Ordinanza 
 
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli  15,  comma
5, 16, comma 1, e 135, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 2
luglio 2010, n. 104  (Attuazione  dell'articolo  44  della  legge  18
giugno 2009, n. 69, recante delega al governo  per  il  riordino  del
processo  amministrativo),  promossi  dal  Tribunale   amministrativo
regionale della Campania con tre ordinanze del 17 novembre 2010,  una
del 9 marzo 2011 e una del 27 gennaio 2011, rispettivamente  iscritte
ai numeri 91, 92, 93,  150  e  151  del  registro  ordinanze  2011  e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, numeri 23 e 28,
prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di costituzione di Esogest  Ambiente  srl  nonche'
gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    Udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 2012 e nella camera di
consiglio  del  25  gennaio  2012  il  Giudice  relatore   Alessandro
Criscuolo; 
    Uditi l'avvocato Lucio Iannotta per la  Esogest  Ambiente  srl  e
l'avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio
dei ministri; 
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale della Campania
(d'ora in avanti, TAR), con cinque ordinanze, le prime tre emesse  il
17 novembre 2010 (r.o. n. 91, n. 92 e n. 93 del 2011), e le altre due
il 9 marzo 2011 (r.o. n. 150 del 2011) ed il 27  gennaio  2011  (r.o.
n.151 del 2011), ha sollevato, in riferimento agli articoli,  3,  24,
25, 76, 111 e  125  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale degli articoli 135, comma 1, lettera e), 16, comma  1,
e 15, comma  5,  del  decreto  legislativo  2  luglio  2010,  n.  104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  Delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo); 
        che, nell'ordinanza  r.o.  n.  91  del  2011,  il  rimettente
premette di essere chiamato a pronunciare  sul  ricorso  proposto  da
C.G.I. contro la Regione Campania e E.A. s.r.l., per  l'annullamento:
a) del decreto dirigenziale della Regione Campania dell'Area Generale
Coordinamento,   A.G.C.    5    Ecologia,    tutela    dell'ambiente,
disinquinamento protezione civile, Settore 2, Servizio 2, numero  781
del 9 luglio 2010; b) della nota prot. n. 21832 del 12  gennaio  2010
del settore T.A.P. di Caserta; c) del parere  dell'A.G.C.  Avvocatura
espresso in data 28 aprile 2010, prot. 368736; d) di tutti gli  altri
atti e provvedimenti connessi, preordinati e conseguenti; 
        che, come il TAR riferisce, il ricorrente, in proprio e nella
qualita' di titolare dell'omonima ditta individuale, ha impugnato  la
determinazione dirigenziale n. 781 del 9  luglio  2010,  con  cui  la
Regione Campania ha autorizzato la  E.A.  srl,  con  sede  legale  ed
impianto  in  Pastorano  (CE),  alla  strada  Torre  Lupara   n.   1,
all'esercizio dell'impianto di stoccaggio provvisorio (R 13  -  messa
in riserva) di rifiuti speciali non pericolosi, rilevando profili  di
violazione di legge ed  eccesso  di  potere,  per  inesistenza  della
presupposta autorizzazione alla realizzazione dell'impianto (d.d.  n.
211 del 28 giugno 2006), perche' in precedenza revocata e  sostituita
con altro  provvedimento,  poi  annullato  in  sede  giurisdizionale,
nonche' per inosservanza del procedimento  di  valutazione  d'impatto
ambientale e successiva conferenza di servizi; 
        che  il  rimettente  pone  in  evidenza  che  la   E.A.   srl
preliminarmente ha dedotto la competenza funzionale inderogabile  del
Tribunale amministrativo regionale  del  Lazio,  sede  di  Roma,  sul
ricorso in questione; 
        che, in tema di non manifesta, infondatezza, il giudice a quo
osserva come,  a  mente  dell'art.  135,  comma  1,  lettera  e),  in
relazione  all'art.  14,   comma   1,   del   codice   del   processo
amministrativo, la cognizione delle controversie di cui all'art. 133,
comma 1, lettera  p),  in  materia  di  giurisdizione  esclusiva  con
riferimento  a  «(....)  le  controversie  comunque  attinenti   alla
complessiva azione di gestione del  ciclo  dei  rifiuti  (...)»,  sia
devoluta alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio,  sede
di Roma; 
        che il giudice a quo richiama il contenuto dell'art.  16  del
codice del processo amministrativo, secondo cui «la competenza di cui
agli articoli 13 e 14 e' inderogabile anche  in  ordine  alle  misure
cautelari» (comma 1) e «il difetto di competenza  e'  rilevato  anche
d'ufficio, con ordinanza che indica il giudice competente» (comma 2);
e quello dell'art. 15, comma 5, dello stesso  codice,  per  il  quale
«quando e' proposta domanda cautelare il  tribunale  adito,  ove  non
riconosca la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14,  non
decide su tale domanda e, se  non  ritiene  di  provvedere  ai  sensi
dell'art. 16,  comma  2,  richiede  di  ufficio,  con  ordinanza,  il
regolamento  di  competenza,  indicando  il  tribunale   che   reputa
competente»; 
        che, ad avviso del rimettente, l'art. 135, comma  1,  lettera
e), cod. proc. amm. e' in contrasto con l'art.  76  Cost.,  la'  dove
stabilisce che l'esercizio della  funzione  legislativa  delegata  al
Governo deve essere aderente ai  principi  e  criteri  stabiliti  dal
Parlamento; 
        che l'art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni
per lo sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita'
nonche' in materia di processo civile), recante la delega al  Governo
per il riassetto della disciplina del  processo  amministrativo,  non
contempla, secondo il giudice a quo, tra  i  principi  ed  i  criteri
direttivi  l'introduzione  di   ulteriori   ipotesi   di   competenza
funzionale del TAR Lazio, limitandosi a prevedere «di  razionalizzare
e unificare la disciplina  della  riassunzione  del  processo  e  dei
relativi termini,  anche  a  seguito  di  sentenze  di  altri  ordini
giurisdizionali, nonche' di  sentenze  dei  tribunali  amministrativi
regionali o del Consiglio  di  Stato  che  dichiarano  l'incompetenza
funzionale» (comma 2, lettera e); ne' «l'ampliamento della competenza
del Tribunale amministrativo di Roma  puo'  essere  considerata  come
misura  rispondente  alla  finalita'  di  assicurare  la   snellezza,
concentrazione  ed  effettivita'  della  tutela,  anche  al  fine  di
garantire la ragionevole durata del processo» (comma 2, lettera a), o
inquadrata  in  alcuno  degli  altri  principi  e  criteri  direttivi
enunciati dal citato art. 44, commi 1 e 2; 
        che, inoltre, la disposizione censurata si pone in  conflitto
«con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost.  sotto  il
profilo della ragionevolezza della legge»,  poiche'  la  deroga  agli
ordinari canoni di riparto tra i diversi TAR, fondati  sull'efficacia
territoriale dell'atto e  sulla  sede  dell'autorita'  emanante,  non
appare,  ad  avviso  del  rimettente,  sorretta  da  alcun   adeguato
fondamento giustificativo; 
        che il rimettente, a  tal  riguardo,  osserva  che  la  Corte
costituzionale, con la sentenza n. 189 del 1992, nel  riconoscere  al
legislatore  ampia  discrezionalita'  nell'operare  il   riparto   di
competenza fra gli organi giurisdizionali, ha rimarcato l'esigenza di
osservare il rispetto del principio di uguaglianza  e,  segnatamente,
del canone di ragionevolezza; 
        che il  giudice  a  quo  pone  in  evidenza  come  in  quella
circostanza la disposizione sia stata dichiarata immune  da  vizi  di
legittimita' costituzionale,  in  quanto  era  stato  riscontrato  un
adeguato fondamento giustificativo della deroga agli ordinari criteri
di determinazione della competenza; 
        che, invece, non costituirebbe una giustificazione  razionale
della disciplina in esame la  presunta  esigenza  di  uniformita'  di
indirizzo giurisprudenziale,  poiche'  nel  sistema  della  giustizia
amministrativa la funzione nomofilattica  appartiene  al  giudice  di
appello; ne', inoltre, sembrerebbe ipotizzabile «una diversa qualita'
del TAR del Lazio insediato nella capitale, con la configurazione  di
una sorta di supremazia rispetto agli altri Tribunali  amministrativi
periferici, portata da una proliferazione di materie che  sono  state
progressivamente accentrate nel Tribunale romano,  fino  ad  arrivare
all'attuale art. 135 del codice del processo amministrativo»; 
        che «un tale disegno creerebbe una evidente asimmetria tra  i
Tribunali  amministrativi,  che  andrebbe  ben  oltre  le   questioni
relative ai criteri di riparto delle competenze,  finendo  anche  con
l'incidere sull'assetto ordinamentale della giustizia amministrativa,
delineato nell'art. 125 Cost., che pone sullo stesso piano tutti  gli
organi giudiziari di primo grado, aventi pari funzioni ed  ugualmente
sottoposti al sindacato del  Consiglio  di  Stato,  come  giudice  di
appello»; 
        che, inoltre, secondo il rimettente, l'assenza di un adeguato
fondamento   giustificativo   della   nuova   competenza   funzionale
attribuita  al  TAR  Lazio,  slegata  da  un  razionale  criterio  di
collegamento con il giudice designato, determina il  contrasto  della
disposizione censurata anche con il principio del giudice naturale di
cui all'art. 25, primo comma, Cost.; 
        che, sotto tale profilo, il giudice  a  quo  osserva  come  -
sebbene i lavori preparatori della Costituzione  non  chiariscano  il
significato del termine "naturale" accanto a quello  "precostituito",
contenuti nell'art. 25 Cost. - l'introduzione del testo attuale della
norma,  dopo  che   entrambe   le   Sottocommissioni   dell'Assemblea
Costituente avevano abbandonato il termine "naturale"  in  favore  di
quello   "precostituito",   deporrebbe   nel    senso    di    negare
l'identificazione tra i due termini; 
        che tale formula, pertanto, non rappresenterebbe  un'endiadi,
ma implicherebbe la necessita' che la precostituzione del giudice  ad
opera del legislatore  «avvenga  nel  rispetto  di  un  principio  di
naturalita', nel senso di razionale  maggior  idoneita'  del  giudice
rispetto alla risoluzione di determinate controversie»; sicche',  nel
caso della  competenza  territoriale,  l'individuazione  del  giudice
razionalmente piu' idoneo a decidere  la  controversia  non  potrebbe
prescindere dalla considerazione dell'esistenza  di  un  criterio  di
collegamento  effettivo,   ragionevole   ed   appropriato,   tra   la
controversia stessa e l'organo giurisdizionale, idoneo ad individuare
i limiti della discrezionalita' del legislatore; 
        che, ad avviso del rimettente, cio' risulterebbe ancora  piu'
evidente quando, come nella specie,  «si  tratta  di  servizi  aventi
rilievo  esclusivamente   locale   con   riferimento   ad   interessi
sostanziali pure di  ambito  strettamente  locale,  rientranti  nella
sfera giuridica di soggetti (parti ricorrenti e parti resistenti) che
tutti normalmente  gravitano  nella  stessa  dimensione  territoriale
locale e  che  non  hanno  nessun  aggancio  con  una  circoscrizione
territoriale extraregionale»; 
    che,  peraltro,  «l'allontanamento  del  giudice   competente   a
conoscere della controversia, sradicando  la  causa  dalla  sua  sede
ordinaria  e  naturale,  comporta  un  grave  disagio  per  le  parti
processuali, non giustificato dalla natura accentrata della  pubblica
amministrazione o dall'efficacia ultra  regionale  dei  provvedimenti
sui quali deve esercitarsi la cognizione del TAR del Lazio»; 
        che, secondo il giudice a quo, quanto rilevato  incide  anche
sull'accesso  alla  tutela  giurisdizionale  dei  diritti   e   degli
interessi legittimi, in considerazione della maggiore  difficolta'  e
dei maggiori costi che devono essere sopportati dagli interessati per
esercitare l'azione o per resistere innanzi al TAR Lazio; 
        che il rimettente dubita  della  legittimita'  costituzionale
degli artt. 15,  comma  5,  e  16,  comma  1,  cod.  proc.  amm.,  in
riferimento agli artt. 24, primo comma, e 111,  primo  comma,  Cost.,
nella parte in  cui  inibiscono  al  giudice  adito  di  pronunciarsi
sull'istanza cautelare, sia  pure  nelle  more  della  pronuncia  del
giudice dichiarato competente sulla controversia; 
        che,  infatti,  il  TAR  Campania  osserva  come  la   tutela
cautelare  sia  garanzia  essenziale  e  strumento   necessario   per
l'effettivo soddisfacimento dei diritti e degli interessi  legittimi,
dovendo evitare che il tempo  necessario  per  la  definizione  della
causa determini un pregiudizio grave ed irreparabile per  le  pretese
sostanziali della parte che ha ragione, con  la  conseguenza  che  la
tutela cautelare richiede sempre risposte  immediate  e  non  ammette
interruzioni; 
        che la preclusione imposta al collegio adito, costretto dalla
legge a  negare  la  giustizia  cautelare  per  un  mero  profilo  di
incompetenza   territoriale,   risulta    contraria    ai    principi
costituzionali  di  effettivita'  e  di  tempestivita'  della  tutela
giurisdizionale e del giusto processo; 
        che, in punto di rilevanza, il  rimettente  osserva  come  la
controversia  riguardi  la  materia  dei  rifiuti  e  come  le  norme
richiamate inibiscano la decisione  sull'impugnativa  e  sull'istanza
cautelare, imponendo la rilevazione  di  ufficio  della  incompetenza
funzionale; 
    che, con atto depositato in data 21 giugno 2011, si e' costituita
nel  procedimento  la  E.A.  srl  chiedendo  che  la  questione   sia
dichiarata manifestamente inammissibile e/o infondata; 
        che, preliminarmente, la parte privata rileva come l'art.  3,
comma 2-bis, del decreto-legge  30  novembre  2005,  n.  245  (Misure
straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel  settore  dei  rifiuti
nella Regione  Campania  ed  ulteriori  disposizioni  in  materia  di
protezione  civile),  convertito,  con  modificazioni,  in  legge  27
gennaio 2006, n. 21, abbia stabilito che «In tutte le  situazioni  di
emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1,  della  legge
24 febbraio 1992, n. 225 la competenza di  primo  grado  a  conoscere
della legittimita' delle  ordinanze  adottate  e  dei  consequenziali
provvedimenti  commissariali  spetta  in  via  esclusiva,  anche  per
l'emanazione  di  misure  cautelari,  al   Tribunale   amministrativo
regionale del Lazio, con sede in Roma»; 
        che  al  TAR  Lazio,  ad  avviso  della  societa',  e'  stata
attribuita  una  competenza  funzionale,  concernente   ordinanze   e
provvedimenti commissariali  adottati  in  situazioni  di  emergenza,
rientrante nell'ambito della giurisdizione generale  di  legittimita'
del giudice amministrativo, come emerge dalla formulazione  letterale
del comma 2-bis dell'art. 3 d.l. n. 245 del 2005,  che  qualifica  la
competenza del TAR Lazio, sede di  Roma,  come  competenza  di  primo
grado  a  conoscere  della  legittimita'  delle   ordinanze   e   dei
consequenziali provvedimenti commissariali; 
        che l'art. 4, comma 1, decreto-legge 23 maggio  2008,  n.  90
(Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore  dello
smaltimento  dei  rifiuti  nella   Regione   Campania   e   ulteriori
disposizioni di protezione  civile)  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 14 luglio 2008, n. 123, ha devoluto
alla giurisdizione esclusiva  del  giudice  amministrativo  tutte  le
controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti
alla complessiva azione di gestione dei  rifiuti,  seppure  posta  in
essere con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti
alla stessa equiparati; detta disposizione ha, inoltre, stabilito che
la  giurisdizione  di  cui  sopra  si  intende  estesa   anche   alle
controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati; 
        che, pertanto, l'art. 4 d.l. del n. 90  del  2008  ha  tenuto
ferma la competenza funzionale del TAR del Lazio di  cui  all'art.  3
del d.l. n. 245 del 2005, come successivamente convertito, devolvendo
alla  giurisdizione  esclusiva   le   controversie   attinenti   alla
complessiva azione di gestione dei rifiuti; 
        che,  ad  avviso  della  parte  privata,  detta  ipotesi   di
giurisdizione esclusiva, in base al medesimo art. 4 del  d.l.  n.  90
del 2008, risultava, quindi, ripartita tra  il  TAR  Lazio,  sede  di
Roma, per quanto concernente le situazioni di emergenza, e gli  altri
TAR, compreso quello del Lazio, sede di  Roma,  secondo  il  criterio
della   competenza   territoriale,   quanto   alle   situazioni    di
amministrazione ordinaria; 
        che il decreto-legge n. 90 del 2008 e',  quindi,  sintomatico
dell'accresciuta  rilevanza   nazionale   del   tema   dei   rifiuti,
soprattutto in Campania,  per  le  ripercussioni,  come  risulta  dal
preambolo  dello  stesso  d.l.  n.  90  del  2008,  sull'ambiente   e
sull'ordine pubblico, cioe'  su  materie  rientranti  nella  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettere h) e s), e sui  diritti  costituzionalmente  tutelati,
della cui salvaguardia lo Stato e' il principale garante  (art.  117,
secondo comma, lettera m, Cost.); 
        che la societa' osserva come la  rilevanza  ambientale  della
gestione dei rifiuti sia stata confermata dalla direttiva  2008/98/CE
del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, recepita
dall'Italia  con  decreto  legislativo  3  dicembre  2010,  n.   205,
(Attuazione della direttiva 2008/98/CE - Disposizioni  di  attuazione
della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del
19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune  direttive),
la  quale  ha  adeguato  la  disciplina   comunitaria   sui   rifiuti
all'impostazione secondo  cui  «(...)  le  principali  operazioni  di
gestione  dei  rifiuti  sono  ormai  disciplinate   dalla   normativa
comunitaria in materia di ambiente» (Considerando n. 9) e, dopo  aver
ridefinito le operazioni di recupero e smaltimento  (Considerando  n.
19) per garantire una netta distinzione tra questi due  concetti,  ha
offerto un'ampia definizione di gestione dei rifiuti intesa  come  la
raccolta, il trasporto, il  recupero  e  lo  smaltimento  di  questi,
compresi  la  supervisione  di  tali  operazioni  e  gli   interventi
successivi  alla  chiusura  dei  siti  di  smaltimento,  nonche'   le
operazioni effettuate in  qualita'  di  commercianti  o  intermediari
(art. 3, comma 9, della direttiva del 2008); 
        che, ad avviso  della  parte  privata,  alla  luce  di  detto
contesto deve essere valutata la delega conferita al Governo  per  il
riassetto della disciplina del processo  amministrativo,  con  l'art.
44, comma 1, della legge n. 69 del 2009, secondo i principi e criteri
direttivi indicati dallo stesso art. 44, comma  2,  tra  i  quali  a)
assicurare la snellezza, concentrazione ed effettivita' della tutela,
anche al fine di garantire la ragionevole  durata  del  processo;  b)
riordinare  le  norme  vigenti  sulla   giurisdizione   del   giudice
amministrativo,  anche  rispetto   alle   altre   giurisdizioni   con
particolare riferimento, per quanto concerne le norme in esame,  alle
finalita'  generali  della  delega  tra  le   quali   assicurare   la
concentrazione delle tutele sancita dal comma 1 dell'art. 44; 
        che, dunque, le norme censurate debbono essere valutate  alla
luce della legge delega, inserita nel contesto normativo nazionale ed
europeo sopra delineato; 
        che, infatti, l'art. 135, comma 1,  lettera  e),  cod.  proc.
amm. si riferisce a controversie che - come  riferito  nell'ordinanza
del Consiglio di Stato, sezione V, del 26  gennaio  2011,  n.  586  -
«riguardano   atti   normativi   (spesso   di   carattere    tecnico,
programmatori   e   organizzatori,   atti   provvedimentali,   moduli
consensuali, comportamenti (...) riconducibili,  anche  mediatamente,
all'esercizio di un pubblico potere, quand'anche relative  a  diritti
costituzionalmente tutelati (...) attinenti  in  senso  stretto  alla
gestione e, in  quanto  tali,  comunque  attinenti  alla  complessiva
azione di gestione del ciclo dei rifiuti  (...)  e  cioe'  del  ciclo
formato, secondo la Direttiva 2008, dalla raccolta, il recupero e  lo
smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali  operazioni
e gli interventi successivi alla chiusura  dei  siti  di  smaltimento
nonche' le  operazioni  effettuate  in  qualita'  di  commercianti  o
intermediari»; 
        che la parte privata osserva  come  il  legislatore  delegato
abbia concentrato nella competenza funzionale  inderogabile  del  TAR
Lazio, sede di Roma (giudice gia'  specializzato  nella  materia  dei
rifiuti,  anche  se  limitata  in  precedenza  alle   situazioni   di
emergenza, e al tempo  stesso  giudice  delle  questioni  di  rilievo
nazionale, compresa l'attuazione della normativa comunitaria),  tutte
le controversie rientranti nella giurisdizione esclusiva del  giudice
amministrativo in materia di rifiuti, prima  frazionata  tra  i  vari
TAR, una  materia  divenuta  sempre  piu'  di  rilievo  nazionale  ed
europeo, nella quale sono particolarmente  presenti  le  esigenze  di
assicurare, fin dal primo grado,  uniformita'  di  giurisprudenza  ad
opera di un giudice particolarmente esperto  in  grado  di  favorire,
percio' stesso, la realizzazione delle ulteriori esigenze primarie di
rapidita' del processo e di effettivita' della tutela previste  dalla
legge-delega, esigenze tutte collegate con  la  concentrazione  della
tutela; 
        che, per quanto concerne la pretesa violazione  dell'art.  76
Cost.,  la  societa'  osserva  come  l'attrazione,   ad   opera   del
legislatore delegato, nella competenza del TAR Lazio della cognizione
di tutte  le  controversie,  attinenti  alla  complessiva  azione  di
gestione del ciclo dei rifiuti,  sia  certamente  riconducibile  alle
finalita' della legge delega (riassetto del processo  amministrativo,
assicurare la concentrazione delle tutele)  ed  ai  suoi  principi  e
criteri direttivi,  tra  i  quali  quello  di  assicurare  snellezza,
concretezza ed effettivita' della tutela stessa e riordinare le norme
vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo anche  al  suo
interno; 
        che cio' si ricaverebbe dalla  lettura  della  specificazione
contenuta nell'art. 44, comma 2,  lettera  b)  «anche  rispetto  alle
altre giurisdizioni», il quale pone al primo posto la  necessita'  di
un  riordinamento   interno   della   giurisdizione   amministrativa,
implicante evidentemente  anche  la  distribuzione  delle  competenze
all'interno della giurisdizione del giudice amministrativo; 
        che,  in  relazione  all'asserita  assenza   del   fondamento
giustificativo della deroga ai tradizionali canoni di  individuazione
della  competenza  dei  TAR  ed  alla  violazione  del  principio  di
ragionevolezza, la societa' pone in evidenza come  la  decisione  del
legislatore sia riconducibile all'esigenza per  cui  le  controversie
afferenti a particolari materie risultino  -  per  la  delicatezza  e
tecnicita'  delle  questioni,  per  la  rilevanza   degli   interessi
(riconducibili  a  materia  rientrante  nella  potesta'   legislativa
esclusiva dello Stato), per il coinvolgimento di diritti  e  principi
costituzionali  -  affrontate  e  risolte   da   un   unico   giudice
specializzato e, quindi, da una medesima  coerente  e  potenzialmente
uniforme giurisprudenza; 
        che, ad avviso della parte privata, la scelta del legislatore
risulta  pienamente  rispondente  ai  canoni  di   ragionevolezza   e
proporzionalita'  ancor  piu'  ove  si  consideri  che   spetta   «al
legislatore un'ampia potesta' discrezionale nella conformazione degli
istituti  processuali,  col  solo  limite   della   non   irrazionale
predisposizione  di  strumenti   di   tutela,   pur   se   tra   loro
differenziati» (cosi', da ultimo,  la  sentenza  n.  341  del  2006);
discrezionalita'  di  cui  il  legislatore   fruisce   anche   «nella
disciplina  della  competenza»  (cosi',  nuovamente,  la  citata   la
sentenza n. 341 del 2006 e, nello stesso senso, tra le  tante,  anche
la sentenza n. 206 del 2004» (sentenza n. 237 del 2007); 
        che, quanto all'eccepita violazione degli articoli 25,  24  e
111 Cost., la societa' ritiene che la  questione  sia  manifestamente
inammissibile dal momento che su di esse la Corte si e' gia' espressa
con la sentenza n. 237 del 2007; 
        che, in ordine alla violazione dell'art. 25 Cost.,  la  Corte
ha affermato che «se e' vero che alla nozione di giudice  naturale  -
la quale, contrariamente a quanto assume il Tribunale  amministrativo
regionale della Campania (....)  corrisponde  a  quella  di  "giudice
precostituito per legge (sentenza  n.  460  del  1994;  nello  stesso
senso, sentenze n. 72 del 1976 e n. 29 del 1958)  -  non  e'  affatto
estranea "la ripartizione della competenza territoriale  tra  giudici
dettata  da  normativa  nel  tempo  anteriore  alla  istituzione  del
giudizio" (da ultimo, sentenza n. 41 del 2006), deve notarsi  che  la
giurisprudenza costituzionale - diversamente da quanto  ipotizzano  i
rimettenti - non reputa necessariamente in contrasto con  l'art.  25,
primo comma, Cost.  gli  interventi  legislativi  modificativi  della
competenza  aventi  incidenza  anche  sui  processi  in   corso.   Ha
affermato, difatti, questa Corte che il principio costituzionale  del
giudice naturale "viene rispettato" allorche' "la legge, sia pure con
effetto  anche  sui  processi  in  corso,  modifica  in  generale   i
presupposti o i criteri in base ai quali deve essere  individuato  il
giudice competente: in questo caso,  infatti,  lo  spostamento  della
competenza dall'uno all'altro  ufficio  giudiziario  non  avviene  in
conseguenza di una deroga alla disciplina generale, che sia  adottata
in vista di una determinata o di  determinate  controversie;  ma  per
effetto di un nuovo ordinamento - e, dunque, della designazione di un
nuovo giudice "naturale" che il legislatore, nell'esercizio  del  suo
insindacabile  potere  di  merito,  sostituisce  a   quello   vigente
(sentenza n. 56 del 1967; nello stesso senso, sentenza n. 207 del 187
e n. 72 del 1976)». 
        che, in relazione alla asserita violazione degli artt.  24  e
111 Cost., la parte privata osserva come  anche  a  tal  riguardo  la
Corte si sia gia' pronunziata con la citata sentenza n. 237 del 2007,
enunciando un principio applicabile al caso di specie e,  cioe',  che
la «concentrazione presso il Tribunale amministrativo  regionale  del
Lazio  del  contenzioso  de  quo  neppure  ha  l'effetto  di  rendere
"oltremodo difficoltosa" la tutela giurisdizionale  contro  gli  atti
della pubblica amministrazione, evenienza che potrebbe dar  luogo  al
contrasto con l'art. 113 Cost. (ordinanze n. 382 e n. 213 del 2005)»; 
        che anche con riferimento alla violazione dell'art. 125 Cost.
- sebbene non riportata nella parte conclusionale dell'ordinanza - ad
avviso  della  parte  privata  vale  quanto  affermato  dalla   Corte
costituzionale nella sopra citata sentenza, cioe' che  l'attribuzione
della competenza al TAR Lazio, anziche' ai diversi TAR  dislocati  su
tutto il territorio nazionale, non altera  il  sistema  di  giustizia
amministrativa e, dunque, non viola l'art. 125 Cost. (sentenza n. 189
del 192); cio' vale in modo  particolare  quando  sussistono  ragioni
idonee a giustificare la deroga agli ordinari criteri di ripartizione
della competenza tra  gli  organi  di  primo  grado  della  giustizia
amministrativa; 
        che,  infine,  con  riferimento  all'asserita  illegittimita'
costituzionale delle disposizioni relative alla tutela cautelare,  la
parte privata rileva come i ricorrenti possano proporre  le  relative
istanze  al  TAR  Lazio  senza  che  cio'  costituisca   ostacolo   o
limitazione all'esercizio del diritto di difesa; 
        che, alla luce delle esposte argomentazioni, la parte privata
chiede a questa Corte di dichiarare la manifesta  infondatezza  o  la
manifesta   inammissibilita'   della   questione   di    legittimita'
costituzionale sollevata dal TAR Campania; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto  depositato  in
data 21 giugno 2011, e' intervenuto nel procedimento,  chiedendo  che
la questione sia dichiarata manifestamente infondata; 
        che la difesa dello Stato, in via preliminare, rileva come la
Corte con la sentenza n.  237  del  2007,  si  sia  gia'  pronunziata
sull'attribuzione  al  TAR  Lazio  della   competenza   a   conoscere
controversie in materia di "emergenza rifiuti"; 
        che in detta pronunzia e' affermato che  «preliminarmente  ad
ogni altro rilievo questa Corte deve ribadire quanto gia' in  passato
ripetutamente affermato, e cioe' che spetta al "legislatore  un'ampia
potesta'   discrezionale   nella   conformazione    degli    istituti
processuali, col solo limite della non irrazionale predisposizione di
strumenti di tutela, pur se tra loro differenziati" (cosi' da ultimo,
la sentenza n. 341 del 2006); discrezionalita' di cui il  legislatore
fruisce anche "nella disciplina della competenza" (cosi',  nuovamente
la citata sentenza n. 341 del 2006  e  nello  stesso  senso,  tra  le
tante, anche la sentenza n. 206 del 2004)»; 
        che la difesa dello Stato osserva come l'articolo  44,  comma
1, della legge n. 69 del 2009 preveda espressamente che  «il  Governo
e' delegato ad adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per il riassetto
del processo  avanti  ai  tribunali  amministrativi  regionali  e  al
Consiglio di Stato,  al  fine  di  adeguare  le  norme  vigenti  alla
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  e  delle  giurisdizioni
superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile
in quanto  espressione  di  principi  generali  e  di  assicurare  la
concentrazione delle tutele»; 
        che, alla luce di tale previsione, al legislatore delegato e'
consentito attribuire alla competenza del  TAR  Lazio,  non  solo  le
controversie «aventi  ad  oggetto  le  ordinanze  e  i  provvedimenti
commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate
ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio  1992,  n.
225» (art. 133, comma 1, lettera p, primo periodo), ma  anche  quelle
«comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei
rifiuti, seppure posta in essere  con  comportamenti  della  pubblica
amministrazione riconducibili, anche mediatamente,  all'esercizio  di
un pubblico potere, quand'anche relative a diritti costituzionalmente
tutelati» (art. 133, comma 1, lettera p, secondo periodo); 
        che, nella materia dei rifiuti, per  la  rilevanza  che  tale
problematica e' venuta ad assumere a livello nazionale  negli  ultimi
anni, ad avviso della difesa  dello  Stato,  vengono  in  rilievo  le
medesime  considerazioni  svolte  dalla  Corte  costituzionale  nella
sentenza n. 237 del 2007; 
        che  occorre  considerare  anche  il  rilievo  europeo  delle
questioni attinenti la gestione di  rifiuti  in  Italia,  sicche'  la
materia della «complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti»,
trascende la dimensione locale con la conseguente  possibilita',  per
il legislatore, di prevedere una gestione del contenzioso davanti  al
giudice amministrativo concentrata  nel  TAR  Lazio  unitamente  alle
altre  materie  indicate  nell'art.  135  del  codice  del   processo
amministrativo; 
        che, sotto tale profilo, la difesa dello  Stato  richiama  le
affermazioni della Corte costituzionale contenute nella  sentenza  n.
237 del 2007, secondo cui il carattere  ultraregionale  delle  stesse
misure  idonee  a  fronteggiare  le   situazioni   di   emergenza   -
indipendentemente dal rispettivo ambito  geografico  di  incidenza  -
giustifica la  concentrazione  del  relativo  contenzioso  presso  il
Tribunale amministrativo regionale del Lazio; 
        che  deve  porsi  in  evidenza  come   parte   dell'attivita'
amministrativa in materia di rifiuti rientri  gia'  nella  competenza
del TAR Lazio per  essere  oggetto  di  provvedimenti  di  Commissari
straordinari, sicche' la previsione di  attribuire  l'intera  materia
allo stesso giudice soddisferebbe anche  la  necessita'  di  uniforme
trattazione del delicato contenzioso, prescindendo dalla  natura  del
soggetto che emette i relativi provvedimenti; 
        che, secondo  la  difesa  dello  Stato,  deve  escludersi  il
contrasto con  il  principio  di  ragionevolezza  della  disposizione
censurata; 
        che,  a  tal  riguardo,  sono  richiamate  le  considerazioni
esposte nella sentenza n. 237 del 2007, idonee ad escludere anche  la
violazione del principio di cui all'art. 25 Cost.; 
        che tale principio non puo' dirsi violato nel caso in cui una
categoria  predeterminata  di  controversie   sia   attribuita   alla
competenza del TAR Lazio,  in  quanto  si  tratta,  comunque,  di  un
giudice "precostituito per  legge";  ne',  osserva  la  difesa  dello
Stato, nell'ordinanza di rimessione si lamenta il fatto che la  norma
sia intervenuta a modificare  una  competenza  del  TAR  locale  gia'
acquisita sulla causa; 
        che,  anche  sotto  tale  profilo,  la  citata  sentenza   ha
dichiarato non  in  contrasto  con  l'art.  25  Cost.  la  disciplina
transitoria che imponeva l'immediato trasferimento al TAR  Lazio  dei
ricorsi gia' pendenti davanti ai TAR locali; 
        che, infine, la difesa  dello  Stato  ritiene  manifestamente
infondata la questione sollevata in relazione agli articoli 15  e  16
cod. proc. amm., in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost; 
        che, infatti, il diritto di difesa non comporta  la  facolta'
di una parte di scegliere il Tribunale che piu' le aggrada (anche  se
ai fini  della  sola  misura  cautelare,  spesso  idonea  da  sola  a
garantire in via definitiva il risultato da raggiungere); 
        che, peraltro, il ricorrente non resta sprovvisto di  tutela,
in  quanto  gli  e'  sempre  consentito   di   adire   il   tribunale
effettivamente competente; 
        che cio' si evincerebbe anche dall'art.16, ultimo comma, cod.
proc. amm., in forza del quale «durante la pendenza  del  regolamento
di competenza, il ricorrente puo' sempre proporre l'istanza cautelare
al tribunale amministrativo regionale indicato nell'ordinanza di  cui
al comma 2 o in quella di cui all'art. 15, comma 5, il  quale  decide
in ogni caso sulla domanda cautelare, fermo restando quanto  previsto
dall'art. 15, comma 8»; 
        che, nella citata sentenza n.  237  del  2007,  la  Corte  ha
affermato che «nessuno dei lamentati  inconvenienti  costituisce  "un
grave ostacolo" (sentenza n. 50  del  2006)  al  conseguimento  della
tutela giurisdizionale. Cio'  in  quanto  nella  specie  non  ricorre
quella  condizione  di  "sostanziale  impedimento  all'esercizio  del
diritto di azione garantito dall'art. 24 della  Costituzione"  (cosi'
da ultimo la sentenza  n.  266  del  2006)  che  e'  suscettibile  di
integrare la violazione del citato parametro costituzionale»; 
        che, nell'ordinanza  r.o.  n.  92  del  2011,  il  rimettente
premette di essere chiamato a pronunciare sul  ricorso  proposto  dal
Consorzio Unico delle Province di Napoli e Caserta contro  il  Comune
di Sparanise e nei confronti di E.A. srl,  per  l'annullamento  della
deliberazione del Consiglio comunale n. 18 del 20  luglio  2010,  con
cui si e' provveduto alla rescissione di ogni rapporto giuridico  con
il Consorzio ricorrente per  asseriti  gravi  inadempimenti  ed  alla
scelta di indire una nuova gara per la gestione del  servizio,  nelle
more disponendo di  procedere  all'affidamento  a  terzi  in  via  di
urgenza, e per l'annullamento di ogni altro atto connesso; 
        che a fondamento dell'impugnazione sono stati dedotti profili
di violazione di legge, stante la natura obbligatoria  del  Consorzio
ricorrente ai sensi dell'art. 16 della legge della  Regione  Campania
28 marzo 2007 n. 4 (Norme in  materia  di  gestione,  trasformazione,
riutilizzo dei rifiuti  e  bonifica  dei  siti  inquinati),  oltre  a
profili di eccesso di potere  per  irrazionalita'  della  scelta,  in
ragione dell'abbandono  della  dimensione  consortile  in  favore  di
quella piu' limitata di ambito comunale; e' stata contestata, poi, la
legittimita' di un affidamento a terzi del servizio in assenza di  un
procedimento ad evidenza pubblica; 
        che, in punto di non manifesta infondatezza ed  in  punto  di
rilevanza  della  questione  di   legittimita'   costituzionale,   il
rimettente  formula  argomentazioni   identiche   a   quelle   svolte
nell'ordinanza r.o. n. 91 del 2011; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto  depositato  in
data 21 giugno 2011, e' intervenuto nel procedimento ed  ha  chiesto,
formulando le medesime motivazioni svolte  nel  precedente  giudizio,
che la questione sia dichiarata manifestamente infondata; 
        che, nell'ordinanza  r.o.  n.  93  del  2011,  il  rimettente
premette di essere chiamato a pronunciare sul ricorso proposto da GPN
srl contro il Comune di Pozzuoli e nei confronti di  D.V.T.  spa  per
l'annullamento della determinazione n. 1420 del  29  settembre  2010,
concernente  l'aggiudicazione  definitiva   per   l'affidamento   del
servizio provvisorio di gestione integrata dei rifiuti;  del  verbale
di gara del 17 settembre 2010, recante  l'esclusione  della  societa'
ricorrente e l'aggiudicazione provvisoria; della nota prot. n.  32458
del 20 settembre 2010 di comunicazione dell'esclusione; di ogni altro
atto connesso; 
        che la societa' ricorrente e' stata esclusa  dalla  procedura
negoziata aperta, bandita dal Comune di  Pozzuoli  per  l'affidamento
del servizio di gestione integrata dei rifiuti, in  quanto  il  plico
non risultava confezionato in maniera idonea; che detta  societa'  ha
impugnato gli atti  in  epigrafe  indicati,  concernenti  la  propria
esclusione e l'aggiudicazione  in  favore  della  predetta  societa',
deducendo la violazione dell'art. 97 Cost., dell'art. 1  della  legge
n. 241 del 1990, dell'art. 2 del decreto legislativo 12 aprile  2006,
n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a  lavori,  servizi  e
forniture in attuazione delle  direttive  2004/17/CE  e  2004/18/CE),
nonche' eccesso  di  potere  per  irragionevolezza,  intempestivita',
violazione della par condicio, ingiustizia, violazione dei doveri  di
custodia, mancata trasparenza, violazione della lettera di  invito  e
del principio del  favor  partecipationis,  difetto  di  istruttoria,
errore nella valutazione dei fatti e sviamento; 
        che in tema di non  manifesta  infondatezza  e  di  rilevanza
della questione di legittimita' costituzionale il rimettente  formula
argomentazioni identiche a quelle svolte nelle ordinanze precedenti; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto  depositato  in
data 21 giugno 2011, e' intervenuto nel procedimento chiedendo che la
questione  sia  dichiarata  manifestamente  infondata  svolgendo   le
medesime argomentazioni formulate nei precedenti atti di intervento; 
        che, nell'ordinanza r.o.  n.  150  del  2011,  il  rimettente
premette di essere chiamato a pronunciare  sul  ricorso  proposto  da
E.S. srl contro il Comune di Santa Maria Capua Vetere e  contro  I.C.
spa per l'annullamento della determinazione dirigenziale n.  222  del
28 dicembre 2010, avente ad  oggetto  la  revoca  dell'aggiudicazione
definitiva del "servizio integrato di igiene urbana" e di ogni  altro
atto connesso e conseguente; 
        che la societa' ricorrente si  e'  aggiudicata  la  procedura
negoziata aperta bandita dal Comune di Santa Maria Capua  Vetere  per
l'affidamento del servizio di gestione  integrata  dei  rifiuti;  che
detta  societa'  ha  impugnato  gli  atti   concernenti   la   revoca
dell'aggiudicazione    dovuta     all'inadempimento,     da     parte
dell'ausiliaria I.C. spa, degli obblighi derivanti dal  contratto  di
avvalimento, deducendo la violazione della normativa  in  materia  di
contratti  pubblici  che  prevede  la  possibilita'   di   sostituire
l'ausiliaria con altra societa' avente i medesimi requisiti; 
        che il rimettente, in punto di non manifesta  infondatezza  e
di rilevanza, formula argomentazioni identiche a quelle svolte  nelle
precedenti ordinanze di rimessione; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto  depositato  in
data 18 luglio 2011, e' intervenuto nel procedimento  chiedendo,  con
motivazione  identica  a  quella  svolta  nei  precedenti   atti   di
intervento, che la questione sia dichiarata manifestamente infondata; 
        che, nell'ordinanza r.o.  n.  151  del  2011,  il  rimettente
premette di essere chiamato a pronunciare sul  ricorso  proposto  dal
Comune di Pastorano contro  la  Regione  Campania,  la  Provincia  di
Caserta,  non  costituita,  e  nei  confronti  di  E.A.   srl.,   per
l'annullamento del decreto dirigenziale n. 781 del 9 luglio 2010  con
il  quale  si  autorizza  all'esercizio  l'impianto   di   stoccaggio
provvisorio di rifiuti non pericolosi  situato  in  Pastorano,  delle
note acquisite al protocollo n. 21832 del 12 gennaio 2010 e n. 148877
del 18 febbraio 2010, del provvedimento recante la presa d'atto della
variante  conseguente  ai  rilievi  della  provincia,   dei   rilievi
formulati dall'Amministrazione provinciale, della  nota  in  data  10
giugno  2010   di   trasmissione   della   documentazione   acquisita
relativamente all'impianto, del parere prot. n. 368736 del 28  aprile
2010 espresso dall'Avvocatura, degli  atti  dell'intero  procedimento
nonche' di ogni altro atto connesso; 
        che il Comune di Pastorano propone l'impugnativa  contro  gli
atti relativi all'autorizzazione rilasciata  dalla  Regione  Campania
alla citata societa'  per  l'esercizio  dell'impianto  di  stoccaggio
provvisorio di rifiuti non pericolosi situato  nel  comune  predetto,
deducendone l'illegittimita' per: violazione dell'art. 2909 cod. civ.
e del giudicato formatosi  sulle  sentenze  rese  dal  TAR  Campania,
sezione I, n. 1439 del 20 marzo 2008 e n. 1664 del  2008,  confermate
con decisioni del Consiglio di Stato, sezione V, n. 1134  e  n.  1142
del  26  febbraio  2010;  difetto  assoluto  di  istruttoria  e   dei
presupposti, con riferimento al decreto dirigenziale n. 211 del  2006
ed al permesso di costruire n. 33 del 2006, travolti  dal  giudicato;
nonche' per illogicita' e sviamento; violazione degli articoli 208  e
212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme  in  materia
ambientale); difetto dei requisiti di legge; difetto di  istruttoria;
inesistenza   dei   presupposti   e   contraddittorieta'   tra   atti
amministrativi, stante la  cancellazione  della  E.A.  srl  dall'albo
delle  imprese  esercenti  attivita'  di  recupero  di  rifiuti   non
pericolosi, come da nota della Provincia di Caserta prot. n. 5379 del
25 gennaio 2010; violazione degli artt. 208, 212 e 256 del d.lgs.  n.
152 del 2006; difetto dei requisiti di legge; violazione del  divieto
di subappalto; sviamento, difetto di istruttoria e contraddittorieta'
tra atti amministrativi, in quanto la societa' in  questione  avrebbe
ceduto a terzi non conosciuti la gestione dell'attivita';  violazione
dell'art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006 in relazione  alla  delibera
regionale n.  778  del  2007;  violazione  del  giusto  procedimento;
violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990
n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento  amministrativo  e  di
diritto di  accesso  ai  documenti  amministrativi)  per  motivazione
apparente, sviamento e difetto di istruttoria, posto che  il  decreto
n. 211 del 2006 riguarderebbe la sola realizzazione dell'impianto,  e
non anche l'esercizio; incompetenza;  violazione  dell'art.  208  del
d.lgs. n. 152 del 2006 in relazione alla delibera  regionale  n.  778
del 2007 e violazione del giusto procedimento, essendo  competente  a
provvedere in  materia  il  Settore  provinciale  Ecologia  e  Tutela
dell'ambiente,  anziche'   il   dirigente   dell'Area   generale   di
coordinamento Ecologia, Tutela dell'ambiente, Protezione civile; 
        che il rimettente, in punto di  non  manifesta  infondatezza,
formula identiche argomentazioni svolte nelle  precedenti  ordinanze,
mentre, quanto alla rilevanza della questione, osserva come l'oggetto
della causa rientri tra  «le  controversie  comunque  attinenti  alla
complessiva azione di gestione del ciclo dei  rifiuti»,  «essendo  da
escludere che, per l'ampiezza  di  tale  formulazione,  essa  sia  da
limitare  al  ciclo  dei  rifiuti  solidi  urbani  -  secondo  quanto
postulato  dalla  difesa  del  Comune  ricorrente   -   tant'e'   che
l'espressione "ciclo  dei  rifiuti"  comprende  normalmente  tutti  i
rifiuti» (e' citata, ad esempio, la  legge  6  febbraio  2009,  n.  6
recante «Istituzione di una  Commissione  parlamentare  di  inchiesta
sulle attivita' illecite connesse al ciclo dei rifiuti»); 
        che il rimettente osserva come le norme  richiamate,  entrate
in vigore precedentemente alla proposizione  del  ricorso  in  esame,
notificato in  data  18,  20  e  21  settembre  2010,  inibiscano  la
decisione dell'impugnativa e  dell'istanza  cautelare,  imponendo  al
giudice adito la rilevazione  dell'incompetenza  territoriale,  nella
specie, espressamente eccepita dalla  difesa  della  societa'  contro
interessata; 
        che, con atto depositato  in  data  13  luglio  2011,  si  e'
costituita nel procedimento  la  E.A.  srl  la  quale,  svolgendo  le
identiche argomentazioni formulate con riferimento  all'ordinanza  di
rimessione r.o. n. 91 del 2011,  ha  chiesto  che  la  questione  sia
dichiarata manifestamente inammissibile o manifestamente infondata; 
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto  depositato  in
data 18 luglio 2011, e' intervenuto nel procedimento chiedendo che la
questione sia dichiarata  manifestamente  infondata,  per  le  stesse
argomentazioni svolte  negli  atti  di  intervento  nei  procedimenti
originati dalle ordinanze precedenti. 
    Considerato  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  della
Campania, con le cinque  ordinanze  di  analogo  tenore  indicate  in
epigrafe, dubita della  legittimita'  costituzionale  degli  articoli
135, comma 1, lettera e), 16, comma  1,  15,  comma  5,  del  decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44  della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo amministrativo), in riferimento agli  articoli,
3, 24, 25, 76, 111 e 125 della Costituzione; 
        che le ordinanze di rimessione sollevano questioni identiche,
onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti  con  unica
decisione; 
        che, in epoca successiva alle  ordinanze  di  rimessione,  e'
entrato in vigore il decreto legislativo 15  novembre  2011,  n.  195
(Disposizioni correttive ed  integrative  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, recante codice  del  processo  amministrativo  a
norma dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009,  n.  69)
il quale ha modificato alcune disposizioni del  codice  del  processo
amministrativo; 
        che, in particolare, l'art. 1, comma 1, lettera  nn),  numero
3, del citato d.lgs., intitolato «Modifiche al  codice  del  processo
amministrativo e alle relative norme di attuazione,  transitorie,  di
coordinamento e di abrogazione», ha disposto  la  sostituzione  della
lettera  e)  del  comma  1,  dell'art.  135,  con  la  seguente:  «le
controversie  aventi  ad  oggetto  le  ordinanze  e  i  provvedimenti
commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate
ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio  1992,  n.
225»; 
        che la disposizione censurata, dunque,  e'  stata  modificata
nel  senso  auspicato  dal  giudice   rimettente,   in   quanto   «le
controversie, comunque, attinenti alla complessiva azione di gestione
del ciclo dei rifiuti, seppure  posta  in  essere  con  comportamenti
della pubblica  amministrazione  riconducibili,  anche  mediatamente,
all'esercizio di un pubblico potere, quand'anche relative  a  diritti
costituzionalmente tutelati» non sono piu' attribuite alla competenza
funzionale inderogabile del Tribunale  amministrativo  regionale  del
Lazio, sede di Roma; 
        che, di conseguenza, le  controversie  in  oggetto  sono  ora
devolute ai tribunali amministrativi regionali localmente  competenti
secondo i criteri di cui all'art. 13 cod. proc. amm.; 
        che, pertanto, deve essere  ordinata  la  restituzione  degli
atti  al  giudice  rimettente  affinche'  rivaluti,  alla  luce   del
descritto ius superveniens, la persistente rilevanza delle  questioni
nel giudizio a quo; 
        che a  tale  provvedimento  non  osta  il  principio  di  cui
all'articolo 5 del codice di procedura civile, perche', per  costante
giurisprudenza della Corte  di  cassazione,  il  detto  principio  va
interpretato  in  conformita'  alla  sua  ratio,  che  e'  quella  di
favorire, non gia'  di  impedire,  la  "perpetuatio  iurisdictionis",
sicche', ove sia stato adito un giudice incompetente al momento della
proposizione della domanda, non puo' l'incompetenza essere dichiarata
se quel giudice sia diventato competente in forza di legge entrata in
vigore nel corso del giudizio  (ex  plurimis:  Corte  di  cassazione,
seconda sezione civile, ordinanza del 16 luglio 2010, n. 16667; Corte
di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza del 16 aprile 2009, n.
8999). 
    Visto l'art. 9, comma 2, delle norme integrative  per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale.