Sentenza 
 
nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  5   e
dell'articolo 14, comma 3, della  legge  della  Regione  Piemonte  29
aprile 2011, n. 7, recante «Modifiche alla legge regionale 28  luglio
2008, n. 23 (Disciplina dell'organizzazione degli uffici regionali  e
disposizioni concernenti la dirigenza e il personale)  in  attuazione
del decreto legislativo 27 ottobre 2009,  n.  150  e  adeguamento  al
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia  di  organizzazione  e
contenimento della spesa del personale», promosso dal Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso  spedito  per  la  notifica  il  4
luglio 2011, depositato in cancelleria l'11 luglio 2011  ed  iscritto
al n. 66 del registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  22  febbraio  2012  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    Uditi l'avvocato dello Stato Luca Ventrella per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Giovanna Scollo  per  la  Regione
Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso spedito per la notifica  a  mezzo  del  servizio
postale il 4 luglio 2011 e  depositato  in  cancelleria  l'11  luglio
2011, il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  chiesto  che  sia
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale,  con  riferimento  agli
articoli 3, 97 e 117, secondo comma, lettera l), della  Costituzione,
dell'articolo 5 e  dell'articolo  14,  comma  3,  della  legge  della
Regione Piemonte 29 aprile 2011, n. 7, recante «Modifiche alla  legge
regionale 28 luglio 2008, n. 23 (Disciplina dell'organizzazione degli
uffici  regionali  e  disposizioni  concernenti  la  dirigenza  e  il
personale) in attuazione del decreto legislativo 27 ottobre 2009,  n.
150 e adeguamento al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78  convertito,
con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia  di
organizzazione e contenimento della spesa del personale». 
    Riferisce il  ricorrente  che  l'art.  5  della  legge  regionale
impugnata prevede l'inserimento, dopo il comma 3 dell'art.  14  della
l.r. n. 23 del 2008, del  comma  3-bis,  il  quale  dispone  che  «Il
Presidente del Consiglio regionale puo' avvalersi, per lo svolgimento
delle proprie funzioni, del supporto di una professionalita' esterna,
scelta  sulla  base  di  rapporti  fiduciari»  e  che  «Il  contenuto
dell'incarico ed i rapporti con le strutture  sono  disciplinati  con
provvedimento deliberativo dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio». 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la disposizione
censurata,  cosi'  disponendo,  viola  gli  artt.  3   e   97   della
Costituzione, in  quanto  consente  alla  Regione  di  avvalersi  del
supporto di professionalita' esterne sulla  base  di  meri  "rapporti
fiduciari", indipendentemente, quindi,  dal  possesso  dei  requisiti
indicati al comma 6 dell'art. 7  del  decreto  legislativo  30  marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze   delle   amministrazioni    pubbliche)    e    successive
modificazioni − in  base  alla  quale  le  amministrazioni  pubbliche
possono conferire incarichi  individuali,  con  contratti  di  lavoro
autonomo,  solamente  «ad  esperti  di   particolare   e   comprovata
specializzazione  universitaria»   e   in   presenza   di   specifici
presupposti −, e  senza  prevedere,  in  alternativa,  altri  criteri
selettivi, ugualmente idonei  a  garantire  la  professionalita'  del
collaboratore. 
    Inoltre, la disposizione dell'art. 5  in  esame  si  porrebbe  in
contrasto anche con l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l),  della
Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva  dello  Stato  la
materia dell'ordinamento civile e,  quindi,  i  rapporti  di  diritto
privato regolabili dal codice civile. 
    2. - Si e' costituita nel giudizio la Regione Piemonte, con  atto
depositato in data 4 agosto 2011, chiedendo che le questioni promosse
siano dichiarate infondate e che,  comunque,  il  secondo  motivo  di
ricorso sia dichiarato inammissibile. 
    Quanto alla questione relativa all'art. 5 della  legge  regionale
censurata,  detta  disposizione  non  conterrebbe  alcuna  deroga  al
principio  delle   «necessarie   garanzie   di   professionalita'   e
competenza»,  come  sarebbe  dimostrato  dal  fatto   che   l'analoga
previsione di cui all'art. 15, comma 3, della legge regionale  n.  23
del 2008 («Il Presidente della Giunta Regionale puo'  avvalersi,  per
lo   svolgimento   delle   proprie   funzioni,   del   supporto    di
professionalita' esterne in numero non superiore a  tre,scelte  sulla
base di rapporti fiduciari»), non e' stata oggetto, a suo  tempo,  di
impugnativa governativa. 
    3. - Con memorie depositate, rispettivamente, in data 31  gennaio
e 1° febbraio 2012, la Regione Piemonte e il Presidente del Consiglio
dei ministri hanno illustrato le proprie conclusioni, insistendo  per
l'accoglimento delle stesse. 
    4. - Con decreto del 14 febbraio 2012, il Presidente della  Corte
costituzionale, sentito il Giudice relatore, disponeva lo stralcio  e
il  rinvio  a   nuovo   ruolo   della   questione   di   legittimita'
costituzionale avente ad oggetto l'art.  14,  comma  3,  della  legge
regionale del Piemonte n. 7 del 2011. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  promosso,  con
riferimento agli articoli 3, 97 e 117,  secondo  comma,  lettera  l),
della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'articolo 5 (oltre che dell'articolo 14,  comma  3)  della  legge
della Regione Piemonte 29 aprile 2011, n. 7, recante «Modifiche  alla
legge regionale 28 luglio 2008, n. 23 (Disciplina dell'organizzazione
degli uffici regionali e disposizioni concernenti la dirigenza  e  il
personale) in attuazione del decreto legislativo 27 ottobre 2009,  n.
150 e adeguamento al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78  convertito,
con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia  di
organizzazione e contenimento della spesa del personale». 
    La disposizione censurata (art. 5 cit.)  inserisce,  nella  legge
regionale n. 23 del 2008 - in tema  di  organizzazione  degli  uffici
regionali, della dirigenza e  del  personale  -  e,  in  particolare,
nell'art. 14  di  tale  legge,  il  comma  3-bis,  che  autorizza  il
Presidente del Consiglio regionale ad avvalersi, per  lo  svolgimento
delle proprie funzioni, del supporto di una professionalita' esterna,
scelta  sulla  base  di  rapporti  fiduciari,   e   rimette   ad   un
provvedimento deliberativo della Presidenza del Consiglio il  compito
di delineare il contenuto dell'incarico ed i  rapporti  del  soggetto
assunto con le altre strutture. 
    Essa, pertanto, interviene sulla normativa regionale  previgente,
dettata per disciplinare le strutture di vertice  dell'organizzazione
regionale, introducendo, per il Presidente del Consiglio regionale  -
in aggiunta  all'ufficio  del  Capo  di  Gabinetto  del  Consiglio  -
un'ulteriore forma di collaborazione fiduciaria. 
    Secondo  il  ricorrente,   la   norma   citata,   da   un   lato,
contrasterebbe con il principio di ragionevolezza, buon  andamento  e
imparzialita' della pubblica amministrazione, di cui agli artt.  3  e
97, Cost., in quanto autorizzerebbe il ricorso  al  supporto  di  una
professionalita' esterna, indipendentemente dal rispetto dei  criteri
dettati dall'art. 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo  2001,
n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze
delle amministrazioni pubbliche) - che prevede che il ricorso a  tali
forme di collaborazione possa avvenire solo in presenza di  specifici
presupposti oggettivi, quali l'accertata impossibilita' di utilizzare
le risorse umane  disponibili  all'interno  dell'amministrazione,  il
carattere temporaneo ed altamente qualificato della  prestazione,  ed
altri, e che tali incarichi  possano  essere  conferiti  soltanto  ad
esperti  di  particolare   e   comprovata   specializzazione,   anche
universitaria  -   dall'altro,   determinerebbe   l'invasione   della
competenza legislativa esclusiva in materia  di  ordinamento  civile,
intervenendo nella disciplina dei rapporti di diritto privato. 
    2. - La questione, promossa con riferimento agli  artt.  3  e  97
della Costituzione, e' fondata. 
    Questa Corte ha  piu'  volte  affermato,  in  tema  di  incarichi
temporanei a soggetti esterni all'amministrazione,  il  principio  in
base al quale la Regione puo' derogare ai criteri statali di  cui  al
d.lgs.  n.  165  del  2001  citato,  a  condizione  che  preveda,  in
alternativa,  altri  criteri  di  valutazione,  ugualmente  idonei  a
garantire la competenza e la professionalita' dei soggetti di cui  si
avvale e ad  assicurare  che  la  scelta  dei  collaboratori  esterni
avvenga secondo i canoni della buona  amministrazione,  onde  evitare
che sia consentito l'accesso a tali uffici di personale  esterno  del
tutto privo di qualificazione. 
    Tale principio e' stato ribadito anche con specifico  riferimento
a  disposizioni  regionali,  simili  a  quella  oggi  impugnata,  che
miravano a consentire il  ricorso  a  contratti  di  lavoro  a  tempo
determinato con persone  esterne  in  ausilio  dell'attivita'  di  un
proprio organo di vertice o di altra struttura politica (Presidente e
componenti della Giunta, Presidente del Consiglio regionale e  gruppi
consiliari). 
    Simili  forme  di  diretta  collaborazione,   per   loro   natura
temporanee (in quanto strettamente  connesse  con  la  permanenza  in
carica   dell'organo   di   rappresentanza    politica    dell'Ente),
presuppongono che l'individuazione dei collaboratori esterni  avvenga
anche sulla base di criteri di tipo  fiduciario,  dato  il  carattere
politico dell'organo che questi ultimi sono chiamati a coadiuvare. 
    In  ragione  della   specificita'   degli   uffici   di   diretta
collaborazione, questa Corte ha affermato (sentenze n. 7 del 2011, n.
34 del 2010, n. 293 del 2009, n. 104 del 2007) che le Regioni possono
dettare, in deroga ai criteri di selezione dettati dall'art. 7, comma
6, del decreto legislativo n. 165 del  2001,  dei  propri,  autonomi,
criteri   selettivi,   che   tengano   conto   della    peculiarieta'
dell'incarico in conseguenza del necessario rapporto  fiduciario  con
l'organo politico. 
    Tuttavia, questa Corte ha sempre escluso che la selezione di tale
personale esterno di diretta collaborazione possa  avvenire  soltanto
in base al predetto rapporto fiduciario e, quindi, in totale  assenza
di criteri di valutazione della professionalita' e competenza. 
    Questa Corte, in particolare, ha affermato che «la  Regione,  per
accentuare tale carattere  ben  puo'  derogare  ai  criteri  statali,
purche' preveda, pero', in alternativa, altri criteri di valutazione,
ugualmente idonei a garantire la competenza  e  professionalita'  dei
soggetti di cui si avvale ed a scongiurare  il  pericolo  di  un  uso
strumentale  e  clientelare   delle   cosiddette   esternalizzazioni»
(sentenza  n.  252  del  2009).  Principi  ribaditi,  sia  pure   con
riferimento a diversa censura, dalla sentenza n. 7  del  2011,  nella
quale,  dichiarando  non  fondata  la   questione   di   legittimita'
costituzionale  sollevata  in  riferimento  ad   una   corrispondente
disposizione regionale della  Liguria,  e'  stato  affermato  che  la
disposizione in quel caso censurata poteva ritenersi  «rispettosa  di
tali principi,  perche'  essa,  nella  prospettiva  di  garantire  il
necessario  grado  di  fiduciarieta'   del   personale   di   diretta
collaborazione, prevede, in caso di assunzione di personale in deroga
ai principi dettati dalla citata legislazione statale, alcuni criteri
selettivi che, valorizzando il possesso di  esperienze  professionali
specifiche  (dalla  particolare  competenza  derivante  da  pregresse
esperienze istituzionali e politiche, alla professionalita'  maturata
in incarichi di responsabilita' o consulenza, di durata triennale, in
uffici pubblici o, per le segreterie  particolari,  alla  circostanza
che gli aspiranti collaboratori abbiano  avuto  pregresse  esperienze
triennali dello stesso tipo) devono  ritenersi  idonei  a  compensare
adeguatamente - in vista  dello  specifico  impegno  richiesto  -  la
deroga a quelli, piu' rigorosi, dettati dal d.lgs. n. 165 del 2001». 
    3. - La norma della Regione Piemonte censurata si pone in  palese
contrasto con i suesposti principi. 
    Essa,   invero,   dispone    che    la    individuazione    della
professionalita' esterna, di ausilio alle funzioni del Presidente del
Consiglio Regionale, possa  avvenire  esclusivamente  sulla  base  di
«rapporti fiduciari», in deroga a quanto disposto dall'art. 7,  comma
6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e non  prevede,  in
luogo di tali criteri, alcun meccanismo di selezione alternativo  che
possa garantire la professionalita' del collaboratore esterno. 
    Essa, inoltre, non stabilisce alcun termine di  cessazione  della
collaborazione esterna  e  non  commina  la  decadenza  della  stessa
neppure alla cessazione del  mandato  del  Presidente  del  Consiglio
regionale,  rimettendo  la  stessa   determinazione   del   contenuto
dell'incarico e quella dei rapporti con le altre strutture ausiliarie
ad una successiva delibera dell'Ufficio di presidenza  del  Consiglio
regionale, con notevoli margini di incertezza anche nella definizione
dei rapporti  con  il  preesistente  Ufficio  di  gabinetto,  di  cui
all'art. 14 della legge regionale n. 23 del 2008. 
    La  forma  di  collaborazione   introdotta   dalla   disposizione
censurata, pertanto, non risultando ancorata  ne'  a  precisi  limiti
temporali ne'  ad  obiettive  e  predeterminate  esigenze  funzionali
dell'organo politico, a  causa  di  tale  indeterminatezza  viola  il
principio di buon andamento della pubblica amministrazione  (art.  97
Cost.) e quello di ragionevolezza (art. 3 Cost.). 
    4. - Resta  assorbita  la  questione  sollevata  con  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.