Ordinanza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della  Repubblica  del
19  febbraio  2009,  relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'articolo 68, primo comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni
espresse dal senatore Francesco Storace nei confronti del  Presidente
della Repubblica, promosso dal Tribunale ordinario di Roma  -  quinta
sezione penale, con ricorso depositato in cancelleria  il  15  luglio
2011 ed iscritto al n. 11 del registro  conflitti  tra  poteri  dello
Stato 2011, fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 15 febbraio 2012  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    Ritenuto che, con ordinanza del 15 giugno 2011, depositata il  15
luglio 2011, il Tribunale ordinario di Roma ha sollevato conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato in riferimento alla deliberazione
assunta dal Senato della Repubblica il 19 febbraio 2009 (approvazione
del doc. IV-quater, n. 1), con la quale e'  stato  affermato  che  le
dichiarazioni rese dal senatore Francesco Storace nei  confronti  del
Presidente della Repubblica -  e  per  le  quali  pende  procedimento
penale - concernono opinioni espresse da  un  membro  del  Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni e ricadono pertanto nella  garanzia
di insindacabilita'  di  cui  all'articolo  68,  primo  comma,  della
Costituzione; 
        che il  Tribunale  ricorrente  -  dopo  aver  svolto  diffuse
considerazioni all'esito delle  quali  ha  disatteso  l'eccezione  di
illegittimita'  costituzionale  avanzata  dalla  difesa   in   ordine
all'art. 313 del codice penale, nella parte  in  cui  attribuisce  al
Ministro della giustizia il potere di  concedere  l'autorizzazione  a
procedere per i reati di vilipendio  commessi  contro  il  Presidente
della Repubblica,  anziche'  al  medesimo  Presidente  -  segnala  di
procedere nei confronti del senatore Storace quale imputato, come  si
puntualizza nel decreto di giudizio immediato,  del  delitto  di  cui
all'art.  278  cod.  pen.  (Offesa  all'onore  o  al  prestigio   del
Presidente della Repubblica), perche', commentando sul sito  internet
www.Storace.it  l'intervento  del  Presidente  della  Repubblica  (di
indignazione per  gli  attacchi  rivolti  alla  senatrice  Rita  Levi
Montalcini), ne offendeva  l'onore  e  il  prestigio,  attribuendogli
testualmente «disdicevole  storia  personale,  palese  e  nepotistica
conduzione familiare, evidente faziosita' istituzionale,  e'  indegno
di una carica usurpata a maggioranza», in Roma  il  13  ottobre  2007
(autorizzazione a procedere del Ministro della giustizia in  data  17
ottobre 2007); 
        che, dopo  aver  diffusamente  riprodotto  le  considerazioni
poste a base della proposta della  Giunta  per  le  autorizzazioni  a
procedere,  poi  fatte  proprie  dalla  Assemblea,  in  ordine   alla
riconducibilita' delle espressioni usate  dal  parlamentare  all'area
della insindacabilita' sancita dall'art. 68, primo comma,  Cost.,  il
ricorrente  Tribunale  evidenzia  come   le   argomentazioni   stesse
finiscano per entrare nel merito  della  valutazione  della  condotta
ascritta all'imputato e della sua concreta offensivita',  che  spetta
soltanto al giudice  apprezzare,  giacche'  alla  Assemblea  compete,
invece, unicamente esprimersi sulla insindacabilita' in ragione della
esistenza di un nesso funzionale  tra  le  dichiarazioni  rese  extra
moenia dal parlamentare e l'esercizio delle relative funzioni; 
        che, richiamata,  sul  punto,  la  giurisprudenza  di  questa
Corte, il ricorrente sottolinea come nella  fattispecie  non  risulta
che  le  opinioni  espresse  dal  senatore  Storace  avessero   alcun
collegamento con lavori parlamentari cui il medesimo  avesse  offerto
il proprio contributo; 
        che «anzi quelle opinioni  cosi'  dissociate  dal  contributo
politico contestualmente fornito dal parlamentare  non  sono  affatto
divulgative dell'attivita' intra moenia, bensi' sono  espressione  di
libero pensiero e come tali devono poter essere valutate. Nessun atto
tipico che possa fungere da  copertura  alla  insindacabilita'  delle
dichiarazioni extra moenia consente pertanto di applicare la garanzia
costituzionale dell'art. 68 Cost.»; 
        che neppure sarebbe possibile, a tal fine, attribuire  valore
alla presentazione di un disegno  di  legge  costituzionale,  di  cui
l'imputato ha riferito in sede di dichiarazioni spontanee  rese  alla
udienza del 23 novembre 2009, volto  alla  abrogazione  dell'art.  59
Cost. sul rilievo che i senatori a vita  (tra  cui  la  professoressa
Levi Montalcini) in  quel  periodo  «erano  stati  accusati  di  aver
tradito e alterato il voto popolare  offrendo  il  loro  appoggio  al
Governo di centro-sinistra», posto  che  le  espressioni  oggetto  di
contestazione  non  potevano  rappresentare  momento  divulgativo  di
quella iniziativa parlamentare; 
        che, d'altra parte, la stessa Giunta per le autorizzazioni  a
procedere aveva significativamente auspicato «un salto interpretativo
della giurisprudenza costituzionale volto a ritenere "sussistente  il
nesso funzionale  in  tutte  le  occasioni  in  cui  il  parlamentare
raggiunga il cittadino illustrando la propria posizione"»; 
        che, quindi,  sussisterebbero  i  presupposti  per  sollevare
conflitto,  «avendo  il  Senato  ecceduto  i  limiti  delle   proprie
attribuzioni costituzionali, con conseguente illegittima interferenza
nel presente procedimento, considerato che le opinioni  espresse  dal
senatore Storace sul proprio sito internet  in  data  13.10.2007  non
sono  oggetto  di  precedente  dibattito  parlamentare  dal  medesimo
sostanziale contenuto da parte  dell'allora  senatore  ne'  in  forma
scritta ne' orale, cosi' che le stesse  devono  ritenersi  prive  del
carattere divulgativo di opinioni espresse nell'esercizio del mandato
parlamentare»; 
        che,  di  conseguenza,  il  Tribunale  ricorrente  chiede  di
dichiarare, dopo l'ammissibilita' del ricorso, che «non  spettava  al
Senato  la  valutazione  della  condotta  addebitabile  al   senatore
Francesco  Storace  nel  presente  procedimento  penale,  in   quanto
estranea alla previsione di  cui  all'art.  68,  primo  comma,  della
Costituzione, con conseguente annullamento della delibera del  Senato
del 19.2.2009». 
    Considerato che, in questa fase del giudizio, a  norma  dell'art.
37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  questa
Corte e' chiamata a deliberare, senza contraddittorio, in ordine alla
esistenza o meno della «materia di un conflitto  la  cui  risoluzione
spetti alla sua competenza», restando impregiudicata  ogni  ulteriore
decisione, anche in punto di ammissibilita'; 
        che,  sotto  il  profilo   del   requisito   soggettivo,   va
riconosciuta la legittimazione del  Tribunale  ordinario  di  Roma  a
sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale,  in  posizione
di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare
definitivamente la volonta' del potere cui appartiene  nell'esercizio
delle funzioni attribuitegli; 
        che, parimenti, deve essere  riconosciuta  la  legittimazione
del Senato della Repubblica ad essere parte del  presente  conflitto,
quale organo competente a dichiarare in modo  definitivo  la  propria
volonta' in ordine all'applicazione dell'art. 68, primo comma,  della
Costituzione; 
        che, per quanto attiene  al  profilo  oggettivo,  il  giudice
ricorrente lamenta la lesione della propria  sfera  di  attribuzione,
costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto
illegittimo, per inesistenza dei relativi presupposti, del potere del
Senato  della  Repubblica  di  dichiarare  l'insindacabilita'   delle
opinioni espresse dai membri di quel ramo del  Parlamento,  ai  sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; 
        che, dunque,  esiste  la  materia  di  un  conflitto  la  cui
risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.