ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'articolo  9  del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n.  1  (Disposizioni  urgenti  per  la
concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e  la  competitivita'),
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012,  n.  27,  e
del decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140 (Regolamento  recante
la determinazione dei parametri per la liquidazione da  parte  di  un
organo giurisdizionale dei compensi per le  professioni  regolarmente
vigilate dal Ministero della giustizia,  ai  sensi  dell'art.  9  del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), promossi dal  Tribunale  ordinario
di Cremona con ordinanza del 13 settembre 2012, dal Giudice  di  pace
di Torre del Greco con ordinanza del 21 novembre 2012, dal Giudice di
pace di Sciacca con ordinanza del 2 novembre  2012  e  dal  Tribunale
ordinario di Nocera Inferiore con  quattro  ordinanze  del  7  maggio
2012, una ordinanza del 27 giugno 2012 ed altre tre ordinanze  del  7
maggio  2012,  rispettivamente  iscritte  al  n.  305  del   registro
ordinanze 2012 ed ai nn. 76, 118, 119, 120, 121, 138, 139, 140, 141 e
142 del registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica nn. 4, 17, 22 e 25, prima serie speciale,  dell'anno
2013, e dell'articolo 91,  ultimo  comma,  del  codice  di  procedura
civile, aggiunto dall'art. 13, comma 1, lettera b), del decreto-legge
22 dicembre 2011, n. 212 (Disposizioni urgenti per l'efficienza della
giustizia civile), convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  17
febbraio 2012, n. 10, promosso dal Giudice di pace di Torre del Greco
con la stessa ordinanza di cui sopra. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 9  ottobre  2013  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli. 
    Ritenuto che, con otto ordinanze, iscritte rispettivamente ai nn.
r.o. dal 119 al 121 e dal 138 al 142 del 2013, emesse  nel  corso  di
altrettanti  giudizi  civili,  il  Tribunale  ordinario   di   Nocera
Inferiore ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 101, 104,
107,  111  e  117  della  Costituzione,  questioni  di   legittimita'
costituzionale della disposizione intertemporale di cui  all'articolo
9, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio  2012,  n.  1  (Disposizioni
urgenti per la concorrenza, lo sviluppo  delle  infrastrutture  e  la
competitivita'), convertito, con modificazioni, dalla legge 24  marzo
2012, n. 27, nella parte in cui dispone che «le tariffe vigenti  alla
data  di  entrata  in  vigore  del  presente  decreto  continuano  ad
applicarsi, limitatamente alla liquidazione delle  spese  giudiziali,
sino alla data di entrata in vigore dei decreti ministeriali  di  cui
al comma 2 e, comunque, non oltre il centoventesimo giorno dalla data
di  entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del  presente
decreto»; 
    che, ai fini della liquidazione delle spese giudiziali  in  altro
processo civile pendente innanzi al Tribunale ordinario  di  Cremona,
anche questo giudice, con ordinanza iscritta al n. r.o. 305 del 2012,
ha dubitato della legittimita' del predetto art. 9 del d.l. n. 1  del
2012 - con riferimento, in questo caso, ai suoi commi 1, 2,  e  5,  e
con estensione della denuncia al  (nel  frattempo  adottato)  decreto
ministeriale  20  luglio  2012,  n.  140  (Regolamento   recante   la
determinazione dei parametri per  la  liquidazione  da  parte  di  un
organo giurisdizionale dei compensi per le  professioni  regolarmente
vigilate dal Ministero della giustizia,  ai  sensi  dell'art.  9  del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), «nella parte in cui [dette  norme]
dispongono l'applicazione retroattiva  delle  nuove  tariffe  forensi
anche ai processi in corso e all'attivita' gia'  svolta  ed  esaurita
prima della sua entrata in vigore, in relazione all'art. 3, 24 e  117
della  Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione  all'art.  6  CEDU,
all'art. 5 Trattato Ue e  all'art.  296  Trattato  sul  Funzionamento
dell'Ue e all'art. 6 Trattato Ue e per esso ai principi  dello  Stato
di Diritto richiamati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo
e dalla Carta di Nizza», per non  ravvisata  sussistenza  di  ragioni
imperative  di  interesse  generale  suscettibili   di   giustificare
l'attuato «mutamento dei compensi in corso di causa», che «si traduce
in un mutamento dell'equilibrio contrattuale a suo tempo concordato»; 
    che, con altra ordinanza iscritta al n.  r.o.  76  del  2013,  il
Giudice di pace di Torre del Greco,  oltre  a  prospettare  questione
identica a quella che precede, salva la formale evocazione anche  del
parametro dell'art. 36 Cost., ha  contestualmente  denunciato  l'art.
91, ultimo comma, del codice di procedura civile, aggiunto  dall'art.
13, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 dicembre 2011,  n.  212
(Disposizioni  urgenti  per  l'efficienza  della  giustizia  civile),
convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012 n. 10 - a
tenore del quale «nelle  cause  previste  dall'articolo  82  [il  cui
valore non eccede € 516,46 e nelle quali le parti  possono  stare  in
giudizio personalmente] le spese, competenze ed onorari liquidati dal
giudice non possono superare il valore della  domanda»  -  unitamente
all'art. 9, comma 4, del d.l. n. 1 del 2012 ed al successivo d.m.  n.
140 del 2012; 
    che, con riguardo a tale ulteriore questione,  il  rimettente  ha
prospettato la violazione degli artt. 3, 24 e 36 Cost.,  sul  rilievo
che, nei giudizi di valore esiguo, il denunciato  combinato  disposto
normativo mortificherebbe  il  lavoro  dell'avvocato,  imponendo  una
liquidazione per spese e compensi irrisoria, se non addirittura  pari
a zero nel caso in cui, «a mo' di esempio», il valore della causa sia
pari ad  € 30,00,  importo  inferiore  a  quello  necessario  per  la
corresponsione del contributo unificato; 
    che, infine, anche il Giudice di pace di Sciacca,  con  ordinanza
n. r.o. 118 del 2013, ha  riproposto  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 9 del d.l. n. 1 del 2012 e del d.m.  n.  140
del 2012, «nella parte in cui dispongono  l'applicazione  retroattiva
delle nuove tariffe professionali», per contrasto con  gli  artt.  3,
10, 24, 117, 25, secondo comma, Cost., in relazione all'art. 1  delle
disposizioni preliminari al codice civile,  per  totale  condivisione
delle (trascritte) motivazioni di cui alla  ordinanza  del  Tribunale
ordinario di Cremona; 
    che l'Avvocatura generale dello Stato, per conto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri - intervenuto in tutti i riferiti  giudizi
- ha concluso: 
    - per la manifesta inammissibilita', per difetto  di  motivazione
sulla  rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza,  delle   questioni
sollevate dal Tribunale ordinario di Nocera Inferiore; 
    - per l'inammissibilita' o in subordine la manifesta infondatezza
o, in via ulteriormente gradata, per l'infondatezza della  questione,
sulla retroattivita' delle nuove tariffe, prospettata  dal  Tribunale
ordinario di Cremona e riproposta adesivamente dai Giudici di pace di
Torre del Greco e di Sciacca; 
    - per la inammissibilita',  per  totale  difetto  di  motivazione
sulla rilevanza, e, in subordine, per l'infondatezza nel merito della
questione relativa agli artt. 91, ultimo comma, cod.  proc.  civ.,  9
del d.l. n. 1 del 2012 ed al d.m. n.  140  del  2012,  sollevata  dal
Giudice di pace di Torre del Greco. 
    Considerato che i giudizi vanno riuniti perche' pongono questioni
identiche o comunque fra loro strettamente connesse; 
    che le questioni sollevate con  le  ordinanze  del  Tribunale  di
Nocera   Inferiore   sono   manifestamente   inammissibili,   poiche'
testualmente identiche a quelle sollevate da altre numerose ordinanze
del medesimo Tribunale, gia' dichiarate manifestamente  inammissibili
da questa Corte, con ordinanza n.  115  del  2013  e  nuovamente  con
ordinanza  n.  213  del  2013,  per  difetto  di  motivazione   sulla
rilevanza,   «del   tutto   incomprensibilmente    legata    soltanto
all'obiettivo del rimettente di poter liquidare le spese  processuali
attraverso l'auspicata caducazione  proprio  di  quella  disposizione
intertemporale che tale liquidazione gli consentiva», e perche',  «in
relazione  ai  numerosi  parametri  invocati  (per  altro   in   modo
disarmonico tra motivazione e dispositivo), manca  una  pertinente  e
coerente motivazione delle ragioni  che  ne  determinerebbero,  nella
specie, la violazione da parte della norma denunciata»; 
    che anche la questione sollevata dal Giudice di pace di Sciacca -
a prescindere dalla inadeguatezza della motivazione  (sostanzialmente
per relationem) sulla sua non manifesta infondatezza - e',  comunque,
manifestamente inammissibile per  carenza  di  qualsiasi  motivazione
sulla rilevanza, non solo  non  delibata  ma  neppure  affermata,  in
assenza, per di piu', di alcuna descrizione dei fatti di causa; 
    che  del  pari  manifestamente  inammissibile,  per  difetto   di
motivazione sulla rilevanza, e' la questione avente ad oggetto l'art.
91, ultimo comma, cod. proc. civ. e l'art. 9, comma 4, del d.l. n.  1
del 2012, sollevata dal Giudice di pace di Torre  del  Greco,  atteso
che, per tal profilo, il rimettente si limita a  far  riferimento  ad
una ipotesi astratta, evocata - espressamente - «a mo'  di  esempio»,
ma, con riferimento  al  caso  concreto,  non  spiega  quale  sarebbe
l'importo massimo liquidabile sulla base della denunciata  normativa,
quale l'importo ritenuto, invece, adeguato, e quali le ragioni per le
quali sarebbe piu' equo un tale diverso importo; 
    che, infine, la questione di legittimita' dell'art. 9, commi 1, 2
e 5 del citato d.l. n. 1 del  2012  e  del  d.m.  n.  140  del  2012,
sollevata dal Tribunale ordinario di Cremona e dal Giudice di pace di
Torre  del   Greco   per   denunciato   contrasto,   della   disposta
«applicazione retroattiva delle nuove tariffe professionali anche  ai
giudizi  in  corso»,  con  gli  evocati  parametri  costituzionali  e
sovranazionali  -  ancorche'  ammissibile,  anche  in  relazione   al
suddetto  decreto   ministeriale,   non   ostante   la   sua   natura
regolamentare, in quanto si tratta di decreto strettamente  collegato
alla disciplina dettata dalla norma  primaria  (sentenza  n.  10  del
2011) - e', comunque,  a  sua  volta,  manifestamente  infondata  per
erroneita' della premessa interpretativa; 
    che, infatti, non e' esatto quanto presupposto dai rimettenti per
inferirne  la  retroattivita',   asseritamente   illegittima,   della
normativa in esame, e cioe' che al compimento di  ogni  singolo  atto
del professionista sorga ipso facto il suo  diritto  al  compenso  in
relazione alle tariffe a quel tempo vigenti; 
    che vero e' invece - come anche di recente ribadito  dalla  Corte
di cassazione, a sezioni  unite  (sentenza  n.  17405  del  2012),  a
conferma di un pregresso consolidato orientamento - che quel compenso
costituisce un corrispettivo unitario,  «che  ha  riguardo  all'opera
professionale complessivamente prestata; e di cio' non si e'  mai  in
passato dubitato, quando si e' trattato di liquidare onorari maturati
all'esito di cause durante le quali  si  erano  succedute  nel  tempo
tariffe professionali diverse, giacche' sempre in siffatti casi si e'
fatto  riferimento  alla  tariffa  vigente  al  momento  in  cui   la
prestazione professionale si e' esaurita»; 
    che, con riguardo  in  particolare  alla  prospettata  violazione
dell'art. 24 Cost., non e' sostenibile  che  una  generale  riduzione
delle tariffe forensi incida in  senso  limitativo  dell'accesso  dei
cittadini alla giustizia e quindi del loro diritto di difesa, quando,
a rigor di logica, la riduzione dei compensi agli avvocati  dovrebbe,
al contrario, condurre  ad  un  allargamento  del  ricorso  alle  vie
giurisdizionali; 
    che, infine, quanto alla ipotizzata evenienza che, «pur avendo in
ipotesi due avvocati posto in essere il medesimo adempimento  in  una
stessa data, uno di essi, piu' solerte nel  chiederne  il  pagamento,
avrebbe conseguito il dovuto  nella  misura  prevista  dalle  vecchie
tariffe, mentre il secondo, che abbia come di consueto atteso la fine
del giudizio, limitandosi  a  richiedere  di  volta  in  volta  degli
acconti, si vedrebbe liquidato un compenso  differente  e  mediamente
piu' basso», trattasi, appunto, di una ipotesi astratta che  comunque
si  risolve  in  un   inconveniente   di   fatto   non   direttamente
riconducibile  alla  disciplina  denunciata,   bensi'   a   variabili
accidentali legate alla sua applicazione, per cui manifestamente  non
sussiste neppure la violazione dell'art. 3  Cost.,  per  tal  profilo
adombrata dai rimettenti. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.