ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  15  del
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111 (Attuazione della direttiva
n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i  circuiti  «tutto
compreso»),  promosso  dal  Tribunale   ordinario   di   Verona   nel
procedimento vertente tra A.M.L. ed altra e la Sprintours  s.p.a.  ed
altra, con ordinanza del 6  luglio  2010,  iscritta  al  n.  193  del
registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di costituzione di A.M.L. ed altra (fuori termine)
e della Sprintours s.p.a. ed altra, nonche' l'atto di intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  22  febbraio  2012  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro; 
    uditi gli avvocati Piergiorgio Bonini per A.M.L. ed altra,  Carlo
F. Galantini per la Sprintours s.p.a. ed  altra  e  l'avvocato  dello
Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale ordinario di Verona,  sezione  IV  civile,  con
ordinanza del 6 luglio 2010, iscritta al reg. ord. n. 193  del  2011,
ha  sollevato,  in  riferimento  agli  articoli   76   e   77   della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
15 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n.  111  (Attuazione  della
direttiva n.  90/314/CEE  concernente  i  viaggi,  le  vacanze  ed  i
circuiti «tutto compreso»). 
    1.2.  -  Il  rimettente  premette  che,  con  atto  di  citazione
notificato in data 24 febbraio 2006, A.M.L. e sua moglie A.C. avevano
convenuto in giudizio la Sprintours s.p.a. e la Viaggi e  Cultura  di
Lonardi Alessio per ottenere la loro  condanna  al  risarcimento  dei
danni subiti nel sinistro del 17 novembre 2004, durante una  vacanza.
Gli attori, aderendo  ad  un'iniziativa  di  viaggio  organizzato  in
Egitto promossa dall'Associazione Nazionale Consulenti del  Lavoro  -
Unione Provinciale di  Verona,  avevano  stipulato  un  contratto  di
viaggio "tutto compreso" con l'agenzia "Viaggi e Cultura" di  Alessio
Lonardi di Verona,  il  cui  oggetto  era  costituito  dal  pacchetto
turistico  del  Tour  operator  Sprintours   s.p.a.   Tale   servizio
comprendeva il volo aereo, i trasferimenti da  e  per  l'hotel  a  Il
Cairo, il soggiorno per tre notti, l'escursione in bus ad Alessandria
d'Egitto e una crociera  per  tre  notti  sul  Nilo,  a  bordo  della
motonave Sprintours Tower Prestige, il tutto per la  durata  di  otto
giorni e sette notti dal 15 novembre al 22 novembre 2004. 
    Durante l'escursione ad Alessandria d'Egitto, l'autista, per  una
condotta di guida pericolosa ed imprudente, aveva perso il  controllo
del mezzo a  causa  dell'incidente  conseguente  gli  attori  avevano
subito lesioni gravissime, consistite nella deformazione del volto  e
nell'amputazione del braccio destro. 
    1.3. - Cio' posto, il Tribunale di Verona, individua  nel  d.lgs.
n. 111 del 1995, attuativo della direttiva europea del  Consiglio  13
giugno 1990, n. 90/314/CEE  concernente  «Viaggi,  le  vacanze  ed  i
circuiti "tutto compreso"», la disciplina di legge in base alla quale
valutare  il  ruolo  e  la   condotta   delle   convenute,   poiche',
diversamente da quanto sostenuto da  queste  ultime  (che  ritenevano
applicabile la Convenzione di Bruxelles, ratificata con la  legge  27
dicembre 1977, n. 1084 - Ratifica  ed  esecuzione  della  convenzione
internazionale relativa al contratto  di  viaggio  (CCV),  firmata  a
Bruxelles il 23 aprile 1970), tale normativa troverebbe  applicazione
nel caso di pacchetto di viaggio "tutto compreso" venduto od  offerto
in vendita nel territorio della Comunita', come confermato dal d.lgs.
n. 111 del 1995, citato. 
    Il rimettente, inoltre, risolve le difficolta'  di  coordinamento
fra il d.lgs. in oggetto e la convenzione sul  contratto  di  viaggio
firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970 (CCV), assumendo che il primo e
non la seconda disciplina i  pacchetti  turistici  "tutto  compreso",
fattispecie distinta  dal  contratto  di  organizzazione  (art.  5  e
seguenti) o di intermediazione (art. 17 e seguenti) di viaggio di cui
alla Convenzione. 
    Nel primo caso le prestazioni ed i servizi verrebbero in  rilievo
separatamente configurando diversi tipi di rapporto,  prevalendo  gli
aspetti dell'organizzazione e dell'intermediazione, mentre  nel  caso
di viaggio vacanza "tutto compreso" (c.d. package) si  determinerebbe
una prefissata combinazione di almeno due degli  elementi  costituiti
dal trasporto, dall'alloggio e da servizi turistici agli  stessi  non
accessori (visite, escursioni con guide turistiche, ecc.) costituenti
parte significativa del «pacchetto turistico», con  durata  superiore
alle 24 ore (d.lgs. n. 111 del 1995, art. 2 e seguenti, ora  trasfusi
nell'art. 84 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice
del Consumo, a norma dell'articolo 7 della  L.  29  luglio  2003,  n.
229). Tale pluralita'  di  servizi  connoterebbe  dunque  la  diversa
finalita' del tipo contrattuale. 
    1.4. - Sotto il profilo della  rilevanza  il  giudice  rimettente
assume che, alla luce della disciplina applicabile al caso in  esame,
ben possa essere affermata la responsabilita' per il sinistro occorso
agli   attori,   quanto   meno   della   Sprintours   s.p.a.,   quale
organizzatrice del viaggio, ai sensi dell'art. 14 del d.lgs.  n.  111
del 1995. Risulta pacifico, a giudizio del rimettente, sia  che  essa
ebbe ad affidare alla Tiran Tour il trasporto,  sia  che  l'automezzo
sul quale gli attori viaggiavano era  uscito  di  strada  mentre  era
diretto alla localita' prevista dal  programma  di  viaggio,  essendo
irrilevanti le  dedotte  circostanze  della  negligenza  o  imperizia
dell'autista del pullman e della pioggia,  poiche'  nessuno  di  tali
fattori causali  potrebbe  costituire  quell'elemento  eccezionale  o
imprevedibile  che   varrebbe   ad   esonerare   da   responsabilita'
l'organizzatore del viaggio, il quale, per  giurisprudenza  costante,
e' sempre responsabile salvo  che  dimostri  che  il  mancato  esatto
adempimento sia dipeso da impossibilita' della prestazione  derivante
da causa a lui  non  imputabile,  che  alla  luce  dell'art.  17  del
medesimo d.lgs., potrebbe consistere soltanto nel fatto di un terzo a
carattere imprevedibile o inevitabile  ovvero  nel  caso  fortuito  o
nella forza maggiore. 
    Ancora,  ai  fini  della  rilevanza  il  Tribunale  osserva   che
l'entita' economica del danno alla persona subito  dall'attore,  alla
luce delle conclusioni del CTU, e' determinabile in euro  808.119,74,
importo che risulta notevolmente  superiore  al  limite  risarcitorio
previsto dall'art. 15 del d.lgs. n.  111  del  1995,  nella  versione
vigente  ratione  temporis,  come  indicato  dalla   Convenzione   di
Bruxelles richiamata (50.000 franchi oro equivalenti nell'agosto  del
2009 ad euro 313.500,00), essendo l'espressa abrogazione della  norma
(dapprima disposta implicitamente, per effetto  del  decreto-legge  8
settembre 2004, n.  237,  recante  «Interventi  urgenti  nel  settore
dell'aviazione civile», convertito, con modificazioni, dalla legge  9
novembre 2004, n. 265) intervenuta soltanto con l'art. 17,  comma  2,
del decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96 (Revisione  della  parte
aeronautica del Codice della navigazione,  a  norma  dell'articolo  2
della L. 9 novembre 2004, n. 265). 
    1.5.  -  Cio'  posto,  il  rimettente  assume   che   il   limite
risarcitorio di cui all'art. 15, nella versione precedente al  d.lgs.
n.  96  del  2005  risulterebbe  incompatibile   con   la   direttiva
comunitaria  90/314/CEE,  concernente  i  viaggi,  le  vacanze  ed  i
circuiti "tutto compreso", poiche' questa, pur consentendo agli Stati
membri di ammettere che l'indennizzo «sia limitato conformemente alle
convenzioni internazionali che disciplinano dette  prestazioni»,  nel
preambolo non  richiamerebbe  la  Convenzione  di  Bruxelles  tra  le
convenzioni internazionali che disciplinano alcune delle  prestazioni
che sono oggetto di un servizio "tutto compreso". 
    Coerentemente con tale premessa l'art.  5  della  direttiva,  nel
consentire che gli  Stati  membri  prevedano  limiti  all'indennizzo,
avrebbe ribadito che tali limitazioni devono  essere  conformi  «alle
convenzioni internazionali che disciplinano dette prestazioni».  Tale
assunto sarebbe chiarito ulteriormente dalla considerazione  che  non
esistono, ne' esistevano al  momento  dell'adozione  della  direttiva
90/314/CEE, convenzioni internazionali regolanti tale fattispecie. 
    Il rimettente, tuttavia, precisa che siffatto  contrasto  tra  la
normativa  interna  e  la  direttiva  europea  non  consentirebbe  la
«disapplicazione» della  norma  in  esame,  giacche'  tale  evenienza
potrebbe verificarsi solo alla duplice condizione  che  la  direttiva
sia dotata di efficacia diretta e che la controversia  verta  fra  un
privato ed una autorita' dello Stato  membro.  Nel  caso  di  specie,
inoltre, neppure potrebbe soccorrere una «interpretazione  conforme»,
non sussistendo in proposito quel «margine  di  discrezionalita'  che
consente  all'interprete  di  scegliere   tra   due   interpretazioni
possibili della norma interna (...)»,  a  fronte  della  chiarezza  e
inequivocita' dell'art. 15 del d.lgs.  n.  111  del  1995  nella  sua
versione originaria, laddove  richiama  esplicitamente  i  limiti  di
debito previsti dalla CCV. 
    1.6.  -  Il  Tribunale  di   Verona,   tuttavia,   dubita   della
legittimita' costituzionale del citato art. 15 del d.lgs. n. 111  del
1995, in quanto la legge 22 febbraio 1994, n. 146  (Disposizioni  per
l'adempimento di  obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia
alle Comunita' europee - legge comunitaria del 1993), delegando,  tra
l'altro, l'attuazione della piu' volte citata direttiva  "Viaggi,  le
vacanze e circuiti tutto compreso", aveva indicato fra i  principi  e
criteri direttivi quello secondo cui  il  legislatore  delegato,  nel
disciplinare il contratto  di  pacchetto  turistico,  avrebbe  dovuto
tenere conto delle disposizioni piu' favorevoli contenute nella legge
n. 1084 del 1977 (che aveva ratificato la  Convenzione  di  Bruxelles
del 1970). La lettera b) dell'art. 24 della legge n.  146  del  1994,
inoltre, aveva previsto che solo il risarcimento  dei  danni  diversi
dal  danno  alla  persona  derivanti  da  inadempimento   o   cattiva
esecuzione  delle  prestazioni,  sarebbe  stato  ammesso  nei  limiti
stabiliti dalla citata legge n. 1084 del 1977. 
    In  tale  contesto  normativo,  il  rimettente  assume   che   il
legislatore non aveva conferito nessuna delega ad  introdurre  limiti
risarcitori per i danni alla persona, sicche' la norma censurata, con
riguardo a tale previsione, si porrebbe in contrasto con gli artt. 76
e 77 della Costituzione per difetto di delega. 
    Questa conclusione non troverebbe ostacolo  nelle  argomentazioni
sostenute dalle convenute, secondo  cui  il  limite  all'obbligazione
risarcitoria per  danni  alla  persona  nella  esecuzione  di  viaggi
internazionali sarebbe gia' stato introdotto all'interno  del  nostro
ordinamento con la legge n. 1084 del 1977, perche' la convenzione  da
essa ratificata regolava una fattispecie diversa da quella alla quale
si riferiva la direttiva 90/314/CEE. Questo, peraltro, sarebbe  stato
il motivo  della  mancata  menzione  della  stessa  nella  direttiva.
Pertanto, a giudizio del rimettente, il Governo delegato non  avrebbe
potuto  trarre  nessun   criterio   utile   a   contenere   l'obbligo
risarcitorio del "tour operator" per i danni alla  persona  dall'art.
5, paragrafo 2, terzo comma della citata direttiva, la quale, oltre a
non richiamare la convenzione, non stabiliva limiti  per  danni  alla
persona provocati durante l'effettuazione di prestazioni di trasporto
terrestre rientranti tra quelle oggetto del pacchetto turistico. 
    2. - Si sono costituite nel giudizio le parti  private  convenute
nel giudizio principale, la Sprintours s.p.a. e la Viaggi  e  Cultura
di Lonardi Alessio, concludendo per l'infondatezza della questione. 
    La difesa  si  incentra  in  particolare  su  due  aspetti  della
disciplina. 
    2.1. - In primo luogo, si  assume  che,  interpretando  la  legge
delega alla luce della lettera e dello spirito della  direttiva,  che
autorizzava l'introduzione di limiti alla  responsabilita'  del  tour
operator  anche  in  relazione  ai  danni  alle   persone,   dovrebbe
escludersi il vizio di eccesso di  delega.  Con  riferimento  a  tale
punto, la direttiva comunitaria prevedeva all'art. 5,  comma  2,  che
«Per quanto riguarda i danni  derivanti  dall'inadempimento  o  dalla
cattiva esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del servizio
tutto compreso, gli Stati membri possono ammettere  che  l'indennizzo
sia  limitato  conformemente  alle  convenzioni  internazionali   che
disciplinano dette prestazioni.». Pertanto  il  legislatore  delegato
poteva   senza   dubbio   fare   riferimento   ad   una   convenzione
internazionale che disciplinava le prestazioni incluse nel pacchetto. 
    2.2. -  Le  parti  private  contestano,  inoltre,  l'argomento  a
contrario speso dal rimettente con riferimento al  richiamo  espresso
della legge comunitaria ai danni alle  cose.  La  specificita'  della
disposizione, infatti, lungi dal circoscrivere l'applicabilita' della
legge  n.  1084  del  1977,  si  sarebbe  giustificata   in   ragione
dell'ampiezza  attribuita  dalla  direttiva  al  riguardo,  allorche'
consentiva deroghe contrattuali nel limite della  ragionevolezza.  In
questo caso, il legislatore avrebbe  inteso  approntare  una  maggior
tutela del consumatore, attraverso un limite risarcitorio fissato nel
massimo normativamente, necessita' che non si sarebbe presentata  per
i  danni  alle  persone,  per  i  quali  la  direttiva  gia'   faceva
riferimento alle convenzioni internazionali. A conforto  di  cio'  la
difesa cita  la  relazione  sul  recepimento  della  direttiva  nella
legislazione nazionale degli Stati membri redatta  dalla  Commissione
europea, nella quale l'opzione scelta  dal  legislatore  italiano  in
proposito non risulta essere contestata, attraverso una procedura  di
infrazione,  diversamente  da  quanto  invece  sarebbe  accaduto  con
l'obbligo di istituzione del fondo di garanzia. 
    Il legislatore delegato sarebbe,  dunque,  stato  autorizzato  ad
inserire una normativa precedente, quale  quella  di  ratifica  della
Convenzione  di  Bruxelles,  che   peraltro   riguardava   "qualunque
contratto di viaggio concluso da un organizzatore di viaggi o  da  un
intermediario  di  viaggi",  e  quindi  anche  il  pacchetto   "tutto
compreso", in quanto le differenze  applicative,  oltre  a  risultare
"labili da un punto di vista  logico-sistematico",  si  rivelerebbero
marginali  proprio  in  materia  di   limitazione   dell'obbligazione
risarcitoria del tour operator. Posizione, questa, che sarebbe  stata
fatta propria anche da alcuni commentatori, che  avevano  individuato
nella convenzione «una fonte normativa idonea ad integrare le  lacune
della disciplina comunitaria nella materia contrattuale dei viaggi  e
soggiorni organizzati». 
    Conseguentemente, la difesa conclude che all'epoca  del  sinistro
la materia dei viaggi sarebbe stata soggetta a due normative:  quella
della legge di esecuzione della CCV (legge n. 1084 del 1977) e quella
del d.lgs. n. 111 del 1995,  per  cui  non  si  potrebbe  validamente
ritenere che nel dare attuazione alla direttiva comunitaria da  parte
del Governo italiano vi sia stato un eccesso di  delega,  proprio  in
quanto  il  limite  per  i  danni  alla  persona  era  gia'  previsto
all'interno del nostro ordinamento  con  un  provvedimento  di  rango
legislativo. 
    3. - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio  dei
ministri, concludendo per  l'inammissibilita'  e  per  l'infondatezza
della questione sollevata. 
    L'Avvocatura dello Stato osserva preliminarmente che il giudice a
quo non avrebbe avuto il potere di interpretare in via definitiva  il
diritto comunitario, ed  avrebbe  dovuto  sperimentare,  quanto  alla
compatibilita' della norma censurata  con  la  direttiva,  un  rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia. Inoltre, non essendo la  Corte
competente  «ad  enunciare   essa   l'interpretazione   delle   norme
comunitarie assunte come  norme  interposte  integranti  i  parametri
costituzionali invocati dal giudice rimettente (qui, gli artt.  76  e
77)» la questione sarebbe inammissibile. 
    Nel merito, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  deduce
l'infondatezza della questione in quanto la risarcibilita' del "danno
da vacanza rovinata",  di  natura  non  patrimoniale,  troverebbe  il
proprio  fondamento  nella  legge   n.   1084   del   1977,   perche'
dall'introduzione nel nostro ordinamento della  successiva  normativa
comunitaria  non  deriverebbe  l'abrogazione  della  Convenzione   di
Bruxelles, ratificata con la citata legge. 
    4. - Si sono costituite tardivamente in giudizio le parti attrici
nel processo  principale,  chiedendo  alla  Corte  la  rimessione  in
termini, e concludendo nel merito per la pronuncia di  illegittimita'
costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale ordinario  di  Verona  censura  l'art.  15  del
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111 (Attuazione della direttiva
n. 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i  circuiti  «tutto
compreso»), nel testo vigente ratione temporis, prima dell'entrata in
vigore del decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96 (Revisione  della
parte aeronautica del Codice della navigazione, a norma dell'articolo
2 della L. 9 novembre 2004, n. 265), nella  parte  in  cui  introduce
quale limite all'obbligazione risarcitoria per i danni alla  persona,
derivanti  dall'inadempimento  o  dalla  inesatta  esecuzione   delle
prestazioni che formano oggetto di un servizio viaggi con la  formula
"tutto compreso", l'ammontare di 50.000 franchi-oro (corrispondenti a
circa euro 313.500,00),  previsto  dalla  Convenzione  internazionale
relativa al contratto di viaggio, firmata a Bruxelles  il  23  aprile
1970, e ratificata con legge 27 dicembre 1977, n. 1084  (Ratifica  ed
esecuzione della convenzione internazionale relativa al contratto  di
viaggio - CCV). Il danno quantificato nel giudizio principale ammonta
a circa euro 808.119,74. 
    1.1. - Secondo  il  giudice  a  quo,  la  disposizione  censurata
sarebbe  stata  adottata  in  difformita'  dei  principi  e   criteri
direttivi contenuti nell'art. 24 della legge delega 22 febbraio 1994,
n.  146  (Disposizioni  per  l'adempimento  di   obblighi   derivanti
dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'   europee   -   legge
comunitaria  del  1993).  A  suo  avviso,   tale   legge,   delegando
l'attuazione della direttiva del Consiglio 90/314/CEE  concernente  i
«Viaggi, le vacanze ed i circuiti "tutto  compreso"»,  aveva  infatti
indicato fra i principi e criteri direttivi  quello  secondo  cui  il
legislatore delegato, nel  disciplinare  il  contratto  di  pacchetto
turistico,  avrebbe  dovuto  tenere  conto  delle  disposizioni  piu'
favorevoli contenute nella legge n. 1084  del  1977.  In  particolare
l'art. 24 della legge delega aveva previsto che solo il  risarcimento
dei danni diversi dal danno alla persona, derivanti da  inadempimento
o cattiva esecuzione delle prestazioni, avrebbe dovuto essere ammesso
nei limiti stabiliti dalla citata legge di ratifica della Convenzione
di Bruxelles. La disposizione  censurata,  pertanto,  violerebbe  gli
artt. 76 e 77 della Costituzione per difetto di delega. 
    2. -  Preliminarmente,  va  dichiarata  l'inammissibilita'  della
costituzione in giudizio delle parti attrici nel processo principale,
in quanto effettuata oltre il termine stabilito  dall'art.  25  della
legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme  sulla  costituzione  e   sul
funzionamento della Corte costituzionale). Tale termine, per costante
orientamento di questa Corte, e' perentorio (ex multis,  sentenze  n.
190 del 2006 e n. 257 del 2007) e non sussistono  le  condizioni  per
l'accoglimento dell'istanza di rimessione in termini avanzata. 
    3.  -  L'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha,  poi,   eccepito
l'inammissibilita' della questione poiche', non spettando al  giudice
comune il  potere  di  interpretare  in  via  definitiva  il  diritto
dell'Unione europea, il Tribunale di Verona non avrebbe potuto, senza
prima avere esperito il rimedio del rinvio pregiudiziale  alla  Corte
di giustizia, affrontare il tema  della  compatibilita'  della  norma
censurata  con  la  direttiva  90/314/CEE,  assunta  come  norma  che
integrerebbe gli artt. 76 e 77 della Costituzione. 
    La questione sarebbe inammissibile anche perche'  neppure  questa
Corte  potrebbe  interpretare  in  via   definitiva   una   direttiva
comunitaria. 
    3.1.  -  L'eccezione  non  e'   fondata.   Alla   stregua   della
giurisprudenza della Corte di  giustizia  dell'Unione  europea  e  di
questa Corte, sono ormai stati definiti con chiarezza  i  ruoli  che,
rispetto  al  rinvio  pregiudiziale  d'interpretazione,   prefigurato
dall'art. 267 del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea
(TFUE), sono attribuiti  ai  giudici  nazionali  comuni,  alla  Corte
costituzionale ed alla Corte di giustizia. I giudici nazionali le cui
decisioni sono  impugnabili  hanno  il  compito  di  interpretare  il
diritto  comunitario  e   se   hanno   un   dubbio   sulla   corretta
interpretazione hanno la facolta'  e  non  l'obbligo  di  operare  il
rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per  ottenerla  e  farne
applicazione, se necessario a  preferenza  delle  contrastanti  norme
nazionali. Il giudice di ultima istanza, viceversa, ha  l'obbligo  di
operare il rinvio, a meno che non si tratti  di  una  interpretazione
consolidata e in termini o di una norma comunitaria  che  non  lascia
adito a dubbi interpretativi (Corte di giustizia,  CILFIT  S.r.l.  ed
altri contro il Ministero della sanita', causa C-283/81,  sentenza  6
ottobre  1982).  Quanto  alla   Corte   costituzionale,   essa,   con
l'ordinanza n. 103 del 2008, ha chiarito il suo  ruolo  alla  stregua
dell'art. 267 del TFUE in  un  giudizio  principale,  conservando  la
propria competenza ad interpretare il diritto comunitario quando  non
sia necessario il  rinvio  alla  Corte  di  giustizia.  La  questione
pregiudiziale   di   legittimita'   costituzionale   sarebbe   invece
inammissibile, secondo la giurisprudenza  di  questa  Corte,  ove  il
giudice rimettente chiedesse la verifica di costituzionalita' di  una
norma,   pur   esplicitando   un   dubbio   quanto   alla    corretta
interpretazione di norme  comunitarie  ed  un  contrasto  con  queste
ultime; il dubbio sulla compatibilita' della norma nazionale rispetto
al  diritto  comunitario  va  risolto,  infatti,  eventualmente   con
l'ausilio della Corte  di  giustizia,  prima  che  sia  sollevata  la
questione di legittimita' costituzionale,  pena  l'irrilevanza  della
questione stessa (sentenze n. 284 del 2007 e n. 170 del 1984). 
    L'eccezione  di  inammissibilita'  dell'Avvocatura  generale   e'
pertanto sotto il profilo appena esaminato infondata. Il Tribunale di
Verona aveva di sicuro la competenza ad  interpretare  le  conferenti
disposizioni della direttiva comunitaria 90/314/  CEE;  e  non  aveva
alcun obbligo di operare il rinvio alla Corte di giustizia. 
    Quanto all'eccezione di inammissibilita'  fondata  sulla  pretesa
incompetenza  di  questa   Corte   ad   interpretare   la   direttiva
comunitaria, essa e' del pari infondata. Anzitutto, la censura che il
giudice  rimettente  ha  espressamente  dedotto   si   collega   alla
violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, della  Costituzione,  in
particolare sotto il profilo del difetto  di  delega  legislativa  ad
introdurre limiti risarcitori per  i  danni  alla  persona.  Poiche',
tuttavia, si tratta di una delega contenuta in una legge comunitaria,
quella del 1993, questa Corte non puo' fare a meno,  preliminarmente,
di interpretare la delega anche alla luce della direttiva, al fine di
verificarne la compatibilita'; ed e' sicuro che  ne  abbia  la  piena
competenza, almeno quando non avesse un dubbio  interpretativo  sulla
normativa  comunitaria  che  essa  stessa  non  fosse  in  grado   di
sciogliere, cio' che nella specie non risulta. 
    4. - Nel merito la questione e' fondata. 
    4.1. - L'art. 15 del d.lgs. n.  111  del  1995  si  inserisce  in
un'evoluzione  normativa  del  modello  contrattuale  con   finalita'
turistica. In particolare, con riferimento al contratto di viaggio  e
di intermediario di viaggio, la «Convenzione internazionale  relativa
al contratto di viaggio» (d'ora in poi CCV), firmata a  Bruxelles  il
23 aprile 1970, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge n.
1084 del 1977,  recava  una  disciplina  complessa,  nella  quale  ad
interventi rivolti agli operatori  turistici  si  affiancavano  norme
preordinate  alla  tutela  del   viaggiatore-consumatore.   La   CCV,
tuttavia,  era  stata  sottoscritta  da   pochissimi   Stati   membri
dell'Unione europea; ed inoltre  risultava  non  pienamente  conforme
alle esigenze sociali e contrattuali  che  si  stavano  affermando  a
livello   internazionale,   orientate   non    tanto    sulla    mera
intermediazione per  il  trasporto  ed  il  soggiorno,  quanto  sulla
fornitura dell'insieme di servizi funzionali al viaggio e  anche  non
connessi strettamente ad esso. 
    La direttiva comunitaria n. 90/314/CEE  ha  invece  colto  queste
nuove esigenze ed inteso affrontare le «notevoli divergenze  tra  gli
Stati membri sia sul piano normativo,  sia  per  quanto  riguarda  la
prassi corrente», superando gli «ostacoli alla libera prestazione dei
servizi tutto compreso e distorsioni di concorrenza tra gli operatori
stabiliti nei diversi Stati membri»  (secondo  e  terzo  considerando
della direttiva). 
    4.2. - La direttiva aveva  delineato  un  articolato  livello  di
armonizzazione delle  legislazioni  riguardo  alle  informazioni  che
devono essere fornite al consumatore,  ai  requisiti  formali  per  i
contratti  di  viaggio,  alle  norme  imperative  da  applicare  alle
obbligazioni contrattuali ed infine alla tutela  dei  consumatori  in
caso di insolvenza o di fallimento  dell'organizzatore  del  viaggio.
Essa, dunque, pur lasciando un certo margine agli Stati membri quanto
alla  scelta  dei  mezzi  per  raggiungere  il  risultato   da   essa
perseguito, imponeva di prevedere a favore  dei  singoli  consumatori
diritti il cui contenuto poteva essere  determinato  con  sufficiente
precisione, tra questi il diritto al ristoro  degli  eventuali  danni
imputabili all'organizzatore (Corte di giustizia, Dillenkofer  contro
Germania, causa C-178/94, sentenza 8 ottobre 1996). 
    4.2.1. - In particolare, la direttiva in esame consente che, «per
quanto riguarda i danni derivanti dall'inadempimento o dalla  cattiva
esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del  servizio  tutto
compreso, gli Stati membri posso[a]no ammettere che l'indennizzo  sia
limitato   conformemente   alle   convenzioni   internazionali    che
disciplinano dette prestazioni»,  di  cui  al  19°  considerando.  In
quest'ultimo  sono  espressamente  richiamate  «la   Convenzione   di
Varsavia del 1929 sul trasporto aereo internazionale, la  Convenzione
di Berna del 1961 sul trasporto ferroviario, la Convenzione di  Atene
del 1974 relativa al trasporto via mare e la  Convenzione  di  Parigi
del  1962  sulla  responsabilita'  degli  albergatori».  Non  risulta
evocata la Convenzione di Bruxelles (CCV),  con  la  conseguenza  che
nessun riferimento c'e' ad un obbligo risarcitorio, e ai suoi limiti,
quanto al danno alla persona a seguito di sinistro stradale. 
    5. - La legge delega in  esame,  in  quanto  "legge  comunitaria"
diretta all'attuazione di direttive europee, stabilisce anzitutto  un
insieme di criteri e principi direttivi "generali"  valevoli,  cioe',
per tutti i  decreti  legislativi  da  emanare  in  attuazione  delle
direttive  di  cui  all'allegato.  Inoltre,  essa  enuncia   principi
specifici in relazione alle singole materie,  in  aggiunta  a  quelli
contenuti nelle direttive  da  attuare.  In  definitiva,  quindi,  la
"legge comunitaria" vincola il legislatore delegato  in  primo  luogo
quanto ai principi contenuti nelle direttive da attuare,  poi  quanto
ai criteri e principi direttivi generali (art. 2), infine, quanto  ai
criteri di delega specifici, dettati in relazione alla  direttiva  in
esame (art. 24). 
    5.1. - L'attuazione della  direttiva  n.  90/314/CEE  imposta  al
legislatore delegato, innestandosi in un tessuto normativo  che  gia'
aveva  disciplinato  il  contratto  di  viaggio,  ha  necessariamente
indicato principi e criteri direttivi speciali che  hanno  delimitato
in maniera assai significativa  lo  spazio  di  discrezionalita'  del
legislatore delegato. In primo luogo, la legge delega n. 146 del 1994
ha,  infatti,  stabilito  non  solo  che   «i   decreti   legislativi
assicureranno  in  ogni  caso  che,  nelle  materie  trattate   dalle
direttive da attuare, la disciplina disposta sia pienamente  conforme
alle prescrizioni delle direttive medesime» (art. 2, comma 1, lettera
h), ma anche che, «per evitare disarmonie con le  discipline  vigenti
per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, saranno
introdotte le occorrenti modifiche  o  integrazioni  alle  discipline
stesse»  (art.  2,  comma  1,  lettera  c).  Infine,  con   specifico
riferimento alla direttiva viaggi "tutto compreso",  all'art.  24  la
legge comunitaria ha  testualmente  fissato  i  seguenti  principi  e
criteri direttivi: «a) l'offerta del servizio "tutto compreso" ed  il
relativo contratto sono disciplinati tenendo conto delle disposizioni
piu' favorevoli dettate in tema di  contratto  di  organizzazione  di
viaggio dalla legge 27 dicembre 1977, n. 1084; b) il risarcimento dei
danni diversi dal danno alla persona, derivanti  da  inadempimento  o
cattiva  esecuzione  delle  prestazioni,  sara'  ammesso  nei  limiti
stabiliti dalla legge 27 dicembre 1977, n. 1084». 
    Si tratta di limiti che tenevano nel debito conto  l'eventualita'
che la disciplina pregressa comprendesse aspetti piu'  favorevoli  al
contraente consumatore, potendo evidentemente la  legislazione  degli
Stati  membri  derogare  solo  in  melius  rispetto  alla   normativa
comunitaria. 
    6. - In questo contesto, il legislatore delegato, con  il  citato
art. 15, oggi censurato, aveva stabilito, al comma 1, che  «Il  danno
derivante alla persona dall'inadempimento o dalla inesatta esecuzione
delle prestazioni che formano  oggetto  del  pacchetto  turistico  e'
risarcibile  nei  limiti   delle   convenzioni   internazionali   che
disciplinano la materia,  di  cui  sono  parte  l'Italia  o  l'Unione
europea, ed, in particolare, nei limiti previsti dalla convenzione di
Varsavia del 12 ottobre 1929 sul trasporto aereo internazionale, resa
esecutiva con legge 19 maggio 1932,  n.  841,  dalla  convenzione  di
Berna del 25 febbraio 1961 sul trasporto ferroviario, resa  esecutiva
con legge 2 marzo 1963, n. 806, e dalla convenzione di Bruxelles  del
23 aprile 1970 (CCV), resa esecutiva con legge 27 dicembre  1977,  n.
1084, per ogni altra ipotesi di responsabilita' dell'organizzatore  e
del venditore, cosi' come recepite nell'ordinamento». 
    6.1. -  A  giudizio  del  Tribunale  di  Verona,  il  legislatore
delegato non sarebbe stato autorizzato ad  introdurre  la  disciplina
relativa ai danni alle persone cosi'  come  prevista  nella  CCV,  in
primo luogo perche' il citato art. 24  della  legge  comunitaria  del
1993  espressamente  avrebbe  consentito  di  introdurre  il   limite
risarcitorio solo per i danni diversi  dal  danno  alla  persona,  in
secondo luogo perche' la direttiva, oltre a non  richiamare  la  CCV,
non imponeva affatto limiti per danni alla persona provocati  durante
il trasporto terrestre rientrante  tra  le  prestazioni  oggetto  del
pacchetto turistico. 
    6.2. - Sul punto merita  in  primo  luogo  di  essere  precisato,
quanto alla distinzione fra  il  contratto  "tutto  compreso"  ed  il
contratto di viaggio di cui alla Convenzione internazionale,  che  la
giurisprudenza di legittimita', debitamente richiamata dal giudice  a
quo, ha distinto il primo (c.d. "pacchetto turistico"  o  "package"),
dal contratto di organizzazione o di intermediazione  di  viaggio  di
cui alla CCV, in quanto  la  "finalita'  turistica"  nel  primo  caso
assume rilievo, oltre che come elemento di qualificazione, anche  con
riguardo alle successive vicende del contratto  (Cass.,  sentenza  24
luglio 2007, n. 16315, in particolare per il caso  di  impossibilita'
sopravvenuta). Alla luce di tale ricostruzione  e'  agevole  ritenere
che l'applicazione della disciplina introdotta dalla  CCV  non  fosse
ricollegabile al tipo contrattuale che il d.lgs. n. 111 del 1995  era
chiamato  a  disciplinare  e  che,  quindi,  il  riferimento  a  tale
disciplina non solo fosse un'eccezione, ma che fosse un'eccezione  da
circoscrivere in un ristretto margine di compatibilita' e  di  favore
verso il consumatore, di cui la legge delega aveva inteso individuare
con  precisione  i  contorni.  Di  tale   aspetto   il   procedimento
ermeneutico da condurre deve dunque necessariamente tener conto. 
    6.3. - In merito ai rapporti fra legge delega e norma  attuativa,
la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che  il  sindacato  di
costituzionalita'  sulla  delega  legislativa  deve   essere   svolto
attraverso «un confronto tra gli esiti di  due  processi  ermeneutici
paralleli concernenti, rispettivamente, la norma delegante  (al  fine
di individuarne l'esatto contenuto, nel quadro dei principi e criteri
direttivi e del contesto in cui questi si  collocano,  nonche'  delle
ragioni  e  finalita'  della  medesima)  e  la  norma  delegata,   da
interpretare nel significato compatibile con i principi ed i  criteri
direttivi della delega» (tra le piu' recenti,  sentenze  n.  293  del
2010, n. 112 del 2008, n. 341, n. 340 e n. 170 del 2007). L'esame del
vizio di eccesso di delega impone che l'interpretazione dei  principi
e dei criteri direttivi sia  effettuata  in  riferimento  alla  ratio
della legge delega, tenendo conto del contesto normativo in cui  sono
inseriti e delle finalita' che ispirano complessivamente la delega ed
in particolare i principi e i criteri direttivi  specifici.  In  tale
processo, in definitiva «i principi posti dal  legislatore  delegante
costituiscono non solo la base e il limite delle norme  delegate,  ma
strumenti per l'interpretazione della portata delle stesse» (sentenza
n. 96 del 2001). 
    6.4. - Nel caso di specie, la delega  ha  indicato  come  criteri
specifici  quello  della   salvaguardia   delle   disposizioni   piu'
favorevoli dettate in tema di contratto di organizzazione di  viaggio
dalla legge n. 1084 del 1977 e quello della  applicabilita'  espressa
al risarcimento dei danni diversi dal danno alla persona, dei  limiti
stabiliti dalla legge n. 1084 del 1977 (art. 24, lettera b). 
    L'esegesi di tale disposto deve necessariamente  essere  conforme
alla  ratio   della   delega,   che   consisteva   in   primo   luogo
nell'attuazione della direttiva e, in ultima analisi, essere conforme
alla ratio della stessa direttiva, consistente, fra  l'altro,  in  un
trattamento  piu'  favorevole  alla  tutela  del  consumatore,  salva
l'opportunita'  di  limitare  il  risarcimento   conformemente   alle
convenzioni in essa richiamate.  Cio'  va  evidentemente  inteso  nel
senso di adottare il  medesimo  massimale  che  il  diritto  uniforme
riservava ai vettori delle prestazioni correlate, in modo da  evitare
che i venditori o gli organizzatori dei viaggi a pacchetto  potessero
essere  tenuti  ad  un   maggior   indennizzo.   In   questo   senso,
evidentemente  nessun  profilo  di  maggior  favore  potrebbe  essere
rinvenuto nella  CCV,  disciplinando  questa  anche  prestazioni  non
comprese nei tipi di trasporto di cui alle convenzioni internazionali
citate nella direttiva, con la conseguenza  che  una  limitazione  di
responsabilita'  meno  favorevole  rispetto   alle   prestazioni   di
viaggio-tipo non era giustificabile, non solo  perche'  non  prevista
dalla direttiva, quanto perche'  norma  chiaramente  meno  favorevole
rispetto al consumatore danneggiato. Tale  conclusione  risulta,  del
resto, avvalorata dal dato testuale della lettera c) del  piu'  volte
citato art. 14 della legge delega, che  richiamava  espressamente  il
limite risarcitorio fissato dalla Convenzione di  Bruxelles  soltanto
con riferimento ai danni diversi dal danno alla persona, rispetto  ai
quali si circoscriveva l'ambito di discrezionalita' del delegato. Una
tale esegesi, peraltro, evidenzia proprio la coerenza fra il  mancato
espresso richiamo ai danni alla persona ed il concorrente criterio di
delega orientato a conservare soltanto le norme piu'  favorevoli.  In
altri termini, poiche' la scelta legislativa era orientata nel  senso
di maggior favore per il  viaggiatore,  in  ossequio  alle  finalita'
della direttiva 90/314/CEE, correttamente la  legge  comunitaria  del
1993  ha  ritenuto  di  mantenere  espressamente   solo   il   limite
risarcitorio per i danni alle cose, che pure la direttiva  consentiva
di ridurre negozialmente nei limiti della ragionevolezza,  e  di  non
richiamare l'analogo limite risarcitorio per i danni alle persone. 
    I rilievi svolti trovano significativo  conforto  nell'evoluzione
della normativa conferente successiva al d.lgs. n. 111  del  1995  ed
alla data del sinistro oggetto del giudizio principale. La disciplina
relativa ai "servizi  turistici"  ed  in  particolare  ai  "pacchetti
turistici", e' stata dapprima  inserita  nel  decreto  legislativo  6
settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo, a norma  dell'articolo  7
della L. 29 luglio 2003, n. 229), ed in particolare nell'art. 94, nel
quale  e'  stato  soppresso  il  riferimento  alla   Convenzione   di
Bruxelles, ed il massimale del  risarcimento  e'  stato  fissato  con
riferimento alle convenzioni internazionali in materia, di  cui  sono
parte l'Italia o l'Unione europea.  Infine,  la  disciplina  di  tali
contratti e' stata stabilita con il  decreto  legislativo  23  maggio
2011, n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento  e
mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre
2005,  n.  246,  nonche'  attuazione  della  direttiva   2008/122/CE,
relativa ai  contratti  di  multiproprieta',  contratti  relativi  ai
prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di
scambio) che,  intervenendo  in  modo  organico  sulla  tematica  dei
pacchetti turistici e del rapporto contrattuale  con  il  consumatore
turista, ha provveduto peraltro all'abrogazione della legge  n.  1084
del 1977. 
    7. - Va in conclusione dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 111 del  1995,  nella  parte  in
cui, in violazione dei criteri della  legge  delega,  ha  fissato  un
limite all'obbligo risarcitorio per danni alla persona, attraverso il
richiamo della Convenzione di Bruxelles (CCV), limite non prefigurato
dalla legge delega.