ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del  22
settembre 2010 relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'articolo
68,  primo  comma,  della  Costituzione,  delle   opinioni   espresse
dall'onorevole Silvio Berlusconi nei confronti del dott.  Antonio  di
Pietro,  promosso  dal  Giudice  di  pace  di  Viterbo  con   ricorso
depositato in cancelleria il 7 febbraio 2013 ed iscritto al n. 3  del
registro  conflitti  tra   poteri   dello   Stato   2013,   fase   di
ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 22  maggio  2013  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro. 
    Ritenuto  che,  con  ordinanza-ricorso  del   9   gennaio   2013,
depositata il successivo 7 febbraio, il Giudice di pace di Viterbo ha
sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in  ordine
alla deliberazione del 22 settembre 2010 (atti Camera,  doc.  IV-ter,
n. 17/A), con  cui  la  Camera  dei  deputati  ha  affermato  che  le
dichiarazioni in relazione alle quali e' in  corso  davanti  a  detto
Giudice procedimento penale nei  confronti  del  (l'allora)  deputato
Silvio Berlusconi per il reato di diffamazione (art. 595, commi primo
e secondo, codice penale), rese dal predetto sul conto di Antonio  Di
Pietro, nel corso di un comizio tenuto  presso  il  palazzetto  dello
sport di Viterbo il 26 marzo 2008, concernono opinioni espresse da un
membro del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue  funzioni  e  sono
pertanto insindacabili ai sensi dell'articolo 68, primo comma,  della
Costituzione; 
    che, secondo quanto riferito dal medesimo giudice: a) Antonio  Di
Pietro, in data 21 giugno 2008, sporgeva  querela  nei  confronti  di
Silvio Berlusconi, in relazione alle suindicate  dichiarazioni  e  le
frasi che sarebbero  state  pronunciate,  «come  riportate  nel  capo
d'imputazione, sono del seguente tenore: " Di Pietro si  e'  laureato
grazie ai Servizi, perche' non e' possibile che l'abbia preso uno che
parla cosi' l'italiano [...] a Montenero di Bisaccia  nessuno  sapeva
che si stava laureando, nemmeno i suoi genitori [...]. Mi  fa  orrore
non tanto perche' ha problemi  con  i  congiuntivi,  ma  perche'  non
rispetta gli altri, ha mandato in galera italiani senza prove  [...].
Ho orrore di Di Pietro, rappresenta  il  peggio  del  peggio.  Mi  fa
orrore perche' non rispetta le persone, ha mandato in galera italiani
senza avere alcuna  prova"»;  b)  il  Pubblico  ministero  citava  in
giudizio Silvio Berlusconi per il reato di cui all'art. 595, primo  e
secondo comma, c.p. e, disposta dal Giudice di  pace  di  Viterbo  la
trasmissione degli atti alla Camera dei deputati, ai sensi  dell'art.
3, comma 3, della legge 20 giugno  2003,  n.  140  (Disposizioni  per
l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonche'  in  materia
di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato),  il
Presidente di quest'ultima comunicava che l'Assemblea, con  atto  del
22 settembre 2010, aveva deliberato che i fatti per i  quali  era  in
corso il processo penale concernevano opinioni espresse da un  membro
del Parlamento,  nell'esercizio  delle  proprie  funzioni,  ai  sensi
dell'art. 68, primo comma, Cost.; c) il Giudice di pace, con sentenza
del 5 ottobre 2010, dichiarava Silvio Berlusconi non punibile per  il
reato di diffamazione in danno di Antonio Di Pietro, per  aver  agito
nell'esercizio  della  funzione  parlamentare;   d)   avverso   detta
pronuncia proponeva ricorso in cassazione  il  P.M.  e  la  Corte  di
cassazione, con sentenza del 10 maggio 2012, n. 17700,  annullava  la
pronuncia impugnata, con  rinvio  al  Giudice  di  pace  di  Viterbo,
affermando che questi aveva negato l'esistenza  dei  presupposti  per
sollevare conflitto di attribuzione, limitandosi ad osservare che  le
dichiarazioni in questione, in quanto rese nel corso  di  un  comizio
elettorale, erano, per cio' solo,  espressione  dell'esercizio  della
funzione  parlamentare,  senza  svolgere  approfondimenti   e   senza
considerare «che l'attivita' extra  moenia  del  parlamentare,  quale
quella  in  questione,  per  essere   coperta   dall'esimente»   deve
riprodurre quella svolta in sede istituzionale; 
    che il Giudice di pace, posta questa  premessa,  ritiene  che  la
suindicata delibera della Camera dei deputati  «ecceda  la  sfera  di
attribuzioni» di quest'ultima ed abbia comportato  «una  compressione
della sfera di attribuzioni della magistratura regolata  dagli  artt.
102  e  ss.  Cost.»,  in  quanto  l'insindacabilita'  delle  opinioni
espresse da un membro del Parlamento extra moenia  sussiste  soltanto
qualora queste costituiscano la riproduzione  sostanziale,  ancorche'
non letterale, di atti tipici nei quali si  estrinsecano  le  diverse
funzioni parlamentari, ovvero siano sostanzialmente  riproduttive  di
un'opinione espressa in sede parlamentare; 
    che, a suo  avviso,  non  sussisterebbe  nella  specie  un  nesso
funzionale tra l'attivita' del deputato Silvio Berlusconi e le  frasi
ritenute diffamatorie, poiche' esse «non possono  essere  considerate
manifestazione di un'opinione avente carattere politico o di  rilievo
parlamentare,  in  quanto  hanno  ad  oggetto  fatti  riguardanti  la
professione di magistrato svolta da Di Pietro, prima di intraprendere
la carriera politica, da quest'ultimo ritenuti falsi e quindi  lesivi
della sua reputazione» e, vertendo su  fatti  concreti,  non  sarebbe
applicabile l'art. 68, primo comma, Cost.»; 
    che, secondo il  Giudice  di  pace,  anche  tenendo  conto  della
valenza politica delle dichiarazioni, in quanto, come sostenuto nella
delibera della Giunta per le autorizzazioni,  rappresenterebbero  «il
punto  di  partenza   dell'argomento   sviluppato   successivamente»,
concernente la separazione delle carriere di giudice e P.M.,  oggetto
del  programma  della  formazione  politica   del   deputato   Silvio
Berlusconi,  piu'  volte  oggetto  di  interventi   nella   pregressa
attivita' politico-parlamentare, le stesse non  sarebbero  scriminate
dall'art.   68,   primo   comma,   Cost.,   il    quale    garantisce
l'insindacabilita' delle sole  opinioni  e,  benche'  la  separazione
delle  carriere  dei  magistrati  costituisse  un   tema   dibattuto,
l'intervento  in  esame  «non   risulta   correlato   ad   iniziative
parlamentari tipiche recenti, ne' riproduttivo di  opinioni  espresse
sempre di recente in sede parlamentare, in modo  da  manifestare  una
finalita' divulgativa delle esternazioni rispetto  ad  uno  specifico
intervento parlamentare»; 
    che,  infine,  a  suo  avviso,   i   richiami   contenuti   nella
deliberazione della Giunta per le autorizzazioni alla  situazione  di
conflitto e di  contrapposizione  politica  esistente  tra  le  parti
sarebbero inconferenti, poiche'  quest'ultima  non  sarebbe  inerente
all'attivita' parlamentare e, quindi, sarebbe palese lo sconfinamento
della deliberazione dalla sfera di attribuzioni riservata alla Camera
dei deputati, la quale avrebbe proceduto a valutare la fondatezza nel
merito dell'accusa, che spetta invece alla magistratura; 
    che il  ricorrente  conclude,  infine,  chiedendo  l'annullamento
della impugnata delibera di insindacabilita'. 
    Considerato che,  in  questa  fase  del  giudizio,  la  Corte  e'
chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge  11
marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso
sia ammissibile in quanto vi sia la «materia di un conflitto  la  cui
risoluzione spetti alla sua competenza»,  sussistendone  i  requisiti
soggettivo ed oggettivo  e  restando  impregiudicata  ogni  ulteriore
questione, anche in punto di ammissibilita'; 
    che la forma dell'ordinanza rivestita dall'atto introduttivo puo'
ritenersi idonea ad instaurare il giudizio ove sussistano, come nella
specie, gli estremi sostanziali di  un  valido  ricorso  (da  ultimo,
ordinanza n. 229 del 2012); 
    che, sotto il profilo del requisito soggettivo,  va  riconosciuta
la legittimazione  del  ricorrente  Giudice  di  pace  di  Viterbo  a
sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale,  in  posizione
di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare
definitivamente la volonta' del potere cui appartiene  nell'esercizio
delle funzioni attribuitegli; 
    che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione  della
Camera dei deputati - cui apparteneva, all'epoca  dei  fatti,  Silvio
Berlusconi (tra le molte, sentenza n. 39 del 2012) - ad essere  parte
del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in  modo
definitivo la propria volonta' in ordine all'applicabilita' dell'art.
68, primo comma, della Costituzione; 
    che,  per  quanto  attiene  al  profilo  oggettivo,  il   giudice
ricorrente lamenta la lesione della propria  sfera  di  attribuzione,
costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto
illegittimo, per inesistenza dei  relativi  presupposti,  del  potere
spettante alla Camera dei deputati di  dichiarare  l'insindacabilita'
delle opinioni espresse dai membri di quel  ramo  del  Parlamento  ai
sensi dell'art. 68, primo comma, Cost.; 
    che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione
spetta alla competenza di questa Corte.