ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli  19  e
32 della legge della Regione  Basilicata  30  dicembre  2011,  n.  26
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
della Regione Basilicata -  legge  finanziaria  2012),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri,  con  ricorso  spedito  il  28
febbraio, notificato il 2 marzo 2012, depositato in cancelleria il  6
marzo 2012 ed iscritto al n. 57 del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Basilicata; 
    udito nell'udienza pubblica del 12 marzo 2013 il Giudice relatore
Paolo Grossi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Francesco Saverio Marini  per
la Regione Basilicata. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito il 28 febbraio 2012,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha impugnato gli articoli 19 e 32 della  legge
della  Regione  Basilicata  30   dicembre   2011,   n.   26   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
della Regione Basilicata - legge finanziaria  2012»,  pubblicata  sul
B.U.R. n. 44 del 30 dicembre 2011. 
    Il ricorrente deduce, in particolare, che l'art. 19 della  citata
legge regionale contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e  di
buon andamento della pubblica amministrazione, di cui agli artt. 3  e
97 nonche' con l'art. 136 della Costituzione. 
    La predetta disposizione prevede un contributo regionale  per  la
stabilizzazione di  lavoratori  impegnati  in  attivita'  socialmente
utili (ASU), di cui all'art. 14, comma 1, della  legge  regionale  24
dicembre 2008, n. 31 (Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale della Regione Basilicata  -  legge  finanziaria
2009), come modificato dall'art. 33 della legge  regionale  7  agosto
2009, n. 27 (Assestamento del bilancio di previsione per  l'esercizio
finanziario  2009  e  del  bilancio  pluriennale  per   il   triennio
2009/2011);  il  quale,  a  sua  volta,  prevedeva  che  la   Regione
promuovesse detta  stabilizzazione  per  il  personale  impiegato  da
almeno tre anni presso i Comuni e gli enti  pubblici  nonche'  per  i
lavoratori ex LSU che avevano avuto contratti Co.Co.Co. per la durata
di 60 mesi con pubbliche  amministrazioni  dal  2001  al  2008  o  in
essere.  Tale  ultima  disposizione  era  stata   cosi'   sostituita,
dapprima, dall'art. 11, comma 1, della legge  regionale  30  dicembre
2009, n. 42 (Disposizioni per la formazione del  bilancio  annuale  e
pluriennale della Regione Basilicata -  legge  finanziaria  2010)  e,
poi, dall'art. 1  della  legge  regionale  29  gennaio  2010,  n.  10
(Modifiche all'art. 11 della legge regionale  30  dicembre  2009,  n.
42). Di entrambe  queste  disposizioni  modificative  era  stata  poi
dichiarata l'illegittimita' costituzionale con  sentenza  n.  67  del
2011, in quanto esse non prevedevano alcuna procedura  selettiva  del
personale ai  fini  della  relativa  stabilizzazione,  in  violazione
dell'art. 97 Cost. 
    La norma ora censurata, prevedendo  nuovamente  il  finanziamento
della stabilizzazione del medesimo personale  per  l'esercizio  2012,
violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost. nonche' l'art.  136  Cost.  La  sua
natura provvedimentale esigerebbe, infatti, un rigoroso scrutinio  di
ragionevolezza e  di  non  arbitrarieta',  nonche'  il  rispetto  del
principio di legalita' della azione amministrativa; mirando,  d'altra
parte, «a preservare  e  a  rinnovare  l'efficacia»  di  disposizioni
dichiarate costituzionalmente  illegittime,  essa  presenterebbe  gli
stessi vizi di queste. 
    Quanto all'impugnato  art.  32  -  secondo  cui,  per  motivi  di
compravendita, e' consentita la movimentazione  di  animali  da  vita
della specie  bovina  ed  ovicaprina  con  documentazione  di  scorta
("modello  4")  priva  della  vidimazione  del  Servizio  Veterinario
ufficiale della ASL competente in ordine alla  avvenuta  vaccinazione
-, esso sarebbe in contrasto con gli artt. 117, primo comma,  e  117,
secondo comma, lettere q) ed s), della Costituzione. 
    Sottolinea  il  ricorrente  che   il   regolamento   CE/1266/2007
(Regolamento della Commissione relativo alle misure  di  applicazione
della  direttiva  2000/75/CE  per  quanto  riguarda  la   lotta,   il
controllo, la vigilanza e le  restrizioni  dei  movimenti  di  alcuni
animali appartenenti  a  specie  ricettive  alla  febbre  catarrale),
richiamato dalla disposizione in  esame,  si  riferisce  alle  misure
applicative della direttiva 2000/75/CE (Direttiva del  Consiglio  che
stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di lotta e di
eradicazione della febbre  catarrale  degli  ovini),  concernente  la
lotta alla febbre catarrale (blue tongue) di alcune  specie  animali:
la  materia   sarebbe,   dunque,   riconducibile   alla   "profilassi
internazionale",  di  competenza  esclusiva  dello  Stato   a   norma
dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  q),  Cost.,  con   profili
incidenti  anche  sulla  tutela  dell'ambiente   e   dell'ecosistema,
anch'essa riservata alla  competenza  dello  Stato,  ai  sensi  della
lettera s) del medesimo art. 117. 
    Non  sarebbe  percio'  consentita  l'adozione,   sul   territorio
regionale, di interventi difformi rispetto alla  disciplina  statale,
che risulterebbero in contrasto con esigenze di  carattere  unitario:
la normativa  comunitaria  andrebbe,  d'altra  parte,  integrata  con
quella statale che regola la movimentazione degli  animali  anche  ai
fini  della  compravendita,  prevedendo  l'obbligo  del  rilascio  di
"attestazioni sanitarie" aventi il carattere di ufficialita' da parte
della   ASL   territorialmente   competente,   con   una   serie   di
certificazioni funzionali alla attivita' di vigilanza veterinaria sul
territorio. 
    Inoltre, le informazioni richiamate dal comma 2 dell'art. 32  non
rientrerebbero tra  quelle  che,  in  base  alla  normativa  vigente,
possono essere  fornite  dai  detentori  degli  animali,  essendo  di
competenza esclusiva del veterinario ufficiale in quanto correlate al
controllo   sanitario   degli   animali   e   alla   disamina   della
documentazione di verifica esistente agli atti degli uffici. 
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione Basilicata, chiedendo
il rigetto del ricorso. 
    Ad avviso della Regione, le  censure  relative  all'art.  19  non
sarebbero fondate, in quanto detta norma farebbe riferimento testuale
alla modifica dell'art. 14 della legge regionale n. 31  del  2008  ad
opera  della  legge  regionale  n.  27  del  2009,  antecedente  alle
successive     disposizioni     modificative      poi      dichiarate
costituzionalmente illegittime. 
    Con la norma impugnata la Regione  si  limiterebbe  a  finanziare
l'attivita' di stabilizzazione, lasciando agli enti che la effettuano
il compito di rispettare la legge, senza, percio',  che  la  prevista
disciplina risulti in contrasto con  la  ratio  posta  a  base  della
pronuncia di incostituzionalita' di cui si e'  detto.  Posto  che  la
norma impugnata non richiama modalita' di selezione,  il  riferimento
alla  legittima  stabilizzazione   mediante   concorsi   sarebbe   un
presupposto «non scalfito  dalla  formulazione  testuale,  idoneo  ad
imporsi alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata,
da   preferire   in   ogni   caso    ad    una    dichiarazione    di
incostituzionalita'». 
    Quanto all'art. 32, dopo aver sottolineato l'inammissibilita' del
profilo   relativo   alla   violazione   del   predetto   regolamento
CE/1266/2007  per  carenza  di  motivazione  sul  punto,  la  Regione
osserva,  a  proposito  della   asserita   violazione   dei   decreti
ministeriali  richiamati  dal  Governo,  che  gli  stessi  riguardano
malattie diverse dalla febbre catarrale  e  che  la  norma  censurata
comunque escluderebbe dalla movimentazione gli animali spostati da  e
verso allevamenti  sotto  vincolo  sanitario  perche'  contaminati  o
assoggettati a provvedimenti restrittivi,  scongiurando,  quindi,  la
possibile diffusione della malattia. La norma  mirerebbe  soltanto  a
realizzare una semplificazione amministrativa, senza pregiudizio  per
la sanita' veterinaria e la salute dei consumatori. 
    In esecuzione  di  una  circolare  del  Ministero  della  salute,
sarebbero, d'altra parte, gia' in  atto  accordi  interregionali  per
consentire la movimentazione tra diverse Regioni di animali destinati
al macello senza che il  "modello  4"  sia  firmato  dal  veterinario
ufficiale,  pur  essendo  tale  obbligo  previsto   dalla   normativa
comunitaria e statale. Cio' dovrebbe valere a fortiori in  un  ambito
piu'  ristretto,  quale  quello  infraregionale,  in  linea  con   le
anticipazioni fornite dal medesimo Ministero in ordine ad una diversa
identificazione delle zone sotto  restrizione,  che  escluderebbe  la
Regione Basilicata. 
    L'attivazione,   peraltro,   di   una   Banca   Dati    Nazionale
dell'anagrafe  zootecnica  renderebbe  evidentemente   solo   formale
l'attestazione prevista sul menzionato "modello 4", sostituibile  con
una  autocertificazione  del  detentore  di  animali,  come  peraltro
sarebbe gia' previsto da un decreto ministeriale del 30 dicembre 2010
in tema di movimentazione di suini. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  impugna  in  via
principale gli articoli 19 e 32 della legge della Regione  Basilicata
30 dicembre 2011, n. 26, recante «Disposizioni per la formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  della  Regione  Basilicata  -  legge
finanziaria  2012»,  denunciandone  il  contrasto,   rispettivamente,
quanto alla prima disposizione, con gli articoli 3, 97  e  136  della
Costituzione e, quanto alla seconda,  con  gli  artt.  117,  primo  e
secondo comma, lettere q) ed s), Cost. 
    2.- A proposito dell'art. 19 della  citata  legge  regionale,  il
ricorrente rammenta come lo stesso preveda, attraverso il rinvio alle
finalita' di cui all'art. 14 della legge regionale 24 dicembre  2008,
n. 31 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio  di  previsione
annuale e pluriennale della Regione Basilicata  -  legge  finanziaria
2009), come modificata dall'art. 33 della legge  regionale  7  agosto
2009, n. 27 (Assestamento del bilancio di previsione per  l'esercizio
finanziario  2009  e  del  bilancio  pluriennale  per   il   triennio
2009/2011),  un  contributo  regionale  per  la  stabilizzazione  dei
lavoratori impegnati in attivita' socialmente utili (ASU) e che siano
utilizzati da almeno tre anni  presso  i  Comuni  e  gli  altri  enti
pubblici, nonche' per la stabilizzazione dei lavoratori  ex  LSU  che
abbiano  intrattenuto   rapporti   contrattuali   di   collaborazione
coordinata e continuativa per la durata  di  60  mesi  con  pubbliche
amministrazioni dal 2001 al 2008 o in essere. 
    Il comma 1 dell'art. 14 della citata legge n. 31 del 2008  -  che
detta,  dunque,  la  disciplina  "sostanziale"   della   disposizione
finanziaria oggetto di impugnativa - e' stato peraltro  sostituito  -
come   espressamente   puntualizzato   nello   stesso   testo   della
disposizione censurata - dal comma 2 dell'art.  33  della  richiamata
legge regionale n. 27 del 2009; il quale  ultimo,  a  sua  volta,  e'
stato sostituito, dapprima, ad opera dell'art.  11,  comma  1,  della
legge  regionale  30  dicembre  2009,  n.  42  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio di previsione  annuale  e  pluriennale  della
Regione Basilicata - legge finanziaria  2010)  (a  decorrere  dal  1°
gennaio 2010, secondo quanto stabilito dall'art. 86, comma  1,  della
stessa legge) e, poi, dall'art. 1 della legge  regionale  29  gennaio
2010, n. 10 (Modifiche all'art. 11 della legge regionale 30  dicembre
2009, n. 42). Ebbene, entrambe tali ultime disposizioni  novellatrici
sono state dichiarate costituzionalmente illegittime con la  sentenza
n. 67 del 2011, la quale appunto le censuro', in riferimento all'art.
97 Cost., sul rilievo  che  esse  prevedessero  la  promozione  della
stabilizzazione dei soggetti contemplati senza  anche  prevedere  che
questi dovessero superare un pubblico concorso. L'indicato  parametro
risultava violato - osservo' la Corte - in  quanto  esso  «impone  il
concorso  quale  modalita'  di  reclutamento  del   personale   delle
pubbliche amministrazioni e consente deroghe a  tale  principio  solo
qualora ricorrano esigenze particolari e sia adeguatamente  garantita
la professionalita' dei prescelti»: circostanze che  non  ricorrevano
nella specie. Ne' poteva soccorrere, in senso contrario,  il  rilievo
secondo cui, nel  sancire,  al  comma  1,  che  la  promozione  della
stabilizzazione dovesse svolgersi «in armonia con quanto previsto dai
commi 550 e 551 dell'art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244», si
prevedesse, al comma 2, che le assunzioni dovessero avvenire «in ogni
caso attraverso procedure selettive»: il concorso pubblico  richiesto
dall'art. 97 Cost. - si puntualizzo' - «e' cosa  diversa  rispetto  a
generiche e non meglio precisate procedure selettive. Esso,  infatti,
e' una procedura aperta a tutti ("stabilizzandi" o no che siano)  che
sfocia nell'assunzione  dei  piu'  meritevoli;  le  seconde,  invece,
consistono in accertamenti relativi alle capacita' professionali  dei
soli appartenenti alle categorie di "stabilizzandi" individuate dalle
norme regionali». 
    3.-  La  disposizione  ora  censurata,   dunque,   procedendo   a
finanziare  nuovamente,  per  l'anno  2012,  le  procedure   per   la
stabilizzazione del medesimo personale,  contrasterebbe,  a  giudizio
del ricorrente, con gli artt. 3 e 97 nonche' con  l'art.  136  Cost.:
per le sue connotazioni di carattere provvedimentale,  essa  andrebbe
assoggettata ad un rigoroso  scrutinio  di  non  arbitrarieta'  e  di
rispetto del principio  di  legalita'  della  azione  amministrativa;
d'altra parte, mirando a reintrodurre una disciplina gia'  dichiarata
costituzionalmente illegittima,  presenterebbe  gli  stessi  vizi  di
quella espunta dall'ordinamento. 
    4.- L'art. 32 della medesima  legge  regionale  n.  26  del  2011
sarebbe a sua volta in contrasto con gli artt. 117,  primo  comma,  e
117, secondo comma, lettere q) ed s), della Costituzione nella  parte
in cui prevede che, per motivi di  compravendita,  e'  consentita  la
movimentazione di animali domestici della specie bovina ed ovicaprina
con documentazione di scorta priva  della  vidimazione  del  Servizio
Veterinario ufficiale della ASL competente in  ordine  alla  avvenuta
vaccinazione  dei  medesimi  animali.  Sottolinea  al   riguardo   il
ricorrente  che   il   regolamento   CE/1266/2007(Regolamento   della
Commissione relativo alle  misure  di  applicazione  della  direttiva
2000/75/CE per quanto riguarda la lotta, il controllo, la vigilanza e
le restrizioni dei movimenti di alcuni animali appartenenti a  specie
ricettive  alla  febbre  catarrale),  richiamato  dalla  disposizione
impugnata, si  riferisce  alle  misure  applicative  della  direttiva
2000/75/CE  (Direttiva  del  Consiglio  che  stabilisce  disposizioni
specifiche relative alle misure di  lotta  e  di  eradicazione  della
febbre catarrale degli  ovini),  concernente  la  lotta  alla  febbre
catarrale  (blue  tongue).  Disposizioni,  quelle   richiamate,   che
dovrebbero ritenersi riconducibili  alla  materia  della  "profilassi
internazionale", rientrante nella  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato a norma dell'art. 117, secondo comma, lettera q),  Cost.,
con profili incidenti sulla tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema,
anch'essa riservata alla legislazione statale, ai sensi della lettera
s) del medesimo art. 117, secondo comma, Cost. Non sarebbe consentita
l'adozione, sul territorio regionale, di interventi difformi rispetto
alla normativa statale, in quanto cio' contrasterebbe con  l'esigenza
di discipline di carattere unitario. 
    5.- Le questioni sono entrambe fondate. 
    6.- A proposito  delle  censure  riguardanti  l'art.  19,  assume
carattere pregiudiziale ed assorbente - anche sulla base della palese
inconferenza degli argomenti addotti dalla Regione per legittimare la
disposizione   in   questione   rispetto    a    quelle    dichiarate
costituzionalmente illegittime con la richiamata sentenza n.  67  del
2011 - il profilo della  lamentata  violazione  dell'art.  136  della
Costituzione. 
    Secondo la Regione, infatti, la disposizione  impugnata,  facendo
riferimento testuale alla modifica dell'art. 14 della legge regionale
n. 31 del 2008, avvenuta ad opera dell'art. 33 della legge  regionale
n.  27  del  2009,  conterrebbe  una  previsione   antecedente   alle
disposizioni   modificative   poi    dichiarate    costituzionalmente
illegittime, restando percio' estranea all'influenza  del  "giudicato
costituzionale":  essa  provvederebbe   soltanto   ad   operare   uno
stanziamento diretto a coprire i costi sopportati dagli enti pubblici
che avessero gia' effettuato stabilizzazioni  di  personale  precario
alle condizioni di legge, in linea con quanto previsto al comma 3 del
predetto art. 33 (che riconosce ai Comuni un contributo unitario  per
ogni lavoratore stabilizzato). 
    L'assunto appare privo di fondamento. Da  un  lato,  infatti,  e'
agevole rilevare che il richiamo operato dalla disposizione impugnata
all'art. 14 della legge regionale n. 31 del  2008,  come  modificato,
appunto, dall'art.  33  della  legge  regionale  n.  27  del  2009  -
indipendentemente dalla astratta questione  della  successione  delle
leggi nel tempo, che,  pure,  risulterebbe  per  se  stessa  decisiva
(posto che, data una modifica a un testo legislativo, il  richiamo  a
questo da parte di una legge successiva non puo' intendersi riferito,
ne' riferibile, al testo antecedente alla modifica) - assume  risalto
proprio per la indicazione delle "finalita'" alle quali e'  destinato
lo  stanziamento:  finalita'  che  consistevano  -  e   che   tuttora
consisterebbero - appunto nella promozione della stabilizzazione  del
personale precario e che, a causa della  mancanza  di  previsione  di
procedure concorsuali, determinarono, come si e' detto,  l'intervento
demolitore di questa Corte. 
    La circostanza che si tratti di  un  richiamo  meramente  formale
finisce per costituire, quindi, un semplice espediente, che non  puo'
impedire di  cogliere  la  sostanza  della  volonta'  legislativa  di
mantenere in piedi o di ripristinare,  sia  pure  indirettamente,  in
contrasto con il sistema dell'efficacia delle decisioni  caducatorie,
gli effetti di quella struttura normativa che aveva  formato  oggetto
della   richiamata   pronuncia   di   illegittimita'   costituzionale
(analogamente, piu' di recente, la sentenza n. 99 del 2012) e  contro
la quale ora, dunque, pertinentemente tornano a dirigersi le  censure
del Governo. 
    Si consideri, del resto, che, sia la norma di attribuzione di  un
contributo unitario ai Comuni (art. 33, comma  3,  gia'  richiamato),
sia la norma di finanziamento complessivo (come quella qui all'esame)
figuravano nella  disciplina  in  discorso  sin  dal  suo  originario
impianto - si veda l'art. 46, comma 4, della legge regionale 6 agosto
2008, n. 20 (Assestamento del bilancio di previsione per  l'esercizio
finanziario 2008) - e che queste norme sono state, sia pure in  vario
modo, piu' volte riprodotte o modificate nei termini  di  cui  si  e'
detto: cosicche' risulta, comunque,  smentito  dal  succedersi  degli
innesti  normativi  l'argomento,  prospettato  dalla   resistente   a
giustificazione della norma impugnata,  secondo  cui  questa  sarebbe
destinata  a  far  fronte  a  necessita'  del  tutto  occasionali   e
contingenti. 
    7.- Pur senza considerare che la giurisprudenza costituzionale ha
ripetutamente  «qualificato  le   norme   statali   in   materia   di
stabilizzazione dei lavoratori precari come principi fondamentali  di
coordinamento della finanza pubblica, in quanto le stesse  perseguono
la finalita' del contenimento della spesa nello specifico settore del
personale» (cosi' la sentenza n. 51 del 2012), non puo',  del  resto,
non sottolinearsi, da un diverso  ma  concorrente  profilo,  come  il
contenuto o il carattere meramente finanziario di  una  disposizione,
quale quella impugnata, non possa ragionevolmente implicare  una  sua
completa autonomia rispetto all'oggetto o all'obiettivo cui  il  (nel
caso, rinnovato) finanziamento si riferisce: come se -  cio'  che  si
vorrebbe nella specie - la vicenda della destinazione  di  una  somma
per la stabilizzazione  dei  lavoratori  possa  risultare  del  tutto
indipendente rispetto a quella delle "modalita'" attraverso le  quali
si svolga il concreto realizzarsi della stabilizzazione. 
    Ove,  in  altre  parole,   i   singoli   enti   destinatari   del
finanziamento fossero essi normativamente tenuti a rispettare i dicta
di questa Corte con specifico riguardo all'art. 97 Cost. - il  quale,
come si e' sottolineato,  impone  di  reclutare  il  personale  delle
pubbliche amministrazioni attraverso pubblico concorso, consentendosi
deroghe  solo  qualora   ricorrano   esigenze   particolari   e   sia
adeguatamente garantita  la  professionalita'  dei  prescelti  -,  si
dovrebbe ipotizzare una diversita' di sfere di  responsabilita',  nel
senso che la previsione del finanziamento regionale non  inciderebbe,
in se', sulle procedure di stabilizzazione, da  riservare  a  diverse
previsioni normative. 
    Resta, pero', il fatto che, nel caso di specie,  la  Regione  non
soltanto non ha indicato le specifiche fonti  normative  dalle  quali
potersi trarre la  regolamentazione  di  siffatte  "modalita'"  -  si
ribadisce che  fu  proprio  tale  carenza  a  generare  il  ricordato
intervento demolitore di questa Corte  -  ma,  addirittura,  essa  si
limita a traslare in capo agli enti finanziati un simile sindacato di
legalita', nonostante che siano proprio gli enti medesimi a  ricevere
dalla stessa legge regionale la base  normativa  per  procedere  alle
stabilizzazioni. 
    Ne',  d'altra  parte,  puo'  trascurarsi  di  sottolineare  -   a
ulteriore dimostrazione della implausibilita' di una diversa  lettura
del quadro normativo - che sin dal  2005  la  Regione  Basilicata  ha
adottato una legge (19 gennaio 2005, n. 2)  di  «delegificazione  dei
provvedimenti in materia di prosecuzione e stabilizzazione lavorativa
dei soggetti impegnati in attivita' socialmente  utili»,  stabilendo,
poi, con varie deliberazioni regionali, programmi  ed  interventi  in
materia di stabilizzazione degli stessi. 
    8.- Del pari fondata si rivela la questione riguardante l'art. 32
della legge regionale impugnata, posto che si sopprime nei  fatti  la
certificazione del veterinario della ASL  competente  in  materia  di
movimentazione    del     bestiame,     sostituendola     con     una
autocertificazione. 
    Vanno in  proposito  evocati  i  precedenti  rappresentati  dalle
sentenze n. 12  del  2004  e  n.  406  del  2005,  ove,  proprio  con
riferimento alle cautele imposte per  evitare  la  diffusione  ed  il
contagio della febbre catarrale dei ruminanti e degli  ovini,  si  e'
richiamato il principio che devolve alla competenza  esclusiva  dello
Stato la legislazione in materia di "profilassi internazionale",  con
il  coinvolgimento,  anche,  di   profili   riguardanti   la   tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema, anch'essa riservata alla  competenza
legislativa dello Stato. 
    Appare, d'altra parte,  fin  troppo  evidente  che  la  normativa
statale che prevede il controllo sanitario della ASL  competente  sul
bestiame  in  transito  -  in  linea  con  quanto  previsto  in  sede
comunitaria e UE (si veda, da ultimo, il reg. CE 30 maggio  2012,  n.
456/2012, Regolamento di esecuzione della Commissione che modifica il
regolamento (CE) n. 1266/2007 relativo alle  misure  di  applicazione
della direttiva 2000/75/CE  del  Consiglio  per  quanto  riguarda  la
lotta, il controllo, la vigilanza e le restrizioni dei  movimenti  di
alcuni animali appartenenti a specie ricettive alla febbre catarrale)
- e' destinata ad assicurare, anche in  relazione  al  profilo  delle
procedure (ad esempio in  tema  di  programmi  di  prevenzione  o  di
controllo   e   vigilanza),   oltre   che   a   quello   strettamente
sanzionatorio, una indispensabile uniformita' di disciplina su  tutto
il  territorio  nazionale,  secondo  livelli  minimi  di  tutela  che
necessitano,  proprio  per  le  esigenze  della  profilassi,  di  una
ineludibile omogeneita' di criteri e parametri di valutazione. 
    Ne' sembrera' superfluo ricordare, in tale quadro di riferimento,
che spetta alla competenza del Ministero della  salute  la  cura  dei
rapporti con l'Organizzazione mondiale  della  sanita'  e  con  altre
Agenzie ONU anche per l'attuazione  di  convenzioni  e  di  programmi
sanitari internazionali.