimento impugnato posto che, soltanto nella ipotesi in cui la disposizione di cui si chiede lo scrutinio di costituzionalita' venisse ritenuta illegittima quanto alle conseguenze previste, ovvero soltanto nella parte in cui appunto esclude, nel periodo di sospensione dal servizio ex art. 4-ter f.l. n. 44/2021, l'erogazione dell'assegno alimentare previsto invece dalla legge in altre ipotesi di sospensione (cautelare o disciplinare) dal servizio, le domande del ricorrente finalizzate al recupero delle retribuzioni non corrisposte per il periodo in cui e' rimasto sospeso dal servizio o, almeno, al riconoscimento in via definitiva del diritto alla percezione dell'assegno alimentare per detto periodo, potrebbero trovare accoglimento nella sede di merito. 5. Sulla non manifesta infondatezza. 5.1. Va preliminarmente premesso e debitamente considerato come il d.l. n. 44/2021 sia ispirato alla finalita' «di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza» (art. 4, comma 1, decreto legge n. 44/2021), nell'ambito di una situazione sanitaria nazionale emergenziale che certamente presenta caratteri di novita' e di straordinarieta'. Tuttavia la disposizione impugnata sembra porsi in conflitto, o comunque evidenzia profili di scarsa compatibilita' con i principi desumibili dagli artt. 2, 3, 32 comma 2, Cost., nella misura in cui le conseguenze che esso implica nella sfera del dipendente non vaccinato, appaiono oggettivamente sbilanciate se ricondotte nell'alveo della necessaria considerazione degli altri valori costituzionali coinvolti, avuto anche riguardo alla natura pacificamente assistenziale che riveste, nel nostro ordinamento, l'assegno alimentare (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 15 giugno 2015, n. 2939; T.A.R. Lombardia. Milano, Sez. I 16 maggio 2002, n. 2070), generalmente riconosciuto in caso di sospensione dal rapporto di lavoro per motivi disciplinari o cautelari. Il diritto al lavoro, infatti, e' considerato valore fondativo della Repubblica riconosciuto nell'ambito dei «principi fondamentali» della Carta costituzionale (artt. 1, 4) nonche' status attraverso il quale si realizza la partecipazione dell'individuo all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3. comma 2, Cost.), potendo cosi' egli concorrere al progresso materiale e spirituale della societa' secondo le proprie possibilita' (art. 4), e costituisce il mezzo per assicurare alla persona - secondo principi di sufficienza e proporzionalita' della retribuzione - il diritto fondamentale di vivere un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.) La disposizione in esame, allora, nel precludere al personale della Polizia Penitenziaria non vaccinato la possibilita' di espletare la prestazione lavorativa (escludendo in radice l'adozione di soluzioni alternative quali ad esempio: la sottoposizione del dipendente ad un rigido sistema di controllo tramite test periodici di rilevazione del virus; l'assegnazione a mansioni diverse non a contatto con il pubblico o i colleghi, forme di lavoro da remoto, etc.), impedisce allo stesso di fruire di un sostentamento minimo per far fronte alle proprie primarie esigenze di vita; sicche' non puo' che esporsi al dubbio di rivelarsi eccessivamente sbilanciata e sproporzionata, ad eccessivo detrimento del valore della dignita' della persona, con possibile violazione, oltre che dell'art. 2, anche dell'art. 3 Cost. In particolare l'art. 2 Cost. stabilisce che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita', e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale». Anche a fronte dei sanciti doveri di solidarieta' sociale incombenti su ciascun individuo, nei quali puo' farsi rientrare l'obbligo vaccinale, la norma costituzionale nel prevedere una particolare tutela dell'individuo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita' (tra cui rientrano i luoghi di lavoro), non sembra consentire l'adozione di misure che gli precludano ogni forma di sostentamento per far fronte ai bisogni primari della vita e che, pertanto, finiscono inevitabilmente per ledere la dignita' della persona. Va infatti considerato che il pubblico dipendente sospeso ex art. 4-ter decreto-legge n. 44/2021, non puo' accedere a quegli istituti che tutelano i lavoratori privati in caso di perdita dell'occupazione, quale, ad es., l'indennita' di disoccupazione, essendo tale provvidenza in ogni modo preclusa ai lavoratori pubblici a tempo indeterminato, sicche' lo stesso perde ogni possibilita' di far fronte alle esigenze primarie della sua esistenza e del suo nucleo familiare, non potendo fare affidamento su alcuna forma di sostegno economico per un periodo temporale particolarmente rilevante, da ultimo prorogato fino al 15 giugno 2022. Sicche' non appare implausibile ritenere che le disposizioni in esame finiscano di fatto per trasmodare in una sorta di coercizione indiretta all'adempimento dell'obbligo, ponendo il lavoratore renitente di fronte all'alternativa di doversi suo malgrado sottoporre alla vaccinazione da egli avversata, ovvero subire uno stato di prolungata indigenza e di significativa compressione del suo abituale tenore di vita. Dunque introducendo ulteriori dubbi di costituzionalita' rispetto all'art. 32, comma 2, Cost. il quale dispone che, anche nei casi di trattamento obbligatori disposti per legge, quest'ultima «non puo' in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». 5.2. Vengono in rilievo le seguenti altre considerazioni. L'obbligo di sottoporsi a trattamento sanitario costituisce un'eccezione rispetto al principio sancito dall'art. 32 Cost., della libera determinazione dell'individuo in materia sanitaria (Cass. civ., Sez. III, 5 luglio 2017, n.16503); e indipendentemente da ogni questione relativa alla reale efficacia, o alla disputa tra vantaggi e presunti svantaggi, della vaccinazione contro il COVID-19, e' un dato di comune esperienza che qualsiasi pratica sanitaria o farmacologica, sia pur correttamente praticata, comporta comunque dei possibili rischi per la salute, che in taluni casi possono rivelarsi anche gravi. Tanto che in seno allo stesso decreto legge n. 44/2021 il legislatore, con l'art. 3, ha ritenuto di dover espressamente escludere la responsabilita' penale degli operatori medici per fatti conseguenti alla somministrazione del vaccino in tutti i casi in cui «... l'uso del vaccino e' conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all'immissione in commercio emesso dalle competenti autorita' e alle circolari pubblicate nel sito internet istituzionale del Ministero della salute relative alle attivita' di vaccinazione». Sicche' deve rilevarsi come l'impianto normativo nel suo complesso, da un lato si faccia carico di disporre norme di salvaguardia penale in favore del personale medico, mostrando cosi' di considerare tangibile la possibilita' che la vaccinazione possa comportare rischi (per quanto statisticamente marginali) per la salute; dall'altro lato nega contraddittoriamente e in modo assoluto ogni sostegno economico al dipendente che, non volendo accettare quei rischi, rifiuti di sottoporsi all'obbligo vaccinale ex art. 4-ter decreto-legge n. 44/2021, esprimendo cosi' una libera scelta in materia sanitaria che certamente puo' essere opinabile ma che, in quanto tale, non e' censurabile a livello disciplinare, come espressamente riconosciuto dalla norma stessa. In definitiva la norma in esame sembra confliggere con l'art. 32, comma 2, Cost. ponendo il pubblico dipendente che voglia esercitare il diritto di liberamente determinarsi in materia sanitaria, di fronte alla alternativa di non poter assicurare a se' ed alla propria famiglia neppure i mezzi di sostentamento minimi ed indispensabili, e di non poter far fronte ai propri impegni economici (nel caso in esame il ricorrente si duole di non essere in grado di pagare la rata mensile del prestito ottenuto); laddove la norma costituzionale in esame prevede, invece, che nei casi di trattamento obbligatori disposti per legge, quest'ultima «non puo' in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Non appare ultroneo osservare come il mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale non e' considerato dallo stesso legislatore come atto penalmente o disciplinarmente rilevante (art. 4-ter, comma 3, decreto-legge n. 44/2021) e, tuttavia la disposizione in esame non soltanto preclude al dipendente di svolgere la propria prestazione lavorativa a seguito della sospensione, con conseguente perdita della retribuzione, ma lo priva perfino della fruizione di quegli istituti, come l'assegno alimentare, che gli verrebbero invece garantiti laddove fosse sospeso poiche' coinvolto in un procedimento penale e disciplinare, con misure anche restrittive della liberta' personale, e dunque per procedimenti riguardanti il suo coinvolgimento in reati anche di oggettiva gravita'. 5.3. Sotto quest'ultimo profilo, l'art. 4-ter decreto-legge n. 44/2021, nello stabilire che «durante tale periodo non sono dovuti la retribuzione ne' altro compenso o emolumento comunque denominati, anche di natura previdenziale», sembra infatti sancire l'impossibilita' del lavoratore sospeso di accedere anche a forme di assistenza minime, come quella dell'assegno alimentare (comunque denominato), e sembra allora integrare un'ulteriore violazione dell'art. 3 Cost., per violazione del principio di eguaglianza e per irragionevolezza, posto che impedisce anche l'applicazione di quelle misure di sostegno che l'ordinamento ha sempre riconosciuto persino in caso di sospensione cautelare del lavoratore, laddove quest'ultimo abbia commesso (o sia sospettato di aver commesso) determinati fatti costituenti reato, idonei a determinare anche l'irrogazione di sanzioni disciplinari. A tal riguardo, il ricorrente lamenta, ad esempio, che gli art. 914 e seguenti del decreto legislativo n.66/2010 (Codice dell'Ordinamento Militare) prevedono che l'ente di appartenenza sospenda (in via precauzionale, obbligatoria o facoltativa) il militare imputato di un reato da cui possa derivare la perdita del grado, o il militare sottoposto ad arresto o qualsiasi altra misura cautelare; e tuttavia, l'art. 920 del decreto legislativo n.66/2010 rubricato «Norme comuni in materia di sospensione dall'impiego» prevede comunque che: «Al militare durante la sospensione dall'impiego compete la meta' degli assegni a carattere fisso e continuativo. Agli effetti della pensione, il tempo trascorso in sospensione dal servizio e' computato per meta'». Ma vengono in evidenza anche altre disposizioni normative: l'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, recante il testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, secondo cui «All'impiegato sospeso e' concesso un assegno alimentare in misura non superiore alla meta' dello stipendio, oltre gli assegni per carichi di famiglia»; l'art. 500 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante il testo unico del personale scolastico, contenente analoga disposizione anche in materia di sospensione disciplinare; gli articoli 10, 21, comma 4, e 22 comma 4, del decreto legislativo n.109 del 23 febbraio 2006, recante la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, i quali contengono la previsione dell'erogazione dell'assegno alimentare sia nelle ipotesi di sospensione disciplinare (art. 10 decreto legislativo n. 109 cit.), sia nelle ipotesi di sospensione cautelare, obbligatoria o facoltativa (artt. 21, comma 4 e 22 comma 4 decreto legislativo n. 109 cit.). la contrattazione collettiva del pubblico impiego privatizzato ex art. 2, comma 2, decreto legislativo n. 30 marzo 2001 n. 165, competente a regolare «la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni», ex art. 55, comma 2 decreto legislativo n. 165/2001, prevede l'assegno alimentare nei casi di sospensione cautelare del dipendente, anche laddove quest'ultima si protragga per un notevole arco temporale, in quanto disposta in attesa degli esiti di un procedimento penale, e dunque anche per fatti ritenuti di oggettiva gravita' e disvalore. 5.4. Per tutto quanto precede la sospensione dal servizio e la perdita della retribuzione previste dalla norma in esame appaiono conseguenze sproporzionate e in contrasto con l'art. 3 Cost. Si tratta, infatti, di conseguenze che per la loro portata sono suscettibili di vulnerare i diritti fondamentali della persona, eppure correlate ad una condotta (il mancato adempimento dell'obbligo vaccinale) non integrante ne' illecito penale, ne' illecito disciplinare; e che pertanto sembrano integrare una irragionevole disparita' di trattamento rispetto a quei lavoratori sospesi perche' coinvolti in procedimenti penali e disciplinari per fatti di oggettiva gravita' ed ai quali, invece l'ordinamento riconosce l'assegno alimentare per far fronte ai loro bisogni alimentari primari. 6. Conclusivamente questo Tribunale , ai sensi dell'art. 23 comma 2 l. 11 marzo 1953 n. 87, ritenendole rilevanti e non manifestamente infondate, solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4-ter, comma 3, del decreto-legge n. 44/2021 (articolo. inserito dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito con modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3) nella parte in cui prevede, per effetto dell'inadempimento all'obbligo vaccinale, la sospensione dal servizio e la perdita della retribuzione per il personale della Polizia Penitenziaria, per contrasto con gli artt. dagli artt. 2, 3, 32 comma 2, Cost., della Costituzione, e comunque sotto il profilo della mancata previsione di un assegno alimentare per violazione del principio di eguaglianza e di ragionevolezza. 7. Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 79 e 80 c.p.a. e 295 c.p.c., con trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale. 8. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese, e' riservata alla decisione definitiva.