LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Stefani Onesto e Stefani Umberto entrambi in proprio e nella qualita' di legali rappresentanti della Centrolatte Lucca S.r.l., corrente in Lucca, elettivamente domiciliati in Roma, L.re Michelangelo n. 9, presso lo studio dell'avvocato Filippo Biamonti, che li difende, giusta delega in atti, ricorrenti; Contro la regione Toscana, in persona del presidente pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via del Viminale n. 43, presso lo studio dell'avvocato Fabio Lorenzoni, che la difende, anche disgiuntamente, insieme all'avvocato Mary Rosa Ciofi, giusta delega in atti, controriccorrente, avverso la sentenza n. 31/97 del pretore di Pistoia, emessa il 5 dicembre 1996, e depositata il 1 febbraio 1997, (r.g. 249/96); Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4 giugno 1999 dal consigliere dott. Alberto Talevi; Udito l'avvocato Filippo Biamonti; Udito l'avvocato Mario Loria (per delega avv. F. Lorenzoni); Udito il p.m. in persona del sostituto procuratore generale dott. Ennio Attilio Sepe che ha concluso per il rigetto del primo motivo e l'accoglimento del secondo. O s s e r v a Con ricorso ex art. 22, legge n. 689/1981 depositato il 22 febbraio 1996, la Centrolatte Lucca S.r.l. in persona dei legali rappresentanti Stefani Onesto e Umberto e gli stessi in proprio ricorrevano, innanzi al pretore di Pistoia, per ottenere l'annullamento delle ordinanze della regione Toscana - Giunta regionale - Dipartimento della programmazione delle risorse finanziarie e patrimoniali - numeri 11867 e 11868 emesse nei loro confronti in data 15 gennaio 1996 con le quali era stato loro (in solido) ingiunto il pagamento della somma di L. 306.100 comprese le spese di notifica relativa al verbale di contestazione n. 820/1994 dell'11 agosto 1994 elevato dal Servizio igiene pubblica e del territorio ex U.S.L. n. 8 di Pistoia con il quale era contestata la violazione dell'art. 43 d.P.R. n. 327/1980 sanzionata ai sensi dell'art. 17, legge n. 283/1962. A sostegno della propria opposizione veniva proposto tra l'altro quanto segue: in data 11 agosto 1994 personale dell'Unita' operativa igiene pubblica e territorio presente in Serravalle Pistoiese localita' Casalguidi aveva redatto il verbale n. 821/94 a carico di Stefani Umberto, nella sua qualita' di amministratore della societa' ricorrente, con invito a pagare - in solido con la stessa societa' - la somma di L. 500.000 per delle abrasioni ed ossidazioni riscontrate su un camion frigorifero della ricorrente; in data 2 settembre 1994 con bollettino n. 0073 di versamento postale sul c/c n. 25228503 intestato alla regione Toscana - Tesoreria regionale, la Centrolatte Lucca S.r.l. aveva provveduto allo spontaneo pagamento della somma di L. 8.000 "a definizione e saldo della effettiva sanzione irrogabile"; con memoria ex art. 18, legge n. 689/1981 lo Stefani aveva fatto presente all'amministratore della U.S.L. n. 8 i motivi per i quali aveva provveduto al pagamento della somma di L. 8.000 precisando che la violazione di cui all'art. 43, d.P.R. n. 327 1980, sanzionata dall'art. 17 della legge n. 283/1962, prevedeva l'ammenda nella misura massima di L. 1.500.000, senza l'indicazione di alcun minimo edittale; che pertanto valeva e vale in tal caso il riferimento al minimo generale dell'art. 26 cod. pen. secondo cui "la pena dell'ammenda consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a L. 4.000"; che tale norma, letta in combinato disposto con l'art. 16 della legge n. 689/1981, il quale dispone il pagamento in misura corrispondente "alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se piu' favorevole, al doppio del minimo della sanzione edittale" (che abbiamo appena visto essere L. 4.000), comportava che la sanzione in effetti applicabile alla fattispecie fosse di L. 8.000; successivamente erano state notificate le ordinanze ingiunzioni opposte. Il pretore di Pistoia, con sentenza 5 dicembre 1996-1 febbraio 1997, rigettava il ricorso esponendo le seguenti argomentazioni. L'art. 7 della legge regionale n. 85 del 12 novembre 1993 entrata in vigore il 4 dicembre 1993 prevede espressamente che, quando in una norma che prevede una sanzione amministrativa non sia indicato il minimo edittale, il pagamento in misura ridotta deve essere pari alla terza parte del massimo edittale stabilito per la violazione. Tale norma va applicata anche nel caso di specie. L'interpretazione della Corte costituzionale resa con la sentenza n. 152 del 4-8 maggio 1995, essendo relativa ad altra disposizione di legge della regione Abruzzo esclusivamente dettata per la materia sanitaria, non pare poter essere estesa analogicamente al piu' generale art. 7 della legge regionale n. 85/1993. Del pari, non pare meritevole di rilevanza la proposta questione di legittimita' costituzionale del suddetto articolo in relazione all'art. 117 della Costituzione. Contro questa decisione ricorrono per cassazione, con due motivi illustrati anche con memoria, Stefani Onesto e Stefani Umberto, nella qualita' di legali rappresentanti della Centrolatte Lucca S.r.l., ed in proprio. La regione Toscana resiste con controricorso. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di legge per aver ritenuto la violazione contestata materia riservata alla disciplina regionale e comunque per aver ritenuto che l'art. 7 della legge regione Toscana n. 85/1993 possa violare principi di diritto posti da norme statali quali l'art. 26, cod. pen. e l'art. 16, legge n. 689/1981 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.), nonche' omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, cod. proc. civ. in relazione all'art. 112, cod. proc. civ.), esponendo tra l'altro quanto segue. Il pretore di Pistoia viola gravemente la legge ritenendo che la materia sanitaria di cui alla violazione contestata ex art. 43 del d.P.R. n. 327/1980 faccia parte delle competenze regionali; inoltre si pone la verifica dei poteri delle regioni di violare diritti generali dei cittadini posti da norme dell'ordinamento statale in materia di sanzioni economiche. Un conto e' infatti reputare che una certa materia rientri nella competenza assegnata alle regioni o che queste possano irrogare sanzioni per funzioni comunque ad esse delegate, e ben altro conto e' dedurre da questo (erroneo nella fattispecie) convincimento che la regione possa porre di fatto nel nulla, con proprie norme di contenuto sanzionatorio, altre norme di generale applicazione nell'ordinamento statale che costituiscono addirittura non violabili principi generali di diritto, quali li ha ritenuti la stessa Corte costituzionale (sentenza n. 152 dell'8 maggio 1995) nel decidere su questione identica a quella che si occupa e nella quale era in esame appunto l'art. 5 (rectius 6) della legge della regione Abruzzo n. 47 del 19 luglio 1984. Ritiene questa Corte che la questione di costituzionalita' denunciata dai ricorrenti sia rilevante ai fini della decisione e che non sia manifestamente infondata. Infatti la legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli artt. 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con r.d. 27 luglio 1934, n. 1265: disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 4 giugno1962), all'art. 17 stabilisce: "I contravventori alle disposizioni contenute nel regolamento generale di esecuzione della presente legge e ai vari regolamenti speciali sono punti con l'ammenda fino a L. 500.000.". La legge regione Toscana 12 novembre 1993, n. 85 (Disposizione per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie) all'art. 7 (Pagamento in misura ridotta) stabilisce: "... Nel caso in cui la norma che prevede la sanzione non indichi il minimo edittale, il pagamento in misura ridotta e' pari alla terza parte del massimo edittale stabilito per la violazione...". La Corte costituzionale, con sentenza n. 0152 del 1995, nel giudizio di legittimita' costituzionale sollevato dal pretore di Pescara, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, dell'art. 5 (recte: 6) della legge della regione Abruzzo del 19 luglio 1984, n. 47 (nella parte in cui si statuisce che "nel caso la disposizione non preveda il minimo di sanzione amministrativa, ma determini solo il massimo, e' consentito il pagamento ridotto nella sola misura di un terzo del massimo", non consentendo partanto all'interessato di accedere al pagamento della sanzione in misura ridotta, come disciplinato dall'art. 16 della stessa legge n. 689, corrispondendo il doppio del minimo edittale ricavato, secondo l'interpretazine della Corte di cassazione, dal disposto dell'art. 26 del codice penale) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge della regione Abruzzo 19 luglio 1984, n. 47 (Norme per l'applicazione delle sanzioni amministrative in materia sanitaria), osservando tra l'altro quanto segue. "... L'art. 16 della legge n. 689 del 1981, recante: ''Modifiche al sistema penale'', disciplina il pagamento in misura ridotta delle sanzioni amministrative statuendo che le stesse possono essere estinte mediante il pagamento di una somma ''pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se piu' favorevole, al doppio del minimo della sanzione edittale''. A tale norma, per il suo rilievo nel contesto della disciplina generale posta in tema di sanzioni amministrative, va riconosciuto il valore di principio suscettibile di vincolare il legislatore regionale (... Omissis ...). Il rispetto del principio sanzionatorio nell'art. 16 della legge n. 689 del 1981 impedisce, pertanto, alla regione di bloccare la misura della sanzione ridotta solo in relazione al terzo del massimo edittale, dal momento che, in ogni caso, occorre garantire al soggetto colpito la possibilita' di scelta della misura piu' favorevole tra le due dalla stessa norma indicate: con la conseguenza che la regione, in assenza di un minimo specificamente sanzionato, non puo' sottrarre a chi sia interessato al pagamento in misura ridotta la possibilita' di ottemperare al proprio obbligo utilizzando il richiamo anche al minimo desumibile in via generale della disciplina relativa al tipo di sanzione applicata ...". Salla base di quanto sopra esposto, anche in considerazine della somiglianza di contenuto delle due norme sopra indicate (art. 6 della legge della regione Abruzzo del 19 luglio 1984, n. 47 ed art. 7 della legge regione Toscana del 12 novembre 1993, n. 85) la questione di costituzionalita' denunciata deve ritenersi non manifestamente infondata; di conseguenza, a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 83, il giudizio deve essere sospeso e gli atti devono essere trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione delle questioni sopra enunziate. Inoltre si deve ordinare che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al pubblico ministero, al presidente della Giunta regionale della regione Toscana ed al presidente del Consiglio regionale di detta regione.