ORDINANZA 
 
nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  204-bis,
comma 3-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo
codice della strada), introdotto dall'art. 39, comma 1,  lettera  a),
della legge 29 luglio  2010,  n.  120  (Disposizioni  in  materia  di
sicurezza stradale), promosso dal  Giudice  di  pace  di  Genova  nel
procedimento vertente tra P.G. e il Comune di  Genova  con  ordinanza
del 12 novembre 2010, iscritta al n. 165 del registro ordinanze  2011
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  35,  prima
serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 2011  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano. 
    Ritenuto che il Giudice di pace di Genova, con ordinanza  del  12
novembre 2010, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111
della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'articolo 204-bis, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),  introdotto  dall'art.  39,
comma 1, lettera a), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni
in materia di sicurezza stradale), nella parte in  cui  non  prevede,
per la costituzione in  giudizio  dei  soggetti  legittimati  passivi
indicati nel successivo art. 4-bis, un termine  minimo  che  dovrebbe
necessariamente intercorrere tra la data di notifica  del  ricorso  e
quella fissata per l'udienza di comparizione delle parti; 
        che il giudizio a quo ha  ad  oggetto  un  ricorso,  ex  art.
204-bis del d.lgs.  n.  285  del  1992  e  successive  modificazioni,
avverso un verbale di contestazione elevato dalla Polizia  Municipale
di Genova, in data 12 febbraio  2010,  per  violazione  dell'art.  7,
comma 14, del d.lgs. n. 285 del 1992, con il quale veniva irrogata la
sanzione amministrativa pecuniaria di euro 74,00; 
        che il Giudice di pace di Genova  evidenzia  che  l'art.  39,
comma 1, lettera a), della legge n. 120 del 2010 ha novellato  l'art.
204-bis del d.lgs. n. 285 del 1992, modificando il comma 3 nel  senso
che segue: «Il ricorso  ed  il  decreto  con  cui  il  giudice  fissa
l'udienza di comparizione sono notificati, a cura della  Cancelleria,
all'opponente  o,  nel  caso  in  cui  sia  stato  indicato,  al  suo
procuratore, e ai soggetti di cui al comma 4-bis» ed ha introdotto il
comma  3-bis,  il  quale  cosi'  prescrive:  «tra  il  giorno   della
notificazione e l'udienza di comparizione devono intercorrere termini
liberi non maggiori di trenta giorni se il luogo della  notificazione
si trova in Italia, o di sessanta giorni, se si trova all'estero.  Se
il  ricorso  contiene  l'istanza  di  sospensione  del  provvedimento
impugnato, l'udienza di comparizione deve essere fissata dal  giudice
entro venti giorni dal deposito dello stesso»; 
        che, a parere del rimettente, la  mancata  previsione  di  un
termine  minimo  per  la  costituzione  in  giudizio   dei   soggetti
legittimati passivi, tra la  data  di  notificazione  del  ricorso  e
quella  dell'udienza  di  comparizione  delle  parti,  indicati   nel
successivo art. 4-bis, incide su interessi di rango costituzionale; 
        che risulterebbe violato,  in  primo  luogo,  il  diritto  di
difesa di cui all'art. 24 Cost. perche' la parte resistente  potrebbe
vedersi notificare il ricorso lo stesso  giorno  dell'udienza  ovvero
solo pochi giorni prima senza avere il tempo necessario per  svolgere
un'adeguata difesa consistente nell'esaminare i motivi  del  ricorso,
predisporre scritti difensivi, indicare fonti di prova e  raccogliere
quant'altro possa servire a confutare gli argomenti del ricorrente; 
        che, secondo il rimettente,  la  norma  censurata  violerebbe
anche  il  principio  di  eguaglianza  di  cui  all'art.   3   Cost.,
determinando una palese disparita' di trattamento tra il  ricorrente,
al quale, ai sensi dell'art. 204-bis, comma  1,  e'  riconosciuto  il
termine  di  sessanta  giorni  dalla  notificazione  del  verbale  di
contestazione per proporre ricorso in opposizione e la parte  opposta
che potrebbe  vedere  ridotto  ad  un  solo  giorno  il  termine  per
costituirsi in giudizio; 
        che  la  norma  censurata   opererebbe   una   ingiustificata
discriminazione  tra  ricorrente  in  opposizione  e  parte  opposta,
ponendosi in contrasto con l'art. 111, secondo comma, Cost. il  quale
prevede che ogni processo deve svolgersi  nel  contraddittorio  delle
parti in condizioni di parita'; 
        che il rimettente, infine,  pur  ritenendo  rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale,
non sospende il processo e ne dispone la prosecuzione «atteso che  il
giudizio puo' essere  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale»; 
        che e'  intervenuto  nel  giudizio  di  costituzionalita'  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
dichiarata inammissibile o infondata; 
        che, quanto all'inammissibilita',  l'Avvocatura  dello  Stato
rileva che la questione difetta di rilevanza  perche'  il  rimettente
nel disporre la prosecuzione del giudizio ha affermato che lo  stesso
«puo'  essere  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della
questione di legittimita' costituzionale», cio' in palese  violazione
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
        che,   inoltre,   la    rilevanza    della    questione    di
costituzionalita' sarebbe meramente ipotetica ed eventuale,  mancando
la necessaria pregiudizialita' rispetto alla decisione  del  giudizio
principale, e, anzi, con l'espressa esclusione della sua sussistenza; 
        che la questione sarebbe  comunque  manifestamente  infondata
per l'erroneita' del presupposto interpretativo dell'art. 204-bis del
codice  della  strada  che  il  rimettente  non  avrebbe   letto   ed
interpretato in modo sistematico; 
        che, in particolare, il comma 2 della  predetta  disposizione
prevede che il ricorso al giudice  di  pace  si  propone  secondo  le
modalita' stabilite dall'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689
(Modifiche al sistema penale),  e  secondo  il  procedimento  fissato
dall'art. 23 della medesima legge n. 689 del  1981,  fatte  salve  le
deroghe ivi previste; 
        che l'art. 23 della legge n. 689 del 1981 stabilisce  che  il
giudice fissa l'udienza con decreto in calce  al  ricorso,  ordinando
all'autorita' che ha emesso il provvedimento impugnato di  depositare
in cancelleria dieci giorni  prima  dell'udienza  fissata  copia  del
rapporto  e  degli  atti  relativi  all'accertamento   nonche'   alla
contestazione o notificazione della violazione; 
        che,   pertanto,   secondo    l'Avvocatura    dello    Stato,
contrariamente a quanto ritenuto dal giudice remittente,  il  termine
minimo per la  costituzione  in  giudizio  dei  soggetti  legittimati
passivi sarebbe quello stabilito dal citato art. 23, al quale  l'art.
204-bis  del  codice  della  strada  espressamente  rinvia   per   lo
svolgimento delle attivita' difensive del convenuto nel  procedimento
davanti al giudice di pace; 
        che tra la  data  di  notifica  del  ricorso  e  la  data  di
fissazione   dell'udienza   di   prima   comparizione   deve   quindi
necessariamente decorrere il termine minimo di dieci giorni nei quali
l'autorita'  che  ha  emesso  il  provvedimento  impugnato  si   puo'
costituire o deve comunque depositare gli atti relativi; 
        che in base a  tale  interpretazione  la  questione  dovrebbe
ritenersi infondata in ordine a entrambi i parametri evocati. 
    Considerato che il Giudice di pace di Genova, con  ordinanza  del
12  novembre   2010,   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.   204-bis,   comma   3-bis,   del   decreto
legislativo 30 aprile 1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della  strada),
introdotto dall'art. 39, comma 1, lettera a), della legge  29  luglio
2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza  stradale),  nella
parte in cui non prevede per la costituzione in giudizio dei soggetti
legittimati passivi indicati nel successivo art.  4-bis,  un  termine
minimo che dovrebbe  necessariamente  intercorrere  tra  la  data  di
notifica del ricorso e quella fissata per l'udienza  di  comparizione
delle parti; 
        che, secondo il rimettente,  la  norma  censurata  violerebbe
l'art. 24 della Costituzione «perche' i soggetti legittimati  passivi
potrebbero  vedersi  notificare   il   ricorso   lo   stesso   giorno
dell'udienza ovvero  solo  pochi  giorni  prima  senza  quindi  poter
predisporre adeguata difesa»; 
        che sarebbe violato anche l'art.  3  Cost.,  sussistendo  una
palese disparita' di trattamento tra  il  ricorrente,  al  quale,  ai
sensi dell'art. 204-bis, comma 1, del d.lgs.  n.  285  del  1992,  e'
riconosciuto il termine di sessanta giorni  dalla  notificazione  del
verbale di contestazione per proporre ricorso  in  opposizione  e  la
parte opposta, che potrebbe vedere  ridotto  ad  un  solo  giorno  il
termine per costituirsi in giudizio; 
        che, infine, la norma censurata opererebbe una ingiustificata
discriminazione  tra  ricorrente  in  opposizione  e  parte  opposta,
ponendosi in contrasto con l'art. 111, secondo comma, Cost. il  quale
prevede che ogni processo deve svolgersi  nel  contraddittorio  delle
parti in condizioni di parita'; 
        che la questione e' manifestamente inammissibile  perche'  il
Giudice di pace rimettente, pur affermando di  ritenere  rilevante  e
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata, non ha sospeso il processo e ne ha disposto
la prosecuzione con la seguente motivazione: «atteso che il  giudizio
puo'  essere  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione   della
questione di costituzionalita'»; 
        che l'art.  23  della  legge  n.  87  del  1953  dispone  che
l'autorita' giurisdizionale, «qualora il giudizio  non  possa  essere
definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
legittimita' costituzionale [...]  dispone  l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte e sospende il giudizio in corso»; 
        che nel caso di specie si concretizza una duplice  violazione
del citato art. 23 perche' il Giudice di pace solleva  una  questione
dalla quale, come lui stesso afferma, non dipende la definizione  del
giudizio e, al contempo, non sospende il processo; 
        che la Corte ha piu' volte  affermato  che  «l'art.  1  della
legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.  1,  nel  prevedere  che  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  puo'  essere   "rilevata
d'ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di  un  giudizio",
non ha conferito al giudice la facolta' di sollevare una questione di
legittimita' costituzionale dalla  cui  risoluzione  non  dipenda  la
decisione del giudizio di cui e' investito» e che  «l'art.  23  della
legge 11 marzo  1953,  n.  87,  nel  richiedere  il  requisito  della
rilevanza, si uniforma alla predetta norma costituzionale» (ordinanze
n. 130 del 1998, n. 225 del 1982 e n. 130 del 1971); 
        che, pertanto, la questione e' manifestamente inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.