ha pronunciato la seguente 


				 
                              Ordinanza 

 
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 6, comma 2,
della legge della Regione Umbria 22 luglio 2011, n.  7  (Disposizioni
in materia di espropriazione per  pubblica  utilita'),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 26-30
settembre 2011, depositato in  cancelleria  il  4  ottobre  2011,  ed
iscritto al n. 115 del registro ricorsi 2011. 
    Udito nell'udienza pubblica del 3 aprile 2012 il Giudice relatore
Mario Rosario Morelli; 
    udito  l'avvocato  dello  Stato  Maria  Letizia  Guida   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che, con ricorso notificato  il  26-30  settembre  2011,
depositato in cancelleria  il  4  ottobre  2011,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'articolo 6, comma 2, della  legge  della  Regione
Umbria  22  luglio  2011,  n.   7   (Disposizioni   in   materia   di
espropriazione per pubblica utilita') per  contrasto  con  l'articolo
117, secondo comma, lettera  l),  della  Costituzione,  in  relazione
all'articolo 165, comma 7-bis,  del  decreto  legislativo  12  aprile
2006, n. 163  (Codice  dei  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE), aggiunto dall'articolo 4, comma 2, lettera r), numero 4,
del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70  (Semestre  Europeo  -  Prime
disposizioni urgenti per l'economia), convertito, con  modificazioni,
dalla legge 12 luglio 2011,  n.  106,  nella  parte  in  cui  prevede
incondizionatamente  e  senza  alcuna   eccezione   che   i   vincoli
preordinati all'esproprio abbiano durata di cinque anni; 
        che il ricorrente rileva che il citato art. 165, comma 7-bis,
del d.lgs. n. 163 del 2006 ha stabilito in sette anni la  durata  del
vincolo preordinato all'esproprio nel caso di infrastrutture; 
        che a suo avviso tale norma non sarebbe derogabile  da  parte
del  legislatore  regionale  in  quanto  ricompresa   nella   materia
dell'ordinamento civile, di competenza esclusiva dello Stato ai sensi
della invocata disposizione costituzionale; 
        che, pertanto, il  legislatore  regionale  avrebbe  «ecceduto
dall'ambito delle sue  competenze  perche',  in  conformita'  con  la
normativa statale, avrebbe dovuto prevedere una deroga per i  vincoli
finalizzati  all'espropriazione  per  la   realizzazione   di   opere
strategiche, per le quali avrebbe  dovuto  prevedere  una  durata  di
sette anni»; 
        che nel giudizio innanzi alla Corte la Regione Umbria non  si
e' costituita. 
    Considerato che e' principio consolidato nella giurisprudenza  di
questa Corte  che  il  ricorso  in  via  principale  non  solo  «deve
identificare esattamente la questione nei  suoi  termini  normativi»,
indicando «le norme costituzionali e ordinarie,  la  definizione  del
cui  rapporto  di  compatibilita'  o   incompatibilita'   costituisce
l'oggetto  della  questione  di  costituzionalita'»   (ex   plurimis,
sentenze n. 40 del 2007, n. 139 del 2006, n. 450 e n. 360  del  2005,
n. 213 del 2003, n. 384 del 1999), ma deve, altresi', «contenere  una
seppur sintetica argomentazione di merito a sostegno della  richiesta
declaratoria di incostituzionalita' della legge»  (si  vedano,  oltre
alle pronunce gia' citate, anche le sentenze n. 261 del 1995 e n.  85
del 1990), ponendosi  la  esigenza  di  una  adeguata  motivazione  a
supporto della impugnativa «in termini  perfino  piu'  pregnanti  nei
giudizi diretti che in quelli incidentali» (sentenze n. 139 del  2006
e n. 450 del 2005, cit.); 
        che  il  ricorso  introduttivo  del  presente  giudizio,  pur
identificando i parametri costituzionali e la disposizione  regionale
in questione, risulta generico nella motivazione delle ragioni  della
proposizione  della  questione,  limitandosi  a  denunciare  in  modo
assertivo la lesione della  competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato  in  materia  di  ordinamento  civile,  in  assenza  di  alcuna
specificazione  delle  censure  e,  segnatamente,  tralasciando  ogni
considerazione sul complessivo quadro normativo di riferimento in cui
si inscrive la disposizione censurata; 
        che, alla luce  delle  evidenziate  carenze  strutturali  del
ricorso, la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile.