ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale  degli  artt.  8  e  9
della legge della Regione Liguria 28 giugno 2011, n. 15 (Disposizioni
di manutenzione e adeguamento  della  normativa  regionale)  e  degli
artt. 8, comma 8, e 18, comma 1, della legge della Regione Liguria 27
dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni collegate alla  legge  finanziaria
2012), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi
notificati il 1°-3 agosto 2011 e il 22-24 febbraio  2012,  depositati
in cancelleria il 5 agosto 2011 ed il 28 febbraio 2012 ed iscritti al
n. 78 del registro ricorsi 2011 e al n. 37 del registro ricorsi 2012. 
    Visti gli atti di costituzione della Regione Liguria; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  ottobre  2013  il  Giudice
relatore Luigi Mazzella; 
    uditi l'avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Santarelli per la Regione
Liguria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale  il  1°-3
agosto 2011, depositato in cancelleria il 5 agosto 2011 e iscritto al
n. 78 del registro ricorsi dell'anno 2011 il Presidente del Consiglio
dei ministri ha promosso questioni di legittimita' costituzionale, in
riferimento agli artt. 3, 97 e 117,  commi  secondo,  lettera  l),  e
terzo, della Costituzione, degli  artt.  8  e  9  della  legge  della
Regione Liguria 28 giugno 2011, n. 15 (Disposizioni di manutenzione e
adeguamento della normativa regionale). 
    1.1.- Premette il ricorrente che l'art. 8  della  suddetta  legge
regionale, rubricato «Continuita' nei rapporti di lavoro», stabilisce
che «Nei casi in cui occorra garantire la continuita'  del  servizio,
le ferie dei dipendenti che proseguono il loro rapporto di lavoro con
la Regione Liguria con forma contrattuale  diversa  che  comporti  la
cessazione o il collocamento in aspettativa senza assegni  per  tutta
la durata dell'incarico possono essere convertite, previa intesa  con
il dipendente [...]». 
    1.1.1.-  Il  Governo  sostiene  che  il  legislatore   regionale,
consentendo la conversione delle ferie dei  dipendenti  regionali  in
aspettativa  durante  tutta  la  durata  dell'incarico,  si  pone  in
contrasto con la disciplina statale di riferimento. E cio' perche' il
rapporto di lavoro dei  dipendenti  regionali,  in  quanto  personale
contrattualizzato, e' regolato dal contratto collettivo nazionale del
comparto Regioni ed autonomie locali stipulato il 6 luglio  1995,  il
quale prevede sub art. 18, comma 9, in conformita' all'art. 36 Cost.,
che le ferie sono un diritto  irrinunciabile,  disponendo,  altresi',
che le stesse non sono monetizzabili salvo che  in  casi  eccezionali
individuati nelle sole ferie residue all'atto  della  cessazione  del
rapporto di lavoro e non fruite per esigenze di servizio. Nel caso di
specie, ad avviso del ricorrente, la  previsione  regionale  esorbita
dall'ambito entro il quale il suddetto contratto collettivo  consente
la monetizzazione delle ferie, posto che la "conversione"  (e  dunque
la  monetizzazione)  viene  ad  essere  consentita  dal   legislatore
regionale durante il collocamento in aspettativa ovvero in  una  fase
del rapporto diversa dalla  cessazione,  quando  lo  stesso  prosegue
attraverso un nuovo incarico. La  disposizione  regionale  impugnata,
infatti, incide sulla disciplina delle  ferie,  fondamentale  aspetto
del contratto di diritto  privato  che  lega  i  dipendenti  pubblici
regionali - attualmente privatizzati - all'ente di appartenenza e che
risulta regolata dalla contrattazione collettiva. Sicche', rientrando
la regolamentazione di aspetti inerenti al  rapporto  di  lavoro  dei
dipendenti in regime di rapporto di  lavoro  contrattualizzato  nella
specifica competenza esclusiva statale dell'ordinamento civile  (come
piu' volte affermato da  questa  Corte),  la  disposizione  regionale
impugnata si porrebbe in contrasto con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost. 
    1.1.2.- L'art. 8 della  legge  regionale  censurata,  oltretutto,
differenziando in modo ingiustificato la disciplina delle  ferie  dei
dipendenti della Regione Liguria rispetto ai dipendenti  delle  altre
Regioni si porrebbe in contrasto anche con l'art. 3 Cost. Invero, non
potendosi individuare particolari ragioni  che  inducano  a  ritenere
ragionevole  tale  ingiustificata  discriminazione,  la  disposizione
violerebbe il principio di  eguaglianza  di  cui  all'art.  3  Cost.,
nonche' quelli di buon andamento e imparzialita' dell'amministrazione
di cui all'art. 97 Cost. 
    1.1.3.- Nel consentire la conversione delle ferie  oltre  i  casi
previsti  dal  contratto  collettivo  di  riferimento,   infine,   il
censurato art. 8 lederebbe i principi di coordinamento della  finanza
pubblica di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. Essendo le Regioni e
gli  enti  locali  chiamati  a  concorrere  al  raggiungimento  degli
obiettivi di finanza pubblica, assunti in sede europea per  garantire
il rispetto del Patto di stabilita'  e  crescita,  questi  enti  sono
assoggettati  alle  regole  del  cosiddetto  «Patto   di   stabilita'
interno», che, da un lato, indicano «limiti  complessivi  di  spesa»,
dall'altro, prevedono «sanzioni volte ad assicurar[n]e il  rispetto».
Detti  limiti,   secondo   la   giurisprudenza   di   questa   Corte,
«costituiscono principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica»
(sono richiamate le sentenze n. 155 del 2011; n. 289  e  n.  190  del
2008; n. 412 e n. 169 del 2007; n. 4 del 2004). 
    Peraltro, con la normativa statale vigente - in particolare,  con
l'art.  l,  comma  557,  della  legge  27  dicembre  2006,   n.   296
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2007), che obbliga  le  Regioni  alla
riduzione delle spese per il personale, come da ultimo sostituito dal
comma 7 dell'art. 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78  (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita'
economica), convertito in  legge,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122; nonche', con l'art.  76,
comma 6, del decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni
urgenti  per  lo   sviluppo   economico,   la   semplificazione,   la
competitivita',  la  stabilizzazione  della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria), convertito  in  legge,  con  modificazioni,
dall'art. l, comma l, della  legge  6  agosto  2008,  n.  133  -,  il
legislatore statale  ha  imposto  agli  enti  pubblici  una  rigorosa
programmazione  di  spesa  per  il  personale,  fissando  anche   una
disciplina vincolistica per tale tipologia di spesa. In tal modo,  le
finalita'  di  contenimento  della  spesa   relativa   al   personale
dipendente  devono  essere  riportate  nell'ambito  dei  fondamentali
principi di coordinamento della finanza pubblica. 
    La disposizione in esame, pertanto, consentendo ulteriori casi di
monetizzazione delle ferie per i dipendenti della Regione al di fuori
di quelli gia'  previsti  dalla  normativa  statale  di  riferimento,
comporterebbe nuove ed ingiustificate spese in  violazione  dell'art.
117, terzo comma, Cost.,  costituendo  le  richiamate  norme  statali
principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
    1.2.- Viene  impugnato,  altresi',  l'art.  9  della  legge  reg.
Liguria n. 15 del 2011, il quale prevede che dal 1° gennaio  2012  le
spese per il personale preposto agli  uffici  stampa,  attuati  dalla
normativa regionale ai sensi dell'art. 9 della legge 7  giugno  2000,
n. 150 (Disciplina delle attivita' di informazione e di comunicazione
delle  pubbliche  amministrazioni)  e  successive  modificazioni   ed
integrazioni, non concorrono ai fini della determinazione dei  limiti
di spesa del personale e dei limiti di cui all'art. 9, comma 28,  del
d.l. n.  78  del  2010.  Tale  ultima  disposizione  prevede  che  «A
decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello  Stato,  anche  ad
ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali  di  cui
agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999,  n.
300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici,  le
universita' e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4,  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive  modificazioni
e integrazioni, le camere  di  commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura, fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma  6,  e  36
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono  avvalersi  di
personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con  contratti
di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite  del  50  per
cento della spesa sostenuta per le stesse finalita'  nell'anno  2009.
Per le medesime amministrazioni la spesa  per  personale  relativa  a
contratti di formazione-lavoro, ad  altri  rapporti  formativi,  alla
somministrazione di lavoro,  nonche'  al  lavoro  accessorio  di  cui
all'articolo 70, comma l,  lettera  d)  del  decreto  legislativo  10
settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni  ed  integrazioni,
non puo' essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per  le
rispettive finalita'  nell'anno  2009.  Le  disposizioni  di  cui  al
presente  comma  costituiscono  principi   generali   ai   fini   del
coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni,
le province autonome, e gli enti  del  Servizio  sanitario  nazionale
[...]. Il mancato rispetto  dei  limiti  di  cui  al  presente  comma
costituisce  illecito  disciplinare   e   determina   responsabilita'
erariale.  Per  le  amministrazioni  che  nell'anno  2009  non  hanno
sostenuto spese per le  finalita'  previste  ai  sensi  del  presente
comma, il limite di cui al primo periodo e' computato con riferimento
alla media sostenuta per le stesse finalita' nel triennio 2007-2009». 
    1.2.1.- La norma regionale da ultimo censurata, dunque, ad avviso
del ricorrente, introduce una evidente deroga al limite  previsto  in
sede  di  legislazione  statale,  in  quanto   stabilisce   che   una
determinata quota di personale non concorra al computo della spesa ai
fini del raggiungimento del tetto massimo sopra descritto. 
    Tenuto conto che  norme  che  disciplinano  tali  limiti  -  come
espressamente statuito dallo stesso art. 9, comma 28, del d.l. n.  78
del 2010 - costituiscono principi generali ai fini del  coordinamento
della finanza pubblica ai quali le Regioni sono tenute  ad  adeguarsi
(al pari delle Province autonome e degli enti del Servizio  sanitario
nazionale),  la  legge  regionale  in  esame,  nel  derogare  a  tali
principi, confliggerebbe, per  tale  parte,  con  l'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    1.2.2.- La disposizione di cui all'impugnato art. 9  della  legge
regionale citata, inoltre, in ragione dei profili  di  disparita'  di
trattamento introdotti in relazione ai  vincoli  di  spesa  cui  sono
assoggettate le altre Regioni ai sensi della  disciplina  statale  di
cui al succitato art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010 (dai quali
e' per contro esclusa la sola Regione Liguria in forza  della  deroga
de qua), si porrebbe, altresi', in contrasto con gli  artt.  3  e  97
Cost., venendo meno sia al principio di eguaglianza, che a quello  di
imparzialita'. 
    2.- Con memoria depositata il 9 settembre 2011 si  e'  costituita
la Regione Liguria, eccependo, in primo luogo, l'inammissibilita' del
ricorso per difetto  di  motivazione  e  per  difetto  di  interesse;
contestandone, in secondo luogo, la fondatezza. 
    2.1. - Lamenta la resistente che il Presidente del Consiglio  dei
ministri non si sia soffermato sulla lettera dell'art.  8  impugnato,
ne' abbia dato conto dei chiarimenti forniti con nota del  20  luglio
2011,  prot.  n.  PG/2011/104762.  La   norma   regionale,   infatti,
consentirebbe  solamente  «di  ripassare  dal  compenso   sostitutivo
teorico (ottenuto con la monetizzazione) a giornate  di  congedo  nel
nuovo rapporto (con una astratta smonetizzazione)» e, cosi'  facendo,
lungi dall'"esorbitare" dai limiti dell'art. 18 del citato  contratto
collettivo per il  personale  del  comparto  delle  Regioni  e  delle
Autonomie locali, stipulato in data 6 luglio 1995 (e dall'art.17  del
contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro  per  il  personale  del
medesimo comparto con  qualifica  dirigenziale,  sottoscritto  il  10
aprile 1996), si porrebbe in continuita'  con  l'istituto  esistente,
nel pieno rispetto della direttiva 4  novembre  2003,  n.  2003/88/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente  taluni
aspetti  dell'organizzazione  dell'orario  di  lavoro)  e  di  quelle
precedenti, nonche' della normativa nazionale di recepimento  di  cui
al decreto  legislativo  8  aprile  2003,  n.  66  (Attuazione  delle
direttive  93/104/CE  e   2000/34/CE   concernenti   taluni   aspetti
dell'organizzazione   dell'orario   di    lavoro),    e    successive
modificazioni e integrazioni. 
    Anche con riferimento alle censure  sollevate  avverso  l'art.  9
della legge impugnata, l'esame del  quadro  normativo  da  parte  del
ricorrente sarebbe stato carente ed errato, al punto da  ignorare  la
recente normativa speciale di  fonte  statale  relativa  agli  uffici
stampa. 
    Sarebbero state ignorate le  competenze  proprie  delle  Regioni:
almeno quella regolamentare e organizzativa (artt. 117, sesto  comma,
e 123  Cost.),  correlata  all'autonomia  riconosciuta  alle  Regioni
(artt. 114 e 119  Cost.),  nonche'  quelle  concorrenti  in  tema  di
«armonizzazione dei bilanci pubblici e  coordinamento  della  finanza
pubblica», di «tutela e sicurezza del  lavoro»  e  di  «tutela  della
salute».  Sicche',  non  sarebbe  dato  comprendere  se  sussista  un
interesse attuale e concreto a proporre l'impugnazione,  in  mancanza
del quale il ricorso stesso e' inammissibile. Anzi, siccome nel  caso
in esame, secondo  quanto  posto  in  rilievo  dalla  stessa  Regione
Liguria con la nota prodotta, «il fine della norma [...]  e'  evitare
una  monetizzazione  che  comporti   un   esborso   di   denaro   per
l'Amministrazione»,   l'eventuale    declaratoria    d'illegittimita'
costituzionale della contestata disciplina regionale si  risolverebbe
in un danno economico non  trascurabile  per  le  risorse  pubbliche,
senza arrecare alcun vantaggio, giuridicamente rilevante, ne' per  le
finanze dello Stato, ne' per la sua capacita' gestionale in materia. 
    2.2.- Ad avviso della  Regione  Liguria,  le  questioni  promosse
sono, comunque, infondate,  a  partire  da  quelle  sollevate  contro
l'art. 8 della legge reg. Liguria n. 15 del 2011. 
    2.2.1.-  In  primo  luogo,  la  resistente  contesta  in   radice
l'equiparazione operata dal Governo tra la "conversione" delle  ferie
maturate e non fruite per ragioni  di  servizio,  disciplinata  dalla
norma regionale al passaggio  ad  un  diverso  incarico,  e  la  loro
monetizzazione,  equiparazione  che  sostiene  l'intera  impostazione
della censura. 
    Opina, infatti, la Regione Liguria che  il  meccanismo  delineato
dalla disposizione censurata si  concretizza  nella  conversione  dei
giorni di ferie maturati e non fruiti in vigenza  di  una  precedente
tipologia di  rapporto  di  lavoro  presso  l'amministrazione  in  un
diverso numero di giorni di ferie da usufruire nell'ambito del  nuovo
rapporto di lavoro; diverso perche' parametrato al  nuovo  e  diverso
valore della giornata lavorativa. 
    La norma, dunque, sarebbe stata  introdotta  quale  strumento  di
contenimento della spesa, proprio al fine  di  evitare  la  paventata
monetizzazione  delle  ferie  non  fruite  al  passaggio  a   diverso
incarico, in tutti i casi in cui la mancata fruizione delle  medesime
sia da ricondurre a motivi di servizio  o  a  esigenze  organizzative
dell'amministrazione (ad esempio, quando il mutamento della tipologia
del rapporto di lavoro avvenga con scarso preavviso, oppure vi sia la
necessita' di garantire la presenza in servizio del dipendente per un
adeguato passaggio di consegne). Di conseguenza, l'applicabilita'  al
caso concreto troverebbe (eventuale) efficacia non "in tutti i casi",
ma unicamente ove "occorra garantire la continuita' del servizio". In
sostanza, nel caso in cui, per inderogabili  esigenze  organizzative,
l'amministrazione neghi al dipendente le ferie maturate, in luogo del
"congelamento" delle medesime e della loro successiva  monetizzazione
all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, esse possono essere
convertite in ulteriori giorni di ferie, in relazione al valore della
giornata  di   ferie   nella   nuova   posizione   funzionale.   Tale
"trasformazione" garantirebbe sia l'invarianza  della  spesa  finale,
sia il diritto del dipendente, che non puo' essere compresso  neppure
per ragioni, seppur inderogabili, di carattere organizzativo (essendo
necessaria la "previa intesa  con  il  dipendente  interessato").  La
monetizzazione, insomma, sarebbe squisitamente teorica, al solo  fine
di parametrare il numero di giorni da fruire sulla  base  del  valore
giornaliero della nuova prestazione lavorativa. In altri termini,  la
determinazione  teorica  del  compenso  sostitutivo  (monetizzazione)
servirebbe solamente per la  "conversione"  del  diritto  al  congedo
ordinario maturato (indisponibile, irrinunciabile e indegradabile  da
parte del datore di lavoro,  anche  se  pubblico,  e  automaticamente
inclusivo del diritto a tale compenso sostitutivo) nel corrispondente
(in termini economici teorici) diritto  ad  usufruire  di  giorni  di
riposo (ragguagliati al diverso valore  economico  dato)  nell'ambito
del nuovo rapporto in atto, avente forma contrattuale diversa,  senza
alcuna variazione della spesa teorica. 
    La  Regione   Liguria   sottolinea,   altresi',   che   l'aspetto
disciplinato dalla norma censurata non e' in alcun modo regolamentato
da norme di legge o di contratto, che la "conversione" e' subordinata
a una  previa  intesa  con  il  dipendente  e  che  l'interpretazione
proposta troverebbe conforto sia nella lettera della disposizione  in
oggetto - tale da consentire che,  salva  "l'invarianza  della  spesa
finale" (spesa teorica), i giorni di ferie maturati siano  convertiti
in (altri ricalcolati) giorni di ferie, da poter fruire "per tutta la
durata dell'incarico" -, sia per la necessita'  di  conformarla  alla
normativa europea, da ultimo "codificata" in subiecta  materia  dalla
direttiva n. 2003/88/CE, e a quella nazionale di recepimento  di  cui
al d.lgs. n. 66 del 2003 e successive modificazioni  e  integrazioni.
Disposizioni,   da   un   lato,   confermative    dell'eccezionalita'
dell'istituto della  monetizzazione;  dall'altro  identificative  del
«diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite [...]  come
principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario,
al quale non si puo' derogare [...]»,  dovendosi  quindi  riconoscere
che «l'effetto positivo delle ferie sulla sicurezza  e  sulla  salute
del lavoratore [...] rimane interessante sotto tale profilo anche  se
sia goduto  in  un  momento  successivo»  (sentenza  della  Corte  di
giustizia  6  aprile  2006,  causa  C-124/05,  Federatie  Nederlandse
Vakbeweking contro Staat der Nederlander). 
    Pertanto, obietta conclusivamente  la  resistente  che  la  norma
regionale   impugnata   non   andrebbe   ad   incidere   la   materia
dell'ordinamento civile,  di  competenza  esclusiva  del  legislatore
statale, poiche', a suo parere, non contrastante con le  disposizioni
dei contratti collettivi della dirigenza e  di  comparto,  che  nulla
dispongono al riguardo, e capace, anzi,  di  dare  ad  esse  corpo  e
continuita', nel  segno,  normativamente  necessitato,  dell'assoluta
eccezionalita' della monetizzazione delle  ferie  non  godute,  donde
l'infondatezza della censura concernente l'art. 117,  secondo  comma,
lettera l), Cost. 
    2.2.1.1.- Ad avviso della Regione Liguria, la norma impugnata non
avrebbe portata innovativa tale da giustificare le censure  sollevate
in ricorso  (e,  ancor  prima,  l'interesse  alla  sua  proposizione)
neppure se, seguendo  l'erronea  impostazione  del  ricorrente,  essa
fosse ritenuta ampliativa delle possibilita' di monetizzazione  oltre
i casi previsti dalle norme contrattuali. 
    Deduce,  infatti,  la  resistente  che  il  passaggio  a  diversa
tipologia  di  rapporto,  con  incarico   a   tempo   determinato   e
collocamento in aspettativa nel rapporto precedente,  e'  fattispecie
sussumibile (secondo le regole  di  ermeneutica  contrattuale)  sotto
quella  disciplinata  dal  comma  16  dell'art.  18   del   contratto
collettivo del 6 luglio 1995 per il comparto e dal comma 13 dell'art.
17 del contratto collettivo del  10  aprile  1996  per  la  dirigenza
regionale. Come quella,  infatti,  essa  sarebbe  caratterizzata  dal
fatto che il mancato godimento delle  ferie  non  e'  in  alcun  modo
imputabile  alla  volonta'  del  dipendente  e   sarebbe,   pertanto,
assimilabile agli eventi oggettivi di carattere impeditivo  (come  il
licenziamento  per  superamento  del  periodo  di  comporto   ed   il
collocamento a riposo per assoluta e  permanente  inidoneita')  ormai
pacificamente ritenuti riconducibili a detta ipotesi eccezionale. 
    In ogni caso, la monetizzazione al momento  del  collocamento  in
aspettativa senza  assegni  costituirebbe  mera  "anticipazione"  del
pagamento sostitutivo che spetterebbe alla cessazione del rapporto (o
meglio della catena di diversi rapporti intrattenuti  nel  tempo  tra
l'amministrazione  ed  il   dipendente);   anticipazione   priva   di
significative  conseguenze   economiche   e   costituente   legittimo
esercizio dell'autonomia regionale. 
    2.2.2.- Sarebbe, altresi', infondato il  rilievo  concernente  la
violazione dei  principi  di  uguaglianza  e  di  buon  andamento  ed
imparzialita' della pubblica amministrazione, di cui agli artt.  3  e
97 Cost., poiche', in ragione del gia' illustrato tenore  sostanziale
della  disposizione,  essa  non   modificherebbe   l'istituto   della
monetizzazione, ne' contemplerebbe esborsi  di  denaro,  si'  da  non
introdurre alcuna disparita' di trattamento al riguardo. 
    2.2.3.- La disposizione in esame, infine, anziche'  in  contrasto
con i principi fondamentali di coordinamento della finanza  pubblica,
sub specie di violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.,  sarebbe,
invece, destinata a consentire notevoli risparmi  all'amministrazione
regionale. 
    2.3.- Secondo la resistente,  nemmeno  le  questioni  concernenti
l'art. 9 della legge reg. Liguria n. 15 del 2011 sarebbero fondate. 
    Viene premesso che l'impugnato art. 9 e' stato introdotto al fine
di chiarire che le spese e le modalita' di reclutamento (nei  termini
previsti dalle leggi regionali) dei giornalisti degli uffici  stampa,
riorganizzati  in  attuazione  della  legge  n.  150  del  2000,  non
concorrono alla determinazione dei limiti recentemente imposti  dallo
Stato, in particolare all'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del  2010,
in base al quale le amministrazioni «possono avvalersi di personale a
tempo determinato o con convenzioni [...] nel limite del 50 per cento
della spesa sostenuta per  le  stesse  finalita'  nell'anno  2009»  e
l'eventuale «mancato rispetto dei limiti di  cui  al  presente  comma
costituisce  illecito  disciplinare   e   determina   responsabilita'
erariale». 
    Rileva  la  resistente  che  tale  norma  ha  introdotto,   quale
principio generale di coordinamento della finanza pubblica, un taglio
pesante (cinquanta per cento  rispetto  all'anno  2009)  della  spesa
sostenuta per i contratti di lavoro subordinato a tempo  determinato,
per le convenzioni, per i rapporti  di  collaborazione  coordinata  e
continuativa,  considerando  la  spesa  per  il  ricorso  al   lavoro
flessibile "comprimibile" rispetto  a  quella  generale  riferita  ai
dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato. 
    Tuttavia, l'esame delle disposizioni principali  contenute  nelle
legge  n.  150  del  2000,  che  disciplinano  gli  uffici  stampa  e
costituiscono principi  fondamentali  in  materia  di  organizzazione
delle  attivita'  di  informazione  e  comunicazione  (art.  10),  ne
evidenzierebbe il carattere di  specialita'  rispetto  alla  generale
disciplina dettata dal decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche). Rileverebbe all'uopo l'art. 9,  comma  2,
il quale dispone che gli uffici stampa siano «costituiti da personale
iscritto  all'albo  nazionale  dei  giornalisti.  Tale  dotazione  di
personale  e'  costituita   da   dipendenti   delle   amministrazioni
pubbliche, anche  in  posizione  di  comando  o  fuori  ruolo,  o  da
personale estraneo alla  pubblica  amministrazione  in  possesso  dei
titoli individuati dal regolamento di cui all'art. 5, utilizzato  con
le modalita' di cui all'art. 7, comma 6, del  decreto  legislativo  3
febbraio 1993, n. 29, e successive  modificazioni  [...]»;  modalita'
consistenti  nell'affidamento  di  incarichi  individuali  di  durata
predeterminata. Come pure si  dovrebbe  tener  conto  dei  successivi
commi  4  e  5,  che  prevedono  l'esclusivita'   delle   prestazioni
professionali per tutta la durata dei relativi incarichi (comma 4)  e
chiariscono  che  «Negli  uffici   stampa   l'individuazione   e   la
regolamentazione  dei  profili  professionali  sono   affidate   alla
contrattazione  collettiva,  nell'ambito  di  una  speciale  area  di
contrattazione, con l'intervento delle organizzazioni rappresentative
della categoria dei giornalisti» (comma 5). 
    In attuazione dell'obbligo imposto dal comma 2 dell'art. 9, ed in
ossequio all'indicazione programmatica e innovativa di cui al comma 5
dello  stesso  articolo,  in  attesa  della  definizione  di  profili
professionali ad hoc  (sinora  non  delineati)  nella  contrattazione
collettiva, la resistente sottolinea  di  avere  dato  attuazione  ai
principi fondamentali, posti dalla legislazione speciale dello  stato
in materia di uffici stampa, con la legge della  Regione  Liguria  11
marzo 2004, n.  3  (Disciplina  delle  attivita'  di  informazione  e
comunicazione della Regione Liguria) e con  la  legge  della  Regione
Liguria 17  agosto  2006,  n.  25  (Disposizioni  sull'autonomia  del
Consiglio regionale Assemblea legislativa della Liguria), prevedendo,
per  gli  uffici  stampa  di  Consiglio  e  Giunta  che,  nelle  more
dell'individuazione degli specifici  profili  professionali  per  gli
addetti  agli  uffici  stampa  delle  pubbliche  amministrazioni,  il
personale ivi addetto venisse assunto solo con  contratto  di  lavoro
subordinato  a  tempo  determinato  di  durata  sino  a  cinque  anni
rinnovabili, con collocamento d'ufficio in aspettativa senza assegni,
per tutta la durata del rapporto di lavoro giornalistico, qualora  la
scelta fosse ricaduta su dipendenti regionali con rapporto di  lavoro
a tempo determinato (art. 2, comma 3, della legge reg. n. 3 del  2004
e art. 15, comma 3, della legge reg. n. 25 del 2006). 
    Sostiene, dunque, la resistente che i limiti fissati dall'art. 9,
comma 28, del d.l. n. 78 del 2010  debbano  intendersi  destinati  ad
incidere  solamente  sui  rapporti   "flessibili"   messi   in   atto
liberamente,  con  piena  discrezionalita',   dalle   amministrazioni
pubbliche,  ma  non  anche  su   quelli   assunti   in   tale   forma
necessariamente, come nel caso che ne  occupa  in  ossequio  a  norme
precise di carattere  speciale.  Se  cosi'  non  fosse,  infatti,  si
concretizzerebbe una illegittima e grave compressione  dell'autonomia
organizzativa delle Regioni, in quanto le stesse sarebbero in pratica
obbligate a rinunciare  all'apporto  professionale  di  tali  diretti
collaboratori  del  Presidente  e  della  Giunta  regionale,  nonche'
dell'ufficio di presidenza del Consiglio regionale. 
    Sarebbero, oltre tutto, assurdamente premiate  tutte  le  Regioni
che avessero, invece, arbitrariamente disposto l'assunzione  a  tempo
indeterminato dei giornalisti, applicando il contratto  giornalistico
alla (ben diversa) realta' organizzativa regionale  e  disattendendo,
cosi',  le  speciali  indicazioni  di  fonte   statale,   in   quanto
affrancate,  almeno  su  questo  versante,  dalle  limitazioni  poste
dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010. 
    L'esonero dal tetto di spesa ivi  previsto  del  personale  degli
uffici stampa troverebbe riscontro, infine, nel d.P.R.  21  settembre
2001, n. 422 (Regolamento  recante  norme  per  l'individuazione  dei
titoli professionali del personale da utilizzare presso le  pubbliche
amministrazioni per le attivita' di informazione e di comunicazione e
disciplina degli interventi formativi), la' dove precisa in dettaglio
i requisiti  cui  e'  subordinato  «l'esercizio  delle  attivita'  di
informazione nell'ambito degli uffici stampa» (art. 3, commi 1 e 2) e
dispone che «le amministrazioni che hanno istituito un ufficio stampa
provvedono, nell'ambito della  potesta'  organizzativa  prevista  dal
proprio  ordinamento,  ad  adottare  gli   atti   di   organizzazione
dell'ufficio in conformita' alle disposizioni di  cui  ai  precedenti
commi» (art. 3, comma 4). 
    3.- Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale il  22-24
febbraio 2012, depositato  in  cancelleria  il  28  febbraio  2012  e
iscritto al n. 37 del registro ricorsi dell'anno 2012  il  Presidente
del Consiglio dei ministri  ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, commi secondo,
lettera l), e terzo, Cost., degli artt. 8, comma 8, e 18 della  legge
della Regione Liguria 27 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni collegate
alla legge finanziaria 2012). 
    3.1.- Premette il ricorrente che l'art. 8, comma 8,  della  legge
regionale in oggetto, nel modificare l'art. 29 della legge  regionale
n. 25 del 2006, ha introdotto, dopo la lettera d) del comma 2, tra le
altre, la lettera d  quater),  secondo  cui,  «sino  all'espletamento
delle procedure concorsuali o di mobilita'  relative  alla  copertura
dei posti previsti  nella  dotazione  organica  dell'Ufficio  stampa,
l'Ufficio di Presidenza, nel rispetto dei limiti di spesa di cui alla
lettera d sexies),  su  proposta  del  Presidente  puo'  individuare,
mediante scelta diretta motivata in relazione  alla  professionalita'
richiesta, unita' di personale che  sono  assunte  con  contratto  di
lavoro subordinato a tempo determinato, di durata sino al  30  giugno
2013, con applicazione del contratto di lavoro giornalistico». 
    3.1.1.- Ad avviso del Governo, tale disposizione  regionale,  non
prevedendo procedure di valutazione comparativa ad evidenza pubblica,
si porrebbe in netto contrasto con l'art. 36 del d.lgs.  n.  165  del
2001, che,  nel  disciplinare  l'utilizzo  dei  contratti  di  lavoro
flessibile, consente le assunzioni a tempo determinato esclusivamente
per rispondere a esigenze temporanee ed eccezionali  e  nel  rispetto
delle procedure di reclutamento  vigenti.  Donde  la  violazione  dei
principi di uguaglianza e di buon andamento  dell'amministrazione  di
cui agli artt. 3 e 97 Cost., nonche' dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello  Stato
l'ordinamento  civile  e,  quindi,  i  rapporti  di  diritto  privato
regolabili dal codice civile (contratti collettivi). 
    3.2.- L'art. 18 della legge regionale in  esame,  nel  sostituire
l'art. 8, rubricato «Continuita' nei rapporti di lavoro», della legge
reg. n. 15 del 2011, prevede che «1. Le ferie maturate e  non  fruite
dai dipendenti che proseguono il  loro  rapporto  di  lavoro  con  la
Regione Liguria con  forma  contrattuale  diversa,  che  comporti  la
cessazione dal rapporto di lavoro in  essere  o  il  collocamento  in
aspettativa senza assegni [...], non  possono  essere  monetizzate  e
sono  convertite  in  un  numero  di  giorni  parametrato  al  valore
economico della giornata lavorativa nell'ambito della nuova tipologia
contrattuale». 
    3.2.1.- Sottolinea, anzitutto, il ricorrente che l'istituto delle
ferie  e'  rimesso  alla   contrattazione   collettiva.   La   citata
disposizione regionale, pertanto, si porrebbe in  evidente  contrasto
con le disposizioni del  Titolo  III  del  d.lgs.  n.  165  del  200l
(Contrattazione collettiva e rappresentanza sindacale),  che  obbliga
al rispetto della normativa contrattuale e delle procedure da seguire
in sede di contrattazione. La norma, peraltro, non  sarebbe  conforme
neppure all'art. 18, commi 9 e 16, del contratto collettivo stipulato
il 6 luglio 1995 (come integrato dall'art. 10 di quello  sottoscritto
il 5 ottobre 2001), secondo cui, fermo restando che le ferie non sono
monetizzabili, qualora, pero', all'atto della cessazione dal rapporto
di lavoro quelle spettanti non siano state  fruite  per  esigenze  di
servizio, si procede al pagamento sostitutivo delle stesse. Pertanto,
la norma, nella parte in cui non consente la  monetizzabilita'  delle
ferie che, all'atto della cessazione  dal  rapporto  di  lavoro,  non
siano state fruite per esigenze di servizio,  contrasterebbe  con  le
disposizioni recate dal citato contratto  collettivo,  provocando  la
violazione dei principi di ragionevolezza, d'imparzialita' e di  buon
andamento dell'amministrazione, sanciti dagli artt.  3  e  97  Cost.,
nonche' dell'art.117, secondo comma,  lettera  l),  Cost.  che,  come
sopra gia' evidenziato, riserva alla competenza esclusiva dello Stato
la materia dell'ordinamento civile e, quindi, i rapporti  di  diritto
privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi). 
    4.- Con memoria depositata il 3 aprile 2012 si e'  costituita  la
Regione Liguria, chiedendo dichiararsi inammissibile e/o  respingersi
il ricorso, strettamente legato a quello  gia'  proposto  avverso  le
disposizioni della legge reg. n. 15 del 2011. 
    4.1.- La resistente eccepisce, anzitutto, l'inammissibilita'  del
ricorso per difetto di motivazione e  per  carenza  di  interesse  al
riguardo.  Le  argomentazioni  svolte  a  sostegno   dell'impugnativa
sarebbero, infatti, a suo avviso, cosi' generiche e sommarie  da  non
consentire l'inequivoca determinazione dell'oggetto  del  giudizio  e
delle ragioni che fondano  i  dubbi  di  legittimita'  costituzionale
sollevati, ne' il vaglio, in limine litis, attraverso  l'esame  della
motivazione e del suo contenuto, della sussistenza  dello  specifico,
attuale  e  concreto  interesse  a  ricorrere,  in   relazione   alle
disposizioni impugnate, con il corollario della grave  compromissione
delle prerogative del contraddittore. Esse, inoltre, non avrebbero in
alcun modo preso in considerazione le comunicazioni  intervenute  tra
l'amministrazione  regionale  e  la  Presidenza  del  Consiglio   dei
ministri. 
    Il ricorso sarebbe,  dunque,  inammissibile  per  la  lacunosita'
delle argomentazioni, in particolare per l'omessa considerazione  del
quadro normativo di riferimento,  dei  principi  fondamentali  (anche
comunitari)  che  ne  derivano  e  dell'ipotesi   di   compatibilita'
dell'art. 18 con l'ordinamento in materia di salute e  sicurezza  sul
lavoro. 
    Anche con riferimento alle censure  sollevate  avverso  l'art.  8
della legge impugnata, la resistente denuncia l'assoluta  carenza  ed
erroneita' dell'esame del quadro  generale  nel  quale  s'iscrive  la
disposizione contestata, al punto da ignorare  la  recente,  speciale
normativa  statale  relativa  agli  uffici  stampa.  Non   verrebbero
apprezzate  le  competenze  proprie  delle  Regioni:  almeno   quella
regolamentare e organizzativa (artt. 117, sesto comma, e 123  Cost.),
correlata all'autonomia riconosciuta alle Regioni (artt.  114  e  119
Cost.), ne' quelle concorrenti in tema di «armonizzazione dei bilanci
pubblici e coordinamento della  finanza  pubblica»  e  di  «tutela  e
sicurezza del lavoro» e di «tutela della salute» (queste  ultime  con
riferimento all'art.18). 
    Sicche', non sarebbe dato comprendere se  sussista  un  interesse
attuale e concreto a proporre l'impugnazione, in mancanza  del  quale
il ricorso stesso e' inammissibile. Ed anzi parrebbe evidente il fine
della norma di  evitare  qualunque  monetizzazione  che  comporti  un
esborso  di  denaro  per  l'Amministrazione,  per   cui   l'eventuale
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   della   contestata
disciplina regionale  si  risolverebbe  in  un  danno  economico  non
trascurabile  per  le  risorse  pubbliche,   senza   arrecare   alcun
vantaggio, giuridicamente rilevante, ne' per le finanze dello  Stato,
ne' per la sua capacita' gestionale in materia. 
    4.2.- La resistente rileva, altresi', la  intervenuta  cessazione
della materia del contendere ed il difetto di interesse  al  ricorso,
con riferimento ai rilievi concernenti l'art. 8, comma 8, della legge
regionale n. 38 del 2011, in merito alle modalita' di  copertura  dei
posti previsti nella dotazione organica dell'ufficio stampa. Infatti,
in data 28 febbraio 2012 e' stata approvata dal  Consiglio  regionale
della Liguria la legge regionale n. 3, recante «Modifiche alla  legge
regionale 27 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni collegate alla  legge
finanziaria 2012)». Mentre il  secondo  comma  dell'art.  1  di  tale
ultima  legge  ha  disposto  l'inserimento  delle   parole   «o   con
convenzioni ovvero  con  contratti  di  collaborazione  coordinata  e
continuativa» dopo le parole «a tempo determinato»,  alla  lettera  d
sexies) del comma 8 dell'art 8 della legge reg. n. 38  del  2011,  il
primo comma ha disposto la sostituzione della lettera d  quater)  del
medesimo comma 8 dell'art. 8 (oggetto del presente ricorso), che oggi
dunque recita: «per rispondere  alle  esigenze  eccezionali  connesse
alle procedure concorsuali o di mobilita' relative alla copertura dei
posti  previsti  nella  dotazione   organica   dell'Ufficio   stampa,
l'Ufficio di Presidenza, nel rispetto dei limiti di spesa di  cui  al
comma 5, lettera d sexies), e al comma 5 octiesdecies, lettera a), su
proposta del Presidente, puo' conferire, temporaneamente, e  comunque
non oltre il 30 giugno 2013, contratti a tempo determinato  ai  sensi
dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni   pubbliche)   e    successive    modificazioni    ed
integrazioni, ovvero incarichi individuali, con contratti  di  lavoro
autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ai sensi
dell'articolo 7, commi 6 e 6-bis, del D.Lgs.  165/2001  e  successive
modificazioni ed integrazioni; ai sensi dell'articolo  15,  comma  2,
con regolamento di organizzazione,  sono  definiti  i  criteri  e  le
modalita' seguiti dall'Ufficio di Presidenza nell'effettuazione delle
procedure di valutazione comparativa  ad  evidenza  pubblica  per  la
scelta di tale personale». 
    4.3.- Secondo la Regione Liguria,  le  questioni  promosse  sono,
comunque, infondate. 
    4.3.1.- Premette la resistente che l'impugnato art. 8,  comma  8,
introducendo diverse modifiche alla legge  reg.  Liguria  n.  25  del
2006, ha inserito le lettere da d  bis)  a  d  septies)  al  comma  2
dell'art. 29 (Disposizioni finali e transitorie) di  tale  legge;  in
particolare prevedendo, alla lettera d quater), sino all'espletamento
delle procedure concorsuali o di mobilita' previste, che l'ufficio di
presidenza possa «individuare, mediante scelta  diretta  motivata  in
relazione alla professionalita' richiesta, unita'  di  personale  che
sono assunte con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato,
di durata sino al 30 giugno 2013 [...]». Per comprendere  la  portata
della norma transitoria introdotta, la difesa regionale  richiama  le
principali disposizioni contenute nella legge n. 150 del 2000  e  nel
d.P.R. n. 422 del 2001, che disciplinano  gli  uffici  stampa  e  che
costituiscono principi  fondamentali  in  materia  di  organizzazione
delle attivita' di informazione e  comunicazione  (art.  10),  aventi
carattere di specialita' rispetto alla  generale  disciplina  dettata
dal d.lgs. n. 165 del 2001. Ribadisce di  avere  dato  attuazione  ai
principi fondamentali, posti dalla legislazione speciale dello  Stato
in materia di uffici stampa, con le leggi reg. Liguria n. 3 del  2004
e n. 25 del 2006, prevedendo, per gli Uffici stampa  di  Consiglio  e
Giunta che, in attesa  dell'individuazione  degli  specifici  profili
professionali per gli addetti  agli  uffici  stampa  delle  pubbliche
amministrazioni, il personale ivi  addetto  venga  assunto  solo  con
contratto di lavoro subordinato a tempo determinato di durata sino  a
cinque anni rinnovabili, con collocamento  d'ufficio  in  aspettativa
senza  assegni,  per  tutta  la  durata  del   rapporto   di   lavoro
giornalistico, qualora la scelta ricada su dipendenti  regionali  con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato  (art.  2,  comma  3,  della
legge regionale n. 3 del  2004  e  art.  15,  comma  3,  della  legge
regionale n. 25 del 2006). 
    Evidenzia che l'art. 15, comma 3, della legge regionale n. 25 del
2006  prevedeva  la  possibilita'  di  individuare,  mediante  scelta
diretta motivata in relazione  alla  professionalita'  richiesta,  il
personale da assumere con contratto di lavoro a tempo determinato (in
numero di cinque) e che questa disposizione, proprio  a  seguito  del
primo ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri di
cui sopra si e' detto, e' stata sostituita con il primo comma del qui
censurato art. 8, prevedente l'assunzione dei giornalisti (in  numero
massimo di tre) con rapporto di lavoro a  tempo  indeterminato  (solo
per il  capo  ufficio  stampa  con  rapporto  a  tempo  determinato),
attraverso procedure  di  mobilita'  o  l'effettuazione  di  pubblici
concorsi per esami. Ricorda che con il  precedente  ricorso  non  era
stata contestata la possibilita' del ricorso  alla  chiamata  diretta
motivata dei giornalisti, bensi' unicamente la  disposizione  di  cui
all'art. 9, che prevedeva che la spesa per il personale degli  uffici
stampa non concorresse ai fini della  determinazione  dei  limiti  di
spesa del personale di cui al d.l. n. 78 del 2010. In occasione della
modifica complessiva qui in esame (previsione  di  assunzione  di  un
massimo di  tre  giornalisti  con  rapporto  a  tempo  indeterminato,
attraverso   mobilita'   o   procedura   concorsuale),    determinata
dall'impugnativa statale di cui al primo  ricorso  n.  78  del  2011,
sarebbe stato correlativamente necessario inserire nelle disposizioni
transitorie di cui all'art. 29 della legge reg. n.  25  del  2006,  e
dunque solo «fino all'espletamento delle procedure concorsuali  o  di
mobilita'»,  la  possibilita'  di  individuazione  («mediante  scelta
diretta motivata in relazione alla  professionalita'  richiesta»)  di
personale da assumere con contratto di  lavoro  a  tempo  determinato
(sino al 30 giugno 2013). 
    Deduce la resistente che tale previsione transitoria,  nella  sua
ontologica  eccezionalita',  non  vale   a   vulnerare   i   principi
richiamati. Se cosi' fosse, si concretizzerebbe, a  suo  parere,  una
illegittima e grave compressione dell'autonomia  organizzativa  delle
Regioni  in  quanto  le  stesse  sarebbero  in  pratica  obbligate  a
rinunciare all'apporto professionale di  tali  diretti  collaboratori
dell'ufficio di presidenza del Consiglio  regionale,  con  violazione
del principio di buon andamento dell'amministrazione. 
    4.3.2.- Quanto all'art. 18 comma 1, della legge reg.  n.  38  del
2011, la difesa della Regione  Liguria  evidenzia  che  anch'esso  e'
stato emanato  a  seguito  della  proposizione  del  gia'  richiamato
ricorso iscritto al n. 78 del relativo  registro  del  2011,  con  il
quale il Presidente del Consiglio dei ministri aveva impugnato l'art.
8, rubricato «Continuita' nei rapporti di lavoro», della  legge  reg.
Liguria n. 15 del 2011, ora in tal modo sostituito dalla disposizione
in oggetto.  Con  il  suo  precedente  ricorso,  infatti,  lo  Stato,
muovendo   dalla   equiparazione   (a   parere    della    resistente
ingiustificata) tra la  "conversione"  delle  ferie  maturate  e  non
fruite per ragioni di servizio - disciplinata dalla  norma  regionale
(al passaggio a diverso incarico) - e la loro "monetizzazione", aveva
censurato il citato art. 8 per violazione dell'art. 117, terzo comma,
Cost., ritenendo che comportasse «ulteriori  casi  di  monetizzazione
delle ferie per i dipendenti della Regione al di fuori di quelli gia'
previsti  dalla  normativa  statale  di   riferimento»,   costituenti
principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica.   La   difesa   regionale   sostiene,   invece,   che    la
"monetizzazione" sottesa alla norma impugnata non e'  altro  che  una
determinazione meramente teorica del compenso sostitutivo, necessaria
al solo fine di commisurare i giorni di ferie maturati nel corso  del
primo rapporto e ancora non fruiti al valore giornaliero della  nuova
prestazione lavorativa, onde "convertirli" nel numero  di  giorni  di
ferie (corrispondente  al  diverso  valore  economico  acquisito)  da
godere nell'ambito del nuovo rapporto di lavoro. 
    La nuova formulazione della norma (art. 18 della legge reg. n. 38
del 2011) sarebbe stata introdotta proprio per chiarire che l'oggetto
nel quale alla sua stregua si opera la conversione e' costituito, non
gia' da indennita' sostitutive, ma dai giorni di ferie  fruibili  nel
nuovo rapporto, ricalcolati mediante il loro apprezzamento  economico
(meramente virtuale, appunto) sulla base della  relativa  disciplina.
Tale  interpretazione  della  disposizione  regionale  in   questione
sarebbe, del resto, l'unica pienamente rispettosa della disciplina di
cui alle sopra citate direttive europee e della  normativa  attuativa
di  legge  nazionale,  le  quali,   da   un   lato,   confermerebbero
l'eccezionalita'  dell'istituto  della   monetizzazione;   dall'altro
configurerebbero «il diritto di ogni lavoratore  alle  ferie  annuali
retribuite  [...]  come  principio  particolarmente  importante   del
diritto sociale comunitario, al quale non si  puo'  derogare  [...]»,
dovendosi quindi riconoscere  che  «l'effetto  positivo  delle  ferie
sulla  sicurezza  e  sulla  salute  del  lavoratore  ‹›[...]   rimane
interessante sotto tale profilo anche se sia  goduto  in  un  momento
successivo» (sentenza della Corte di giustizia 6 aprile  2006,  causa
C-124/05,  Federatie  Nederlandse  Vakbeweking   contro   Staat   der
Nederlander). 
    Dalla portata della norma regionale a  suo  avviso  ingiustamente
censurata, la resistente desume che essa  non  vada  ad  incidere  la
materia  dell'ordinamento  civile,  di   competenza   esclusiva   del
legislatore statale, ribadendo  che  non  solo  non  urta  contro  le
disposizioni dei contratti collettivi  nazionali  di  lavoro  per  il
personale, anche  con  qualifica  dirigenziale,  del  comparto  delle
Regioni e delle Autonomie locali, che nulla dispongono  al  riguardo,
ma anzi da' loro  corpo  e  continuita',  nel  segno  della  assoluta
eccezionalita'  della  monetizzazione  delle  ferie  non  godute.  Ne
deriverebbe l'infondatezza  della  censura  concernente  l'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost. 
    4.3.2.1.- Sarebbe, in ogni caso, evidente che  la  monetizzazione
al momento del collocamento in aspettativa senza assegni  costituisca
una mera "anticipazione" del pagamento  sostitutivo  che  spetterebbe
alla cessazione del  rapporto  (o  meglio  della  catena  di  diversi
rapporti intrattenuti  nel  tempo  tra  la  l'amministrazione  ed  il
dipendente); anticipazione senza significative conseguenze economiche
ed esercizio legittimo dell'autonomia regionale. 
    4.3.3.- La resistente  reputa,  altresi',  infondato  il  rilievo
concernente la violazione dei  principi  di  uguaglianza  e  di  buon
andamento ed imparzialita' dell'amministrazione, di cui agli artt.  3
e  97  Cost.,  poiche',  in  ragione  del  tenore  sostanziale  della
disposizione, come gia'  illustrato,  essa  non  modifica  l'istituto
della monetizzazione, non prevede esborsi di denaro e  non  introduce
alcuna disparita' di trattamento sul punto. 
    4.3.4.- Infine, con  particolare  riguardo  al  contrasto  con  i
principi fondamentali di coordinamento della  finanza  pubblica,  sub
specie di violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. la  resistente
richiama quanto detto sopra in ordine alla mancanza di erogazioni  di
denaro per effetto della disposizione in esame, viceversa destinata a
consentire notevoli risparmi all'amministrazione regionale. 
    5.- Con atto depositato il  17  maggio  2012  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha  rinunciato  all'impugnazione  della  legge
reg. Liguria n. 38 del 2011 limitatamente all'art. 8, comma 8. 
    6.- Con atto depositato il 25 febbraio 2013 la Regione Liguria ha
accettato l'anzidetta rinuncia parziale al ricorso. 
    7.- Con le memorie  depositate  in  prossimita'  dell'udienza  le
parti hanno ulteriormente argomentato  le  proprie  posizioni,  anche
alla luce dello ius superveniens di cui all'art. 18, comma  2,  della
legge reg. n. 38 del 2011, che ha abrogato l'art. 9 della legge n. 15
del 2011, e dell'art. 5, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.
95 (Disposizioni urgenti per la revisione della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure  di  rafforzamento
patrimoniale delle  imprese  del  settore  bancario),  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7  agosto
2012, n. 135, come integrato dall'art. l, comma 55,  della  legge  24
dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita'  2013).  Tale
disposizione di legge statale prevede che «Le ferie, i  riposi  ed  i
permessi spettanti al personale,  anche  di  qualifica  dirigenziale,
delle  amministrazioni  pubbliche  inserite   nel   conto   economico
consolidato  della   pubblica   amministrazione,   come   individuate
dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi  dell'articolo
1, comma 2, della legge 31  dicembre  2009,  n.  196,  nonche'  delle
autorita' indipendenti ivi inclusa la Commissione  nazionale  per  le
societa' e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente  fruiti  secondo
quanto previsto dai rispettivi  ordinamenti  e  non  danno  luogo  in
nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi.
La presente disposizione si applica anche in caso di  cessazione  del
rapporto  di   lavoro   per   mobilita',   dimissioni,   risoluzione,
pensionamento  e  raggiungimento  del  limite  di   eta'.   Eventuali
disposizioni normative e  contrattuali  piu'  favorevoli  cessano  di
avere applicazione a decorrere dall'entrata in  vigore  del  presente
decreto.  La  violazione  della  presente   disposizione,   oltre   a
comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, e' fonte di
responsabilita'  disciplinare  ed  amministrativa  per  il  dirigente
responsabile. [...]». 
    In conseguenza delle evidenziate  sopravvenienze,  il  Presidente
del Consiglio dei ministri afferma di avere  manifestato  formalmente
il proprio intendimento di  rinunciare  all'impugnativa  dell'art.  9
della legge reg. Liguria n. 15 del 2011 e dell'art. 8, comma 8, della
legge reg. Liguria n. 38 del  2011,  ma  ribadisce  l'integrita'  del
proprio interesse a che questa Corte si  pronunci  con  una  sentenza
dichiarativa dell'illegittimita' sia del testo originario dell'art. 8
della legge reg. n. 15 del 2011, sia della  versione  introdotta  con
l'art. 18, comma 1, della  legge  reg.  n.  38  del  2011,  giacche',
nonostante l'intervenuta modificazione della lettera della norma,  la
regola  con  essa  dettata  dal  legislatore  regionale  in  tema  di
monetizzazione delle ferie non godute sarebbe rimasta la  stessa.  Lo
ius superveniens di cui all'art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del  2012
non avrebbe mutato i termini della questione, perche', da un lato, le
previsioni  della  contrattazione  collettiva  da  esso  incise   non
costituirebbero affatto il parametro di  riferimento  individuato  in
ricorso, invero integrato dall'art. 117  Cost.,  laddove  riserva  al
solo  legislatore  statale  la  regolamentazione  di   ogni   aspetto
concernente le ferie spettanti al lavoratore subordinato; dall'altro,
perche'  anche  la  nuova  disciplina  di   fonte   statale   sarebbe
diametralmente  in  conflitto  con  quella  di  cui  alla   normativa
regionale impugnata e tale da  rafforzare  ulteriormente  l'interesse
del ricorrente alla caducazione di quest'ultima. 
    La  difesa  regionale  ritiene,  invece,  che   tale   innovativa
disposizione  comporti  la  disapplicazione   delle   norme   (anche)
contrattuali richiamate dal ricorrente. Ne evince la cessazione della
materia  del  contendere  e/o  il  difetto  sopravvenuto  d'interesse
all'impugnazione delle disposizioni regionali in tema  di  ferie  del
personale, in quanto sarebbe stato proprio il legislatore  statale  a
sancire il  principio  del  divieto  assoluto  di  corresponsione  di
trattamenti  economici  sostitutivi,   con   il   superamento   delle
"disposizioni contrattuali  piu'  favorevoli".  Sicche',  la  Regione
Liguria, nelle conclusioni  da  ultimo  rassegnate,  chiede,  in  via
principale, che venga dichiarata: a) quanto alle  questioni  relative
all'art. 9 della legge reg. n.  15  del  2011,  la  cessazione  della
materia del contendere, per sopravvenuta abrogazione  e  mancanza  di
applicazione interinale; b) quanto alle questioni relative all'art. 8
della legge reg. n. 15 del 2011: b1) la cessazione della materia  del
contendere, perche' tale articolo non ha  avuto  applicazione  ed  e'
stato sostituito, a breve distanza di tempo, dall'art. 18 (conforme a
Costituzione)  della  legge  reg.  n.  38  del  2011;   b2)   ovvero,
l'inammissibilita'  del  ricorso  per  difetto  di   interesse,   non
incidendo la norma impugnata sulla finanza pubblica; c)  quanto  alle
questioni relative all'art. 8, comma 8, della legge reg.  n.  38  del
2011, l'estinzione del  processo,  per  la  rinuncia  -  accettata  -
all'impugnazione; d) quanto alle questioni relative all'art. 18 della
legge reg. n. 38 del 2011,  nell'ordine:  d.1)  la  cessazione  della
materia  del  contendere  o  l'inammissibilita'  del   ricorso,   per
sopravvenuta carenza di interesse, dato lo ius  superveniens  di  cui
all'art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012; d.2) l'inammissibilita'
del ricorso, per originario difetto d'interesse; d3) l'infondatezza o
l'inammissibilita' del ricorso, per contraddittorieta' e  lacunosita'
delle argomentazioni, per l'erronea individuazione  e  per  l'erronea
interpretazione della norma regionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con un primo ricorso, iscritto al n. 78 del relativo registro
dell'anno 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri ha  promosso
questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento  agli  artt.
3, 97 e 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della  Costituzione,
degli a rtt. 8 e 9 della legge della Regione Liguria 28 giugno  2011,
n. 15 (Disposizioni di manutenzione  e  adeguamento  della  normativa
regionale). 
    1.1.- L'art. 8 della suddetta legge regionale  prevede,  nel  suo
unico comma, che «1. Nei casi in cui occorra garantire la continuita'
del servizio, le ferie dei dipendenti che proseguono il loro rapporto
di lavoro con la Regione Liguria con forma contrattuale  diversa  che
comporti la cessazione o il collocamento in aspettativa senza assegni
per tutta la durata dell'incarico possono essere  convertite,  previa
intesa con il dipendente interessato, garantendo, anche dal punto  di
vista teorico, l'invarianza della spesa finale». Il Governo  sostiene
che la disposizione regionale impugnata incide sulla disciplina delle
ferie, fondamentale aspetto del contratto di diritto privato che lega
i dipendenti pubblici regionali - attualmente privatizzati - all'ente
di  appartenenza  e  che  risulta   regolata   dalla   contrattazione
collettiva.  Sicche',  rientrando  la  regolamentazione  di   aspetti
inerenti al rapporto di lavoro  dei  lavoratori  pubblici  in  regime
contrattualizzato  nella  specifica  competenza   esclusiva   statale
dell'ordinamento civile (come piu' volte affermato da questa  Corte),
la disposizione regionale impugnata violerebbe  l'art.  117,  secondo
comma, lettera l), Cost. 
    Il censurato art. 8 della legge regionale in oggetto, inoltre, si
porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza di cui all'art.
3  Cost.  e  con   quelli   di   buon   andamento   e   imparzialita'
dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost., differenziando in modo
ingiustificato la disciplina delle ferie dei dipendenti della Regione
Liguria rispetto a quella di tutte le altre Regioni. 
    La  medesima  disposizione  regionale,  infine,  consentendo   la
conversione  delle  ferie  oltre  i  casi  previsti   dal   contratto
collettivo  di  riferimento,   urterebbe   contro   i   principi   di
coordinamento della finanza  pubblica  di  cui  all'art.  117,  terzo
comma, Cost. In particolare, con l'art. l, comma 557, della legge  27
dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), come  da
ultimo sostituito dal comma  7  dell'art.  14  del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 (Misure  urgenti  in  materia  di  stabilizzazione
finanziaria e di competitivita' economica), convertito in legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio  2010,  n.
122, che obbliga  le  Regioni  alla  riduzione  delle  spese  per  il
personale, nonche', con l'art. 76,  comma  6,  del  decreto-legge  25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo  economico,
la  semplificazione,  la  competitivita',  la  stabilizzazione  della
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in  legge,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6  agosto  2008,
n. 133, con cui il legislatore statale ha imposto agli enti  pubblici
una rigorosa programmazione di spesa per il personale, fissando  pure
una disciplina vincolistica per tale tipologia di spesa. 
    1.2.- Viene  impugnato,  altresi',  l'art.  9  della  legge  reg.
Liguria n. 15 del 2011, secondo cui dal 1° gennaio 2012 le spese  per
il personale preposto agli uffici stampa, conformati dalla  normativa
regionale ai sensi dell'art. 9 della legge  7  giugno  2000,  n.  150
(Disciplina delle attivita' di informazione e di comunicazione  delle
pubbliche   amministrazioni)   e    successive    modificazioni    ed
integrazioni, non concorrono ai fini della determinazione dei  limiti
di spesa del personale e di quelli di cui all'art. 9, comma  28,  del
d.l. n. 78, del 2010. La norma regionale  in  esame,  ad  avviso  del
ricorrente, introduce una evidente deroga al limite previsto in  sede
di legislazione statale, in quanto  stabilisce  che  una  determinata
quota di personale non concorra al computo della spesa  ai  fini  del
raggiungimento del tetto massimo di spesa sopra descritto.  Donde  la
lesione dei principi  fondamentali  di  coordinamento  della  finanza
pubblica di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    L'impugnato art. 9, inoltre, si porrebbe  in  contrasto  con  gli
artt. 3 e 97 Cost., venendo meno sia al principio di eguaglianza  che
a quello di imparzialita', in ragione dei profili  di  disparita'  di
trattamento introdotti in relazione ai  vincoli  di  spesa  cui  sono
assoggettate le altre Regioni ai sensi della  disciplina  statale  di
cui al succitato art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010. 
    2.- Nelle more del giudizio, l'art. 9 della legge reg. Liguria n.
15 del 2011 e' stato abrogato - poco prima del 1° gennaio 2012,  data
di decorrenza della sua efficacia -  dall'art.  18,  comma  2,  della
legge della Regione Liguria 27 dicembre  2011,  n.  38  (Disposizioni
collegate alla legge finanziaria  2012),  entrata  in  vigore  il  28
dicembre 2011. Tant'e' che, alla  luce  di  detto  ius  superveniens,
nella memoria di costituzione la resistente ha eccepito, tra l'altro,
la intervenuta cessazione della materia del contendere e  il  difetto
di interesse al ricorso sul punto. 
    3.- Con successivo  ricorso,  iscritto  al  n.  37  del  relativo
registro dell'anno 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri  ha
promosso questioni di  legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
agli artt. 3, 97 e 117, commi secondo, lettera l),  e  terzo,  Cost.,
degli artt. 8, comma 8, e  18,  comma  1,  della  citata  legge  reg.
Liguria n. 38 del 2011. 
    3.1.- L'art. 18, comma 1, della legge  regionale  in  esame,  nel
sostituire il gia' impugnato (con il  primo  ricorso)  art.  8  della
legge regionale n. 15 del 2011, prevede che «1. Le ferie  maturate  e
non fruite dai dipendenti che proseguono il loro rapporto  di  lavoro
con la Regione Liguria con forma contrattuale diversa,  che  comporti
la cessazione dal rapporto di lavoro in essere o il  collocamento  in
aspettativa senza assegni per  tutta  la  durata  dell'incarico,  non
possono essere monetizzate e sono convertite in un numero  di  giorni
parametrato al valore economico della giornata lavorativa nell'ambito
della nuova tipologia contrattuale». 
    Sostiene  il   ricorrente,   anche   in   riferimento   a   detta
riformulazione della norma, che l'istituto  delle  ferie  e'  rimesso
alla contrattazione  collettiva  e  ne  desume  che  la  disposizione
regionale  ora  censurata,   come   quella   originaria   previamente
impugnata, collide, pertanto, sia contro le disposizioni  del  Titolo
III del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), sia contro le previsioni della  specifica  contrattazione
collettiva  di  riferimento.  Di   qui   la   denunciata   violazione
dell'art.117, secondo comma, lettera l), Cost. (ordinamento  civile),
come pure dei principi di ragionevolezza, di imparzialita' e di  buon
andamento dell'amministrazione, sanciti dagli artt. 3 e 97 Cost. 
    3.2.- Quanto poi  all'art.  8,  comma  8,  della  medesima  legge
regionale n. 38 del 2011, esso ha modificato l'art.  29  della  legge
regionale n. 25 del 2006, introducendo, al  comma  2,  la  lettera  d
quater,  secondo   cui   «sino   all'espletamento   delle   procedure
concorsuali o di mobilita' relative alla copertura dei posti previsti
nella  dotazione   organica   dell'Ufficio   stampa,   l'Ufficio   di
Presidenza, nel rispetto dei limiti di spesa di cui  alla  lettera  d
sexies, su proposta del Presidente puo' individuare, mediante  scelta
diretta motivata in relazione alla professionalita' richiesta, unita'
di personale che sono assunte con contratto di lavoro  subordinato  a
tempo determinato, di durata sino al 30 giugno 2013, con applicazione
del contratto di lavoro giornalistico». 
    Ad  avviso  del  Governo,  tale   disposizione   regionale,   non
prevedendo procedure di valutazione comparativa ad evidenza pubblica,
si pone in contrasto con l'art. 36 del d.lgs. n.165  del  2001,  che,
nel disciplinare  l'utilizzo  dei  contratti  di  lavoro  flessibile,
consente  le  assunzioni  a  tempo  determinato  esclusivamente   per
esigenze temporanee ed eccezionali e nel rispetto delle procedure  di
reclutamento vigenti. Donde la denunciata violazione dei principi  di
uguaglianza e buon andamento dell'amministrazione di cui agli artt. 3
e 97 Cost., nonche' dell'art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,
che riserva l'ordinamento civile  e,  quindi,  anche  i  rapporti  di
diritto privato regolabili dal codice civile (contratti  collettivi),
alla competenza esclusiva dello Stato. 
    4.- Con atto depositato il 17  maggio  2012,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha rinunciato  all'impugnazione  dell'art.  8,
comma 8, della legge reg. n. 38 del 2011 e con atto depositato il  25
febbraio 2013 la Regione Liguria ha  accettato  l'anzidetta  rinuncia
parziale al ricorso. 
    5.- La difesa regionale, nelle memorie depositate  nell'imminenza
dell'udienza, ha insistito nell'eccezione di  difetto  d'interesse  a
ricorrere in conseguenza dello ius superveniens costituito  dall'art.
5, comma 8, del decreto-legge 6  luglio  2012,  n.  95  (Disposizioni
urgenti per la revisione della  spesa  pubblica  con  invarianza  dei
servizi ai cittadini nonche'  misure  di  rafforzamento  patrimoniale
delle imprese del settore bancario), convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1,  della  legge  7  agosto  2012,  n.  135,  come
integrato dall'art. l, comma 55, della legge 24 dicembre 2012, n. 228
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2013).  Tale  disposizione  prevede
che «Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al  personale,  anche
di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni  pubbliche  inserite
nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione,  come
individuate dall'Istituto nazionale di statistica  (ISTAT)  ai  sensi
dell'articolo 1, comma 2, della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196,
nonche' delle  autorita'  indipendenti  ivi  inclusa  la  Commissione
nazionale per le societa' e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente
fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno
luogo in nessun caso alla  corresponsione  di  trattamenti  economici
sostitutivi. La presente disposizione si applica  anche  in  caso  di
cessazione  del  rapporto  di  lavoro  per   mobilita',   dimissioni,
risoluzione, pensionamento  e  raggiungimento  del  limite  di  eta'.
Eventuali  disposizioni  normative  e  contrattuali  piu'  favorevoli
cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore  del
presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre  a
comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, e' fonte di
responsabilita'  disciplinare  ed  amministrativa  per  il  dirigente
responsabile [...]». 
    Ad avviso della Regione Liguria, dunque,  la  disciplina  statale
che rinvia alla contrattazione collettiva, evocata dal Governo  quale
"parametro  interposto"  in  relazione  alla  dedotta  lesione  della
competenza esclusiva dello Stato in materia  di  ordinamento  civile,
sarebbe stata disapplicata dallo ius superveniens  anzidetto,  a  suo
dire radicalmente  ostativo  a  qualunque  forma  di  monetizzazione,
persino in caso di cessazione del rapporto di lavoro.  Sicche',  alla
luce del mutato quadro  normativo  di  riferimento,  il  Governo  non
avrebbe piu' interesse alla caducazione di una normativa, come quella
regionale impugnata, intesa a favorire  l'effettivo  godimento  delle
ferie del personale regionale (anche nel caso di  "prosecuzione"  del
rapporto di  lavoro  in  altra  forma)  e,  quindi,  fondamentalmente
coerente con la nuova legislazione statale, oltre che con  quella  di
derivazione europea. 
    6.-  In  considerazione  della  loro  connessione   oggettiva   e
soggettiva, i giudizi relativi alle disposizioni regionali suindicate
devono essere riuniti, per essere decisi con un'unica pronuncia. 
    7.- Dev'essere, innanzitutto, dichiarata cessata la  materia  del
contendere  con  riguardo  alle  censure  proposte  dal  Governo   in
relazione all'art. 9 della legge reg. Liguria  n.  15  del  2011.  La
disposizione censurata, destinata ad operare dal 1° gennaio 2012,  e'
stata infatti abrogata  dall'art.  18,  comma  2,  della  legge  reg.
Liguria n. 38 del 2011, entrata in vigore il  28  dicembre  2011.  La
norma  impugnata,  quindi,  e'  stata  espunta   dalla   legislazione
regionale  prima  che  potesse  esplicare  alcun  effetto  (in   casi
analoghi, sentenze n. 300 del  2012  e  n.  341  del  2009).  Il  che
consente di ritenere  pacifica  la  sua  mancata  applicazione  medio
tempore. Tanto e'  vero  che,  con  l'ultima  memoria  depositata  in
giudizio, la difesa dello Stato ha dichiarato di avere  «formalizzato
il proprio intendimento di rinunciare all'impugnativa [de qua]»,  con
il che, pur in carenza di un atto  formale  di  rinuncia,  ha  inteso
sostanzialmente manifestare «di  non  avere  piu'  interesse  ad  una
pronuncia  nel  merito  dopo  l'avvenuta  abrogazione   [...]   della
disposizione che qui viene in rilievo» (per una  fattispecie  simile,
sentenza n. 234 del 2009). 
    8.- Ancora preliminarmente, va rilevato che, dopo il deposito del
ricorso, il ricorrente ha rinunciato, in questo caso in modo formale,
all'impugnazione dell'art. 8, comma 8, della legge reg. Liguria n. 38
del 2011 e che tale rinuncia e'  stata  ritualmente  accettata  dalla
Regione Liguria. Ne consegue l'estinzione del giudizio  relativamente
alle questioni aventi ad oggetto la predetta  disposizione  censurata
(tra le altre, su tale principio, sentenze n. 77 del 2013  e  n.  262
del 2012). 
    9.- Le questioni di legittimita' dell'art.  8  della  legge  reg.
Liguria n. 15 del 2011 e dell'art. 18,  comma  1,  della  legge  reg.
Liguria  n.38  del  2011  possono  essere  esaminate  congiuntamente,
trattandosi di due versioni successive della medesima disposizione in
tema di ferie del personale regionale. 
    Difatti, l'art. 8 della legge reg. Liguria n.  15  del  2011,  in
entrambe le formulazioni sottoposte all'esame di questa Corte (quella
originaria e quella novellata dall'art. 18, comma 1, della legge reg.
n.  38  del  2011),  regola  il  trattamento  feriale  del  personale
regionale in occasione della "prosecuzione" del  rapporto  di  lavoro
con l'ente territoriale in altra forma giuridica. 
    In particolare, la normativa regionale in esame disciplina  tutte
quelle ipotesi in cui al rapporto di  lavoro  a  tempo  indeterminato
intercorrente fra il singolo e la Regione si venga a sovrapporre, per
effetto del conferimento di incarico e di conseguente collocamento in
aspettativa del destinatario, un altro rapporto  di  lavoro  a  tempo
determinato. In situazioni del genere, potrebbe  verificarsi  che  il
singolo lavoratore, gia'  collocato  in  aspettativa  in  virtu'  del
conferimento di un incarico a termine,  non  sia  riuscito  a  fruire
dell'intero periodo feriale cui avrebbe  avuto  diritto,  e  cio'  in
relazione alla disciplina riguardante il rapporto di lavoro  a  tempo
determinato instaurato a seguito del predetto  incarico  prima  della
sua scadenza ("cessazione"). Oppure, all'opposto, che  il  dipendente
regionale che venga destinato ad altro incarico non abbia  goduto  di
tutte le ferie maturate, fino al momento dell'attribuzione  di  esso,
durante lo svolgimento  del  precorso  rapporto  di  lavoro  a  tempo
indeterminato ("collocamento in aspettativa senza assegni  per  tutta
la durata dell'incarico"). 
    In tali evenienze, le  norme  regionali  impugnate  istituiscono,
quindi, un meccanismo di conversione, alla stregua del quale le ferie
maturate e non fruite nel primo rapporto, ragguagliate al  valore  di
esse nel nuovo regime, sono convertite (ricalcolate)  nel  numero  di
giornate che in tal modo ne risulta; cosi' da poter essere godute nel
corso dello svolgimento del secondo rapporto. Il  dettato  originario
dell'art. 8 della legge reg. n. 15 del 2011 contempla la possibilita'
di un'intesa  con  il  dipendente  interessato,  mentre  il  disposto
(integralmente sostitutivo del primo) dell'art. 18,  comma  1,  della
legge n. 38 del 2011 non prevede alternative di sorta. 
    9.1.- Dev'essere, a questo punto, disattesa  la  richiesta  della
Regione Liguria di  dichiarare  cessata  la  materia  del  contendere
relativamente alle questioni concernenti l'art. 8  della  legge  reg.
Liguria n. 15 del 2011, sul presupposto della sostituzione  integrale
del suo testo, a distanza di circa sei mesi, da parte  dell'art.  18,
comma 1, della legge reg. n. 38 del 2011 (entrata  in  vigore  il  28
dicembre  2011),  anch'esso  impugnato  dal  Governo  con  successivo
ricorso, e del fatto che, a detta della difesa regionale, non avrebbe
«avuto alcuna applicazione interinale». 
    Non vi sono,  invero,  elementi  oggettivi  dai  quali  si  possa
inferire con ragionevole certezza che  la  disposizione  de  qua  non
abbia avuto medio tempore alcuna applicazione. Anzi, proprio  perche'
si tratta di una misura di efficacia immediata  ("conversione"  delle
ferie ai fini della conservazione di esse  nel  "nuovo"  rapporto  di
lavoro con la Regione), tutto lascia supporre che essa  abbia  potuto
avere applicazione nel corso del semestre di vigenza (per una ipotesi
similare,  sentenza  n.  19  del  2013).  E,  comunque,  non   consta
univocamente che essa non abbia  avuto  nelle  more  alcuna  concreta
operativita' (per un rilievo analogo, sentenza n. 307 del 2009). 
    9.2.- L'eccezione d'inammissibilita' delle  questioni  in  esame,
sollevata dalla difesa regionale per alcuni profili di genericita'  e
contraddittorieta'   delle   censure   articolate   del   ricorrente,
dev'essere rigettata.  Il  nucleo  essenziale  dell'impugnazione  del
Governo e' sufficientemente perspicuo. Esso si condensa nella dedotta
occupazione  da  parte  del  legislatore  regionale  di  uno   spazio
riservato alla  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato,  in
quanto afferente alla materia  dell'ordinamento  civile,  e  sorregge
l'interesse  del  ricorrente   alla   caducazione   della   normativa
censurata. 
    9.3.-  L'eccezione  di  sopravvenuto  difetto   d'interesse   del
Governo, sviluppata dalla difesa regionale nelle  memorie  depositate
nel corso del giudizio, dev'essere rigettata. 
    E' pur vero che, con il citato art. 5, comma 8, del  d.l.  n.  95
del 2012, alla disciplina contrattuale in tema  di  ("monetizzazione"
delle) ferie - evocata dal Governo a fondamento dell'asserita lesione
della  sfera  dell'ordinamento  civile  (riservata  alla   competenza
esclusiva  dello  Stato)  -  si   sono   sovrapposte   nuove   regole
direttamente dettate dalla legge statale. 
    A supporto del persistente interesse del  Governo  alla  presente
impugnazione, dev'essere, tuttavia, osservato che, nella  specie,  il
mutato quadro normativo sopravvenuto alla  proposizione  del  ricorso
non ha efficacia retroattiva e non puo', comunque, considerarsi,  non
riguardando  direttamente  le  norme  impugnate,  satisfattivo  della
pretesa della parte ricorrente (per una fattispecie simile,  sentenza
n. 159 del 2001). 
    In questo caso, dunque, la  legittimita'  della  norma  impugnata
dev'essere valutata al momento della proposizione dei ricorsi, quando
cioe' la normativa interposta di  matrice  negoziale  collettiva  era
ancora interamente in vigore. 
    Non  ricorrono,  quindi,  i  presupposti  per  una  pronuncia  di
sopravvenuta carenza d'interesse del ricorrente. 
    Inoltre, anche in base alla normativa sopravvenuta, le ferie  del
personale dipendente dalle amministrazioni  pubbliche,  ivi  comprese
quelle regionali, rimangono obbligatoriamente fruite «secondo  quanto
previsto  dai  rispettivi  ordinamenti»,  tuttora   modellati   dalla
contrattazione collettiva dei singoli comparti. E la  stessa  attuale
preclusione delle clausole contrattuali di miglior  favore  circa  la
"monetizzazione"  delle  ferie  non  puo'  prescindere  dalla  tutela
risarcitoria civilistica del danno da mancato godimento  incolpevole.
Tant'e'   che   nella   prassi   amministrativa   si    e'    imposta
un'interpretazione volta ad escludere dalla sfera di applicazione del
divieto posto dall'art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012  «i  casi
di cessazione dal servizio in cui l'impossibilita' di fruire le ferie
non  e'  imputabile  o  riconducibile  al  dipendente»  (parere   del
Dipartimento della funzione pubblica 8 ottobre 2012, n.  40033).  Con
la conseguenza di ritenere tuttora monetizzabili le ferie in presenza
di «eventi estintivi del rapporto non imputabili  alla  volonta'  del
lavoratore ed alla capacita'  organizzativa  del  datore  di  lavoro»
(nota Prot. n. 0094806 del  Dipartimento  della  Ragioneria  generale
dello Stato). 
    Permane, quindi, un regime  delle  ferie  di  fonte  contrattuale
collettiva e, piu' in generale, di diritto comune, rispetto al  quale
sussiste un interesse anche  attuale  del  Governo  a  verificare  la
rispondenza  delle  disposizioni  regionali  censurate  in  tema   di
"conversione". 
    Del resto, anche il  nuovo  regime  delle  ferie  introdotto  con
l'art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 puo' essere  riconducibile
ad  una  delle  competenze  statali  di  cui  il   Governo   denuncia
l'invasione, ossia a  quella  esclusiva  in  materia  di  ordinamento
civile ovvero a quella concorrente in materia di coordinamento  della
finanza pubblica. Al primo ambito, perche' i rapporti di  lavoro  dei
dipendenti delle pubbliche  amministrazioni  trovano  la  loro  fonte
costitutiva  nel  contratto  individuale  di  lavoro,  di  guisa  che
l'appartenenza al diritto comune della disciplina di  essi,  come  di
qualunque altro contratto, non e' esclusa dall'intervento  regolativo
della legge; nella specie, oltre tutto, in  coerenza  con  l'espressa
previsione, tra le fonti, non solo di quella contrattuale,  ma  anche
«delle disposizioni del capo I, titolo II, del  libro  V  del  codice
civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa,
fatte salve le diverse disposizioni contenute  nel  presente  decreto
[...]»  e  delle  disposizioni  di  legge  (regolamento  o   statuto)
introduttive di discipline specificamente destinate ai lavoratori del
settore pubblico, eventualmente derogabili  da  parte  di  successivi
contratti o accordi collettivi (art. 2, commi 2 e 3,  del  d.lgs.  n.
165 del 2001). Al secondo ambito, perche' l'esclusione di ogni  forma
di "monetizzazione" delle ferie, in chiave contraria a  un  pregresso
ricorso incontrollato alla stessa, e' inserita in un testo  normativo
di riduzione e razionalizzazione della spesa  pubblica.  Sicche',  il
Governo  conserva  interesse  all'impugnazione  in  oggetto  malgrado
l'anzidetto ius superveniens. Non e' affatto scontato,  infatti,  che
la nuova disciplina di fonte  statale  sia  tale  da  riassorbire  il
denunciato conflitto con i  parametri  costituzionali  evocati  delle
disposizioni regionali sulla "conversione" delle ferie maturate e non
godute all'esito del primo rapporto di lavoro con  la  Regione,  onde
assicurarne la  fruizione  "illimitata"  durante  lo  svolgimento  di
quello successivo. 
    9.4.- Nel merito, tutte le questioni predette  sono  fondate  per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. 
    L'istituto delle ferie e' parte integrante  del  trattamento  del
prestatore di lavoro subordinato, pubblico o privato che sia.  Stante
l'intervenuta privatizzazione del rapporto di lavoro alle  dipendenze
delle  pubbliche  amministrazioni,  che   interessa,   altresi',   il
personale delle Regioni, la materia e'  regolata  dalla  legge  dello
Stato e, in virtu' del rinvio da essa  operato,  alla  contrattazione
collettiva. La Regione, legiferando in  tema  di  ferie,  ha  invaso,
quindi, la sfera di esclusiva competenza legislativa dello  Stato  in
materia di «ordinamento civile». 
    La giurisprudenza di questa Corte sull'individuazione dell'ambito
di competenza del trattamento (economico e normativo) dei  dipendenti
regionali e' costante:  «essendo  il  rapporto  di  impiego  di  tali
lavoratori ormai contrattualizzato, la sua disciplina  [...]  rientra
nella materia  dell'ordinamento  civile,  riservata  alla  competenza
esclusiva statale (sentenze n. 339 e n. 77 del  2011)»  (sentenza  n.
290 del 2012; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 215  e  n.
213 del 2012, nonche' n.  324  del  2010).  Per  sostenere  l'assunto
contrario la difesa regionale erroneamente richiama, tra le altre, la
sentenza n. 18 del 2013, la quale, invece, chiaramente ribadisce  che
la disciplina del trattamento economico (nella specie  dei  dirigenti
regionali di  area  funzionale  della  Regione  Calabria)  dev'essere
ascritta alla materia dell'ordinamento civile. 
    Peraltro,  l'eccepita  consonanza  delle  disposizioni  regionali
censurate con la  contrattazione  collettiva  per  il  personale  del
comparto delle Regioni e delle Autonomie locali (artt. 18, commi 9  e
16, del contratto collettivo  nazionale  di  lavoro  stipulato  il  6
luglio 1995), anche con qualifica dirigenziale (art.  17,  comma  13,
del contratto collettivo  nazionale  di  lavoro  sottoscritto  il  10
aprile 1996), non sussiste. 
    Le ipotesi di «cessazione e  collocamento  in  aspettativa  senza
assegni per tutta la durata dell'incarico», al ricorrere delle  quali
la  normativa   regionale   impugnata   ricollega   l'effetto   della
"conversione" delle ferie maturate e non fruite «dai  dipendenti  che
proseguono il loro rapporto di lavoro  con  la  Regione  Liguria  con
forma contrattuale diversa», sono, infatti, altrimenti regolate dalle
clausole contrattuali. 
    Nel  primo  caso  (cessazione  del  rapporto   di   lavoro),   la
difformita'  dalla  disciplina  contrattuale  e'  palese,  posto  che
questa,  diversamente  dalla  norma  regionale   impugnata,   prevede
espressamente,  in  deroga  alla   regola   generale   dell'effettivo
godimento  del  riposo  feriale,  il   pagamento   di   un'indennita'
sostitutiva. 
    Nel secondo caso (collocamento in aspettativa senza  assegni  per
tutta la durata dell'incarico), le disposizioni  regionali  censurate
si    discostano    parimenti    dalla    disciplina    contrattuale.
Implicitamente,  se  si  accoglie  un'interpretazione  estensiva   al
collocamento  in  aspettativa  della  deroga   della   monetizzazione
specificamente dettata per la cessazione del rapporto. In  modo  piu'
esplicito,  se  si  considera  che,  in  base   alla   contrattazione
collettiva di riferimento, le ferie non godute  nel  corso  dell'anno
non sono accantonate sine die (tanto meno attraverso involuti sistemi
di riparametrazione al  valore  economico  acquisito  nel  successivo
rapporto di lavoro), ma vanno comunque obbligatoriamente  fruite,  da
parte del personale regionale,  entro  il  primo  semestre  dell'anno
successivo «in caso di indifferibili esigenze  di  servizio»,  oppure
entro il primo quadrimestre dell'anno successivo «in caso di motivate
esigenze di carattere personale e compatibilmente con le esigenze  di
servizio» (da parte dei dirigenti regionali, in entrambe  le  ipotesi
suaccennate,  entro  il  primo  semestre  dell'anno  successivo).  E,
persino se si ritiene che manchi una regolamentazione esaustiva della
fattispecie in  esame  nell'ambito  delle  previsioni  dei  contratti
collettivi di pertinente comparto, le impugnate disposizioni di legge
regionale risultano, comunque,  esorbitanti  ed  invasive  del  campo
riservato  dalla  legge  statale  all'autonomia  sindacale,   perche'
finiscono illegittimamente per colmare una lacuna del vigente  regime
dettato in sede negoziale. 
    Ad  ogni  modo,  neppure  la  sostanziale  omogeneita'   con   le
previsioni dell'autonomia contrattuale che la Regione  Liguria  tende
ad accreditare sarebbe sufficiente a "salvare" la normativa regionale
in  questione,  perche'  questa  Corte  ha  riconosciuto  la  lesione
dell'art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.  anche  in  caso  di
norme  regionali  meramente  ripetitive  di   clausole   contrattuali
collettive (sentenza n. 7 del 2011). 
    Le disposizioni regionali censurate  contrastano,  infine,  anche
con la nuova disciplina posta dalla legge statale. Non  solo  per  la
sopravvivenza delle regole generali  che  impongono  la  liquidazione
dell'indennita' sostitutiva delle ferie all'atto della cessazione del
rapporto tutte le volte che il mancato godimento di esse  sia  dipeso
da causa non imputabile al lavoratore, ma anche e soprattutto perche'
la censurata normativa regionale, nelle  ipotesi  di  cessazione  del
rapporto come di collocamento in aspettativa, opera sempre e comunque
una "monetizzazione", ancorche' virtuale, delle ferie non  godute  al
termine del primo rapporto di lavoro. "Monetizzazione" che e'  invece
rigorosamente vietata sotto qualsiasi forma («in  nessun  caso»)  dal
legislatore statale del 2012. E ancora, perche'  la  legge  regionale
dispone il suddetto ragguaglio delle ferie residue in  vista  di  una
conservazione a tempo indefinito del diritto a fruirne nel successivo
rapporto. Conservazione che la legge statale, di contro, non consente
mai  oltre  il  primo  semestre  dell'anno  successivo  a  quello  di
maturazione, rinviando sul  punto  alle  discipline  contrattuali  di
settore dei riposi annuali («obbligatoriamente fruiti secondo  quanto
previsto dai rispettivi ordinamenti»). 
    Dev'essere, quindi,  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
tanto dell'art. 8 della legge reg. Liguria n.  15  del  2011,  quanto
dell'art. 18, comma 1, della legge  reg.  n.  38  del  2011  (che  ha
sostituito il testo del primo). 
    L'accoglimento delle  questioni  per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost., consente di ritenere  assorbite  le
ulteriori censure.