ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 2,
ultimo periodo, della legge della Regione Abruzzo 7 novembre 1973, n.
41 (Nuove norme sulla previdenza e sul fondo di solidarieta' a favore
dei consiglieri della Regione Abruzzo), come integrato  dall'art.  13
della legge della Regione Abruzzo 18  agosto  2004,  n.  32,  recante
«Modifiche ed integrazioni alla legge  regionale  n.  15/2004  (Legge
finanziaria  regionale  2004)  e  alla  legge  regionale  n.  16/2004
(Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2004  -  Bilancio
pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo)», e dell'art. 13,  comma
2, della stessa legge della Regione Abruzzo n. 32 del 2004,  promosso
dal   Tribunale   amministrativo   regionale   per   l'Abruzzo,   nel
procedimento vertente tra Pelusi Silvana, la Regione  Abruzzo  ed  il
Dirigente del Servizio Beni e Risorse della  Regione,  con  ordinanza
del 26 ottobre 2010 iscritta al n. 280 del registro ordinanze 2011  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  3,  prima
serie speciale, dell'anno 2012. 
    Udito nella camera di consiglio del  9  maggio  2012  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.  -  Con  ordinanza  del  26   ottobre   2010,   il   Tribunale
amministrativo regionale per  l'Abruzzo  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale sia dell'art.  9,  ultimo  comma  [recte:
comma 2,  ultimo  periodo],  della  legge  della  Regione  Abruzzo  7
novembre 1973, n. 41 (Nuove norme sulla previdenza  e  sul  fondo  di
solidarieta' a favore dei consiglieri della  Regione  Abruzzo),  come
integrato dall'art. 13 della legge della Regione  Abruzzo  18  agosto
2004, n. 32, recante «Modifiche ed integrazioni alla L.R. n.  15/2004
(Legge finanziaria regionale 2004) e alla L.R. n.  16/2004  (Bilancio
di previsione per l'esercizio finanziario 2004 - Bilancio pluriennale
2004-2006 della Regione Abruzzo)», sia del comma 2 del medesimo  art.
13. 
    Davanti al TAR era stato impugnato il provvedimento  con  cui  la
Regione  Abruzzo  aveva  respinto  la  richiesta  di  un  consigliere
regionale  volta  a  consentirgli  di   versare   volontariamente   i
contributi   corrispondenti   alle   mensilita'   mancanti   per   il
completamento  di  una  legislatura  ulteriore  rispetto  a   quella,
successiva, per la quale, viceversa, aveva completato il mandato e la
relativa contribuzione. 
    1.1. - L'art. 9, comma 2, ultimo periodo, della  legge  regionale
n. 41 del 1973, come modificata dalla legge regionale n. 32 del 2004,
e' stato censurato per violazione dell'art.  3,  primo  comma,  della
Costituzione  sul  presupposto  che  esso   riconosca   la   facolta'
d'integrazione contributiva solamente al  consigliere  regionale  che
non abbia completato la seconda legislatura in cui e' stato eletto  e
non a quello che, come nella fattispecie  all'esame  del  rimettente,
intenda  integrare  la  contribuzione  relativa  alla   prima   delle
legislature  susseguitesi.  In  tal  modo  la   norma   realizzerebbe
un'irragionevole disparita' di trattamento tra  il  caso  in  cui  la
contribuzione volontaria afferisca alla seconda legislatura e  quello
in cui essa debba riferirsi alla  prima,  situazioni  sostanzialmente
identiche ove la ratio della  norma  sia  consentire  al  consigliere
regionale  di  raggiungere  un  periodo  contributivo  pari   a   due
legislature e  beneficiare,  cosi',  di  un  assegno  vitalizio  piu'
pingue. 
    L'art. 13, comma 2, della legge regionale n. 32 del 2004 e' stato
censurato  per  violazione  dei  principi  di  ragionevolezza  e  non
discriminazione di cui all'art. 3, primo comma, Cost., in quanto,  ad
avviso del rimettente, il termine di trenta  giorni  dall'entrata  in
vigore della legge, assegnato dalla norma  ai  consiglieri  regionali
eletti nelle legislature  precedenti  alla  settima  (come  la  parte
ricorrente)  per  l'esercizio   della   facolta'   di   contribuzione
volontaria, sarebbe eccessivamente  breve,  non  consentendo,  da  un
lato,  che  la  disposizione  sia  effettivamente  conosciuta   dagli
interessati prima  della  scadenza  del  termine  e,  dall'altro,  un
adeguato e ragionevole lasso temporale per  valutare  la  convenienza
economica del riscatto. 
    1.2.  -  La  rilevanza  e'  stata  motivata,  quanto  alla  prima
questione, in ragione del  fatto  che  il  versamento  richiesto  era
relativo al completamento del primo mandato  legislativo  e  non  del
secondo; quanto  all'altra,  evidenziando  che  l'istanza  era  stata
avanzata oltre il menzionato termine, dal giudice a  quo  considerato
decadenziale. 
    2. - Prima del deposito dell'ordinanza di  rimessione  l'art.  45
della legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n. 40 (Testo  unico
delle  norme  sul  trattamento  economico  spettante  ai  Consiglieri
regionali  e  sulle  spese  generali  di  funzionamento  dei   gruppi
consiliari),  ha  abrogato  le   norme   censurate,   contestualmente
novellando  la  disciplina  dell'assegno  vitalizio  dei  consiglieri
regionali  (artt.  20  e  seguenti)  e  regolando  specificamente  la
contribuzione volontaria all'art. 21. 
    Dopo il  deposito  dell'ordinanza  di  rimessione  -  ritualmente
notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.
3, prima serie speciale, del 18 gennaio  2012  -  dette  disposizioni
sono state a loro  volta  abrogate  dall'art.  1  della  legge  della
Regione Abruzzo 21 ottobre 2011, n. 36 (Modifiche alla L.R. 10 agosto
2010, n. 40 - Testo unico delle norme  sul  trattamento  economico  e
previdenziale  spettante  ai  Consiglieri  regionali  e  sulle  spese
generali  di  funzionamento  dei  gruppi   consiliari.   Soppressione
dell'istituto dell'assegno vitalizio), che ha completamente eliminato
l'istituto in considerazione. 
    3. - Non si  sono  costituiti  ne'  il  Presidente  della  Giunta
regionale dell'Abruzzo ne' le parti del giudizio a quo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale amministrativo  regionale  per  l'Abruzzo,  con
ordinanza  del  26  ottobre  2010,  ha  sollevato,   in   riferimento
all'articolo  3,  primo  comma,  della  Costituzione,  questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 9,  comma  2,  ultimo  periodo,
della legge della Regione Abruzzo 7 novembre 1973, n. 41 (Nuove norme
sulla previdenza e sul fondo di solidarieta' a favore dei consiglieri
della Regione Abruzzo), come integrato dall'art. 13 della legge della
Regione  Abruzzo  18  agosto  2004,  n.  32,  recante  «Modifiche  ed
integrazioni alla L.R. n. 15/2004 (Legge finanziaria regionale  2004)
e alla L.R.  n.  16/2004  (Bilancio  di  previsione  per  l'esercizio
finanziario 2004  -  Bilancio  pluriennale  2004-2006  della  Regione
Abruzzo)», e del comma 2 del medesimo art. 13. 
    La  prima  norma  viene  impugnata  «in  quanto  non  prevede  la
possibilita'  di  effettuare  il  versamento  volontario   in   unica
soluzione delle somme corrispondenti alle mensilita' mancanti per  il
completamento  del  primo  periodo  di  legislatura»  da  parte   dei
consiglieri  regionali  interessati;  la  seconda   «in   quanto   ha
introdotto un termine  eccessivamente  breve  per  l'esercizio  della
facolta' di versamento contributivo  volontario  per  le  legislature
precedenti alla settima». 
    La rilevanza e' motivata, quanto alla prima questione, in  ordine
all'irragionevolezza che il beneficio del versamento  volontario  sia
previsto solo in  relazione  al  completamento  del  secondo  mandato
legislativo, escludendosi l'equivalente  ipotesi  per  il  primo:  le
situazioni comparate  sarebbero  sostanzialmente  identiche,  ove  la
ratio legis sia quella di consentire  l'integrazione  del  versamento
per permettere al consigliere di raggiungere un periodo  contributivo
pari a due legislature (dieci anni). 
    Con riguardo all'altra questione, il giudice  rimettente  precisa
che l'istanza del ricorrente  e'  stata  avanzata  oltre  il  termine
decadenziale di trenta giorni  dall'entrata  in  vigore  della  legge
impugnata, previsto per l'esercizio del diritto potestativo avente ad
oggetto il beneficio previdenziale. Il termine sarebbe eccessivamente
breve, non consentendo, da un lato, la conoscenza  degli  interessati
prima della sua scadenza e, dall'altro,  un  adeguato  e  ragionevole
spatium deliberandi al fine di operare le valutazioni economiche  dei
costi e dei benefici del riscatto a monte della scelta. In  tal  modo
risulterebbero  violati  i   principi   di   ragionevolezza   e   non
discriminazione di cui all'art. 3, primo comma, Cost. 
    Entrambe le norme impugnate sono state  abrogate,  ma  il  regime
transitorio ed abrogativo delineato da quelle sopravvenute non incide
sulla situazione giuridica del soggetto ricorrente, in quanto vengono
espressamente fatti salvi i diritti quesiti - art. 43, comma 3, della
legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n. 40 (Testo unico  delle
norme sul trattamento economico spettante ai Consiglieri regionali  e
sulle spese generali di funzionamento  dei  gruppi  consiliari)  -  e
viene  disposto  che  la  nuova   disciplina   relativa   all'assegno
vitalizio, anch'essa successivamente abrogata  -  art.  1,  comma  1,
della legge della Regione Abruzzo 21 ottobre 2011, n.  36  (Modifiche
alla L.R. 10 agosto 2010,  n.  40  -  Testo  unico  delle  norme  sul
trattamento economico spettante  ai  Consiglieri  regionali  e  sulle
spese generali di funzionamento dei gruppi  consiliari.  Soppressione
dell'istituto dell'assegno  vitalizio)  -  operi  a  decorrere  dalla
legislatura successiva a quella interessata dal ricorso. 
    Essendo  incontrovertibile  che  alla  fattispecie  oggetto   del
giudizio a  quo  si  applicano  le  norme  antecedenti  alle  novelle
legislative intervenute sia prima che dopo il deposito dell'ordinanza
di rimessione, non si pone un profilo di  inammissibilita'  ne'  deve
farsi luogo alla restituzione degli atti al  giudice  remittente  per
ius superveniens. 
    2. - Occorre preliminarmente esaminare due aspetti attinenti alle
prospettazioni del giudice rimettente circa la relazione tra le norme
denunciate e la fattispecie  concreta  del  giudizio  a  quo  ed,  in
particolare,   inerenti   all'influenza   che    il    giudizio    di
costituzionalita'  proposto  puo'  esercitare  su  quello  dal  quale
proviene la questione. Il primo riguarda  il  percorso  argomentativo
seguito per illustrare la rilevanza  della  disciplina  impugnata  ai
fini della definizione del giudizio principale; il secondo pertiene a
quello  svolto  circa  la  ragionevolezza  del  termine  fissato  dal
legislatore regionale per l'attivazione, da  parte  del  consigliere,
del beneficio previdenziale. 
    Le due questioni sono legate da un rapporto  di  pregiudizialita'
necessaria, nel senso che quella inerente al termine  e'  antecedente
nell'ordine logico all'altra, in quanto  influisce  in  modo  diretto
sulla sua prospettazione  e  ne  determina  -  se  risolta  in  senso
negativo - l'irrilevanza. Ove fosse ritenuta l'inammissibilita' delle
censure proposte avverso il termine fissato dall'art.  13,  comma  2,
della legge della Regione Abruzzo  n.  32  del  2004,  l'altra  norma
impugnata non sarebbe infatti applicabile -  e  conseguentemente  non
sarebbe rilevante - nel giudizio a quo, dal momento  che  la  domanda
dell'attore e' pervenuta ben oltre la scadenza del termine perentorio
della cui legittimita' dubita il giudice rimettente. 
    Appare quindi necessario esaminare dapprima la questione relativa
all'art. 13, comma 2, della legge regionale n.  32  del  2004,  ossia
alla legittimita' del termine fissato dal legislatore per l'esercizio
della  facolta'  di   avvalersi   del   beneficio   dell'integrazione
contributiva volontaria. 
    Nell'ordinanza  di  rimessione  si  afferma  che  il  dubbio   di
costituzionalita' riguarda l'eccessiva brevita' di detto termine,  il
quale  non  consentirebbe  un  sufficiente  spatium  deliberandi  per
l'esercizio  del  diritto  potestativo  da  parte   del   consigliere
regionale. 
    3. - Cosi' formulata, la questione e' inammissibile. 
    La locuzione «in quanto ha introdotto un  termine  eccessivamente
breve», con la quale viene censurata nell'ordinanza del giudice a quo
la norma in  esame,  non  e'  sufficiente  a  chiarire  il  risultato
effettivamente sollecitato. 
    In particolare, non viene precisato  se  la  rimessione  miri  ad
ottenere  la  semplice  abolizione  del  termine   oppure   una   sua
sostituzione, al fine di ricostruire  la  norma  impugnata  in  senso
conforme a Costituzione. Il petitum risulta privo di  specificita'  e
determinatezza,  non  individuando   il   contenuto   dell'intervento
richiesto alla Corte (ordinanze n. 335 e n. 260 del 2011, n.  89  del
2010, n. 287 e n. 286 del 2009 e sentenza n. 266 del 2009). 
    Sia l'una che l'altra alternativa ipotizzabili sulla  base  della
lacunosa prospettazione  non  sono,  peraltro,  munite  di  argomenti
idonei a supportarle. 
    Infatti, ove la richiesta fosse di mera  abolizione  del  termine
decadenziale, il costante orientamento di questa Corte e'  nel  senso
che puo' ammettersi l'esame della questione sotto  il  profilo  della
ragionevolezza solo nel caso  in  cui  vengano  addotte  puntuali  ed
univoche argomentazioni circa il pregiudizio relativo alla tutela del
diritto cui esso si riferisce (sentenze n. 234 del 2008, n.  197  del
1987, n. 203 del 1985 e n. 10 del 1970). A tal fine si deve  altresi'
tener conto dell'eventuale protezione  da  parte  dell'ordinamento  -
attraverso la prescrizione di un termine - delle ragioni di  certezza
della situazione finanziaria dell'ente erogatore (sentenze n. 192 del
2005 e n. 345 del 1999). 
    Ove fosse invece invocata una richiesta modificativa, il  giudice
a quo  avrebbe  dovuto  precisare  in  quale  senso  la  sostituzione
dovrebbe essere apportata ed indicare un tertium comparationis  utile
a definire la soluzione costituzionalmente  dovuta  del  problema  di
legittimita'. 
    La generica formulazione dell'ordinanza, quand'anche interpretata
nel senso di richiesta modificativa del termine previsto dalla  norma
impugnata,  comporterebbe  una  invasione  della  sfera  propria  del
legislatore. 
    In conclusione,  la  questione  relativa  alla  legittimita'  del
termine statuito dall'art. 13, comma 2, della legge regionale  n.  32
del 2004 va  dichiarata  inammissibile  per  le  ragioni  indicate  e
determina identica pronuncia, in ragione del sussistente rapporto  di
pregiudizialita', per quella afferente all'art. 9,  comma  2,  ultimo
periodo, della legge della Regione  Abruzzo  n.  41  del  1973,  come
integrato dall'art. 13 della legge della Regione Abruzzo  n.  32  del
2004.