ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 1
e 2, della legge della Regione Umbria 19 ottobre 2012, n. 16  (Misure
per l'attuazione coordinata delle politiche regionali  a  favore  del
contrasto e prevenzione del crimine organizzato  e  mafioso,  nonche'
per la promozione della cultura della legalita' e della  cittadinanza
responsabile. Integrazione alla legge regionale 14 ottobre  2008,  n.
13  recante  disposizioni  relative  alla  promozione   del   sistema
integrato di sicurezza urbana ed  alle  politiche  per  garantire  il
diritto alla  sicurezza  dei  cittadini  -  abrogazione  della  legge
regionale 19  giugno  2002,  n.  12),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 18-21 dicembre 2012,
depositato in cancelleria il 24 dicembre 2012 ed iscritto al  n.  195
del registro ricorsi 2012. 
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  ottobre  2013  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo; 
    udito  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato, a  mezzo  del  servizio  postale,  il
18-21 dicembre 2012 e depositato il successivo 24 dicembre  (r.r.  n.
195  del  2012),  il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso, in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  e),
della  Costituzione,   questioni   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 10, commi 1 e  2,  della  legge  della  Regione  Umbria  19
ottobre  2012,  n.  16  (Misure  per  l'attuazione  coordinata  delle
politiche regionali a favore del contrasto e prevenzione del  crimine
organizzato e mafioso, nonche' per la promozione della cultura  della
legalita' e della cittadinanza responsabile. Integrazione alla  legge
regionale 14 ottobre 2008, n. 13 recante disposizioni  relative  alla
promozione  del  sistema  integrato  di  sicurezza  urbana  ed   alle
politiche per garantire il diritto alla  sicurezza  dei  cittadini  -
abrogazione della legge regionale 19 giugno 2002, n. 12). 
    2.-  Dopo  aver  riportato  il   contenuto   delle   disposizioni
censurate, il Presidente del Consiglio dei ministri  osserva  che  la
normativa  regionale  ha  inciso  nella  fase  di  individuazione  di
soggetti privati destinatari  di  provvedimenti  pubblici  ampliativi
della loro sfera soggettiva introducendo, per determinati  casi,  una
limitazione legale  a  monte  nella  possibilita'  di  scelta  tra  i
soggetti,   privilegiandone   alcuni   (per    ragioni    sicuramente
commendevoli e in  linea  astratta  conformi  ad  altre  disposizioni
contenute in leggi statali). 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  cosi'  operando,   il   legislatore
regionale avrebbe  violato  la  propria  sfera  di  attribuzioni,  in
quanto, pur essendo precisato all'art. 1 della  detta  legge  che  la
materia e' regolamentata «in armonia con i principi costituzionali» e
«nel rispetto delle competenze dello Stato», con la  norma  impugnata
sarebbe disciplinato un settore  rimesso,  ai  sensi  dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost., alla legislazione  esclusiva  dello
Stato. 
    Infatti, secondo la difesa statale,  non  si  potrebbe  porre  in
dubbio che - come lo stesso comma 1 dell'art. 10 chiarisce attraverso
un generico riferimento al "codice dei contratti" -  le  disposizioni
impugnate, regolando la materia della scelta del contraente  e  della
concessione  di  finanziamenti  pubblici  da  parte  della   pubblica
amministrazione, andrebbero ad  incidere  nel  campo  dell'intervento
diretto o indiretto dello Stato nell'attivita' economica. 
    Si tratterebbe di materia  nella  quale  sarebbe  prioritaria  la
tutela della concorrenza, che non potrebbe  essere  alterata  a  pena
d'incorrere in violazione di norme nazionali e sovranazionali. 
    Il ricorrente sottolinea come la delicatezza  del  settore  abbia
indotto il legislatore costituzionale  a  concentrare  in  capo  allo
Stato  le  relative  competenze  legislative,  anche   al   fine   di
scongiurare una possibile disparita' di  trattamento  sul  territorio
nazionale. 
    Esse sarebbero sottratte alle Regioni  in  forza  della  espressa
indicazione contenuta  nell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost., che rimette, tra le altre  materie,  anche  la  «tutela  della
concorrenza» alla competenza esclusiva statale. 
    Il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  osserva  come  tale
principio sia ribadito proprio dal richiamato decreto legislativo  12
aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE  e
2004/18/CE), il cui art. 4, comma 3,  stabilisce:  «Le  regioni,  nel
rispetto dell'articolo 117, comma secondo,  della  Costituzione,  non
possono prevedere una  disciplina  diversa  da  quella  del  presente
codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei concorrenti;
alle procedure di affidamento, esclusi i  profili  di  organizzazione
amministrativa; ai  criteri  di  aggiudicazione;  al  subappalto;  ai
poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati  all'Autorita'
per  la  vigilanza  sui  contratti  pubblici  di  lavori,  servizi  e
forniture; alle attivita' di progettazione e ai piani  di  sicurezza;
alla  stipulazione  e  all'esecuzione  dei  contratti,  ivi  compresi
direzione  dell'esecuzione,  direzione  dei  lavori,  contabilita'  e
collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione  e  contabilita'
amministrative; al contenzioso. Resta ferma la  competenza  esclusiva
dello Stato a disciplinare i contratti relativi alla tutela dei  beni
culturali,  i  contratti  nel  settore  della  difesa,  i   contratti
segretati o che esigono particolari misure di  sicurezza  relativi  a
lavori, servizi, forniture». 
    Il ricorrente ricorda che la  citata  norma  e'  stata  impugnata
dinanzi alla Corte costituzionale da piu' Regioni le quali dubitavano
della legittimita' di una disciplina che poneva, con  legge  statale,
una normativa di dettaglio in materie rientranti - secondo  l'ipotesi
ricostruttiva - nella competenza regionale; e rimarca  che  la  Corte
costituzionale, nell'affermare la legittimita'  costituzionale  della
norma per  la  parte  che  qui  interessa,  ha  sottolineato  che  e'
necessario «assicurare l'adozione di uniformi procedure  di  evidenza
pubblica  nella  scelta  del  contraente,  idonee  a  garantire,   in
particolare, il rispetto dei principi di parita' di  trattamento,  di
non discriminazione, di proporzionalita' e di trasparenza». 
    Il Presidente del Consiglio osserva che  la  Corte,  inoltre,  ha
precisato che «la nozione comunitaria di concorrenza,  che  viene  in
rilievo in questa sede e che si riflette su quella  di  cui  all'art.
117, secondo comma, lettera e), Cost., e' definita  come  concorrenza
"per" il mercato, la quale impone  che  il  contraente  venga  scelto
mediante procedure di garanzia che assicurino il rispetto dei  valori
comunitari e costituzionali sopra  indicati»  (sentenza  n.  401  del
2007); ed aggiunge che la Corte ha  anche  affermato  che  la  tutela
della concorrenza ha «natura trasversale, non presentando i caratteri
di una materia  di  estensione  certa,  ma  quelli  di  una  funzione
esercitabile sui piu' diversi oggetti (sentenza numero 14  del  2004;
si vedano, altresi', le sentenze numeri 29 del 2006; 336 del  2005  e
272 del 2004). Nello specifico settore  degli  appalti  deve,  pero',
ritenersi che la interferenza con competenze regionali si atteggia in
modo peculiare, non realizzandosi normalmente un intreccio  in  senso
stretto con ambiti  materiali  di  pertinenza  regionale,  bensi'  la
prevalenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa. Ne
consegue  che  la  fase  della  procedura   di   evidenza   pubblica,
riconducibile  alla   tutela   della   concorrenza,   potra'   essere
interamente disciplinata [...]  dal  legislatore  statale»  (medesima
sentenza n. 401 del 2007). 
    Alla luce dei suddetti principi, il  ricorrente  ritiene  che  le
disposizioni impugnate siano invasive della  competenza  statale,  in
quanto - a prescindere dalle finalita' perseguite e dai mezzi  a  tal
fine utilizzati -  regolerebbero  per  la  sola  Regione  Umbria  una
materia il cui assetto sarebbe  rimesso  unicamente  allo  Stato,  ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. 
    Sulla  base  di  tali  rilievi,  sempre  secondo  il  ricorrente,
andrebbe dichiarata l'illegittimita' costituzionale  della  normativa
censurata. 
    3.- La Regione Umbria non ha svolto attivita' difensiva. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso  notificato,
a mezzo del servizio postale, il 18-21 dicembre 2012 e depositato  il
successivo 24 dicembre (r.r. n. 195  del  2012),  ha  promosso  -  in
riferimento  all'art.  117,  secondo   comma,   lettera   e),   della
Costituzione - questioni di legittimita' costituzionale dell'articolo
10, commi 1 e 2, della legge della Regione Umbria 19 ottobre 2012, n.
16 (Misure per l'attuazione coordinata delle  politiche  regionali  a
favore del contrasto e prevenzione del crimine organizzato e mafioso,
nonche' per la promozione  della  cultura  della  legalita'  e  della
cittadinanza  responsabile.  Integrazione  alla  legge  regionale  14
ottobre 2008, n. 13 recante disposizioni relative alla promozione del
sistema integrato di sicurezza urbana ed alle politiche per garantire
il diritto alla sicurezza dei cittadini  -  abrogazione  della  legge
regionale 19 giugno 2002, n. 12). 
    La norma censurata stabilisce che:«1. Nel rispetto del codice dei
contratti  e  del  relativo  regolamento  d'attuazione,   la   Giunta
regionale, sentite  le  organizzazioni  imprenditoriali  e  sindacali
operanti sul territorio regionale, puo' adottare, con  proprio  atto,
misure e criteri  per  l'attribuzione  alle  imprese,  individuali  o
collettive, vittime di reati di mafia e di criminalita'  organizzata,
di  posizioni  preferenziali  nei  bandi  per   la   concessione   di
finanziamenti pubblici  e  per  l'affidamento  di  contratti  con  la
Regione e con gli enti, aziende e  societa'  regionali,  individuando
altresi' i requisiti  necessari  ai  fini  del  riconoscimento  della
predetta qualita'. 2. Le misure di cui al comma 1 possono  consistere
anche nell'affidamento in via prioritaria  di  contratti  di  cottimo
fiduciario, secondo le disposizioni contenute negli  articoli  125  e
seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163  (Codice  dei
contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture   in
attuazione della direttiva 2004/17/CE e della direttiva 2004/18/CE)». 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  tali  disposizioni  si  pongono  in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto
esse - come  chiarito  anche  dallo  stesso  comma  1  attraverso  un
generico riferimento al "codice dei contratti" - regolando la materia
della scelta del contraente  e  della  concessione  di  finanziamenti
pubblici da parte della pubblica amministrazione e introducendo,  per
determinati casi, una limitazione legale a monte  nella  possibilita'
di scelta tra  i  soggetti,  privilegiandone  alcuni,  verrebbero  ad
incidere nel campo dell'intervento diretto o  indiretto  dello  Stato
nell'attivita' economica, materia nella quale sarebbe prioritaria  la
«tutela della concorrenza»,  riservata  alla  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato, come ribadito dal citato  d.lgs.  n.  163  del
2006, art. 4, comma 3. 
    2.- Come risulta dal testo dell'impugnato art. 10, comma 1, della
legge della Regione Umbria n. 16 del  2012,  la  normativa  impugnata
affida alla Giunta  regionale  la  potesta'  di  adottare  «misure  e
criteri» per attribuire alle imprese, vittime di reati di mafia e  di
criminalita' organizzata, «posizioni preferenziali» nei bandi per  la
concessione  di  finanziamenti  pubblici  e  per   l'affidamento   di
contratti  con  la  Regione  e  con  gli  enti,  aziende  e  societa'
regionali, individuando, altresi', i requisiti necessari ai fini  del
riconoscimento della predetta qualita'. La norma, dunque, prevede due
fattispecie  distinte  e  non  omogenee,  accomunate  soltanto  dalla
finalita' di predisporre apposite iniziative  a  favore  di  imprese,
individuali o collettive, vittime di reati di mafia e di criminalita'
organizzata: da un lato, bandi per la  concessione  di  finanziamenti
pubblici; dall'altro, bandi per l'affidamento  di  contratti  con  la
Regione e con gli enti dalla norma stessa menzionati. 
    I procedimenti  per  la  concessione  di  finanziamenti  pubblici
trovano la loro norma-quadro nell'art. 12 della legge 7 agosto  1990,
n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento  amministrativo  e  di
diritto  di  accesso  ai  documenti  amministrativi),  e   successive
modificazioni.  Ai  sensi  di  tale  disposizione  (comma   1),   «La
concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili  finanziari
e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a  persone
ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da
parte delle amministrazioni  procedenti,  nelle  forme  previste  dai
rispettivi  ordinamenti,  dei  criteri  e  delle  modalita'  cui   le
amministrazioni stesse devono attenersi». 
    Come questa Corte ha gia' affermato, le funzioni attribuite  alle
Regioni  «ricomprendono  pure  la  possibilita'  di   erogazione   di
contributi finanziari a soggetti privati, dal momento che in numerose
materie di competenza regionale  le  politiche  pubbliche  consistono
appunto  nella  determinazione  di  incentivi  economici  ai  diversi
soggetti che vi operano e nella disciplina  delle  modalita'  per  la
loro erogazione (sentenze n. 50 del 2008, punto 3 del Considerato  in
diritto; n. 423 del 2004, punto  7.6  del  Considerato  in  diritto).
Inoltre,  e'  stato  chiarito  che  appartengono   «alla   competenza
legislativa concorrente o  residuale  delle  Regioni  gli  interventi
sintonizzati sulla realta' produttiva regionale, tali comunque da non
creare ostacolo alla libera circolazione delle persone o  delle  cose
fra le Regioni e da non limitare l'esercizio del diritto al lavoro in
qualunque parte del territorio nazionale» (sentenza n. 14  del  2004,
punto 4 del Considerato in diritto). 
    Nel caso in esame, i finanziamenti pubblici previsti dalla  norma
censurata  attengono,  per   l'appunto,   alla   realta'   produttiva
regionale,  non  incidono  su  aspetti  inerenti  alla  tutela  della
concorrenza ed hanno la  finalita'  di  porre  in  essere  interventi
regionali di sostegno alle imprese vittime di reati  di  mafia  e  di
criminalita' organizzata, per tali  dovendosi  intendere  le  imprese
«che abbiano subito danni, a  qualsiasi  titolo,  in  conseguenza  di
delitti commessi  avvalendosi  delle  condizioni  previste  dall'art.
416-bis del codice penale  purche'  il  fatto  delittuoso  sia  stato
tempestivamente denunciato e riscontrato in  sede  giudiziale»  (art.
10, comma 3, della legge regionale n. 16 del 2012). 
    La  disposizione,  dunque,  persegue  uno  scopo  indennitario  o
risarcitorio, in coerenza con gli obiettivi individuati  dalla  legge
ora citata (art. 10, comma 1, e artt.  3  e  seguenti)  e,  pertanto,
estraneo alla materia dei contratti pubblici. 
    Orbene,  il  ricorso  (come,  del  resto,  la  deliberazione  del
Consiglio dei ministri che  l'ha  preceduto)  trascura  del  tutto  i
suddetti  profili,  non  argomenta  in  alcun  modo  in   ordine   ai
finanziamenti pubblici e alla loro natura giuridica, tratta  soltanto
della disciplina dei contratti pubblici richiamando l'art.  4,  comma
3, del d.lgs. n. 163 del 2006, al cui ambito applicativo, pero', come
ora si e' detto, i finanziamenti pubblici restano estranei. 
    Ne  deriva  che  l'impugnazione  come  sviluppata  dalla   difesa
statale, nella parte relativa alla potesta' della Giunta regionale di
concedere  i  suddetti  finanziamenti  alle  imprese  previste  dalla
normativa censurata,  si  rivela  priva  di  supporto  argomentativo,
mentre il parametro costituzionale evocato (art. 117, secondo  comma,
lettera e, Cost.), nonche' il parametro interposto (art. 4, comma  3,
del d.lgs. n. 163 del 2006) risultano non pertinenti. 
    Pertanto,  in  parte  qua,  il  ricorso  deve  essere  dichiarato
inammissibile. 
    3.- La questione promossa con riguardo alla potesta' della Giunta
regionale di adottare «posizioni preferenziali» per le  imprese  come
sopra individuate nei bandi per l'affidamento  di  contratti  con  la
Regione e con gli enti, aziende e societa' regionali (art. 10,  comma
1, della legge reg. n. 16 del 2012), nonche' per l'affidamento in via
prioritaria di contratti di cottimo fiduciario  (art.  10,  comma  2,
della stessa legge regionale), e' fondata. 
    Questa  Corte,  con  giurisprudenza  costante,  ha  chiarito  che
l'intera  disciplina  delle  procedure  ad   evidenza   pubblica   e'
riconducibile alla  tutela  della  concorrenza,  con  la  conseguente
titolarita' della potesta' legislativa, in  via  esclusiva,  in  capo
allo Stato. In particolare, la disciplina delle procedure di gara, la
regolamentazione della qualificazione e  selezione  dei  concorrenti,
delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione mirano
a garantire che le medesime si svolgano  nel  rispetto  delle  regole
concorrenziali e dei principi comunitari  della  libera  circolazione
delle merci, della libera prestazione dei servizi, della liberta'  di
stabilimento, nonche' dei principi costituzionali di trasparenza,  di
parita' di trattamento, di non discriminazione (ex plurimis: sentenze
n. 28 del 2013; n. 339 del 2011; n. 186 del 2010; n. 283 del  2009  e
n. 401 del 2007). 
    E' stato, altresi',  precisato  che,  con  riferimento  (tra  gli
altri) al principio di parita' di trattamento, e' necessario  che  le
procedure  di  affidamento  e  i  criteri  di  aggiudicazione   siano
disciplinati dal legislatore statale, appunto  perche'  riconducibili
alla tutela della concorrenza (sentenza n. 28 del 2013, punto 10  del
Considerato in diritto). 
    Nel caso di specie, la norma censurata, ad onta del  richiamo  al
rispetto del "codice dei contratti" e  del  relativo  regolamento  di
attuazione contenuto nell'incipit della norma stessa, non si conforma
alla disciplina statale e, segnatamente, all'art.  4,  comma  3,  del
d.lgs. n. 163 del 2006, in forza del quale  le  Regioni  non  possono
prevedere una disciplina diversa  da  quella  del  detto  codice,  in
relazione  (tra  gli  altri)  alla  qualificazione  e  selezione  dei
concorrenti,  alle  procedure  di  affidamento  ed  ai   criteri   di
aggiudicazione. Essa, infatti,  consente  alla  Giunta  regionale  di
adottare, in uno specifico ambito territoriale, misure e criteri  per
attribuire a determinate imprese «posizioni preferenziali» nei  bandi
per l'affidamento di  contratti  con  la  Regione  e  con  gli  altri
soggetti nella norma medesima individuati. In tal guisa operando,  si
introduce per dette imprese (e sia  pure  per  ragioni  commendevoli,
come nota la difesa erariale)  un  criterio  preferenziale  destinato
inevitabilmente a risolversi in un'alterazione del libero gioco della
concorrenza, andando cosi' ad incidere in una materia riservata  alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato. 
    Considerazioni analoghe valgono anche per le  misure  concernenti
l'affidamento  «in  via  prioritaria»   di   contratti   di   cottimo
fiduciario. Invero, il carattere generico  e  ambiguo  della  formula
adottata la rende poco coerente con l'art. 125, comma 8,  del  d.lgs.
n. 163 del 2006, cui la formula  stessa  si  richiama.  Peraltro,  la
norma ora menzionata chiarisce  che  l'affidamento  mediante  cottimo
fiduciario avviene nel rispetto (tra  gli  altri)  del  principio  di
parita' di trattamento,  che  deve  ritenersi  in  contrasto  con  un
affidamento «prioritario». 
    Conclusivamente, alla stregua delle considerazioni che precedono,
va dichiarata l'illegittimita' costituzionale: a) dell'art. 10, comma
1, della legge della Regione Umbria n.  16  del  2012,  limitatamente
alle parole «e per l'affidamento di contratti con la  Regione  e  con
gli enti, aziende e societa' regionali»; b) dell'art.  10,  comma  2,
della medesima legge.