ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  17,
comma 4, lettera c), primo periodo, del decreto-legge 6 luglio  2011,
n. 98 (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione  finanziaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,
promosso dal Tribunale amministrativo regionale  per  l'Abruzzo,  nel
procedimento vertente tra il Comune di Tagliacozzo e  il  Commissario
ad acta per l'attuazione del  Piano  di  rientro  dai  disavanzi  del
settore sanitario della Regione Abruzzo ed altre, con  ordinanza  del
16 febbraio 2012, iscritta al n. 256 del registro  ordinanze  2012  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  46,  prima
serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visti l'atto  di  costituzione,  fuori  termine,  del  Comune  di
Tagliacozzo nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'8  maggio  2013  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro. 
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo,
con ordinanza del 16 febbraio 2012, ha sollevato, in riferimento agli
articoli 3, 24, 72, 73, terzo comma, 103, 113,  117,  primo  e  terzo
comma, e 120 della Costituzione ed in relazione all'articolo 6  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali  (di  seguito:  CEDU),  firmata  a  Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848 (Ratifica  ed  esecuzione  della  Convezione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, e del Protocollo addizionale  alla
Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), questione  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 17, comma  4,  lettera  c),
primo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2011, n.  98  (Disposizioni
urgenti  per  la  stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; 
    che, secondo il rimettente, il Comune di Tagliacozzo ha  proposto
giudizio  di  ottemperanza,  ai  sensi  dell'art.  112  del   decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 («Attuazione dell'articolo 44 della
legge 18 giugno 2009,  n.  69,  recante  delega  al  governo  per  il
riordino del processo amministrativo») (infra,  anche  c.p.a.),  allo
scopo di ottenere l'attuazione della sentenza del TAR  per  l'Abruzzo
del 9 giugno 2011, n. 324, la quale ha annullato le deliberazioni del
Commissario ad  acta  per  l'attuazione  del  Piano  di  rientro  dai
disavanzi del settore sanitario della Regione Abruzzo 3 agosto  2010,
n. 44, e  5  agosto  2010,  n.  45,  costituenti  rispettivamente  il
«programma operativo» di cui all'art. 2, comma  88,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge  finanziaria  2010),  e  la
«approvazione dei provvedimenti tecnici attuativi delle  Azioni  1  e
3», in particolare, per quanto qui  interessa,  nella  parte  in  cui
disponevano la «disattivazione» dell'ospedale di Tagliacozzo e la sua
trasformazione  in  «presidio  territoriale  di  assistenza»   e   la
«disattivazione dei presidi per acuti  non  coerenti  col  fabbisogno
individuato e cronoprogramma delle loro riconversioni»; 
    che avverso detta sentenza hanno proposto appello,  con  separati
atti, la Regione Abruzzo ed il Commissario ad  acta,  chiedendone  la
sospensione  dell'esecutivita',  ma  il  Consiglio   di   Stato   «ha
dichiarato  improcedibili  le  domande   cautelari»   (sezione   III,
ordinanze 30 settembre 2011, n. 4291 e  n.  4293),  poiche',  con  la
norma censurata, «gli atti amministrativi oggetto del  giudizio  sono
stati trasfusi (e trovano  legittimazione)  in  una  fonte  di  rango
legislativo, donde deriva quanto meno la carenza di interesse attuale
dell'appellante alla concessione della richiesta misura cautelare»; 
    che il  citato  art.  17,  comma  4,  lettera  c),  ha,  infatti,
stabilito: «il Commissario ad acta  per  l'attuazione  del  piano  di
rientro dal disavanzo sanitario della Regione Abruzzo da'  esecuzione
al programma operativo per l'esercizio 2010, di cui  all'articolo  2,
comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, che e' approvato  con
il presente decreto, ferma restando la validita'  degli  atti  e  dei
provvedimenti gia'  adottati  e  la  salvezza  degli  effetti  e  dei
rapporti giuridici sorti sulla base della sua attuazione» e,  in  tal
modo, secondo il rimettente, avrebbe dato veste legislativa agli atti
amministrativi  parzialmente   annullati   dalla   citata   sentenza,
«fornendo altresi' una generale copertura alle misure  attuative  nel
frattempo adottate»; 
    che, ad avviso del TAR, il  Comune  di  Tagliacozzo  ha  proposto
giudizio di ottemperanza, chiedendo la fissazione delle modalita'  di
attuazione    della    sopra    richiamata    sentenza,     eccependo
l'illegittimita' costituzionale del citato art. 17, comma 4,  lettera
c), qualora sia ritenuto preclusivo dell'esecuzione della pronuncia; 
    che le amministrazioni resistenti, nel costituirsi  nel  giudizio
principale, hanno eccepito l'inammissibilita' del  ricorso  ed  hanno
dedotto: in primo luogo, che l'ordinanza del Consiglio  di  Stato  ha
rilevato  l'inefficacia  della  sentenza  oggetto  del  giudizio   di
ottemperanza, la quale non sarebbe, quindi,  eseguibile;  in  secondo
luogo, che le misure dirette a disattivare e riconvertire  l'ospedale
di Tagliacozzo sono state attuate «fin dall'epoca di introduzione del
giudizio definito» con detta pronuncia; in terzo luogo,  che  l'unica
pronuncia  cautelare  resa  nel  giudizio  di  merito  ha  riguardato
l'incidenza  degli   atti   impugnati   (e   poi   annullati)   sulla
funzionalita' del servizio di  pronto  soccorso  e  sull'attrezzatura
tecnologica necessaria per una diagnostica di primo intervento, a cui
e' stato dato corso con deliberazione commissariale n. 81  del  2010,
non impugnata; in quarto luogo,  che  l'eccezione  di  illegittimita'
costituzionale  costituirebbe  l'unico   oggetto   del   giudizio   e
difetterebbe una domanda oggetto di un autonomo e distinto petitum; 
    che, secondo il TAR, il ricorrente ha chiesto l'esecuzione di una
sentenza appellata, ma esecutiva ex art. 33, comma 2, del codice  del
processo amministrativo, in quanto non  sospesa  e  la  questione  di
legittimita' costituzionale  sarebbe  rilevante,  in  quanto  il  suo
accoglimento  «rimuoverebbe  anche  l'ostacolo  all'esecuzione  della
decisione», sussistendo l'incidentalita' della stessa, poiche' la sua
fondatezza comporterebbe che «il potere del giudice amministrativo ex
art. 112 [c.p.a.] riprenderebbe il suo primitivo vigore»,  mentre  la
circostanza che le deliberazioni  annullate  sono  state  interamente
eseguite rileverebbe solo ai fini dell'identificazione  delle  misure
necessarie per garantirne l'esecuzione; 
    che, nel merito, ad avviso del rimettente, la Regione Abruzzo, in
presenza di una situazione di squilibrio economico-finanziario  della
spesa sanitaria regionale, in data 6 marzo 2007 aveva stipulato con i
Ministri della salute e dell'economia l'accordo previsto dall'art. 1,
comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2005), e dall'art. 8  dell'Intesa  Stato-Regioni  del  23
marzo 2005 (Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge  5
giugno 2003, n. 131, in attuazione dell'articolo 1, comma 173,  della
legge 30 dicembre 2004, n. 311), impegnandosi ad attuare il piano  di
rientro dal disavanzo,  e  detto  accordo  era  stato  approvato  con
deliberazione della Giunta regionale  del  13  marzo  2007,  n.  224,
composta da tre elaborati; 
    che il Presidente del Consiglio dei ministri,  con  nota  del  30
luglio 2008, aveva attivato la procedura di cui all'articolo 4, comma
1, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi  urgenti  in
materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equita'  sociale),
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n.  222,
in virtu' della quale, quando e' accertata  l'inosservanza  da  parte
della Regione degli adempimenti previsti dal  piano  di  rientro,  la
stessa e' diffidata ad adottare entro quindici giorni tutti gli  atti
normativi,  amministrativi,  organizzativi  e  gestionali  idonei   a
garantire il conseguimento degli obiettivi previsti e, nella  specie,
riscontrata  la  persistenza  dei  presupposti  della   diffida,   il
Consiglio dei ministri, con deliberazione dell'11 settembre 2008,  ha
nominato, ai sensi dell'art. 4 del decreto-legge n. 159 del 2007,  un
Commissario ad acta, per l'attuazione  di  detto  piano  di  rientro,
designandolo, con successiva delibera dell'11  dicembre  2009,  nella
persona del Presidente pro tempore di detta Regione; 
    che il Commissario ad acta, con deliberazione del 3 agosto  2010,
n. 44, approvava il programma operativo 2010, recante  la  previsione
di una serie  di  interventi,  tra  i  quali  il  «Piano  della  rete
ospedaliera»,  in   vista   dell'identificazione   delle   «strutture
ospedaliere che non risultano coerenti (...)  con  il  fabbisogno  di
prestazioni della popolazione» e, con deliberazione 5 agosto 2010, n.
45, individuava cinque strutture (tra queste quella sita  nel  Comune
di Tagliacozzo) «da disattivare da ospedali per acuti»; 
    che, secondo il giudice a quo, la sentenza della quale  e'  stata
chiesta l'esecuzione ha ritenuto che i poteri del Commissario ad acta
non prevedevano la disattivazione, ma la riconversione dei cosiddetti
piccoli ospedali in «ospedali di territorio» e questi neppure  poteva
derogare a specifici contenuti di leggi regionali (in particolare, le
leggi della Regione Abruzzo 10 marzo 2008, n. 5, recante «Un  sistema
di garanzie per la salute - Piano sanitario regionale 2008- 2010» e 5
aprile 2007, n. 6, recante «Linee-guida per la  redazione  del  piano
sanitario 2007/2009 - Un sistema di garanzie per la salute - Piano di
riordino della rete ospedaliera»), non  motivatamente  assunte  quale
«ostacolo  alla  piena  realizzazione  del  piano   di   rientro»   e
costituenti parte integrante del citato accordo; 
    che, per il TAR,  la  disposizione  censurata  costituirebbe  una
norma-provvedimento diretta  ad  eludere  l'annullamento  degli  atti
amministrativi del Commissario ad acta e, a suo avviso, questa  Corte
ha  affermato  che  le  leggi-provvedimento  sono  soggette  ad   uno
scrutinio stretto di costituzionalita' e le stesse devono  rispettare
i principi di ragionevolezza e non arbitrarieta'  e  l'intangibilita'
del giudicato (sentenze n. 288 e n. 241 del 2008, n. 267 e n. 11  del
2007, n. 282 del 2005); 
    che, inoltre, la giurisprudenza costituzionale  «ha  escluso  che
all'adozione di una determinata disciplina con norme di legge sia  di
ostacolo la circostanza  che,  in  sede  giurisdizionale,  sia  stata
ritenuta  illegittima  quella  contenuta  in  una   fonte   normativa
secondaria o in un atto amministrativo» (sono richiamate le  sentenze
n. 211 del 1998 e n. 263 del 1994, nonche' le  ordinanze  n.  32  del
2008 e n. 352  del  2006),  ma  e'  censurabile  che  il  legislatore
ordinario, oltre a creare una regola astratta, prenda  «espressamente
in considerazione anche le sentenze passate in  giudicato»  (sentenza
n. 374 del 2000), emanando «leggi di sanatoria il cui  unico  intento
e' quello di incidere su uno o piu' giudicati (ordinanza n.  352  del
2006)»; 
    che, secondo il rimettente, la norma censurata sarebbe  «ispirata
all'unico   "intento",   seppure   non   esplicitato,   di   incidere
direttamente  sulle  decisioni  del  giudice  amministrativo»  e  non
rileverebbe il mancato passaggio in giudicato della sentenza  di  cui
e' stata chiesta l'esecuzione, in quanto essa «impedisce  proprio  il
formarsi della cosa giudicata, sovrapponendo la propria disciplina  a
quella  derivante  dalla  sentenza»,  dovendo  reputarsi   equiparate
dall'art. 112 del c.p.a., ai  fini  dell'ottemperanza,  «le  sentenze
passate in giudicato e quelle esecutive», con conseguente  violazione
degli artt. 24, 103, 113 e 117 Cost., in relazione (per  quest'ultimo
parametro) all'art. 6 della CEDU,  nonche'  dell'art.  3  Cost.,  per
difetto di ragioni in  grado  di  «giustificare  il  regime  speciale
riservato alla Regione Abruzzo, nel cui ambito finiscono  per  essere
inapplicabili le disposizioni introdotte dalla lettera a)» del quarto
comma del citato art. 17; 
    che, ad avviso del giudice a quo, il citato  art.  17,  comma  4,
lettera a), disciplina il procedimento preordinato ad  eliminare  gli
ostacoli che impediscono l'attuazione del  piano  di  rientro  o  dei
programmi operativi, prevedendo l'intervento del Consiglio  regionale
per le eventuali modifiche delle leggi regionali e del Consiglio  dei
ministri, in caso di inerzia del primo,  ma  la  norma  censurata  ne
impedirebbe l'applicabilita' alla Regione Abruzzo e, in tal modo,  in
violazione degli artt. 117 e 120 Cost., senza rispettare i  parametri
dell'art. 8 della legge 5  giugno  2003,  n.  131  (Disposizioni  per
l'adeguamento   dell'ordinamento   della   Repubblica   alla    legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3),  avrebbe  non  ragionevolmente
estromesso gli  «organi  regionali  dalla  funzione  di  rivedere  le
proprie leggi ed eventualmente rimuoverle laddove  siano  considerate
di ostacolo al perseguimento degli obiettivi di risanamento»; 
    che, secondo il TAR, la disciplina in esame concerne  le  materie
«tutela della salute»  ed  «armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  e
coordinamento della  finanza  pubblica»,  spettanti  alla  competenza
legislativa concorrente della Regione, nelle quali e' riservata  allo
Stato la fissazione dei principi fondamentali,  quali  non  sarebbero
quelli posti  dalla  norma  censurata,  tenuto  conto  del  carattere
provvedimentale della medesima,  con  conseguente  lesione  dell'art.
117, terzo comma, Cost.,  anche  in  considerazione  «dell'immotivata
abrogazione implicita delle leggi regionali  incompatibili»  e  della
circostanza  che  la  legificazione  del  programma   operativo   del
Commissario ad acta lo fa prevalere sul citato accordo  tra  Stato  e
Regione Abruzzo e, quindi, sul piano di rientro e relativi  allegati,
ai quali la Regione ha dato esecuzione con le leggi n. 5 del  2008  e
n. 6 del 2007; 
    che, inoltre,  gli  atti  del  Commissario  ad  acta  sono  stati
annullati perche'  ritenuti  in  contrasto  con  leggi  regionali  di
attuazione del piano di  rientro,  mentre,  come  risulta  anche  dal
citato art. 17, comma 4, lettera a), l'eliminazione degli ostacoli di
natura legislativa all'attuazione del  piano  di  rientro  spetta  al
Consiglio regionale, salvo l'intervento del Consiglio dei ministri ex
art. 120 Cost., avendo la lettera b) di tale disposizione  confermato
che «il programma operativo non ha automatici  effetti  abrogativi  o
modificativi o sospensivi di leggi regionali»; 
    che,  ad  avviso  del  TAR,  la   norma   censurata   inciderebbe
sull'assetto scaturente dal citato accordo, in  violazione  dell'art.
117, terzo comma, Cost., anche  in  quanto  la  Corte  costituzionale
avrebbe  ritenuto  costituzionalmente  illegittimi   gli   interventi
unilaterali idonei ad incidere su di esso (sentenze n. 123  e  n.  77
del 2011, n. 141 e n. 2 del 2010) e, nella specie, la forza di  legge
conferita  al  programma  operativo  comporterebbe   tale   esito   e
realizzerebbe «rilevanti interferenze su un  atto  che  nasce  da  un
processo co-decisionale» e che non  potrebbe  «essere  modificato  da
provvedimenti  unilaterali  di  una  delle  parti,  in   assenza   di
coinvolgimento della Regione interessata»; 
    che, infine, secondo il rimettente, la norma in esame sarebbe  in
contrasto con  gli  artt.  72  e  73,  terzo  comma,  Cost.,  poiche'
recherebbe  una  generica  approvazione  del  «programma  operativo»,
rendendo  del  tutto  incerto  l'ambito  della  legificazione  e   la
riferibilita' della stessa «al solo atto presupposto o anche a quelli
attuativi, dubbio accentuato dal fatto che l'atto "approvato" non  e'
contraddistinto  da  alcun  estremo  identificativo,  ne'   tantomeno
risulta pubblicato» nella Gazzetta Ufficiale ed  il  conferimento  di
forza e valore di legge ad un atto amministrativo  ne  imporrebbe  la
pubblicazione, occorrendo, per ragioni di certezza del  diritto,  che
la  formulazione  «del  testo  legislativo  risponda  a  criteri   di
univocita', chiarezza e  semplicita'  del  dato  normativo»,  essendo
detta esigenza sottesa all'art. 72, primo comma, Cost.; 
    che nel  giudizio  davanti  a  questa  Corte  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo,   nell'atto   di
intervento ed  in  una  successiva  memoria,  che  la  questione  sia
dichiarata inammissibile e, comunque, infondata; 
    che,  a  suo  avviso,  la  sentenza  oggetto  del   giudizio   di
ottemperanza  e'  stata  appellata  dalla  Regione  Abruzzo   e   dal
Commissario  ad  acta  ed  il  Consiglio  di  Stato   ha   dichiarato
improcedibile  la  domanda  di  sospensione  dell'esecutivita'  della
stessa, a causa della sopravvenienza  della  norma  censurata,  e  la
questione  sarebbe  irrilevante,  anzitutto  perche'   il   programma
operativo  per  l'anno  2010  e'  «ormai  superato»,  in  conseguenza
dell'approvazione con delibera commissariale del 6  luglio  2011,  n.
22, del nuovo programma operativo 2011/2012; 
    che la nuova programmazione regionale adottata ai sensi dell'art.
2, comma 88, della legge n. 191 del 2009 prevede, infatti,  ulteriori
manovre ed interventi e costituisce, ai sensi  del  comma  88-bis  di
detto articolo, la  prosecuzione,  ai  fini  della  loro  completa  e
definitiva attuazione, degli originari piani di rientro, attualizzati
in applicazione delle sopravvenienze normative; 
    che, come emerge dal verbale della riunione  tenuta  in  data  13
novembre 2012, per la verifica dello stato di attuazione del piano di
rientro e dei successivi programmi operativi della  Regione  Abruzzo,
la  possibilita'  di  redigere  ulteriori  programmi   operativi,   a
decorrere dall'anno 2013, in prosecuzione degli  originari  piani  di
rientro  e',  inoltre,  prevista  dall'art.   15,   comma   20,   del
decreto-legge 6 luglio 2012,  n.  95  (Disposizioni  urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla  legge  7
agosto 2012, n. 135, e la programmazione sanitaria  regionale  dovra'
essere rivista alla luce dei nuovi (emanandi)  standard  qualitativi,
strutturali e tecnologici relativi alla assistenza  ospedaliera,  per
procedere all'adozione di provvedimenti di riduzione  dello  standard
dei posti letto a carico del servizio sanitario regionale (SSR) (art.
15, comma 13, lettera c, del d.l. n.  95  del  2012),  essendo  altre
«recenti  indicazioni  in  ordine  al  "riordino   della   assistenza
territoriale"» contenute nell'art. 1 del decreto-legge  13  settembre
2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge  8  novembre
2012, n. 189; 
    che siffatte sopravvenienze,  innovando  il  quadro  normativo  e
fattuale in pendenza del processo  di  appello  avverso  la  sentenza
sopra  indicata,  evidenzierebbero  l'irrilevanza  della   questione,
poiche' anche nel caso di eventuale  accoglimento  della  stessa,  il
giudizio  di  ottemperanza  non  potrebbe  prescindere  dalla   nuova
situazione di fatto e di diritto e  dall'esigenza  della  «preventiva
valutazione  della  rilevanza   degli   interessi   in   gioco,   nel
contemperamento cioe' dei costi-benefici per  l'intera  collettivita'
che l'operazione  richiesta  dal  Comune  di  Tagliacozzo  (ossia  il
ripristino della situazione quo ante) potrebbe comportare»; 
    che, ad avviso dell'Avvocatura, la  norma  censurata  inciderebbe
«sulla vicenda passata superandola», privandola «sostanzialmente  dei
suoi   effetti»,   e   «l'eventuale    rinnovazione    dell'attivita'
amministrativa non puo' piu' dirsi dovuta quale adempimento a seguito
di pronunzie demolitorie» e si «concretizzera' in attivita' esecutiva
del nuovo disposto  legislativo,  sulla  cui  esclusiva  base  potra'
essere valutata la legittimita'» (Cons. Stato,  Ad.  Plen.,  9  marzo
2011, n. 2),  con  la  conseguenza  che  le  domande  del  ricorrente
«travalicano gli ambiti dell'azione di ottemperanza» e in  tal  senso
sarebbe significativo che lo stesso TAR per l'Abruzzo  ha  dichiarato
«improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse» un  ricorso  di
contenuto analogo a quello oggetto  della  sentenza  della  quale  e'
stata chiesta l'ottemperanza (sentenza 10 dicembre 2011, n. 2011); 
    che, secondo l'interveniente,  le  censure  di  costituzionalita'
costituirebbero l'unico oggetto del giudizio  di  ottemperanza  e  le
considerazioni  che:  la  sentenza  della  quale  e'  stata   chiesta
l'esecuzione e' intervenuta quando il provvedimento di disattivazione
e  riconversione  dell'ospedale  di  Tagliacozzo   era   stato   gia'
completato;  nel  giudizio  di  merito   l'unica   misura   cautelare
concerneva gli atti incidenti sulla  funzionalita'  del  servizio  di
pronto soccorso e sull'attrezzatura tecnologica  necessaria  per  una
diagnostica  di  primo  intervento;  il  Commissario  ad  acta  «alle
preoccupazioni esplicitate in sede cautelare» ha dato risposta con la
deliberazione  n.  81  del  2010,  non   impugnata,   conforterebbero
l'impossibilita' di identificare un petitum distinto dalla  questione
di legittimita' costituzionale, che sarebbe, quindi, inammissibile; 
    che,  nel  merito,  l'Avvocatura  ripercorre  in   dettaglio   la
disciplina   dei   piani   di   rientro   dai   disavanzi   sanitari,
sottolineandone la strumentalita' rispetto allo scopo di garantire il
rispetto dei saldi di finanza pubblica programmati  e  degli  impegni
assunti in sede comunitaria e deducendo la rilevanza  delle  esigenze
di governo del sistema e  di  garanzia  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica sottesi alla norma censurata,  la  quale  ha  dovuto  tenere
conto della programmazione prevista «con l'Intesa Stato-Regioni del 3
dicembre 2009, non scontata nei piani sottoscritti nel 2007, quale e'
il piano della Regione Abruzzo», richiedendo l'esatta identificazione
della ratio della stessa di avere riguardo all'art. 2,  commi  88  ed
88-bis, della legge n. 191 del 2009; 
    che,  ad  avviso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rileverebbe il fatto che il legislatore ha ritenuto che il  piano  di
rientro,  qualora  non  sia  stato   completamente   eseguito,   deve
necessariamente proseguire ed essere  aggiornato  (con  le  modalita'
analiticamente descritte),  fermo  restando  quale  obiettivo  minimo
delle Regioni sottoposte a piano di  rientro  quello  di  ridurre  il
disavanzo nella misura prescritta; 
    che l'esito avuto di mira dal rimettente «avrebbe come  immediata
ed  inevitabile  conseguenza  un  grave  disservizio  nell'erogazione
dell'assistenza   sanitaria»,   essendo   necessario   valutare    le
prescrizioni della norma censurata nel loro  complesso,  in  modo  da
apprezzare che la stessa persegue la finalita' di dare  seguito  agli
interventi e alle azioni stabilite nei  programmi  operativi  2010  e
2011/2012 e di fornire alle Regioni uno strumento  di  programmazione
di nuove azioni, funzionali al risanamento  e  alla  riqualificazione
del  SSR,  anche   completando   i   processi   di   riqualificazione
dell'offerta ospedaliera e dei servizi territoriali; 
    che la cogenza dei piani di rientro gia'  prevista  dall'art.  l,
comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e' stata
ribadita dall'art. 2, comma 80, della  legge  n.  191  del  2009,  il
quale, secondo questa Corte, reca un principio  fondamentale  diretto
al  contenimento  della  spesa  pubblica   sanitaria   e   l'espressa
condivisione, da parte delle Regioni, della necessita' di contenere i
disavanzi  del  settore  sanitario   comporta   che   la   competenza
legislativa concorrente delle stesse nella materia della tutela della
salute puo' incontrare limiti, mentre le funzioni amministrative  del
Commissario  ad  acta  «devono  essere  poste  al  riparo   da   ogni
interferenza degli organi  regionali»  (sentenza  n.  78  del  2011),
avendo  la  giurisprudenza  costituzionale  ritenuto   legittime   le
leggi-provvedimento; 
    che, secondo l'interveniente, non sussisterebbe  un'irragionevole
estromissione degli organi regionali dalla funzione  di  rivedere  le
proprie leggi in contrasto con gli obiettivi del  piano  di  rientro,
con conseguente infondatezza delle  censure  riferite  all'art.  117,
terzo  comma,  Cost.,   in   quanto   la   Regione   avrebbe   potuto
riappropriarsi dei poteri di riprogrammazione del piano di rientro  e
porre fine al commissariamento, proponendo un nuovo piano,  ai  sensi
dell'art. 2, comma 88,  della  legge  n.  191  del  2009,  avendo  il
programma operativo 2010 tenuto conto dell'esigenza di  riorganizzare
la rete ospedaliera ed avendo la norma censurata considerato il nuovo
contesto e, quindi, nell'inerzia della Regione nella  predisposizione
di  un  nuovo  piano  di  rientro,  salvaguardato  le  direttive  del
Commissario ad acta coerenti con il  novellato  quadro  normativo  di
riferimento; 
    che  le  disposizioni  del  programma  operativo   garantirebbero
l'attuazione del piano di rientro anche perche', come esplicitato dal
citato art. 17, comma  4,  a  distanza  di  tre  anni  le  previsioni
originarie del risanamento  non  avrebbero  potuto  trovare  efficace
applicazione, donde l'esigenza di adeguarle, conseguita dal programma
operativo 2010, i cui elementi innovativi  non  sono  frutto  di  una
valutazione discrezionale del Commissario ad acta, ma hanno contenuto
vincolato,  in  quanto   imposti   dalla   necessita'   di   adeguare
l'organizzazione  sanitaria   regionale   ai   nuovi   parametri   di
riferimento economici e normativi; 
    che «del tutto incongruente», ad avviso dell'Avvocatura,  sarebbe
la  censura  riferita  all'art.  120  Cost.,  poiche'  il   programma
operativo 2010 approvato  dal  Commissario  ad  acta  costituisce  un
provvedimento amministrativo, che ha assunto valore ed  efficacia  di
legge in virtu' della norma censurata, non in forza  dell'illegittimo
ed arbitrario esercizio del potere legislativo da parte del predetto,
e contiene  molteplici  previsioni;  con  la  conseguenza  che  detta
disposizione non avrebbe avuto lo scopo di  eludere  il  giudicato  -
peraltro, nella  specie  inesistente  -  e  non  avrebbe  interferito
sull'esercizio della funzione giurisdizionale; 
    che, infine, conclude l'interveniente, la norma censurata neanche
contrasterebbe con le altre recate dal citato art. 17, comma  4,  ne'
escluderebbe l'applicabilita' alla Regione Abruzzo,  ricorrendone  le
condizione, della lettera a) di quest'ultima disposizione, risultando
la  specialita'  della  prima  giustificata  dall'urgenza   economica
conseguente all'incremento del disavanzo; 
    che si e' costituito nel  giudizio  davanti  a  questa  Corte  il
Comune di Tagliacozzo, in persona del Sindaco pro tempore, parte  nel
processo principale, con  atto  depositato  in  data  5  aprile  2013
(quindi, oltre il termine stabilito dall'art. 25 della legge 11 marzo
1953, n. 87, recante «Norme sulla costituzione  e  sul  funzionamento
della  Corte  costituzionale»,  cio'  che   esclude   l'esigenza   di
riassumere le argomentazioni  svolte  nello  stesso)  ed  ha  chiesto
l'accoglimento della questione,  deducendo  che  la  norma  censurata
violerebbe anche gli artt. 118 e 121 Cost.  ed  eccependo,  altresi',
l'illegittimita' costituzionale: dell'art. 17, comma 4,  lettera  b),
del decreto-legge n. 98 del 2011, che ha introdotto nell'art. 2 della
legge n. 191 del 2009, il comma 88-bis, in riferimento agli artt. 24,
commi primo e secondo, 113, comma primo, e 117, comma  primo,  Cost.,
in relazione all'art. 6 CEDU; del  comma  4,  lettera  a),  di  detta
norma,  che  ha  modificato  il  comma  80  del  citato  art.  2,  in
riferimento agli artt. 24, 117, primo e terzo comma, e 121 Cost. 
    Considerato  che  il  Tribunale  amministrativo   regionale   per
l'Abruzzo ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24,  72,  73,
terzo comma, 103,  113,  117,  primo  e  terzo  comma,  e  120  della
Costituzione ed in relazione all'articolo 6 della Convenzione europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (di seguito: CEDU), firmata a Roma il 4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica
ed esecuzione  della  Convezione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il  4
novembre 1950, e del Protocollo addizionale alla Convenzione  stessa,
firmato a  Parigi  il  20  marzo  1952),  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'articolo 17, comma 4, lettera c), primo  periodo,
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111; 
    che, secondo il TAR,  la  norma  censurata,  stabilendo  che  «il
Commissario ad  acta  per  l'attuazione  del  piano  di  rientro  dal
disavanzo sanitario della regione Abruzzo da' esecuzione al programma
operativo per l'esercizio 2010, di  cui  all'articolo  2,  comma  88,
della legge 23 dicembre  2009,  n.  191,  che  e'  approvato  con  il
presente decreto, ferma  restando  la  validita'  degli  atti  e  dei
provvedimenti gia'  adottati  e  la  salvezza  degli  effetti  e  dei
rapporti giuridici sorti sulla base della sua attuazione», violerebbe
gli artt. 24, 103, 113 e 117, primo comma, Cost., in  relazione  (per
quest'ultimo parametro) all'art. 6 della CEDU,  i  quali  vietano  al
legislatore ordinario  «di  intervenire  con  norme  ad  hoc  per  la
risoluzione di controversie in corso», in  quanto  sarebbe  «ispirata
all'unico   "intento",   seppure   non   esplicitato,   di   incidere
direttamente sulle decisioni del giudice amministrativo» e,  inoltre,
si  porrebbe  in  contrasto  con  l'art.   3   Cost.,   poiche'   non
sussisterebbero elementi in grado di «giustificare il regime speciale
riservato alla Regione Abruzzo, nel cui ambito finiscono  per  essere
inapplicabili le disposizioni introdotte dalla lettera a)» del citato
art. 17, comma 4; 
    che detta disposizione, a suo avviso, violerebbe,  altresi',  gli
artt. 117 e  120  Cost.,  in  quanto  renderebbe  inapplicabili  alla
Regione Abruzzo le ulteriori prescrizioni del citato art.  17,  comma
4, poiche' «ha direttamente risolto ogni possibile conflitto  tra  il
programma operativo e la legislazione regionale, per  di  piu'  senza
alcuna puntuale considerazione dei motivi di  contrasto»,  e  in  tal
modo avrebbe realizzato un'irragionevole «estromissione degli  organi
regionali  dalla  funzione  di   rivedere   le   proprie   leggi   ed
eventualmente rimuoverle laddove siano  considerate  di  ostacolo  al
perseguimento degli obiettivi di risanamento»; 
    che, secondo il rimettente, la norma censurata recherebbe  vulnus
anche all'art. 117, terzo comma, Cost.: in primo  luogo,  perche'  il
carattere provvedimentale della stessa evidenzierebbe  che  con  essa
non sono stati stabiliti  «principi  fondamentali»,  con  conseguente
violazione della competenza legislativa della Regione  nella  materia
«tutela  della  salute»,  rafforzata   «dall'immotivata   abrogazione
implicita delle leggi regionali incompatibili»; in secondo luogo,  in
quanto la legificazione del programma operativo lo farebbe  prevalere
anche sull'accordo tra Stato e Regione Abruzzo e, quindi sul piano di
rientro e relativi allegati, eseguiti dalla Regione, essendo stato il
programma operativo annullato proprio perche' giudicato in  contrasto
con atti di natura legislativa adottati dalla Regione  Abruzzo,  allo
scopo di dare attuazione al piano di rientro; 
    che, infine, ad avviso del giudice a  quo,  il  citato  art.  17,
comma 4, lettera c), violerebbe gli  artt.  72  e  73,  terzo  comma,
Cost., poiche', disponendo una generica approvazione  del  «programma
operativo»,  renderebbe  dubbio  l'ambito  della  legificazione,  con
conseguente  incerta  riferibilita'  della  stessa  «al   solo   atto
presupposto o anche a quelli attuativi, dubbio accentuato  dal  fatto
che l'atto  "approvato"  non  e'  contraddistinto  da  alcun  estremo
identificativo, ne'  tantomeno  risulta  pubblicato»  nella  Gazzetta
Ufficiale; 
    che, preliminarmente, deve  essere  dichiarata  inammissibile  la
costituzione  in  giudizio  del  Comune  di  Tagliacozzo,  parte  del
processo principale, in quanto effettuata con atto depositato in data
5 aprile 2013 e, quindi, oltre  il  termine  stabilito  dall'art.  25
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento della Corte costituzionale), computato  secondo  quanto
previsto dall'art. 3 delle norme integrative per i giudizi davanti  a
questa Corte (tra le molte, sentenze n.  75  del  2012,  n.  190  del
2006), con conseguente impossibilita' di tenere conto delle deduzioni
svolte dal predetto; 
    che,  ancora  in  linea  preliminare,  va  ricordato   che,   per
«consolidata giurisprudenza» amministrativa, «l'oggetto del  giudizio
di ottemperanza e' rappresentato dalla verifica, da parte del giudice
adito,  dell'esatto  adempimento,   da   parte   dell'amministrazione
soccombente,  dell'obbligo  di  conformarsi  al  giudicato  per   far
conseguire concretamente all'interessato l'utilita' o il  bene  della
vita gia'  riconosciutogli  in  sede  di  cognizione»  (tra  le  piu'
recenti, Cons. Stato, sez. III, 31 luglio 2012,  n.  4363),  restando
escluso che nello stesso possa essere riconosciuto un  diritto  nuovo
ed ulteriore rispetto a quello  fatto  valere  ed  affermato  con  la
sentenza da eseguire (ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI,  9  febbraio
2011 , n. 880); 
    che  questa  Corte  ha  ritenuto  rilevante   la   questione   di
legittimita' costituzionale proposta nel giudizio di ottemperanza  in
riferimento ad una norma che incide sul diritto riconosciuto  da  una
sentenza che, quando essa e' sollevata, e' assistita dalla forza  del
giudicato e non e' piu' suscettibile di riesame nel merito  (sentenze
n. 273 del 2012, n. 267 del 2007; cfr.  anche  sentenza  n.  280  del
2012); 
    che, nella fattispecie in esame, la norma censurata e' entrata in
vigore il 6 luglio 2011, ventisette giorni dopo  la  pronuncia  della
sentenza oggetto del giudizio principale (sentenza 9 giugno 2011,  n.
324),  la  quale,  secondo  l'espressa   puntualizzazione   contenuta
nell'ordinanza di rimessione, e' stata appellata dal  Commissario  ad
acta e, conseguentemente, costituisce tuttora  oggetto  di  esame  da
parte del giudice dell'impugnazione; 
    che l'appellante - come precisato dal rimettente  e  sottolineato
dall'Avvocatura generale dello Stato - ha,  inoltre,  proposto  anche
domanda di sospensione dell'efficacia di detta sentenza,  dichiarata,
tuttavia, improcedibile dal Consiglio  di  Stato,  esclusivamente  in
quanto «gli atti  amministrativi  oggetto  del  giudizio  sono  stati
trasfusi  (e  trovano  legittimazione)  in   una   fonte   di   rango
legislativo, donde deriva quanto meno la carenza di interesse attuale
dell'appellante alla concessione della richiesta misura cautelare  di
sospensione dell'esecutivita' della sentenza impugnata» (Cons. Stato,
sez. III; ordinanza 30 settembre 2011, n. 4291); 
    che, sebbene la pendenza del processo di impugnazione non  incida
sulla proponibilita' del giudizio di ottemperanza (art. 112, comma 2,
lettera  b,  c.p.a.),  siffatta   circostanza   riveste,   nondimeno,
peculiare  rilievo,  in   quanto   la   questione   di   legittimita'
costituzionale, nei termini  entro  i  quali  e'  stata  sollevata  e
proposta, rinviene il suo indefettibile presupposto  logico-giuridico
nella definitivita' dell'accertamento dell'illegittimita' degli  atti
del Commissario ad acta, che, nella specie,  e'  ancora  controversa,
poiche' e' ancora pendente il giudizio di impugnazione; 
    che, essendo in corso  il  processo  di  secondo  grado,  riveste
particolare importanza il  profilo  concernente  la  circostanza  che
l'ulteriore valutazione della legittimita' degli atti  amministrativi
risulta gia' rimessa al  giudice  di  appello,  il  che,  quindi,  fa
emergere:  in  primo  luogo,  il  problema  della   possibilita'   ed
imprescindibilita' di una preliminare  verifica  in  ordine  ai  vizi
riscontrati in primo grado, in quanto la  delibazione  dell'eventuale
inesistenza degli stessi (in  difformita'  rispetto  all'accertamento
svolto in primo grado) risulterebbe,  all'evidenza,  suscettibile  di
incidere sull'interpretazione della norma censurata  e  sulla  stessa
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale; in  secondo
luogo, la questione relativa alla possibilita' di  svolgere  siffatta
delibazione nel giudizio di ottemperanza, tenuto conto del  contenuto
e  dell'oggetto  del  medesimo,  ovvero  l'imprescindibilita'   della
riserva della stessa al giudice dell'appello; 
    che,  come  eccepito  dall'interveniente,  sussistono,  altresi',
sopravvenienze normative (indicate dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri, tra l'altro, negli artt.  15,  comma  13,  lettera  c,  del
decreto-legge 6 luglio 2012,  n.  95  (Disposizioni  urgenti  per  la
revisione  della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei  servizi   ai
cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle  imprese
del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla  legge  7
agosto 2012,  n.  135,  nonche'  nell'art.  1  del  decreto-legge  13
settembre 2012, n. 158 (Disposizioni  urgenti  per  promuovere  lo  s
viluppo del Paese mediante un  piu'  alto  livello  di  tutela  della
salute), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre  2012,
n. 189) per le quali anche sorge il problema della delibazione  della
loro eventuale  incidenza  sulla  situazione  giuridica  azionata  in
giudizio e della riserva della stessa al  giudice  dell'impugnazione,
oppure della possibilita' che le stesse siano considerate in sede  di
ottemperanza, nonostante il contenuto del relativo giudizio e la mera
esecutivita' della pronuncia oggetto del medesimo; 
    che lo stesso rimettente da', peraltro, conto che il Consiglio di
Stato ha deciso la domanda cautelare  limitandosi  a  «prendere  atto
della normativa sopravvenuta», in quanto essa «e'  tale  da  impedire
l'esecuzione della sentenza di primo grado» e  si  dimostra,  quindi,
consapevole dell'esigenza, in caso di  eventuale  accoglimento  della
questione,  di  «recuperare  l'interesse  delle   amministrazioni   a
chiedere nuovamente al giudice di appello la sospensione  cautelare»,
ma omette di esplicitare modi e tempi di tale «recupero», in grado di
tutelare e bilanciare i diritti di tutte le parti del giudizio; 
    che, quindi, alla luce dell'oggetto del giudizio di  ottemperanza
e della peculiarita' della fattispecie in esame, tenuto  conto  della
pendenza del processo di appello e del contenuto dell'ordinanza  resa
sulla domanda di  sospensione  dell'esecutivita'  della  sentenza  di
primo grado, la mancata  considerazione  di  tutti  i  profili  sopra
richiamati si risolve in difetto di  una  plausibile  motivazione  in
ordine alla rilevanza  della  questione,  con  conseguente  manifesta
inammissibilita' della stessa. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  avanti  alla
Corte costituzionale.