ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito dell'articolo 6, comma 2, del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 9 luglio 2010, n. 139  (Regolamento  recante  procedimento
semplificato di autorizzazione paesaggistica per  gli  interventi  di
lieve entita', a  norma  dell'articolo  146,  comma  9,  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42,  e  successive  modificazioni),
promosso dalla Provincia autonoma di Trento con ricorso notificato il
25 ottobre 2010, depositato in cancelleria  il  27  ottobre  2010  ed
iscritto al n. 9 del registro conflitti tra enti 2010. 
    Visto l'atto di costituzione  di  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  18  ottobre  2011  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    uditi l'avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento  e  l'avvocato  dello  Stato  Alessandro  De  Stefano  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 25 ottobre 2010 e depositato  nella
cancelleria della  Corte  il  successivo  27  ottobre,  la  Provincia
autonoma di Trento ha proposto conflitto di attribuzione tra enti nei
confronti del Presidente del Consiglio dei  ministri,  chiedendo  che
sia dichiarato che non spetta allo Stato il potere  di  disciplinare,
con riferimento alla Provincia autonoma di  Trento,  il  procedimento
semplificato di autorizzazione  paesaggistica,  cosi'  come  regolato
dall'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica
9 luglio 2010, n. 139 (Regolamento recante procedimento  semplificato
di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve  entita',
a norma dell'articolo  146,  comma  9,  del  decreto  legislativo  22
gennaio  2004,  n.  42,  e  successive  modificazioni),   in   quanto
rientrante nella materia della tutela del  paesaggio,  affidata  alla
potesta' legislativa primaria di essa Provincia autonoma, nonche' che
venga conseguentemente annullato il suddetto articolato, nella  parte
in cui si  riferisce  alla  Provincia  autonoma,  stante  l'affermato
contrasto con numerosi parametri statutari e costituzionali. 
    L'art. 6, comma 2, infatti, secondo  la  ricorrente,  sarebbe  in
contrasto con l'art. 8, primo comma,  numeri  1),  5),  6),  «nonche'
integrativamente numeri 2), 3), 4), 7), 8), 11), 14), 16), 17),  18),
21), 22), 24)», e con l'art. 16  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle
leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige);  nonche'  con  le  norme  di  attuazione  dello
statuto di autonomia di cui:  a)  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento  alle
province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  dei  beni  demaniali  e
patrimoniali  dello  Stato  e  della  Regione);  b)  al  decreto  del
Presidente della Repubblica  1°  novembre  1973,  n.  690  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige
concernente tutela e conservazione del patrimonio storico,  artistico
e popolare); c) al decreto del Presidente della Repubblica  22  marzo
1974, n. 381 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  la
regione Trentino-Alto  Adige  in  materia  di  urbanistica  ed  opere
pubbliche); d) al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di
attuazione  dello  statuto  speciale  per  il   Trentino-Alto   Adige
concernenti il rapporto tra atti legislativi statali, leggi regionali
e  provinciali,  nonche'  la  potesta'   statale   di   indirizzo   e
coordinamento), in particolare artt. 2 e 3. 
    1.1.- La Provincia autonoma di Trento,  preliminarmente,  esamina
la disposizione oggetto del conflitto, richiamandone il contenuto. 
    La  norma  oggetto  di   conflitto   concerne   il   procedimento
semplificato di autorizzazione paesaggistica per  gli  interventi  di
lieve entita' e stabilisce che la Provincia autonoma di Trento  debba
adottare  «entro  centottanta   giorni,   le   norme   necessarie   a
disciplinare  il   procedimento   di   autorizzazione   paesaggistica
semplificata in conformita' ai criteri del decreto stesso». 
    1.2.- La Provincia ricorrente  premette  di  essere  titolare  di
potesta' legislativa primaria in materia di «tutela  del  paesaggio»,
ai sensi dell'art. 8, numero 6), del d.P.R. n. 670 del 1972,  nonche'
nelle materie indicate ai numeri 1), 2), 3), 4),  5),  7),  8),  11),
14), 16), 17), 18), 21), 22) e 24) del medesimo  articolo  statutario
(quali: ordinamento degli uffici  provinciali;  urbanistica  e  piani
regolatori; toponomastica; patrimonio storico, artistico e  popolare;
usi e costumi locali; usi civici; ordinamento delle minime proprieta'
colturali; porti lacuali; miniere,  cave  e  torbiere;  apicoltura  e
parchi per la protezione  della  flora  e  della  fauna;  viabilita';
acquedotti; lavori pubblici di interesse provinciale; comunicazioni e
trasporti di interesse provinciale; impianti di funivia;  agricoltura
e foreste; espropriazione per pubblica utilita'; opere idrauliche). 
    Tali  competenze,  sottolinea  la  ricorrente,  sarebbero   state
riconosciute anche dal decreto legislativo 22  gennaio  2004,  n.  42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della legge 6 luglio 2002, n. 137),  che,  all'art.  8,  dispone  una
specifica salvaguardia, stabilendo che  «nelle  materie  disciplinate
dal presente codice restano ferme le potesta' attribuite alle regioni
a statuto speciale ed alle province  autonome  di  Trento  e  Bolzano
dagli statuti e dalle relative norme di attuazione».  In  ossequio  a
tale disposizione, recentemente,  la  Corte  costituzionale,  con  la
sentenza n. 226 del 2009, ha  dichiarato  l'illegittimita'  dell'art.
131, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, nella parte in  cui  esso  -
contraddicendo  quanto  affermato  nel  sopra  ricordato  art.  8   -
includeva le Province autonome di Trento e di Bolzano  tra  gli  enti
territoriali soggetti al limite della potesta' legislativa  esclusiva
statale di cui all'articolo 117, secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione. Inoltre, l'art. 16 del medesimo d.P.R. n. 670 del  1972
assegna, nelle stesse materie, alla Provincia  autonoma  le  funzioni
amministrative. 
    Le previsioni statutarie, poi, prosegue la ricorrente, sono state
attuate da una speciale normativa, tra cui, in particolare il  d.P.R.
n. 381 del 1974, il d.P.R. n. 115 del 1973, nonche' il d.P.R. n.  690
del 1973. Per completezza, la ricorrente ricorda che tali  competenze
sono state esercitate dalla Provincia autonoma con proprie leggi, tra
le quali, in particolare, segnala la legge provinciale 4 marzo  2008,
n. l (Pianificazione urbanistica e governo del territorio),  che,  al
Titolo III, disciplina la tutela  del  paesaggio  e,  specificamente,
all'art. 68, individua gli interventi assoggettati ad  autorizzazione
paesaggistica. Inoltre, prosegue  la  Provincia  autonoma,  la  legge
provinciale 27 maggio  2008,  n.  5  (Approvazione  del  nuovo  piano
urbanistico provinciale), ha anche previsto  specifiche  disposizioni
relativamente alla carta del paesaggio  e  alla  carta  delle  tutele
paesistiche, in tal modo prevedendo un'efficace e completa disciplina
in materia di tutela del paesaggio. 
    1.3.- La Provincia autonoma ritiene, conclusivamente, che, con il
comma 2 dell'art. 6 del  d.P.R.  n.  139  del  2010,  il  legislatore
statale sarebbe venuto a vincolare in concreto - sia relativamente ai
tempi della  propria  legislazione,  sia  in  relazione  allo  stesso
contenuto - la potesta' legislativa primaria provinciale in  tema  di
tutela paesaggistica con un atto  statale  di  natura  regolamentare,
laddove la suddetta potesta' potrebbe essere condizionata,  nei  casi
previsti, soltanto con  atti  di  normazione  primaria  dello  Stato,
violando cosi' le prerogative costituzionali della Provincia previste
dal ricordato art. 8, primo comma, numero 6), dello statuto speciale.
Al riguardo, la Provincia autonoma di Trento segnala che il  disposto
dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 266  del  1992,  prevede  -  come
ribadito in piu'  sentenze  della  Corte  -  che,  nelle  materie  di
competenza provinciale, la  stessa  legislazione  statale  non  opera
direttamente, dovendo la legislazione provinciale essere adeguata «ai
principi e norme costituenti limiti ai sensi degli  articoli  4  e  5
dello Statuto speciale», recati «dai  nuovi  atti  legislativi  dello
Stato». 
    1.4.- Non varrebbe a salvare la norma impugnata  dalla  lamentata
illegittimita',  il  rilievo  che  essa  viene   a   qualificare   le
disposizioni del d.P.R. 9 luglio 2010, n. 139, come norme «di  grande
riforma economico sociale», «inerenti  ai  livelli  essenziali  delle
prestazioni», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera  m),  della
Costituzione. 
    Tale  generica  qualificazione,  difatti,  di  un  intero   corpo
normativo sarebbe - a detta della Provincia - illegittima, oltre  che
per l'evidente  incongruita'  ed  arbitrarieta',  anche  perche'  non
corrisponderebbe alla natura del provvedimento. 
    Ammesso, poi, che  le  norme  sulla  autorizzazione  semplificata
possano  effettivamente  attenere  ai   «livelli   essenziali   delle
prestazioni» di cui alla lettera m)  dell'art.  117,  secondo  comma,
Cost. - affermazione della quale,  secondo  la  ricorrente,  si  deve
dubitare dal momento che nelle sentenze n. 10 e n. 207 del 2010 si e'
precisato che «la lettera m) consente  allo  Stato  solo  di  fissare
standard strutturali e qualitativi  delle  prestazioni  da  garantire
agli   aventi   diritto»,   mentre,   con   le   disposizioni   sulla
autorizzazione  semplificata,  non  si  stabilisce  alcuno   standard
quantitativo  o  qualitativo  di  prestazioni,  dato  che  la   norma
regolamentare oggetto del presente conflitto ha l'esclusiva finalita'
di regolare lo svolgimento  della  attivita'  amministrativa  in  una
materia  di  competenza  provinciale  -  le  Province  autonome   non
sarebbero, comunque, neppure in questo caso, tenute  ad  adeguarsi  a
tali   norme,   poiche',   se   cosi'   fosse,   si    restringerebbe
illegittimamente la potesta' legislativa provinciale. A conforto,  la
ricorrente richiama quanto ribadito dalla Corte costituzionale  nella
sentenza n. 45 del 2010 (e gia' affermato nella sentenza n.  145  del
2005), cioe' che le limitazioni specifiche  che  il  nuovo  Titolo  V
della Parte seconda della Costituzione pone alle competenze regionali
nelle proprie materie  (come,  ad  esempio,  il  limite  dei  livelli
essenziali) «operano in relazione alle Regioni  speciali  nel  quadro
dei vincoli posti dal sistema statutario, ad esempio come principi di
riforma economico-sociale e non come titolo autonomo  di  limitazione
della potesta' legislativa provinciale». 
    1.5.- Ugualmente illegittimo e lesivo sarebbe l'art. 6, comma  2,
nella parte in  cui  richiama  i  vincoli  derivanti  alle  autonomie
speciali dalla presunta «natura di grande riforma  economico  sociale
del Codice e delle norme di semplificazione  procedimentale  in  esso
previste». 
    Infatti, pur volendo ammettere che nel decreto legislativo n.  42
del 2004 vi possano essere norme siffatte, queste non sembrano  poter
essere quelle relative alla semplificazione delle procedure  per  gli
interventi di lieve entita'. 
    1.6.- Infine, e in via  subordinata,  la  ricorrente  ritiene  la
norma impugnata illegittima - anche qualora la si  considerasse  come
atto  di  indirizzo  e  di  coordinamento  -  dal  momento  che  essa
violerebbe l'art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992, il quale  stabilisce,
per  gli  atti  statali  di  indirizzo  e  di  coordinamento,   forme
specifiche «di consultazione diretta con la  regione  o  le  province
autonome secondo le rispettive competenze». Il  Governo,  difatti,  -
prosegue la ricorrente - non ha acquisito lo specifico  parere  della
Provincia, come appunto richiesto dall'art. 3, comma  3,  del  citato
d.lgs., non potendo risultare  sufficiente  il  coinvolgimento  della
Conferenza unificata, sia perche' in questa ultima la posizione della
Provincia non e' decisiva (dato che  le  decisioni  vengono  prese  a
maggioranza), sia perche' l'intesa della Conferenza  non  surroga  la
consultazione individuale della Provincia. 
    In  ogni  caso,  conclude  la  Provincia,  l'atto   impugnato   -
senz'altro illegittimo per le ragioni sopra esposte -  costituirebbe,
altresi',  violazione  del  principio  di  «legalita'   sostanziale»,
essendo stato  adottato  in  base  a  quanto  disposto  dal  comma  9
dell'art.  146  del  Codice,  che  non  appare   contenere   «criteri
sufficienti a limitare la discrezionalita' governativa e a soddisfare
il principio di legalita' sostanziale». 
    2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che il ricorso presentato dalla  Provincia  autonoma
di Trento sia dichiarato inammissibile o, comunque, rigettato. 
    2.1.- La difesa dello Stato osserva, preliminarmente, che  e'  da
disattendere  la  prima  delle  censure  avanzate  dalla  ricorrente,
relativa alla natura regolamentare  e  non  legislativa  della  norma
impugnata,  in  quanto  il  d.P.R.  n.  139  del  2010   sarebbe   un
«regolamento di delegificazione», previsto e regolato dall'art.  146,
comma 9, del d.lgs. n. 42 del 2004, il  quale  stabilisce,  altresi',
una «procedura aggravata» per la  sua  approvazione,  richiedendo  la
previa intesa  del  Ministro  con  la  Conferenza  unificata,  intesa
raggiunta ed espressa all'unanimita' da  tutte  le  Regioni  e  dalle
Province autonome. 
    Ne' il ricorso - prosegue l'Avvocatura  -  a  tale  tipologia  di
fonte normativa, secondo la  scelta  operata  dal  Governo,  presenta
profili di illegittimita', poiche' sia secondo l'art. 20 della  legge
15 marzo 1997, n. 59  (Delega  al  Governo  per  il  conferimento  di
funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma  della
Pubblica Amministrazione e per  la  semplificazione  amministrativa),
sia secondo la giurisprudenza costituzionale e' consentito utilizzare
un regolamento di delegificazione, salvo ipotesi di riserva  assoluta
di legge, proprio allo scopo di venire  a  disciplinare  materie  che
possano essere qualificate come «norme di grande  riforma»  (sentenza
n. 164 del 2009). 
    2.2.- Peraltro, prosegue l'Avvocatura dello Stato,  l'impugnativa
sarebbe, in ogni caso, inammissibile, in quanto la Provincia autonoma
non sarebbe, comunque, legittimata a censurare  «il  ricorso  operato
nel caso di specie a tale strumento normativo»,  per  due  ordini  di
motivi. Da un lato, infatti,  non  avrebbe  impugnato,  come  dovuto,
l'art. 146, comma 9, del Codice dei beni culturali e  del  paesaggio,
norma primaria; dall'altro lato, poi, il  provvedimento  oggetto  del
conflitto  e'  stato  approvato  con  il  parere   favorevole   della
Conferenza unificata, di  cui  fa  parte  la  Provincia  autonoma  di
Trento, che ha, pertanto,  partecipato  alla  formazione  dell'intesa
esprimendo - diversamente da quanto affermato nel  ricorso  -  parere
favorevole sul testo del provvedimento, con  la  conseguenza  che  il
ricorso  risulterebbe  inammissibile  per  carenza  d'interesse.   La
Provincia autonoma ricorrente sarebbe,  infatti,  «tenuta  agli  atti
collegialmente adottati». 
    2.3.- Inammissibili, prosegue la resistente, risulterebbero anche
i primi tre motivi di censura avanzati dalla  ricorrente,  in  quanto
essi si fonderebbero «sul contenuto sostanziale  del  regolamento  in
esame, e quindi, sulla sua intrinseca capacita' di dettare norme  con
contenuto sostanziale di legge».  In  cio'  vi  sarebbe  un  evidente
contrasto  con  la  premessa  fatta  propria  dalla   Provincia   per
dimostrare  la  non  vincolativita'  nei  suoi  confronti   dell'atto
impugnato, premessa che si fonda proprio sulla forma giuridica  dello
stesso, trattandosi di un regolamento e non di una legge. 
    2.4.- Nel merito, la censura relativa alla  qualificazione  della
norma come «norma di grande riforma economico sociale» e «inerente ai
livelli essenziali delle prestazioni», sarebbe infondata,  avendo  la
Provincia autonoma erroneamente ritenuto che il  d.P.R.  n.  139  del
2010 atterrebbe alla materia della tutela del paesaggio. 
    Al contrario, per la difesa erariale, «la materia su  cui  incide
la  normativa  censurata  deve  essere  riguardata  secondo  il   suo
intrinseco contenuto, e non in considerazione  degli  effetti  finali
che essa sara' in grado di produrre  e  degli  interessi  ultimi  che
potra' soddisfare»; pertanto, essa sarebbe attinente alla  disciplina
dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e
sociali, riguardando esclusivamente il procedimento da  adottare,  in
un'ottica  di  semplificazione  amministrativa,   per   ottenere   la
autorizzazione   paesaggistica,   escludendo,   conformemente    alla
giurisprudenza della Corte, le  questioni  di  carattere  sostanziale
attinenti alla tutela paesaggistica. 
    Quindi, il d.P.R. n.  139  del  2010,  sia  se  lo  si  consideri
riconducibile alla materia disciplinata dall'art. 117, secondo comma,
lettera  m),  Cost.,   ovvero   a   normativa   di   grande   riforma
economico-sociale,  puo'   legittimamente   vincolare   la   potesta'
legislativa delle Regioni a statuto ordinario e a  statuto  speciale,
nonche'  quella   delle   Province   autonome,   potendo   lo   Stato
legittimamente emanare regolamenti di delegificazione  nelle  materie
di propria competenza esclusiva, vincolanti  anche  per  le  Province
autonome (sentenze n. 101 del 2010 e n. 61 del 2009). 
    2.5.- Conclusivamente, la disposizione in  esame  non  recherebbe
vulnus alcuno alla potesta' legislativa  primaria  della  ricorrente,
che - in base all'intesa raggiunta  -  ha  goduto,  peraltro,  di  un
termine ragionevole (180 giorni) per uniformare la propria  normativa
alle regole di semplificazione del procedimento previsto  dal  d.P.R.
in esame. 
    3.-  La  Provincia  autonoma  di  Trento  ha  depositato  memoria
illustrativa per replicare alle eccezioni e deduzioni dell'Avvocatura
dello Stato, insistendo per l'accoglimento del ricorso. 
    3.1.-   Preliminarmente,   la   ricorrente   Provincia   respinge
l'eccezione di inammissibilita' del  ricorso  avanzata  dalla  difesa
statale relativamente alla mancata impugnazione,  da  parte  di  essa
ricorrente, della norma primaria di cui all'art. 146,  comma  9,  del
d.lgs.  n.  42  del  2004,  in  quanto  questo  ultimo  non   prevede
l'applicazione del  regolamento  anche  alla  Provincia  autonoma  di
Trento, «in coordinamento con  l'espressa  clausola  di  salvaguardia
contenuta nell'art. 8 del Codice». 
    Da  disattendere   sarebbe,   anche,   l'ulteriore   profilo   di
inammissibilita',  relativo  alla  partecipazione   della   Provincia
autonoma ai lavori della Conferenza unificata, esprimendo la  propria
intesa. Infatti, la ricorrente sottolinea di non aver  partecipato  a
tale riunione, come risulta dalla documentazione presentata. 
    Infondato sarebbe anche  il  terzo  profilo  di  inammissibilita'
eccepito dalla difesa erariale, basato  su  una  errata  lettura  del
ricorso della Provincia, ove si  afferma  di  «non  aver  ragione  di
censurare  tale  regolamento,  nella  parte  in  cui  esso  detta  la
procedura  semplificata».  Con  questa  affermazione  -  come  appare
evidente - la Provincia  autonoma  di  Trento  non  ha  certo  voluto
intendere di condividere il contenuto del regolamento impugnato,  ma,
semplicemente, che l'esame del contenuto di esso, nella parte in  cui
non le si applica, e' privo di interesse per quest'ultima. 
    3.2.- Nel merito, la  ricorrente  ribadisce  le  ragioni  dedotte
nell'atto di costituzione in ordine alla fondatezza del ricorso. 
    4.- Anche il Presidente del Consiglio dei  ministri,  in  data  6
ottobre 2011, ha depositato, fuori termine, una memoria. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Provincia autonoma di  Trento  ha  proposto  conflitto  di
attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei  ministri
per ottenere la dichiarazione di non spettanza allo Stato del  potere
di disciplinare, con riferimento alla Provincia autonoma  di  Trento,
il procedimento semplificato di autorizzazione  paesaggistica,  cosi'
come regolato dall'articolo 6, comma 2, del  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  9  luglio  2010,  n.  139   (Regolamento   recante
procedimento semplificato di  autorizzazione  paesaggistica  per  gli
interventi di lieve entita', a norma dell'articolo 146, comma 9,  del
decreto  legislativo  22  gennaio   2004,   n.   42,   e   successive
modificazioni), in quanto rientrante nella materia della  tutela  del
paesaggio, affidata alla sua potesta' legislativa  primaria,  nonche'
il conseguente annullamento del suddetto articolo, nella parte in cui
si riferisce alla Provincia autonoma,  stante  l'affermato  contrasto
con numerosi parametri statutari e costituzionali. 
    1.1.-  La  disposizione  oggetto   di   conflitto   concerne   il
procedimento semplificato di  autorizzazione  paesaggistica  per  gli
interventi  di  lieve   entita'   e   stabilisce   che   in   ragione
dell'attinenza delle disposizioni del  suddetto  decreto  ai  livelli
essenziali delle prestazioni amministrative, di cui all'articolo 117,
secondo comma, lettera m), della  Costituzione,  e  della  natura  di
grande riforma economico sociale del Codice dei beni culturali e  del
paesaggio e delle norme di  semplificazione  procedimentale  in  esso
previste, le Regioni a statuto speciale e  le  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano, in conformita' agli  statuti  ed  alle  relative
norme di attuazione, adottano, entro  centottanta  giorni,  le  norme
necessarie  a  disciplinare   il   procedimento   di   autorizzazione
paesaggistica semplificata  in  conformita'  ai  criteri  del  citato
decreto. 
    1.2.- Secondo la ricorrente, la disposizione impugnata sarebbe in
contrasto con l'art. 8, primo comma,  numeri  1),  5),  6),  «nonche'
integrativamente numeri 2), 3), 4), 7), 8), 11), 14), 16), 17),  18),
21), 22), 24)», e con l'art. 16 del d.P.R. 31  agosto  1972,  n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonche' con le norme
di attuazione dello statuto di autonomia di cui: a)  al  decreto  del
Presidente della  Repubblica  20  gennaio  1973,  n.  115  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto  Adige
in materia di trasferimento alle province autonome  di  Trento  e  di
Bolzano dei  beni  demaniali  e  patrimoniali  dello  Stato  e  della
Regione); b) al decreto del Presidente della Repubblica  1°  novembre
1973, n. 690 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige concernente tutela e conservazione del patrimonio
storico, artistico e popolare); c) al decreto  del  Presidente  della
Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione  dello  statuto
speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica
ed opere pubbliche); d) al decreto legislativo 16 marzo 1992, n.  266
(Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi  statali  e  leggi
regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di  indirizzo  e
coordinamento), in particolare artt. 2 e 3. 
    1.3.-  La  ricorrente  -   richiamate   le   proprie   competenze
statutarie, sia legislative primarie sia  amministrative,  competenze
riconosciute anche dal decreto legislativo 22  gennaio  2004,  n.  42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della legge 6 luglio 2002, n. 137),  che,  all'art.  8,  dispone  una
specifica salvaguardia, stabilendo che  «nelle  materie  disciplinate
dal presente codice restano ferme le potesta' attribuite alle regioni
a statuto speciale ed alle province  autonome  di  Trento  e  Bolzano
dagli statuti e dalle relative norme di attuazione»  -  lamenta  che,
con il provvedimento impugnato, il legislatore statale sarebbe venuto
a vincolare in concreto, sia relativamente  ai  tempi  della  propria
legislazione, sia in relazione allo  stesso  contenuto,  la  potesta'
legislativa primaria provinciale in  tema  di  tutela  paesaggistica,
peraltro con un atto statale  di  natura  regolamentare,  laddove  la
suddetta potesta' potrebbe, nei casi  previsti,  essere  condizionata
soltanto con atti di normazione primaria dello Stato. 
    In tal modo, prosegue  la  Provincia  autonoma,  sarebbero  state
violate le proprie prerogative costituzionali, previste dal ricordato
art. 8, primo comma, numero 6), dello statuto speciale. Al  riguardo,
sottolinea, altresi', che l'art. 2, comma 1, del d.lgs.  n.  266  del
1992  prevede  che,  nelle  materie  di  competenza  provinciale,  la
legislazione statale non operi direttamente, dovendo la  legislazione
provinciale essere adeguata «ai principi e norme  costituenti  limiti
ai sensi degli articoli 4 e 5 dello Statuto  speciale»,  recati  «dai
nuovi atti legislativi dello Stato». 
    2.- Preliminarmente  devono  essere  esaminate  le  eccezioni  di
inammissibilita' del ricorso. 
    2.1.-   Ritiene   la   difesa    statale,    innanzitutto,    che
l'inammissibilita'  del  ricorso  in   esame   si   baserebbe   sulla
considerazione che l'art. 6, comma 2, del  d.P.R.  n.  139  del  2010
(come,  del  resto,  l'intero  regolamento)  non  avrebbe   carattere
innovativo, ma sarebbe meramente attuativo dell'art.  146,  comma  9,
del d.lgs. n.  42  del  2004,  norma  primaria,  alla  quale  sarebbe
riconducibile l'asserita lesione delle prerogative della  ricorrente,
che, dunque, avrebbe dovuto, nei termini, essere oggetto del  ricorso
in via principale. 
    2.1.1.- L'eccezione non e' fondata. 
    Questa Corte ha  ripetutamente  sottolineato  «l'inammissibilita'
dei ricorsi  per  conflitto  di  attribuzione  proposti  contro  atti
meramente conseguenziali  (confermativi,  riproduttivi,  esplicativi,
esecutivi, etc.) rispetto ad atti anteriori,  non  impugnati,  con  i
quali era gia' stata esercitata la  competenza  contestata.  In  tali
ipotesi,  infatti,  secondo  la  giurisprudenza  costituzionale,   si
verificherebbe una decadenza dall'esercizio dell'azione, per il fatto
che,  in  siffatta  evenienza,  attraverso  l'impugnazione  dell'atto
meramente conseguenziale,  si  tenterebbe  in  modo  surrettizio,  di
contestare giudizialmente l'atto di  cui  quello  impugnato  e'  mera
conseguenza e, per il quale, e' gia' inutilmente spirato il  termine»
(tra le ultime, sentenza n. 369 del 2010). 
    Tuttavia,  nel  caso  di  specie,  tali  principi  non  risultano
applicabili. Infatti,  il  d.P.R.  n.  139  del  2010  impugnato  non
costituisce pedissequa attuazione della norma  primaria.  L'art.  146
del Codice dei beni culturali disciplina l'autorizzazione in  materia
paesaggistica e al comma 9 - nella parte che qui interessa -  prevede
che con «regolamento da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma  2,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il  31  dicembre  2008,  su
proposta del Ministro d'intesa con  la  Conferenza  unificata,  salvo
quanto previsto dall'articolo 3 del  decreto  legislativo  28  agosto
1997, n. 281, sono stabilite procedure semplificate per  il  rilascio
dell'autorizzazione in relazione ad interventi di  lieve  entita'  in
base a criteri di  snellimento  e  concentrazione  dei  procedimenti,
ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1 e 20,
comma  4  della  legge  7  agosto   1990,   n.   241   e   successive
modificazioni». 
    Poiche' l'art. 8 del d.lgs. n. 42 del 2004  prevedeva  che  nelle
materie «disciplinate dal presente codice restano ferme  le  potesta'
attribuite alle regioni a statuto speciale ed alle province  autonome
di  Trento  e  Bolzano  dagli  statuti  e  dalle  relative  norme  di
attuazione», sussistevano  ampi  margini  di  dubbio  sull'estensione
della specifica disciplina relativa al  rilascio  dell'autorizzazione
in relazione ad interventi di lieve  entita'  anche  alla  ricorrente
Provincia autonoma e, quindi, non puo' ritenersi che si realizzino le
condizioni per una decadenza dell'esercizio dell'azione nei confronti
dell'impugnato regolamento. 
    2.1.2.-  Pertanto,  poiche'  la  menomazione  delle  attribuzioni
lamentata  dalla  Provincia  autonoma  ricorrente  «e'  autonomamente
imputabile al provvedimento impugnato, e non gia' a questo quale mero
e puntuale provvedimento attuativo ed esecutivo della norma censurata
di incostituzionalita'» (sentenza n. 386 del 2005), secondo  costante
giurisprudenza costituzionale, non e'  precluso  l'esame  del  merito
dell'odierno conflitto. 
    2.2.- Ulteriore ragione di inammissibilita' del ricorso - secondo
la difesa dello  Stato  -  risiederebbe  nella  partecipazione  della
Provincia  autonoma  di  Trento  alla  Conferenza  unificata  che  ha
approvato il d.P.R. n. 139 del 2010 e che vincolerebbe la  ricorrente
all'esito maturato in quella sede. 
    2.2.1.- Anche questa eccezione  deve  essere  disattesa,  essendo
ampiamente documentato il dissenso della ricorrente  all'approvazione
del testo nella formulazione poi  divenuta  definitiva,  accompagnato
dalla richiesta di introdurre emendamenti. Al riguardo, la  Provincia
autonoma ha depositato, unitamente alla memoria del 27 settembre,  il
verbale della riunione della Conferenza  unificata  del  26  novembre
2009, nel  corso  della  quale  e'  stato  approvato  lo  schema  del
regolamento in oggetto, da cui risulta la sua mancata  partecipazione
a tale riunione. 
    La  ricorrente  ricorda,  altresi',   di   aver   precedentemente
manifestato il proprio dissenso  e  richiesto  modifiche  all'attuale
testo, prima della approvazione (come risulta dal primo "Considerato"
dell'Intesa), prove che renderebbero inconferente ogni deduzione  sul
comportamento della Provincia autonoma in tale sede. 
    La giurisprudenza costante di questa Corte  ha  ritenuto  che  il
dissenso  manifestato  anteriormente  all'approvazione  di  normative
oggetto di concertazione implica  la  perdurante  ammissibilita'  del
ricorso per conflitto ad opera della parte dissenziente  (da  ultimo,
sentenza n. 275 del 2011; v. anche sentenze n. 39 del  2003,  n.  507
del 2002 e n. 206 del 2001). 
    2.3.-  Ugualmente  da  respingere,  in  quanto  non  fondato,  e'
l'ulteriore motivo di inammissibilita' del ricorso, relativo  ad  una
presunta attestazione di  non  lesivita'  del  regolamento  impugnato
«nella parte in cui esso detta la procedura semplificata», ricavabile
da quanto avrebbe affermato la stessa Provincia  di  Trento  nel  suo
ricorso. 
    Tale eccezione si basa  unicamente  su  una  capziosa  ed  errata
lettura del contenuto del ricorso, in quanto la Provincia  di  Trento
non ha, con le sue affermazioni, voluto intendere di  condividere  il
contenuto del regolamento ma, bensi', che l'esame di disposizioni che
essa ritiene non applicabili, e' privo di interesse  e,  quindi,  non
oggetto di censura. 
    3. - Nel merito, il conflitto non e' fondato. 
    3.1.- L'art. 6, comma 2, del d.P.R. n. 139 del 2010 - come  sopra
ricordato - concerne il procedimento semplificato  di  autorizzazione
paesaggistica per gli interventi di lieve entita' e stabilisce che la
Provincia  autonoma  di  Trento,  «in  ragione  dell'attinenza  delle
disposizioni  del  presente  decreto  ai  livelli  essenziali   delle
prestazioni amministrative, di cui all'articolo 117,  secondo  comma,
lettera m), della Costituzione, e  della  natura  di  grande  riforma
economico  sociale  del  Codice  e  delle  norme  di  semplificazione
procedimentale in esso previste», debba adottare, «entro  centottanta
giorni,  le  norme  necessarie  a  disciplinare  il  procedimento  di
autorizzazione paesaggistica semplificata in conformita'  ai  criteri
del decreto stesso». 
    3.2.-- La prima valutazione da compiere  riguarda  la  fondatezza
delle censure della Provincia in ordine alla lesione delle specifiche
attribuzioni  che  le  derivano  dallo  statuto  di   autonomia.   La
ricorrente  lamenta,  infatti,  la  violazione  di  quanto   previsto
dall'art.8, primo comma, numero 6), del d.P.R. n. 670 del 1972 che le
conferisce potesta' legislativa primaria nella materia della  «tutela
del  paesaggio»,  al  quale  vanno   collegate   altre   disposizioni
statutarie e della normativa di attuazione. Fa altresi' presente  che
non si verte in una normativa statale costituente  riforma  economico
sociale della Repubblica, ne' che ad  essa  puo'  essere  opposto  il
nuovo testo del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, dato
che una limitazione delle sue competenze  legislative  che  derivasse
dall'applicazione del nuovo testo  dell'art.  117  Cost.  verrebbe  a
porsi in contrasto con  quanto  previsto  dall'art.  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione), che vieta che  dalle  disposizioni
di tale novella costituzionale  possa  derivare  una  "reformatio  in
pejus" della normativa prevista dagli statuti di autonomia speciale. 
    La affermazione della ricorrente circa l'insussistenza, da  parte
delle disposizioni impugnate, dei requisiti  formali  perche'  queste
possano essere ascritte nell'ambito «delle norme  fondamentali  delle
riforme economico-sociali della Repubblica»  e'  esatta.  Gia'  nella
sentenza n. 376  del  2002  questa  Corte,  esaminando  -  alla  luce
dell'assetto costituzionale precedente alla revisione del 2001  -  la
posizione che, nella gerarchia delle fonti di produzione del diritto,
venivano ad assumere i regolamenti di delegificazione, affermava  che
«la  sostituzione  di  norme  legislative  con  norme   regolamentari
esclude(va) di per  se'  che  da  queste  ultime  (potessero)  trarsi
principi vincolanti per le regioni». E' evidente che in nulla  queste
conclusioni sono mutate dopo la modifica del  Titolo  V  della  Parte
seconda della Costituzione, e che, quindi,  deve  escludersi  che  il
regolamento di delegificazione sia  un  veicolo  normativo  idoneo  a
delineare le grandi riforme economico-sociali che si  impongono  alla
potesta' legislativa della Provincia autonoma. 
    Sono, invece, erronee le altre argomentazioni della ricorrente. 
    Il piu' volte citato  art.  8,  primo  comma,  numero  6),  dello
statuto di autonomia riconosce una  competenza  legislativa  primaria
alla Provincia nelle questioni di merito relative  alla  «tutela  del
paesaggio». Infatti, nella sentenza n. 226 del  2009,  questa  Corte,
affrontando la questione della legittimita' costituzionale  dell'art.
131, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, con riferimento al parametro
rappresentato dalla lettera s) del novellato secondo comma  dell'art.
117 della Costituzione, vale a dire operando un raffronto  di  merito
tra la «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» e
la «tutela del paesaggio» dello statuto di  autonomia,  preciso'  che
«la competenza statale esclusiva di cui all'art. 117, secondo  comma,
lettera s), Cost. non puo'  operare  nei  confronti  della  Provincia
autonoma di Trento in materia di tutela del paesaggio, giacche'  essa
e' espressamente riservata alla sua competenza legislativa  primaria,
nei limiti segnati dall'art. 4 dello statuto, i  quali  -  come  gia'
evidenziato per l'analoga previsione statutaria della  Regione  Valle
d'Aosta - comportano che la Provincia di Trento debba  rispettare  la
norma fondamentale di riforma economico-sociale costituita dal citato
art. 142». 
    Invece, nel caso in esame,  la  questione  non  riguarda  aspetti
sostanziali, ma concerne profili  di  carattere  procedurale:  quali,
cioe', debbano essere le regole  che  disciplinano,  con  riferimento
alle   procedure   semplificate   in   materia   di    autorizzazione
paesaggistica per interventi di lieve entita',  il  rapporto  tra  la
pubblica amministrazione e  coloro  che  richiedono  una  prestazione
rientrante in questo ambito. Si tratta di un aspetto che e'  estraneo
alla previsione della piu' volte citata  disposizione  dello  statuto
speciale, il quale, quindi, da questa normativa  non  subisce  alcuna
violazione per cio' che  riguarda  le  attribuzioni  legislative  che
conferisce  alla  Provincia  (ne',  per  il   parallelismo   previsto
dall'art.16, per le attribuzioni amministrative). 
    Al riguardo, e' opportuno ricordare che nell'art. 4 dello statuto
e' ancora presente (a differenza di  cio'  che  e'  avvenuto  per  le
regioni a statuto ordinario con la modifica dell'art. 117) il  limite
alla potesta' legislativa rappresentato  dal  «rispetto  [...]  degli
interessi nazionali». Si tratta  di  un'espressione  che  puo'  avere
molteplici significati, tra i quali  va  sicuramente  ricondotto  (in
quanto e' la disposizione  costituzionale  stessa  che,  nell'inciso,
riconoscendo un fondamentale diritto della popolazione, evidenzia che
il riferimento e' anche rivolto allo "Stato  comunita'")  quello  che
tutti i destinatari delle leggi della Repubblica hanno il diritto  di
fruire, in condizioni di parita' sull'intero territorio nazionale, di
una procedura uniforme nell'esame di loro istanze volte  ad  ottenere
un provvedimento amministrativo. 
    4.--  Poiche'  la  normativa  statutaria  non  impedisce   questo
intervento da parte dello Stato,  che  si  pone  al  di  fuori  delle
competenze legislative fissate dall'art. 8, primo comma,  numero  6),
del d.P.R. n. 670 del 1972 - che costituisce  il  presupposto  logico
delle altre disposizioni statutarie ed attuative invocate, le  quali,
quindi, non possono in modo autonomo essere poste  a  sostegno  della
tesi della Provincia - occorre  effettuare  un  ulteriore  esame  per
valutarne la legittimita' costituzionale. 
    La ricorrente aveva  paventato  il  rischio  che  la  mancata,  o
erronea, applicazione dell'art. 10 della legge cost. n.  3  del  2001
avesse portato lo Stato a far valere nei suoi confronti la  normativa
contenuta nel novellato art. 117  della  Costituzione.  Se  a  queste
argomentazioni gia' si e' data una risposta,  resta  da  valutare  un
diverso, per certi versi opposto, dubbio, se  cioe'  questo  tipo  di
intervento sia consentito allo Stato dal  nuovo  art.  117.  Infatti,
l'art. 10 della legge di revisione costituzionale, se  da  una  parte
vieta  che   le   disposizioni   contenute   nella   suddetta   legge
costituzionale  possano  limitare  le  attribuzioni  contenute  negli
statuti speciali, dall'altra le estende a questi ultimi «per le parti
in cui prevedono forme di autonomia piu' ampia rispetto a quelle gia'
attribuite». A questo, del resto, fa implicito ma chiaro  riferimento
la ricorrente, laddove afferma che «il divieto di regolamenti statali
nelle materie regionali [...] vale anche per le  Regioni  ordinarie».
Tralasciando,  in  quanto  non  rilevanti  ai  fini  della   presente
decisione,  le  complesse   questioni   interpretative   che   questa
disposizione fa sorgere, sulle quali la Corte si  e'  soffermata  fin
dalla sentenza n. 314 del 2003, occorre valutare  se  l'attuale  art.
117 Cost. consenta allo Stato di emanare l'impugnato  regolamento  di
semplificazione. 
    4.1.- E' necessario, innanzitutto, individuare,  con  riferimento
al riparto di competenze previsto per le Regioni a statuto ordinario,
l'ambito  materiale  al  quale  ricondurre  la   disciplina   oggetto
dell'impugnazione della Provincia autonoma di Trento, avendo riguardo
all'oggetto ed alla ratio della norma medesima, cosi' da identificare
correttamente l'interesse da essa tutelato. 
    4.2.-  Secondo  l'autoqualificazione  compiuta  dal   legislatore
statale con il sopra citato  articolo,  la  disciplina  in  esame  e'
riconducibile alla materia  «determinazione  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni amministrative, di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera m), Cost.», attribuita alla competenza legislativa  esclusiva
dello Stato. 
    Nella giurisprudenza di questa Corte si e' piu'  volte  affermato
che,  ai  fini  del  giudizio  di  legittimita'  costituzionale,   la
qualificazione legislativa non vale  ad  attribuire  alle  norme  una
natura diversa da quella ad esse propria, quale  risulta  dalla  loro
oggettiva sostanza. Per individuare  la  materia  alla  quale  devono
essere ascritte  le  disposizioni  oggetto  di  censura,  non  assume
rilievo la qualificazione che di esse da' il legislatore, ma  occorre
fare  riferimento  all'oggetto  e  alla  disciplina  delle  medesime,
tenendo conto della loro ratio e tralasciando gli effetti marginali e
riflessi, in guisa da identificare  correttamente  anche  l'interesse
tutelato (da ultimo, sentenza n. 164 del 2012, vedi  anche:  sentenze
n. 207 del 2010, n. 1 del 2008, n. 169 del 2007 e n. 447 del 2006). 
    4.3.- Nel  caso  in  oggetto,  l'autoqualificazione  operata  dal
legislatore statale, benche' priva di efficacia vincolante per quanto
prima rilevato, e' corretta. 
    Va infatti ricordato che  l'affidamento  in  via  esclusiva  alla
competenza  legislativa  statale  della  determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni e' previsto  in  relazione  ai  «diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto  il  territorio
nazionale»; e che, pertanto, «si collega al fondamentale principio di
uguaglianza  di   cui   all'art.   3   Cost.»,   essendo   «strumento
indispensabile per realizzare quella garanzia» (sentenza n.  164  del
2012). 
    In questo quadro, si deve ribadire che, secondo la giurisprudenza
di  questa  Corte,  «l'attribuzione  allo  Stato   della   competenza
esclusiva   e   trasversale   di   cui   alla   citata   disposizione
costituzionale  si  riferisce  alla  determinazione  degli   standard
strutturali  e  qualitativi  di  prestazioni  che,   concernendo   il
soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti,
con carattere  di  generalita',  a  tutti  gli  aventi  diritto»  (ex
plurimis: sentenze n. 248 del 2011, n. 207 del 2010, n. 322 del 2009,
n. 168 e n. 50 del 2008). 
    Questo  titolo  di  legittimazione  dell'intervento  statale   e'
invocabile «in relazione a  specifiche  prestazioni  delle  quali  la
normativa statale definisca  il  livello  essenziale  di  erogazione»
(sentenza n. 322 del 2009, citata; e sentenze n. 328 del 2006, n. 285
e n. 120 del 2005), nonche' «quando la normativa al  riguardo  fissi,
appunto, livelli di prestazioni da assicurare ai  fruitori  dei  vari
servizi» (sentenza n.  92  del  2011),  attribuendo  «al  legislatore
statale un fondamentale strumento per garantire  il  mantenimento  di
una adeguata uniformita' di trattamento  sul  piano  dei  diritti  di
tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un  livello  di
autonomia regionale e locale decisamente accresciuto» (sentenze n.  8
del 2011, n. 10 del 2010 e n. 134 del 2006). 
    4.4.- Si tratta, pertanto, come  gia'  precisato  piu'  volte  da
questa Corte, «non tanto di una «materia» in senso stretto, quanto di
una competenza del legislatore statale idonea ad investire  tutte  le
materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve  poter  porre
le norme necessarie per assicurare a  tutti,  sull'intero  territorio
nazionale, il godimento  di  prestazioni  garantite,  come  contenuto
essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa
limitarle o condizionarle» (sentenze n. 322 del 2009  e  n.  282  del
2002). 
    Alla stregua di tali principi,  la  disciplina  in  questione  va
ricondotta all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    In questa prospettiva, infatti, anche l'attivita'  amministrativa
(quindi, anche i procedimenti  amministrativi  in  genere),  come  la
stessa giurisprudenza costituzionale ha avuto  modo  di  evidenziare,
puo' assurgere alla qualifica di «prestazione» della quale  lo  Stato
e' competente a fissare un  «livello  essenziale»  a  fronte  di  una
specifica pretesa di individui, imprese, operatori economici  ed,  in
generale, di soggetti privati (si vedano le sentenze n. 322 del 2009,
n. 399 e n. 398 del 2006). 
    La disciplina oggetto della norma qui impugnata  dalla  Provincia
ricorrente rientra,  pertanto,  in  quella  evoluzione  in  atto  nel
sistema amministrativo tesa  ad  una  accentuata  semplificazione  di
talune  tipologie  procedimentali.  La  riconducibilita'  ai  livelli
essenziali delle prestazioni della disciplina  dettata  dall'art.  6,
comma 2, del  d.P.R.  n.  139  del  2010,  e',  pertanto,  desumibile
dall'oggettiva necessita' di dettare regole del procedimento,  valide
in ogni contesto geografico della Repubblica, le quali, adeguandosi a
canoni di proporzionalita' e adeguatezza, si sovrappongano al normale
riparto di competenze contenuto nel  Titolo  V  della  Parte  seconda
della Costituzione. 
    L'esigenza comune, che  caratterizza  questo  tipo  di  attivita'
procedurale, e' quella di impedire  che  le  funzioni  amministrative
risultino inutilmente gravose per i soggetti amministrati ed e' volta
a semplificare le procedure, evitando duplicazione di valutazioni, in
un'ottica di bilanciamento tra  l'interesse  generale  e  l'interesse
particolare all'esplicazione dell'attivita'. 
    4.4.1.-  Del  resto,  piu'  volte  questa  Corte  ha   affermato,
sottoponendo a scrutinio le disposizioni della legge 7  agosto  1990,
n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento  amministrativo  e  di
diritto di accesso ai documenti amministrativi), che esse  definivano
livelli essenziali delle  prestazioni.  E'  opportuno  ricordare,  al
riguardo, che il legislatore statale, con l'art. 29  della  legge  n.
241 del 1990 - come modificato dall'art. 10  della  legge  18  giugno
2009,  n.  69   (Disposizioni   per   lo   sviluppo   economico,   la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile) - al comma 2-bis, ha  previsto  che  afferiscano  ai  livelli
essenziali delle  prestazioni  le  norme  di  legge  concernenti  gli
obblighi  per  la   pubblica   amministrazione   di   assicurare   la
partecipazione dei soggetti interessati al procedimento,  sia  quelle
tese all'individuazione di un responsabile ed  alla  conclusione  del
procedimento stesso entro il termine prefissato, sia quelle  relative
alla durata massima dei procedimenti. 
    Fin dalla sentenza n. 282 del 2002, questa Corte ha  sottolineato
che alla base dei livelli essenziali vi e' l'esigenza, che giustifica
la competenza esclusiva statale, di «porre le  norme  necessarie  per
assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di
prestazioni garantite, come contenuto  essenziale  di  tali  diritti,
senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle». 
    Particolarmente  significativa,  con  riferimento   al   presente
conflitto, e' la gia' citata sentenza n. 322 del 2009, relativa  alla
certificazione  ambientale  o  di  qualita'  rilasciata  da  soggetto
certificatore accreditato, nella quale si afferma che la disposizione
allora impugnata «mira [...]  ad  assicurare  che  tutte  le  imprese
fruiscano,  in  condizioni  di  omogeneita'  sull'intero   territorio
nazionale, ad uno stesso livello, della possibilita' di avvalersi  di
una  prestazione,  corrispondente  all'ottenimento   di   una   delle
certificazioni  di  qualita'  dalla  stessa   previste,   concernenti
molteplici ambiti e scopi, da parte di appositi  enti  certificatori,
accreditati  in  ragione  del  possesso  di   specifici   requisiti»,
affidando «ad un regolamento governativo (da adottarsi previo  parere
della Conferenza  Stato-Regioni)  [il]  compito  di  individuare  "le
tipologie  dei  controlli"».  Dato  che  la  «disciplina   e'   [...]
riconducibile alla materia  "determinazione  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  che  devono
essere  garantiti  su  tutto  il  territorio  nazionale",  attribuita
dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), Cost.  alla  competenza
legislativa esclusiva dello Stato», a  quest'ultimo  spetta,  dunque,
«anche la potesta' normativa secondaria, con la naturale  conseguenza
della attribuzione del potere regolamentare». 
    La disposizione regolamentare oggetto del conflitto ha l'evidente
finalita' di predisporre modelli procedurali semplificati,  in  grado
di accelerare i tempi che siano, nel contempo, uniformi su  tutto  il
territorio nazionale.  Chiare  ed  inequivocabili  sono,  quindi,  le
esigenze di uniformita' della disciplina in  tema  di  autorizzazione
paesaggistica su tutto il territorio nazionale, tanto da giustificare
- grazie al citato parametro (art. 117,  secondo  comma,  lettera  m,
Cost.) - che  si  impongano  anche  all'autonomia  legislativa  delle
Regioni. 
    5.- Nella disposizione censurata si ravvisa  l'esigenza  (comune,
per gli argomenti sopra esposti, ai provvedimenti di  semplificazione
amministrativa, a prescindere dalla materia sulla  quale  vengano  ad
incidere)  «di  determinare   livelli   essenziali   di   prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il  territorio  nazionale,  compreso  quello  delle  Regioni  a
statuto speciale e delle Province  autonome»  (sentenza  n.  164  del
2012). 
    6.- In conclusione, la materia esula dall'ambito di  applicazione
dello statuto di autonomia della Provincia e  la  riconduzione  della
disciplina in esame all'art. 117, secondo comma,  lettera  m),  Cost.
comporta la non fondatezza del conflitto in oggetto.