ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 335 del
codice penale, promosso dal  Tribunale  di  Napoli  nel  procedimento
penale a carico di E.E. ed altro,  con  ordinanza  depositata  il  24
novembre 2011, iscritta al  n.  25  del  registro  ordinanze  2012  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  9,  prima
serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  6  giugno  2012  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
    Ritenuto che il Tribunale di Napoli in composizione  monocratica,
con ordinanza depositata il 24 novembre 2011 (r.o. n. 25  del  2012),
ha sollevato,  in  riferimento  all'articolo  3  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 335 del codice
penale «limitatamente ai casi in cui punisce  penalmente  la  colposa
agevolazione della sottrazione da parte di un custode che, se  avesse
compiuto dolosamente e  direttamente  la  medesima  sottrazione,  non
sarebbe andato  incontro  ad  alcuna  sanzione  penale  per  avvenuta
depenalizzazione della relativa condotta»; 
    che il rimettente premette di  procedere  nei  confronti  di  due
imputati ai quali, in seguito alla modifica dell'imputazione avvenuta
nell'udienza del 5 aprile  2011,  era  stato  contestato  il  delitto
previsto  dall'art.  335  cod.  pen.,  perche',  per  colpa,  avevano
agevolato la sottrazione di un ciclomotore del quale uno di essi  era
stato nominato custode dopo un sequestro amministrativo; 
    che il giudice a quo richiama la  sentenza  delle  sezioni  unite
della Corte di cassazione n. 1963/11 del 28 ottobre 2010, secondo  la
quale  la  condotta  di  chi  circola  abusivamente  con  un  veicolo
sottoposto  a  sequestro  amministrativo  integra  il  solo  illecito
amministrativo di cui all'art. 213 del codice della  strada  (decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285) e  non  gia'  il  reato  previsto
dall'art. 334 cod. pen., dato il carattere di  specialita'  rivestito
dalla prima norma rispetto alla seconda, ai sensi dell'art.  9  della
legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modiche al sistema penale); 
    che, secondo il rimettente, mentre «la condotta  di  circolazione
di un veicolo sottoposto a sequestro  amministrativo  e'  ormai  mero
illecito amministrativo ex art. 213 cit. sia che venga  commessa  dal
custode o custode-proprietario, sia (e a maggior ragione)  che  venga
commessa da un soggetto privo di tale qualifica», non potrebbe invece
ritenersi depenalizzata la condotta riconducibile all'art.  335  cod.
pen. quando l'agevolazione  colposa  riguardi  un  veicolo  messo  in
circolazione nonostante il sequestro amministrativo in corso; 
    che, infatti, «l'esclusione della norma penale ex art.  334  c.p.
con riguardo alla circolazione di un veicolo sequestrato deriva  solo
ed esclusivamente dal concorso prevalente di una norma speciale  che,
sanzionando    amministrativamente    l'identica    condotta    della
"circolazione-sottrazione", sterilizza l'efficacia applicativa  della
norma  incriminatrice»,  laddove  identica  norma  non   esiste   per
l'ipotesi di agevolazione colposa della sottrazione; 
    che, osserva ancora il giudice a quo, gli artt. 334  e  335  cod.
pen. «viaggiano su due binari (talvolta) distinti. E se spesso l'art.
335 c.p. finisce per punire il concorso colposo (del custode)  in  un
fatto doloso (del proprietario), suscettibile quest'ultimo di  essere
ricondotto all'art. 334 c.p., nulla toglie che l'incriminazione possa
prescindere da una specifica rilevanza penale  del  fatto  agevolato,
per incentrare il disvalore sanzionato sulla  sola  omessa  diligenza
imputabile al custode»; 
    che la questione non  sarebbe  manifestamente  infondata  perche'
l'assetto normativo venutosi a creare dopo la citata pronuncia  delle
sezioni unite della Corte di cassazione risulterebbe in contrasto con
l'art. 3 Cost., in quanto, in  applicazione  del  combinato  disposto
degli artt. 334 cod. pen. e 213 del d.lgs. n. 285 del 1992  (indicato
dal rimettente quale tertium comparationis), il custode  che  circoli
con un veicolo  sottoposto  a  sequestro  amministrativo  o  concorra
dolosamente nella circolazione operata da altri (mediante affidamento
volontario e consapevole del veicolo stesso) e'  soggetto  alla  sola
sanzione amministrativa, laddove «il custode che per mera  negligenza
consenta ad  altri  di  circolare  con  un  veicolo  sotto  sequestro
realizza (ancora oggi) il piu' grave illecito penale di cui  all'art.
335 c.p., essendo esposto addirittura alla pena detentiva, per quanto
in alternativa alla pecuniaria»; 
    che, secondo il giudice a quo, il  diverso  trattamento  punitivo
«non appare  sorretto  da  valori  rispondenti  ad  un  principio  di
ragionevolezza legislativa, essendo immanente nel nostro  sistema  il
criterio generale per cui la condotta colposa  esprime  un  disvalore
nettamente  meno  grave  della   condotta   dolosa»   e   alla   luce
dell'orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui  la
discrezionalita' del legislatore puo' formare oggetto  del  sindacato
di  legittimita'  costituzionale  qualora  si   traduca   in   scelte
manifestamente irragionevoli o arbitrarie; 
    che,  inoltre,  la  diversita'   di   trattamento   non   sarebbe
ragionevole anche per l'identita' del bene giuridico  tutelato  dalle
due fattispecie previste dagli artt. 334 e 335 cod. pen.; 
    che  tali  argomentazioni  sarebbero   ulteriormente   rafforzate
dall'intervenuta   depenalizzazione   della   fattispecie    prevista
dall'art. 350 cod. pen.; 
    che il giudice rimettente infine riferisce di non essere in grado
di individuare «una strada ermeneuticamente sostenibile» che consenta
di non applicare l'art. 335 cod. pen., dato che questa norma  punisce
l'agevolazione colposa di "qualsiasi sottrazione",  anche  di  quelle
ormai sanzionate solo in via amministrativa; 
    che  e'  intervenuto  nel  giudizio   di   costituzionalita'   il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto  alla  Corte  di
dichiarare  l'infondatezza  della  questione,   osservando   che   le
argomentazioni del  rimettente  «si  fondano  esclusivamente  su  una
interpretazione giurisprudenziale (...) della norma, che  allo  stato
permane vigente ed  anche  suscettibile  in  futuro  di  una  diversa
interpretazione  alla  luce   dei   precedenti   orientamenti   molto
oscillanti e dibattuti»; 
    che,  ad  avviso  dell'Avvocatura   dello   Stato,   compete   al
legislatore nella sua  ampia  discrezionalita'  intervenire  in  modo
razionale ed organico con scelte di depenalizzazione (gia'  compiute,
ad esempio,  con  riferimento  all'art.  350  cod.  pen.),  idonee  a
garantire una ragionevole risposta  sanzionatoria,  coerente  con  il
bene giuridico tutelato. 
    Considerato  che  il  Tribunale  di   Napoli,   in   composizione
monocratica,  ha  sollevato,  in  riferimento  all'articolo  3  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
335  del  codice  penale  «limitatamente  ai  casi  in  cui   punisce
penalmente la colposa agevolazione della sottrazione da parte  di  un
custode  che,  se  avesse  compiuto  dolosamente  e  direttamente  la
medesima sottrazione, non sarebbe andato incontro ad alcuna  sanzione
penale per avvenuta depenalizzazione della relativa condotta»; 
    che la questione e' manifestamente inammissibile; 
    che un'identica questione e' stata  esaminata  da  questa  Corte,
che, con la sentenza n. 58 del  2012  (successiva  all'ordinanza  del
Tribunale di  Napoli),  l'ha  dichiarata  inammissibile  «perche'  il
giudice rimettente non ha preso in considerazione la possibilita'  di
dare alla disposizione censurata un'interpretazione idonea a superare
i  prospettati  dubbi  di  costituzionalita'»,   avendo   omesso   di
«verificare  se  il  custode  che  abbia  colposamente  agevolato  la
circolazione  abusiva  di   un   veicolo   sottoposto   a   sequestro
amministrativo possa rispondere,  ai  sensi  del  combinato  disposto
degli artt. 5 della legge n. 689 del 1981 e 213, comma 4, del  d.lgs.
n. 285 del 1992, di  concorso  colposo  nell'illecito  amministrativo
altrui, invece che dell'autonomo  reato  di  violazione  colposa  dei
doveri  inerenti  alla  custodia  di  cose  sottoposte  a  sequestro,
previsto dall'art. 335 cod. pen.»; 
    che la sentenza n. 58 del  2012  ha  rilevato  che  il  tribunale
rimettente avrebbe dovuto «verificare se il  custode  di  un  veicolo
sottoposto a sequestro amministrativo che, per colpa, ne  agevoli  la
circolazione abusiva da parte di un terzo, possa  essere  chiamato  a
rispondere - ai sensi del combinato  disposto  degli  artt.  5  della
legge n. 689 del 1981 e 213, comma 4, del d.lgs. n. 285 del 1992 -  a
titolo di concorso colposo nell'illecito amministrativo commesso  dal
terzo;  il  che  farebbe  escludere,   nel   caso   di   specie,   la
configurabilita' dell'autonomo reato di violazione colposa dei doveri
inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro di cui all'art.
335 cod. pen. (Corte di cassazione, sezione sesta penale, 17  gennaio
- 16 febbraio 2012,  n.  6221)»  e  che  «con  tale  interpretazione,
rispetto  al  custode  di   un   veicolo   sottoposto   a   sequestro
amministrativo l'assetto normativo venutosi  a  delineare  a  seguito
della sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione  del  28
ottobre  2010,  n.  1963/2011,  si  sottrarrebbe  alla   censura   di
violazione   dell'art.   3   Cost.,   non   risultando   affetto   da
irragionevolezza, e potrebbe invece  essere  ricondotto  ai  principi
generali  in   materia   di   concorso   di   persone   nell'illecito
amministrativo dettati dalla legge n. 689 del 1981»; 
    che analoghi rilievi possono essere formulati anche in  relazione
alla questione sollevata dall'attuale rimettente,  il  quale  non  ha
preso in considerazione la possibilita'  di  dare  alla  disposizione
censurata un'interpretazione, indicata nella ricordata sentenza n. 58
del 2012 di questa Corte, idonea a superare i dubbi prospettati. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.