ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  degli  articoli  46,
commi 2, 3 e 4, e 47, commi da 1  a  9,  della  legge  della  Regione
Piemonte 4 maggio 2012, n. 5 (Legge  finanziaria  per  l'anno  2012),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 2-5 luglio 2012, depositato in cancelleria il 10 luglio
2012 ed iscritto al n. 104 del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Piemonte; 
    udito nell'udienza pubblica del 26 marzo 2013 il Giudice relatore
Luigi Mazzella; 
    uditi l'avvocato dello Stato Ettore Figliolia per  il  Presidente
del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Giovanna  Scollo  per  la
Regione Piemonte. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso del 27 giugno 2012, il Presidente del  Consiglio
dei ministri ha sollevato questione di legittimita' costituzionale in
via principale delle disposizioni di cui agli articoli 46, commi 2, 3
e 4, e 47, commi da 1 a 9,  della  legge  della  Regione  Piemonte  4
maggio 2012, n. 5 (Legge finanziaria per l'anno 2012). 
    1.1. - Quanto  all'art.  46  delle  legge  regionale  piemontese,
secondo il Presidente del Consiglio tale  disposizione,  legittimando
un  inquadramento  riservato  di  personale,   presenterebbe   alcuni
evidenti profili di illegittimita' costituzionale. 
    In particolare, i commi 2 e 3 di tale articolo prevedrebbero, per
il reclutamento di personale a tempo indeterminato, l'espletamento di
concorsi destinati al personale gia'  in  servizio  nel  ruolo  della
Giunta regionale alla data del 1°  giugno  2012  e  assunto  mediante
avvisi di selezione pubblica per esami o per titoli ed esami  banditi
dalla Regione Piemonte. In tal  modo,  le  predette  disposizioni  si
porrebbero in contrasto con i principi di cui agli articoli  3  e  97
della  Costituzione,  e  segnatamente  con  quelli  di   uguaglianza,
imparzialita' e buon andamento nonche' con  la  regola  del  concorso
pubblico per accedere  alla  pubblica  amministrazione,  che  ammette
eventuali deroghe solo  in  presenza  di  peculiari  e  straordinarie
ragioni di interesse pubblico. 
    Inoltre, il successivo comma 4, stabilendo che, con deliberazione
della Giunta regionale, sia definita, tra l'altro, la percentuale  di
riserva di posti non inferiore al 40 per cento, riferita al personale
di cui al comma 3, si porrebbe in contrasto con i sopra citati  artt.
3 e 97 della Costituzione, nonche'  con  la  costante  giurisprudenza
della medesima Corte costituzionale, che prevede che, anche nel  caso
in cui le deroghe siano giustificate, la riserva di  posti  a  favore
del personale interno non sia superiore al 50  per  cento  dei  posti
messi a concorso. 
    1.2. - Quanto alla  norma  contenuta  nell'art.  47  della  legge
regionale  censurata,  essa   detterebbe,   in   contrasto   con   la
corrispondente disciplina introdotta dal legislatore statale con  gli
artt. 4, 91, 120 e 141 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
(Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture
in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), una  propria,
autonoma disciplina in materia di  collaudo  di  opere  pubbliche  e,
segnatamente, della individuazione, selezione e nomina  dei  soggetti
chiamati  a  svolgere  l'attivita'  di  collaudo,  determinando   una
violazione della competenza legislativa statale esclusiva in  materia
di ordinamento civile, di cui  all'art.  117,  secondo  comma,  della
Costituzione. 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la materia  dei
«lavori  pubblici»,  pur  non  essendo  elencata  nell'articolo  117,
secondo comma, della Costituzione tra le materie oggetto di  potesta'
legislativa esclusiva dello Stato,  non  verrebbe  per  cio'  solo  a
ricadere nella potesta' legislativa residuale delle Regioni,  di  cui
al quarto comma del citato articolo 117, ma, a  seconda  dell'oggetto
al quale afferisce la disposizione censurata, andrebbe  di  volta  in
volta attribuita alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato o  a
potesta' legislativa concorrente. 
    In particolare, la materia della disciplina dei  lavori  pubblici
rientrerebbe  nella  potesta'  esclusiva  statale,  per   i   profili
attinenti la tutela dell'ambiente, di cui all'articolo  117,  secondo
comma, lettera  s),  della  Costituzione  e  per  gli  aspetti  della
disciplina dei contratti pubblici, individuati dall'art. 4, comma  3,
del decreto legislativo n. 163 del 2006. 
    Quest'ultimo, prosegue il Presidente del  Consiglio,  attribuisce
alla competenza esclusiva dello Stato  la  disciplina  di  molteplici
momenti  della  procedura  ad  evidenza  pubblica,  tra  i  quali  la
qualificazione  e  selezione  dei  concorrenti,   le   procedure   di
affidamento, esclusi i profili di  organizzazione  amministrativa,  i
criteri  di  aggiudicazione,  il  subappalto,   la   stipulazione   e
l'esecuzione dei contratti, compresa la direzione dell'esecuzione, la
direzione dei lavori, la  contabilita'  ed  infine  il  collaudo,  ad
eccezione dei profili di organizzazione e contabilita' amministrative
ed il contenzioso. 
    Tali materie, essendo riconducibili alle nozioni di «tutela della
concorrenza» e di «ordinamento civile», di competenza esclusiva dello
Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e)  ed  l),
della Costituzione, richiederebbero una uniforme disciplina su  tutto
il territorio nazionale, dovendo, pertanto, considerarsi  vincolanti,
per i legislatori  regionali,  le  disposizioni  di  cui  al  decreto
legislativo n. 163 del 2006. 
    Ebbene, l'art. 47  (commi  da  1  a  9)  della  legge  regionale,
prevedendo l'affidamento di collaudo di lavori pubblici a  dipendenti
regionali iscritti in apposito elenco, contrasterebbe con i  predetti
principi.  Pertanto,  il  legislatore  regionale,  disciplinando   la
materia dei collaudi in deroga alle disposizioni statali in  materia,
violerebbe i principi generali in materia di ordinamento  civile  che
l'art. 117, secondo comma, lettera  l),  della  Costituzione  riserva
allo Stato. 
    2. - Si e' costituita nel giudizio la Regione Piemonte, chiedendo
che la questione sia dichiarata infondata. Invero, secondo la Regione
resistente, quanto al primo motivo di ricorso, la fattispecie oggetto
della legge impugnata riguarderebbe personale che, sebbene assunto  a
tempo determinato, avrebbe dovuto, per questo, superare  un  concorso
pubblico quale forma  ordinaria  di  reclutamento  per  le  pubbliche
amministrazioni, in adesione al canone dell'efficienza e al principio
costituzionale  del  buon  andamento  dell'amministrazione.   A   tal
proposito richiama un  parere  da  essa  appositamente  richiesto  al
Consiglio di Stato, in veste consultiva. 
    Quanto all'art. 47, la Regione ritiene che la norma impugnata non
violerebbe le competenze statali, ne' tanto meno le norme in  materia
di codice degli appalti, non derogando ai requisiti e alle  modalita'
di selezione previsti dalla normativa statale. 
    3. - Con  memoria  depositata  nei  termini,  il  Presidente  del
Consiglio ha insistito  per  l'accoglimento  del  ricorso,  svolgendo
ulteriori considerazioni in diritto. 
    Con  ulteriore  memoria,  la  Regione   Piemonte   ha   segnalato
l'approvazione  del   decreto-legge   10   ottobre   2012,   n.   174
(Disposizioni urgenti in materia di  finanza  e  funzionamento  degli
enti territoriali, nonche' ulteriori  disposizioni  in  favore  delle
zone terremotate nel maggio 2012), convertito dalla legge n. 213  del
2012, nel quale, al comma 1, si dispone l'erogazione,  a  determinate
condizioni, di una somma pari  all'80  per  cento  dei  trasferimenti
erariali a favore delle Regioni, sottoponendo tale erogazione ad  una
serie di condizioni e limiti. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto che  sia
dichiarata l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni di  cui
agli articoli 46, commi 2, 3 e 4, e 47, commi da 1 a 9,  della  legge
della Regione Piemonte 4 maggio 2012, n.  5  (Legge  finanziaria  per
l'anno 2012). 
    1.1. - Quanto all'art. 46 delle legge regionale piemontese,  tale
disposizione, secondo il Presidente del  Consiglio,  presenta  alcuni
evidenti profili di illegittimita' costituzionale.  Essa,  dopo  aver
previsto,  nell'ambito   di   un   piano   occupazionale   triennale,
l'espletamento di concorsi  pubblici  per  titoli  ed  esami  per  il
reclutamento di personale a tempo indeterminato, stabilisce, al comma
4, che tale misura si applica anche al personale precario in servizio
nel ruolo della Giunta regionale alla  data  del  1°  giugno  2012  e
«assunto» mediante avvisi di  selezione  pubblica  per  esami  o  per
titoli ed esami banditi dalla Regione Piemonte  e  dispone  che,  con
deliberazione della Giunta regionale, sia definita, tra  l'altro,  la
percentuale, non inferiore al 40 % dei posti a tempo indeterminato da
coprire, di posti da  riservare  in  favore  del  predetto  personale
precario. 
    In tal modo, la disposizione regionale introdurrebbe una forma di
assunzione riservata a personale interno, in deroga al principio  del
pubblico  concorso,  senza  prevedere  ne'  una   specifica   ragione
giustificatrice di tale deroga, ne' alcun  limite  massimo  (ed  anzi
prevedendo esplicitamente un solo limite minimo del 40%). 
    Al  contempo,  la  disposizione   affiderebbe   il   compito   di
individuare  in  concreto  la  percentuale  di   riserva   all'organo
esecutivo della Regione e, in tal  modo,  attribuirebbe  ad  esso  il
potere incondizionato e discrezionale di porre virtualmente nel nulla
il principio del pubblico concorso, assumendo il  personale  a  tempo
indeterminato, destinato a svolgere la propria  attivita'  presso  la
Giunta stessa, mediante la  stabilizzazione  del  personale  precario
gia' in servizio, all'unica condizione che lo stesso sia stato a  sua
volta selezionato mediante avviso di selezione pubblica per  esami  o
per titoli. 
    1.2.  -  Il   Presidente   del   Consiglio   denuncia,   inoltre,
l'illegittimita' dell'art. 47 della legge  regionale  censurata,  che
detta una propria autonoma disciplina in materia di collaudo di opere
pubbliche e, segnatamente, della individuazione, selezione  e  nomina
dei  soggetti  chiamati  a  svolgere  l'attivita'  di  collaudo,  per
contrasto con la corrispondente disciplina dettata dagli artt. 4, 91,
120 e 141 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice  dei
contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture   in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), e, in  generale,
la violazione  della  competenza  legislativa  statale  esclusiva  in
materia di ordinamento civile, di cui all'art.  117,  secondo  comma,
della Costituzione. 
    La norma censurata  disciplina  l'attivita'  di  collaudo  e,  in
particolare, i criteri di scelta dei soggetti preposti ad  effettuare
il collaudo stesso. Essa dispone che gli incarichi di collaudo  delle
opere  pubbliche  date  in  appalto  siano  affidati   a   dipendenti
regionali, attingendo a un elenco appositamente predisposto, al quale
i dipendenti possono far domanda, e fissa i criteri per la formazione
di detto albo; in mancanza  di  dipendenti  idonei,  prevede  che  la
Regione possa affidare tale incarico, mediante procedure ad  evidenza
pubblica, a soggetti esterni, eventualmente  anche  non  iscritti  ad
albi di  collaudatori,  indicandone  le  ragioni,  o  infine  ad  una
apposita commissione composta di massimo tre membri;  in  tali  casi,
stabilisce  che  l'incarico  di  collaudo  potra'  essere   conferito
mediante il criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa. 
    La norma affida, poi, ad un regolamento regionale  la  disciplina
degli aspetti organizzativi, economici  e  gestionali  inerenti  alla
tenuta degli albi dei collaudatori, definendo le categorie di opere e
lavori per i quali e' possibile chiedere  l'iscrizione  all'albo  per
l'effettuazione dei  collaudi,  i  criteri  e  le  modalita'  per  le
iscrizioni negli albi, i compensi dei collaudatori e le modalita' per
l'affidamento    dell'incarico;    stabilisce,     infine,     alcune
incompatibilita' a svolgere il compito di collaudatore. 
    2. - Entrambe le questioni sono fondate. 
    2.1. - Quanto alla prima, riguardante l'art. 46, commi 2, 3 e  4,
questa Corte ha  in  piu'  occasioni  sottolineato  che  disposizioni
regionali  le  quali  inquadrino   stabilmente   lavoratori   precari
all'interno delle amministrazioni, regionali e locali, senza  neppure
predeterminare la quota  massima  dei  posti  a  loro  destinati,  si
pongono in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., sia con  riferimento
al principio del pubblico concorso, sia con riguardo ai  principi  di
uguaglianza  e  di  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione
(sentenze n. 99 del 2012 e n. 51 del 2012). 
    Con tali principi contrastano anche le disposizioni che  lasciano
aperta  all'amministrazione  regionale  la  possibilita'  di   indire
concorsi interamente riservati. Esse violano, infatti, i principi del
pubblico concorso, quello di imparzialita' e quello di buon andamento
della pubblica amministrazione (sentenza n. 169 del 2010). 
    Non ha pregio il rilievo della Regione, secondo cui i  lavoratori
precari da  stabilizzare,  di  cui  si  occupa  la  legge  piemontese
censurata sono stati a  suo  tempo  "assunti"  (o,  per  l'esattezza,
scelti quali lavoratori  a  tempo  determinato)  mediante  avviso  di
selezione pubblica per titoli  ed  esami.  La  stabilizzazione  senza
concorso, in assenza di comprovate, insuperabili  esigenze  dell'ente
pubblico  e,  soprattutto,  in  mancanza   di   un   limite   massimo
predeterminato e' stata piu' volte  ritenuta  illegittima  da  questa
Corte. Essa ha  avuto  modo  di  chiarire:  «la  circostanza  che  il
personale suscettibile di  essere  stabilizzato  senza  alcuna  prova
selettiva sia stato  a  suo  tempo  assunto  con  contratto  a  tempo
determinato, sulla base di un pubblico concorso,  per  effetto  della
diversita' di qualificazione richiesta  delle  assunzioni  a  termine
rispetto a quelle a tempo indeterminato, non offre adeguata  garanzia
ne' della sussistenza della professionalita' necessaria  per  il  suo
stabile inquadramento nei ruoli degli enti  pubblici  regionali,  ne'
del  carattere  necessariamente  aperto  delle  procedure  selettive»
(sentenza n. 235 del 2010). 
    Anche con riferimento alla  norma  regionale  qui  censurata  va,
dunque, ribadito che «il principio del pubblico concorso ha un  ampio
ambito di applicazione tale da ricomprendere non solo le  ipotesi  di
assunzione di soggetti in precedenza estranei all'amministrazione, ma
anche casi di nuovo inquadramento di dipendenti gia'  in  servizio  e
quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e  non  instaurati
ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo», per cui «deroghe
a tale principio sono legittime solo in quanto siano funzionali  esse
stesse  al  buon  andamento  dell'amministrazione  e  ove   ricorrano
peculiari e straordinarie esigenze di  interesse  pubblico  idonee  a
giustificarle» (sent. n. 52 del 2011). 
    La deroga al principio del pubblico  concorso  non  trova  alcuna
giustificazione anche  nel  caso  in  esame  e,  pertanto,  la  norma
censurata deve essere dichiarata illegittima. 
    2.2. - Anche la seconda questione, relativa all'art. 47, commi da
1 a 9, della legge piemontese censurata, e' fondata. 
    In materia di lavori pubblici, questa Corte,  nel  confermare  la
legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3, del  "codice  degli
appalti", che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia
di stipulazione ed esecuzione dei contratti (ivi  compresi  direzione
dell'esecuzione e direzione dei lavori, contabilita' e collaudo),  ha
chiarito  che  le  norme  attinenti  alla  fase  dell'esecuzione  del
contratto  privatistico  rientrano  nella  materia   dell'ordinamento
civile, di competenza esclusiva del legislatore statale, ad eccezione
delle sole disposizioni di tipo meramente organizzativo  o  contabile
(sentenza n. 401 del 2007). 
    Tale principio e' stato successivamente ribadito da questa  Corte
anche  con  riguardo  all'attivita'   di   collaudo,   specificamente
disciplinata dalla norma regionale qui censurata, sul presupposto che
anche tale fase del procedimento ad  evidenza  pubblica  e'  relativa
all'esecuzione del  contratto  e,  pertanto,  rientra  nella  materia
dell'ordinamento civile,  di  competenza  esclusiva  del  legislatore
statale (sentenza n. 431 del 2007). 
    La  norma  censurata,  infatti,  ben  lungi   dal   limitarsi   a
disciplinare  aspetti  meramente  organizzativi   dell'attivita'   di
collaudo, si pone in contrasto con  i  principi  ricordati,  violando
l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    Non e' fuor  di  luogo  ricordare,  infatti,  che  attraverso  la
regolamentazione della scelta dei collaudatori, la determinazione del
loro compenso,  la  disciplina  delle  condizioni  alle  quali  poter
ricorrere a  collaudatori  esterni  e  finanche  a  collaudatori  non
iscritti  nell'apposito  albo,  la  norma  piemontese  definisce   lo
standard di professionalita' dei collaudatori, condizionando  in  tal
modo  l'accuratezza  del  collaudo  e,  dunque,  del   controllo   di
corrispondenza dell'opera realizzata a quanto dedotto in contratto.