ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo  11,  comma
13, del decreto-legge 31  maggio  2010,  n.  78  (Misure  urgenti  in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica)
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio  2010,  n.  122,
promosso dal Tribunale ordinario di Pistoia nel procedimento vertente
tra P.F. e il Ministero della salute, con ordinanza del  10  dicembre
2010, iscritta al n. 181 del registro  ordinanze  2011  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  38,  prima   serie
speciale, dell'anno 2011. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio  del  7  marzo  2012  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Pistoia, con ordinanza del
10 dicembre 2010, ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3, 32
e 38 della Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'articolo 11, comma 13, del decreto-legge 31 maggio 2010,  n.  78
(Misure urgenti  in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di
competitivita' economica), convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n. 122; 
        che, in punto di fatto,  il  rimettente  premette  di  essere
investito di un giudizio, promosso,  con  ricorso  depositato  il  22
aprile 2010, da P.F., quale beneficiario dell'indennizzo di cui  alla
legge 25 febbraio 1992, n. 210  (Indennizzo  a  favore  dei  soggetti
danneggiati  da  complicanze  di  tipo  irreversibile  a   causa   di
vaccinazioni  obbligatorie,   trasfusioni   e   somministrazione   di
emoderivati), e successive modificazioni, avendo contratto, a seguito
di somministrazione di emoderivati, infermita' ascrivibili alla terza
categoria di cui alla tabella A, allegata al decreto  del  Presidente
della  Repubblica  del  30  dicembre   1981,   n.   834   (Definitivo
riordinamento delle pensioni di guerra, in  attuazione  della  delega
prevista dall'art. 1 della legge 23 settembre 1981, n. 533); 
        che,  con  tale  giudizio,  il  ricorrente  ha  chiesto,  nei
confronti del Ministero della salute, l'accertamento  del  diritto  a
percepire  la  rivalutazione  monetaria  sull'indennita'  integrativa
speciale di cui all'art. 2, comma 2, della medesima  legge,  in  base
alla percentuale annua dell'indice Istat; 
        che, come il giudice  a  quo  aggiunge,  nel  costituirsi  in
giudizio,   il   Ministero   della    salute    ha    eccepito:    a)
l'improponibilita' del ricorso per difetto di domanda amministrativa;
b) la prescrizione del diritto fatto valere; c) il proprio difetto di
legittimazione passiva e, nel merito, la infondatezza  della  domanda
in base all'art. 11, comma 13, del d.l. n. 78 del  2010,  convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010; 
        che, in punto di rilevanza della  questione,  in  riferimento
alle  eccezioni   sollevate   dall'amministrazione   resistente,   il
rimettente osserva che:  a)  la  parte  privata  ha  presentato  piu'
domande  amministrative,  indirizzate  al  Ministero  resistente,  le
quali, tra l'altro,  costituiscono  validi  atti  interruttivi  della
prescrizione; b)  e'  condivisibile  l'orientamento  della  Corte  di
cassazione secondo cui, in tema di indennizzo, ai sensi  della  legge
n. 210 del 1992, spetta al Ministero della salute  la  legittimazione
passiva  per  la  generalita'  delle  controversie  amministrative  e
giudiziali (Corte di cassazione, sezione lavoro del 13 ottobre  2009,
n. 21703); 
        che il giudice a quo rileva come la  domanda  del  ricorrente
incontri un insuperabile ostacolo nella norma interpretativa  di  cui
all'art. 11, comma 13, del d.l. n.  78  del  2010,  convertito  dalla
legge n. 122 del 2010, secondo cui «il  comma  2  dell'art.  2  della
legge  25  febbraio  1992,  n.  210  e  successive  modificazioni  si
interpreta  nel  senso  che  la  somma   corrispondente   all'importo
dell'indennita' integrativa speciale non  e'  rivalutata  secondo  il
tasso di inflazione»; 
        che il rimettente, sottolineando la portata interpretativa di
detta norma, pone in  luce  il  contrasto  ermeneutico  esistente  in
merito nella giurisprudenza di legittimita'; 
        che, in particolare, la Corte di cassazione, discostandosi da
un precedente orientamento (Corte di cassazione, sezione  lavoro,  28
luglio 2005, n. 15894; e 27 agosto 2007, n. 18109), ha ritenuto  che,
in materia di  danni  da  vaccinazioni  obbligatorie,  trasfusioni  o
emoderivati, la rivalutazione annuale non si  applica  all'indennita'
integrativa speciale di cui all'art. 2, comma 2, della legge  n.  210
del 1992, sia perche' il legislatore ne ha espressamente stabilito il
riconoscimento per il solo indennizzo autonomamente disciplinato  dal
comma 1, del citato art. 2, sia in  quanto  l'indennita'  integrativa
speciale ha proprio la funzione di attenuare o impedire  gli  effetti
della svalutazione monetaria, per cui sarebbe ragionevole la  mancata
previsione normativa della sua rivalutabilita', anche considerato che
l'art. 32 Cost. garantisce la tutela  della  salute,  ma  non  impone
scelte quantitative al legislatore, salvo il principio della equita',
ossia della ragionevolezza degli  indennizzi  (Corte  di  cassazione,
sezione seconda civile, 19 ottobre 2009, n. 22122 e  sezione  lavoro,
13 ottobre 2009, n. 21703); 
        che, ad avviso del giudice a quo, tale ricostruzione del dato
normativo  non  risulterebbe  convincente,  in  quanto,   sul   piano
letterale, il comma 2, dell'art. 2,  della  legge  n.  210  del  1992
ricostruisce l'indennita' integrativa  speciale  come  «integrazione»
dell'indennizzo, e il legislatore, avendo previsto  la  rivalutazione
dell'indennizzo di cui al comma 1, del medesimo articolo, non avrebbe
affidato esclusivamente ad essa la funzione di attenuare  o  impedire
gli effetti della svalutazione monetaria; 
        che, pertanto, il rimettente ritiene rilevante  la  questione
di  legittimita'  costituzionale,  dovendo  la  domanda  della  parte
privata  trovare   accoglimento   nel   caso   di   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale della norma interpretativa censurata; 
        che, in punto di non  manifesta  infondatezza,  il  Tribunale
sottolinea il fondamento dell'indennizzo, di cui alla  legge  n.  210
del 1992, «sulla solidarieta' collettiva garantita ai cittadini, alla
stregua degli artt. 2 e 38 Cost., a fronte di  eventi  generanti  una
situazione di bisogno» (sentenze n. 342 del 2006, n. 226 del 2000, n.
118 del 1996) e la necessita' della verifica, da  parte  della  Corte
costituzionale, che «le scelte (...) legislative non  comportino  una
lesione del nucleo minimo della garanzia» (sentenze n. 342 del  2006,
n. 226 del 2000 e n. 27 del 1998); 
        che, ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la  norma  denunciata
violerebbe gli artt. 2, 32 e 38 Cost., in quanto la previsione  della
mancata   rivalutazione   della   indennita'   integrativa   speciale
inciderebbe  sulla  misura  globale  dell'indennizzo   che,   essendo
soggetto a rivalutazione soltanto per la componente di cui  al  comma
1, dell'art. 2, della legge n. 210 del 1992, risulterebbe  iniquo  ed
inadeguato, privo di qualunque correlazione  con  il  pregiudizio  da
fronteggiare; 
        che, inoltre, il rimettente ritiene che il  legislatore,  pur
volendo, attraverso la previsione del meccanismo della  rivalutazione
dell'indennizzo, ai sensi dell'art. 2, comma 1, della  legge  n.  210
del 1992, mantenere inalterata la consistenza reale  dell'importo  di
tale beneficio rispetto alla perdita  di  potere  di  acquisto  della
moneta,  avrebbe  irragionevolmente  contraddetto   tale   finalita',
escludendo,  con  la  norma  censurata,  la  rivalutazione   di   una
componente  della  indennita'   stessa   e,   di   fatto,   limitando
l'applicazione del meccanismo della rivalutazione ad una parte minima
dell'importo   dell'indennizzo   -   quello   relativo    all'assegno
reversibile, di cui al citato art.  2,  comma  1  -  diversamente  da
quanto previsto per i soggetti affetti da sindrome da talidomide, per
i quali, ai sensi dell'art. 1, comma 4, del decreto  ministeriale  n.
163 del 2009, l'indennizzo - di cui all'art. 1 della legge 29 ottobre
del 2005, n. 229 (Disposizioni in materia di indennizzo a favore  dei
soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa  di
vaccinazioni obbligatorie) ad essi esteso  dall'art.  2,  comma  363,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  (legge  finanziaria
2008) - e' integralmente rivalutato ex lege; 
        che,  pertanto,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  la  norma
denunciata  violerebbe  anche  l'art.  3  Cost.,  stante  la   palese
contraddizione tra le finalita'  perseguite  dal  legislatore  e  gli
strumenti  adoperati,  con  incidenza  sui  contenuti   dei   vincoli
solidaristici sottesi al riconoscimento dell'indennizzo in questione; 
        che, con atto  depositato  in  data  14  settembre  2011,  il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e  difeso  dalla
Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto in giudizio chiedendo
che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata; 
        che  la  difesa  erariale  eccepisce,  in  primo  luogo,   la
inammissibilita' della questione per  genericita'  della  motivazione
sulla non manifesta infondatezza, con riferimento agli artt. 2  e  38
Cost.; 
        che, nel merito, ad avviso del Presidente del  Consiglio  dei
ministri, la questione sarebbe infondata in  quanto:  a)  mentre  nel
caso di danni  da  vaccino  la  ratio  dell'istituto  dell'indennizzo
risiederebbe nel dovere dello Stato di evitare gli effetti teratogeni
degli interventi terapeutici obbligatori, con conseguente  fondamento
negli  artt.  2  e  32  Cost.,  nel  caso  di  danni  determinati  da
emotrasfusione   la    ratio    dell'istituto    sarebbe    piuttosto
solidaristico-assistenziale, con fondamento negli artt. 2 e 38 Cost.;
b)   il   fatto   che   l'istituto   indennitario    con    finalita'
solidaristico-assistenziale prescinda completamente dalle  condizioni
reddituali dell'avente  diritto,  comporterebbe  che  il  riferimento
all'art. 38  Cost.,  contenuto  nella  giurisprudenza  costituzionale
(sentenze n. 342 del 2006 e n. 118 del 1996),  vada  letto  in  senso
ampio, senza desumerne la necessita' di un adeguamento al costo della
vita di tutte le componenti dell'indennizzo; 
        che, in particolare, ad avviso della difesa erariale,  se  la
Corte  costituzionale  ha  espressamente  escluso  che   la   mancata
previsione  del  diritto  agli   interessi   e   alla   rivalutazione
sull'assegno una tantum di cui all'art. 2, comma 2,  della  legge  n.
210 del 1992, rilevi sotto il profilo  dell'equita'  di  tale  ultimo
beneficio (sentenza n. 27 del 1998), cio' dovrebbe a maggior  ragione
valere anche nel caso della mancata previsione di una sola componente
dell'indennizzo, stante l'identita' di scopo dell'assegno una  tantum
e  dell'indennizzo  stesso,   entrambi   diretti   a   compensare   -
rispettivamente per il passato e per il futuro - il danno alla salute
provocato da trattamenti sanitari leciti; 
        che, quanto alla assunta violazione  dell'art.  3  Cost.,  la
difesa erariale - nel  sottolineare  la  diversita'  ab  origine  del
beneficio indennitario delle  diverse  categorie  di  danneggiati  da
vaccino (che hanno diritto sia all'indennizzo base di cui all'art.  2
della legge n. 210 del 1992, sia a quello ulteriore di cui all'art. 1
della legge n. 229 del 2005), da emotrasfusioni  (che  hanno  diritto
unicamente all'indennizzo base di cui all'art. 2, comma 1 della legge
n. 210 del 1992) e da somministrazione del farmaco "talidomide"  (che
hanno diritto all'indennizzo di cui all'art. 1, della  legge  n.  229
del 2005, interamente rivalutato annualmente in base alla  variazione
degli indici Istat, ai sensi dell'  art.  1,  comma  4,  del  decreto
ministeriale  n.  163  del  2009)  -   rileva   che   la   differente
quantificazione dell'indennizzo per le diverse  categorie  di  aventi
titolo allo stesso beneficio rientrerebbe nella discrezionalita'  del
legislatore, in considerazione della diversa fattispecie genetica del
danno, e che una eventuale rivalutazione della componente commisurata
all'indennita' integrativa  speciale  dell'indennizzo  base,  di  cui
all'art. 2 della legge n. 210 del 1992, non eliminerebbe  la  diversa
entita'  dei  benefici  indennitari,  atteso  che  detta  indennita',
inclusa  nel  calcolo  dell'indennizzo  spettante  ai   vaccinati   e
«talidomidici», subirebbe in tal modo una doppia rivalutazione; 
        che, in data 1° febbraio 2012, il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri ha depositato memoria  illustrativa,  chiedendo  che  la
questione sia  dichiarata  manifestamente  inammissibile,  stante  la
intervenuta  declaratoria  di   illegittimita'   costituzionale   del
denunciato art. 11, comma 13, (nonche' del successivo comma 14),  con
sentenza n. 293 del 2011. 
    Considerato che il Tribunale  ordinario  di  Pistoia  dubita,  in
riferimento agli articoli 2, 3, 32 e  38  della  Costituzione,  della
legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 13, del decreto-legge
31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia  di  stabilizzazione
finanziaria  e  di   competitivita'   economica),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; 
        che,  successivamente  all'ordinanza  di  rimessione,  questa
Corte,  con  la   sentenza   n.   293   del   2011,   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di detto art. 11,  comma  13  (e  del
successivo comma 14); 
        che,  per  effetto  di  tale  sentenza,   la   questione   di
legittimita' costituzionale della  medesima  disposizione,  sollevata
dal Tribunale di Pistoia, e' divenuta priva di oggetto  e,  pertanto,
deve essere dichiarata manifestamente inammissibile; 
        che a tale conclusione si giunge sul rilievo che la questione
in esame riguarda la stessa norma della  quale  e'  stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale con la richiamata sentenza n. 293 del
2011, sicche', in forza dell'efficacia ex tunc di tale pronuncia,  e'
preclusa al giudice a quo  una  nuova  valutazione  della  perdurante
rilevanza della questione  stessa,  unica  valutazione  che  potrebbe
giustificare la restituzione degli atti  al  giudice  rimettente  (da
ultimo, ordinanze n. 85, n. 55, n. 19 e n. 5 del 2011, n.  298  e  n.
222 del 2010, n. 325 del 2009). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.