ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2,  commi
1, 2, 3, 5, 11 e 15, nonche' dell'art. 7, comma 5, della legge  della
Provincia autonoma di Bolzano 12  dicembre  2011,  n.  14  (Norme  in
materia di caccia, pesca, foreste, ambiente, usi civici, agricoltura,
patrimonio ed urbanistica), promosso dal Presidente del Consiglio dei
ministri con ricorso notificato il 17-22 febbraio 2012, depositato in
cancelleria il 23 febbraio 2012 ed iscritto al  n.  31  del  registro
ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  6  novembre  2012  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Maria Pia Camassa per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giuseppe Franco  Ferrari  per
la Provincia autonoma di Bolzano. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 17-22 febbraio 2012  e  depositato
il 23 febbraio 2012, iscritto al n. 31 del registro ricorsi 2012,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura Generale dello Stato, ha proposto impugnazione in via
principale dell'articolo 2, commi 1,  2,  3,  5,  11  e  15,  nonche'
dell'art. 7, comma 5, della legge della Provincia autonoma di Bolzano
12 dicembre 2011, n. 14 (Norme in materia di caccia, pesca,  foreste,
ambiente,  usi  civici,  agricoltura,  patrimonio  ed   urbanistica),
pubblicata  nel   Bollettino   ufficiale   della   Regione   autonoma
Trentino-Alto Adige del 20 dicembre 2011, n. 51,  Supplemento  n.  1,
per violazione dell'articolo 117, primo e secondo comma, lettere e) e
s), della Costituzione e degli articoli 4 e 8, comma 1,  del  decreto
del Presidente della Repubblica  31  agosto  1972,  n.  670  (Statuto
speciale per la Regione Trentino-Alto Adige). 
    2. - Il ricorrente rileva che, ai sensi dell'art. 8, primo comma,
punti n.  15)  e  n.  16)  dello  statuto  speciale  per  la  Regione
Trentino-Alto Adige, la Provincia autonoma  di  Bolzano  ha  potesta'
legislativa primaria  in  materia  di  caccia  e  di  parchi  per  la
protezione  della  flora  e  della  fauna.  Tuttavia,   secondo   una
consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (e'  citata  la
sentenza n. 378  del  2007),  la  competenza  legislativa  in  ordine
all'ambiente nella sua interezza e' affidata in  via  esclusiva  allo
Stato dall'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  il  quale
utilizza il termine «ambiente» in termini onnicomprensivi,  ponendovi
accanto la parola «ecosistema».  Ne  conseguirebbe,  a  giudizio  del
Presidente del Consiglio, che allo Stato spetta disciplinare in  modo
unitario e complessivo il bene  «ambiente»,  inteso  come  un'entita'
organica, che esprime un interesse pubblico di valore  costituzionale
primario (sentenza n. 151 del 1986) ed assoluto (sentenza n. 210  del
1987),  nonche'  garantire,  secondo  le  prescrizioni  del   diritto
comunitario, un elevato  livello  di  tutela  inderogabile  da  altre
discipline di settore. 
    Inoltre, osserva ancora il ricorrente, la disciplina unitaria del
bene complessivo ambiente, attribuita in via esclusiva allo Stato, si
porrebbe come limite e prevarrebbe su quella adottata dalle Regioni e
dalle  Province  autonome  in  materie  di  loro  competenza  ed   in
riferimento ad altri interessi (sentenza n. 380 del 2007). 
    2.1. - Secondo il ricorrente  sarebbe  indubbio  che  l'esercizio
dell'attivita' venatoria - in particolare la selezione  delle  specie
cacciabili  e  la  definizione  dei  periodi   aperti   all'attivita'
venatoria (ex plurimis sentenze n. 2 del 2012, n. 191  del  2011,  n.
226 del 2003 e n. 536 del 2002) - sia da ricomprendere nella  nozione
di  ambiente  e  di  ecosistema,  dal  momento  che  tale   attivita'
inciderebbe sulla tutela della fauna e di conseguenza sull'equilibrio
dell'ecosistema. In conclusione,  nelle  materie  disciplinate  dalla
legge in esame,  il  legislatore  provinciale,  nell'esercizio  della
propria competenza legislativa  piena,  sarebbe  tenuto  al  rispetto
degli  standards  minimi  ed  uniformi  di   tutela   fissati   dalla
legislazione nazionale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost., oltre che  al  rispetto  della  normativa  comunitaria  di
riferimento, vale a dire la direttiva 2 aprile  1979,  n.  79/409/CEE
(Direttiva del Consiglio concernente la conservazione  degli  uccelli
selvatici), la direttiva 21 maggio 1992, n. 92/43/CEE (Direttiva  del
Consiglio  relativa  alla  conservazione  degli  habitat  naturali  e
seminaturali e della flora e della fauna  selvatiche),  la  direttiva
88/22/CEE (quest'ultima direttiva e' erroneamente citata;  al  numero
indicato corrisponde non una direttiva, bensi' una decisione, che  ha
un oggetto  estraneo  alla  materia  della  caccia),  secondo  quanto
disposto dall'art. 4, comma 1, dello statuto  speciale  di  autonomia
del Trentino-Alto Adige e dall'art. 117, primo comma, Cost. 
    2.2.  -  In  base  a  queste  premesse,  secondo  il  ricorrente,
sarebbero censurabili le disposizioni della legge prov. Bolzano n. 14
del 2011 sopra richiamate, poiche' si  porrebbero  in  contrasto  con
puntuali disposizioni della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per
la protezione della fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo
venatorio) e del decreto del Presidente della  Repubblica  8  ottobre
1997,  n.  357  (Regolamento  recante  attuazione   della   direttiva
92/43/CEE  relativa  alla  conservazione  degli  habitat  naturali  e
seminaturali, nonche' della flora  e  della  fauna  selvatiche),  che
costituirebbero un  limite  alla  potesta'  legislativa  regionale  e
provinciale,  in  quanto  contenenti  disposizioni  che  stabiliscono
standards minimi ed uniformi su tutto il territorio  nazionale,  come
tali non derogabili. 
    Peraltro,   il   ricorrente   rileva   come   la   giurisprudenza
costituzionale avrebbe gia' ampiamente riconosciuto il  carattere  di
norma fondamentale di riforma economico-sociale alla legge n. 157 del
1992. 
    3 - In particolare l'art. 2, comma 1, della legge  prov.  Bolzano
n. 14 del 2011, che modifica l'art. 2, comma  1,  della  legge  della
Provincia autonoma di Bolzano 17 luglio 1987, n.  14  (Norme  per  la
protezione  della  selvaggina  e  per  l'esercizio   della   caccia),
escludendo dal campo di applicazione della norma,  che  definisce  la
fauna selvatica, i piccioni domestici inselvatichiti si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 2 della legge n. 157 del 1992. 
    4. - Il successivo comma 2 dell'art. 2 della legge prov.  Bolzano
n. 14 del 2011, che modifica le lettere b) ed e) dell'art.  4,  comma
1, della legge prov. Bolzano  n.  14  del  1987,  contrasterebbe  con
quanto disposto dalla normativa statale,  prevedendo  per  le  specie
volpe, cinghiale, lepre bianca e pernice bianca,  periodi  di  caccia
diversi da quelli stabiliti dall'art. 18, commi 1 e 2,  della  citata
legge n. 157 del 1992, nonche' maggiori rispetto  all'arco  temporale
massimo ivi consentito. In particolare, per il cinghiale e  la  volpe
l'impugnata norma provinciale consente la caccia dal 1° luglio al  31
gennaio, quindi per sette mesi, mentre la norma statale permette tale
attivita' dalla terza domenica di settembre  al  31  gennaio  per  la
volpe e dal 1° ottobre al 31 dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio
per il cinghiale, quindi per un periodo di tempo minore.  Per  quanto
riguarda la lepre bianca e la pernice bianca, la norma provinciale ne
legittima la caccia dal 1° ottobre al 15 dicembre,  mentre  la  norma
statale indica, per tali  specie,  il  periodo  compreso  tra  il  1°
ottobre ed il 30 novembre, quindi, anche  in  questo  caso,  un  arco
temporale minore. 
    5. - Il comma 3 del medesimo art. 2 della legge prov. Bolzano  n.
14 del 2011, che inserisce il comma 1-bis  nell'art.  4  della  legge
prov. Bolzano n. 14 del 1987, prevedendo che in zone  frutti-viticole
determinate l'esercizio della caccia alla  lepre  comune,  al  merlo,
alla cesena ed al tordo bottaccio sia consentito fino al 10 gennaio e
consentendo nel periodo a partire dal 16 dicembre  di  ogni  anno  la
caccia a queste tre specie di turdidi tutti i giorni della settimana,
si porrebbe in contrasto con l'art. 18, comma 1, della legge  n.  157
del 1992 per quanto riguarda i periodi di caccia e con i commi 5 e  6
del medesimo  art.  18,  che  affermano  il  principio  del  silenzio
venatorio nei giorni di  martedi'  e  venerdi',  non  potendo  essere
superiori a tre le giornate di caccia settimanale. 
    6 - L'art. 2, comma 5, della legge prov. Bolzano n. 14 del  2011,
il quale sostituisce l'art. 13 della legge prov. Bolzano  n.  14  del
1987,  prevedendo  che  l'esercizio  dell'attivita'   venatoria   sia
consentito sia in forma  vagante  che  mediante  appostamento  fisso,
contrasterebbe con l'art. 12, comma 5, della legge n. 157  del  1992,
in forza del quale l'esercizio venatorio puo' essere praticato in via
esclusiva in una delle seguenti forme: a) vagante in zona Alpi; b) da
appostamento fisso; c) nell'insieme delle altre  forme  di  attivita'
venatoria consentite dalla detta  legge  e  praticate  nel  rimanente
territorio destinato all'attivita' venatoria programmata. 
    7. - Il successivo comma 11 dell'art. 2 della legge prov. Bolzano
n. 14 del 2011, che aggiunge il comma 3 all'art. 29 della legge prov.
Bolzano n. 14 del 1987,  prevedendo  che  l'assessore  competente  in
materia di caccia predispone  un  piano  di  controllo  della  nutria
(Myocastor coypus) al  fine  di  controllare  la  propagazione  della
specie, da attuarsi dal Corpo  forestale  e  dagli  agenti  venatori,
violerebbe il disposto di cui all'art. 2, comma 1, della legge n. 157
del 1992, in quanto tale specie e' considerata fauna selvatica  e  le
azioni volte al suo controllo sono disciplinate dall'art.  19,  comma
2, della citata legge statale. Ai sensi di quest'ultima  disposizione
l'autorizzazione all'abbattimento di esemplari per le  finalita'  ivi
espressamente indicate, puo' essere rilasciata  unicamente  dopo  che
l'Istituto superiore  per  la  ricerca  e  la  protezione  ambientale
(ISPRA)  abbia  verificato  l'inefficacia  dell'utilizzo  dei  metodi
ecologici  di  controllo  adottati.  Risulterebbe  allora   evidente,
secondo il ricorrente, che la  disposizione  provinciale,  prevedendo
una procedura di abbattimento delle  nutrie  senza  subordinare  tale
attivita'    alla    valutazione    tecnica    dell'ISPRA,    sarebbe
costituzionalmente illegittima. 
    8. - Il comma 15 dell'art. 2 della legge prov. Bolzano n. 14  del
2011, che inserisce l'art. 36-bis nella legge prov. Bolzano n. 14 del
1987, prevedendo che  l'associazione  dei  cacciatori  istituisca  un
fondo di garanzia da utilizzare per indennizzare ogni danno  arrecato
alle colture agricole e forestali dalla fauna selvatica cacciabile  e
che tale fondo venga alimentato da un contributo finanziario  annuale
dovuto da ogni titolare di  un  permesso  annuale  o  d'ospite  nella
misura compresa fra il cinque e il dieci per  cento  della  tassa  di
concessione annuale per la licenza di porto  di  fucile  per  uso  di
caccia,  violerebbe  i  vincoli  posti  al  legislatore   provinciale
dall'art. 8, comma 1, dello statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige, nonche' violerebbe la competenza esclusiva statale in  materia
di sistema tributario di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost. (sono citate le sentenze n. 451 del 2007, n. 412 e n.  413  del
2006 e n. 455 del 2005), in relazione all'art. 1,  comma  123,  della
legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  -  legge  di  stabilita'
2011). 
    Secondo  il  ricorrente,  tale  contributo  rappresenterebbe   in
sostanza un tributo a carico di quei soggetti  titolari  di  permessi
annuali o d'ospite, che esercitano l'attivita' venatoria e  che  sono
tenuti a risarcire il danno causato alle colture agricole e forestali
dalla fauna selvatica cacciabile. La  norma  provinciale  sembrerebbe
contrastare con le vigenti disposizioni,  che  sospendono  il  potere
delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei  tributi,
delle addizionali,  delle  aliquote  ovvero  delle  maggiorazioni  di
aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge  statale,  contenute
inizialmente nell'art. 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio  2008,
n. 9 (recte n. 93) (Disposizioni urgenti per salvaguardare il  potere
di acquisto delle famiglie),  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 24 luglio 2008,  n.  126,  abrogato  dall'art.  13,  comma  14,
lettera a), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201  (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equita'  e  il  consolidamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni,  dalla  legge  22  dicembre
2011, n. 214, disposizioni riproposte con l'art.  77-bis,  comma  30,
del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito dalla legge 6 agosto 2008,  n.  133.  Tale  previsione  e'
stata successivamente reiterata con l'art. 1, comma 123, della  legge
n.  220  del  2010,  secondo  il  quale   «resta   confermata,   sino
all'attuazione del federalismo fiscale,  la  sospensione  del  potere
delle Regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei  tributi,
delle addizionali,  delle  aliquote  ovvero  delle  maggiorazioni  di
aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato, di  cui
al comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008,  n.  93,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio  2008,  n.  126,
fatta eccezione per gli  aumenti  relativi  alla  tassa  dei  rifiuti
solidi urbani (TaRSU) e per quelli previsti dai  commi  da  14  a  18
dell'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 30 luglio  2010  n.  122».  Rileva  il
ricorrente  che   quest'ultima   disposizione   supera   l'originaria
previsione, limitata al triennio 2009-2011, e collega l'esercizio del
potere  di  aumentare  i  tributi  da   parte   degli   enti   locali
all'attuazione  del  federalismo  fiscale.  Le  citate   disposizioni
statali  sarebbero  finalizzate  ad   un   riequilibrio   finanziario
complessivo  e  si  inserirebbero  in  un   complesso   percorso   di
risanamento della finanza pubblica a cui tutti gli enti territoriali,
compresi quelli dotati di autonomia speciale,  sarebbero  chiamati  a
partecipare. 
    9. - Infine l'art. 7, comma 5, della legge prov.  Bolzano  n.  14
del 2011, che sostituisce il comma 6 dell'art. 22 della  legge  della
Provincia autonoma di Bolzano 12 maggio 2010, n. 6 (Legge  di  tutela
della natura e altre disposizioni), stabilendo che i provvedimenti di
approvazione relativi ad opere  o  progetti  che  abbiano  avuto  una
valutazione di incidenza negativa dispongono le  misure  compensative
necessarie per garantire la coerenza  globale  della  rete  ecologica
Natura 2000, di fatto eliminerebbe l'obbligo  di  dare  comunicazione
alla Commissione europea delle misure di compensazione adottate per i
progetti per i quali la  valutazione  d'incidenza  abbia  dato  esito
negativo. Rileva il ricorrente  che  l'adozione  di  tali  misure  di
compensazione deve essere obbligatoriamente comunicata, per  opinione
o parere a seconda dei casi, alla Commissione europea per il  tramite
del Ministero dell'Ambiente, della tutela del territorio e del  mare,
ai sensi dell'art. 5, commi 9 e 10,  del  d.P.R.  n.  357  del  1997,
nonche' dell'art. 6, comma 4, della direttiva n. 92/43/CEE. 
    10. - Conclude  il  ricorrente  che  senza  dubbio  la  Provincia
autonoma di Bolzano non ha la potesta' di adottare norme di legge  in
contrasto con quelle della normativa statale nella materia in  esame.
La Corte costituzionale ha stabilito che «la  competenza  a  tutelare
l'ambiente e l'ecosistema nella sua  interezza  e'  affidata  in  via
esclusiva allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera s)»  Cost.
e  che  «la  disciplina  unitaria  di  tutela  del  bene  complessivo
ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a  prevalere  su
quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome in materia  di
competenza propria, che riguardano l'utilizzazione  dell'ambiente  e,
quindi, altri interessi». Sarebbe pacifico che la selezione sia delle
specie cacciabili, che dei  periodi  aperti  all'attivita'  venatoria
incida  su  profili  propri  dell'ambiente   e   dell'ecosistema   di
competenza esclusiva statale (ex plurimis sentenze n. 2 del 2012,  n.
191 del 2011, n. 226 del 2003 e n. 536 del 2002). 
    11. - Con atto di costituzione depositato in  cancelleria  il  15
marzo 2012, previa delibera della Giunta provinciale del 27  febbraio
2012, n. 238, si e' costituita la Provincia autonoma di Bolzano. 
    12.   -   Sostiene   la   resistente   che    le    censure    di
incostituzionalita'  avanzate  dal  Presidente  del   Consiglio   dei
ministri avverso gli artt. 2, commi 1, 2, 3,  5,  11  e  15,  nonche'
l'art. 7, comma 5, della legge prov.  Bolzano  n.  14  del  2011,  in
riferimento all'art. 117, commi 1 e 2, lettere e) ed s), Cost.,  agli
artt. 4 e 8 dello statuto di autonomia, ed in relazione agli artt. 2,
comma 1, 18, commi 1 e 2, 12, comma 5, 19, comma 2,  della  legge  n.
157 del 1992, all'art. 5, commi 9 e 10, del d.P.R. n. 357  del  1997,
all'art. 6, comma 4, della direttiva 92/43/CEE e  all'art.  1,  comma
123, della legge n. 220 del 2010, sarebbero inammissibili, nonche' in
ogni caso infondate. 
    13. - Innanzitutto, secondo la  Provincia,  non  sarebbe  fondata
l'analisi dei criteri di  riparto  della  competenza  legislativa  in
materia di «caccia e pesca» ed in materia di «apicoltura e parchi per
la protezione della flora e della fauna» (art. 8,  n.  15  e  n.  16)
dello   statuto   speciale),   che   il   ricorrente   fa   precedere
all'articolazione dei profili di illegittimita' costituzionale  delle
disposizioni della legge provinciale impugnate. 
    13.1. - In particolare viene contestato  l'assunto  della  difesa
erariale che  la  competenza  legislativa  esclusiva  spettante  alla
Provincia autonoma di Bolzano nelle materie  indicate  nello  Statuto
sarebbe assorbita dalla competenza statale in materia di ambiente  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.  A  giudizio
della resistente, la  giurisprudenza  costituzionale  richiamata  sul
punto, ad una piu' attenta lettura,  concorrerebbe  a  dimostrare  la
riconducibilita' della legge provinciale censurata  nell'alveo  della
competenza legislativa esclusiva  della  Provincia,  con  conseguente
infondatezza delle censure di illegittimita' costituzionale avanzate.
Si cita a tale  proposito  la  sentenza  n.  378  del  2007,  ove  e'
precisato  che  sebbene  la  disciplina  ambientale,  che  scaturisce
dall'esercizio di una competenza esclusiva  dello  Stato,  investendo
l'ambiente nel suo complesso ed in ciascuna sua parte, funzioni  come
limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome  dettano
in altre materie di loro competenza, allorche' si tratti di Regioni a
statuto speciale o di Province autonome occorre  tenere  conto  degli
statuti speciali di autonomia. Questi ultimi infatti, nell'attribuire
competenze  legislative  a  detti  enti,   distinguono   le   materie
attribuite alla potesta' legislativa primaria da  quelle  oggetto  di
competenza concorrente. Qualora si verta  in  materia  di  competenza
provinciale primaria, la Provincia e' tenuta ad osservare solamente i
principi generali dell'ordinamento e le norme fondamentali di riforma
economica e sociale. Sul punto la resistente afferma che  se,  da  un
lato, non puo' fondatamente sostenersi che le prescrizioni  contenute
nella legge n. 157 del 1992 possano costituire norme fondamentali  di
riforma  economico-sociale,  poiche'  questa   fonte   normativa   e'
espressione di un  nuovo  approccio  alle  tematiche  dell'ecosistema
affermatosi gia' a partire dal Programma  di  azione  comunitaria  in
materia  ambientale  del  1987,  difettando   quindi   il   requisito
dell'innovativita'  dei  principi  affermati,  come  richiesto  nella
sentenza n. 151 del 1986; dall'altro, la citata legge n. 157 del 1992
costituisce  attuazione  della  direttiva  92/43/CEE  e,  secondo  la
giurisprudenza costituzionale richiamata dalla Provincia (sentenze n.
329 del 2008, n. 104 del 2008, n. 378 del 2007 e n.  425  del  1999),
spetterebbe alle Province autonome dare concreta  attuazione  per  il
proprio territorio alla direttiva 92/43/CEE. Sarebbe allora di  tutta
evidenza, secondo la resistente, che le norme adottate dallo Stato ai
medesimi fini non potrebbero funzionare come limite  alla  competenza
legislativa  esclusiva   della   Provincia   autonoma   di   Bolzano,
diversamente da quanto accade per le Regioni a statuto ordinario. 
    I principi espressi dalla  citata  giurisprudenza  costituzionale
regolerebbero quindi l'assetto dei rapporti tra la Provincia autonoma
e  lo  Stato  in  ordine  al  riparto  della  potesta'   legislativa,
riconoscendo preminenza alle disposizioni statutarie.  Sul  punto  si
ricorda anche come la Corte costituzionale  abbia  affermato  che  le
norme della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al
titolo V della parte seconda della Costituzione), non sono  destinate
a prevalere sugli statuti speciali, in quanto  sono  invocabili  solo
ove prevedano forme di autonomia piu' ampia  in  capo  alle  Province
autonome e alle Regioni a  statuto  speciale  (sentenza  n.  226  del
2009).  Ne  conseguirebbe  che  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano,
nell'adottare la legge provinciale censurata, avrebbe dato attuazione
alle prescrizioni contenute nella  direttiva  92/43/CEE,  esercitando
una propria specifica attribuzione costituzionale, che  costituirebbe
un potere-dovere ai sensi dell'art. 117,  quinto  comma,  Cost.  Tale
disciplina sarebbe destinata a prevalere su  disposizioni  statali  a
contenuto eventualmente difforme, secondo il modello dei rapporti tra
Stato e Regioni a statuto speciale o  Province  autonome  nella  fase
discendente dell'integrazione comunitaria,  come  tratteggiato  dalla
giurisprudenza costituzionale. 
    Difatti, rileva  la  resistente  che  poiche'  la  disciplina  di
attuazione della direttiva citata ricadrebbe entro  i  confini  della
materia «caccia e pesca» (art. 8, n. 15, dello  statuto  speciale)  e
della materia «apicoltura e parchi per la protezione  della  flora  e
della fauna» (art. 8, n. 16 del medesimo statuto),  ricorrerebbe  con
tutta evidenza il «titolo di  competenza  speciale»  richiesto  dalla
giurisprudenza  costituzionale  (sentenza  n.  151  del   2011)   per
l'operativita' del  modello  richiamato  di  riparto  della  potesta'
legislativa tra Stato e  Provincia  autonoma.  In  tal  modo  sarebbe
superato  l'argomento  della   natura   trasversale   della   materia
«ambiente», che pure in passato, in assenza di specifiche  competenze
statutariamente determinate, aveva indotto la Corte costituzionale  a
dichiarare l'illegittimita' costituzionale di talune disposizioni  di
legge provinciale (sentenza n. 315 del 2009). 
    14 - In relazione ai  singoli  articoli  impugnati  la  Provincia
innanzitutto rileva che l'art. 2 della legge prov. Bolzano n. 14  del
2011 interviene a modificare l'art. 2 della legge prov. Bolzano n. 14
del  1987,  rubricato  «Fauna  selvatica»,  definendo   l'ambito   di
applicazione della legge. A giudizio della resistente, il  Presidente
del Consiglio dei Ministri non avrebbe chiarito sotto  quale  profilo
la disposizione di cui al comma 1 di detto  art.  2  si  porrebbe  in
contrasto con la disciplina statale, dal  momento  che  altre  specie
oltre al piccione domestico inselvatichito risulterebbero escluse dal
novero  degli  animali  qualificabili  come   fauna   selvatica.   Ne
conseguirebbe l'inammissibilita' della doglianza per genericita'. 
    La Provincia osserva altresi' che la legge prov.  Bolzano  n.  14
del 1987 «costituisce [...] attuazione  della  Direttiva  2009/147/CE
del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  del  30  novembre   2009
concernente la conservazione degli uccelli selvatici, della  Dir.  n.
92/43/CEE del 21 maggio 1992 del Consiglio delle  Comunita'  europee,
relativa alla conservazione degli habitat naturali e  seminaturali  e
della flora e della fauna selvatiche»  (art.  1,  della  legge  prov.
Bolzano  n.  14  del  1987).  Considerato  che  la  normativa  citata
disciplina materie, quali la caccia e la protezione della fauna,  che
lo statuto di autonomia riserva alla competenza della Provincia (art.
8, n. 15 e n. 16) e che l'art. 117, quinto comma, Cost.  dispone  che
«le Regioni e le Province autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  nelle
materie di loro competenza, partecipano alle decisioni  dirette  alla
formazione   degli   atti   normativi   comunitari    e    provvedono
all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e  degli
atti dell'Unione europea,  nel  rispetto  delle  norme  di  procedura
stabilite da legge  dello  Stato,  che  disciplina  le  modalita'  di
esercizio del potere sostitutivo in caso  di  inadempienza»,  sarebbe
secondo la resistente evidente  che  la  Provincia  non  puo'  essere
assoggettata,  nel  processo  legislativo,  ai  limiti  asseritamente
derivanti dalla legge n. 157 del 1992. A tale proposito  si  richiama
testualmente la giurisprudenza costituzionale che  ha  affermato  che
«le norme statali attuative sono cedevoli di fronte a diverse  scelte
normative regionali e provinciali,  nei  limiti  in  cui  esse  siano
costituzionalmente e statutariamente ammissibili»  (sentenza  n.  425
del 1999). 
    15. - Analoghe considerazioni possono essere svolte,  secondo  la
Provincia, con riferimento all'art. 2, comma  2,  della  legge  prov.
Bolzano n. 14 del 2011 che, modificando l'art. 4, comma 1, lettere b)
ed e), della legge prov. Bolzano n. 14 del 1987, ha  disciplinato  il
calendario venatorio con riferimento al cinghiale ed alla  volpe,  da
un lato, e alla lepre bianca  ed  alla  pernice  bianca,  dall'altro,
prevedendo un periodo di cacciabilita' in entrambi i casi piu' esteso
rispetto a quello fissato dal legislatore statale all'art. 18,  commi
1 e 2, della legge n. 157 del 1992. 
    A conforto della tesi della cedevolezza della  normativa  statale
attuativa della disciplina  comunitaria  rispetto  alle  disposizioni
provinciali di contenuto difforme  la  resistente  richiama  altresi'
quanto disposto dall'art. 1, comma  2,  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279  (Norme  di  attuazione  dello
Statuto speciale della Regione  Trentino-Alto  Adige  in  materia  di
minime proprieta' colturali, caccia, pesca, agricoltura  e  foreste),
ai sensi  del  quale  «lo  standard  di  protezione  della  fauna  e'
disciplinato con  legge  provinciale  che  stabilisce  il  calendario
venatorio  e  le  specie  cacciabili,  attendendosi  ai  livelli   di
protezione risultanti dalle convenzioni internazionali o dalle  norme
comunitarie  introdotte  nell'ordinamento  statale».  Per  le  specie
richiamate, osserva la Provincia, ne' la direttiva 92/43/CEE, ne'  la
direttiva 30 novembre 2009, n. 2009/147/CE (Direttiva del  Parlamento
europeo e del Consiglio concernente la  conservazione  degli  uccelli
selvatici), prevedrebbero peculiari limitazioni alle modalita'  o  ai
tempi del prelievo venatorio. 
    16. - Anche quanto alla censura avanzata nei confronti  dell'art.
2, comma 3, della legge prov. Bolzano n. 14 del  2011,  in  relazione
all'art. 18, commi 1, 5  e  6,  della  legge  n.  157  del  1992,  la
resistente osserva che  spetterebbe  alla  Provincia  la  titolarita'
della potesta' di regolamentare i periodi di  prelievo  venatorio  in
forza del d.P.R. n. 279 del 1974, senza che la legge n. 157 del  1992
possa porre limiti, stante la cedevolezza della stessa.  Pertanto  la
doglianza del Presidente del Consiglio  dei  ministri  relativa  alla
estensione del periodo di prelievo della lepre  comune  e  del  merlo
sarebbe  palesemente   infondata.   Ancor   piu'   evidente   sarebbe
l'infondatezza della censura relativa alla previsione concernente  la
cesena e il tordo bottaccio, dal momento  che  la  legge  provinciale
introdurrebbe, nell'indicare il 10 gennaio come termine  del  periodo
di cacciabilita' nelle  zone  frutti-vinicole,  una  protezione  piu'
ampia di quella statale, che estende tale periodo fissando il termine
del 31 gennaio. 
    17. - Quanto alla censura proposta  nei  confronti  dell'art.  2,
comma 5, della legge prov. Bolzano n. 14  del  2011,  questa  sarebbe
prima che infondata, inammissibile. 
    La norma impugnata, che sostituisce l'art. 13 della  legge  prov.
Bolzano  n.  14  del  1987,  consentendo  l'esercizio  dell'attivita'
venatoria sia in forma vagante, che mediante appostamento  fisso,  si
porrebbe in contrasto con quanto  disposto  dall'art.  12,  comma  5,
della legge n. 157 del 1992, ai sensi del quale l'esercizio venatorio
puo' essere praticato in via esclusiva secondo una  delle  forme  ivi
indicate. Secondo la  Provincia,  il  ricorrente  non  chiarirebbe  i
motivi per i quali l'asserito contrasto integrerebbe  un  profilo  di
illegittimita'   costituzionale.   Ne   discenderebbe   la    patente
inammissibilita' della censura proposta. Si aggiunge, richiamando  la
gia' ricordata cedevolezza della disciplina statale rispetto a quella
provinciale attuativa della direttiva 92/43/CEE, che con la normativa
provinciale in esame si e' inteso mantenere,  per  le  aree  dove  e'
prevista l'opzione sul metodo di prelievo,  il  regime  della  rigida
alternativita'  delle   forme   di   esercizio   venatorio   mediante
l'annotazione sul tesserino di caccia della forma prescelta.  Difatti
l'ipotesi censurata dal Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe
in realta' residuale e avrebbe un'applicazione peculiare,  stante  il
richiamo all'art. 25 della legge prov. Bolzano n. 14 del 1987. 
    Quest'ultimo disciplina l'esercizio della caccia nelle riserve di
diritto, subordinandolo  al  possesso,  in  via  alternativa,  di  un
permesso  annuale,  di  un  permesso  d'ospite  o  di   un   permesso
giornaliero e settimanale, stabilendo che hanno diritto  al  permesso
annuale o d'ospite coloro che siano in possesso dei requisiti di  cui
all'art. 11, comma 6, della  medesima  legge  (maggiore  eta',  porto
d'armi, polizze assicurative) e che siano residenti in un  territorio
compreso nella relativa riserva  di  diritto  o  proprietari  di  una
minima unita' colturale, rispettivamente di una superficie boschiva o
alpestre dell'estensione  minima  di  50  ettari.  L'art.  25  citato
prosegue precisando  che  per  l'esercizio  venatorio  nelle  riserve
private di  caccia,  a  meno  che  non  si  tratti  del  gestore,  e'
necessario un permesso di caccia rilasciato dal gestore della riserva
privata  stessa  su  moduli   messi   a   disposizione   dall'Ufficio
provinciale competente in materia di caccia,  che  siffatti  permessi
non sono trasferibili e che la perdita anche temporanea  di  uno  dei
requisiti richiesti comporta comunque il venir meno  del  diritto  al
rilascio del permesso annuale o d'ospite. 
    A  giudizio  della  resistente  il   particolare   rigore   della
disciplina  richiamata  e  la  natura  residuale  della  prescrizione
censurata, unitamente alla considerazione che per  le  zone  dove  e'
prevista l'opzione sulle modalita' di esercizio della caccia  permane
la vigente disciplina del tesserino e la cogenza dell'opzione stessa,
dimostrerebbero   la   piena   legittimita'   costituzionale    della
disposizione impugnata. 
    18. - Quanto all'art. 2, comma 11, della legge prov.  Bolzano  n.
14 del 2011, la potesta' di pianificare il prelievo in  deroga  della
nutria  dovrebbe  essere,  secondo  la  resistente,  considerata  nel
contesto delineato dall'art. 29 della legge prov. Bolzano n.  14  del
1987. Ai sensi  di  quest'ultimo  infatti  all'assessore  provinciale
compete   la   fissazione   di   divieti   o   limiti   all'esercizio
dell'attivita' venatoria per  periodi  prestabiliti  in  relazione  a
determinate specie di fauna selvatica individuate dall'art.  4  della
legge prov. Bolzano n. 14 del 1987 per importanti e motivate  ragioni
connesse alla consistenza faunistica o per  sopravvenute  particolari
condizioni  stagionali  o  climatiche  o  per  malattie  o  calamita'
naturali. Lo stesso puo' altresi' consentire in ogni tempo la cattura
o l'uccisione delle predette specie cacciabili  elencate  nel  citato
art.  4  per  motivi  di  sanita'  e  incolumita'  pubblica,  per  la
protezione delle colture agrarie e  boschive,  della  pesca  e  della
zootecnia, nonche' a scopo di ripopolamento, specificandone i  mezzi,
i tempi e le modalita' anche in deroga a  quanto  disposto  dall'art.
15, comma 1, lettera j), della legge prov. Bolzano n. 14 del 1987, il
quale individua una serie di divieti cui soggiace, in via  ordinaria,
l'esercizio dell'attivita' venatoria. A tale  proposito,  osserva  la
Provincia, l'art. 19, comma 2, della legge n. 157 del  1992,  che  si
assume violato, assegna all'ISPRA (ex Istituto nazionale per la fauna
selvatica, INFS)  il  compito  di  esprimere  parere  sui  metodi  di
controllo della  fauna  e,  in  caso  di  inefficacia  degli  stessi,
autorizzare i piani di abbattimento. La norma provinciale, per  altro
verso, si limiterebbe ad individuare nell'assessore competente per la
caccia il soggetto cui spetta  provvedere  alla  predisposizione  dei
predetti  piani,  stabilendo  poi  che  all'attuazione  dello  stesso
provveda il  Corpo  forestale  provinciale.  Di  conseguenza  le  due
disposizioni citate si porrebbero su piani differenti. 
    La tesi del ricorrente sarebbe infondata anche sotto un ulteriore
profilo. La competenza pianificatoria di cui all'art.  29,  comma  3,
della legge prov. Bolzano n. 14 del  1987,  introdotto  dall'art.  2,
comma 11, della legge  prov.  Bolzano  n.  14  del  2011,  troverebbe
copertura, al pari delle ulteriori  funzioni  elencate  nel  medesimo
art. 29, nell'art. 8, n. 15), e n.  16),  dello  statuto  speciale  e
nella relativa normativa di attuazione recata dal d.P.R. n.  279  del
1974, il quale  oltre  a  precisare  la  competenza  del  legislatore
provinciale a fissare il calendario venatorio e le specie cacciabili,
stabilirebbe che le attribuzioni dello Stato in materia di  caccia  e
pesca, apicoltura e parchi per la protezione della fauna,  esercitate
sia direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato,  sia
per il tramite di enti ed istituti pubblici a carattere  nazionale  o
sovraprovinciale,  spetterebbero  per  il  proprio  territorio   alle
Province Autonome di Trento e di Bolzano.  Legittimamente  dunque,  a
giudizio della resistente, l'assessore provinciale  provvederebbe  ad
individuare modalita'  e  tempi  per  il  prelievo  in  deroga  degli
esemplari  di  nutria  che,   contrariamente   a   quanto   sostenuto
dall'Avvocatura dello Stato, non rientrerebbe nel novero delle specie
assoggettate alla speciale tutela di cui all'art. 2, comma  1,  della
legge n. 157 del 1992, qualificandosi pertanto come  fauna  selvatica
comune, il cui controllo, ai sensi  della  disciplina  di  attuazione
dello  Statuto,  spetterebbe  alla  Provincia  autonoma,   cui   sono
trasferite le funzioni statali, anche se esercitate per mezzo di enti
ed istituti pubblici. Sul punto la Provincia conclude  -  richiamando
la  giurisprudenza  costituzionale  secondo  la  quale  le  norme  di
attuazione degli Statuti speciali sono dotate di forza prevalente  su
quella delle leggi ordinarie (sentenza n. 213 del 1998) -  nel  senso
della palese infondatezza della censura avversaria. 
    19. - Quanto all'art. 7, comma 5, della legge prov. Bolzano n. 14
del 2011, con il quale e' stato sostituito il comma  6  dell'art.  22
della legge prov. Bolzano n. 6 del 2010, la  resistente  precisa  che
tale intervento normativo si e' reso necessario in conseguenza  della
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della   precedente
formulazione del citato comma 6 disposta dalla sentenza  n.  151  del
2011. Con tale pronuncia la Corte costituzionale ha  escluso  che  la
Provincia autonoma  di  Bolzano  possa  comunicare  alla  Commissione
europea - cosi' instaurando con la stessa un rapporto  diretto  -  le
misure compensative imposte a tutela della rete  Natura  2000  per  i
progetti che siano  stati  oggetto  di  una  valutazione  di  impatto
ambientale negativa, ma che siano stati comunque approvati  ai  sensi
dell'art. 22, commi 4 e 5, della legge prov. Bolzano n. 6  del  2010,
per sovraordinate ragioni di interesse pubblico. Ne conseguirebbe che
la doglianza avanzata  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
relativa alla mancata previsione dell'obbligo di comunicazione  delle
predette misure alla Commissione europea costituirebbe  il  risultato
di una espressa statuizione della Corte costituzionale, alla quale la
Provincia avrebbe dato ossequio  nell'esercizio  del  proprio  potere
legislativo. Secondo quanto affermato nella citata  sentenza  n.  151
del 2011, l'art. 13 del d.P.R. n. 357 del 1997 individua nel Ministro
dell'ambiente il soggetto tenuto a trasmettere le  informazioni  alla
Commissione europea riguardo agli  obblighi  di  cui  alla  direttiva
92/43/CEE,  in  tal  modo  garantendo  l'attivita'   di   informativa
necessaria nei confronti delle istituzioni europee. 
    Nessun conflitto, dunque, sarebbe ravvisabile tra  la  disciplina
europea e  statale  di  riferimento  e  la  disposizione  provinciale
censurata. 
    A  giudizio  della  Provincia  non  sarebbe  neppure  ben  chiaro
l'assunto  dell'Avvocatura  dello  Stato  secondo  il  quale  sarebbe
pacifico che la selezione sia delle specie cacciabili che dei periodi
aperti all'attivita' venatoria implicherebbe l'incisione  di  profili
propri della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, che  fanno  capo
alla competenza esclusiva dello Stato. Difatti, la resistente  rileva
che la disciplina recata dall'art. 7,  comma  5,  della  legge  prov.
Bolzano  n.  14  del  2011  attiene  all'approvazione   di   progetti
assoggettati alla valutazione di incidenza, alla  cui  formazione  e'
dedicato il titolo III (Ambiente) della medesima legge prov.  Bolzano
n. 14 del 2011, mentre le disposizioni  in  materia  di  caccia  sono
recate dal titolo I (Pesca e caccia) della medesima legge. 
    20. - Quanto all'art. 2, comma 15, della legge prov.  Bolzano  n.
14 del 2011, che  ha  introdotto  l'art.  36-bis  della  legge  prov.
Bolzano n. 14 del 1987, tale disciplina, secondo la  resistente,  non
riguarderebbe un tributo, ma  un  contributo,  il  cui  ammontare  e'
determinato non dalla Provincia, ma dall'Associazione  di  categoria;
questa circostanza infatti di per se' sola varrebbe ad  escludere  la
natura tributaria di questa somma. 
    L'esercizio  della  potesta'  legislativa   provinciale   avrebbe
fondamento, secondo la Provincia, sulle competenze ad essa  spettanti
nella materia «caccia e pesca» di  cui  all'art.  8,  n.  15),  dello
statuto e nella materia  «agricoltura,  foreste  e  Corpo  forestale,
patrimonio zootecnico ed ittico,  istituti  fitopatologici,  consorzi
agrari  e  stazioni  agrarie  sperimentali,   servizi   antigrandine,
bonifica» di cui all'art. 8, n. 21), del medesimo  statuto,  trovando
copertura nel combinato disposto degli artt. 23 e 26 della  legge  n.
157 del 1992, ai sensi  del  quale  «per  far  fronte  ai  danni  non
altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere
approntate sui terreni coltivati e a pascolo  dalla  fauna  selvatica
[...], e dall'attivita' venatoria,  e'  costituito  a  cura  di  ogni
regione un fondo destinato alla prevenzione  e  ai  risarcimenti,  al
quale affluisce anche una parte dei proventi di cui all'articolo 23»,
disciplinante la tassa di concessione  regionale  per  l'abilitazione
all'esercizio venatorio. 
    A  giudizio  della  Provincia   autonoma   di   Bolzano   sarebbe
palesemente inconferente  il  rinvio  operato  dall'Avvocatura  dello
Stato alle norme asseritamente violate, tra le quali, da  ultimo,  la
legge n. 220 del 2010, destinate a sospendere il  potere  degli  enti
locali e delle Regioni  di  deliberare  aumenti  dei  tributi,  delle
addizionali  e  delle  aliquote  e,   conseguentemente,   altrettanto
palesemente emergerebbe l'infondatezza della  censura  fondata  sulla
pretesa violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  e),  Cost.
Parimenti inconferente la giurisprudenza  costituzionale  richiamata,
che si riferirebbe a fattispecie diverse e destinate a delimitare  il
riparto di competenza legislativa tra lo Stato e le Regioni a statuto
ordinario in materia tributaria. 
    21. - Il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, in data 22 maggio  2012,
ha notificato la dichiarazione di rinuncia parziale al ricorso n.  31
del 2012, depositata il 29 maggio 2012, previa delibera del Consiglio
dei ministri dell'11 maggio 2012. 
    21.1. - Tra le varie disposizioni impugnate  e'  stato  censurato
l'art. 2, comma 15, che ha inserito l'art. 36-bis nella  legge  prov.
Bolzano n. 14 del 1987,  il  quale  prevede  l'istituzione  da  parte
dell'associazione  dei  cacciatori  di  un  fondo  di   garanzia   da
utilizzare per indennizzare ogni danno arrecato alle colture agricole
e  forestali  dalla  fauna  selvatica  cacciabile.   In   particolare
nell'articolo citato e' disposto che il fondo venga alimentato da  un
«contributo finanziario annuale o d'ospite nella misura compresa  fra
il cinque ed il dieci per cento della tassa  di  concessione  annuale
per la licenza di porto di fucile per uso caccia». 
    21.2. - Rileva l'Avvocatura dello Stato che cosi' disponendo,  il
legislatore provinciale si poneva in contrasto  con  le  disposizioni
che sospendono il  potere  delle  Regioni  e  degli  enti  locali  di
deliberare aumenti dei tributi,  delle  addizionali,  delle  aliquote
ovvero  delle  maggiorazioni  delle  aliquote  dei  tributi  ad  essi
attribuiti  con  legge  dello  Stato.  Tali  disposizioni,  contenute
inizialmente nell'art. 1, comma 7, del decreto-legge n. 93 del  2008,
convertito con modificazioni dalla legge n. 126  del  2008,  abrogato
dall'art. 13, comma 14, lettera a),  del  decreto-legge  n.  201  del
2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011,  sono
state  nei  fatti  riproposte  nell'art.  77-bis,   comma   30,   del
decreto-legge n. 112 del 2008, convertito  dalla  legge  n.  133  del
2008, nonche' successivamente reiterate  con  l'art.  1,  comma  123,
della legge n. 220 del 2010. 
    21.3.   -    L'Ufficio    legislativo-finanze    del    Ministero
dell'economia, con nota del 7 marzo 2012, ha fatto presente che,  per
effetto  dell'entrata  in  vigore   dell'art.   4,   comma   4,   del
decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di
semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento  delle
procedure di accertamento), ai sensi del quale sono  abrogati  l'art.
77-bis, comma 30, e l'art. 77-ter, comma 19, del decreto-legge n. 112
del 2008, nonche' l'art. 1, comma 123, della legge n. 220  del  2010,
le Regioni e gli enti locali possono, ad oggi,  deliberare  l'aumento
di tributi, con salvezza dei provvedimenti  nomativi  in  tal  senso,
emanati prima dell'approvazione del decreto-legge n. 16 del 2012. 
    22. - Per il suddetto motivo  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha  rinunciato  parzialmente  all'impugnazione  della  legge
prov. Bolzano n. 14 del 2011, limitatamente  all'art.  2,  comma  15,
della medesima. 
    23. - Con delibera della Giunta provinciale del 2 luglio 2012, n.
1024, depositata in cancelleria  il  12  luglio  2012,  la  Provincia
autonoma di Bolzano ha accettato la suddetta rinuncia parziale. 
    24.  -  Con  memoria  depositata  in  data  16  ottobre  2012  la
resistente, in ordine alle questioni di  legittimita'  costituzionale
delle diposizioni dell'art. 2, commi 1, 2, 3, 5  e  11,  della  legge
prov. Bolzano n. 14 del 2011, premette che la Provincia  autonoma  di
Bolzano e' titolare di una competenza legislativa primaria in materia
di «caccia e pesca» e «parchi per la protezione della flora  e  della
fauna» (art. 8, n. 15 e n. 16 dello  statuto  speciale),  oltre  alle
correlate funzioni amministrative (art. 16 dello  statuto  speciale).
In attuazione di tale competenza, la Provincia e  lo  Stato  si  sono
accordati tramite il d.P.R. n. 279 del 1974 sulle relative  modalita'
d'esercizio.  Le  disposizioni  censurate  si  inserirebbero   allora
proprio in questo  contesto  normativo,  in  quanto,  intervenendo  a
modifica della legge provinciale n.  14  del  1987,  regolerebbero  e
specificherebbero  nel  dettaglio  l'attivita'  di  abbattimento   di
determinate specie di animali ed i particolari contesti  temporali  e
spaziali relativamente all'esercizio  dell'attivita'  di  caccia  nel
territorio altoatesino e non sarebbero destinate a regolare,  in  via
generale   ed   indistinta,   la   tutela    di    specie    animali,
indipendentemente dall'esercizio della caccia e dalla disciplina  dei
parchi naturali (sentenza n. 151 del 2011). 
    Ne conseguirebbe, secondo la Provincia,  la  palese  infondatezza
della violazione della competenza legislativa statale in  materia  di
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema di cui all'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., in quanto  le  disposizioni  impugnate  non
conterrebbero prescrizioni di carattere generale  per  la  protezione
dell'ambiente. 
    25. - Aggiunge la resistente che  ai  sensi  dell'art.  10  della
legge costituzionale. n. 3 del 2001  le  disposizioni  del  titolo  V
della parte seconda della Costituzione si  applicano  alla  Provincia
autonoma di Bolzano soltanto ove  contengano  «forme  piu'  ampie  di
autonomia rispetto a quelle gia' attribuite»  (sentenze  n.  226  del
2009, n. 314 del 2003 e n. 103 del 2003). 
    26. - Osserva la Provincia che la doglianza  statale  concernente
il  mancato  rispetto   da   parte   del   legislatore   provinciale,
nell'esercizio della propria competenza legislativa  primaria,  delle
disposizioni  della  legge  n.  157  del  1992,   in   quanto   norme
fondamentali delle riforme  economico-sociali  della  Repubblica,  in
forza del combinato disposto degli artt. 8, primo  comma  e  4  dello
statuto, sarebbe innanzitutto manifestamente inammissibile, in quanto
la deliberazione del Consiglio dei ministri del 3  febbraio  2012  di
autorizzazione  a  stare   in   giudizio   non   conterrebbe   alcuna
argomentazione relativa ad una presunta violazione  di  tale  limite,
richiamando solamente il rispetto degli standards minimi ed  uniformi
di tutela posti in  essere  dalla  legislazione  nazionale  ai  sensi
dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  oltre  che  il
rispetto  della  normativa  comunitaria  di  riferimento   (direttive
79/409/CEE,   92/43/CEE,   88/22/CEE;   quest'ultima   direttiva   e'
erroneamente citata), secondo  quanto  disposto  dall'art.  8,  primo
comma, dello statuto speciale e dall'art. 117, primo comma, Cost. 
    Le censure sollevate dall'Avvocatura dello  Stato  difetterebbero
dunque  della  necessaria  corrispondenza  con  la  deliberazione  di
impugnazione del Consiglio dei ministri, sia per quanto  concerne  la
corretta indicazione della normativa di riferimento, dal momento  che
l'art. 8, primo comma, dello statuto  speciale  e'  citato  solo  con
riguardo alla violazione degli obblighi comunitari, sia in  punto  di
motivazione, poiche' la legge n. 157  del  1992  e'  richiamata  solo
quanto  alla  competenza  esclusiva  statale  in  materia  di  tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art. 117, secondo  comma,
lettera s), Cost. Ne discenderebbe la palese  inammissibilita'  della
doglianza in questione (sentenze n. 205 del 2011, n. 7 del 2011 e  n.
278 del 2010). 
    27. - Peraltro la Provincia evidenzia che  solo  le  disposizioni
statali che  contengano  effettivamente  delle  norme  «fondamentali»
(sentenza n. 536 del 2002, n. 147 del 1999, n. 80 del 1996 e  n.  425
del  1995)  e  che  abbiano  «carattere  innovativo»  per  tutto   il
territorio nazionale (sentenza n. 536 del 2002, n. 147 del  1999,  n.
80  del  1996  e  n.  425  del  1995)  possono   considerarsi   norme
fondamentali  delle  riforme  economico-sociali.  A  giudizio   della
resistente, la legge n. 157 del  1992  sarebbe  carente  di  entrambi
questi requisiti. 
    28.  -  Inoltre  sebbene  la  citata  legge  statale  adotti   la
disciplina di recepimento della  direttiva  92/43/CEE,  la  Provincia
autonoma non sarebbe vincolata alle sue disposizioni, dal momento che
alla  Provincia  stessa  spetterebbe,  ai  sensi  del   decreto   del
Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla
Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento  e  di
Bolzano  delle  disposizioni  del  decreto   del   Presidente   della
Repubblica 24 luglio 1977,  n.  616),  l'attuazione  delle  direttive
comunitarie nelle materie di propria competenza legislativa primaria,
con possibile intervento statale solo in caso di inerzia. A  sostegno
di tale assunto  la  resistente  richiama  le  sentenze  della  Corte
costituzionale n. 104 del 2008, n. 378 del 2007 e n. 425 del 1999, in
cui viene confermato che spetta alle Province autonome di Trento e di
Bolzano, nella materie di loro competenza legislativa, dare  concreta
attuazione per il loro territorio  alle  direttive  comunitarie,  tra
cui, in particolare, anche alla  direttiva  92/43/CEE  relativa  alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della  flora  e
della fauna selvatica. 
    Dalle  esposte  argomentazioni  deriverebbe,  a  giudizio   della
Provincia  autonoma  di  Bolzano,  la  manifesta  infondatezza  delle
singole censure avanzate dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    29. - Quanto all'art. 2, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 14
del 2011, esso non sarebbe in contrasto con l'art. 2, comma 1,  della
legge n. 157 del 1992, poiche'  quest'ultima  non  avrebbe  efficacia
vincolante nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano. Inoltre
tale censura  sarebbe  manifestamente  inammissibile  in  quanto  non
sorretta da alcuna motivazione ne' nella  delibera  di  impugnazione,
ne' nel ricorso statale. 
    30. - Quanto all'art. 2, commi 2 e 3, della legge  prov.  Bolzano
n. 14 del 2011, la Provincia resistente deduce che, ferma restando la
cedevolezza della disciplina statale di attuazione recata dalla legge
n. 157 del 1992, l'art. 1, comma  2,  del  d.P.R.  n.  279  del  1974
attribuisce  alla  Provincia  autonoma  di  Bolzano  il   potere   di
stabilire, con propria legge, il calendario  venatorio  e  le  specie
cacciabili in osservanza delle  convenzioni  internazionali  e  delle
norme comunitarie. In  merito  a  queste  ultime,  ne'  la  direttiva
92/43/CEE,  ne'  la  direttiva   2009/147/CE,   prevedono   peculiari
limitazioni alle modalita' o ai tempi  del  prelievo  venatorio.  Del
resto se la Provincia  autonoma  non  potesse  definire  i  tempi  di
abbattimento delle specie animali secondo  le  esigenze  del  proprio
territorio, osserva la resistente, non residuerebbero margini per  la
sua competenza legislativa primaria in materia di caccia. 
    31. - Quanto all'art. 2, comma 5, della legge prov. Bolzano n. 14
del 2011, si rileva l'inammissibilita' della  doglianza  statale  per
genericita' e mancanza di motivazione, nonche' la  sua  infondatezza,
in considerazione del carattere meramente residuale della fattispecie
regolata, che troverebbe soltanto peculiare applicazione,  stante  il
richiamo all'art. 25 della legge provinciale n. 14 del 1987. 
    32. - Quanto all'art. 2, comma 11, della legge prov.  Bolzano  n.
14 del 2011, esso sarebbe insuscettibile di integrare il  profilo  di
illegittimita'  costituzionale  che  viene  dedotto  dal  ricorrente,
poiche' le  sue  disposizioni  si  porrebbero  su  un  piano  diverso
rispetto a quelle statali, con le quali sarebbero  in  contrasto.  In
particolare, la disciplina nazionale assegna all'ISPRA il compito  di
esprimere il parere sui metodi di controllo della fauna e, in caso di
inefficacia  degli   stessi,   quello   di   autorizzare   piani   di
abbattimento,  mentre  la  disposizione  provinciale   censurata   si
limiterebbe ad individuare nell'assessore competente per la caccia il
soggetto a cui spetta provvedere alla  predisposizione  del  suddetto
piano. 
    Peraltro, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  errerebbe
anche sotto un altro profilo. Difatti, l'art. 1, comma 1, del  d.P.R.
n. 279 del 1974 stabilisce che le attribuzioni delle  amministrazioni
dello Stato in materia di caccia, esercitate sia  direttamente  dagli
organi centrali e periferici, sia per il tramite di enti ed  istituti
pubblici a carattere nazionale o sovra provinciale, spettano, per  il
rispettivo territorio, alle Province autonome di Trento e di Bolzano. 
    In questo contesto normativo, osserva la Provincia, il  piano  di
abbattimento della specie nutria  sarebbe,  ai  sensi  del  combinato
disposto degli artt. 4, comma 2, e 29 della legge provinciale  n.  14
del 1987, in ogni caso sottoposto al previo parere  dell'Osservatorio
faunistico provinciale ed  al  rispetto  dei  livelli  di  protezione
risultanti dalle convenzioni internazionali e dalle norme comunitarie
introdotte nell'ordinamento statale sulla conservazione  della  fauna
selvatica.  Il  citato  Osservatorio  faunistico  e'  un  organo   di
consulenza  tecnico-scientifica   dell'amministrazione   provinciale,
costituito  da  cinque  membri  tra   i   quali   un   rappresentante
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, un
funzionario  provinciale   addetto   all'Ufficio   caccia   e   pesca
appartenente almeno al  VII  livello  funzionale  e  tre  esperti  in
materia di fauna selvatica oppure biologia della fauna selvatica.  Si
aggiunge inoltre che in base all'art. 19-bis, comma 3, della legge n.
157 del  1992,  relativo  all'esercizio  di  deroghe  previste  dalla
direttiva 79/409/CEE, le eccezioni al divieto di  prelievo  venatorio
sono applicate «sentito l'Istituto nazionale per la  fauna  selvatica
(INFS) o gli istituti riconosciuti a livello  regionale».  A  livello
provinciale  tale   istituto   sarebbe   rappresentato   dal   citato
Osservatorio faunistico di cui all'art. 3 della legge  prov.  Bolzano
n. 14 del 1987, il quale in considerazione del disposto dell'art.  4,
comma 2, della medesima legge provinciale, deve essere in  ogni  caso
sentito prima che l'assessore in materia di caccia possa  autorizzare
qualsiasi piano di abbattimento  e  sempre  che  siano  rispettati  i
livelli di protezione risultanti dalle convenzioni  internazionali  e
dalle norme  comunitarie  di  riferimento.  A  conferma  della  piena
legittimita' costituzionale di tale previsione normativa la Provincia
di Bolzano richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 16  del
2012, con  la  quale  e'  stata  ritenuta  legittima  la  scelta  del
legislatore regionale di sottoporre la concessione delle  deroghe  al
parere rilasciato dall'istituto riconosciuto a livello regionale. 
    33. - Quanto all'art. 7, comma 5, della legge provinciale  n.  14
del 2011, con tale disposizione  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano
sostiene  di  aver   dato   seguito   alla   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 151 del  2011,  che  aveva  escluso  ogni  rapporto
diretto tra la Provincia stessa e la  Commissione  europea  ed  aveva
individuato  nel  Ministero  dell'ambiente  il  soggetto   tenuto   a
trasmettere le informazioni alla Commissione  europea  riguardo  agli
obblighi   di   cui    alla    direttiva    92/43/CEE,    dichiarando
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma  6,  della  legge
prov. Bolzano n. 6 del 2010.  Difatti  la  citata  pronuncia  avrebbe
lasciato, a giudizio  della  resistente,  una  lacuna  normativa  con
riguardo all'obbligo di prestare misure compensative per i piani e  i
progetti  con  valutazione  d'incidenza  negativa  e  necessarie  per
garantire la coerenza  globale  della  rete  «Natura  2000».  Con  la
disposizione in  esame  la  Provincia  autonoma  di  Bolzano  avrebbe
provveduto a reintrodurre l'obbligo a  carico  dei  proponenti  delle
suddette  misure   di   compensazione.   Il   potere   del   Ministro
dell'ambiente relativo alla comunicazione delle  misure  compensative
alla  Commissione  europea  e'   disciplinato   invece   direttamente
dall'art. 5, commi 9 e 10, del d.P.R. n. 357 del 1997 e  non  sarebbe
stato minimamente interessato dalla disposizione impugnata, rimanendo
pienamente valido ed efficace. 
    Conclude la Provincia autonoma di Bolzano  che  nessun  conflitto
esisterebbe tra la disciplina europea e la  disposizione  provinciale
censurata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con il ricorso in epigrafe il Presidente del  Consiglio  dei
ministri ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale  degli
articoli 2, commi 1, 2, 3, 5, 11, 15, nonche' dell'art. 7,  comma  5,
della legge della Provincia autonoma di Bolzano 12 dicembre 2011,  n.
14 (Norme in materia di caccia, pesca, foreste, ambiente, usi civici,
agricoltura, patrimonio ed urbanistica), in riferimento agli articoli
4 e 8, primo comma, del decreto del Presidente  della  Repubblica  31
agosto 1972,  n.  670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto
Adige),  all'articolo  117,  secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione ed all'art. 117, primo comma, Cost., in  relazione  alla
direttiva 2 aprile  1979,  n.  79/409/CEE  (Direttiva  del  Consiglio
concernente  la  conservazione  degli  uccelli  selvatici)  ed   alla
direttiva 21 maggio  1992,  n.  92/43/CEE  (Direttiva  del  Consiglio
relativa alla conservazione degli habitat naturali e  seminaturali  e
della flora e della fauna selvatiche). 
    Nelle more del presente giudizio il ricorrente ha  notificato  la
dichiarazione di rinuncia parziale al ricorso in esame, per la  parte
riguardante l'art.  2,  comma  15,  sulla  base  della  delibera  del
Consiglio dei ministri dell'11 maggio 2012. La Provincia autonoma  di
Bolzano ha accettato la suddetta rinuncia parziale con  deliberazione
della Giunta provinciale del 2 luglio 2012. 
    Con riguardo all'art.  2,  comma  1,  della  legge  impugnata  il
Presidente del Consiglio dei ministri ritiene che lo stesso contrasti
con l'art. 2, comma 1, della legge 11 febbraio 1992,  n.  157  (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
venatorio),  norma  statale  interposta  per  finalita'   di   tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema,  ai  sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. 
    Il successivo comma 2 si porrebbe  invece  in  contrasto  con  la
richiamata normativa statale, poiche' prevede per  le  specie  volpe,
cinghiale, lepre bianca e pernice bianca periodi di caccia diversi  e
piu' ampi rispetto all'arco temporale massimo consentito dall'art. 18
della legge n. 157 del 1992. 
    Quanto al comma 3, esso divergerebbe dall'art. 18, comma 1, della
legge n. 157 del 1992, per il calendario delle attivita' di caccia di
alcune specie, e contrasterebbe con i successivi  commi  5  e  6  del
medesimo art. 18, in quanto derogatorio del  principio  del  silenzio
venatorio nei giorni di martedi' e venerdi'. 
    Il comma 5, consentendo l'esercizio dell'attivita' venatoria  sia
in forma vagante  sia  mediante  appostamento  fisso,  violerebbe  il
precetto contenuto nell'art. 12, comma 5,  della  legge  n.  157  del
1992, il quale prescrive l'assoluta alternativita' di tali sistemi di
caccia. 
    In relazione al comma 11, il Presidente del  Consiglio  si  duole
che lo stesso preveda un sistema di controllo di  propagazione  della
specie nutria non conforme al dettato dell'art.  2,  comma  1,  della
legge n. 157 del 1992, omettendo la previa  utilizzazione  di  metodi
ecologici, nonche' la sottoposizione di detta  ipotesi  di  controllo
alla valutazione tecnica dell'ISPRA. 
    Quanto al comma 15  dell'art.  2  della  legge  impugnata,  detta
norma, nel prevedere che l'associazione dei cacciatori istituisca  un
fondo di garanzia alimentato da  un  contributo  finanziario  annuale
dovuto da ogni titolare di permesso in  misura  percentuale  rispetto
alla tassa di concessione per la licenza di porto di fucile  per  uso
di caccia, violerebbe i  vincoli  posti  al  legislatore  provinciale
dall'art.  8,  primo  comma,  dello  statuto  speciale,  nonche'   la
competenza esclusiva statale nella materia del sistema tributario  di
cui all'art. 117, secondo comma,  lettera  e),  Cost.,  in  relazione
all'art.  1,  comma  123,  della  legge  13  dicembre  2010,  n.  220
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2011). 
    L'art. 7, comma 5, della legge provinciale,  infine,  sarebbe  in
contrasto con la normativa statale e con  i  vincoli  comunitari,  in
quanto ometterebbe di prescrivere che i provvedimenti di approvazione
relativi ad opere o progetti che abbiano  avuto  una  valutazione  di
incidenza negativa e,  per  cio'  stesso,  siano  soggetti  a  misure
compensative necessarie per garantire la coerenza globale della  rete
ecologica europea denominata «Natura 2000», debbano essere comunicati
alla  Commissione  europea  per  quel  che  concerne  le  misure   di
compensazione adottate. Detta omissione violerebbe l'art. 117,  primo
comma, Cost. per contrasto con l'art. 5, commi 9 e 10, del  d.P.R.  8
settembre  1997,  n.  357  (Regolamento  recante   attuazione   della
direttiva  92/43/CEE  relativa  alla  conservazione   degli   habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche) e dell'art. 6, comma 4, della direttiva 92/43/CEE. 
    2. - Nel proprio atto di costituzione la  Provincia  autonoma  di
Bolzano evidenzia di avere competenza legislativa primaria in materia
di caccia e pesca ed in materia di parchi  per  la  protezione  della
flora e della fauna,  nonche'  di  essere  titolare  delle  correlate
potesta' amministrative ai sensi degli artt. 8, n. 15) e n. 16), e 16
dello statuto. A suo  avviso  le  disposizioni  censurate  dovrebbero
essere inquadrate proprio in questo  ambito  normativo,  regolando  e
specificando nel dettaglio l'attivita' di caccia e definendo la fauna
selvatica. 
    Quanto alla censura formulata dal ricorrente in ordine al mancato
rispetto delle norme fondamentali in materia di riforme economiche  e
sociali della Repubblica contenute nella legge n. 157  del  1992,  la
resistente eccepisce che tale censura non  sarebbe  menzionata  nella
delibera del Consiglio dei ministri del 3 febbraio 2012 autorizzativa
della proposizione del presente ricorso.  Sotto  questo  profilo,  la
questione sarebbe pertanto inammissibile. 
    Nel merito la Provincia insiste  per  il  rigetto  delle  singole
questioni proposte. 
    3. - Deve  essere  preliminarmente  dichiarata  l'estinzione  del
processo con riguardo all'art. 2, comma 15, della legge prov. Bolzano
n. 14 del 2011. 
    In data 22 maggio 2012, infatti, il Presidente del Consiglio  dei
ministri ha notificato  la  dichiarazione  di  rinuncia  parziale  al
ricorso in esame, sulla base della delibera  del  medesimo  Consiglio
dell'11 maggio 2012. La Provincia autonoma di Bolzano ha accettato la
suddetta rinuncia parziale al ricorso con deliberazione della  Giunta
provinciale del 2 luglio 2012. 
    4. - Quanto alle altre questioni  sollevate,  occorre  premettere
che, pur rientrando le norme  impugnate  nella  potesta'  legislativa
provinciale primaria in materia di caccia,  esse  interagiscono,  per
naturale coincidenza degli ambiti competenziali,  con  l'attribuzione
esclusiva dello Stato in materia di ambiente ed  ecosistema,  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., la quale  -  come  e'
stato  piu'  volte  precisato  da  questa  Corte   -   si   riferisce
all'«ambiente» in termini generali ed  onnicomprensivi  (sentenza  n.
378 del 2007). Data l'ampiezza  e  la  complessita'  delle  tematiche
afferenti alla tutela dell'ambiente, i principi e le regole elaborati
dallo Stato in subiecta materia  coinvolgono  altri  beni  giuridici,
aventi  ad  oggetto  componenti  o  aspetti  del  bene  ambiente,  ma
concernenti diversi interessi giuridicamente tutelati nell'ambito  di
altre competenze legislative ripartite secondo i canoni dell'art. 117
Cost. Quando il  carattere  trasversale  della  normativa  ambientale
comporta fenomeni di sovrapposizione ad altri  ambiti  competenziali,
questa Corte ha gia' avuto modo di affermare che la prevalenza  debba
essere assegnata alla legislazione statale rispetto a quella  dettata
dalle Regioni o dalle Province autonome,  in  materie  di  competenza
propria. Cio' in relazione al fatto  che  la  disciplina  unitaria  e
complessiva del bene ambiente inerisce ad un  interesse  pubblico  di
valore costituzionale primario (sentenza n. 151 del 1986) ed assoluto
(sentenza n. 210 del 1987) e deve garantire  un  elevato  livello  di
tutela, come tale inderogabile da altre discipline di settore.  Sotto
questo  profilo,  si  configura  come  limite  alla  discrezionalita'
legislativa che le Regioni e le Province autonome hanno nelle materie
di loro competenza, cosicche' queste ultime non possono in alcun modo
derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo
Stato (sentenza n. 378 del 2007). 
    Quando cio' avviene si determina un'invasione -  da  parte  della
legge regionale  o  provinciale  -  di  ambiti  propri  della  tutela
dell'ambiente e  dell'ecosistema,  che  fanno  capo  alla  competenza
esclusiva dello Stato (sentenza n. 20 del  2012;  in  senso  conforme
sentenze n. 191 del 2011, n. 226 del 2003 e  n.  536  del  2002).  In
questo contesto di trasversalita' e primazia della tutela  ambientale
e dell'ecosistema, non rileva - con riguardo al caso in esame  -  che
le norme statali interposte costituiscano per buona parte  attuazione
di  direttive  comunitarie  in  subiecta  materia,  dal  momento  che
comunque esse - in ragione della loro natura e della loro finalita' -
prevalgono sulla disciplina di settore della caccia. 
    E' invece da sottolineare come,  proprio  in  base  al  descritto
carattere di trasversalita' e primazia, quando si verificano contesti
di sovrapposizione tra la materia di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost. e quelle di competenza regionale o provinciale,  le
Regioni e le Province autonome conservino - negli ambiti  in  cui  si
verifica  detta  sovrapposizione  e  relativamente  alla  materia  di
propria  competenza  -  poteri  di  scelta,  purche'   questi   siano
esercitati in senso piu' rigoroso di quanto previsto dalla  normativa
statale di tutela ambientale e dell'ecosistema (sentenza n.  378  del
2007). 
    4.1. - La ricognizione dei  principi  costituzionali  vigenti  in
tema  di  rapporti  tra  la  materia  della  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema e quella  della  caccia  consente  di  accogliere  le
censure proposte  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.  ed  alle
disposizioni interposte contenute nella legge n. 157 del 1992,  salvo
quanto successivamente considerato in ordine agli artt. 2, comma 3, e
7, comma 5, della legge provinciale impugnata. 
    4.2. - La prima questione riguarda l'art. 2, comma 1, della legge
prov. Bolzano n. 14 del 2011, il quale sostituisce l'art. 2, comma 1,
della legge della Provincia di Bolzano 17 luglio 1987, n.  14  (Norme
per la protezione della  fauna  selvatica  e  per  l'esercizio  della
caccia). Essa e' formulata in riferimento all'art. 2, comma 2,  della
legge n. 157 del 1992, norma statale interposta in materia di  tutela
ambientale e dell'ecosistema. La norma provinciale classifica tra  le
specie escluse dalla nozione di fauna selvatica i piccioni  domestici
inselvatichiti, specie non  contemplata  tra  le  eccezioni  indicate
dalla evocata norma statale. 
    Secondo il principio di prevalenza della  disciplina  ambientale,
la norma deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima per la
parte che prevede l'esclusione dei piccioni domestici  inselvatichiti
dalla nozione di fauna  selvatica,  in  tal  modo  sottraendoli  alla
protezione specifica disposta dalla normativa statale. 
    4.3. - Risulta altresi' fondata,  in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., la questione proposta nei  riguardi
dell'art. 2, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 14  del  2011,  il
quale sostituisce il comma 1, lettere b)  ed  e)  dell'art.  4  della
legge prov. di Bolzano n. 14 del 1987, prevedendo, tra  l'altro,  uno
specifico calendario venatorio dal 1° luglio al  31  gennaio  per  la
volpe e il cinghiale (lettera b) e dal 1° ottobre al 15 dicembre  per
la lepre bianca e la pernice bianca (lettera e, n. 1 e n. 2).  L'art.
18, comma 1, della legge n. 157 del 1992  stabilisce  invece  per  la
volpe il periodo intercorrente tra la terza domenica di  settembre  e
il 31 gennaio; per la pernice bianca e la lepre bianca il periodo tra
il 1° ottobre e il 30  novembre;  per  il  cinghiale  quello  dal  1°
ottobre al 31 dicembre o quello dal 1° novembre al  31  gennaio.  Con
riguardo alle quattro specie coinvolte, il  calendario  regionale  e'
comunque piu' ampio e, pertanto, per  le  stesse  ragioni  richiamate
nello scrutinio del comma 1 dell'art. 2 della legge prov. Bolzano  n.
14  del  2011,  il  superamento  dei  limiti  di  prelievo  venatorio
stabiliti dall'art. 18 della legge  n.  157  del  1992  determina  il
contrasto della  norma  impugnata  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost. 
    4.4.- La censura proposta in riferimento  allo  stesso  parametro
costituzionale ed avente ad oggetto l'art. 2, comma  3,  della  legge
prov. Bolzano n.  14  del  2011,  che  inserisce,  dopo  il  comma  1
dell'art. 4 della legge provinciale n. 14 del 1987, il  comma  1-bis,
e' parzialmente fondata. 
    La  norma   impugnata   consente   nelle   zone   frutti-vinicole
l'esercizio della caccia alla lepre comune, al merlo, alla  cesena  e
al tordo bottaccio fino al 10  gennaio  e  permette,  nel  periodo  a
partire dal 16 dicembre, la caccia  alle  tre  menzionate  specie  di
turdidi tutti i  giorni  della  settimana.  Le  disposizioni  statali
interposte (art. 18, commi 1, 5 e 6, della legge n.  157  del  1992),
invece, prevedono che: a) il merlo e la lepre comune siano cacciabili
dalla terza domenica di settembre fino al 31 dicembre e la cesena  ed
il tordo bottaccio dalla terza domenica di settembre al  31  gennaio;
b) le sessioni di caccia non superino settimanalmente  il  numero  di
tre giorni e le Regioni  possano  consentirne  la  libera  scelta  al
cacciatore, escludendo i giorni di martedi'  e  venerdi',  nei  quali
l'attivita' venatoria e' in ogni caso sospesa; c) fermo  restando  il
silenzio venatorio nei giorni di martedi'  e  venerdi',  le  Regioni,
sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica  e  tenuto  conto
delle consuetudini locali,  possano,  anche  in  deroga  alla  regola
statale   precedentemente   richiamata,   disciplinare   diversamente
l'esercizio  venatorio   da   appostamento   alla   fauna   selvatica
migratoria, nei periodi intercorrenti tra il  1°  ottobre  ed  il  30
novembre. 
    Il  superamento  dei  limiti  posti  a  tutela  dell'ambiente  si
verifica per la specifica disciplina provinciale inerente al merlo  e
alla lepre comune, per i quali viene previsto un termine esteso al 10
gennaio anziche' al 31 dicembre e contestualmente soppresso,  per  il
merlo, il silenzio venatorio nei giorni di martedi'  e  venerdi',  in
difformita' sia dal comma 1 che dal comma 5 dell'art. 18 della  legge
n. 157 del 1992. Infatti, come accennato, il comma 6 di  detta  legge
prevede  l'assoluta  inderogabilita'  del  silenzio  venatorio  e  la
possibilita' di una disciplina speciale soltanto nell'arco  temporale
intercorrente tra il 1° ottobre ed il 30 novembre. 
    Per quel che concerne la cesena ed il tordo bottaccio, il termine
del 10 gennaio, fissato dalla legge provinciale, risulta compatibile,
in quanto piu' ristretto, con l'art. 18, comma 1 della legge  n.  157
del 1992, che consente la caccia fino al 31 gennaio. Ne consegue  che
sotto tale profilo la censura proposta dal Presidente  del  Consiglio
e' infondata, dal momento che la prescrizione dell'ente  territoriale
risulta piu' rigorosa di quella statale. In relazione  alle  medesime
specie e' invece  fondata  la  censura  inerente  all'esclusione  del
silenzio venatorio, il cui rispetto e' sancito in  modo  inderogabile
dal legislatore statale, come in precedenza specificato. 
    In definitiva, con riguardo all'art.  2,  comma  3,  della  legge
prov. Bolzano n. 14 del 2011 deve essere dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale per contrasto con l'art. 18 della  legge  n.  157  del
1992, relativamente alla deroga del silenzio venatorio consentita per
tutte le specie cacciabili  dallo  stesso  enumerate.  Per  quel  che
concerne l'estensione complessiva  del  calendario  venatorio,  detta
disposizione risulta contraria alla evocata norma interposta solo per
quel  che  concerne  le  specie  del  merlo  e  della  lepre  comune.
L'estensione - da parte del legislatore provinciale - del termine per
la chiusura della stagione venatoria (per le sole specie del merlo  e
della lepre comune) e l'incremento  delle  modalita'  settimanali  di
prelievo (per le tre specie interessate) pregiudica il «nucleo minimo
di salvaguardia della fauna selvatica» (sentenza n. 323 del 1998), la
cui   determinazione,   ai   fini   della   tutela    ambientale    e
dell'ecosistema, spetta in via esclusiva, dopo la riforma del  titolo
V della parte II della Costituzione, al legislatore statale ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    4.5. - La questione proposta nei confronti dell'art. 2, comma  5,
della legge provinciale n. 14 del 2011, in riferimento all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., e' altresi' fondata. 
    La disposizione impugnata, la quale sostituisce l'art.  13  della
legge Prov. Bolzano  n.  14  del  1987,  prevede,  tra  l'altro,  che
l'esercizio dell'attivita' venatoria  sia  consentito  sia  in  forma
vagante che mediante appostamento fisso  (art.  13,  comma  1,  della
legge prov. Bolzano n. 14  del  1987,  come  sostituito  dalla  norma
impugnata). Questa specifica prescrizione collide con  il  principio,
cosiddetto della caccia di specializzazione,  sancito  dall'art.  12,
comma 5, della legge n. 157 del 1992. La  norma  prevede  che,  fatta
eccezione per l'esercizio  venatorio  con  l'arco  o  con  il  falco,
ciascun cacciatore possa praticare l'attivita' in  questione  in  una
sola  delle  tre  forme  permesse  in  essa   elencate,   consistenti
rispettivamente nella caccia vagante  in  zona  Alpi,  in  quella  da
appostamento fisso e nell'insieme  delle  altre  forme  di  attivita'
venatoria consentite e praticate nel rimanente territorio secondo  la
programmazione  di  settore.  Il  cacciatore  e'  tenuto,  dunque,  a
scegliere, nell'ambito di tale ventaglio di alternative, la modalita'
di esercizio dell'attivita' venatoria che gli e' piu' consona, «fermo
restando che l'una forma esclude l'altra» (sentenza n. 116 del 2012).
Il descritto criterio di  esclusivita'  -  che  vale  a  favorire  il
radicamento del cacciatore in un territorio e,  al  tempo  stesso,  a
sollecitarne l'attenzione per l'equilibrio faunistico - trova la  sua
ratio   giustificativa   nella   constatazione   che   un   esercizio
indiscriminato  dell'attivita'  venatoria  da  parte   dei   soggetti
abilitati, su tutto il territorio agro-silvo-pastorale ed in tutte le
forme consentite, rischierebbe di mettere  in  crisi  la  consistenza
delle  popolazioni  della  fauna  selvatica.  In  quanto  rivolta  ad
assicurare  la  sopravvivenza  e   la   riproduzione   delle   specie
cacciabili,  la  norma  statale  interposta  si  inquadra   anch'essa
nell'ambito materiale della tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema
riservato alla potesta' legislativa esclusiva statale dall'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost.  Detta  disposizione  -  concorrendo
alla definizione  del  nucleo  minimo  di  salvaguardia  della  fauna
selvatica -  stabilisce,  in  particolare,  una  soglia  uniforme  di
protezione da osservare su tutto il territorio nazionale (sentenza n.
116 del 2012; in senso conforme sentenze n. 441 del 2006, n. 536  del
2002, n. 168 del 1999 e n. 323 del 1998). 
    La disciplina statale - secondo  la  costante  giurisprudenza  di
questa Corte - puo' essere modificata dalle Regioni e dalle  Province
autonome, nell'esercizio della  loro  potesta'  legislativa  primaria
(come  nel  caso  di  specie)  o  residuale  in  materia  di  caccia,
esclusivamente  nella  direzione  dell'innalzamento  del  livello  di
tutela (ex plurimis, sentenze n. 106 del 2011, n. 315 e  n.  193  del
2010, n. 61 del 2009). La fattispecie  normativa  in  esame,  invece,
autorizza  l'esercizio  cumulativo  di  due  delle  forme  di  caccia
consentite,   deroga   alla   disciplina   statale   attraverso   una
regolamentazione della materia che implica una  soglia  inferiore  di
tutela, e si pone percio' in contrasto con l'art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost. e con la norma statale interposta (art.  12,  comma
5, della legge n. 157 del 1992). 
    4.6. - Anche la questione proposta  nei  confronti  dell'art.  2,
comma 11, della legge prov. Bolzano n. 14 del 2011, il quale aggiunge
il comma 3 all'art. 29 della legge provinciale n.  14  del  1987,  e'
fondata. Detta norma prevede che l'assessore competente in materia di
caccia predisponga un piano di controllo  della  nutria  al  fine  di
contenere la propagazione della specie, affidando al corpo  forestale
e agli agenti venatori la  sua  attuazione,  senza  subordinare  tale
attivita' alla valutazione tecnica  dell'Istituto  superiore  per  la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA, ex Istituto nazionale  per
la fauna selvatica - INFS). 
    L'art. 19, comma 2, della legge n. 157  del  1992  consente  alle
Regioni il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone
vietate alla caccia, al fine di migliorare la gestione del patrimonio
zootecnico, per la tutela del suolo,  per  motivi  sanitari,  per  la
selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico e
per quella delle produzioni zoo-agroforestali  ed  ittiche.  Tuttavia
tale controllo, esercitato selettivamente, puo' essere  praticato  di
norma attraverso metodi ecologici, sentito l'ISPRA. 
    Solo nel caso in cui tale Istituto  verifichi  l'inefficacia  dei
predetti  metodi,   le   Regioni   possono   autorizzare   piani   di
abbattimento. Questi  ultimi  devono  essere  attuati  dalle  guardie
venatorie dipendenti dalle amministrazioni  provinciali,  insieme  ad
una serie di altri soggetti  abilitati  da  detta  normativa  statale
interposta. 
    La norma provinciale impugnata non e' conforme  al  principio  di
gradualita' espresso nell'evocata disposizione statale,  dal  momento
che prescrive in via immediata e diretta piani di abbattimento, senza
prevedere il parere dell'ISPRA circa la previa efficace esperibilita'
dei rimedi ecologici. Per le stesse ragioni inerenti alle  precedenti
impugnazioni, la disposizione in  esame  viola  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. 
    4.7. - In ordine alle questioni esaminate rimangono assorbite  le
censure proposte in riferimento agli artt. 4 e 8, primo comma,  dello
statuto ed  all'art.  117,  primo  comma,  Cost.  in  relazione  alle
direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE. 
    5. - La questione proposta nei confronti dell'art.  7,  comma  5,
della legge prov. Bolzano n. 14 del  2011  e'  priva  di  fondamento.
Detta norma sostituisce il comma 6 dell'art.  22  della  legge  della
Provincia di Bolzano 12 maggio 2010, n.  6  (Legge  di  tutela  della
natura e altre  disposizioni),  stabilendo  che  i  provvedimenti  di
approvazione relativi ad opere e  progetti,  che  abbiano  avuto  una
valutazione di incidenza negativa, dispongano le misure  compensative
necessarie per garantire la coerenza  globale  della  rete  ecologica
europea denominata «Natura 2000». 
    Secondo il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  la  norma,
eliminando l'obbligo di comunicazione alla Commissione europea  delle
misure di compensazione adottate in relazione ai progetti per i quali
la valutazione di incidenza abbia  dato  esito  negativo,  violerebbe
l'art.  117,  primo  comma,  Cost.  Tale  obbligo,  infatti,  sarebbe
prescritto dall'art. 5, commi 9 e 10, del d.P.R.  n.  357  del  1997,
regolamento attuativo della direttiva 92/43/CEE e dall'art. 6,  comma
4, della medesima direttiva 92/43/CEE. 
    Sul punto occorre  preliminarmente  considerare  che  l'art.  22,
comma 6, della legge prov. Bolzano n. 6 del 2010, nella  formulazione
antecedente a quella impugnata, e' gia' stato oggetto di declaratoria
di  illegittimita'  costituzionale  per  effetto   della   precedente
sentenza di questa Corte n.  151  del  2011.  Detta  pronunzia  aveva
colpito, in particolare, la previsione di un rapporto diretto tra  la
Provincia e la Commissione europea in  sede  di  comunicazione  delle
misure  compensative.  Confrontando  la  pregressa  disposizione  («I
provvedimenti di approvazione, per i casi di cui  ai  commi  4  e  5,
dispongono, eventualmente anche a carico del o della  proponente,  le
misure compensative necessarie  per  garantire  la  coerenza  globale
della  rete  ecologica  europea  Natura  2000,   di   cui   e'   data
comunicazione alla  Commissione  europea»)  con  quella  oggetto  del
presente giudizio («I provvedimenti di approvazione, per  i  casi  di
cui ai commi 4 e 5, dispongono, eventualmente anche a  carico  del  o
della proponente, le misure compensative necessarie per garantire  la
coerenza globale della rete ecologica europea Natura 2000») si ricava
con  chiarezza  come  la  formulazione  della  seconda  sia  ispirata
all'esigenza di eliminare la prescrizione, sulla quale sono cadute le
censure della sentenza n. 151 del 2011. 
    Peraltro,  il  mancato  richiamo  delle  specifiche  disposizioni
statali da parte della norma regionale  non  comporta  certamente  la
inapplicabilita' di queste ultime (sentenze n. 43 del 2011  e  n.  45
del 2010) soprattutto in una fattispecie come  quella  in  esame,  in
relazione alla quale la Provincia autonoma  non  ha  alcun  titolo  a
regolare le modalita'  applicative  della  disposizione  comunitaria,
riservate allo Stato ai sensi dell'art. 5, commi 9 e 10,  del  d.P.R.
n. 357 del 1997. Tale  ultima  disposizione  e'  infatti  espressione
della competenza legislativa esclusiva statale di cui  all'art.  117,
secondo  comma,  lettera  g),  Cost.  (ordinamento  e  organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali).