ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge della Regione autonoma della Sardegna 12 ottobre 2012, n.
19 (Norme per la continuita' delle concessioni demaniali ai  fini  di
pesca e acquacoltura), promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 17-19 dicembre 2012, depositato in
cancelleria il 21 dicembre 2012 ed iscritto al n.  194  del  registro
ricorsi 2012. 
    Visto  l'atto  di  costituzione  della  Regione  autonoma   della
Sardegna; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  5  novembre  2013  il  Giudice
relatore Giuseppe Tesauro; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Giovanni   Palatiello   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Massimo  Luciani
per la Regione autonoma della Sardegna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 17-19 dicembre 2012, depositato  il
successivo  21  dicembre  2012,  il  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 117,  primo  e  secondo
comma, lettera e), della Costituzione ed in relazione agli artt. 49 e
101  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea  (TFUE),
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,  della
legge della Regione autonoma Sardegna 12 ottobre 2012, n.  19  (Norme
per la continuita' delle concessioni demaniali ai  fini  di  pesca  e
acquacoltura), pubblicata nel Bollettino Ufficiale di  detta  Regione
n. 45 del 18 ottobre 2012. 
    2.- L'impugnato art. 1 al comma 1 stabilisce: «Le concessioni  ai
fini di pesca e acquacoltura nel demanio marittimo, demanio regionale
e  mare  territoriale   rilasciate   dall'Amministrazione   regionale
nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 24  novembre  1965,  n.  1627  (Norme  di
attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna in materia di pesca
e saline sul demanio marittimo e nel mare territoriale), e successive
modifiche ed integrazioni, in essere  alla  data  29  dicembre  2008,
restano efficaci sino al 31 dicembre  2013,  al  fine  di  consentire
l'ordinato avvio delle procedure di evidenza pubblica per il relativo
affidamento  e  garantire  un  termine  necessario  e   congruo   per
l'espletamento delle stesse»; il  successivo  comma  2  dispone:  «La
norma di cui al comma 1 non riguarda i beni per i  quali  tra  il  29
dicembre 2008 e la data di entrata in vigore della presente legge sia
stato rilasciato dall'Amministrazione regionale atto di concessione a
seguito di procedura di evidenza pubblica per la  comparazione  delle
istanze concorrenti». 
    Secondo il ricorrente, la norma censurata violerebbe l'art.  117,
primo comma, Cost., in quanto non sarebbe  «coerente  con  i  vincoli
derivanti  dall'ordinamento  comunitario  in  tema  di  liberta'   di
stabilimento e tutela della concorrenza» stabiliti,  rispettivamente,
dagli artt. 49 e 101 del TFUE. Siffatta disposizione,  prorogando  ex
lege le concessioni  demaniali,  senza  l'espletamento  di  una  gara
pubblica che garantisca la  parita'  di  trattamento  fra  tutti  gli
operatori economici, da un canto, realizzerebbe una restrizione della
liberta' di stabilimento garantita dall'art. 49 del  TFUE,  il  quale
stabilisce  il  diritto  di  ogni  persona  fisica  o  giuridica   di
partecipare in modo stabile e duraturo alla  vita  economica  di  uno
Stato  membro  diverso  da  quello  di   origine,   comportando   una
discriminazione  in  base  al  luogo  di  stabilimento;   dall'altro,
recherebbe vulnus alla  concorrenza  (art.  101  del  TFUE),  poiche'
precluderebbe a quanti non  sono  gia'  titolari  di  concessione  di
subentrare nella stessa, in luogo del concessionario,  alla  scadenza
della medesima. 
    Ad avviso dell'Avvocatura generale dello  Stato,  analoghe  norme
regionali sono state dichiarate costituzionalmente  illegittime  «per
contrasto con i vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  in
tema di diritto  di  stabilimento  e  di  tutela  della  concorrenza»
(sentenze n. 213 del  2011  e  n.  180  del  2010).  La  disposizione
impugnata, prevedendo il  rinnovo  automatico  delle  concessioni  in
essere alla data del 29 dicembre 2008,  comporterebbe  che  coloro  i
quali  non  gestivano  il  demanio   marittimo   non   avrebbero   la
possibilita', alla scadenza delle stesse, di subentrare al posto  del
precedente gestore, se non nel caso  in  cui  questi  non  chieda  la
proroga o la chieda senza un  valido  programma  di  investimenti  e,
quindi,  impedirebbero  l'accesso  di  altri   potenziali   operatori
economici nel mercato. Infine, conclude il  ricorrente,  detta  norma
violerebbe  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,   che
attribuisce allo Stato la competenza  legislativa  nella  materia  di
tutela della concorrenza. 
    3.- Si e' costituita in giudizio la  Regione  autonoma  Sardegna,
che ha eccepito  l'inammissibilita'  e  comunque  l'infondatezza  del
ricorso, insistendo per  l'accoglimento  di  tali  conclusioni  nella
memoria depositata in prossimita' dell'udienza pubblica. 
    La resistente deduce anzitutto che «il ricorrente non ha  nemmeno
menzionato le disposizioni dello Statuto e di attuazione  statutaria»
che le garantiscono una autonomia speciale  ai  sensi  dell'art.  116
Cost. (parametro neppure richiamato) e, quindi,  ritiene  applicabile
il principio, che assume costantemente  enunciato  da  questa  Corte,
secondo il quale la questione di legittimita' costituzionale promossa
in via principale e' inammissibile, quando  il  ricorso,  come  nella
specie, «faccia esclusivo riferimento al Titolo V della seconda parte
della Costituzione,  senza  evocare  a  parametro  le  corrispondenti
disposizioni statutarie» (vengono citate le sentenze n. 304, n.  203,
n. 202 e n. 65 del 2005). 
    L'art. 3, primo comma, lettere  i),  l),  ed  m),  dello  Statuto
speciale per la Regione Sardegna (approvato con legge  costituzionale
26 febbraio 1948, n. 3) attribuisce, infatti, alla  stessa  «potesta'
legislativa esclusiva» nelle materie «caccia e pesca», «esercizio dei
diritti demaniali della Regione sulle  acque  pubbliche»,  «esercizio
dei diritti demaniali e  patrimoniali  della  Regione  relativi  alle
miniere, cave e saline»; il successivo art. 8, primo  comma,  lettera
i), dispone  che  le  entrate  della  Regione  sono  costituite,  tra
l'altro, «dai redditi derivanti dal proprio patrimonio e dal  proprio
demanio». Inoltre, ad avviso della  resistente,  «il  ricorrente  non
dedica nemmeno  una  riflessione  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 24 novembre 1965,  n.  1627  (Norme  di  attuazione  dello
Statuto speciale per la Sardegna in materia di  pesca  e  saline  sul
Demanio marittimo e nel mare territoriale), che  ha  trasferito  alla
Regione Sardegna «le funzioni amministrative dell'autorita' marittima
statale concernenti la regolamentazione della pesca, i divieti  e  le
autorizzazioni in materia di  pesca»  (art.  1),  stabilendo  che  «i
provvedimenti concernenti le concessioni di pesca [...] sono adottati
dall'Amministrazione regionale» (art. 2, primo comma). 
    Pertanto, poiche', secondo la giurisprudenza costituzionale,  «le
norme di attuazione degli statuti speciali possiedono un sicuro ruolo
interpretativo ed integrativo delle stesse espressioni statutarie che
delimitano  le  sfere  di  competenza  delle  Regioni  ad   autonomia
speciale» (sentenza n. 51 del 2006), sarebbe inammissibile la censura
che di esse non tiene conto, e  cio'  nonostante  che  queste  ultime
siano addirittura richiamate dalla disposizione  impugnata.  Osserva,
altresi', la resistente che le  attribuzioni  regionali  sono  state,
inoltre, ampliate dal decreto legislativo  6  febbraio  2004,  n.  70
(Norme di attuazione dello Statuto speciale  della  regione  Sardegna
concernenti il conferimento di funzioni amministrative  alla  Regione
in materia di agricoltura), il cui art. 1 ha trasferito alla  Regione
autonoma Sardegna «tutte le  funzioni  e  i  compiti  in  materia  di
agricoltura - ivi comprese le cooperative e  i  consorzi  -  foreste,
pesca, agriturismo, caccia, sviluppo  rurale,  alimentazione,  svolti
dal  soppresso  Ministero  delle  risorse  agricole,   alimentari   e
forestali,  anche  tramite  enti  o  altri  soggetti  pubblici».   In
definitiva,  secondo  la  Regione,  il  ricorrente   avrebbe   dovuto
considerare anche quest'ultimo decreto, come  non  e'  accaduto,  con
conseguente ulteriore ragione di  inammissibilita'  del  ricorso.  Il
secondo motivo di  censura  sarebbe,  inoltre,  inammissibile,  anche
perche' meramente assertivo e privo di ogni «sforzo argomentativo». 
    3.1.- Nel  merito,  la  Regione  deduce  di  essere  titolare  di
competenza legislativa esclusiva nella materia «pesca», il cui ambito
andrebbe determinato anche avendo riguardo alle norme  di  attuazione
dello statuto (quindi, verrebbero in rilievo l'art. 1 del  d.P.R.  n.
1627 del 1965 ed il d.lgs. n. 70 del 2004) e, in virtu' del principio
del  parallelismo  tra  esercizio  di   funzioni   amministrative   e
competenze legislative di cui all'art.  6  dello  statuto  regionale,
l'attribuzione  ad  essa  di  funzioni  pubbliche  in  via  esclusiva
comporterebbe  il   riconoscimento   della   competenza   legislativa
esclusiva  negli  ambiti  in  cui  ricadono  le  funzioni  trasferite
(sentenze n. 224 del 2012 e n. 51 del 2006). 
    Ad avviso della Regione, la premessa  a  base  dell'impugnazione,
consistente  nella  circostanza  che  la  norma   censurata   avrebbe
sottratto al libero mercato l'accesso alle risorse  ittiche  presenti
nei beni  demaniali,  marittimi  e  lacuali,  non  sarebbe  corretta.
L'impugnato art. 1, comma  1,  espressamente  enuncia  che  la  legge
regionale n. 19 del 2012 e' strumentale  allo  scopo  «di  consentire
l'ordinato avvio delle procedure di evidenza pubblica per il relativo
affidamento  e  garantire  un  termine  necessario  e   congruo   per
l'espletamento  delle  stesse»,  conseguito  mediante   una   proroga
«assolutamente e rigidamente circoscritta», destinata a scadere il 31
dicembre 2013, disponendo che le concessioni  di  pesca  saranno  poi
assegnate attraverso «procedure di evidenza pubblica» (comma  3).  La
particolare  complessita'   delle   procedure   di   rilascio   delle
concessioni in esame avrebbe  richiesto  l'approntamento  di  risorse
umane e strumentali; a tanto si e' provveduto con la  delibera  della
Giunta regionale 17 dicembre 2012, n. 49/14 ed e'  stato  predisposto
un piano operativo nel quale sono individuate le attivita' necessarie
per affidare i beni in questione a seguito di procedura  ad  evidenza
pubblica, garantendo anche la funzionalita' dei beni pubblici oggetto
delle concessioni. A conforto della  complessita'  delle  valutazioni
sottese a tali concessioni, la Regione sintetizza la vicenda relativa
a quella concernente l'attivita' di miticoltura nelle acque del golfo
interno di Olbia,  in  quanto  caratterizzata  dalla  richiesta  alla
competente Autorita' portuale dell'intenzione «di dare avvio in tempi
brevi alla procedure di  evidenza  pubblica»  (nota  prot.  n.  12079
dell'8 luglio 2013) e dalla risposta di quest'ultima in  ordine  alla
necessita' di una serie di attivita' preliminari (nota prot. n.  9047
del 12 agosto 2013),  espressiva  dell'imputabilita'  alle  autorita'
statali del rallentamento delle procedure di assegnazione. 
    In difetto della proroga in esame, la Regione assume che  avrebbe
dovuto lasciare inutilizzati i beni pubblici, sopportando il  rischio
del degrado e della  perdita  di  valore  degli  stessi,  alternativa
questa palesemente irragionevole e tale sarebbe stata anche quella di
accollarsi la gestione diretta dei beni, con  evidente  dispendio  di
risorse pubbliche. 
    Secondo la  resistente,  la  norma  impugnata  ha  introdotto  un
sistema di concessione su base competitiva  e  concorrenziale,  senza
porre barriere o  discriminazioni  all'accesso  degli  operatori.  La
continuita' nella gestione dei beni demaniali non preclude  a  coloro
che non li gestivano di partecipare alle procedure di gara e  neppure
impedisce l'avvio di queste  ultime,  che  e'  stato  gia'  disposto,
proprio grazie alla proroga in esame, a seguito della delibera  della
Giunta regionale 31 ottobre 2012, n.  43/7,  recante  «Direttive  per
l'avvio delle procedure per le  concessioni  demaniali  dei  compendi
ittici (lagune, stagni  e  laghi  salsi  e  aree  demaniali  ad  essi
connesse) per finalita' di pesca e acquacoltura», che ha disciplinato
le procedure di evidenza pubblica in base  a  criteri  strumentali  a
garantire il confronto comparativo tra gli  aspiranti  e  l'interesse
pubblico al piu' razionale sfruttamento economico dei beni demaniali.
In  seguito  sono  stati,  quindi,   approvati   diversi   bandi   di
assegnazione di beni demaniali marittimi o lacuali e stagnali  e,  in
definitiva, sarebbe stata proprio la legge regionale n. 19 del 2012 a
permettere l'apertura  concorrenziale  al  mercato,  con  conseguente
infondatezza delle censure. 
    3.2.- Ad avviso della Regione, lo Stato, con  l'art.  13-bis  del
decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni legislative), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 24 febbraio 2012,  n.  14,  e  con  l'art.  1,  comma  18,  del
decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni legislative), convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 26 febbraio 2010, n. 25, ha, peraltro, previsto proroghe  delle
concessioni in termini ben piu' ampi di quello  fissato  dalla  norma
censurata. La Commissione europea  aveva  avviato  una  procedura  di
messa in mora - atto del 29 gennaio  2009,  prot.  C(2009)0328  -  in
relazione all'art. 37, comma 2,  del  codice  della  navigazione,  in
quanto, nel rilascio delle nuove concessioni demaniali, si attribuiva
una preferenza ai  concessionari  uscenti.  La  procedura  e'  stata,
tuttavia, chiusa a seguito della promulgazione del d.l.  n.  194  del
2009 e, quindi, se una proroga di cinque anni non e'  stata  ritenuta
censurabile, a fortiori non potrebbe esserlo quella in esame. 
    La resistente richiama,  inoltre,  alcune  pronunce  dei  giudici
amministrativi, secondo le quali le  norme  dell'Unione  europea  non
consentono il rinnovo o la proroga automatica dei contratti in corso,
ma l'ammettono per il tempo strettamente necessario alla stipula  dei
nuovi  tanto  che,  secondo  il  Consiglio  di  Stato,  il  carattere
transitorio della proroga, disposta «in attesa della revisione  della
legislazione  in  materia  di  rilascio  delle  concessioni  di  beni
demaniali»,  conforterebbe  il  giudizio  di  manifesta  infondatezza
dell'eccezione di illegittimita' costituzionale di detta disposizione
(sezione VI, 27 dicembre 2012, n. 6882). Peraltro, rileva la Regione,
la Commissione  europea  ha  contestato  la  previsione  del  rinnovo
automatico delle concessioni di sei anni in sei anni - atto di  messa
in mora prot.  C(2010)2734  -  ma  la  relativa  procedura  e'  stata
definita a seguito della modifica realizzata dall'art. 1 della  legge
15 dicembre 2011, n. 217 (Disposizioni per l'adempimento di  obblighi
derivanti dall'appartenenza  dell'Italia  alle  Comunita'  europee  -
Legge comunitaria 2010). 
    3.3.- Secondo la Regione, il richiamo delle  sentenze  di  questa
Corte n. 180 del 2010 e n. 213  del  2011  sarebbe  erroneo,  perche'
queste hanno censurato proroghe «fino ad un massimo di venti anni»  o
«da un minimo di sette anni ad un massimo di venti anni»  e,  quindi,
all'evidenza, non sarebbero comparabili con la proroga disposta dalla
norma in esame. 
    A suo avviso, la Corte di  giustizia  e'  costante  nel  ritenere
ammissibile il rinnovo delle  concessioni  solo  se  giustificato  da
«motivi imperativi di  interesse  generale»  (sentenza  13  settembre
2007, C-260/04, Commissione contro Italia), che sarebbero sussistenti
nella  specie,  siccome  costituiti  dalle  esigenze:  di   scegliere
mediante procedure  concorrenziali  il  contraente  piu'  idoneo;  di
salvaguardare l'economia regionale; di tutelare il valore del demanio
e del patrimonio pubblico. La  disposizione  impugnata  non  prevede,
inoltre, un rinnovo automatico, ma una brevissima proroga e la  Corte
di giustizia ha censurato i lunghi rinnovi e le proroghe sine die dei
rapporti concessori (sentenza 9 settembre 2010, C-64/08,  Engelmann),
ritenendo ammissibile il  prolungamento  richiesto  dall'esigenza  di
definire i rapporti in corso a condizioni accettabili  dal  punto  di
vista delle esigenze del servizio  pubblico  e  dal  punto  di  vista
economico (sentenza 17 luglio 2008, C-347/06, ASM  Brescia  SpA).  La
norma regionale censurata sarebbe pertanto rispettosa dei principi di
concorrenzialita', non discriminazione e pubblicita' nell'accesso  ai
beni demaniali, in quanto prevede  l'attribuzione  delle  concessioni
mediante procedure di evidenza pubblica e, nell'osservanza del canone
di proporzionalita', prevede una proroga di soltanto un anno. 
    3.4.- La Regione, nell'atto di costituzione,  aveva  approfondito
la compatibilita' della norma impugnata con l'art. 12 della direttiva
12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento europeo  e
del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai  servizi  nel  mercato
interno). Nella memoria deduce, invece, che la risposta resa in  data
19 giugno 2013 dalla Commissione europea all'interrogazione 8  aprile
2013, n. E-003488-13, di due parlamentari europei, avendo  affermando
che  «l'attivita'  di  acquacoltura  in  quanto  tale   non   rientra
nell'ambito  di  applicazione  della  direttiva  "Servizi"»,  avrebbe
ulteriormente  confortato  l'infondatezza  del  ricorso,  dimostrando
l'impossibilita' di fare riferimento a detta direttiva. 
    Infine,  conclude  la  resistente,   la   norma   impugnata   non
concernerebbe la concorrenza, ma la materia «pesca»,  spettante  alla
competenza legislativa esclusiva della  Regione.  In  ogni  caso,  la
competenza statale dell'art. 117, secondo comma, Cost. non sarebbe ad
essa riferibile e, comunque la censura riferita a detto parametro non
sarebbe fondata, poiche' la norma in esame non avrebbe  inciso  sulle
regole di concorrenza, ne' sottratto un settore economico alla libera
iniziativa del mercato. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha   promosso,   in
riferimento agli artt. 117, primo e secondo comma, lettera e),  della
Costituzione ed in relazione agli artt. 49 e  101  del  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art.  1,  comma  1,  della  legge  della  Regione
autonoma Sardegna 12 ottobre 2012, n. 19 (Norme  per  la  continuita'
delle concessioni demaniali ai fini di pesca e acquacoltura). 
    2.- L'impugnato art. 1, comma 1, stabilisce: «Le  concessioni  ai
fini di pesca e acquacoltura nel demanio marittimo, demanio regionale
e  mare  territoriale   rilasciate   dall'Amministrazione   regionale
nell'esercizio delle funzioni amministrative di cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 24  novembre  1965,  n.  1627  (Norme  di
attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna in materia di pesca
e saline sul demanio marittimo e nel mare territoriale), e successive
modifiche ed integrazioni, in essere  alla  data  29  dicembre  2008,
restano efficaci sino al 31 dicembre  2013,  al  fine  di  consentire
l'ordinato avvio delle procedure di evidenza pubblica per il relativo
affidamento  e  garantire  un  termine  necessario  e   congruo   per
l'espletamento delle stesse». 
    Secondo il ricorrente, detta norma violerebbe l'art.  117,  primo
comma, Cost., in relazione agli artt. 49 e 101 TFUE,  in  quanto  non
sarebbe  «coerente   con   i   vincoli   derivanti   dall'ordinamento
comunitario in tema  di  liberta'  di  stabilimento  e  tutela  della
concorrenza». La disposizione,  prorogando  ex  lege  le  concessioni
demaniali rilasciate, da  un  canto,  comporterebbe  una  restrizione
della liberta' di stabilimento garantita dall'art. 49  del  TFUE  (il
quale stabilisce il diritto di ogni persona  fisica  o  giuridica  di
partecipare in modo stabile e duraturo alla  vita  economica  di  uno
Stato  membro  diverso  da  quello  di  origine),  determinando  «una
discriminazione  in  base  al  luogo  di  stabilimento»;  dall'altro,
recherebbe «un grave vulnus al principio di concorrenza»,  in  quanto
impedirebbe «a coloro che non gestivano in precedenza il demanio,  la
possibilita', alla scadenza della concessione di  prendere  il  posto
del concessionario uscente». 
    Detta norma si porrebbe, inoltre, in contrasto  con  l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  che  attribuisce  allo   Stato
competenza  legislativa  esclusiva  nella   materia   «tutela   della
concorrenza». 
    3.- La  questione  di  legittimita'  costituzionale,  cosi'  come
prospettata dal ricorrente, e' inammissibile. 
    3.1.- Questa  Corte,  con  orientamento  costante,  correttamente
richiamato   dalla   resistente   a   conforto   dell'eccezione    di
inammissibilita', ha piu' volte affermato che, qualora  sia  proposta
impugnazione di una norma  di  legge  di  una  Regione  ad  autonomia
speciale, anche denunciandone l'eventuale contrasto  con  il  diritto
dell'Unione europea, il  ricorrente  ha  l'onere  di  specificare  le
ragioni per cui debba prendersi in considerazione l'art.  117  Cost.,
in  luogo  del  parametro  ricavabile  dallo  statuto  speciale   (ex
plurimis, sentenze n. 286 e 238 del 2007, n. 304 e n. 203  del  2005,
n. 213 del 2003; con  riferimento  all'impugnazione  di  norme  della
Regione autonoma Sardegna, sentenze n. 175 del 2006, n. 202 e  n.  65
del 2005), e di esplicitare in quale rapporto  si  trovino,  ai  fini
dello  scrutinio  della  disposizione  impugnata,  le   norme   della
Costituzione invocate e quelle, anch'esse  di  rango  costituzionale,
contenute in quest'ultimo (sentenza n. 202 del 2005). 
    La  giurisprudenza  costituzionale  ha,  inoltre,  precisato  che
siffatto requisito di ammissibilita' va  inteso  nel  senso  che  dal
contesto del ricorso deve emergere l'esclusione della possibilita' di
operare il sindacato di  legittimita'  costituzionale  in  base  allo
statuto speciale (sentenza n. 391 del 2006),  ritenendo  sufficiente,
ma  necessaria,  un'indicazione  sia  pure  sintetica   al   riguardo
(sentenza n. 397 del 2006) ed in ordine all'estraneita' della materia
alla sfera di attribuzioni stabilita dallo stesso  (sentenza  n.  411
del 2008), nonche' una pur non  diffusamente  argomentata  evocazione
dei limiti competenziali fissati da quest'ultimo (sentenza n. 16  del
2012). Tale vizio di prospettazione,  e'  stato  anche  sottolineato,
«non ha una valenza meramente formale, giacche' - anche a prescindere
dal  mancato  assolvimento  dell'onere   argomentativo   imposto   al
ricorrente in  forza  dell'art.  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 [...], circa l'applicabilita' ad  una  Regione  ad
autonomia speciale delle norme costituzionali contenute  negli  artt.
117 e 118 Cost. - esso impedisce di  ricostruire  l'esatto  perimetro
del thema decidendum, a causa del differente regime di riparto  delle
competenze normative e amministrative  stabilito  dalla  Costituzione
rispetto a quello  previsto  dallo  statuto  speciale  di  autonomia»
(sentenza n. 220 del 2008). 
    Nella  specie,  il  ricorrente  ha  dedotto   esclusivamente   la
violazione del parametro costituzionale sopra richiamato,  senza  mai
fare neppure mera menzione dello Statuto speciale, ovvero operare  un
riferimento anche soltanto implicito allo stesso e chiarire in  quale
rapporto si trovino, ai fini dello scrutinio da  svolgere  in  questa
sede, detto parametro e le norme di  rango  costituzionale  contenute
nel medesimo. E cio'  nonostante  che  lo  Statuto  speciale  per  la
Regione autonoma Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948,  n.
3) le attribuisca potesta' legislativa primaria nelle materie «pesca»
ed  «esercizio  dei  diritti  demaniali  della  Regione  sulle  acque
pubbliche» (art. 3, primo comma, lettere  i  ed  l),  stabilendo  che
questa deve essere esercitata,  nel  rispetto,  tra  l'altro,  «degli
obblighi internazionali», avendo le norme  di  attuazione  statutaria
trasferito «all'Amministrazione regionale della Sardegna» le funzioni
amministrative  «concernenti  la  regolamentazione  della  pesca,   i
divieti e le autorizzazioni in  materia  di  pesca,  le  concessioni»
(decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1965,  n.  1627,
recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale per  la  Sardegna
in materia di pesca  e  saline  sul  Demanio  marittimo  e  nel  mare
territoriale»). 
    In  applicazione  del   suindicato   principio,   deve,   quindi,
concludersi che detta omissione  determina  l'inammissibilita'  della
prospettata questione di legittimita' costituzionale.