ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma
61, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225  (Proroga  di  termini
previsti da disposizioni  legislative  e  di  interventi  urgenti  in
materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie),  come
aggiunto dalla legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10, promossi
dal Tribunale di Velletri con ordinanza del 17  ottobre  2011  e  dal
Tribunale di Napoli con ordinanza del 24  giugno  2011,  iscritte  ai
numeri 84 e  90  del  registro  ordinanze  2012  e  pubblicate  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  numeri  20  e  21,  prima  serie
speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di costituzione di L. M.; 
    udito nella camera di consiglio del 19 settembre 2012 il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Napoli, con ordinanza  del
24 giugno 2011 (r.o. n. 90 del 2012), ha  sollevato,  in  riferimento
agli articoli 3, 24, 101, 102, 104, 111, e 117,  primo  comma,  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
2, comma 61, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225  (Proroga  di
termini previsti da disposizioni legislative e di interventi  urgenti
in materia tributaria e di sostegno alle  imprese  e  alle  famiglie)
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011,  n.  10,
comma aggiunto dalla detta legge di conversione; 
    che il rimettente premette di essere  investito  di  un  giudizio
promosso da G.I.C.A. s.n.c. nei confronti del Monte Paschi  di  Siena
s.p.a., avente ad oggetto la domanda di accertamento della nullita' -
per violazione della normativa in materia di anatocismo,  commissioni
di massimo scoperto ed usura - delle clausole contrattuali relative a
rapporti di conto corrente e di  conto  anticipi  intrattenuti  dalla
attrice con l'istituto di credito, nonche' la domanda di accertamento
del diritto  dell'attrice  medesima  alla  ripetizione  dell'indebito
versato; 
    che, nel costituirsi, il  Monte  Paschi  di  Siena  s.p.a.  aveva
eccepito  la  prescrizione  decennale  dell'azione   di   ripetizione
dell'indebito oggettivo per tutte le annotazioni anteriori al 2 marzo
2001, essendo stato l'atto di citazione notificato in  data  2  marzo
2011; 
    che, con istanza depositata in data 16 giugno 2011,  GICA  s.n.c.
aveva chiesto di sollevare questione di  legittimita'  costituzionale
del citato art. 2, comma 61, in riferimento agli articoli 3, 24, 101,
102, 104, 111, e 117, primo comma, Cost.; che il detto art. 2,  comma
61, dispone: «In ordine alle operazioni bancarie  regolate  in  conto
corrente l'articolo 2935 del codice civile si  interpreta  nel  senso
che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione  in
conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. In  ogni
caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia'  versati  alla
data di entrata in vigore della legge  di  conversione  del  presente
decreto»; 
    che, in punto di rilevanza, il giudice a quo  osserva  che  dalla
sollevata  questione  di  legittimita'  costituzionale  dipende  ogni
valutazione  in  merito  all'intervenuta  prescrizione  dei   diritti
nascenti dalle annotazioni in conto effettuate oltre dieci anni prima
della data di notificazione dell'atto di citazione; 
    che, in punto di non  manifesta  infondatezza,  il  rimettente  -
facendo  sostanzialmente   propri   i   profili   di   illegittimita'
costituzionale evidenziati dalla parte privata nella istanza  del  16
giugno 2011 - assume la violazione dei  limiti  interni,  individuati
dalla  Corte  costituzionale,  alla  ammissibilita'  di   una   norma
interpretativa, nonche' la violazione degli artt. 3,  24,  101,  102,
104, 111 e 117 Cost.,  in  relazione  all'art.  6  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n.
848; 
    che,  quanto  alla  ritenuta  violazione   dei   limiti   interni
all'ammissibilita' di una  norma  di  interpretazione  autentica,  il
giudice a quo deduce la irragionevolezza della  norma  censurata  sia
per la inesistenza di una  norma  specifica  da  interpretare,  quale
condizione  dell'esercizio  del  potere  di   legislazione   a   fini
interpretativi,  sia  perche'   l'interpretazione   prospettata   non
potrebbe essere inclusa tra quelle  legittimamente  desumibili  dalla
disciplina complessiva dell'istituto; 
    che, in relazione al primo rilievo, il  rimettente  osserva  come
l'art. 2935 del codice civile - secondo cui il dies a  quo,  ai  fini
della prescrizione di un diritto, decorre dal momento in cui  il  suo
titolare  e'  posto  nelle  condizioni  di   poterlo   esercitare   -
costituisce una regola  di  carattere  generale,  necessitante  della
etero-integrazione della disciplina speciale prevista per  i  singoli
tipi contrattuali,  nonche'  dei  principi  generali  in  materia  di
adempimento delle obbligazioni e di ripetizione d'indebito; 
    che, nel caso di specie, le norme etero-integratrici sarebbero da
individuare nella disciplina delle operazioni bancarie  e  nel  conto
corrente bancario; 
    che il giudice a quo rileva come  una  legge  di  interpretazione
autentica avrebbe dovuto avere ad oggetto una norma che disciplinasse
di per se', in maniera specifica, la  decorrenza  della  prescrizione
con riguardo al contratto di apertura di credito, regolato  in  conto
corrente, selezionandone una delle possibili opzioni; 
    che, invero, l'inesistenza  di  una  disciplina  specifica  aveva
indotto gli interpreti ad applicare un principio generale (desumibile
dall'art. 2935 cod. civ.), adattato allo schema e alla  funzione  del
singolo contratto bancario; 
    che, quanto  al  secondo  rilievo,  concernente  l'impossibilita'
d'includere  la  soluzione  interpretativa  prospettata  tra   quelle
legittimamente desumibili dalla disciplina complessiva dell'istituto,
il rimettente osserva come, nel rapporto di conto corrente  bancario,
in armonia con i principi generali  in  materia  di  adempimento,  di
ripetizione d'indebito e con quelli relativi alla causa del contratto
medesimo, il decorso della prescrizione dell'azione di ripetizione  -
come ritenuto  dalla  Corte  di  cassazione  a  sezioni  unite  nella
sentenza del 2 dicembre 2010, n. 24418 - sarebbe da  individuare:  a)
nel versamento (nell'ipotesi di  conto  passivo,  senza  affidamento,
come di superamento del  limite  affidato);  b)  nella  chiusura  del
rapporto (quando non siano  effettuati  versamenti,  in  pendenza  di
rapporto, o quando il versamento effettuato in pendenza  di  rapporto
abbia funzione meramente ripristinatoria dell'affido utilizzabile); 
    che, infatti, quando il passivo  non  abbia  superato  il  limite
dell'affidamento concesso al cliente, i versamenti da questo posti in
essere avrebbero natura di atti ripristinatori della provvista di cui
il correntista puo' ancora continuare a godere (Corte di  cassazione,
sezioni unite civili, sentenza 2  dicembre  2010,  n.  24418  citata,
nonche' Corte di cassazione, sentenze 6 novembre 2007, n.  23107,  23
novembre 2005, n. 24588 e 18 ottobre 1982, n. 5413); 
    che, in questo caso, la fattispecie dell'adempimento, sub  specie
di pagamento, sara' configurabile soltanto dopo  che,  conclusosi  il
rapporto di apertura di credito in conto  corrente,  la  banca  abbia
preteso e ottenuto dal correntista la restituzione del saldo  finale,
nel computo del quale  risultino  comprese  somme  e  competenze  non
dovute; 
    che, ad avviso del  rimettente,  il  legislatore,  con  la  norma
censurata,  avendo  fatto  decorrere  la  prescrizione  dei   diritti
nascenti  dall'annotazione  dal  giorno  di   questa,   non   avrebbe
attribuito alla norma interpretata un significato compatibile con  il
novero delle possibili opzioni ermeneutiche; 
    che l'esclusione dell'interpretazione della norma  censurata  dal
novero   di   quelle   ammissibili   si   desumerebbe   anche   dalla
individuazione, ad opera  del  legislatore,  del  dies  a  quo  della
decorrenza della prescrizione in  una  circostanza  di  fatto,  quale
l'annotazione in conto, esulante dalla sfera conoscitiva del cliente,
essendo quest'ultimo edotto delle movimentazioni del  conto  soltanto
con la ricezione dell'estratto conto; 
    che, con riferimento  all'assunta  violazione  del  principio  di
azione e di indefettibilita'  della  tutela  giurisdizionale  di  cui
all'art. 24 Cost., il Tribunale censura sia la prima che  la  seconda
parte del citato art. 2, comma 61; 
    che,  in  particolare,  in  ordine   alla   prima   parte   della
disposizione,  secondo  cui  «In  ordine  alle  operazioni   bancarie
regolate in conto corrente  l'articolo  2935  del  codice  civile  si
interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti
dall'annotazione   in   conto   inizia   a   decorrere   dal   giorno
dell'annotazione  stessa»,  il  rimettente  denuncia  la  scelta  del
legislatore diretta ad individuare il dies a quo  del  decorso  della
prescrizione  in  una  circostanza  di  fatto,  cioe'  l'annotazione,
esulante dalla sfera conoscitiva e di conoscibilita' del cliente; 
    che, allo stesso modo, il  rimettente  assume  la  illegittimita'
della seconda parte della disposizione, secondo cui «In ogni caso non
si fa luogo alla restituzione di importi gia' versati  alla  data  di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto  »,
qualora sia letta - non nel senso di  una  clausola  di  salvaguardia
della posizione giuridica di chi abbia gia' ricevuto il rimborso, cui
la prescrizione non puo' essere piu' eccepita - ma nel  senso  di  un
divieto di ripetizione  delle  somme  indebitamente  corrisposte  dai
clienti del sistema  bancario  (come  interessi  superiori  al  tasso
legale o anatocistici); 
    che tale ultima opzione interpretativa - che, secondo  lo  stesso
rimettente,  sarebbe  probabilmente  da  escludere  sulla   base   di
un'esegesi costituzionalmente orientata della norma -  contrasterebbe
con il principio di "giustiziabilita'" delle posizioni giuridiche; 
    che, con riguardo alla  dedotta  violazione  dell'art.  3  Cost.,
sotto il profilo del principio di uguaglianza e di ragionevolezza, il
Tribunale   lamenta,   in   primo   luogo,   la    introduzione    di
un'inammissibile disparita' di trattamento tra banche  e  utenti  del
sistema bancario, in quanto la norma censurata,  nello  stabilire  il
dies a quo della  decorrenza  della  prescrizione  nel  giorno  della
annotazione,  assicurerebbe  un  ingiustificato  privilegio  per   le
banche, a danno del contraente debole, qual e' l'utente  del  sistema
bancario; 
    che, sempre con riferimento all'assunto contrasto  con  l'art.  3
Cost.,  il  rimettente  denuncia  la  violazione  del  principio   di
uguaglianza  anche   sotto   il   profilo   della   introduzione   di
un'inammissibile disparita' di trattamento tra tipologie contrattuali
assimilabili sotto il profilo funzionale; 
    che,  al  riguardo,  il  Tribunale  rileva  come  il   cosiddetto
contratto di conto corrente  di  corrispondenza,  qualificabile  come
negozio complesso atipico o come  forma  di  collegamento  negoziale,
ricomprenderebbe delle fattispecie, quali, ad esempio, il  mandato  o
il deposito, la prescrizione dei cui diritti inizierebbe a  decorrere
dalla cessazione dei rispettivi rapporti; 
    che, in ordine  all'assunta  violazione  dell'art.  3  Cost.,  il
giudice a quo lamenta, inoltre,  l'introduzione  di  un'inammissibile
disparita'  di   trattamento   tra   somme   versate   indebitamente,
rispettivamente prima e dopo  l'entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del decreto-legge n. 225 del 2010; 
    che,  in  particolare,  in  forza  della  seconda   parte   della
disposizione  censurata,  la  paralisi  dei  poteri   sostanziali   e
processuali di tutela degli utenti del  sistema  bancario  opererebbe
per le sole somme gia' versate alla data di entrata in  vigore  della
legge di conversione  del  detto  decreto-legge,  con  ingiustificata
compressione del diritto di ripetizione dell'indebito  solo  per  chi
abbia posto in essere pagamenti fino alla suddetta soglia temporale; 
    che  il  Tribunale  assume  anche  il  contrasto   della   citata
disposizione con l'art. 111 Cost., in tema di  giusto  processo,  sub
specie della  parita'  delle  armi,  in  quanto,  supportata  da  una
previsione di retroattivita', verrebbe a sancire - se non altro nelle
ipotesi in cui dalle indebite annotazioni della banca sia decorso  un
decennio - la paralisi dei poteri sostanziali e  processuali  di  chi
abbia  agito  in  giudizio   esperendo   un'azione   di   ripetizione
dell'indebito; 
    che il rimettente deduce, altresi', la violazione dell'art.  117,
primo comma, Cost. in relazione all'art. 6 della  Convezione  europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU); 
    che tale norma convenzionale, nell'interpretazione  datane  dalla
Corte EDU, impone al legislatore  di  uno  Stato  contraente  di  non
interferire  nell'amministrazione  della  giustizia  allo  scopo   di
influire sulla singola causa o su di  una  determinata  categoria  di
controversie,  attraverso  norme  interpretative  che,  violando   il
principio  di  «parita'  delle  armi»,  assegnino  alla  disposizione
interpretata  un  significato   vantaggioso   per   una   parte   del
procedimento, salvo il  caso  di  «ragioni  imperative  di  interesse
generale»; 
    che, nel caso di specie, il legislatore nazionale avrebbe emanato
una norma interpretativa - in presenza di un notevole  contenzioso  e
di un orientamento della Corte di cassazione sfavorevole alle  banche
- contrastante con il principio di «parita' delle armi», non  essendo
prefigurabili «ragioni imperative  d'interesse  generale»  idonee  ad
escludere la violazione del divieto d'ingerenza  nell'amministrazione
della giustizia; 
    che, infine, il giudice a quo deduce il contrasto con  gli  artt.
101, 102, 104 Cost. sotto il profilo della possibile incidenza  della
norma censurata su concrete fattispecie "sub iudice", a vantaggio  di
una delle due parti del giudizio (ex plurimis: sentenza  n.  397  del
1994); 
    che il Tribunale ordinario di  Velletri,  con  ordinanza  del  17
ottobre 2011 (r.o. n. 84 del 2012), ha sollevato, in riferimento agli
articoli 3, 24, 41, 47, 102, 117, primo  comma,  della  Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma  61,  del
citato decreto-legge n. 225 del 2010, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, comma aggiunto dalla detta legge
di conversione; 
    che il rimettente premette di essere  investito  di  un  giudizio
promosso dal sig. L. M. nei confronti della Banca Popolare del Lazio,
societa' cooperativa a responsabilita' limitata,  avente  ad  oggetto
l'azione di accertamento della nullita' delle  clausole  contrattuali
di capitalizzazione trimestrale di interessi  passivi,  di  interessi
ultralegali, di commissioni di massimo scoperto,  relative  al  conto
corrente intercorso tra l'attore e l'istituto di  credito  convenuto,
con  condanna  di   quest'ultimo   alla   ripetizione   delle   somme
indebitamente percepite; 
    che,  nel  costituirsi  nel  giudizio,  la  banca  convenuta   ha
eccepito, tra l'altro,  la  prescrizione  decennale  del  diritto  di
ripetizione dell'indebito dalla data di annotazione di  ogni  singola
posta contestata, stante la sopravvenienza del citato art.  2,  comma
61; 
    che, in punto di rilevanza, il giudice a quo osserva  come  dalla
applicazione del primo periodo del  detto  art.  2,  comma  61  -  se
interpretato nel  senso  del  decorso  della  prescrizione  decennale
dell'azione di ripetizione dell'indebito,  non  gia'  dalla  data  di
estinzione del rapporto di conto corrente,  ma  dal  giorno  di  ogni
singola annotazione -conseguirebbe l'estinzione per prescrizione  del
diritto dell'attore alla ripetizione degli importi versati  a  titolo
solutorio e annotati in data anteriore al 10 marzo 1998, ovvero oltre
dieci anni prima della data di notificazione dell'atto di citazione; 
    che il rimettente aggiunge come dalla  applicazione  del  secondo
periodo dell'art. 2, comma 61 - se interpretato nel senso che,  nelle
operazioni bancarie in conto corrente, ciascuna delle parti puo'  non
restituire gli importi gia' versati alla data del  27  febbraio  2011
(data di entrata in vigore della  legge  di  conversione  n.  10  del
2011), anche se non dovuti - conseguirebbe il  rigetto  totale  della
domanda di ripetizione dell'attore, essendo stato chiuso il  rapporto
di conto corrente bancario  in  data  10  giugno  2002,  per  cui  si
tratterebbe di versamenti tutti antecedenti alla data di  entrata  in
vigore della legge n. 10 del 2011; 
    che, in punto di non manifesta infondatezza, il rimettente assume
la violazione degli artt. 3, 24,  101,  102,  104,  111,  117,  primo
comma, Cost. in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali; 
    che, quanto all'assunto contrasto con l'art. 3 Cost., il  giudice
a quo deduce la violazione dei limiti interni di ammissibilita' delle
norme di interpretazione autentica - incertezze  applicative  di  una
norma, contrasti giurisprudenziali, possibili varianti di  senso  del
testo  originario  -  nonche'  la  violazione  dei  limiti   generali
all'efficacia retroattiva delle leggi, limiti costituiti dai principi
di ragionevolezza, di non introduzione di  ingiustificate  disparita'
di   trattamento,   di   tutela   dell'affidamento,    di    certezza
dell'ordinamento  giuridico  e  di  non  invasione   delle   funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario; 
    che, in particolare, ad avviso del rimettente, il  legislatore  -
in mancanza dei presupposti di incertezza del diritto o di  contrasto
giurisprudenziale per l'emanazione di una  norma  di  interpretazione
autentica - avrebbe  irragionevolmente  riservato  un  ingiustificato
trattamento di favore alle  banche  sulla  base  di  un  orientamento
giurisprudenziale minoritario disatteso dalla sentenza della Corte di
cassazione, sezioni unite civili, n. 24418 del 2010, secondo  cui  il
dies a quo per il decorso della prescrizione era da individuare nella
chiusura del conto e non gia' nella annotazione; 
    che, inoltre, la norma censurata, operando  sull'art.  2935  cod.
civ., introdurrebbe una sanatoria di ben  definiti  ed  individuabili
rapporti di  conto  corrente  preesistenti  alla  introduzione  della
medesima  e,  di  fatto,  derogherebbe  alla  regola  generale  della
irretroattivita' delle norme di diritto sostanziale,  cosi'  violando
il principio costituzionale di uguaglianza; 
    che il detto art. 2, comma 61, restringerebbe  irragionevolmente,
altresi',  il  campo  di  applicazione  dell'art.  2935  cod.   civ.,
derogando eccezionalmente a quest'ultima norma quanto alla decorrenza
del termine di prescrizione e darebbe luogo,  in  tal  modo,  ad  una
ingiustificata disparita' di trattamento rispetto agli altri titolari
di crediti pecuniari derivanti da ripetizioni di somme  indebitamente
corrisposte; 
    che, ad avviso del rimettente,  qualora  la  norma  censurata  si
applicasse  anche  per  il  passato  e  ai  giudizi  in   corso,   si
configurerebbe anche una violazione  dell'art.  24  Cost.,  sotto  il
profilo della limitazione dei  diritti  di  tutela  primari,  nonche'
dell'art. 102 Cost., sotto il profilo di un'ingiustificata  invasione
delle prerogative proprie della magistratura ordinaria; 
    che il rimettente ravvisa, altresi', la violazione degli artt. 41
e 47  Cost.  in  quanto  la  norma  censurata,  eludendo  lo  spirito
dell'intero "corpus  normativo"  nel  quale  e'  inserita,  piu'  che
supportare  le  famiglie  e  le  imprese  in  stato  di   difficolta'
economica, colpirebbe  i  diritti  e  le  aspettative  di  esse  alla
riscossione di somme indebitamente contabilizzate dagli  istituti  di
credito durante lo svolgimento di rapporti in conto corrente e  dagli
stessi percepite in violazione di norme di ordine  pubblico,  nonche'
pregiudicherebbe anche il diritto delle banche alla  restituzione  di
somme date a mutuo ai correntisti in regime di apertura di credito in
conto corrente, se annotate oltre  dieci  anni  prima  della  formale
richiesta di rientro o di pagamento del saldo finale di chiusura  del
conto; 
    che, in ordine all'assunto contrasto con l'art. 117, primo comma,
Cost., attraverso la violazione dell'art. 6 della Convenzione europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali,  statuente  il  diritto  ad  un  giusto  processo,   il
rimettente osserva come il legislatore  avrebbe  adottato  una  norma
"interpretativa"  in   presenza   di   differenti   contenziosi,   e,
soprattutto, successivamente alla sentenza della Corte di  cassazione
n.   24418   del    2010,    cosi'    operando    una    interferenza
nell'amministrazione  della  giustizia  allo  scopo  di  influire  su
singole controversie, in assenza di «ragioni imperative di  interesse
generale»; 
    che nel giudizio incidentale, con comparsa depositata in data  1°
giugno 2012, si e' costituito il sig.  L.  M.,  attore  nel  giudizio
principale, aderendo alle censure  di  illegittimita'  costituzionale
prospettate dal  rimettente  e  deducendo,  altresi',  la  violazione
dell'art. 111 Cost., sotto  il  profilo  del  diritto  ad  un  giusto
processo. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Napoli e  il  Tribunale
ordinario  di  Velletri,  con  le  ordinanze  indicate  in  epigrafe,
sollevano questioni di legittimita' costituzionale  dell'articolo  2,
comma 61, del decreto-legge 29 dicembre  2010,  n.  225  (Proroga  di
termini previsti da disposizioni legislative e di interventi  urgenti
in materia tributaria e di sostegno alle imprese  e  alle  famiglie),
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011,  n.  10,
comma aggiunto in sede di conversione, ipotizzando, nel complesso, la
violazione degli articoli 3, 24, 41, 47, 101, 102, 104,  111  e  117,
primo comma, della Costituzione; 
    che, pertanto, i relativi giudizi, essendo strettamente connessi,
vanno riuniti per essere definiti con unica pronuncia; 
    che, successivamente all'ordinanza di rimessione,  questa  Corte,
con  sentenza  n.  78  del  2012,  ha   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale di detto art. 2, comma 61; 
    che, per effetto di tale sentenza, le questioni  di  legittimita'
costituzionale  della  medesima  norma,   sollevate   dagli   odierni
rimettenti, sono divenute prive di oggetto e, pertanto, devono essere
dichiarate manifestamente inammissibili; 
    che a tale conclusione si giunge sul rilievo che le questioni  in
esame riguardano la stessa norma  della  quale  e'  stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale con la richiamata sentenza n. 78  del
2012, sicche', in forza dell'efficacia ex tunc di tale pronuncia,  e'
preclusa al giudice a quo  una  nuova  valutazione  della  perdurante
rilevanza delle questioni  stesse,  unica  valutazione  che  potrebbe
giustificare la restituzione degli atti  al  giudice  rimettente  (da
ultimo, ordinanze n. 146 del 2012; n. 76 del 2012; n. 312, n. 85,  n.
55 e n. 19 del 2011, n. 298 e n. 222 del 2010). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.