ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 1 della
legge  della  Regione  Campania  11  ottobre  2011,  n.  16,  recante
«Modifica ed integrazione dell'articolo 9 della  legge  regionale  19
gennaio 2007, n. l  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale della  Regione  Campania  -  legge  finanziaria
regionale 2007), modifica ed integrazione dell'articolo 9 della legge
regionale 27 marzo 2009,  n.  4  (Legge  elettorale)  e  modifica  ed
integrazione dell'articolo 28 della legge regionale 5 giugno 1996, n.
13 (Nuove disposizioni in materia di  trattamento  indennitario  agli
eletti  alla  carica  di  consigliere  regionale  della   Campania)»,
promosso dal Tribunale di Napoli nel procedimento vertente tra R.C. e
la Regione Campania ed altro, con ordinanza  del  14  novembre  2012,
iscritta al n. 10 del registro  ordinanze  2013  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  6,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2013. 
    Visti l'atto di costituzione di R.C. e della Regione Campania; 
    udito nella camera di consiglio del 19  giugno  2013  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che il Tribunale di Napoli, prima  sezione  civile,  con
ordinanza del 14 novembre 2012 (r.o. n. 10 del 2013), nel corso di un
giudizio  in  materia   elettorale,   ha   sollevato   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 1 della legge della Regione
Campania 11 ottobre 2011, n. 16, recante  «Modifica  ed  integrazione
dell'articolo  9  della  legge  regionale  19  gennaio  2007,  n.   l
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
della Regione Campania - legge finanziaria regionale 2007),  modifica
ed integrazione dell'articolo 9 della legge regionale 27 marzo  2009,
n. 4 (Legge elettorale) e modifica ed integrazione  dell'articolo  28
della legge regionale 5 giugno 1996, n.  13  (Nuove  disposizioni  in
materia di  trattamento  indennitario  agli  eletti  alla  carica  di
consigliere regionale della Campania)», deducendo la violazione degli
articoli 2, 3, primo comma, 51, primo comma, e  117,  secondo  comma,
lettera h), della Costituzione; 
    che il giudice a quo - descritte analiticamente  le  vicende  del
giudizio  ed  affrontate  le  preliminari  questioni  processuali   -
premette   di   dovere   decidere   della   disapplicazione    ovvero
dell'annullamento di una delibera  di  sospensione  dalla  carica  di
consigliere regionale ai sensi del  menzionato  art.  9  della  legge
della Regione Campania n. 1 del 2007, modificato dall'art.  1,  comma
1, della legge regionale n. 16  del  2011.  Il  ricorrente,  infatti,
sospeso in virtu' della disposizione impugnata - che prevede  che  «I
consiglieri  regionali  che  hanno  riportato  condanna,  anche   non
definitiva, per il delitto di cui all'art. 416-bis del codice  penale
restano sospesi dalla carica fino  alla  sentenza  definitiva»  -  ha
chiesto dichiararsi il proprio  diritto  a  rivestire  la  carica  di
consigliere regionale, e quindi di essere reintegrato  nella  carica,
sulla base della prospettata illegittimita' della norma regionale  di
cui la delibera costituisce diretta applicazione: donde la  rilevanza
della questione, sollevata su istanza della  parte,  nel  giudizio  a
quo.  D'altro  canto,  l'eventuale  declaratoria  di   illegittimita'
costituzionale  della  norma  censurata  posta  a  fondamento   della
delibera  comporterebbe  la  possibilita'  per   il   ricorrente   di
esercitare le funzioni connesse alla carica di  consigliere,  essendo
ormai decorso il termine di  durata  di  18  mesi  della  sospensione
disposta in virtu' dell'art. 15, comma 4-bis, della  legge  19  marzo
1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della  delinquenza
di  tipo  mafioso  e  di  altre  gravi  forme  di  manifestazione  di
pericolosita' sociale); 
    che, quanto alla non manifesta infondatezza della  questione,  il
Tribunale rimettente deduce, innanzitutto,  la  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera h), Cost.,  che  riserva  allo  Stato  la
potesta' legislativa in materia di ordine e sicurezza pubblica; 
    che, infatti, le cause di  sospensione  ex  lege  da  una  carica
elettiva per effetto di condanne non definitive per alcune  tipologie
di reati sono regolate nell'ambito della legislazione statale  e,  in
particolare, nella legge n. 55 del 1990; 
    che la Corte in diverse occasioni ha ribadito  l'orientamento  in
base al quale  l'art.  15,  come  successivamente  modificato,  della
citata legge n.  55  del  1990  persegue  finalita'  di  salvaguardia
dell'ordine e  della  sicurezza  pubblica,  di  tutela  della  libera
determinazione degli organi elettivi, di buon andamento e trasparenza
delle  amministrazioni  pubbliche  contro   i   gravi   pericoli   di
inquinamento derivanti dalla criminalita'  organizzata  e  dalle  sue
infiltrazioni (sono citate le sentenze n. 141 del 1996, n. 118  e  n.
195 del 1994, n. 288 del  1993  e  n.  407  del  1992),  coinvolgendo
interessi  dell'intera  comunita'   nazionale   connessi   a   valori
costituzionali di rilevanza primaria (sentenze n. 288, n.  218  e  n.
197 del 1993); 
    che, assume il  rimettente,  la  disposizione  censurata  sarebbe
altresi' illegittima per violazione degli artt.  2,  3  e  51  Cost.,
nella parte in cui fa coincidere la durata  della  sospensione  dalla
carica alla durata (imprevedibile) del processo; 
    che, infatti, dal raffronto con le cause di sospensione  ex  lege
contemplate dalla normativa statale risulterebbe  che  i  consiglieri
della Regione Campania subiscono, in caso di condanna non  definitiva
per il delitto di cui all'art.  416-bis  cod.  pen.,  un  trattamento
deteriore, sia rispetto al caso di condanna per le altre  ipotesi  di
delitti previsti dall'art. 15, comma 1, lettera a), della legge n. 55
del 1990, sia rispetto ad analoga condanna emessa nei  confronti  dei
consiglieri regionali eletti in regioni diverse: in entrambi i  casi,
infatti,  la  sospensione  dalla  carica  ha   una   durata   massima
predeterminata dalla legge statale di  diciotto  mesi,  ai  quali  si
possono aggiungere, in caso di rigetto  dall'impugnazione,  ulteriori
dodici mesi dalla sentenza; 
    che la illustrata differenziazione sarebbe irragionevole,  da  un
canto, perche' i delitti previsti dall'art. 15, comma 1, lettera  a),
della legge n. 55  del  1990  sono  accomunati  dalla  giurisprudenza
costituzionale (sono citate le sentenze n. 132 del 2001, n.  206  del
1999 e n. 184 del 1994) non in base  al  bene  offeso  o  all'entita'
della pena comminata, bensi' in base al fatto di essere  stati  tutti
considerati dal legislatore come  manifestazione  di  delinquenza  di
tipo mafioso o di altre gravi forme di pericolosita'  sociale  e,  in
quanto tali, parimenti forniti  di  alta  capacita'  di  inquinamento
degli apparati pubblici da parte delle  organizzazioni  criminali.  A
fronte di detta considerazione  unitaria  da  parte  del  legislatore
statale,  sarebbe  irragionevole  la  disciplina  regionale  cha   fa
derivare conseguenze piu' rigorose esclusivamente  nei  confronti  di
«un consigliere regionale della Campania e per  uno  solo  dei  reati
espressivi della delinquenza di tipo mafioso»; 
    che la norma impugnata sarebbe altresi' lesiva degli  artt.  2  e
51, primo comma, Cost., per l'assenza della previsione di  un  limite
di durata predeterminato  all'esercizio  del  diritto  all'elettorato
passivo; 
    che,  infatti,  le  restrizioni  del  contenuto  di  un   diritto
inviolabile sarebbero ammissibili solo nei limiti indispensabili alla
tutela di altri interessi di rango costituzionale, secondo la  regola
della necessarieta' e  della  ragionevole  proporzionalita'  di  tale
limitazione (sono citate le sentenze n. 467 del 1991 e, in  generale,
sui limiti posti a diritti inviolabili da esigenze  di  conservazione
dell'ordine pubblico, le sentenze n. 138 del 1985 e n. 102 del 1975); 
    che con atto depositato il 19 febbraio 2013 si e'  costituito  il
consigliere regionale R.C. che ha concluso  per  la  declaratoria  di
illegittimita' della norma regionale impugnata; 
    che  e'  intervenuto  in  giudizio  il  Presidente  della  Giunta
regionale che ha  concluso  per  l'infondatezza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale,  per  i  motivi   articolati   in   una
successiva memoria. 
    Considerato che il Tribunale di Napoli ha sollevato questione  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 1 della legge della Regione
Campania 11 ottobre 2011, n. 16, recante  «Modifica  ed  integrazione
dell'articolo  9  della  legge  regionale  19  gennaio  2007,  n.   l
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
della Regione Campania - legge finanziaria regionale 2007),  modifica
ed integrazione dell'articolo 9 della legge regionale 27 marzo  2009,
n. 4 (Legge elettorale) e modifica ed integrazione  dell'articolo  28
della legge regionale 5 giugno 1996, n.  13  (Nuove  disposizioni  in
materia di  trattamento  indennitario  agli  eletti  alla  carica  di
consigliere regionale della Campania)», per violazione degli articoli
2, 3, primo comma, 51, primo comma, e 117, secondo comma, lettera h),
della Costituzione; 
    che, successivamente all'ordinanza di rimessione, questa Corte ha
gia' dichiarato, con la sentenza n. 118  del  2013,  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1 (nonche' dei successivi artt. 2 e 3, comma
1, lettera a) della legge della Regione Campania n. 16 del 2011; 
    che, dunque, la questione deve essere  dichiarata  manifestamente
inammissibile per  sopravvenuta  mancanza  di  oggetto,  giacche',  a
seguito della sentenza da ultimo citata, la norma censurata e'  stata
gia' rimossa dall'ordinamento con efficacia  ex  tunc  (ex  plurimis,
ordinanze n. 222 e n. 76 del 2012). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  davanti  alla
Corte costituzionale.