ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto  di  attribuzione  tra  enti  sorto  a
seguito del decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari
e forestali del 3 aprile 2012 (Ripartizione della  quota  complessiva
di cattura del tonno rosso per la campagna di pesca  2012),  promosso
dalla Regione autonoma Sardegna con ricorso  notificato  l'11  giugno
2012, depositato in cancelleria il 18 giugno 2012 ed iscritto al n. 7
del registro conflitti tra enti 2012. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  4  dicembre  2012  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna
e l'avvocato  dello  Stato  Filippo  Bucalo  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato l'11 giugno 2012 e depositato  il  18
giugno 2012, iscritto al n. 7 del registro conflitti tra  enti  2012,
previa delibera della Giunta regionale del 18 aprile 2012, n.  16/40,
la Regione autonoma Sardegna ha proposto  conflitto  di  attribuzione
contro il Presidente del Consiglio dei ministri  per  l'annullamento,
previa  sospensione,  del  decreto  del  Ministro   delle   politiche
agricole, alimentari e forestali  del  3  aprile  2012  (Ripartizione
della quota complessiva di cattura del tonno rosso per la campagna di
pesca 2012), pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 21 maggio  2012,
n. 117, per violazione degli articoli 3, primo comma, lettera i), e 6
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3  (Statuto  speciale
per la Sardegna) in relazione agli  artt.  1  e  2  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 24  novembre  1965,  n.  1627  (Norme  di
attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna in materia di pesca
e saline sul demanio marittimo e nel mare territoriale) e agli  artt.
1, comma 1, e 2, comma 2, del decreto legislativo 6 febbraio 2004, n.
70 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna
concernenti il conferimento di funzioni amministrative  alla  Regione
in materia di agricoltura); degli artt. 3, 5, 9, 117, terzo,  quarto,
quinto e sesto comma, e  119  (recte  118)  della  Costituzione,  del
principio  di  leale  collaborazione  fra  lo  Stato  e  le  Regioni;
dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 4, comma  2,
del regolamento (CE) 6 aprile  2009,  n.  302/2009  (Regolamento  del
Consiglio concernente un  piano  pluriennale  di  ricostituzione  del
tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo che  modifica
il regolamento (CE) n. 43/2009 e che abroga il  regolamento  (CE)  n.
1559/2007),  al  regolamento  (CE)  17  gennaio  2012,   n.   44/2012
(Regolamento  del  Consiglio  che  stabilisce,  per   il   2012,   le
possibilita' di pesca concesse nelle acque UE e, per le navi  UE,  in
determinate acque non appartenenti all'UE, per alcuni stock ittici  e
gruppi di stock ittici  che  sono  oggetto  di  negoziati  o  accordi
internazionali), alla Convenzione internazionale per la conservazione
dei  tonnidi  dell'Atlantico,  adottata  a  Rio  de   Janeiro   nella
Conferenza tenutasi tra il 2 e il 14  maggio  1966  e  ratificata  in
Italia con la legge 4 giugno 1997, n. 169 (Adesione della  Repubblica
italiana alla Convenzione internazionale  per  la  conservazione  dei
tonnidi dell'Atlantico, con Atto finale ed  annessi,  adottata  dalla
Conferenza dei Plenipotenziari di Rio de Janeiro tenutasi dal 2 al 14
maggio 1966 e al Protocollo con Atto finale fatto a  Parigi  il  9-10
luglio 1984 nonche' all'Atto finale ed al Protocollo con  Regolamenti
interno e finanziario fatti a Madrid  il  4-5  giugno  1992,  e  loro
esecuzione),   della   raccomandazione   10-04   della    Commissione
internazionale  per  la  conservazione  dei  tonnidi   dell'Atlantico
(ICCAT). 
    2. - Premette  la  ricorrente  che  il  decreto  ministeriale  in
oggetto e'  stato  impugnato  dinnanzi  al  tribunale  amministrativo
regionale (TAR) del Lazio con due distinti ricorsi proposti sia dalla
Regione  autonoma  Sardegna  che  dalla  Tonnare  Sulcitane   s.r.l.,
rispettivamente rubricati al n. 3643  ed  al  n.  3629  del  registro
generale 2012. Entrambi i  ricorrenti  hanno  presentato  istanza  di
idonee misure cautelari, sulle quali il giudice amministrativo si  e'
pronunciato con le ordinanze del 30 maggio 2012, n. 1924 e  n.  1926,
entrambe depositate il 31 maggio 2012. 
    2.1. - In tali  pronunce  il  TAR,  rilevando  che  le  questioni
sollevate dovrebbero essere approfondite nella  sede  di  merito,  ha
affermato che la pesca a circuizione puo' essere svolta  in  un  arco
temporale limitato (16 maggio - 14 giugno 2012), con  la  conseguenza
che l'eventuale sospensione del  decreto  impugnato  rischierebbe  di
rendere inutilizzabile la quota percentuale assegnata a tale  sistema
e che ogni altra misura adottata che consentisse, in  via  cautelare,
una diversa ripartizione delle quote tra i vari sistemi  rischierebbe
di  invadere  la  discrezionalita'  dell'amministrazione  resistente,
peraltro senza il  necessario  contraddittorio  con  tutte  le  parti
interessate. 
    2.2. - Nelle  ordinanze  citate  il  giudice  amministrativo  da'
inoltre conto del fatto che con il decreto del direttore generale del
dipartimento delle politiche  europee  ed  internazionali  23  maggio
2012, n. 13718 non impugnato in quella sede, il Ministero  resistente
ha ripristinato la quota indivisa di 120 tonnellate  per  le  tonnare
fisse senza operare una ripartizione tra  le  singole  tonnare,  come
invece previsto con il d.m. 3 aprile 2012. 
    2.3. - Rileva la ricorrente che il decreto direttoriale n.  13718
del 2012 si e' limitato, per cio' che concerne l'autorizzazione  alla
pesca con il sistema delle  tonnare  fisse,  ad  eliminare  la  quota
massima di pescato assentito alle tre tonnare gia' autorizzate con il
d.m. 3 aprile 2012, permettendo a ciascuna di esse  di  sforare  quei
limiti, purche' non venga  superata  la  quota  totale  riservata  al
suddetto sistema di pesca. 
    In seguito all'emanazione del decreto direttoriale n.  13718  del
2012,  la  Regione  Sardegna  ha  trasmesso  la  nota  dell'Assessore
all'agricoltura e alla riforma  agropastorale  del  31  maggio  2012,
prot. n. 834/GAB, al Ministro delle politiche agricole, alimentari  e
forestali  e  al  direttore  della  direzione  generale  della  pesca
marittima e dell'acquacoltura. 
    In tale nota si rappresenta che «visti i  contenuti  del  decreto
direttoriale n. 13718 del 23.5.2012, considerato che le  disposizioni
previste non  sono  soddisfacenti  e  non  tengono  conto  di  quanto
richiesto dall'Amministrazione regionale, si  chiede  che  lo  stesso
venga sostituito e sia prevista una quota di pesca individuale per il
singolo impianto di tonnara con  la  possibilita'  di  trasferire  le
quote tra i diversi operatori, analogamente a quanto previsto per gli
altri sistemi, e che eventuali sforamenti della quota di pesca  siano
coperti dalla quota  di  riserva.  Si  chiede,  inoltre,  l'immediata
abrogazione del divieto di effettuare catture accessorie (by-catch) e
si propone un aumento della quota non divisa  prevista  dal  D.M.  n.
5595 del 3.4.2012, con correlativa diminuzione delle  quote  dedicate
alla pesca sportiva/ricreativa e soprattutto della quota assegnata al
sistema della circuizione». 
    3. - In via preliminare la ricorrente  afferma  che  il  presente
conflitto e'  dotato  di  tono  costituzionale,  poiche'  vengono  in
considerazione le attribuzioni costituzionali della Regione  autonoma
Sardegna ed il regime costituzionale dei suoi rapporti con lo  Stato,
senza  che   abbia   rilevanza   la   vicenda   consumatasi,   almeno
parzialmente, dinnanzi al TAR Lazio. 
    4. - Nel merito, la Regione autonoma Sardegna assume innanzitutto
la violazione dell'art. 3 della legge costituzionale n. 3  del  1948,
recante lo statuto speciale per la Sardegna, e  dell'art.  117  Cost.
Difatti, l'art. 3,  primo  comma,  lettera  l),  del  citato  statuto
attribuisce alla Regione autonoma Sardegna la competenza  legislativa
esclusiva in materia  di  «caccia  e  pesca»,  competenza  confermata
dall'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. 
    4.1. - Le disposizioni statali relative alla quota individuale di
pescato assentito a ciascuna delle tonnare  fisse  della  Sardegna  e
alle imbarcazioni sarde che utilizzano il c.d.  sistema  di  pesca  a
"Palangaro (LL)" violerebbero, secondo  la  ricorrente,  la  suddetta
competenza legislativa esclusiva. Spetterebbe difatti al  legislatore
regionale  dettare  la  normativa   concernente   le   autorizzazioni
amministrative   alla   campagna   di   pesca   (quali,   a    titolo
esemplificativo, procedimento, domande, criteri di valutazione  delle
medesime, autorita' amministrativa incaricata, forme e modalita'  dei
controlli). 
    4.2. - A giudizio della Regione, non si potrebbe eccepire che  la
questione oggetto del presente ricorso afferisca alla materia «tutela
dell'ambiente». Le finalita' di  tutela  ambientale,  presenti  nella
normativa sulla pesca del tonno rosso, sarebbero perseguite  mediante
la determinazione, in conformita' agli  accordi  internazionali,  del
totale ammissibile di cattura con il regolamento (CE) n. 44/2012. Nel
rispetto del sistema di contingentamento delle quote di pesca e della
normativa posta a presidio dei beni ambientali, quale quella relativa
alle modalita' di pesca e ai periodi di pesca, l'ulteriore disciplina
rientrerebbe,  secondo  la  ricorrente,  nella  materia  «pesca»,  di
competenza esclusiva della Regione.  In  particolare  a  quest'ultima
competerebbe  l'adozione  di  norme  concernenti  il  procedimento  e
l'autorizzazione delle imbarcazioni tonniere e  delle  tonnare  fisse
alla campagna di pesca annuale. 
    4.3. - La ricorrente inoltre con nota del 20 marzo 2012, prot. n.
384/GAB, indirizzata al Ministro delle politiche agricole, alimentari
e forestali ed alla Commissione consultiva centrale per  la  pesca  e
l'acquacoltura, ha espresso  riserve  sullo  schema  di  decreto  qui
impugnato, affermando che la Regione autonoma  Sardegna  deve  essere
ritenuta la «amministrazione competente  per  la  ripartizione  della
quota assegnata a livello nazionale in quote individuali per  singolo
impianto  di  tonnara»  e  rilevando  che  la   gestione   decentrata
consentirebbe  una  migliore  allocazione  della  quota   complessiva
assegnata alle tonnare  fisse  gestite  da  imprese  residenti  nella
Regione,  con  conseguenti  maggiori  opportunita'  di  presenza  nel
mercato di queste ultime. Sotto  questo  profilo,  l'attivita'  delle
tonnare fisse e le relative autorizzazioni di pesca  al  tonno  rosso
devono essere valutate non solamente  in  base  a  criteri  attinenti
all'attivita'   ittico-industriale,    ma    anche    in    relazione
all'inserimento della stessa nel contesto  socio-economico  al  quale
afferisce, come  risulta  dallo  stesso  decreto  impugnato,  laddove
riconosce   «l'opportunita'    di    valorizzare    la    continuita'
dell'esercizio dell'attivita' di pesca del  tonno  rosso,  in  quanto
strettamente connesso al principio di tradizionalita'». 
    4.4. - Conclude  sul  punto  la  Regione  autonoma  Sardegna  che
dovrebbe essere il legislatore regionale  a  stabilire  in  che  modo
debbano essere individuati i sistemi di pesca al tonno  rosso  e  gli
operatori autorizzati a svolgere  tale  attivita'.  Al  contrario  il
decreto impugnato impedirebbe persino la selezione,  da  parte  della
Regione, del richiedente piu' idoneo ad ottenere  la  concessione  di
uno specchio d'acqua per il posizionamento di una tonnara fissa. 
    5. - La ricorrente lamenta altresi' la violazione degli artt. 3 e
6 della citata legge costituzionale n. 3 del 1948, nonche' del d.P.R.
n. 1627 del 1965 e del d. lgs. n. 70 del 2004. 
    5.1. - A giudizio della Regione autonoma Sardegna con il  decreto
impugnato lo Stato non solo avrebbe violato la competenza legislativa
esclusiva, ma avrebbe altresi' usurpato le funzioni amministrative in
materia di «pesca», alla stessa spettanti in forza degli artt. 3 e  6
dello statuto. In particolare l'art.  3,  primo  comma,  lettera  i),
dello statuto, tra le competenze elenca, tra le materie di competenza
legislativa esclusiva, la «pesca» e l'art. 6 dello statuto  fissa  il
principio del parallelismo nella titolarita', in  capo  alla  Regione
Sardegna, di competenze legislative e di funzioni amministrative.  Ne
conseguirebbe che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e
forestali avrebbe  esercitato  funzioni  amministrative  in  tema  di
regolamentazione dell'attivita' di pesca, specialmente attraverso  il
rilascio di autorizzazioni e permessi speciali per  la  campagna  del
2012, che sarebbero di sicuro appannaggio della Regione. In tal senso
la ricorrente richiama le disposizioni del d.P.R. n. 1627  del  1965,
il quale ha  trasferito  all'amministrazione  regionale  le  funzioni
«concernenti  la  regolamentazione  della  pesca,  i  divieti  e   le
autorizzazioni in materia di pesca» (art. 1) e  ha  previsto  che  «i
provvedimenti concernenti le concessioni di  pesca»  siano  «adottati
dall'amministrazione regionale» (art.  2).  Tali  attribuzioni  della
Regione autonoma Sardegna sarebbero state rafforzate dal d.lgs. n. 70
del 2004, che ha trasferito  alla  stessa  «tutte  le  funzioni  e  i
compiti in materia di agricoltura - ivi comprese le cooperative  e  i
consorzi - foreste,  pesca,  agriturismo,  caccia,  sviluppo  rurale,
alimentazione, svolti dal soppresso Ministero delle risorse agricole,
alimentari e forestali, anche tramite enti o altri soggetti pubblici»
(art. 1, comma 1). Ulteriore conferma della spettanza regionale delle
funzioni in materia di pesca si avrebbe  dalle  disposizioni  di  cui
all'art. 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo citato,  che  indica
tra le competenze riservate allo Stato la sola disciplina generale  e
il coordinamento  nazionale  della  gestione  delle  risorse  ittiche
marine di interesse nazionale oltre le 12 miglia. 
    5.2. -  Lo  Stato  con  un  decreto  in  larga  parte  di  natura
provvedimentale, avente valore di  autorizzazione  alla  campagna  di
pesca del 2012 per i soggetti individuati  nei  rispettivi  allegati,
avrebbe esercitato funzioni amministrative, in tal modo usurpando  la
relativa competenza spettante alla Regione autonoma Sardegna. 
    6. - In via subordinata rispetto ai primi due motivi di  ricorso,
la Regione autonoma Sardegna lamenta la violazione degli artt. 3 e  6
dello statuto, nonche' degli artt. 117 e 119 (recte 118) Cost. e  del
principio di leale collaborazione. 
    6.1. - La ricorrente osserva che a partire dalla sentenza n.  303
del 2003 la Corte costituzionale ha  affermato  che  la  chiamata  in
sussidiarieta'  da  parte  dello  Stato  di  funzioni  amministrative
attribuite alle Regioni puo' aversi solo qualora non  sia  altrimenti
possibile  soddisfare  l'istanza  unitaria  ad  esse  sottesa  ed  ha
chiarito che per valutare la corretta «applicazione dei  principi  di
sussidiarieta' e adeguatezza, diviene elemento valutativo  essenziale
la previsione di un'intesa fra lo Stato  e  le  Regioni  interessate,
alla quale sia subordinata l'operativita' della disciplina».  A  tale
proposito, la Regione autonoma Sardegna  rileva  che  anche  a  voler
ritenere che l'amministrazione statale abbia ravvisato le  condizioni
per tale attrazione in sussidiarieta' - peraltro non  menzionata  nel
decreto impugnato, ne' ammessa o concessa dalla ricorrente -  non  e'
stata raggiunta l'intesa con il livello di governo  titolare  in  via
principale di dette funzioni, vale a dire quello regionale. 
    6.2. - Secondo la Regione ricorrente non integrano la fattispecie
dell'intesa taluni atti ai quali si fa riferimento  nei  considerando
del decreto impugnato, quali il parere favorevole  della  Commissione
consultiva  centrale  per  la  pesca  marittima   e   l'acquacoltura,
acquisito dall'amministrazione procedente e la nota  dell'Assessorato
all'agricoltura  e  riforma  agropastorale  della  Regione   autonoma
Sardegna del 22 marzo 2012, n. 402, «con la  quale  l'Assessorato  ha
proposto, indicandone anche la consistenza, l'attribuzione  di  quote
individuali di cattura alle tonnare fisse operanti nel proprio ambito
territoriale». 
    6.2.1. - In particolare la Commissione consultiva centrale per la
pesca  marittima  e  l'acquacoltura  non  sarebbe  una  sede   idonea
all'intesa, poiche' e' composta da «quindici  dirigenti  del  settore
pesca  e  acquacoltura  delle  Regioni  designati  dalla   Conferenza
permanente per i rapporti tra  lo  Stato  e  le  Regioni  e  Province
autonome di Trento e di Bolzano», ai  sensi  dell'art.  3,  comma  1,
lettera  k),  del  decreto  legislativo  26  maggio  2004,   n.   154
(Modernizzazione del  settore  pesca  e  dell'acquacoltura,  a  norma
dell'articolo 1, comma 2, della legge 7 marzo 2003, n. 38). Sul punto
la  ricorrente  richiama  anche  l'art.  2,  comma  2,  del   decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento  delle
attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le  Regioni  e  le  Province  autonome  di  Trento   e   Bolzano   ed
unificazione, per le materie ed i compiti di interesse  comune  delle
Regioni, delle Province e dei  Comuni,  con  la  Conferenza  Stato  -
citta' ed autonomie  locali),  ai  sensi  del  quale  «le  intese  si
perfezionano  con  l'espressione  dell'assenso  del  Governo  e   dei
Presidenti delle Regioni e delle Province autonome  di  Trento  e  di
Bolzano». Inoltre il  parere  reso  dalla  Commissione  suddetta  non
realizzerebbe in  modo  idoneo  il  necessario  coinvolgimento  delle
Regioni, ed in particolare della Regione autonoma  Sardegna,  perche'
tale  organo  ha  natura   prettamente   tecnica,   si   compone   di
rappresentanti di tutte le Regioni ed  ha  disatteso  le  tesi  della
ricorrente, come emergerebbe dal  contenuto  del  decreto  impugnato.
Inoltre, come risulta dall'art. 3, comma 2, del  d.lgs.  n.  154  del
2004, il compito istituzionale della Commissione consultiva  centrale
e' quello di rendere pareri, che sono dichiarazioni di  scienza,  non
di promuovere o  concludere  tra  le  parti  accordi  o  intese,  che
implicano una dichiarazione di volonta'. Rileva la ricorrente che  la
distinzione ontologica e funzionale tra parere ed intesa e'  chiarita
dallo stesso legislatore statale, laddove all'art. 9,  comma  1,  del
d.lgs. n. 281 del 1997 enumera le funzioni della Conferenza Unificata
Stato-Regioni-Autonomie locali, distinguendo  quelle  che  consistono
nel promuovere e sancire intese ed accordi e  quelle  che  consistono
nell'esprimere pareri. Da ultimo, la Regione  ricorda  come  gia'  in
passato la Corte  costituzionale  abbia  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale di disposizioni  di  legge  nella  parte  in  cui  non
prevedevano, oltre alla partecipazione delle Regioni e delle Province
autonome  in   seno   alla   Conferenza   Stato-Regioni,   anche   un
coinvolgimento  diretto  della  singola  Regione  titolare   di   una
posizione in fatto o in diritto distinta dalle altre (sentenza n.  31
del 2010). 
    6.2.2. - Alcuna intesa tra Stato e Regione  ricorrente  e'  stata
raggiunta anche con riferimento alla  nota  assessorile  n.  402  del
2012,  con  la  quale  all'esito  della  riunione  della  Commissione
centrale  per  la  Pesca  e  l'Acquacoltura   del   21   marzo   2012
l'amministrazione ricorrente ha ribadito  «l'insoddisfazione  per  la
quota complessivamente assegnata  al  sistema  tonnare  fisse  e  per
l'accoglimento di quanto richiesto  con  le  precedenti  note»  e  ha
formulato un'apposita proposta circa la ripartizione delle quote  tra
le tre tonnare della Sardegna, al fine di indicare «la  modalita'  di
calcolo piu' corretta» per la suddivisione della quota  assentita  al
comparto delle tonnare fisse. 
    6.2.3. - A fronte dell'assenza di un qualche tentativo  da  parte
dello Stato di raggiungere un accordo con la Regione circa  la  quota
di pesca da riservare alle tonnare fisse e  per  le  altre  questioni
oggetto del decreto impugnato, la ricorrente afferma di avere a  piu'
riprese cercato un'interlocuzione con il Ministero.  In  particolare,
con nota del 26 gennaio 2012, n. 126/GAB,  indirizzata  al  Ministero
per le politiche agricole alimentari e  forestali  ed  ai  componenti
della Commissione consultiva centrale per la pesca e  l'acquacoltura,
l'Assessore all'agricoltura e  riforma  agropastorale  della  Regione
ricorrente ha lamentato «l'assenza di  una  preventiva  consultazione
Stato-Regione nelle sedi piu' adeguate per la discussione dei criteri
di ripartizione tra le diverse  sub-aree  geografiche  e  i  relativi
sistemi imprenditoriali  delle  opportunita'  di  cattura,  anche  in
riferimento  alle  specifiche  competenze  della   Regione   autonoma
Sardegna in materia di pesca di cui allo Statuto ed  alle  successive
disposizioni  di  attuazione».  Nella  medesima  nota,   preso   atto
dell'assenza di un'idonea sede di confronto istituzionale, la Regione
ha enumerato una serie di misure da  adottare  per  la  gestione  del
contingente di pesca del tonno rosso, quali il «riconoscimento di una
quota individuale, non inferiore a 100  tonnellate,  per  le  tonnare
fisse della Sardegna», la «modifica del  sistema  di  rilascio  delle
licenze di pesca speciale del tonno», il «riconoscimento di una quota
alle imbarcazioni sarde che utilizzano il sistema  palangari».  Nella
successiva nota del 20 marzo 2012, n. 384/GAB, la Regione ha ribadito
le  proprie  riserve,  sottolineando  «la  notevole  importanza   che
l'attivita' delle tonnare fisse ricopre per l'economia della  Regione
Sardegna, in particolare per la zona  sud-occidentale  dell'Isola,  e
(...) la necessita' che le stesse siano salvaguardate con  misure  di
gestione specifiche» e rilevando che  le  disposizioni  recate  dalle
bozze di decreto sottoposte  alla  Commissione  per  il  parere  «non
consentirebbero alle  tre  tonnare  fisse  attive  nell'Isola,  Isola
Piana-Carloforte, Capo Altano Portoscuso e Porto  Paglia-Gonnesa,  di
sostenersi economicamente, con gravi danni per l'economia della zona»
e che «la quota di 120 tonnellate, prevista nella  bozza  di  decreto
(...) e' inconciliabile con l'equilibrio economico delle tre  tonnare
fisse sarde». Inoltre la ricorrente ha messo in evidenza  le  proprie
attribuzioni in materia in forza  dello  statuto  e  delle  norme  di
attuazione,   chiedendo   che   l'amministrazione   regionale   fosse
«individuata  quale  amministrazione  competente  al   rilascio   dei
permessi speciali per la pesca del tonno rosso con il  sistema  delle
tonnare fisse nei limiti delle quote assegnate», al fine di  «evitare
i limiti creati dal sistema attuale previsto dal Decreto Ministeriale
del 20 settembre 2007 che non permette all'Amministrazione  regionale
di operare una valutazione comparativa per la scelta del  richiedente
piu' idoneo ad ottenere la concessione di uno specchio acqueo per  il
posizionamento di una tonnara fissa». La Regione ha ritenuto altresi'
di dover essere «individuata quale Amministrazione competente per  la
ripartizione della quota  assegnata  a  livello  nazionale  in  quote
individuali per singolo impianto  di  tonnara»,  misura  «piu'  volte
chiesta e sollecitata dalle societa' che gestiscono le tonnare fisse,
in quanto consentirebbe una gestione migliore della quota complessiva
e garantirebbe pari opportunita' rispetto agli operatori  autorizzati
all'utilizzo di altri sistemi». Ne consegue che la  Regione  autonoma
Sardegna ha palesato e motivato la propria  contrarieta'  al  decreto
approvato poi dal Ministero, contestando al contempo  la  titolarita'
di tale competenza in capo all'amministrazione  statale  e  chiedendo
l'apertura di uno  specifico  confronto  istituzionale  tra  Stato  e
Regione. 
    7. - Ancora in via subordinata rispetto ai primi  due  motivi  di
ricorso la Regione Sardegna lamenta la violazione degli artt. 3  e  6
dello statuto, nonche' degli artt. 117 e 119 (recte 118) Cost. e  del
principio di leale collaborazione. 
    7.1. -  Stante  la  spettanza  in  via  principale  alla  Regione
autonoma Sardegna delle funzioni amministrative in materia di «pesca»
ai sensi dei citati artt. 3 e 6 dello statuto, nonche' in  base  alle
relative norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1627 del 1965  e  al
d.lgs. n. 70 del 2004, a giudizio della ricorrente, nel caso  in  cui
lo  Stato  avesse  ravvisato  le  condizioni  per  la   chiamata   in
sussidiarieta'  delle  funzioni  amministrative  esercitate  con   il
decreto impugnato, quest'ultimo avrebbe dovuto contenere una compiuta
motivazione delle ragioni impeditive  dell'intervento  della  Regione
stessa, motivazione che nel caso di specie sarebbe del tutto assente.
A tale proposito la Regione richiama  testualmente  quanto  affermato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 303 del 2003  e  ricorda
che lo Stato non avrebbe neppure tentato di perseguire  l'intesa  con
la Regione autonoma Sardegna, la quale avrebbe invece a piu'  riprese
cercato   un'interlocuzione   con   il   ministero.   Nel   carteggio
intercorrente tra le parti la Regione avrebbe dato conto di essere il
livello di  governo  piu'  idoneo  ad  adottare  i  provvedimenti  di
autorizzazione alla pesca per le imprese armatrici della Sardegna  ed
avrebbe altresi'  indicato  le  modalita'  di  espletamento  di  tali
funzioni in armonia con lo Stato. 
    7.2. - Secondo la  ricorrente,  il  difetto  di  motivazione  del
decreto impugnato comporterebbe la violazione dell'art. 3 Cost. sotto
il profilo della ragionevolezza, in correlazione con gli artt. 3 e  6
dello statuto e con le disposizioni del d.P.R. n. 1627 del 1965 e del
d.lgs. n. 70 del 2004, poiche' la sottrazione alla  Regione  autonoma
Sardegna  delle  proprie  competenze  in  materia  di  pesca  sarebbe
avvenuta senza  che  sia  stata  espressa  alcuna  motivazione  sulla
necessita' che tali funzioni fossero accentrate in capo al Ministero.
Il  difetto  di  motivazione,  che  si  riverbererebbe  sull'indebita
usurpazione  delle  competenze  regionali  e  nella  violazione   del
principio di sussidiarieta' e del principio di leale  collaborazione,
sarebbe ancor piu' aggravato  dal  rilievo  che  nelle  note  del  26
gennaio 2012 e del 20 marzo 2012 la Regione stessa aveva  rivendicato
sia la titolarita' formale  delle  funzioni  amministrative,  sia  la
possibilita' concreta di svolgere tali funzioni in  perfetta  armonia
con lo Stato mediante il rilascio dei permessi speciali per la  pesca
del tonno per le navi tonniere con  sistema  di  pesca  a  "Palangaro
(LL)" e  le  tonnare  gestite  da  imprese  residenti  nella  Regione
autonoma Sardegna. 
    8. - La Regione autonoma Sardegna  lamenta  la  violazione  degli
artt. 3 e 6 dello statuto, nonche' degli artt. 117 e 119 (recte  118)
Cost.  e  del  principio  di  leale  collaborazione  sotto  ulteriori
profili. 
    8.1. - La ricorrente rileva che il decreto ministeriale impugnato
non  recherebbe  solamente  misure  di  natura  provvedimentale,   ma
detterebbe anche disposizioni di carattere piu' generale  proprio  in
ordine alle tonnare fisse. Il riferimento e' in particolare al  comma
4, secondo periodo, dell'unico articolo che  compone  il  dispositivo
del decreto, in cui si dettano regole  sull'attivita'  delle  tonnare
non ammesse alla compagna di pesca 2012, prescrivendo che l'autorita'
incaricata di autorizzare l'attivita' di pesca sportivo/turistica sia
«la direzione generale della pesca marittima e  dell'acquacoltura  di
questo ministero», cui va  formulata  «espressa  domanda»  e  che  la
funzione  di  vigilanza  sia  attribuita   alla   «locale   Autorita'
marittima»,  che  deve  essere  «tempestivamente   informata»   dello
svolgimento di tale attivita'. Sarebbe allora  evidente,  a  giudizio
della  Regione,  che  lo  Stato  avrebbe  adottato  norme  di   rango
regolamentare in materie esulanti dalla sua  competenza  legislativa,
in violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost. e dell'art.  6  dello
statuto. 
    8.2. - Si aggiunge nuovamente che anche laddove lo  Stato  avesse
rilevato  la  ricorrenza  delle  condizioni   per   l'attrazione   in
sussidiarieta' di tale funzione regolatrice della materia, il decreto
rimarrebbe illegittimo, dal momento che non e'  stata  raggiunta  ne'
promossa l'intesa con  le  Regioni  -  specie  con  la  ricorrente  -
titolari in via principale della detta potesta' regolamentare. 
    9. - La Regione autonoma Sardegna lamenta inoltre  la  violazione
degli artt. 3 e 6 dello statuto, del d.P.R. n. 1627 del 1965 e del d.
lgs. n. 70 del 2004, degli artt. 3 e 117 Cost., in relazione all'art.
4, comma 2, del regolamento (CE) n. 302/2009. 
    9.1. - Sul punto la ricorrente osserva che la risorsa ittica  del
tonno rosso e'  oggetto  di  tutela  internazionale  ad  opera  della
«Convenzione  internazionale  per  la   conservazione   dei   tonnidi
dell'Atlantico», adottata a Rio de Janeiro nella Conferenza  tenutasi
tra il 2 e il 14 maggio 1966,  del  successivo  protocollo  con  atto
finale firmato a Parigi il 9-10 luglio 1984, nonche' dell'atto finale
e relativo protocollo con regolamento interno e finanziario,  firmati
a Madrid il 4 maggio 1992, atti ratificati con la legge  n.  169  del
1997.  Con  tale  Convenzione  e'  stata  istituita  la   Commissione
internazionale  per  la  conservazione  dei  tonnidi   (ICCAT),   che
annualmente redige  una  raccomandazione  vincolante  per  gli  Stati
firmatari, salva  espressa  riserva.  Mediante  tali  raccomandazioni
viene regolata la stagione di pesca e vengono definiti i  contingenti
autorizzati agli  Stati  aderenti  alla  Convenzione.  Con  ulteriori
raccomandazioni  l'ICCAT  definisce  le   linee   generali   per   la
conservazione della risorsa  ittica  tutelata.  L'Unione  europea  e'
parte contraente della Convenzione citata a far data dal 14  novembre
1997 e a seguito della raccomandazione n. 08-05 volta a istituire  un
nuovo  piano  di  ricostituzione  del  tonno   rosso   nell'Atlantico
orientale e nel Mediterraneo, la cui durata e' prevista fino al 2022,
ha adottato il regolamento (CE) n. 302/2009. Quest'ultimo «stabilisce
i principi generali per l'applicazione, da parte della Comunita',  di
un piano triennale di ricostruzione del tonno rosso (Thunnus thynnus)
raccomandato dalla Commissione internazionale  per  la  conservazione
dei  tonnidi  dell'Atlantico  (ICCAT)»  (art.  1).   L'art.   4   del
regolamento citato dispone che «ciascuno Stato membro redige un piano
di pesca annuale per le navi da cattura e le tonnare che praticano la
pesca del tonno rosso nell'Atlantico orientale  e  nel  Mediterraneo»
(comma 2). Tale piano di pesca annuale  specifica,  tra  l'altro,  il
«metodo utilizzato per l'assegnazione dei contingenti» (art. 4, comma
3, lettera a), del regolamento),  con  particolare  riferimento  alla
navi tonniere. 
    9.2.  -  A  giudizio  della  ricorrente  il   decreto   impugnato
difetterebbe di ogni motivazione in ordine ai criteri utilizzati  per
la definizione della quota fissa assentita nella  determinazione  dei
contingenti tra i vari sistemi di pesca, limitandosi ad enumerare  le
quote individuali di cattura  assegnate  alle  singole  navi  e  alle
singole  tonnare.  Tale  previsione  sarebbe  irrazionale  e   quindi
violerebbe  anche  l'art.  3   Cost.,   in   relazione   alle   norme
costituzionali  e  statutarie  che  disciplinano  l'autonomia   della
Regione Sardegna, perche' disporrebbe in assenza della definizione di
un piano e di un metodo di valutazione. Quindi lo Stato  non  avrebbe
solamente esercitato le  competenze  attribuite  dalla  Costituzione,
dallo statuto e dalle norme di attuazione dello statuto alla  Regione
autonoma  Sardegna,  ma  lo  avrebbe  fatto   in   violazione   della
disposizione  di  diritto  comunitario  citata  e,  di   conseguenza,
dell'art. 117, primo comma, Cost. Del pari lo Stato avrebbe  impedito
alla Regione Sardegna  di  esercitare  la  propria  competenza  volta
«all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli
atti dell'Unione europea», attribuita dall'art.  117,  quinto  comma,
Cost. 
    10. - La Regione  Sardegna  lamenta  inoltre  la  violazione  del
principio di leale collaborazione di cui agli  artt.  5,  117  e  119
(recte 118), Cost., degli artt. 3 e 6 della legge costituzionale n. 3
del 1948, del d.P.R. n. 1627 del 1965, del d.lgs.  n.  70  del  2004,
degli artt. 3, 117 e 119 (recte 118) Cost., anche in  riferimento  al
regolamento (UE) n. 44/2012. 
    10.1. - La ricorrente sul punto ricorda come spetti all'ICCAT  la
definizione  mediante  raccomandazione  dei  contingenti   di   pesca
assentiti alle Parti contraenti per ogni stagione annuale di pesca  e
che, come affermato nelle motivazioni dello stesso decreto impugnato,
«al termine dei lavori della 22° sessione  ordinaria  dell'ICCAT,  le
Parti Contraenti hanno deciso di confermare, anche per la campagna di
pesca 2012, la piena vigenza della raccomandazione  ICCAT  n.  10-04,
con particolare riguardo al totale ammissibile di cattura (TAC)».  Di
conseguenza  il  Consiglio  dell'Unione  europea   ha   adottato   il
regolamento (UE) n. 44/2012, il quale stabilisce,  per  il  2012,  le
possibilita' di pesca concesse nelle acque UE e, per le navi  UE,  in
determinate acque non appartenenti all'UE, per alcuni stock ittici  e
gruppi di stock ittici  che  sono  oggetto  di  negoziati  o  accordi
internazionali. 
    L'ottavo considerando del regolamento citato dispone, quanto alla
ripartizione interna dell'ammontare di cattura  (TAC)  assegnato  nei
diversi Stati membri, che esso sia  stabilito  «tenendo  conto  degli
aspetti biologici e socioeconomici e garantendo nel contempo  parita'
di trattamento ai settori della pesca». 
    10.2. -  Il  decreto  impugnato,  a  giudizio  della  ricorrente,
ribadisce tale previsione, affermando che e' opportuno «procedere  ad
un'adeguata ripartizione del  totale  ammissibile  di  cattura  (TAC)
attribuito all'Italia con il predetto regolamento  (UE)  n.  44/2012,
tra i diversi sistemi di pesca autorizzati, tenendo conto del  numero
di unita' autorizzate per ciascuno di essi al fine  di  conseguire  e
mantenere  adeguati  livelli  di  sostenibilita'   economica   e   di
redditivita'». Tuttavia, lo Stato avrebbe  disatteso  le  indicazioni
presentate dalla Regione Sardegna con la citata nota del  26  gennaio
2012, n. 126/GAB, nella quale la quota minima per ogni tonnara  fissa
e' indicata nella misura di 100 tonnellate di pescato, nonche' quanto
osservato con la nota del 20 marzo 2012, n. 384/GAB, in cui e'  stato
rilevato che la quota di 120  tonnellate  stabilita  complessivamente
per tutte e tre le tonnare sarde «e' inconciliabile con  l'equilibrio
economico delle tre tonnare fisse sarde ne'  si  puo'  accettare  che
possa essere consentito di partecipare alla campagna  di  pesca  2012
solo alle due  tonnare  che  nel  corso  dell'ultimo  triennio  hanno
evidenziato maggiori valori in termini di  esercizio  dell'attivita'.
Una disposizione del genere determinerebbe la chiusura di  una  delle
societa' che attualmente gestiscono le tonnare fisse e la conseguente
perdita di posti di lavoro in un'area gia' gravemente interessata  da
una profonda crisi economica. Considerata l'esperienza della  passata
stagione di pesca, considerati inoltre i notevoli  costi  d'esercizio
di una tonnara fissa, si ritiene che  sia  necessaria  una  quota  di
almeno  100  tonnellate  per  singola  tonnara  fissa».  Il   decreto
impugnato,  nel  riservare  al  sistema  di  pesca  a  tonnara  fissa
solamente il 6,7  per  cento  dell'ammontare  complessivo  attribuito
all'Italia, per un totale di 120  tonnellate,  violerebbe  dunque  il
principio della sostenibilita' socioeconomica della  pesca  al  tonno
rosso e il principio di parita'  di  trattamento  dei  settori  della
pesca, stabilito  dalla  normativa  comunitaria  e  richiamato  dalla
Regione autonoma Sardegna nell'interlocuzione con il Ministero  delle
politiche  agricole,  alimentari  e   forestali.   Tale   conclusione
troverebbe riscontro in altri documenti adottati  negli  scorsi  anni
dall'amministrazione  statale  e  dalla   Commissione   europea.   Il
riferimento e', in particolare, al decreto del  10  maggio  2011,  n.
19044   del   Direttore   generale   delle   politiche   europee   ed
internazionali,  direzione   generale   della   pesca   marittima   e
dell'acquacoltura, del Ministero delle politiche agricole, alimentari
e forestali, adottato in risposta alla nota della Commissione europea
dell'8 febbraio 2011, n. 139727, con la quale la Commissione  europea
ha formulato alcune riserve sul  piano  annuale  di  pesca  al  tonno
rosso. Tale impianto di pesca prevedeva  per  il  sistema  a  tonnara
fissa sei impianti autorizzati  per  un  contingente  complessivo  di
cattura pari a 120 tonnellate. Sul punto la  Commissione  europea  ha
evidenziato la necessita' di incrementare il contingente  di  cattura
assegnato e/o di prevedere la riduzione  del  numero  degli  impianti
autorizzati per l'annualita' 2011, in ragione del fatto che la  quota
di 120 tonnellate e' stata  ritenuta  insufficiente  a  garantire  la
sostenibilita' economica delle tonnare  fisse.  In  forza  di  questi
rilievi, il piano di pesca e' stato modificato, riducendo  il  numero
delle tonnare autorizzare alla pesca e, soprattutto, aumentando  fino
a 140 tonnellate l'ammontare del contingente di pesca assentito. 
    Se ne deduce,  secondo  la  ricorrente,  che  il  Ministero,  nel
predisporre il decreto per la campagna di pesca per il 2012,  avrebbe
totalmente trascurato i rilievi svolti dalla Commissione europea  due
anni prima, riducendo il contingente di pesca destinato alle  tonnare
fisse addirittura al di sotto della quota, che suscito'  l'intervento
critico della citata istituzione comunitaria.  In  tal  modo  sarebbe
rimasto  inosservato  il  principio   di   sostenibilita'   economica
dell'impresa ittica e sarebbero stati violati i richiamati  parametri
interposti di legittimita' costituzionale. 
    10.3. - Per le medesime ragioni, a giudizio della ricorrente,  il
Ministero con il  decreto  impugnato  avrebbe  esercitato  competenze
riservate alla Regione autonoma Sardegna dagli  artt.  3  e  6  dello
statuto, dal d.P.R. n. 1627 del 1965 e dal d. lgs. n.  70  del  2004,
nonche' dagli artt. 3, 117 e 119 (recte 118), Cost., anche in spregio
al principio di non discriminazione e di parita' di trattamento tra i
diversi sistemi di  pesca.  Infatti,  il  decreto  impugnato  avrebbe
privilegiato le imbarcazioni tonniere a sistema a "Circuizione (PS)",
prevedendo per le stesse una quantita' di pescato riservato in  grado
di   garantire   la   sostenibilita'   socio-economica   dell'impresa
armatrice. 
    11. - La ricorrente lamenta infine la violazione del principio di
leale collaborazione di cui agli artt.  5,  117  e  119  (recte  118)
Cost., degli artt. 3 e 6 dello statuto, del d.P.R. n. 1627 del  1965,
del d.lgs. n. 70 del 2004, degli artt. 3, 9, 117 e  119  (recte  118)
Cost., in relazione  al  regolamento  (CE)  n.  302  del  2009,  alla
Convenzione  internazionale  per   la   conservazione   dei   tonnidi
dell'Atlantico,  ratificata  con  legge  n.  169  del  1997,  e  alla
raccomandazione n. 10-04 dell'ICCAT, poiche'  il  decreto  impugnato,
pur asserendo di perseguire  il  fine  della  conservazione  e  della
tutela  della  fauna  marina,  ostacolerebbe  il  sistema  di   pesca
maggiormente compatibile con l'ambiente. 
    11.1.  -  Secondo  la  Regione  autonoma  Sardegna   il   decreto
impugnato, nell'assegnare alle tonnare fisse una  quota  estremamente
esigua del totale ammissibile di cattura nazionale, non ha tenuto  in
debito conto che la  regolamentazione  internazionale  e  comunitaria
della pesca al tonno  rosso  determinerebbe  un  evidente  favor  per
l'utilizzo del sistema a  "Tonnara  fissa  (TRAP)".  Tale  preferenza
deriverebbe  dalla  circostanza  che  quest'ultimo  e'   maggiormente
selettivo sia quanto alla taglia degli animali  pescati,  sia  quanto
alle stesse specie oggetto della banchina di pesca, coniugandosi  per
tale ragione alle finalita' di tutela ambientale e di  ricostituzione
della  fauna  ittica  alla  base  della  normativa  internazionale  e
comunitaria di settore. 
    Si tratterebbe di un rilievo che, a  giudizio  della  ricorrente,
costituirebbe fatto notorio ai sensi  dell'art.  115,  comma  2,  del
codice  di  procedura  civile  e  che  si  desumerebbe  da   plurimi,
convergenti ed inequivoci elementi della legislazione e della  prassi
amministrativa di settore. In particolare sia il regolamento (CE)  n.
302/2009, sia la raccomandazione  n.  10-04  dell'ICCAT,  dettano  un
intero corpus di disposizioni intese  a  limitare  e  controllare  la
pesca effettuata con le navi tonniere con il sistema  a  "Circuizione
(PS)", prevedendo cautele che non vengono ripetute per il  sistema  a
"Tonnara fissa (TRAP)". Piu' nel dettaglio, la raccomandazione  ICCAT
n. 10-04 ai paragrafi 28 e seguenti fissa il limite minimo di  taglia
delle  specie  pescate  a  30  Kg,  con   l'eccezione   di   «catture
accidentali» effettuate da navi tonniere. Per le tonnare, invece, una
simile eccezione non e' necessaria, proprio in ragione del fatto  che
si tratta di un sistema selettivo quanto alla  taglia.  Nello  stesso
senso, l'art. 7 del regolamento (CE) n. 302/2009 definisce il periodo
annuale in cui e' consentita la pesca al  tonno  rosso,  introducendo
periodi di divieto della pesca molto restrittivi per tutti i  sistemi
di pesca, fatta eccezione per le  tonnare,  proprio  in  ragione  del
fatto che si tratta di un sistema a minor impatto ambientale e che si
svolge, sia per tradizione secolare  che  per  ragioni  tecniche,  in
periodi limitati dell'anno. In particolare, il sistema di  pesca  con
la tonnara fissa e' retaggio di una tradizione secolare, che  ha  uno
straordinario   valore   storico-culturale   e   costituisce    anche
un'attrazione turistica per  le  zone  costiere.  Rileva  la  Regione
autonoma Sardegna che  principio  di  tradizionalita'  nell'esercizio
dell'attivita' di pesca al tonno e' riconosciuto anche  nello  stesso
decreto impugnato, ma in esso verrebbe privilegiata la pesca  con  il
sistema a "Circuizione  (PS)",  nonostante  questo  sia  privo  dello
specifico valore storico-culturale, che connota le tonnare fisse. 
    Inoltre sia il decreto del Ministro delle  politiche  agricole  e
forestali del 14 aprile 2005 (Riapertura dei termini d'iscrizione per
gli esercenti impianti relativi al sistema «Tonnara fissa»),  che  il
decreto del Ministro delle politiche  agricole  e  forestali  del  20
settembre 2007 (Ripartizione della quota  nazionale  di  cattura  del
tonno rosso tra i sistemi  di  pesca  e  criteri  di  attribuzione  e
ripartizione delle quote individuali per la campagna di  pesca  2007)
ricordano, nei rispettivi preamboli,  «il  basso  sfruttamento  delle
risorse attraverso il sistema tonnara fissa, e per contro  la  sempre
maggiore valenza turistica sotto  il  profilo  socio-economico  della
medesima attivita'», specie rispetto al sistema a "Circuizione (PS)",
che risulta maggiormente sfuggente ai  controlli  sulle  modalita'  e
sulla  quantita'  di  pesca,  meno  selettivo  rispetto  alle  specie
bersaglio e rispetto alla taglia degli  esemplari  catturati.  Infine
con il regolamento (CE) 12  giugno  2008,  n.  530/2008  (Regolamento
della Commissione del che istituisce misure di emergenza  per  quanto
riguarda le tonniere con reti a circuizione  dedite  alla  pesca  del
tonno rosso nell'Oceano Atlantico, ad est di 45° di longitudine O,  e
nel Mar  Mediterraneo),  sono  state  adottate  misure  di  emergenza
necessitate dalla accertata eccessiva capienza delle navi tonniere  a
circuizione, ritenute responsabili del rapido esaurimento del  totale
ammissibile di  cattura  di  tonno  nell'Atlantico  Orientale  e  del
Mediterraneo. Nei considerando  6  e  7  del  citato  regolamento  si
afferma che «le possibilita' di pesca del tonno rosso (...)  nel  Mar
Mediterraneo, assegnate alle tonniere con reti a circuizione battenti
bandiera della Grecia, della Francia,  dell'Italia,  di  Cipro  e  di
Malta o immatricolate in tali paesi, si considerano  esaurite  il  16
giugno 2008» e che  «la  capacita'  di  cattura  giornaliera  di  una
singola tonniera con reti a circuizione e' talmente  elevata  che  il
livello di cattura autorizzato puo' essere raggiunto o superato molto
rapidamente». 
    Sulla base di queste considerazioni la Commissione con il  citato
regolamento ha vietato il proseguimento della campagna di  pesca  del
tonno rosso da parte delle sole navi tonniere con reti a circuizione. 
    12. - La Regione ricorrente ha proposto nel ricorso anche istanza
di  sospensione  cautelare,  richiedendo  alla  Corte  costituzionale
l'adozione  di  ogni  misura  idonea  alla  tutela  interinale  delle
attribuzioni regionali e, in ogni caso, la sospensione dell'efficacia
del decreto impugnato. 
    12.1 - Quanto al fumus, la ricorrente rinvia ai motivi  enunciati
nel ricorso ed osserva che l'usurpazione delle  competenze  regionali
in materia di pesca e  l'assenza  dell'intesa  con  la  Regione  sono
elementi che possono essere accertati gia' ad un sommario esame della
questione. 
    12.2 - Quanto al periculum,  sarebbe  di  immediata  evidenza  il
pregiudizio grave ed irreparabile arrecato dal decreto impugnato agli
interessi della ricorrente, in ragione  del  fatale  esaurirsi  della
stagione di pesca 2012 nelle  more  del  presente  giudizio,  con  la
conseguenza che la  Regione  non  avra'  piu'  modo  o  occasione  di
esercitare  le  proprie  attribuzioni  costituzionali  al   fine   di
regolamentare la pesca al tonno rosso  nell'anno  in  corso.  A  tale
proposito si ricorda che l'attivita' di pesca della tonnara fissa non
avviene  nel  corso  dell'intero   anno   solare   ma,   in   ragione
dell'attraversamento del mare antistante alle coste sarde da parte di
banchi di tonni, solamente tra la primavera e l'estate di ogni  anno.
Tale circostanza aggraverebbe  il  profilo  dell'irreparabilita'  del
danno, che incombe sulla Regione, sull'industria ittica  regionale  e
sulle comunita'  locali.  La  Regione  ribadisce  sul  punto  che  la
comparazione degli opposti interessi  -  criterio  adottato  dal  TAR
Lazio nelle ordinanze cautelari sopra richiamate  -  giustificherebbe
la maggiore tutela per la  pesca  con  il  sistema  a  tonnara  fissa
rispetto agli altri metodi di cattura, anche perche',  come  rilevato
nel settimo  considerando  del  regolamento  (CE)  n.  530/2008,  «la
capacita' di cattura giornaliera di una singola tonniera con  reti  a
circuizione e' talmente elevata che il livello di cattura autorizzato
puo' essere raggiunto o  supertato  molto  rapidamente».  Secondo  la
Regione autonoma  Sardegna  non  rileverebbe  nel  giudizio  pendente
dinnanzi alla Corte costituzionale l'integrita'  del  contraddittorio
vagliato dal TAR nel rigettare l'istanza cautelare, dal  momento  che
nel giudizio per conflitto lo stesso e' per definizione completo  con
la presenza degli enti interessati. Inoltre il  cattivo  esito  della
stagione di pesca  2012,  che  andrebbe  a  sommarsi  ai  danni  gia'
maturati nelle passate stagioni - nelle quali  si  e'  verificato  un
continuo abbassamento  della  quantita'  di  pescato  riservata  alle
tonnare fisse, come risulterebbe dalla tabella di cui all'allegato  C
del decreto impugnato - comprometterebbe  senza  rimedio  l'industria
della pesca al tonno nella Regione  autonoma  Sardegna,  che  ricopre
estrema importanza per l'economia regionale ed, in  particolare,  per
la zona sud-occidentale dell'isola, con  la  conseguente  perdita  di
lavoro in un'area gia' gravemente interessata da una  profonda  crisi
economica. A questo proposito la Regione  produce  il  verbale  della
seduta   del   23   marzo   2012   del   Consiglio   Provinciale   di
Carbonia-Iglesias, in cui, tra l'altro, si e' dato  conto  del  fatto
che  la  quantita'  di  120  tonnellate  di  pescato  e'  «del  tutto
insufficiente  per   rendere   remunerativa   l'attivita'   dei   tre
stabilimenti esistenti  e  quindi  inidonea  a  garantire  le  unita'
lavorative esistenti», come pure del  fatto  che,  come  «conseguenza
immediata» dell'adozione del decreto impugnato si e'  verificato  «il
licenziamento di cinquanta lavoratori». 
    12.3. - Da ultimo, la ricorrente  osserva  che  il  d.m.  del  23
maggio 2012 non e' satisfattivo delle censure formulate, poiche'  non
innova quanto all'intero contingente assegnato al  sistema  di  pesca
delle   tonnare   fisse,   elemento   che   e'   stato    determinato
unilateralmente dal Ministero, pretermesse le  competenze  attribuite
alla ricorrente dallo statuto e dalle norme  di  attuazione.  La  non
satisfattivita' di tale decreto risulterebbe dalla  nota  assessorile
n. 834/GAB, in cui la ricorrente e' tornata nuovamente a chiedere  un
«aumento della quota  non  divisa  prevista  dal  D.M.  n.  5595  del
3.4.2012, con correlativa diminuzione delle quote indicate alla pesca
sportiva/ricreativa e soprattutto della quota  assegnata  al  sistema
della circuizione». 
    13. - Con memoria depositata in cancelleria il  23  luglio  2012,
previa delibera del Consiglio del ministri del 20 luglio 2012, si  e'
costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    14.  -  Il  resistente,  al   fine   dichiarato   di   inquadrare
correttamente la controversia, premette il  quadro  degli  obiettivi,
dei  soggetti  e  delle  modalita'  di  adozione  delle  norme,   che
disciplinano il settore della pesca del tonno rosso, unica specie del
Mediterraneo oggetto di assegnazione di quote di cattura. 
    14.1. - Il  Presidente  del  Consiglio  rileva  innanzitutto  che
l'interesse pubblico sotteso alla regolamentazione di  tale  tipo  di
pesca e' quello di garantire il delicato equilibrio tra gli interessi
economici degli operatori del settore e la necessita' di tutelare  il
sistema   eco-ambientale,   onde   pervenire   al   risultato   della
sostenibilita' di lungo periodo dell'attivita'  di  pesca  attraverso
uno sfruttamento sostenibile delle risorse. Si tratta di un interesse
sovranazionale e sovracomunitario. Pertanto, in linea  con  le  norme
internazionali  e  comunitarie  sono  state   adottate   misure   che
disciplinano l'accesso  alle  risorse,  quali  la  limitazione  delle
catture, il contenimento dello sforzo di pesca, l'adozione di  misure
tecniche  di  contenimento,   l'avvio   di   piani   pluriennali   di
ricostruzione  degli  stock,  l'adozione  di  piani  pluriennali   di
mantenimento degli stock. 
    Rileva il resistente che, proprio in  ragione  della  circostanza
che il tonno rosso e' una specie altamente migratoria, la tutela deve
necessariamente essere  predisposta  nell'ambito  della  cooperazione
internazionale, come avvenuto con la Convenzione  internazionale  per
la  conservazione  dei  tonnidi  dell'Atlantico.  In  seno   a   tale
Convenzione   e'   stata   istituita    la    relativa    Commissione
internazionale, all'interno della quale a  partire  dal  14  novembre
1997 gli Stati membri sono rappresentati dalla  Commissione  europea.
Le  raccomandazioni  adottate  dall'ICCAT  per  la  gestione   e   la
conservazione delle risorse, tra le quali quelle  che  determinano  i
totali ammissibili di cattura (TAC), sono  vincolanti  per  le  Parti
contraenti che non sollevino obiezioni entro sei mesi dalla notifica.
I TAC si suddividono in quote che vengono attribuite alle varie Parti
contraenti. Per cio' che concerne  i  TAC  relativi  al  tonno  rosso
assegnati  all'Italia,  essi  costituiscono  una  quota  del   totale
attribuito dall'ICCAT all'Unione europea,  la  quale  poi  procede  a
ripartire  lo  stesso  tra  gli  Stati  membri  con  regolamento  del
Consiglio,    adottato    annualmente.    Con     proprio     decreto
l'amministrazione italiana provvede all'ulteriore  distribuzione  del
contingente di cattura, come assegnato dall'UE tra i vari sistemi  di
pesca  professionali  autorizzati  (circuizione,  palangaro,  tonnara
fissa);  all'assegnazione  di  una  quota  alla  pesca  sportiva  e/o
ricreativa; alla costituzione di una riserva (c.d. quota non  divisa)
a copertura di eventuali eccessi di pesca da parte dei citati sistemi
di pesca professionali ovvero delle  c.d.  catture  accessorie  e  di
quelle  oggetto  di  sequestro;  alla  determinazione   delle   quote
individuali  di  cattura  (obbligatoria  solo  per   il   sistema   a
circuizione). Le  predette  determinazioni  vengono  trasfuse  in  un
apposito piano annuale di pesca, che ai sensi del vigente regolamento
(CE) n.  302/2009,  viene  sottoposto  al  vaglio  della  Commissione
europea, affinche' questa  ne  valuti  la  conformita'  ai  parametri
tecnici stabiliti a livello internazionale, secondo quanto prescritto
dalla raccomandazione ICCAT n. 10-04. 
    Il resistente  evidenzia  allora  come  le  decisioni  assunte  a
livello nazionale siano dipendenti  in  maniera  imprescindibile  dal
richiamato contesto internazionale. 
    14.2. - Con specifico riferimento alla campagna  di  pesca  2012,
l'ICCAT ha confermato il medesimo TAC dell'anno  precedente,  con  la
conseguenza che anche il contingente  di  cattura  assegnato  dall'UE
all'Italia  e'  rimasto  invariato  rispetto  al  2011.  Il   decreto
impugnato e' stato, infatti, adottato in base al regolamento (CE)  n.
44/2012, il quale stabilisce, per il 2012,  la  ripartizione  tra  le
flotte degli Stati membri del totale ammissibile di cattura del tonno
rosso. Per la flotta italiana e'  stato  stabilito  il  massimale  di
1.787, 91 tonnellate (Allegato ID) ed un numero  di  12  imbarcazioni
autorizzate alla pesca con il sistema  a  circuizione  (Allegato  IV,
Tabella A). Al fine di individuare  le  12  imbarcazioni  autorizzate
alla pesca del tonno rosso con il sistema  a  circuizione,  e'  stato
adottato il decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali
del 22 dicembre 2011 (Ricognizione del  sistema  «circuizione-PS»  ai
fini della campagna di pesca  del  tonno  rosso,  per  l'anno  2012),
pubblicato in G.U. del 22 marzo 2012, n.  68,  per  avere  un  quadro
aggiornato  delle  quote  individuali  di  cattura.  Sul   punto   il
resistente rammenta che nel corso degli ultimi anni il  predetto  TAC
ha subito una  sensibile  riduzione,  ben  oltre  il  50  per  cento,
determinando  la  conseguente  diminuzione  del  nostro   contingente
nazionale, che e' passato dalle 4.200 tonnellate del 2008 alle  circa
1.800 del 2011-2012. 
    Tale drastica riduzione, decisa in sede  internazionale,  avrebbe
indotto l'amministrazione, su richiesta delle competenti  istituzioni
comunitarie,  ad  operare  una  radicale  rivisitazione   dell'intero
comparto nazionale del tonno rosso mediante la ristrutturazione delle
flotte interessate  e  la  revisione/modifica  delle  percentuali  di
ripartizione del contingente nazionale di cattura.  Relativamente  al
primo aspetto, il settore maggiormente interessato  e'  stato  quello
della  "circuizione"  che,  attraverso  un'accelerata  procedura   di
concentrazione delle imprese di pesca operanti, ha visto  la  propria
flotta ridursi dalle circa 70  imbarcazioni,  autorizzate  nel  2008,
alle sole 12 nel biennio 2011-2012, dal momento che  il  mantenimento
di  una  flotta  numericamente  elevata  era  incompatibile  con   un
contingente  di  cattura  progressivamente  ridotto,  soprattutto  in
termini di sostenibilita'  economica  della  specifica  attivita'  di
impresa. Per altro verso, la revisione/modifica delle percentuali  di
ripartizione  del  contingente  nazionale  di  cattura  si  e'   resa
necessaria proprio per assicurare il pieno rispetto degli  stringenti
parametri di  sostenibilita'  economica  come  stabiliti  dall'ICCAT.
Attraverso la richiamata contrazione della flotta a "circuizione"  e'
stato possibile ridurne la percentuale di  assegnazione  di  circa  8
punti (dall'85 per cento del 2008 si e' passati al 77 per  cento  del
2012),  il  tutto  a  vantaggio  degli   altri   sistemi   di   pesca
professionali, vale a dire "palangaro" e "tonnara fissa",  che  hanno
rispettivamente goduto nel 2012 di un  incremento  di  2  e  3  punti
percentuali, rispetto alla base storica del 2008. 
    In  definitiva,  quindi,  per  il  2012,  del  pari  che  per  le
precedenti campagne di pesca al tonno rosso, i criteri  adottati  per
procedere alla ripartizione  del  contingente  di  cattura  assegnato
dall'UE, sono obbligatoriamente e rigidamente ispirati  ai  parametri
quantitativi ed economici stabiliti  nelle  sedi  sovranazionali.  Il
resistente rileva che il mancato rispetto di questi  ultimi  potrebbe
determinare il  blocco  delle  attivita'  di  pesca  da  parte  delle
superiori autorita' comunitarie ed internazionali. 
    Sarebbe evidente, a giudizio del Presidente del Consiglio che  le
disposizioni nazionali in materia sono il risultato di  un  negoziato
anche politico con la Commissione, che accetta il piano e rende cosi'
possibile lo svolgimento della campagna di pesca al tonno  rosso.  Il
piano  pesca  elaborato  dall'Italia  ai  sensi   dell'art.   4   del
regolamento (CE) n. 302/2009 per l'annualita' 2012  e'  stato  a  tal
fine  comunicato  alla  Commissione  europea  e,  non  essendo  stati
sollevati rilievi, deve intendersi approvato. La Commissione da parte
sua, provvede a trasmettere il piano all'ICCAT, che ne fa propri  gli
elementi, come risulterebbe dal fatto che le imbarcazioni autorizzate
alla pesca del tonno per il 2012 sono indicate sul sito del  medesimo
organo internazionale. 
    Rileva il resistente che anche per  quanto  riguarda  le  tonnare
fisse  il  decreto   impugnato,   in   linea   con   le   indicazioni
internazionali  e  comunitarie  di  continuita'  con  le   precedenti
annualita',  conferma  il   numero   di   tonnare   autorizzate   per
l'annualita' 2011. Inoltre la difesa erariale precisa che  il  citato
decreto richiama la nota della Regione Sardegna n. 402 del 2012  -  e
non la nota del 20 marzo 2012 indicata dalla ricorrente - di proposta
delle quote individuali di cattura da attribuire alle  tonnare  fisse
operanti nel  proprio  ambito  territoriale,  che  viene  esattamente
recepita  nella  parte  dispositiva  del  decreto.  Al  riguardo   si
sottolinea che proprio nello  spirito  di  leale  collaborazione  tra
diverse amministrazioni ed al fine di venire incontro  alle  esigenze
del  settore,  sulla  richiesta  presentata  dalla  Regione  autonoma
Sardegna con nota del 18 maggio 2012, n.  760,  l'amministrazione  ha
adottato il decreto direttoriale del 23 maggio 2012,  n.  13718,  che
dispone la compensativita' delle quote  tra  i  diversi  impianti  di
tonnare fisse, al  fine  di  bilanciare  le  catture  tra  i  diversi
impianti. 
    15. - Il resistente, in punto di diritto, eccepisce  innanzitutto
l'inammissibilita' del ricorso sotto il  profilo  della  sopravvenuta
carenza di interesse alla decisione. 
    15.1 - Rileva il  Presidente  del  Consiglio  che  e'  la  stessa
Regione autonoma Sardegna ad osservare che il  decreto  censurato  e'
stato oggetto di due ricorsi dinnanzi al TAR Lazio, iscritti al  R.G.
n. 3629 e n. 3642 del 2012. A tali gravami si e' poi aggiunto  quello
promosso dalla Tonnara «Su Pranu» Portoscuso,  iscritto  al  R.G.  n.
4060 del 2012. In quest'ultimo ricorso la Regione autonoma  Sardegna,
sostanzialmente   rinunciando   all'istanza   di   sospensione,    ha
rappresentato che «la campagna di pesca del tonno e' ormai  conclusa»
per cui «non avrebbe senso chiedere un provvedimento  di  sospensione
del decreto ministeriale impugnato». 
    15.2 - In particolare, a giudizio del resistente, con il  ricorso
oggi   pendente   la   Regione   autonoma   Sardegna    contesterebbe
l'assegnazione della parte della quota di pesca del  tonno  rosso  al
sistema con circuizione, ritenuta  eccessiva  in  considerazione  del
totale assegnato all'Italia e  pertanto  dannosa  per  gli  interessi
delle tre tonnare fisse. Ne consegue che, proprio perche' la stagione
della pesca a circuizione per l'anno in corso si e'  conclusa  il  15
giugno 2012, sarebbe venuto meno l'interesse alla decisione. 
    16. - Nel merito  il  Presidente  del  Consiglio  afferma  che  i
problemi connessi alla tutela del tonno rosso,  stante  la  rilevanza
internazionale della disciplina, non possono ritenersi  dei  semplici
problemi di regolamentazione della pesca di una  determinata  specie,
rientranti nella competenza legislativa esclusiva  della  ricorrente,
ai  sensi  dell'art.  3  dello  statuto  speciale   della   Sardegna.
L'approfondimento della questione evidenzierebbe,  invece,  che  essa
afferisce alla tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  rientrante
nella competenza esclusiva statale ai sensi  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. Il resistente rileva che fin dalla  sentenza
n. 203 del 1974, relativa proprio allo statuto della Regione autonoma
Sardegna, la Corte costituzionale ha precisato che nell'ambito  della
materia «pesca» sussistono «alti interessi, il cui  perseguimento  e'
certamente giovevole alla pesca, ma che  ha  una  ben  piu'  ampia  e
generale portata» - quali la conservazione  e  il  miglioramento  del
patrimonio ittico, delle risorse biologiche del mare e  dell'ambiente
in generale  -  considerati  meritevoli  di  tutela  nell'ordinamento
interno sul piano internazionale e la  cui  disciplina  non  potrebbe
essere ricompresa nelle competenze statutarie della  Regione.  Questo
orientamento  sarebbe  stato  confermato   in   pronunce   successive
(sentenze n. 315 del 2010, n. 213 del 2006, n. 226 del 2003,  n.  536
del 2002), sottolineandosi come «l'art. 117, secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione esprime  un'esigenza  unitaria  per  cio'  che
concerne la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ponendo un limite
agli interventi a livello  regionale  che  possano  pregiudicare  gli
equilibri ambientali. Come gia' affermato da questa Corte, la  tutela
dell'ambiente non puo' ritenersi propriamente una "materia",  essendo
invece l'ambiente da considerarsi come un "valore" costituzionalmente
protetto che non esclude la  titolarita'  in  capo  alle  Regioni  di
competenze legislative su materie (governo  del  territorio,  salute,
ecc.)  per  le  quali  quel  valore  costituzionale  assume   rilievo
(sentenza n. 407 del 2002). E, in funzione di quel valore,  lo  Stato
puo' dettare standards  di  tutela  uniformi  sull'intero  territorio
nazionale anche incidenti sulle competenze legislative  regionali  ex
art. 117 della Costituzione» (sentenza n. 536 del 2002). 
    Il  resistente  ne  deduce  che  se  appartiene  allo  Stato   la
competenza esclusiva in ordine  al  «valore»  ambiente,  allo  stesso
spetterebbe anche l'esercizio delle relative funzioni  amministrative
di tutela. Non si potrebbe  allora  convenire  con  quanto  sostenuto
dalla Regione autonoma Sardegna nel ricorso, vale  a  dire  che,  una
volta  determinato  dall'Unione  europea  il  totale  delle   catture
ammesse, le ulteriori determinazioni sarebbero da ricomprendere nella
materia della pesca di competenza esclusiva della Regione, poiche' vi
sarebbe  contrasto  con  l'obiettivo,   riconosciuto   dalla   stessa
ricorrente, del rispetto del sistema di contingentamento delle  quote
di pesca e della rimanente normativa posta a specifico  presidio  dei
beni ambientali, quali le modalita' e i periodi di pesca. 
    17. - In ordine alla pretesa violazione dell'art. 3 dello statuto
e dell'art. 117 Cost., il resistente ne nega la sussistenza,  poiche'
l'amministrazione non  avrebbe  leso  in  alcun  modo  le  competenze
normative statutariamente e costituzionalmente definite. 
    Difatti, rileva la difesa statale, il decreto impugnato e'  stato
adottato   in   esecuzione   degli   obblighi   imposti   a   livello
internazionale e comunitario. Il regolamento (CE)  n.  302/2009  pone
l'obbligo allo Stato di provvedere affinche' la propria capacita'  di
pesca  sia  commisurata  al   suo   contingente   e   stabilisce   la
responsabilita' dello stesso nell'adottare le misure  necessarie  per
assicurare che lo sforzo di  pesca  delle  sue  flotte  tonniere  sia
commisurato alle possibilita' di pesca del tonno  rosso  disponibili.
Inoltre e' entrato in vigore il regolamento (CE) 20 novembre 2009, n.
1224/2009 (Regolamento del Consiglio  che  istituisce  un  regime  di
controllo comunitario per garantire il  rispetto  delle  norme  della
politica comune della pesca,  che  modifica  i  regolamenti  (CE)  n.
847/96, (CE) n. 2371/2002, (CE) n. 811/2004, (CE) n.  768/2005,  (CE)
n. 2115/2005, (CE) n. 2166/2005, (CE) n. 388/2006, (CE) n.  509/2007,
(CE) n. 676/2007, (CE) n.  1098/2007,  (CE)  n.  1300/2008,  (CE)  n.
1342/2008 e che abroga  i  regolamenti  (CEE)  n.  2847/93,  (CE)  n.
1627/94 e (CE) n. 1966/2006). In particolare  detta  fonte  normativa
attribuisce alla Commissione il potere di adottare  misure  quali  la
chiusura  delle  attivita'  di  pesca  (artt.  36,  54  e  104),   la
sospensione e la soppressione dell'aiuto finanziario della  Comunita'
previsto  dal  regolamento  (CE)  27  luglio   2006,   n.   1198/2006
(Regolamento del Consiglio del  relativo  al  Fondo  europeo  per  la
pesca) e dal regolamento (CE) 22 maggio 2006, n. 861/2001  (recte  n.
861/2006)  (Regolamento  del  Consiglio  che   istituisce   un'azione
finanziaria della Comunita' per l'attuazione  della  politica  comune
della pesca e in materia di diritto  del  mare),  la  detrazione  del
contingente futuro  dello  Stato  membro  che  superi  i  contingenti
assegnati ovvero abbia violato le norme in materia di stock assegnati
ai piani pluriennali (artt. 105 e 107), le misure di emergenza  (art.
108) se vi sono prove del fatto che le attivita' di  pesca  praticate
e/o  le  misure  di  conservazione  adottate  nel  quadro  dei  piani
pluriennali costituiscono una minaccia per l'ecosistema marino e  che
la situazione esige un intervento immediato. 
    La normativa richiamata evidenzia, a giudizio del Presidente  del
Consiglio, la significativa e grave responsabilita' dello Stato,  che
al fine di non incorrere nelle  misure  indicate  sarebbe  tenuto  ad
assicurare un'attuazione e un controllo centralizzati delle  funzioni
inerenti al piano pesca. Inoltre  lo  stesso  art.  3  dello  statuto
attribuisce  la  materia  della  «caccia  e  pesca»  alla  competenza
legislativa della  Regione  «in  armonia  con  la  Costituzione  e  i
principi dell'ordinamento giuridico  della  Repubblica  con  rispetto
degli obblighi  internazionali  e  degli  interessi  nazionali».  Del
resto, il resistente ribadisce che la materia oggetto del decreto non
e' meramente la pesca, bensi'  la  conservazione  dello  sfruttamento
sostenibile   delle   risorse,   in   linea   con   le   disposizioni
internazionali e  comunitarie,  come  tale  rientrante  nella  tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  con  elementi  di  tutela   della
concorrenza, che rientrano nella competenza statale. 
    18. - Sulla presunta violazione degli artt. 3 e 6 dello  statuto,
nonche' del d.P.R. n. 1672 del 1965 e del d.lgs n. 70  del  2004,  il
resistente afferma  che  l'Amministrazione  statale  non  si  sarebbe
ingerita nell'attivita' amministrativa riservata alla Regione, ne' si
sarebbe sostituita ad essa nel procedimento relativo alla concessione
di uno specchio acqueo per il posizionamento  di  tonnara  fissa.  Il
riferimento presente  nel  decreto  alle  tonnare  non  ammesse  alla
campagna  del  tonno  rosso  per  il  2012  invitate   a   richiedere
l'autorizzazione ad operare per finalita' turistiche sarebbe connesso
alle medesime esigenze di tutela, che  imporrebbero  un  monitoraggio
centralizzato  dell'attivita'  di  pesca  del  tonno,  anche   quando
l'attivita' esercitata non sia connessa  all'esercizio  professionale
della pesca, ma a finalita'  turistiche.  In  ordine  alla  lamentata
violazione del d.lgs. n. 70 del  2004  il  Presidente  del  Consiglio
evidenzia che il tonno rosso e' sicuramente risorsa ittica marina  di
interesse  nazionale,  che  in  virtu'  degli   stringenti   obblighi
comunitari andrebbe gestita in  modo  coordinato  a  prescindere  dal
limite delle 12 miglia, dal momento che il piano pesca e' comprensivo
della pesca del tonno effettuata in tutto l'ambito nazionale. 
    19. - Sull'asserita violazione degli artt. 3 e 6  dello  statuto,
nonche' degli artt. 117 e 119 (recte 118) Cost. e  del  principio  di
leale collaborazione la difesa statale ritiene di aver dimostrato che
lo Stato non ha esercitato in via sussidiaria un potere di competenza
regionale, che presuppone  l'intesa  con  la  Regione,  ma  ha  agito
nell'esercizio di competenze di cui e' sicuramente  titolare.  L'iter
procedurale seguito nell'emanazione dei decreti  renderebbe  evidente
l'attuazione del principio di leale collaborazione. In particolare si
osserva che un rappresentante  della  Regione  autonoma  Sardegna  e'
membro della Commissione consultiva centrale della pesca marittima  e
dell'acquacoltura, che costituisce la sede istituzionale per  l'esame
dei decreti ministeriali aventi ad oggetto la  tutela  delle  risorse
ittiche, ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 154 del 2004; il medesimo
rappresentante ha partecipato alla riunione del 22 marzo 2012, in cui
e'  stato  presentato  il  decreto  impugnato  ed  a  seguito   delle
osservazioni da questi presentate e' stato avviato un dialogo volto a
definire la parte dispositiva del decreto,  che  in  effetti  avrebbe
recepito, nei limiti del quadro complessivo della campagna  di  pesca
per il 2012, le indicazioni fornite dalla Regione stessa con nota del
18 maggio 2012, n.  402.  Infine  la  conclusione  di  tale  campagna
sarebbe stata caratterizzata da un incremento della  quota  assegnata
alle tonnare  con  revisione  della  quota  assegnata  al  sistema  a
circuizione e di quella spettante alla pesca sportivo/ricreativa,  in
linea  con  quanto  richiesto  dalla  Regione  autonoma  Sardegna   e
compatibilmente con la situazione complessiva della risorsa. 
    20.  -  Sulla  presunta  violazione  del   principio   di   leale
collaborazione di cui agli artt. 3 e 6 dello statuto,  nonche'  degli
artt. 5, 117 e 119  (recte  118)  Cost.  e  del  principio  di  leale
collaborazione anche con riferimento al regolamento (CE) n.  44/2012,
il Presidente del Consiglio rileva che  le  questioni  concernenti  i
principi di sostenibilita' economica  e  di  parita'  di  trattamento
quanto all'entita' delle quote assegnate non potrebbero rientrare nel
giudizio per conflitto di attribuzione  relativo  alla  delimitazione
della sfera di attribuzioni determinata per i vari  poteri  da  norme
costituzionali, dal cui ambito esula il merito degli  atti.  Peraltro
gli asseriti effetti  pregiudizievoli  del  provvedimento  potrebbero
riguardare  al  piu'  la  categoria  professionale  costituita  dagli
operatori del settore ittico, che esercitano la pesca del tonno rosso
e trovano la loro tutela dinnanzi al TAR. Nondimeno, le premesse  del
decreto impugnato darebbero piena contezza  dell'iter  istruttorio  e
motivazionale seguito dall'amministrazione: le determinazioni assunte
in sede  internazionale,  i  presupposti  normativi  e  nazionali,  i
criteri  e  le  considerazioni  per  l'individuazione  delle   unita'
interessate alla campagna di pesca per il 2012, il parere dell'organo
consultivo centrale competente per le materie attinenti  alla  tutela
delle risorse ittiche ai sensi dell'art. 3  del  d.lgs.  n.  154  del
2004, nonche' gli elementi  forniti  dalla  stessa  Regione  autonoma
Sardegna in ordine  alla  questione.  Ne  risulterebbe  che  uno  dei
criteri  seguiti  dall'amministrazione  sarebbe  «l'opportunita'   di
valorizzare la continuita' dell'esercizio dell'attivita' di pesca del
tonno rosso, in quanto connesso al principio di tradizionalita'  alla
base del sistema di contingentamento». Per tale ragione non sarebbero
stati  effettuati   i   radicali   cambiamenti   nei   parametri   di
distribuzione fra i diversi sistemi.  Rileva  la  resistente  che  la
stessa Regione Sardegna  ha  richiamato  la  nota  della  Commissione
europea n. 139727  del  2011,  relativa  alla  fase  in  cui  era  in
approvazione il piano della pesca per il 2011, da cui si  evincerebbe
che per tre tonnare la quota  di  120  tonnellate  appariva  congrua,
atteso che  l'incremento  della  quota  medesima  era  ipotizzato  in
riferimento a sei tonnare. 
    Quanto alla differenza tra la quota attribuita alle tonnare fisse
lo scorso anno, ammontante a 140 tonnellate,  si  evidenzia  che  nel
2011 tutte le imbarcazioni autorizzate  alla  pesca  con  circuizione
hanno  raggiunto  la  quota  minima  di   71   tonnellate,   indicata
dall'ICCAT.  Pertanto  l'ammontare  delle  relative  quote  e'  stato
ridistribuito  proporzionalmente  tra  tutti  i  sistemi  di   pesca,
palangari e tonnare fisse in particolare. 
    21. - Quanto all'istanza di sospensione l'assenza del fumus  boni
juris  del  ricorso  sarebbe  evidente  e  mancherebbe  altresi'   il
periculum in mora, poiche' la campagna di pesca per il 2012 del tonno
rosso a mezzo di circuizione si e' chiusa il 15 giugno 2012. 
    22. - In data 13 novembre 2012 la Regione Sardegna ha  depositato
presso la cancelleria della Corte costituzionale una memoria, con  la
quale ha  inteso  replicare  alle  deduzioni  proposte  dalla  difesa
statale nell'atto di costituzione. 
    23. -  Quanto  alla  pretesa  inammissibilita'  del  ricorso  per
sopravvenuta carenza di  interesse,  la  ricorrente  rileva  come  lo
stesso TAR Lazio, nel giudizio pendente dinnanzi allo  stesso,  abbia
negato alla Regione autonoma Sardegna la tutela cautelare, affermando
contestualmente, nelle ordinanze del 31 maggio 2012,  n.  1924  e  n.
1926, che le  questioni  sollevate  necessitano  dell'approfondimento
tipico della sede di merito. 
    Ne conseguirebbe la sussistenza dell'interesse  alla  definizione
della controversia. 
    A sostegno la ricorrente richiama altresi' la sentenza n.  3  del
1962,  nella  quale  la  Corte  costituzionale,  nell'ambito  di   un
conflitto  tra  enti,  ha  affermato  l'esaurimento   degli   effetti
dell'atto impugnato non fa venir  meno  l'interesse  della  parte  ad
ottenere la decisione in ordine alla spettanza del  potere.  Inoltre,
la Regione aggiunge la considerazione  che  l'annullamento  dell'atto
determina  effetti  retroattivi,  utili  per  eventuali  controversie
risarcitorie, che non si riconnettono  al  semplice  esaurirsi  degli
effetti. 
    24 - Nel merito non sarebbe fondata l'affermazione  della  difesa
del Presidente del  Consiglio,  secondo  la  quale  il  provvedimento
impugnato sarebbe esplicazione di un potere che lo Stato italiano  ha
esercitato in applicazione di  normative  ed  impegni  comunitari  ed
internazionali, con  la  conseguenza  che  la  Regione  non  potrebbe
dolersene. Secondo la ricorrente la legittimita' di un  atto  statale
che  impingua  nelle  competenze  regionali   non   potrebbe   essere
dimostrata con il semplice richiamo  agli  impegni  internazionali  e
comunitari, dal momento l'aver esercitato attribuzioni funzionali  al
rispetto degli  stessi  non  costituirebbe  automatica  garanzia  che
l'esercizio con quelle modalita' e con quei contenuti sia necessitato
e che non sia possibile adottare scelte rispettose al contempo  degli
impegni assunti e del riparto di  competenze  tra  Stato  e  Regioni.
Peraltro, a giudizio della ricorrente, nell'atto di costituzione  del
Presidente del Consiglio non sarebbero  state  svolte  repliche  alle
specifiche censure avanzate sul punto dalla Regione. 
    25. -  Parimenti  infondata  sarebbe  l'affermazione  secondo  la
quale, venendo in rilievo competenze in  materia  di  ambiente  e  di
concorrenza, la Regione non avrebbe spazio per esercitare e  tutelare
le proprie attribuzioni. 
    25.1 - In particolare, quanto alla concorrenza, il resistente non
offrirebbe la benche'  minima  dimostrazione  del  fatto  che  questa
materia sia coinvolta dall'atto impugnato. Sul punto viene richiamata
la giurisprudenza della Corte costituzionale, la  quale  ha  chiarito
che   la   tutela   della   concorrenza   si   risolve    soprattutto
«nell'assicurare la piu' ampia  apertura  del  mercato  a  tutti  gli
operatori economici del settore in ossequio  ai  principi  comunitari
della libera circolazione delle merci, della liberta' di stabilimento
e della libera prestazioni dei servizi» (sentenza n. 401  del  2007).
Secondo la  ricorrente  la  vicenda  oggetto  del  presente  giudizio
riguarderebbe non la massima apertura del mercato,  ma  piuttosto  la
sua  piu'  rigorosa  disciplina  in  funzione  della  protezione   di
interessi, che non attengono minimamente  alla  concorrenza.  A  tale
proposito la  giurisprudenza  costituzionale  ha  affermato  che  «la
nozione di tutela della concorrenza abbraccia nel  loro  complesso  i
rapporti concorrenziali sul mercato». Tuttavia «una dilazione massima
di tale competenza, che non presenta i caratteri di  una  materia  di
estensione certa, ma quelli di una  funzione  esercitabile  sui  piu'
diversi oggetti, rischierebbe di  vanificare  lo  schema  di  riparto
dell'art. 117 Cost., che vede attribuite  alla  potesta'  legislativa
residuale e concorrente  delle  Regioni  materie  la  cui  disciplina
incide  innegabilmente  sullo  sviluppo  economico».  Di  conseguenza
«l'intervento statale  si  giustifica  (...)  per  la  sua  rilevanza
macroeconomica: solo in  tale  quadro  e'  mantenuta  allo  Stato  la
facolta' di adottare sia specifiche misure di rilevante entita',  sia
regimi di aiuti ammessi dall'ordinamento comunitario (fra i quali gli
aiuti de minimis), purche' siano  in  ogni  caso  idonei,  quanto  ad
accessibilita' a tutti  gli  operatori  ed  impatto  complessivo,  ad
incidere sull'equilibrio economico generale». Le condizioni delineate
dalla  Corte  costituzionale,  a  giudizio  della   ricorrente,   non
sussisterebbero nel caso in esame. 
    25.2. - Quanto all'ambiente, sebbene la normativa  internazionale
in materia tuteli alcuni importanti interessi ambientali, questo  non
giustificherebbe in modo aprioristico le scelte censurabili  compiute
nell'atto  impugnato.  Infatti,  da  un  lato,  la  Regione  autonoma
Sardegna    e'    «competente    a    disciplinare    gli     aspetti
paesistico-ambientali,  nell'esercizio   della   propria   competenza
legislativa in materia di edilizia e urbanistica»  (sentenza  n.  224
del 2012), con la conseguenza che non corrisponde a  verita'  che  le
sfugga ogni competenza in materia ambientale; dall'altro, a  giudizio
della ricorrente, il Presidente del Consiglio non considererebbe che,
sebbene l'ambiente sia una materia «trasversale»,  l'esercizio  della
relativa  competenza  legislativa  statale  non  potrebbe  travolgere
quelle regionali. Gli interventi statali devono  tutelare  l'ambiente
quale «bene giuridico unitariamente inteso», senza ipotizzare profili
di tutela ambientale la' dove questo bene non venga coinvolto. 
    Nel caso in esame le censure avanzate nel ricorso riguarderebbero
aspetti del provvedimento impugnato, per  i  quali  non  verrebbe  in
evidenza la tutela dell'ambiente. 
    Difatti  la  protezione  delle  specie   ittiche   coinvolge   il
bene-ambiente, ma  il  relativo  interesse  verrebbe  soddisfatto,  a
giudizio della Regione autonoma Sardegna, dall'identificazione di  un
tetto  massimo  pescabile,  mentre   esulerebbe   dallo   stesso   la
ripartizione dei contingenti tra le diverse modalita'  di  pesca.  La
resistente ribadisce che il generico richiamo alla natura trasversale
della materia «ambiente» non giustificherebbe  qualunque  aggressione
dell'autonomia regionale e a conforto richiama quanto affermato dalla
Corte costituzionale in ordine alla  stessa  competenza  statale  sul
territorio dello Stato, nel senso che la stessa non e'  in  grado  di
travolgere quella regionale in materia di pesca (sentenza n. 102  del
2008), deducendone che a maggior  ragione  tale  risultato  non  puo'
prodursi  a  seguito  dell'esercizio  della  competenza  in   materia
ambientale. Peraltro le argomentazioni statali  sarebbero  destituite
di fondamento nella misura in cui non considerano che  la  preferenza
per il sistema della pesca della tonnara fissa deriva dalla  maggiore
selettivita' di questo metodo  di  cattura  sia  sulla  taglia  degli
animali pescati, sia sulle stesse specie oggetto  della  campagna  di
pesca. Di conseguenza, essa si coniuga con  le  finalita'  di  tutela
ambientale e di ricostituzione della fauna ittica, che sono alla base
della regolamentazione internazionale e comunitaria  della  pesca  al
tonno rosso. 
    26.  -  Quanto  alla  violazione  delle  funzioni  amministrative
regionali, la stessa non potrebbe essere negata, dal momento  che  la
relativa competenza verrebbe in rilievo nella questione  oggetto  del
presente  giudizio  in  forza  del  principio  del  parallelismo  tra
funzioni legislative e funzioni amministrative, stante la  competenza
legislativa esclusiva della Regione Sardegna in materia di pesca e la
normativa posta dal d.P.R. n. 1627 del 1965 e dal d.lgs.  n.  70  del
2004. Per altro verso, ove il Presidente del Consiglio avesse  inteso
richiamare l'ipotesi della chiamata in sussidiarieta', la  resistente
afferma che non ricorrerebbero le condizioni  a  tal  fine  richieste
dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 80 del 2012 e n. 165
del 2011). 
    27. -  Relativamente  alla  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione la Regione autonoma Sardegna afferma che i  meccanismi
collaborativi da attivare non potrebbero ritenersi  realizzati  dalla
mera  partecipazione  di  un  funzionario  regionale  alle   riunioni
tecniche. 
    28. - Da ultimo, non sussisterebbe alcun difetto di interesse  da
parte della Regione a contestare la ripartizione delle  quote  fra  i
diversi  operatori,  in  ragione  del  rilievo  che  tale   ente   e'
«esponenziale  e  rappresentativo  degli  interessi  generali   della
propria comunita'» (sentenza n. 829 del 1988). Sotto  questo  profilo
e' interesse della  collettivita'  regionale  che  sia  garantita  la
conservazione di posti di lavoro e che le tradizioni locali, qual  e'
quella della pesca del tonno in tonnara, siano tutelate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Con ricorso notificato l'11 giugno 2012 e depositato  il  18
giugno 2012 la Regione autonoma Sardegna  ha  proposto  conflitto  di
attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri.
In particolare, la ricorrente  chiede  che  la  Corte  costituzionale
dichiari che non spettava allo Stato, e per esso  al  Ministro  delle
politiche agricole, alimentari e forestali, emanare il decreto del  3
aprile 2012 (Ripartizione della  quota  complessiva  di  cattura  del
tonno rosso per la campagna di pesca 2012). 
    Secondo la Regione autonoma Sardegna, l'atto impugnato violerebbe
gli  articoli  3,  primo  comma,  lettera  i),  e   6   della   legge
costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna);  gli  artt.  1  e  2  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 24 novembre 1965,  n.  1627  (Norme  di  attuazione  dello
Statuto speciale per la Sardegna in materia di  pesca  e  saline  sul
demanio marittimo e nel mare territoriale); gli artt. 1, comma  1,  e
2, comma 2, del decreto legislativo 6 febbraio 2004, n. 70 (Norme  di
attuazione dello Statuto speciale della regione Sardegna  concernenti
il conferimento di funzioni amministrative alla Regione in materia di
agricoltura); gli artt. 3, 5, 9, 117, terzo, quarto, quinto  e  sesto
comma, e 119 (recte 118) della Costituzione, il  principio  di  leale
collaborazione fra lo Stato e le Regioni, l'art.  117,  primo  comma,
Cost., in relazione all'art. 4, comma 2,  del  regolamento  6  aprile
2009 (CE) n. 302/2009 (Regolamento del Consiglio del  concernente  un
piano pluriennale di ricostituzione del  tonno  rosso  nell'Atlantico
orientale e nel Mediterraneo che modifica il regolamento n. 43/2009 e
che abroga il regolamento (CE) n. 1559/2007), al regolamento (CE)  17
gennaio 2012, n. 44/2012 (Regolamento del Consiglio  che  stabilisce,
per il 2012, le possibilita' di pesca concesse nelle acque UE e,  per
le navi UE, in determinate acque non appartenenti all'UE, per  alcuni
stock ittici e gruppi di stock ittici che sono oggetto di negoziati o
accordi  internazionali),  alla  Convenzione  internazionale  per  la
conservazione dei tonnidi dell'Atlantico, adottata a Rio  de  Janeiro
nella Conferenza tenutasi tra il 2 e il 14 maggio 1966  e  ratificata
in Italia con  la  legge  4  giugno  1997,  n.  169  (Adesione  della
Repubblica  italiana   alla   Convenzione   internazionale   per   la
conservazione dei tonnidi dell'Atlantico, con Atto finale ed annessi,
adottata dalla Conferenza  dei  Plenipotenziari  di  Rio  de  Janeiro
tenutasi dal 2 al 14 maggio 1966 e  al  Protocollo  con  Atto  finale
fatto a Parigi il 9-10 luglio 1984  nonche'  all'Atto  finale  ed  al
Protocollo con Regolamenti interno e finanziario fatti  a  Madrid  il
4-5 giugno 1992, e loro esecuzione), alla raccomandazione 10-04 della
Commissione  internazionale  per   la   conservazione   dei   tonnidi
dell'Atlantico (ICCAT). 
    Per gli esposti motivi la ricorrente  chiede  l'annullamento  del
menzionato decreto e la sospensione, in via cautelare, dello stesso. 
    1.1.  -  I  termini  essenziali  del  conflitto  possono   essere
sintetizzati nei punti seguenti. 
    1.1.1.  -  Innanzitutto,  il  decreto  sarebbe  illegittimo,   in
riferimento  all'art.  3,  primo  comma,  lettera  i),  della   legge
costituzionale n. 3 del 1948 ed all'art. 117, terzo e  quarto  comma,
Cost., perche', nel  determinare  la  quota  individuale  di  pescato
assentito a ciascuna  delle  tonnare  fisse  della  Sardegna  e  alle
imbarcazioni  sarde  che  utilizzano  il  c.d.  sistema  di  pesca  a
"Palangaro (LL)", lo Stato avrebbe violato  la  competenza  esclusiva
della Regione autonoma Sardegna in materia di pesca. 
    1.1.2. - Inoltre, esso sarebbe in contrasto con gli artt. 3  e  6
della legge cost. n. 3 del 1948, con l'art. 1 del d.P.R. n. 1627  del
1965 e con gli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, del d.lgs. n.  70  del
2004, perche' usurperebbe le funzioni amministrative  spettanti  alla
Regione autonoma Sardegna in materia di pesca. 
    1.2. - In via subordinata sono stati poi  richiamati  i  seguenti
ulteriori profili di censura. 
    1.2.1. - Il decreto impugnato sarebbe in contrasto con gli  artt.
3 e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, con gli artt. 117 e 119 (recte
118) Cost. e con il principio  di  leale  collaborazione  poiche',  a
fronte dell'attrazione in sussidiarieta' dell'esercizio  di  funzioni
amministrative di titolarita' della Regione autonoma  Sardegna,  esso
sarebbe stato adottato senza aver previamente raggiunto l'intesa  con
la Regione medesima. 
    1.2.2. - Gli artt. 3 e 6 della legge cost. n.  3  del  1948,  gli
artt. 3, 117 e 119  (recte  118)  Cost.  ed  il  principio  di  leale
collaborazione, nonche' il d.P.R. n. 1627 del 1965 ed il d.lgs. n. 70
del 2004 sarebbero stati violati sotto il profilo dell'attrazione  in
sussidiarieta'   delle   funzioni   amministrative    statutariamente
spettanti alla Regione autonoma Sardegna in  assenza  di  motivazione
con riguardo alle ragioni che impedirebbero alla stessa di provvedere
in materia. 
    1.2.3. - Il decreto sarebbe inoltre in contrasto con gli artt.  3
e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, con  l'art.  117,  sesto  comma,
Cost. e col principio di leale collaborazione, in ragione  del  fatto
che non conterrebbe solo misure  di  natura  provvedimentale,  bensi'
anche disposizioni generali di carattere regolamentare in materie che
esulano dalla potesta' legislativa esclusiva statale. Cio' senza aver
promosso e raggiunto alcuna intesa con la Regione autonoma Sardegna. 
    1.2.4. - Vi sarebbe poi violazione degli artt. 3 e 6 della  legge
cost. n. 3 del 1948, del d.P.R. n. 1627 del 1965, del  d.lgs.  n.  70
del 2004, degli artt. 3 e  117,  primo  e  quinto  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 4, comma 2,  del  regolamento  (CE)  n.  302/2009,
poiche' il decreto impugnato sarebbe privo di ogni motivazione  circa
l'indicazione dei criteri utilizzati per la definizione  della  quota
assentita nella determinazione dei contingenti tra i vari sistemi  di
pesca, diversamente da quanto richiesto dalla normativa comunitaria. 
    1.2.5. - Il decreto non sarebbe neppure conforme agli artt. 3 e 6
della legge cost. n. 3 del 1948, in relazione al d.P.R. n.  1627  del
1965,  al  d.lgs.  n.  70  del  2004  ed  al   principio   di   leale
collaborazione ricavabile dal combinato degli artt. 3, 5, 117  e  119
(recte 118), anche in  relazione  al  regolamento  (CE)  n.  44/2012.
Riservando  al  sistema  di  pesca  a  tonnara  fissa  solamente  120
tonnellate, il decreto  violerebbe  il  principio  di  sostenibilita'
socioeconomica della pesca al tonno rosso ed il principio di  parita'
di trattamento dei settori della pesca. 
    1.2.6. - Infine, vi sarebbe contrasto con gli artt. 3 e  6  della
legge cost. n. 3 del 1948, in relazione al d.P.R. n. 1627  del  1965,
al d.lgs. n. 70 del 2004 e con il principio di  leale  collaborazione
ricavabile dal combinato degli artt. 3, 5, 9, 117 e 119  (recte  118)
Cost., in relazione al regolamento (CE) n. 302/2009, alla Convenzione
internazionale  per  la  conservazione  dei  tonnidi  dell'Atlantico,
ratificata con legge n. 169 del 1997 ed alla raccomandazione n. 10-04
della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi. Il
decreto impugnato, nell'assegnare una quota estremamente  esigua  del
totale ammissibile di cattura nazionale, non avrebbe tenuto in debito
conto il principio di favor della regolamentazione  internazionale  e
comunitaria per l'utilizzo di tale sistema di pesca, che sarebbe meno
invasivo per l'ambiente. 
    1.3. - Nel  corso  della  udienza  la  difesa  della  Regione  ha
richiamato la "posizione" del Parlamento europeo P7_TC1-COD(2011)0144
definita in prima lettura il 23 maggio 2012  in  vista  dell'adozione
del nuovo regolamento dell'Unione europea, che dovrebbe modificare il
regolamento (CE) n. 302/2009, attraverso un nuovo  piano  pluriennale
di ricostituzione del tonno  rosso  nell'Atlantico  orientale  e  nel
Mediterraneo.  L'art.  1  di  detto  documento  dispone  la  modifica
dell'art. 7 del regolamento  oggi  vigente  nel  modo  seguente:  «il
paragrafo 2 e' sostituito dal seguente "la pesca del tonno rosso  con
reti  a  circuizione  e'  vietata  nell'Atlantico  orientale  e   nel
Mediterraneo  nel  periodo  dal  15  giugno  al   15   maggio"».   La
disposizione in itinere confermerebbe il principio di  disfavore  nei
confronti del sistema di pesca privilegiato dall'impugnato decreto. 
    2. - Costituitosi  in  giudizio  lo  Stato  ha  eccepito  in  via
preliminare l'inammissibilita' del ricorso per  sopravvenuta  carenza
di  interesse.  Poiche'  la   Regione   autonoma   Sardegna   lamenta
l'insufficienza della  quota  concessa  ai  sistemi  di  pesca  delle
tonnare sarde in  relazione  al  sovradimensionamento  di  quella  "a
circuizione" e chiede un riequilibrio attraverso la  riduzione  della
quota  afferente  al  sistema  ritenuto  ingiustamente  privilegiato,
l'intervenuta conclusione, fin  dal  15  giugno  dell'anno  in  corso
(secondo quanto  previsto  dall'impugnato  decreto),  della  pesca  a
circuizione farebbe mancare l'interesse  alla  decisione  in  ragione
dell'impossibilita' a realizzare il petitum del ricorso. 
    Nel merito, la difesa erariale sostiene l'infondatezza  di  tutte
le censure, premettendo in via generale che nel  caso  di  specie  la
materia interessata  sarebbe  la  tutela  dell'ecosistema,  la  quale
appartiene alla competenza esclusiva statale ai sensi dell'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. 
    Quanto alla  pretesa  violazione  dell'art.  3  dello  statuto  e
dell'art. 117 Cost.,  il  resistente  sottolinea  come  la  normativa
comunitaria  di  settore  ponga  in  capo  allo   Stato   membro   la
responsabilita' per l'attuazione delle  norme  della  politica  della
pesca. Spetterebbe dunque allo Stato, al fine di non incorrere  nelle
sanzioni  comunitarie,  assicurare  l'attuazione  ed   il   controllo
centralizzato delle funzioni relative al piano pesca. 
    Quanto alla pretesa violazione degli artt. 3 e  6  dello  statuto
nonche' delle  norme  di  attuazione,  il  Presidente  del  Consiglio
afferma  che  l'amministrazione  statale  non  si  sarebbe   ingerita
nell'attivita' amministrativa riservata alla  controparte  e  neppure
avrebbe  sostituito  la  Regione  nel  procedimento   relativo   alla
concessione di uno specchio acqueo per il posizionamento  di  tonnara
fissa. 
    Per quel che riguarda l'asserita violazione degli  artt.  3  e  6
dello statuto, degli  artt.  117  e  119  (recte  118)  Cost.  e  del
principio di leale collaborazione, il resistente ritiene di non  aver
esercitato in via sussidiaria un potere  di  competenza  regionale  o
comunque condizionato all'intesa  Stato-Regione,  ma  di  aver  agito
nell'esercizio delle proprie competenze.  Inoltre,  sebbene  non  sia
stata seguita una procedura d'intesa, in quanto  non  prevista  dalla
vigente normativa, nondimeno vi sarebbe  stato  un  atteggiamento  di
dialogo tra lo Stato e la Regione, culminato in un  incremento  della
quota assegnata alle tonnare, conformemente a quanto richiesto  dalla
Regione  autonoma  Sardegna   ed   in   modo   compatibile   con   la
disponibilita' complessiva della risorsa. 
    Quanto  alla  presunta  violazione   del   principio   di   leale
collaborazione anche con riferimento al regolamento (CE) n.  44/2012,
degli artt. 3 e 6 dello statuto e degli artt. 5,  117  e  119  (recte
118) Cost., secondo lo Stato la contestazione nel merito delle  quote
assegnate non potrebbe comunque essere oggetto  di  un  conflitto  di
attribuzione,  per  violazione  del   principio   di   sostenibilita'
economica e di parita' di  trattamento.  Peraltro,  le  premesse  del
decreto  impugnato  darebbero  contezza   dell'iter   istruttorio   e
motivazionale, dei presupposti normativi comunitari e nazionali,  dei
criteri per l'individuazione delle unita' interessate  alla  campagna
di pesca 2012, del parere dell'organo consultivo centrale  competente
per le materie attinenti alla tutela delle risorse  ittiche,  nonche'
degli elementi forniti dalla stessa Regione autonoma Sardegna. 
    3. - Preliminarmente, va disattesa  l'eccezione  formulata  dallo
Stato in ordine alla pretesa cessazione della materia del  contendere
per  sopravvenuta  carenza   di   interesse   ed   alla   conseguente
inammissibilita' del conflitto. Secondo il resistente, la conclusione
della campagna di pesca a circuizione, avvenuta il  15  giugno  2012,
farebbe venir  meno  qualsiasi  interesse  alla  decisione,  che  non
potrebbe in ogni caso mutare lo stato delle cose consolidatosi a tale
data.  L'oggetto  della   doglianza   consisterebbe   infatti   nella
contestazione della quota di  pesca  del  tonno  rosso  assegnata  al
sistema  a  circuizione,  ritenuta  eccessiva   rispetto   a   quella
attribuita al sistema utilizzato dalle tonnare. 
    Questa Corte ha gia' avuto modo di affermare l'irrilevanza  delle
sopravvenienze di fatto, come l'esaurimento degli  effetti  dell'atto
impugnato, ai fini del persistere dell'interesse alla  decisione  dei
conflitti di attribuzione (sentenze n. 222 del 2006, n. 287 del 2005,
n. 263 del 2005 e n. 289 del 1993). In particolare, nei conflitti  di
attribuzione sussiste  comunque  -  anche  dopo  l'esaurimento  degli
effetti dell'atto impugnato - un interesse all'accertamento, il quale
trae origine dall'esigenza di porre fine -  secondo  quanto  disposto
dall'art.  38  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme   sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) - ad una
situazione di incertezza in ordine al  riparto  costituzionale  delle
attribuzioni. 
    Infatti, ancorche' la data di scadenza prevista dal  decreto  del
Ministro delle politiche  agricole,  alimentari  e  forestali  del  3
aprile 2012 sia trascorsa relativamente al sistema di pesca di cui la
ricorrente richiede il contenimento  per  favorire  l'espansione  dei
sistemi utilizzati dalle  tonnare  sarde,  nell'ambito  del  presente
conflitto l'interesse della Regione alla pronuncia  di  questa  Corte
permane al fine  del  riconoscimento  della  titolarita'  del  potere
concretamente esercitato dallo Stato nel caso di specie,  di  cui  la
Regione stessa contesta la spettanza  in  nome  del  vigente  riparto
delle competenze previsto in Costituzione (ex multis sentenza n.  289
del 1993). 
    4. - Ancora in via preliminare va osservato che, sia nel  ricorso
introduttivo della ricorrente che nella memoria di  costituzione  del
Presidente   del   Consiglio,   la   violazione   delle    competenze
amministrative  spettanti  alla  Regione  autonoma   Sardegna   viene
invocata con riferimento all'art. 119 Cost.  piuttosto  che  all'art.
118 Cost., malgrado le argomentazioni evidenzino in modo non equivoco
che   la   censura   attiene   alla   lesione   delle    attribuzioni
amministrative. 
    Sul punto questa Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  osservare  che
l'inesatta indicazione  del  parametro  costituzionale  non  preclude
l'esame della questione quando i termini della stessa - come nel caso
di specie - risultino sufficientemente  chiari  nel  percorso  logico
argomentativo che conduce al precetto  costituzionale  (ordinanze  n.
211 del 2004, n. 5 del 1998  e  n.  476  del  1996).  Il  ricorso  e'
pertanto ammissibile anche in riferimento al parametro costituzionale
inesattamente richiamato. 
    5. - Nel merito, il ricorso non e' fondato. 
    Ai  fini  della  presente  decisione  e'  opportuno  dividere  le
questioni  in  due  gruppi  in  relazione  agli  argomenti   che   ne
costituiscono i presupposti: il primo si basa sul  convincimento  che
nella materia oggetto di conflitto la Regione autonoma  Sardegna  sia
titolare di potesta' legislativa primaria  e  di  correlate  funzioni
amministrative; il secondo e' caratterizzato da censure che  imputano
allo Stato la  violazione  di  regole  internazionali  e  comunitarie
afferenti alla pesca del tonno rosso. 
    6. - Il primo gruppo di questioni si fonda  sull'assunto  che  il
decreto impugnato abbia invaso la competenza legislativa  primaria  e
quella  amministrativa  della  Regione  autonoma   Sardegna   e,   in
subordine,  che  abbia  attratto  in   sussidiarieta'   le   funzioni
amministrative in suddetta materia senza il necessario  rispetto  del
principio di leale  collaborazione  secondo  le  condizioni  indicate
dalla costante giurisprudenza di questa Corte. 
    Entrambi gli argomenti sono privi di fondamento perche', nel caso
di specie, lo Stato ha esercitato funzioni amministrative  di  natura
non regolamentare nella materia della tutela dell'ecosistema, di  cui
e' titolare in via esclusiva. Ancorche' la Regione autonoma  Sardegna
sia titolare della competenza primaria nella materia della  pesca  e,
conseguentemente, della  relativa  funzione  amministrativa  (che  le
appartengono   in   ragione   delle   norme   statutarie   di   rango
costituzionale evocate nel ricorso), l'oggetto del decreto  impugnato
riguarda la materia ambiente ed ecosistema, di competenza legislativa
esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera
s), Cost. Detta competenza - come e' stato piu'  volte  precisato  da
questa Corte - si riferisce all'ambiente ed all'ecosistema in termini
generali ed onnicomprensivi. Data l'ampiezza e la complessita'  delle
tematiche coinvolte, i principi e le regole elaborati dallo Stato  in
subiecta  materia  coinvolgono  interessi   giuridicamente   tutelati
nell'ambito di  altre  competenze  legislative  ripartite  secondo  i
canoni dell'art. 117 Cost.  Quando  il  carattere  trasversale  della
normativa in tema di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema  comporta
fenomeni di sovrapposizione ad  altri  ambiti  competenziali,  questa
Corte ha gia' avuto modo di affermare (sentenza n. 378 del 2007)  che
la  prevalenza  debba  essere  assegnata  alla  legislazione  statale
rispetto a quella spettante alle Regioni o  alle  Province  autonome,
nelle materie di  propria  competenza  trasversalmente  intercettate.
Cio' in relazione al fatto che la disciplina unitaria  e  complessiva
dell'ambiente e dell'ecosistema inerisce ad un interesse pubblico  di
valore costituzionale  primario  ed  assoluto  e  deve  garantire  un
elevato livello di tutela, come tale inderogabile da altre discipline
di settore. Sotto questo profilo, dunque, la competenza derivante  da
altre  materie  attribuite  alla  Regione   diventa   necessariamente
recessiva, non potendo in alcun modo derogare il  livello  di  tutela
ambientale stabilito dallo Stato (sentenze n. 278 del 2012 e  n.  378
del 2007). Nel caso in esame, infine, i profili  che  incidono  sulla
disciplina della pesca appaiono strumentali all'obiettivo perseguito,
consistente proprio nella salvaguardia dell'ecosistema,  come  emerge
da quanto si richiama piu' specificamente nel successivo paragrafo  a
proposito della normativa internazionale e comunitaria, in  relazione
alla quale il decreto si pone in rapporto di attuazione. 
    Quanto alla titolarita' della funzione amministrativa in concreto
esercitata attraverso il decreto,  occorre  preliminarmente  rilevare
come  in  ogni  caso  debba  escludersi  che  esso   rivesta   natura
regolamentare, limitandosi ad individuare, con  precetti  di  estremo
dettaglio, il riparto  tra  gli  operatori  autorizzati  delle  quote
spettanti all'Italia, secondo le tipologie di pesca consentite. Tanto
premesso, occorre rilevare che nel caso  in  esame  lo  Stato  si  e'
limitato ad adottare un atto esecutivo di  prescrizioni,  provenienti
da una convenzione internazionale  e  da  atti  normativi  comunitari
meglio  specificati  nel   successivo   considerato   n.   7.   Dette
prescrizioni sono  finalizzate  alla  tutela  dell'ecosistema  in  un
ambito internazionale, al quale lo Stato italiano  partecipa  per  la
parte relativa al suo territorio. 
    In tale contesto, nessuna specifica disposizione  attribuisce  la
titolarita'  di  funzioni  amministrative   alla   Regione   autonoma
Sardegna. Cio'  appare  del  tutto  coerente  col  rilievo  nazionale
dell'impugnato decreto e con la diretta responsabilita' che lo  Stato
italiano assume nella corretta esecuzione delle prescrizioni  di  cui
e' destinatario in relazione ad uno  spazio  marino  e  ad  operatori
ittici  considerati  nel  loro  complesso  e,  in  quanto  tali,  non
suscettibili di una disciplina articolata  e  differenziata  su  base
regionale. 
    Dunque,  non  esistendo  alcuna  norma  attributiva  di  funzione
amministrativa alla Regione autonoma Sardegna nel settore in esame  e
considerata la ristretta tempistica consentita dal piano  determinato
in ambito internazionale e comunitario,  assolutamente  incompatibile
con la  formalizzazione  di  una  procedura  d'intesa,  peraltro  non
prevista da alcuna specifica disposizione, l'adozione  dell'impugnato
decreto da  parte  dello  Stato  appare  conforme  all'assetto  delle
proprie attribuzioni. 
    6.1.  -  Le  conclusioni  raggiunte  nel   precedente   paragrafo
consentono di rilevare l'infondatezza delle questioni proposte  dalla
Regione in riferimento all'art. 3, comma 1, lettera i),  della  legge
costituzionale n. 3 del 1948 ed all'art. 117, terzo e  quarto  comma,
Cost.,  con  riguardo  alla  pretesa  violazione   della   competenza
esclusiva della Regione autonoma Sardegna in materia  di  pesca,  che
sarebbe avvenuta attraverso il riparto  delle  quote  riguardanti  le
tonnare sarde ed i sistemi di pesca concorrenti; in riferimento  agli
artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3 del 1948, all'art. 1 del d.P.R. n.
1627 del 1965 ed all'art. 1, comma 1, e 2, comma 2, del d.lgs. n.  70
del 2004, per la pretesa usurpazione  delle  funzioni  amministrative
spettanti alla Regione autonoma Sardegna  in  materia  di  pesca;  in
riferimento agli artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3  del  1948,  agli
artt.  117  e  119  (recte  118)  Cost.  ed  al  principio  di  leale
collaborazione, per la pretesa  attrazione  in  sussidiarieta'  senza
previa intesa delle funzioni amministrative della Regione in  materia
di pesca; in riferimento agli artt. 3 e 6 della legge cost. n. 3  del
1948, agli artt. 3, 117 e 119 (recte  118)  Cost.,  al  principio  di
leale collaborazione, al d.P.R. n. 1627 del 1965 ed al d.lgs.  n.  70
del 2004, per la  dedotta  assenza  di  motivazione  in  ordine  alle
ragioni   dell'attrazione   in    sussidiarieta'    della    funzione
amministrativa in materia di pesca; in riferimento agli artt. 3  e  6
della legge cost. n. 3 del 1948, all'art. 117, sesto comma, Cost.  ed
al  principio  di  leale  collaborazione,   per   l'eccepita   natura
regolamentare di alcune prescrizioni del decreto. 
    7. - Ai fini dell'esame  del  gruppo  di  censure  fondate  sulla
pretesa violazione di regole internazionali e  comunitarie  afferenti
alla pesca del tonno rosso, e' opportuno  ricostruire  sinteticamente
il quadro normativo che disciplina la materia. 
    La Convenzione internazionale per la  conservazione  dei  tonnidi
dell'Atlantico e' stata adottata a Rio de  Janeiro  nella  Conferenza
tenutasi tra il 2 e il 14 maggio 1966. L'Italia vi  ha  preso  parte,
procedendo alla sua ratifica  con  la  legge  n.  169  del  1997.  La
Convenzione comprende tutte le acque dell'Oceano Atlantico e dei mari
adiacenti (art. 1), ivi compresa  la  zona  interessata  al  presente
conflitto. La realizzazione  degli  obiettivi  in  essa  previsti  e'
affidata ad  una  Commissione  appositamente  costituita,  denominata
Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi  (ICCAT).
Questa istituzione formula, tra  l'altro,  raccomandazioni  intese  a
mantenere le popolazioni di tonnidi e di specie  affini  che  possono
essere pescate nella zona della Convenzione a livelli che  consentano
le catture massime sostenibili per scopi alimentari ed altri fini. La
raccomandazione adottata dalla Commissione entra  in  vigore  decorsi
sei mesi dalla sua notifica alle parti contraenti  ed  e'  vincolante
per le parti medesime, che si impegnano ad adottare tutte  le  misure
necessarie  a  garantire  l'applicazione  della  Convenzione   ed   a
trasmettere alla Commissione ogni due anni - ovvero, ogniqualvolta la
stessa ne faccia richiesta - un resoconto di queste misure  (art.  IX
della Convenzione). 
    In ambito comunitario l'Unione, ai sensi dell'art. 3, lettera d),
TFUE, ha competenza  esclusiva  in  materia  di  conservazione  delle
risorse biologiche del mare nel quadro della  politica  comune  della
pesca, mentre l'art. 4, paragrafo 2,  lettera  d),  TFUE  attribuisce
alla stessa la competenza concorrente con quella degli  Stati  membri
nel settore della pesca,  ad  esclusione  della  conservazione  delle
risorse biologiche  del  mare.  Il  combinato  di  tali  disposizioni
evidenzia  che  la  conservazione  delle  risorse   ittiche   involge
interessi ulteriori e sovraordinati a quelli  inerenti  all'attivita'
di pesca genericamente considerata. Detti  interessi  vengono  curati
attraverso una normativa uniforme, assicurata dal  riconoscimento  di
una competenza esclusiva e dalla conseguente adozione di regolamenti. 
    In questo contesto normativo e' stata assunta  la  decisione  del
Consiglio n. 238/86 del 9 giugno 1986,  relativa  all'adesione  della
Comunita' alla Convenzione internazionale per  la  conservazione  dei
tonnidi dell'Atlantico, emendata  dal  protocollo  allegato  all'atto
finale della conferenza dei plenipotenziari degli Stati aderenti alla
convenzione firmato a Parigi il 10 luglio 1984. La Corte di giustizia
con la sentenza del 25 ottobre 2001, in  causa  C-120/99,  Italia  c.
Consiglio, si e' occupata  del  regolamento  (CE)  n.  49/99  del  18
dicembre 1998, il quale stabiliva la quota di cattura del tonno rosso
per i Paesi comunitari, Italia compresa, per il 1999,  attraverso  un
rinvio esplicito a raccomandazioni  vincolanti  dell'ICCAT.  In  tale
sede e' stato affermato che l'Unione, con l'adesione alla Convenzione
istitutiva dell'ICCAT, «si e' surrogata ai diritti ed obblighi  degli
Stati membri che  erano  gia'  parte  di  questa  [convenzione]».  Ne
discende  che  l'Unione  e'  «pienamente  autorizzata   a   discutere
nell'ambito dei negoziati condotti  in  seno  all'ICCAT  relativi  al
contingente  comunitario  (...)  di  tutti  i  parametri  pertinenti,
comprese le conseguenze degli eccessi di pesca effettuati da  taluni,
prima della data della sua adesione a detta organizzazione». 
    Conformemente  al  nuovo  assetto  dei  rapporti  tra   normative
internazionali, comunitarie e  degli  Stati  membri,  nell'anno  2006
l'ICCAT ha adottato un piano pluriennale di ricostituzione del  tonno
rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo, poi modificato nel
2008. Tale piano e' stato ulteriormente modificato e approvato  nella
riunione annuale dell'ICCAT del 2010 mediante la  raccomandazione  n.
10-04. Al termine dei lavori della 22^ sessione ordinaria dell'ICCAT,
le parti contraenti hanno deciso di confermare, anche per la campagna
di pesca 2012, la piena vigenza della raccomandazione n.  10-04,  con
particolare riferimento alla definizione del  totale  ammissibile  di
catture (TAC). Con il regolamento (UE) n. 44/2012 e' stato ripartito,
tra le flotte degli Stati membri, il TAC del  tonno  rosso  assegnato
all'Unione europea per l'anno 2012.  In  tale  contesto  alla  flotta
italiana e' stato attribuito  un  massimale  di  1.787,91  tonnellate
(Allegato ID), nonche', ai  sensi  dell'art.  16,  paragrafo  4,  del
regolamento (UE) n. 44/2012, un numero  massimo  di  12  imbarcazioni
autorizzate per la pesca con il sistema a circuizione  (Allegato  IV,
punto 4) e, ai sensi del successivo paragrafo 5 dell'articolo citato,
il numero  delle  tonnare  impegnate  nella  pesca  del  tonno  rosso
nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo e' stato limitato  ad  un
massimo di 6 (Allegato IV, punto 5). 
    Il piano pluriennale di ricostituzione del tonno  rosso  adottato
dall'ICCAT  e'  stato  recepito  dall'Unione  europea   mediante   il
regolamento (CE) n. 302/2009, con il quale  sono  stati  stabiliti  i
principi generali per la sua applicazione da  parte  della  Comunita'
(ora Unione) europea. In particolare, ai sensi dell'art. 4,  ciascuno
Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che lo sforzo
di  pesca  delle  sue  navi  da  cattura  e  delle  sue  tonnare  sia
commisurato alle quote di pesca di tonno rosso assegnate. A tal  fine
lo Stato interessato redige un piano di pesca annuale per le navi  da
cattura e le tonnare praticanti la pesca del tonno rosso,  che  viene
trasmesso entro il 31 gennaio di ogni anno alla Commissione  europea.
Quest'ultima, a sua  volta,  comunica  detto  piano  al  segretariato
dell'ICCAT entro il 1° marzo di ogni anno. Il piano di pesca  annuale
specifica: a) le navi da cattura di lunghezza superiore ai  24  metri
comprese nell'elenco delle navi autorizzate ai sensi dell'art. 14 del
regolamento (CE)  n.  302/2009  ed  i  contingenti  individuali  loro
assegnati,  nonche'  il  metodo  utilizzato  per  l'assegnazione  dei
contingenti  e  la  misura  intesa  ad  assicurare  il  rispetto  dei
contingenti individuali; b) per le  navi  da  cattura  di  dimensioni
inferiori a 24 metri e per le tonnare, almeno i contingenti assegnati
alle organizzazioni di produttori o ai gruppi che praticano la  pesca
con un sistema analogo. 
    La ripartizione del TAC attribuito all'Italia con il  regolamento
(UE) n. 44/2012 tra i diversi sistemi di pesca  autorizzati,  tenendo
conto del numero di unita' autorizzate per ciascuno di essi  al  fine
dichiarato  di   conseguire   e   mantenere   adeguati   livelli   di
sostenibilita' economica e di redditivita', e' stata operata  con  il
decreto ministeriale del  3  aprile  2012,  impugnato  con  l'odierno
ricorso. 
    Come risulta evidente dalla ricostruzione  del  quadro  normativo
internazionale ed europeo riguardante la conservazione  dei  tonnidi,
le modalita' attuative a livello nazionale sono di  natura  meramente
amministrativa  e  la  discrezionalita'  dei  relativi  provvedimenti
incontra limiti  soltanto  nelle  specifiche  prescrizioni  contenute
nella disciplina sovranazionale. Nessuna delle censure della  Regione
ricorrente e' posta con riferimento alle richiamate  prescrizioni  ed
alla ridondanza sulle attribuzioni della Regione stessa. 
    7.1. -  Per  questo  motivo  risultano  prive  di  fondamento  le
doglianze formulate in riferimento agli  artt.  3  e  6  della  legge
costituzionale n. 3 del 1948, al d.P.R. n. 1627 del 1965,  al  d.lgs.
n. 70 del 2004, agli artt. 3 e 117, primo e quinto comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 4, comma 2 del regolamento (CE) n.  302/2009,  per
la mancata ostensione - nella determinazione dei contingenti dei vari
sistemi  di  pesca  -  dei  relativi  criteri;  quelle  espresse   in
riferimento agli artt. 3 e 6 della legge cost.  n.  3  del  1948,  al
d.P.R. n. 1627 del 1965, al d.lgs. n. 70 del 2004,  al  principio  di
leale collaborazione di cui agli artt. 3, 5, 117 e 119  (recte  118),
anche in  relazione  al  regolamento  (CE)  n.  44/2012  per  pretesa
violazione del principio di sostenibilita' socioeconomica della pesca
al tonno rosso ed al principio di parita' di trattamento dei  settori
della pesca; quelle, infine, enunciate in riferimento agli artt. 3  e
6 della legge cost. n. 3 del 1948, al d.P.R. n.  1627  del  1965,  al
d.lgs. n. 70 del 2004 ed al principio  di  leale  collaborazione,  in
relazione  al  regolamento  (CE)  n.   302/2009,   alla   Convenzione
internazionale per la conservazione  dei  tonnidi  dell'Atlantico  ed
alla raccomandazione n. 10-04 della Commissione internazionale per la
conservazione dei  tonnidi  per  omessa  considerazione  del  preteso
principio  di   favor   della   regolamentazione   internazionale   e
comunitaria nei  riguardi  dei  sistemi  di  pesca  utilizzati  dagli
operatori autorizzati nell'ambito della Regione autonoma Sardegna. 
    Sotto l'ultimo profilo, occorre  precisare  che  l'art.  1  della
"posizione" del Parlamento europeo P7_TC1-COD(2011)0144, definita  in
prima lettura il 23 maggio 2012  in  vista  dell'adozione  del  nuovo
regolamento  dell'Unione   europea   che   dovrebbe   modificare   il
regolamento (CE) n. 302/2009, non ha ancora assunto valore precettivo
attraverso la fisiologica conclusione dell'iter legislativo europeo e
quindi non poteva essere preso a riferimento ai fini della  spettanza
del potere esercitato dallo Stato. L'eventuale  consolidamento  della
norma, nei termini espressi dal documento del 23 maggio  2012,  sara'
vincolante per lo Stato  italiano  nella  determinazione  dei  futuri
contingenti di pesca, ancorche' essa esprima non tanto  un  principio
di favor verso il sistema delle  tonnare  o  a  palangari  quanto  un
regime di disfavore verso quello a circuizione. 
    8. - In conclusione, la materia esula dall'ambito  di  competenza
legislativa ed amministrativa della  Regione  autonoma  Sardegna.  La
riconduzione della stessa alla potesta' legislativa  esclusiva  dello
Stato di cui all'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  Cost.  ed  a
quella amministrativa spettante allo stesso ai  sensi  dell'art.  118
Cost. comporta la non fondatezza del conflitto in oggetto.