ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 1 della legge 28 marzo 1968, n. 416 (Indennita' di rischio da radiazione per i tecnici di radiologia medica); dell'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 27 ottobre 1988, n. 460 (Modifiche ed integrazioni alla legge 28 marzo 1968, n. 416, concernente l'istituzione delle indennita' di rischio da radiazioni per i tecnici di radiologia medica); dell'articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) e dell'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali), promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra G.F. e l'Universita' degli studi di Pisa con ordinanza dell'8 luglio 2011, iscritta al n. 277 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell'anno 2012. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 9 maggio 2012 il Giudice relatore Paolo Grossi. Ritenuto che, con ordinanza depositata l'8 luglio 2011, il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 32 e 36 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 28 marzo 1968, n. 416 (Indennita' di rischio da radiazione per i tecnici di radiologia medica); dell'art. 1, commi 2 e 3, della legge 27 ottobre 1988, n. 460 (Modifiche ed integrazioni alla legge 28 marzo 1968, n. 416, concernente l'istituzione delle indennita' di rischio da radiazioni per i tecnici di radiologia medica); dell'art. 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) e dell'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali), «nella parte in cui non prevedono la corresponsione della indennita' professionale ragguagliata all'esposizione alle radiazioni ionizzanti ai sanitari universitari che operano in strutture universitarie non convenzionate con il servizio sanitario nazionale»; che il giudice a quo premette che un professore, gia' associato presso la facolta' di medicina veterinaria dell'Universita' di Pisa, si e' visto respingere la richiesta di corresponsione dell'indennita' di rischio per esposizione a radiazioni ionizzanti in dipendenza della sua attivita', in quanto l'indennita' in questione sarebbe prevista, a norma dell'art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, soltanto per il personale universitario che opera nelle cliniche e negli istituti universitari convenzionati con il servizio sanitario nazionale; che, reputando fondata la decisione del giudice di primo grado - posto che l'istituto presso il quale il ricorrente lavorava non risulta fosse convenzionato con il servizio sanitario nazionale e che il suo rapporto di lavoro non era disciplinato da accordi contrattuali ai sensi della legge 29 marzo 1983, n. 93 (Legge quadro sul pubblico impiego) -, il giudice rimettente, conformemente alle doglianze espresse sul punto dall'appellante, considera, tuttavia, di dubbia compatibilita' costituzionale il quadro normativo di riferimento, nella parte in cui verrebbe a tracciare un trattamento discriminatorio tra personale universitario, parimenti esposto al rischio derivante da radiazioni ionizzanti; che in entrambe le situazioni prese in considerazione (docente che operi in una struttura convenzionata o meno) si avrebbe, infatti, il caso di una persona esposta, in ragione dell'attivita' di istituto, alle radiazioni ed ai connessi rischi, con la conseguenza che, se «simile e' la possibilita' che ne subisca conseguenze dannose per la salute, simile e' dunque la pretesa ad essere, per monetizzazione, indennizzato»; che, d'altra parte, la circostanza, del tutto casuale, del convenzionamento della struttura con il servizio sanitario nazionale, parrebbe anche aleatoria e indipendente dalla fattispecie sostanziale, dal momento che essa non avrebbe nulla a che vedere con la quantita' di esposizione al rischio ed integrerebbe un fattore esterno al rapporto di lavoro, totalmente sottratto alla disponibilita' dell'interessato; che la stessa giurisprudenza costituzionale avrebbe avuto modo di sottolineare come sia necessario che «venga valorizzato, anche al di la' della qualifica rivestita, il dato della effettiva esposizione al rischio, connesso all'esercizio non occasionale ne' temporaneo di determinate mansioni» (sentenza n. 343 del 1992); che, pertanto, il richiamato art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 - nel prevedere, per il «personale universitario che presta servizio presso i policlinici, le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le regioni e con le unita' sanitarie locali», un trattamento economico perequativo rispetto a quello del personale delle unita' sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianita', anche per quanto riguarda le indennita' previste dall'accordo unico nazionale, con limitazione al solo personale universitario convenzionato dell'applicabilita' dell'art. 20 del d.P.R. 3 agosto 1990, n. 319 (Regolamento per il recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 21 febbraio 1990 concernente il personale del comparto delle universita', di cui all'art. 9 d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68), che prevede la corresponsione della indennita' di rischio da radiazioni -, risulterebbe in contrasto con il principio di uguaglianza e con l'art. 32 Cost. sulla tutela della salute, nonche', unitamente all'art. 33 Cost., anche con l'art. 36, «che in combinato con l'art. 3 e' a base del principio generale detto della "perequazione retributiva" a parita' di condizioni lavorative di base»; che, nella sequenza degli interventi normativi nel settore di riferimento, l'indennita' in questione risulterebbe destinata - come affermato da questa Corte nella richiamata sentenza n. 343 del 1992 - a compensare, dal punto di vista pecuniario, il pericolo per la salute generato da siffatto, particolare rischio professionale; che le limitazioni censurate non sarebbero, dunque, giustificate e, con esse, la «non generale applicabilita' a tutti i sanitari universitari, contrattualizzati o meno, convenzionati o meno, in assenza di un carattere distintivo che abbia attinenza alla ragione del beneficio»; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo dichiararsi inammissibile o infondata la proposta questione; che il giudice rimettente non avrebbe, anzitutto, chiarito la natura, il grado e l'entita' dell'esposizione al rischio di radiazioni ionizzanti cui il ricorrente sarebbe stato sottoposto, nonche' la durata e la non occasionalita' della stessa, circostanze, queste, essenziali per poter dedurre l'identita' del rischio radiologico sopportato dal ricorrente rispetto ai docenti che prestano servizio presso una universita' convenzionata e quindi per rilevare la eventuale disparita' di trattamento; che, nel merito, la questione sarebbe comunque infondata, spettando alla discrezionalita' del legislatore stabilire l'ambito della normativa di settore, nella specie circoscritta al personale sanitario ed equiparato che, come il personale universitario, svolgano attivita' medica presso un ente sanitario; che la stessa richiamata sentenza di questa Corte, nel dare rilievo al dato oggettivo della esposizione a rischio radiologico, avrebbe tuttavia lasciato fermo il presupposto della appartenenza dell'operatore sanitario al SSN, in linea, d'altra parte, con la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato; che per i pubblici impiegati non appartenenti al SSN sarebbero, infatti, previste altre forme di indennita' per il rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti; che, in definitiva, mentre la protezione sanitaria e le misure di sicurezza del lavoro devono essere assicurate in egual misura a tutti coloro che, a qualsiasi titolo, siano esposti al pericolo delle radiazioni, la scelta di una monetizzazione del rischio rientra, invece, nel quadro delle opzioni di politica legislativa, discrezionali e, nella specie, non irragionevolmente esercitate. Considerato che il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 32 e 36 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 28 marzo 1968, n. 416 (Indennita' di rischio da radiazione per i tecnici di radiologia medica); dell'art. 1, commi 2 e 3, della legge 27 ottobre 1988, n. 460 (Modifiche ed integrazioni alla legge 28 marzo 1968, n. 416, concernente l'istituzione delle indennita' di rischio di radiazioni per i tecnici di radiologia medica); dell'art. 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) e dell'art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unita' sanitarie locali), nella parte in cui non prevedono la corresponsione dell'indennita' professionale ragguagliata alla esposizione alle radiazioni ionizzanti ai sanitari veterinari che operano in strutture universitarie non convenzionate con il servizio sanitario nazionale; che, al riguardo, questa Corte - chiamata a pronunciarsi su una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 2 e 3, della citata legge n. 460 del 1988, sollevata nella parte in cui tali disposizioni attribuirebbero l'indennita' di rischio da radiazioni nella misura piu' elevata unicamente al personale medico e tecnico di radiologia, con esclusione di ogni altra categoria - ha sottolineato come la disciplina in questione si giustifichi alla luce di una presunzione normativa di esposizione al rischio da radiazioni ionizzanti in ragione delle mansioni naturalmente connesse alla qualifica rivestita; senza che cio' escluda la presenza, fra il personale esposto al rischio "in modo discontinuo, temporaneo o a rotazione", di posizioni lavorative individuali assimilabili a quelle proprie dei medici e tecnici di radiologia in quanto esposte al rischio radiologico in misura continua e permanente e «destinate pertanto a godere - previo accertamento da parte della commissione di cui all'art. 58 del d.P.R. n. 270 del 1987 - dell'indennita' di rischio nella misura piu' elevata» (sentenza n. 343 del 1992); che, ad avvalorare la necessita' di una stretta correlazione tra riconoscimento della indennita' e concreto espletamento di mansioni che inducano alla esposizione effettiva al rischio da radiazioni, si e' espressa anche la giurisprudenza di legittimita', la quale ha avuto modo di sottolineare che l'indennita' di rischio da radiazioni, in quanto tipica indennita' ambientale, e cioe' connessa a specifiche situazioni dell'ambiente di lavoro, e' «dovuta solo in connessione ai particolari rischi che la stessa e' diretta a prevenire, mentre non ha ragion d'essere allorche' tali condizioni vengano meno per apprezzabili periodi di tempo, in conseguenza del mancato svolgimento dell'attivita' lavorativa nelle condizioni di rischio qualificato previste dalla legge e dalla contrattazione collettiva» (Cassazione, sezione lavoro, 24 febbraio 2011, n. 4525); che, pertanto, anche alla luce delle richiamate pronunce, assume aspetto dirimente, agli effetti sia dell'an sia del quantum, la precisa individuazione della posizione lavorativa del dipendente, vuoi sul versante delle mansioni o attribuzioni effettivamente svolte e della sussistenza, in concreto, del requisito dell'esposizione a rischio, vuoi sotto il profilo della natura e intensita' del rischio medesimo, essendo diverso il regime applicabile a seconda che si tratti di una esposizione costante ovvero che si realizzi "in modo discontinuo, temporaneo o a rotazione"; che, peraltro, sui punti innanzi indicati, l'ordinanza di rimessione ha omesso qualsiasi precisazione, pur indispensabile ai fini dello scrutinio sulla rilevanza della questione, essendosi limitata a segnalare che il giudizio di impugnazione era stato proposto da persona che ricopriva la funzione di professore associato presso la facolta' di medicina veterinaria dell'Universita' di Pisa, istituto di patologia speciale e clinica chirurgica, e che a fondamento del ricorso il medesimo aveva assunto di essere stato «quotidianamente esposto alle radiazioni ionizzanti prodotte dalle apparecchiature radiografiche e radioscopiche»; che l'omessa descrizione della fattispecie preclude la disamina nel merito del quesito di legittimita' costituzionale, anche in considerazione della mancata indicazione dell'epoca in cui il ricorrente sarebbe stato esposto al rischio di radiazioni ionizzanti - dalla ordinanza di rimessione si deduce soltanto che la richiesta di corresponsione della indennita' era stata formulata nel lontano 1993 - ai fini della individuazione della disciplina applicabile; che, anzi - e proprio a quest'ultimo riguardo - il giudice rimettente coinvolge nel dubbio di legittimita' costituzionale una nutrita gamma di previsioni normative, via via succedutesi nel tempo, senza puntualizzare alcunche' in ordine alla relativa specifica pertinenza alla vicenda oggetto del giudizio a quo; che, in particolare, l'ordinanza non chiarisce le ragioni per le quali viene censurata la legge-base n. 416 del 1968, concernente i soli tecnici di radiologia medica, nonche' la disciplina dettata per il personale del servizio sanitario nazionale dalla legge n. 460 del 1988, posto che la censura di illegittimita' - per omissione - riguarda il trattamento riservato al personale docente e non quello di altri settori, in se', come e' evidente, del tutto legittimo; che, inoltre, il provvedimento di rimessione omette di fornire qualsiasi delucidazione circa le ragioni per le quali viene investito dal dubbio di costituzionalita' anche l'art. 8 della legge n. 537 del 1993, considerato che il comma 6 di tale articolo ha soppresso, a far data dal 1° gennaio 1995, l'indennita' di rischio radiologico, riconducendo la stessa indennita' nell'ambito delle indennita' professionali previste in sede di accordo di lavoro e correlate a specifiche funzioni; che neppure perspicua si rivela l'insistita evocazione, fra le norme impugnate, dell'art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, posto che tale disposizione si limita a sancire la corresponsione di una indennita' perequativa al personale universitario "convenzionato" rispetto al trattamento economico complessivo riconosciuto al personale delle unita' sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianita', senza alcuno specifico richiamo delle "voci" (e, dunque, delle particolari "indennita'") che compongono il trattamento complessivo da perequare; che, pertanto, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.