Ordinanza 
 
nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  705  del
codice di procedura penale e dell'articolo 40 della legge  22  aprile
2005, n. 69 (Disposizioni per  conformare  il  diritto  interno  alla
decisione quadro 2002/584/GAI del  Consiglio,  del  13  giugno  2002,
relativa al mandato d'arresto europeo e alle  procedure  di  consegna
tra Stati membri), promossi dalla Corte  di  appello  di  Milano  con
ordinanza del 31 marzo 2011 e dalla Corte di appello di  Brescia  del
20 maggio 2011, iscritte ai nn. 155 e 176 del registro ordinanze 2011
e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 29  e  37,
prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
    Udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 2011  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro. 
    Ritenuto che la Corte di appello di Milano, con ordinanza del  31
marzo 2011 (reg. ord. n. 155 del 2011), ha sollevato, in  riferimento
agli  articoli  3,  27,  terzo  comma,  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
705 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede il
rifiuto di consegna e la conseguente possibilita' di scontare la pena
in Italia del condannato, cittadino di uno Stato  membro  dell'Unione
europea,  residente  o  dimorante  nel  territorio  italiano  ed  ivi
stabilmente inserito, del quale sia stata richiesta l'estradizione; 
        che a giudizio della Corte  rimettente,  non  potendo  essere
applicato al cittadino rumeno richiesto dell'estradizione  il  regime
piu' favorevole recato dall'articolo 18, comma 2, lettera  r),  della
legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare  il  diritto
interno alla decisione quadro  2002/584/GAI  del  Consiglio,  del  13
giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e  alle  procedure
di consegna tra  Stati  membri),  si  sarebbe  venuta  a  creare  una
ingiustificata  ed  irragionevole  disparita'   di   trattamento   di
situazioni   analoghe,   nonche'   l'elisione   delle   esigenze   di
risocializzazione e la violazione  dei  principi  comunitari  di  non
discriminazione, di uniformita' di trattamento dei cittadini europei; 
        che la Corte di appello di  Brescia,  con  ordinanza  del  20
maggio 2011 (reg. ord. n. 176 del 2011), ha sollevato, in riferimento
agli  articoli  3,  27,  terzo  comma,  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione,  analoga  questione  di   legittimita'   costituzionale
dell'articolo  705  del   codice   di   procedura   penale,   nonche'
dell'articolo 40 della legge n. 69 del 2005, nella parte in  cui  non
prevedono, in relazione ad una domanda di estradizione presentata  da
uno Stato membro dell'Unione europea,  il  rifiuto  di  consegna  del
condannato, cittadino di un Stato  membro  dell'Unione  europea,  che
legittimamente ed effettivamente abbia la residenza o la  dimora  nel
territorio italiano, quando tale pena possa essere eseguita in Italia
conformemente al diritto interno; 
        che il rimettente, investito del procedimento per la verifica
delle condizioni per l'estradizione di un cittadino romeno,  richiama
integralmente le argomentazioni  dell'ordinanza  del  25  marzo  2011
(iscritta al reg.  ord.  n.  147  del  2011)  con  cui  la  Corte  di
cassazione aveva sollevato identica questione. 
    Considerato che l'identita' delle questioni sollevate  impone  la
riunione dei giudizi, ai fini di un'unica trattazione e  di  un'unica
pronuncia; 
        che questa Corte con la sentenza n.  274  del  2011  ha  gia'
dichiarato inammissibile identica questione sollevata dalla Corte  di
cassazione, in quanto l'intervento richiesto  consisterebbe,  secondo
la  prospettazione  del  rimettente,  nell'inserire   nel   complesso
normativo dell'estradizione un nuovo caso di rifiuto,  mutuato  dalla
disciplina del MAE; 
        che anche in questo identico caso  il  risultato  prefigurato
dalle Corti  rimettenti,  determinerebbe,  «non  piu'  una  normativa
intertemporale, ma un singolare innovativo meccanismo, diverso  tanto
dal precedente quanto  da  quello  "a  regime",  creando  un  sistema
"spurio" anche rispetto alla stessa norma transitoria»; 
        che   deve   pertanto   essere   dichiarata   la    manifesta
inammissibilita' delle questioni. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  davanti  alla
Corte costituzionale.