ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  55,
comma 6, della legge Regione Marche 10 novembre 2009,  n.  27  (Testo
Unico in materia di Commercio), promosso dal Tribunale amministrativo
regionale per le Marche nel giudizio vertente tra la Oviesse s.p.a. e
il Comune di Porto San Giorgio ed altri, con ordinanza del 9 novembre
2011, iscritta al n. 57 del  registro  ordinanze  2012  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  16,  prima   serie
speciale, dell'anno 2012. 
    Visti l'atto di costituzione di Oviesse s.p.a., nonche' l'atto di
intervento della Regione Marche; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  aprile  2013  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    uditi gli avvocati Cecilia Martelli per Oviesse s.p.a. e  Stefano
Grassi per la Regione Marche. 
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale (TAR)  per  le
Marche  con  ordinanza  del  9  novembre  2011  ha  sollevato  -   in
riferimento  all'articolo  117,  secondo  comma,  lettera  e),  della
Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 55,
comma 6, della legge Regione Marche 10 novembre 2009,  n.  27  (Testo
Unico in materia di Commercio),  nella  parte  in  cui  individua  il
regime di deroga all'obbligo di chiusura domenicale e  festiva  degli
esercizi commerciali in modo difforme da quanto previsto dall'art. 12
del  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  114  (Riforma  della
disciplina relativa al settore del commercio, a  norma  dell'articolo
4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59); 
    che  il   Tribunale   rimettente,   dopo   aver   richiamato   la
giurisprudenza costituzionale in  materia  di  orari  degli  esercizi
commerciali, afferma che la norma censurata, per  quanto  concerne  i
Comuni a prevalente economia turistica, diverge fortemente da  quanto
stabilito dalla legge statale citata e produce effetti  negativi  per
la concorrenza; 
    che risulterebbe palese come  il  regime  delle  deroghe  fissato
dalla Regione Marche si allontani sensibilmente da  quello  stabilito
dalla legge statale,  la  quale  prevede  la  possibilita',  per  gli
esercenti delle  citta'  a  economia  prevalentemente  turistica,  di
derogare all'obbligo di chiusura nei giorni festivi; 
    che, in particolare, la norma della Regione Marche  individua  le
zone per le quali sono previste ulteriori deroghe, indicando i centri
storici, i piccoli Comuni di montagna  e  una  fascia  ristretta  del
lungomare; 
    che il legislatore regionale consente ai Comuni  l'aumento  delle
deroghe per  i  centri  storici  (anche  a  non  prevalente  economia
turistica), per i piccoli Comuni, per i  Comuni  montani  e  per  una
stretta  fascia  del  lungomare  (150  mt.),  di  fatto  abolendo  la
distinzione normativa tra Comuni a prevalente  economia  turistica  e
gli altri; 
    che, tuttavia, la norma impugnata esclude dal  regime  di  deroga
tutte le aree dei Comuni a  prevalente  economia  turistica  che  non
rientrano nel centro storico o nel lungomare, in maniera,  ad  avviso
del rimettente, fortemente limitativa in rapporto alla  citata  norma
statale; 
    che con la nuova  normativa  la  Regione  avrebbe  rinunciato  al
regime differenziato previsto per  i  Comuni  a  prevalente  economia
turistica, operando,  di  fatto,  una  penalizzazione  di  tutti  gli
esercizi che non rientrino nella zona del centro  storico  o  in  una
stretta fascia del lungomare; 
    che, in conclusione, l'art. 55, comma 6, della legge reg.  n.  27
del 2009 si porrebbe in contrasto  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera e), Cost.; 
    che in data 7 maggio 2012 si  e'  costituita  la  Regione  Marche
concludendo nel senso dell'inammissibilita' o dell'infondatezza delle
questioni sollevate dal TAR; 
    che,  in  via  pregiudiziale,  la   resistente   evidenzia   che,
successivamente alla pubblicazione dell'ordinanza di  rimessione,  il
quadro legislativo nazionale in  materia  e'  radicalmente  mutato  a
seguito di quanto disposto dall'art. 31, comma l, del decreto-legge 6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha stabilito
che le attivita' commerciali, come individuate dal d.lgs. n. 114  del
1998, e di somministrazione di alimenti e bevande sono  svolte  senza
il limite del  rispetto  degli  orari  di  apertura  e  di  chiusura,
l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonche'  quello  della
mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio; 
    che, pertanto,  secondo  la  Regione  Marche  si  imporrebbe  una
restituzione  degli  atti  al  giudice  rimettente  per   una   nuova
valutazione in ordine alla rilevanza della questione; 
    che,   inoltre,   la   resistente    eccepisce    la    manifesta
inammissibilita' della questione per  difetto  di  motivazione  sulla
rilevanza, in quanto il Giudice rimettente avrebbe omesso  del  tutto
di indicare i numerosi e articolati motivi  proposti  dal  ricorrente
nel giudizio principale; 
    che la questione sarebbe inammissibile anche perche' si  richiede
una sentenza additiva senza che si sia in presenza  delle  cosiddette
«rime    obbligate»    rispetto     all'invocato     parametro     di
costituzionalita'; 
    che, nel merito, la questione sarebbe anche infondata, in  quanto
non sussisterebbe alcun contrasto tra la norma impugnata e l'art.  12
del d.lgs. n. 114 del 1998; 
    che, in data 8 maggio 2012, si e' costituita la societa'  Oviesse
s.p.a.,  ricorrente  nel   giudizio   principale,   concludendo   per
l'accoglimento della questione di costituzionalita' sollevata dal TAR
per le Marche; 
    che la parte privata ritiene, con  argomenti  analoghi  a  quelli
spesi dal rimettente, che la  norma  regionale  violi  la  competenza
statale in  materia  di  tutela  della  concorrenza  e  si  ponga  in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    che, con  memoria  depositata  in  prossimita'  dell'udienza,  la
Regione Marche ha ribadito le proprie argomentazioni  insistendo  per
la richiesta di restituzione degli atti al giudice rimettente  e,  in
subordine, per la richiesta di declaratoria di inammissibilita' o  di
infondatezza della questione sollevata. 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  le
Marche  con  ordinanza  del  9  novembre  2011  ha  sollevato  -   in
riferimento  all'articolo  117,  secondo  comma,  lettera  e),  della
Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 55,
comma 6, della legge Regione Marche 10 novembre 2009,  n.  27  (Testo
Unico in materia di Commercio),  nella  parte  in  cui  individua  il
regime di deroga all'obbligo di chiusura domenicale e  festiva  degli
esercizi commerciali in modo difforme da quanto previsto dall'art. 12
del  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n.  114  (Riforma  della
disciplina relativa al settore del commercio, a  norma  dell'articolo
4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59); 
    che, secondo il rimettente, la norma  impugnata,  escludendo  dal
regime di deroga all'obbligo di chiusura  domenicale  e  festiva  gli
esercizi  commerciali  che,  pur  essendo  presenti  nei   Comuni   a
prevalente economia turistica, non sono ubicati nel centro storico  o
nel lungomare, violerebbe l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost., ponendosi in evidente contrasto con la disciplina  statale  in
materia, costituita dal citato art. 12 del d.lgs. n. 114 del 1998; 
    che la disciplina degli orari degli esercizi commerciali e  della
chiusura domenicale e festiva ha subito rilevanti modifiche ad  opera
del legislatore statale; 
    che un primo intervento si e' avuto con l'art. 35, comma  6,  del
decreto-legge 6 luglio 2011,  n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha aggiunto la  lettera  d-bis)  al
comma  1  dell'art.  3  del  decreto-legge  4  luglio  2006,  n.  223
(Disposizioni urgenti per il rilancio economico  e  sociale,  per  il
contenimento e la razionalizzazione  della  spesa  pubblica,  nonche'
interventi  in  materia  di  entrate  e  di  contrasto   all'evasione
fiscale); 
    che la nuova lettera d-bis) del comma 1 del  citato  art.  3  del
d.l. n. 223 del 2006 ha aggiunto all'elenco  degli  ambiti  normativi
per i quali espressamente e' escluso che lo svolgimento di  attivita'
commerciali  possa  incontrare  limiti  e   prescrizioni   anche   la
disciplina degli orari e della chiusura domenicale  o  festiva  degli
esercizi  commerciali  sia  pure   solo   in   via   sperimentale   e
limitatamente agli esercizi ubicati nei Comuni inclusi negli  elenchi
regionali delle localita' turistiche o citta' d'arte; 
    che, successivamente all'ordinanza di rimessione, l'art.  31  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.  214,
ha ulteriormente modificato l'art. 3, comma 1,  lettera  d-bis),  del
d.l. n. 223 del 2006, eliminando dal testo della norma il riferimento
ai Comuni inclusi negli elenchi regionali delle localita'  turistiche
o citta' d'arte ed alla sperimentalita' della nuova disciplina, cosi'
estendendo la liberalizzazione della  disciplina  degli  orari  degli
esercizi commerciali e della chiusura domenicale e festiva a tutte le
attivita' commerciali, come individuate dal d.lgs. n. 114 del 1998; 
    che, pertanto, attualmente la normativa statale prevede che  tali
attivita'  commerciali  non  possano   piu'   incontrare   limiti   o
prescrizioni relativi agli  orari  di  apertura  e  chiusura  e  alle
giornate di chiusura obbligatoria; 
    che compete al rimettente verificare se la motivazione in  ordine
alla rilevanza e alla non  manifesta  infondatezza  della  questione,
prospettata nell'ordinanza di rimessione, resti valida alla luce  del
novum normativo; 
    che, pertanto, occorre restituire gli atti al giudice rimettente,
perche' operi una nuova  valutazione  della  rilevanza  e  della  non
manifesta infondatezza della questione (ordinanza n. 59 del 2012).