ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  16  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, (Disposizioni urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214,
promossi dalla  Regione  autonoma  della  Sardegna  e  dalla  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia con ricorsi notificati il 24 ed il  25
febbraio 2012, depositati in cancelleria il 2 ed il 5 marzo  2012  ed
iscritti al n. 47 e n. 50 del registro ricorsi 2012. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  7  novembre  2012  il  Giudice
relatore Sergio Mattarella; 
    uditi gli avvocati Massimo Luciani per la Regione autonoma  della
Sardegna, Giandomenico Falcon per la Regione autonoma  Friuli-Venezia
Giulia  e  l'avvocato  dello  Stato  Alessandro  De  Stefano  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con due ricorsi, il primo notificato il 24  febbraio  2012  e
depositato il 2 marzo 2012, il secondo notificato il 25 febbraio 2012
e depositato  il  5  marzo  2012,  le  Regioni  autonome  Sardegna  e
Friuli-Venezia  Giulia  hanno  promosso  questioni  di   legittimita'
costituzionale relative a diverse disposizioni  del  decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. 
    2.- La presente decisione ha ad oggetto unicamente l'art. 16  del
citato decreto-legge, censurato dalla Regione Sardegna per violazione
degli articoli 117, terzo comma, e 119  della  Costituzione,  nonche'
degli articoli 7 e 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948,  n.
3 (Statuto speciale per la Sardegna), e dalla Regione  Friuli-Venezia
Giulia per violazione degli articoli  3,  117,  terzo  comma,  e  119
Cost., degli articoli 4, 5, 8, 48 e  51,  primo  comma,  della  legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della  Regione
Friuli-Venezia Giulia), nonche' degli articoli 1 e 5,  comma  5,  del
decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di attuazione dello
Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia   Giulia   per   il
trasferimento di beni del demanio  idrico  e  marittimo,  nonche'  di
funzioni in materia di risorse idriche e  di  difesa  del  suolo),  e
degli articoli 9 e 11, comma 1,  del  decreto  legislativo  1  aprile
2004, n. 111  (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale  della
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  concernenti  il   trasferimento   di
funzioni in materia di viabilita' e trasporti). 
    3.- La Regione Sardegna impugna le seguenti norme:  il  comma  2,
che, a decorrere dal 1° maggio 2012, assoggetta le unita' da  diporto
che stazionino  in  porti  marittimi  nazionali,  navighino  o  siano
ancorate in acque pubbliche, al pagamento di  una  tassa  annuale  di
stazionamento, calcolata per ogni giorno,  o  frazione  di  esso,  in
misure parametrate a nove categorie  di  lunghezza  dello  scafo;  il
comma 3, che prevede una riduzione della  tassa  per  le  unita'  con
scafo di lunghezza fino a dodici metri, utilizzate esclusivamente dai
proprietari residenti nei comuni ubicati nelle isole minori  e  nella
laguna di Venezia; il comma 4, che prevede ulteriori esenzioni per le
unita' di proprieta' o in uso allo Stato e ad altri enti  pubblici  e
per quelle che si trovino in un'area di rimessaggio e per i giorni di
effettiva permanenza in rimessaggio; il comma  5,  che  esenta  dalla
tassa le unita'  da  diporto  possedute  ed  utilizzate  da  enti  ed
associazioni di volontariato  esclusivamente  a  fini  di  assistenza
sanitaria e pronto soccorso; il comma 5-bis,  che  prevede  ulteriori
esenzioni per la promozione della nautica da diporto; i commi  6,  7,
8, 9 e 10, che disciplinano  le  modalita'  di  determinazione  degli
importi  da  versare,  i  controlli,  le  sanzioni  e   il   relativo
contenzioso; il comma 11, che istituisce  un'imposta  erariale  sugli
aeromobili  privati  in  misure  parametrate  a  sette  categorie  di
velivoli con riguardo al peso massimo al  decollo  e  alla  tipologia
degli aeromobili e una diversa imposta per i mezzi  ad  ala  rotante,
nonche' per alianti, moto alianti, autogiri e aerostati; i commi 12 e
13, che disciplinano i soggetti passivi d'imposta,  le  misure  ed  i
tempi  dei  versamenti  da  effettuare;  il  comma  14,  che   esenta
dall'imposta gli aeromobili di Stato, quelli ad  essi  equiparati  ed
ulteriori  categorie  di  velivoli;  il  comma  14-bis,  che  estende
l'imposta agli aeromobili non immatricolati nel registro  aeronautico
nazionale in sosta nel territorio italiano; i commi 15 e 15-bis,  che
dettano le modalita' di  versamento  dell'imposta  -  anche  mediante
rinvio a provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle entrate  -  e
disciplinano le sanzioni e il relativo contenzioso. 
    3.1.- Osserva la Regione ricorrente che l'art. 16, commi da  2  a
15-bis, del d.l. n. 201 del 2011 istituisce una «tassa sul  turismo»,
in contrasto con le norme costituzionali (artt. 117 e  119  Cost.)  e
statutarie  (artt.  7  e  8).  Mentre  tali  parametri  riservano  la
competenza in materia di «turismo» alla Regione, risulterebbe  invece
evidente l'intento  del  legislatore  statale  di  utilizzare,  quale
presupposto di imposta, beni ad uso turistico  tanto  in  riferimento
alle unita' da diporto quanto agli aeromobili privati. 
    La Regione Sardegna deduce,  quindi,  la  lesione  dell'autonomia
finanziaria  regionale  (art.   119   Cost.,   in   relazione   anche
all'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3)  e
delle proprie prerogative connesse alla materia «coordinamento  della
finanza pubblica e del sistema tributario» (art.  117,  terzo  comma,
Cost., sempre in riferimento alla summenzionata "clausola di  maggior
favore"), in  violazione  degli  artt.  7  (finanza  regionale)  e  8
(entrate della Regione) dello statuto speciale. La Regione  asserisce
che il legislatore statale  ha,  infatti,  introdotto  una  forma  di
imposizione tributaria in violazione dell'art. 8,  comma  1,  lettera
h), dello statuto speciale, il quale prevede  che  le  entrate  della
Regione sono costituite, tra l'altro, da «imposte e tasse sul turismo
e da altri tributi propri che la Regione ha facolta' di istituire con
legge in armonia con i principi del sistema tributario dello  Stato».
Al riguardo, la Regione Sardegna richiama la sentenza n. 102 del 2008
di  questa   Corte,   che   -   nel   sottoporre   a   scrutinio   di
costituzionalita' l'art. 4 della  legge  della  Regione  Sardegna  11
maggio  2006,  n.  4  (Disposizioni  varie  in  materia  di  entrate,
riqualificazione della  spesa,  politiche  sociali  e  di  sviluppo),
istitutivo di una tassa regionale avente come  presupposto  d'imposta
lo scalo turistico degli aeromobili e delle unita' da  diporto  -  ha
ritenuto «non implausibile la classificazione  del  suddetto  tributo
come tassa sul turismo». 
    4.- La ricorrente Regione Friuli-Venezia Giulia assume l'art. 16,
commi da 2 a 10, del d.l. n. 201 del 2011  -  limitatamente,  quindi,
alla disciplina della tassa sulle unita' da  diporto  -  come  lesivo
dell'autonomia   finanziaria   e    patrimoniale    della    Regione,
soffermandosi in via preliminare sulla qualificazione  giuridica  del
tributo. Osserva la Regione ricorrente che diversi elementi  inducono
a  ritenere  che  quest'ultimo  rivesta  la  natura  di   tassa   per
l'utilizzazione del bene pubblico «acqua» e non gia' per la  presenza
del bene «unita' da diporto» nel patrimonio del soggetto. 
    4.1.- La Regione Friuli-Venezia Giulia  fornisce  preliminarmente
una ricostruzione del quadro normativo delle competenze regionali  in
materia di acque pubbliche, richiamando i trasferimenti dei beni  del
demanio idrico, incluse le relative pertinenze,  anche  in  specifico
riferimento  a  quelli  situati  nella  laguna  di  Marano-Grado.  Ne
conseguirebbe l'illegittimita' dell'art. 16, commi da  2  a  10,  del
d.l. n. 201 del 2011, nella parte in  cui  non  esclude  i  beni  del
demanio idrico e la laguna di  Marano-Grado  dall'applicazione  della
tassa di stazionamento, per violazione degli artt.  48  e  51,  primo
comma, dello statuto  (che  garantiscono  l'autonomia  finanziaria  e
patrimoniale della Regione). 
    4.2.- In via subordinata, ove l'istituzione della tassa apparisse
legittima,  la  Regione  ricorrente  deduce  l'illegittimita'   della
destinazione dei relativi proventi al bilancio  dello  Stato,  atteso
che l'art. 5, comma 5, del  d.lgs.  n.  265  del  2001  riserva  alla
Regione «i proventi e le spese  derivanti  dalla  gestione  dei  beni
trasferiti», non potendo tra essi  non  includersi  quelli  derivanti
dalle imposizioni relative alla fruizione dei beni stessi. 
    4.3.- Con una terza  censura,  la  Regione  ricorrente  asserisce
l'illegittimita' dell'art. 16, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011, che
prevede una riduzione della  tassa  per  le  imbarcazioni  utilizzate
esclusivamente dai proprietari residenti  nei  comuni  ubicati  nelle
isole minori e nella laguna di Venezia, senza estendere eguale regime
ai comuni ubicati nella laguna di Marano-Grado.  Osserva  la  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  che,   distinguendo   irragionevolmente   tra
situazioni  del  tutto  assimilabili,  si  determina  una  violazione
dell'art.  3  Cost.  che  si  traduce   in   lesione   dell'autonomia
finanziaria regionale. Al riguardo, la Regione ricorrente richiama la
sentenza  n.  276  del  1991  di  questa   Corte   in   merito   alla
legittimazione della Regione, quale ente esponenziale della comunita'
stanziata sul proprio territorio, a  far  valere  la  violazione  del
principio di eguaglianza a fronte di una disciplina irragionevolmente
differenziata dettata dal legislatore statale. 
    5.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  si  e'  costituito  nel
giudizio promosso dalla Regione Sardegna con  atto  depositato  il  4
aprile 2012, chiedendo che il ricorso venga dichiarato  inammissibile
o, in subordine, respinto in quanto infondato. 
    5.1.-  Osserva  l'Avvocatura  generale  dello  Stato   che   sono
intervenute varie modificazioni dell'art. 16, commi da  2  a  15-bis,
del d.l. n. 201 del 2011, che hanno mutato la natura del  tributo  da
tassa di stazionamento ad imposta sul possesso. Le  norme  impugnate,
nella versione  sopravvenuta,  sfuggirebbero  pertanto  alle  censure
della Regione ricorrente, in quanto il prelievo previsto e'  posto  a
carico di un soggetto passivo in base  ad  uno  specifico  indice  di
capacita' contributiva, quale l'essere  proprietario  o  titolare  di
altro diritto reale o utilizzatore di unita' da diporto o aeromobile. 
    6.- Nel giudizio instaurato dalla Regione Friuli-Venezia  Giulia,
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura dello Stato, ha depositato fuori termine  memoria  di
costituzione in giudizio. 
    7.- Nell'imminenza dell'udienza pubblica, la Regione Sardegna  ha
depositato una memoria con la quale insiste per l'accoglimento  della
questione  proposta,  ribadendo  le  argomentazioni   contenute   nel
ricorso. 
    8.- La Regione Friuli-Venezia Giulia ha  depositato  una  memoria
con la quale ha riconosciuto,  da  parte  sua,  la  cessazione  della
materia del contendere per effetto delle  sopravvenute  modificazioni
delle norme impugnate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Le Regioni autonome Sardegna e Friuli-Venezia Giulia con  due
ricorsi, il primo notificato il 24 febbraio 2012 e  depositato  il  2
marzo 2012, il secondo notificato il 25 febbraio 2012 e depositato il
5 marzo 2012, impugnano (unitamente ad altre disposizioni) l'articolo
16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.  201  (Disposizioni  urgenti
per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei  conti  pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. 
    La Regione Sardegna, in particolare,  censura  i  commi  da  2  a
15-bis di tale articolo, per violazione  degli  articoli  117,  terzo
comma, e 119 della Costituzione, nonche' degli articoli 7 e  8  della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per  la
Sardegna). 
    La Regione Friuli-Venezia Giulia, invece, censura i commi da 2  a
10 dello stesso art. 16, per violazione degli articoli 3, 117,  terzo
comma, e 119 Cost., degli articoli 4, 5, 8, 48  e  51,  primo  comma,
della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n.  1  (Statuto  speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia), nonche' degli articoli 1  e  5,
comma 5, del decreto legislativo 25 maggio 2001,  n.  265  (Norme  di
attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia
per il trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo,  nonche'
di funzioni in materia di risorse idriche e di difesa del  suolo),  e
degli articoli 9 e 11, comma 1,  del  decreto  legislativo  1  aprile
2004, n. 111  (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale  della
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  concernenti  il   trasferimento   di
funzioni in materia di viabilita' e trasporti). 
    2.- Nel giudizio promosso dalla Regione Friuli-Venezia Giulia  va
dichiarata inammissibile la costituzione del Presidente del Consiglio
dei ministri, avvenuta tardivamente, oltre il termine di cui al comma
3 dell'art. 19 delle norme integrative per  i  giudizi  davanti  alla
Corte costituzionale. 
    3.-  L'identita'  di  materia  e   l'analogia   delle   questioni
prospettate  rendono  opportuna,  al  fine   della   loro   congiunta
trattazione e  decisione,  la  riunione  dei  giudizi  relativi  alle
questioni aventi ad oggetto l'art. 16  del  d.l.  n.  201  del  2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011. 
    4.-  Occorre  preliminarmente  rilevare   che   le   disposizioni
censurate  sono  state  oggetto  di  numerose  modifiche   in   epoca
successiva al promovimento  degli  odierni  giudizi  di  legittimita'
costituzionale, per effetto dell'articolo 60-bis del decreto-legge 24
gennaio 2012, n. 1  (Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,  lo
sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;  degli  articoli  3,
comma 16-quinquies, e 3-sexies del decreto-legge 2 marzo 2012, n.  16
(Disposizioni urgenti in materia di  semplificazioni  tributarie,  di
efficientamento e potenziamento  delle  procedure  di  accertamento),
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n.  44;  e
dell'articolo 67, comma 5-quater, lettera  b)  del  decreto-legge  22
giugno 2012, n. 83  (Misure  urgenti  per  la  crescita  del  Paese),
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. 
    L'art. 16, commi da 2 a 10, del d.l. n. 201  del  2011,  relativo
alla tassa sulle unita' da  diporto,  risulta  cosi'  modificato:  il
comma 2 e' stato integralmente sostituito dall'art. 60-bis, comma  1,
lettera a), del d.l. n. 1 del 2012, il quale  prevede  che  tutte  le
unita' da diporto oltre i dieci metri sono assoggettate, a  decorrere
dal 1° maggio di ogni anno, ad una tassa annuale in misure  correlate
a dieci categorie di grandezza (in base alla lunghezza dello  scafo);
i commi 3 e 4  sono  stati  modificati  dall'art.  60-bis,  comma  1,
lettere b) e c), del d.l. n. 1 del 2012, che ha  tra  l'altro  esteso
l'applicazione  della  tassa  anche  al  periodo  di  permanenza   in
rimessaggio dei natanti; gli  altri  commi  sono  stati  parzialmente
modificati dall'art. 60-bis, comma 1, lettere d) e e), del d.l. n.  1
del 2012, che ha, tra  l'altro,  esteso  l'esenzione  dalla  tassa  a
talune fattispecie allo scopo di sviluppare la nautica da  diporto  e
ha ampliato la platea dei soggetti  passivi  della  tassa  annuale  a
tutti i possessori di unita'  da  diporto  residenti  sul  territorio
dello Stato. 
    Quanto all'imposta sugli aeromobili privati, e' stato inserito il
comma 10-bis  nell'art.  16  del  d.l.  n.  201  del  2011  dall'art.
3-sexies, comma 1, lettera a), del  d.l.  n.  16  del  2012,  che  ha
istituito una nuova imposta  erariale  sui  voli  dei  passeggeri  di
aerotaxi, a carico del passeggero e versata dal  vettore,  in  misure
parametrate a tre categorie di lunghezza dei tragitti. Il comma 11 e'
stato integralmente sostituito dall'art. 3-sexies, comma  1,  lettera
b), del d.l. n. 16 del  2012,  che  ha:  ridotto  le  misure  annuali
dell'imposta erariale sugli aeromobili di minori dimensioni;  ridotto
l'imposta sugli  elicotteri;  escluso  gli  autogiri  dal  versamento
dell'imposta stessa. Il comma 14 e'  stato  integralmente  sostituito
dall'art. 3-sexies, comma 1, lettera c), del d.l. n. 16 del 2012, che
ha esteso l'esenzione dall'imposta agli aeromobili storici, a  quelli
di costruzione amatoriale, agli apparecchi per il volo da  diporto  o
sportivo di cui alla legge 25 marzo 1985, n. 106 (Disciplina del volo
da diporto o sportivo). 
    L'art. 3-sexies, comma 2, del d.l. n. 16  del  2012  ha,  infine,
disposto effetti giuridici retroattivi delle modificazioni  apportate
(a decorrere dall'entrata in vigore dell'originario d.l. n.  201  del
2011), introducendo meccanismi compensativi in  favore  del  soggetto
passivo ed escludendo l'applicazione di sanzioni e  interessi  per  i
versamenti, eventualmente effettuati in  misura  inferiore  a  quella
successivamente stabilita, qualora l'eccedenza  venga  versata  entro
novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione  del
d.l. n. 16 del 2012. 
    Alla  luce  delle  sopravvenute  modifiche  richiamate,   occorre
valutare la persistenza delle condizioni che rendono  necessaria  una
pronuncia da parte di questa Corte. 
    5.- L'art. 16, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con
modificazioni, dalla legge  n.  214  del  2011,  e'  impugnato  dalla
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  nella  parte  in  cui  prevede   una
riduzione della tassa di stazionamento per le imbarcazioni utilizzate
dai proprietari residenti nei comuni ubicati  nelle  isole  minori  e
nella laguna di Venezia, senza  estendere  eguale  regime  ai  comuni
ubicati nella laguna di Marano-Grado. 
    In tale previsione, la Regione ricorrente ravvisa una  violazione
dell'art.  3  Cost.,   perche'   il   trattamento   irragionevolmente
differenziato tra situazioni del tutto assimilabili si tradurrebbe in
lesione dell'autonomia finanziaria regionale. 
    La questione relativa all'art. 16, comma 3, e' inammissibile. 
    Questa Corte ha piu' volte affermato  che,  nei  giudizi  in  via
principale, le Regioni sono legittimate a censurare  le  leggi  dello
Stato esclusivamente in base a parametri relativi  al  riparto  delle
rispettive competenze e possono invocare altri parametri soltanto ove
la violazione di  questi  comporti  una  lesione  delle  attribuzioni
regionali costituzionalmente garantite (ex plurimis, sentenze n.  151
del 2012; n. 341 del 2009; n. 286 del 2004). 
    Tale circostanza non ricorre nel caso di  specie,  in  quanto  la
violazione  del  principio  di  ragionevolezza   non   incide   sulla
distribuzione delle competenze costituzionali tra Stato e Regioni. Al
riguardo, il richiamo della Regione ricorrente alla sentenza  n.  276
del 1991 di questa Corte - che consentirebbe alla Regione di  dedurre
la violazione del principio di eguaglianza  quale  ente  esponenziale
della  comunita'  stanziata   sul   proprio   territorio   -   appare
inconferente, atteso che, in quel giudizio, la violazione dell'art. 3
Cost. da parte della norma statale censurata -  una  legge  volta  ad
attribuire alla Regione Veneto e al Comune di Venezia  una  posizione
di privilegio rispetto alla scelta  di  altre  citta'  come  sede  di
organismi  internazionali  -  si  rifletteva  comunque  su  parametri
competenziali   e   sulla   riconosciuta   attivita'    di    rilievo
internazionale delle Regioni. 
    Ne consegue che la censura della Regione  ricorrente  dedotta  in
riferimento all'art. 3 Cost. si connota per insufficiente motivazione
sulla sua ridondanza sui parametri competenziali della Regione stessa
(ex plurimis, sentenza n. 341 del 2009). 
    6.- Con riguardo alle censure mosse  in  relazione  all'art.  16,
commi 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10, relativi alla disciplina della  tassa
di stazionamento delle unita' da diporto, occorre  soffermarsi  sugli
effetti del suddetto ius superveniens sulle disposizioni impugnate. 
    La mancata applicazione delle  norme  impugnate  nel  periodo  di
vigenza e' inequivocabilmente desumibile dallo stesso  comma  2,  che
dispone l'applicazione della tassa a far data  dal  1°  maggio  2012,
atteso che la stessa disposizione e' stata  integralmente  sostituita
dal non impugnato art. 60-bis, comma  1,  lettera  a),  del  d.l.  24
gennaio 2012, n. 1, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  24
marzo 2012, n. 27, e cioe' ben prima che le norme impugnate potessero
esplicare i loro effetti. 
    Nel  caso  di  specie,  la  nuova  struttura  delle  disposizioni
abrogate o modificate -  e  segnatamente  la  sostituzione  integrale
dell'impugnato comma 2, che ha modificato il presupposto  di  imposta
censurato - evidenzia il mutamento della natura del tributo da  tassa
di stazionamento  ad  imposta  sul  possesso,  a  vario  titolo,  del
soggetto passivo. 
    6.1.- Ne consegue che la nuova  fattispecie  tributaria  prevista
dalla richiamata disposizione non impugnata sfugge alle censure mosse
dalla Regione Friuli-Venezia Giulia,  in  quanto  il  presupposto  di
imposta non incide sul  demanio  idrico,  ne'  su  alcun  altro  bene
demaniale oggetto di trasferimento alla Regione (sentenza  n.  1  del
2008),  con  conseguente  impossibilita'  di  ritenere  la  questione
trasferita sul nuovo testo normativo. 
    Ricorrono pertanto, nella specie, le condizioni  richieste  dalla
giurisprudenza di questa Corte perche'  debba  essere  dichiarata  la
cessazione  della  materia  del  contendere  per:   a)   sopravvenuta
abrogazione  o  modificazione  delle   norme   censurate   in   senso
satisfattivo della  pretesa  avanzata  con  il  ricorso;  b)  mancata
applicazione, medio tempore, delle norme abrogate  o  modificate  (ex
plurimis, sentenze n. 193 del 2012; n. 32 del 2012; n. 325 del 2011). 
    Peraltro, nella memoria presentata in data 17  ottobre  2012,  la
Regione ricorrente, per parte  sua,  ha  riconosciuto  la  cessazione
della materia del contendere. 
    6.2.- Quanto alla questione promossa dalla  Regione  Sardegna  in
relazione all'art. 16, commi da 2 a 10, del d.l.  n.  201  del  2011,
relativamente alla tassa sulle unita' da diporto,  bisogna  precisare
che la struttura  delle  disposizioni  abrogate  o  modificate  e  la
univocamente identificabile data di produzione di effetti giuridici -
successiva alle abrogazioni e modificazioni apportate - consentono di
ritenere  pacifica  la  mancata  applicazione  medio  tempore   delle
disposizioni impugnate. Queste ultime, applicabili «a  decorrere  dal
1° maggio 2012», sono state infatti abrogate o modificate  ben  prima
che potessero esplicare alcun effetto. 
    La gia' ricordata sostituzione integrale dell'impugnato comma  2,
che ha radicalmente modificato il presupposto di  imposta  censurato,
unitamente alle modificazioni  sostanziali  intervenute  sugli  altri
aspetti  della  disciplina  tributaria,  rendono  pertanto  la  norma
soggetta ad onere di ulteriore impugnazione  affinche'  possa  essere
sottoposta allo scrutinio di questa Corte (ex plurimis,  sentenze  n.
32 del 2012 e n. 326 del 2010). 
    Anche in relazione a  tali  censure  va  pertanto  dichiarata  la
cessazione della materia del contendere. 
    7.- Ulteriori disposizioni oggetto di censura sono costituite dai
commi da 11 a  15-bis,  dell'art.  16  del  d.l.  n.  201  del  2011,
impugnate  dalla   Regione   Sardegna   per   violazione   di   norme
costituzionali (artt. 117 e 119) e statutarie (artt. 7 e 8). 
    Occorre   preliminarmente   soffermarsi   sugli    effetti    del
sopramenzionato  ius  superveniens  sulle   disposizioni   impugnate,
distinguendo tra il comma 10-bis - inserito all'art. 16 del  d.l.  n.
201 del 2011 dall'art. 67, comma 5-quater, del d.l. n. 83  del  2012,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del  2012  -  e  le
disposizioni sopra richiamate. 
    Il comma 10-bis ha istituito una nuova imposta erariale sui  voli
di passeggeri di aerotaxi, applicata anche sui "voli taxi" effettuati
tramite elicottero. Tale disposizione apporta, quindi,  modificazioni
sostanziali alle norme impugnate, istituendo un tributo nuovo sia nei
presupposti di imposta sia negli ulteriori aspetti  della  disciplina
tributaria. 
    La norma,  non  impugnata  dalla  Regione  ricorrente,  non  puo'
pertanto essere sottoposta a scrutinio di questa Corte (ex  plurimis,
sentenze n. 32 del 2012 e n. 326 del 2010). 
    Quanto alle disposizioni di cui ai commi da 11 a 15-bis,  occorre
prendere in esame le modificazioni  apportate  all'originario  quadro
normativo, anche in ragione dei loro effetti giuridici  espressamente
retroattivi. 
    Nel caso in esame, le modificazioni intervenute  sulla  normativa
tributaria relativa agli aeromobili privati hanno anzitutto ristretto
la platea dei soggetti passivi, estendendo esenzioni  e  riduzioni  a
determinate categorie di aeromobili, ai mezzi ad  ala  rotante  e  ai
velivoli di minor peso e dimensioni. Tra gli aeromobili per  i  quali
sono previste esenzioni dal pagamento  dell'imposta  sono  ricompresi
gli autogiri, gli aeromobili storici, gli aeromobili  di  costruzione
amatoriale e gli apparecchi per il volo da diporto e sportivo di  cui
alla  legge  n.  106  del  1985.  Le  modificazioni   successivamente
apportate dal legislatore statale alle disposizioni  impugnate  vanno
quindi nel senso prospettato dalla Regione ricorrente. 
    In secondo luogo, l'art. 3-sexies, comma 2, del d.l.  n.  16  del
2012 ha introdotto  ulteriori  modificazioni  dell'originario  quadro
normativo, intervenendo  sulla  fattispecie  tributaria  con  effetti
espressamente retroattivi sia sul piano dei  meccanismi  compensativi
disposti in favore del soggetto passivo sia su quello delle  sanzioni
applicabili.  In  quanto  tale,  la  norma  richiamata,  che  apporta
modificazioni sostanziali  alla  disciplina  tributaria  oggetto  del
presente giudizio, risulta soggetta, per poter essere sottoposta allo
scrutinio di questa Corte, ad  onere  di  ulteriore  impugnazione  da
parte della Regione ricorrente (ex plurimis, le citate sentenze n. 32
del 2012 e n. 326 del 2010). 
    Ne', contrariamente a quanto presupposto dalla  Regione  Sardegna
nella memoria depositata in data 16 ottobre 2012, e' ipotizzabile  il
trasferimento  della  questione  di  costituzionalita'  sulle   norme
vigenti,  attesa  la  natura  sostanziale  del  mutamento   normativo
intervenuto (ex plurimis, sentenza n. 42 del 2010). Al  riguardo,  il
richiamo della Regione ricorrente alla sentenza n.  30  del  2012  di
questa Corte non appare conferente, poiche', nel giudizio  allora  in
esame, la  legge  della  Regione  Sardegna  30  giugno  2011,  n.  12
(Disposizioni nei vari settori  di  intervento),  entrata  in  vigore
nelle more del giudizio di legittimita' costituzionale,  interpretava
autenticamente  e  integrava  alcune   disposizioni   precedentemente
impugnate dell'art. 3 della legge Regione Sardegna 7 agosto 2009,  n.
3 (Disposizioni urgenti nei settori economico e  sociale),  cosi'  da
assumere  una  funzione  meramente  esplicativa   e   attuativa   dei
precedenti contenuti legislativi, che ha consentito a questa Corte di
appuntare il  proprio  giudizio  sulle  disposizioni  successivamente
intervenute. 
    Nel  caso  di  specie,   invece,   le   modificazioni   apportate
all'originario  quadro  normativo  non  possono  dirsi   indifferenti
rispetto ai motivi  di  censura  dedotti  dalla  Regione  ricorrente,
incidendo in maniera sostanziale  sulla  disciplina  tributaria,  con
effetti giuridici retroattivi (art. 3-sexies, comma 2, del d.l. n. 16
del 2012), cosicche' il supposto  trasferimento  della  questione  di
costituzionalita', lungi dal garantire il principio  di  effettivita'
della tutela delle parti nel giudizio in via di  azione,  supplirebbe
impropriamente all'onere di impugnazione (sentenze n. 162 del 2007  e
n. 137 del 2004). 
    Quanto  al  riscontro   circa   l'avvenuta   applicazione   delle
disposizioni originariamente impugnate,  il  provvedimento  attuativo
del Direttore generale dell'Agenzia delle entrate (previsto dall'art.
15 del d.l.  n.  201  del  2011),  che  disciplina  le  modalita'  di
versamento dell'imposta sugli aeromobili privati, e' stato emanato in
data 3 febbraio 2012, e cioe' soltanto ventinove giorni prima che  la
disposizione impugnata venisse modificata. Pertanto, anche in assenza
di elementi certi forniti  dalla  Regione  per  valutare  l'eventuale
applicazione delle disposizioni originariamente  impugnate  e  tenuto
conto del brevissimo lasso di tempo intercorso tra  il  provvedimento
attuativo e le modificazioni successivamente apportate, ricorrono  le
condizioni per dichiarare la cessazione della materia del  contendere
anche in ordine alla questione promossa sulle  disposizioni  relative
all'imposta erariale sugli aeromobili privati  di  cui  all'art.  16,
commi da 11 a 15-bis, del d.l. 201 del 2011.