ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 5,  comma
9, 12, comma 8, 13, commi 2, 3, 4, 5  e  6,  14,  per  intero  e,  in
subordine, riguardo ai commi 2, 7 e 9, 16, comma 2, lettera  a),  17,
18, commi 2 e 4, 34, comma 1, lettere f) ed h) e 35, comma  7,  della
legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 11  ottobre  2012,
n. 19 (Norme in materia di energia e distribuzione  dei  carburanti),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 17-21 dicembre 2012, depositato in  cancelleria  il  20
dicembre 2012 ed iscritto al n. 191 del registro ricorsi 2012. 
    Visto   l'atto   di   costituzione   della    Regione    autonoma
Friuli-Venezia Giulia; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  22  ottobre  2013  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato dello Stato Filippo Bucalo per il Presidente del
Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico  Falcon  per  la
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 20 dicembre 2012  e  notificato  il
17-21  dicembre,  il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso in via principale, questione di legittimita'  costituzionale
degli artt. 5, comma 9; 12, comma 8; 13, commi 2, 3, 4 e 5; 13, comma
6; 14 per intero e, in subordine, commi 2, 7, 9; 16, comma 2, lettera
a); 17; 18, commi 2 e 4; 34, comma 1, lettere f) ed h), e  35,  comma
7, della  legge  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  11
ottobre 2012, n. 19 (Norme in materia di energia e distribuzione  dei
carburanti), in riferimento agli artt. 3, 41, 97, 117, secondo comma,
lettere e), l), m) ed s), e terzo comma, della  Costituzione  e  agli
artt. 4 e 5 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia). 
    1.1.- Il ricorrente impugna l'art. 5, comma 9, della legge  della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 42 (recte: 19) del 2012, in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., oltre che
degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. 
    La  disposizione,  stabilendo  che   l'atto   di   programmazione
regionale   (d'ora   in   avanti   APR)   predisposto,   nelle   more
dell'approvazione del Piano energetico regionale (PER), e' sottoposto
alla procedure relative alla valutazione ambientale strategica  (VAS)
nelle sole ipotesi in cui contenga l'individuazione delle aree e  dei
siti non idonei, implicitamente  la  esclude  negli  altri  casi.  Si
porrebbe, pertanto, in contrasto con l'art. 6, comma 2,  lettera  a),
del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152  (Norme  in  materia
ambientale),  trattandosi  di   «piano»   concernente   il   «settore
energetico», che, secondo il dettato della norma  statale  interposta
appena citata, deve essere assoggettato sempre  -  ad  eccezione  dei
limitati casi previsti dal ricordato comma 3 dello stesso  art.  6  -
alla VAS prevista da tale fonte statale. 
    1.2.- Oggetto di impugnazione e' altresi'  l'art.  12,  comma  8,
della citata legge regionale n. 19 del 2012, per violazione dell'art.
117, terzo comma, Cost., oltre che degli artt. 4 e  5  dello  statuto
speciale. 
    La disposizione, nella parte in  cui  assoggetta  alla  procedura
abilitativa semplificata di cui all'art. 6 del decreto legislativo  3
marzo 2011,  n.  28  (Attuazione  della  direttiva  2009/28/CE  sulla
promozione  dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,   recante
modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE  e  2003
/30/CE) gli interventi per modifiche non sostanziali da  realizzarsi,
«anche in corso d'opera», su  impianti  e  infrastrutture  che  hanno
ottenuto  l'autorizzazione  unica  (e  quindi   non   necessariamente
esistenti), contrasterebbe con l'art. 5, comma 3, del  citato  d.lgs.
n. 28 del  2011.  Quest'ultima  norma,  infatti,  attribuisce  ad  un
decreto del Ministro dello sviluppo economico (adottato  di  concerto
con il Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del
mare, previa intesa con  la  Conferenza  unificata)  l'individuazione
degli  interventi  di  modifica   sostanziale   degli   impianti   da
assoggettare ad autorizzazione unica. Nelle more dell'approvazione di
tale decreto, la disposizione statale citata perimetra  l'area  degli
interventi da considerare «non  sostanziali»  e,  quindi,  sottoposti
alla  procedura  abilitativa  semplificata,  delimitandola  ai   soli
interventi da realizzare sugli impianti «esistenti». 
    1.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l'art. 13,
commi 2, 3, 4 e 5, della  legge  regionale  in  esame  sotto  diversi
profili: per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere  l)  ed
m), e terzo comma, Cost., oltre che degli artt. 4 e 5  dello  statuto
speciale. 
    Sotto il primo ed il secondo profilo, il ricorrente  rileva  come
tali  previsioni  introducano  oneri  amministrativi  -  «a  pena  di
improcedibilita'» - superflui e comunque non previsti dalla normativa
statale  di  riferimento,  e  segnatamente  dall'art.  1-sexies   del
decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239  (Disposizioni  urgenti  per  la
sicurezza e lo sviluppo del sistema  elettrico  nazionale  e  per  il
recupero  di  potenza  di   energia   elettrica),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 27 ottobre 2003,  n.
290. Ne conseguirebbe, da un lato, la  violazione  dell'ambito  della
potesta' legislativa concorrente riservata alla Regione in materia di
«produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale  dell'energia»  e,
dall'altro lato, la violazione  in  materia  di  «determinazione  dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali  che  devono  essere  garantiti  su   tutto   il   territorio
nazionale», nel cui novero andrebbero sussunte  anche  le  norme  che
attuano il principio di semplificazione amministrativa e  quelle  che
fissano e regolano i principi fondamentali relativi  al  procedimento
amministrativo. 
    Quanto  al  terzo  profilo,  la  norma  regionale,  modulando   i
requisiti e i contenuti della progettazione sugli artt. 93 e  94  del
decreto legislativo 12 aprile 2006,  n.  163  (Codice  dei  contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in  attuazione  delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), si porrebbero  in  contrasto  con
quanto previsto dall'art. 206 del medesimo  decreto  legislativo,  il
quale non include, tra le norme applicabili ai settori speciali (gas,
energia termica ed elettricita'),  le  disposizioni  sui  livelli  di
progettazione di cui ai citati articoli. 
    1.4.- Il ricorrente impugna, poi, l'art. 13, comma 6, della legge
regionale in esame per violazione degli artt.  3,  41  e  117,  comma
terzo, Cost., oltre che degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. 
    Tale disciplina, subordinando il rilascio dell'autorizzazione per
gli impianti alimentati da fonti rinnovabili alla  dimostrazione,  da
parte del richiedente, del possesso di idonei  requisiti  soggettivi,
nonche' di atti definitivi  attestanti  la  titolarita'  delle  aree,
contrasterebbe con la normativa statale di principio di cui al d.lgs.
n. 28 del 2011, al decreto  legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387
(Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato interno dell'elettricita') e al decreto legislativo 16  marzo
1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni
per il mercato interno dell'energia elettrica) 
    In particolare, l'art. 1, comma 1,  del  decreto  legislativo  da
ultimo citato configura l'attivita' de qua come libera. 
    La disciplina statale di cui al comma 1 dell'art. 12  del  d.lgs.
n. 387 del 2003, sancendo che le opere  per  la  realizzazione  degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili sono di pubblica utilita' ed
indifferibili  ed  urgenti,  rivela  che  l'iniziativa  puo'   essere
intrapresa anche da soggetti non  in  possesso  di  «atti  definitivi
attestanti la titolarita' delle aree»,  i  quali  sono  agevolati  ad
acquisire tale titolarita' contro la volonta' dei proprietari con  lo
strumento autoritativo costituito dal provvedimento di espropriazione
per pubblica utilita'. 
    Inoltre, soltanto nel caso previsto al  comma  4-bis  del  citato
art.  12,  relativo  alla  realizzazione  di  impianti  alimentati  a
biomassa  e  fotovoltaici,  la  normativa  statale  richiede  che  il
proponente dimostri la disponibilita' del  suolo  su  cui  realizzare
l'impianto (trattandosi peraltro comunque di  mera  disponibilita'  e
non di titolarita'). 
    Il ricorrente censura la norma anche in riferimento agli artt.  3
e 41 Cost., in quanto la stessa inciderebbe negativamente sul diritto
costituzionale di iniziativa  economica  e  creerebbe  ingiustificata
disparita' di trattamento tra operatori del settore. 
    1.5.- L'art. 14 della legge regionale in esame, avente ad oggetto
la disciplina del procedimento per il  rilascio  dell'autorizzazione,
e' impugnato per violazione degli art. 4 e 5 dello statuto oltre  che
dell'art. 117, terzo comma,  Cost.,  in  quanto,  contrasterebbe  con
l'art. 1-sexies del d.l. n. 239 del 2003. 
    La norma, infatti, diversamente  dal  comma  3  del  citato  art.
1-sexies, non prevede l'apposizione di «misure di salvaguardia» volte
ad  impedire  che,  nelle  more   dell'autorizzazione   della   nuova
infrastruttura, vengano rilasciati permessi di costruire sui  terreni
potenzialmente impegnati dal progetto. 
    Inoltre,  detta  disposizione,  diversamente  dal  comma  1   del
predetto art. 1-sexies, non prevede che  l'autorizzazione  unica  sia
titolo sufficiente a realizzare ogni  opera  o  intervento  necessari
alla  risoluzione  delle  interferenze   con   altre   infrastrutture
esistenti, in conformita' al progetto approvato ed alle  prescrizioni
eventualmente contenute nel decreto autorizzatorio. 
    A parere del  ricorrente  la  mancata  previsione  di  misure  di
salvaguardia e  la  mancata  previsione  che  l'autorizzazione  unica
disciplinata dal censurato art.  14  costituisca  titolo  sufficiente
anche per realizzare  ogni  opera  inserita  nel  progetto  approvato
comporterebbero,   altresi',    un    pregiudizio    del    principio
costituzionale  di  buon  andamento,  pregiudicando   l'economicita',
efficienza ed efficacia dell'azione  amministrativa,  concretando  la
violazione dell'art. 97 Cost. 
    1.6.- L'art. 14, comma 2, della legge regionale  impugnata,  poi,
sarebbe in contrasto, oltre che con gli artt. 4  e  5  dello  statuto
speciale, con gli artt. 97 e 117, secondo comma, lettera m), e  terzo
comma, Cost. 
    Con  riferimento  a  tale  ultimo  parametro,   la   disposizione
censurata, imponendo al proponente, contestualmente  all'istanza  per
il  rilascio  dell'autorizzazione  unica,  di   effettuare,   qualora
l'impianto non ricada in zona sottoposta a tutela, una  comunicazione
alle  competenti  Soprintendenze,  contrasterebbe  con  la  normativa
statale di principio di cui all'art. 12, commi 3 e 4, del  d.lgs.  n.
387 del 2003 - oltre che con le linee guida adottate con decreto  del
Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010 (Linee guida  per
l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti  rinnovabili)  -,
il quale prevede che l'autorizzazione unica sia rilasciata a  seguito
di  un   procedimento   unico   al   quale   partecipano   tutte   le
amministrazioni interessate. 
    Il ricorrente lamenta che  siffatto  obbligo  mortificherebbe  le
istanze di semplificazione e di celerita' insite nel procedimento  di
autorizzazione unica  disciplinato  dal  legislatore  nazionale,  con
conseguente  violazione  del  principio  di  buon  andamento  di  cui
all'art. 97 Cost. oltre che dell'art. 117, secondo comma, lettera m),
Cost. 
    1.7.- Viene altresi' impugnato l'art. 14, comma  7,  della  legge
regionale indicata in epigrafe per violazione degli artt. 97  e  117,
secondo comma, lettera m), e terzo  comma,  Cost.,  oltre  che  degli
artt. 4 e 5 dello statuto speciale. 
    La  disposizione  censurata,  la  quale  prevede,  riguardo  alle
autorizzazioni per la realizzazione degli elettrodotti, la necessita'
della previa espressione del parere favorevole di ARPA che accerti il
rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e  degli
obiettivi di  qualita'  relativi  alle  emissioni  elettromagnetiche,
sarebbe in contrasto con la normativa statale  di  principio  di  cui
all'art. 1-sexies, comma 5, del d.lgs. n. 329 del 2003  (recte:  d.l.
n. 239 del 2003) nonche' con  i  principi  fondamentali  dettati  con
legge  statale  in  materia  di  procedimento  amministrativo  e,  in
particolare,  con  il  principio  di  semplificazione  dell'attivita'
amministrativa. 
    1.8.- Con riferimento agli artt. 14, comma  9,  e  18,  comma  2,
della impugnata  legge  regionale  viene  prospettata  la  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, Cost., oltre
che degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. 
    Le disposizioni, prevedendo che l'autorizzazione unica rilasciata
dalla Regione per infrastrutture energetiche lineari non abbia di per
se' effetto di variante urbanistica, essendo necessario  a  tal  fine
anche l'assenso del Comune, espresso in sede di conferenza di servizi
sulla base  del  previo  parere  favorevole  espresso  dal  Consiglio
comunale, si porrebbero in contrasto con l'art.  1-sexies,  comma  2,
lettera b), del d.l. n. 239 del 2003, a norma del quale,  qualora  le
opere comportino variazione degli strumenti urbanistici, il  rilascio
dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica, oltre che con
le linee guida,  le  quali,  al  punto  13.4,  con  riferimento  agli
impianti alimentati da fonti rinnovabili, prevedono che le Regioni  o
le Province delegate non possono  subordinare  la  ricevibilita',  la
procedibilita' dell'istanza o la conclusione  del  procedimento  alla
presentazione  di  previe  convenzioni  ovvero  atti  di  assenso   o
gradimento, da parte dei comuni il cui territorio e' interessato  dal
progetto. 
    1.9.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l'art. 16,
comma 2, lettera a), della  citata  legge  regionale  per  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost., oltre che degli artt. 4 e 5  dello
statuto speciale. 
    La   disposizione,   infatti,   assoggetta   al   regime    della
comunicazione di inizio  lavori  l'installazione  degli  impianti  di
produzione di energia elettrica o termica  da  fonti  rinnovabili  su
edifici o aree di pertinenza degli stessi, senza  riprodurre  ne'  lo
specifico limite di potenza («non superiore a 50 kW») previsto  dalla
legge statale per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili ne' la
limitazione legata alla ubicazione («sugli edifici») per gli impianti
solari fotovoltaici,  cosi'  indebitamente  estendendo  detto  regime
abilitativo anche oltre tali limiti. Tale disciplina  contrasterebbe,
quindi, con la normativa statale di principio di cui ai d.lgs. n.  28
del 2011 e n. 387 del 2003, ed in particolare, l'art.  6,  comma  11,
del predetto d.lgs. n. 28 del 2011, il quale prevede le su richiamate
limitazioni di potenza ed ubicazione. 
    Il ricorrente lamenta altresi' la violazione degli artt. 3  e  41
Cost., in considerazione della ingiustificata discriminazione tra  le
iniziative economiche nelle diverse regioni, e dell'art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost., in quanto «la disciplina  statale  inerente
il regime abilitativo garantisce la sussistenza di un equilibrio  tra
la competenza esclusiva statale in materia di ambiente e paesaggio  e
quella concorrente in materia di energia». 
    1.10.- Sempre per violazione dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
oltre che degli artt. 4 e 5 dello  statuto  speciale  e'  oggetto  di
impugnazione l'art. 17 della legge regionale in esame. 
    La norma dispone che l'Assessore regionale competente in  materia
di energia possa proporre alla Giunta regionale l'approvazione di uno
schema di accordo con  i  proponenti  volto  ad  attribuire  vantaggi
economici  o  occupazionali  per  il  territorio  regionale,   misure
compensative, ovvero opere di razionalizzazione di  linee  elettriche
esistenti. In tal caso l'espressione dell'intesa tra Stato e  Regione
nell'ambito  delle  funzioni  riservate  allo  Stato  ed   esercitate
d'intesa con la Regione ai sensi dell'art. 2, comma  3,  del  decreto
legislativo 23 aprile 2002, n. 110 (Norme di attuazione dello statuto
speciale  della  regione   Friuli-Venezia   Giulia   concernenti   il
trasferimento di funzioni in materia  di  energia,  miniere,  risorse
geotermiche e incentivi alle imprese)  e'  subordinata  alla  stipula
dell'accordo. 
    A  parere   del   ricorrente   tale   disciplina   si   porrebbe,
innanzitutto, in contrasto con il principio fondamentale dettato  dal
legislatore statale all'art. 1, comma 5, della legge 23 agosto  2004,
n. 239 (Riordino del settore energetico, nonche'  delega  al  Governo
per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia  di  energia),
il quale,  pur  consentendo  alle  Regioni  e  agli  enti  locali  di
stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di
compensazione e di riequilibrio ambientale non prevede che la stipula
di detti accordi possa condizionare - subordinandola -  l'intesa  con
lo  Stato  ed  il  correlato   rilascio   dei   pareri   propedeutici
all'ottenimento dell'autorizzazione  alla  costruzione  ed  esercizio
della infrastruttura energetica. 
    Nel ricorso  viene,  inoltre,  evidenziato  che  la  facolta'  di
individuare misure di  compensazione  e  di  riequilibrio  ambientale
sarebbe circoscritta dalla legislazione  nazionale  esclusivamente  a
quegli interventi compensativi che presentino carattere ambientale  e
che, al contempo,  siano  coerenti  con  gli  obiettivi  generali  di
politica   energetica,   mentre   la   norma   regionale    impugnata
consentirebbe la stipula di accordi esorbitanti tali  connotazioni  e
finalita'. 
    Viene, infine, segnalato  che  la  norma  censurata,  attribuendo
all'assessore regionale competente in materia di energia il potere di
concludere i suddetti accordi, contrasterebbe con l'art. 34, comma 11
(recte:  comma  16),  del  decreto-legge  18  ottobre  2012,  n.  179
(Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 17 dicembre 2012, n.
221, il quale dispone  che  le  modalita'  di  stipula  dei  predetti
accordi siano individuati da un decreto del Ministero dello  sviluppo
economico,  di  concerto  con  il  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, sentita la Conferenza unificata, da adottarsi  entro  i  sei
mesi successivi alla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge  di
conversione del decreto. 
    Infine, il ricorrente lamenta che la norma impugnata,  stabilendo
gia' la «posizione» che la Regione deve assumere ai fini  dell'intesa
disciplinata all'art. 11, comporta  che  il  ricorso  alla  procedura
alternativa (deliberazione assunta dal Consiglio dei ministri con  la
partecipazione del presidente della Regione interessata) prevista dal
comma 3 dell'art. 2 del d.lgs. n. 110 del  2002  per  le  ipotesi  di
mancato   raggiungimento    dell'intesa    risulti    sostanzialmente
obbligatorio. Tale aggravamento del procedimento  volto  al  rilascio
dell'autorizzazione unica comporterebbe la violazione  del  principio
costituzionale di buon andamento previsto dall'art. 97 Cost. 
    1.11.- Sempre per violazione dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
oltre che degli artt. 4 e 5  dello  statuto  speciale,  e'  impugnato
l'art. 18, comma 4, della legge regionale in esame. 
    A parere del ricorrente la norma violerebbe l'art.  1,  comma  4,
lettere a), b)  e  c),  della  legge  n.  239  del  2004  in  quanto,
riservando una quota significativa dell'energia disponibile importata
al fabbisogno  energetico  regionale  e,  quindi,  sottraendola  alle
regole del libero  mercato  dell'energia,  recherebbe  un  vulnus  al
sistema  unitario  nazionale  di   gestione   dell'approvvigionamento
energetico con conseguente falsamento delle regole di concorrenza del
mercato dell'energia. 
    1.12.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna,  infine,
gli artt. 35, comma 7, e 34, comma 1, lettere f) ed h),  della  legge
regionale in esame per violazione  degli  artt.  41  e  117,  secondo
comma, lettera e), Cost., oltre che degli artt. 4 e 5  dello  statuto
speciale. 
    Tali disposizioni, introducendo onerosi requisiti  (tra  cui,  ad
esempio,  l'obbligatorieta'  degli  impianti  fotovoltaici  e   della
gestione di servizi di car sharing) per  l'apertura  di  impianti  di
distribuzione  di   carburanti,   introdurrebbero   significative   e
sproporzionate barriere all'ingresso nei mercati,  non  adeguatamente
giustificate  dal  perseguimento  di  specifici  interessi  pubblici,
ingenerando ingiustificate discriminazioni a danno della concorrenza,
cosi' ponendosi in contrasto con il principio contenuto nell'art.  1,
comma 1,  lettera  b),  del  decreto-legge  24  gennaio  2012,  n.  1
(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27. 
    2.-  Si  e'  costituita   in   giudizio   la   Regione   autonoma
Friuli-Venezia  Giulia,  in  persona  del  Presidente  della   Giunta
regionale pro tempore, la quale, sia nell'atto  di  costituzione  che
nella  memoria  depositata  successivamente  (nella   quale   vengono
approfondite le argomentazioni difensive), chiede che sia  dichiarata
l'inammissibilita' o l'infondatezza  delle  censure  prospettate  nel
ricorso. 
    Sulle singole materie di riferimento, la Regione evidenzia che il
ricorso  e'  concepito  come  se  la  materia  di  riferimento  fosse
esclusivamente la «produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia»  prevista  dall'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,   con
l'eccezione della contestazione relativa all'art. 5, comma  9,  della
legge regionale impugnata,  in  cui  il  ricorso  si  riferisce  alla
materia statale «ambiente», mentre, trattandosi di  impianti  la  cui
costruzione impatta profondamente sul territorio, la Regione potrebbe
intervenire anche in forza della propria potesta' primaria in materia
di urbanistica (art. 4, numero 11, recte: numero  12,  dello  statuto
speciale), alla quale vanno  affiancate  altre  materie  che  possono
venire in considerazione, in relazione a singole disposizioni. 
    2.1.-  In  ordine  all'art.  5,  comma  9,   della   legge   reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 42 (recte:  n.  19)  del  2012,  la  Regione
evidenzia che  l'APR  e'  emanato  in  attuazione  del  provvedimento
ministeriale previsto dall'art. 2, comma 167, della legge 24 dicembre
2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  o
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), in modo da  essere
congruente con la quota minima di  produzione  di  energia  da  fonti
rinnovabili  assegnata  alla  Regione.  Il  decreto  ministeriale  da
attuare ha il compito di «definire  la  ripartizione  fra  regioni  e
province autonome di Trento  e  di  Bolzano  della  quota  minima  di
incremento  dell'energia   prodotta   con   fonti   rinnovabili   per
raggiungere l'obiettivo del 17 per cento del  consumo  interno  lordo
entro  il  2020».  L'APR  non  sarebbe  un  atto  di   programmazione
territoriale ma di programmazione delle quantita'. Esso, sino  a  che
assuma soltanto contenuti finanziari e non territoriali, non potrebbe
quindi rientrare nel novero degli atti individuati dall'art. 6, comma
2, lettera a) del d.lgs. n. 152 del 2006, non costituendo un atto  di
pianificazione  del  settore  energetico  suscettibile  di   riflessi
ambientali.  Solo   in   via   eventuale   l'APR   assume   contenuti
territorialmente - e dunque ambientalmente -  rilevanti,  e  in  tali
ipotesi,  infatti,  secondo  la  normativa   regionale,   non   opera
l'esclusione delle procedure di VAS. 
    2.2.- Con riferimento all'art. 12, comma 8, della legge regionale
in esame, la Regione non contesta che dall'art. 5 del  d.lgs.  n.  28
del 2011 possano ricavarsi principi fondamentali  della  materia,  ma
sostiene che tra essi non  potrebbe  farsi  rientrare  la  necessita'
dell'esistenza (intesa come completa realizzazione) dell'impianto  ai
fini del ricorso alla procedura semplificata  per  le  modifiche  non
sostanziali. 
    2.3.- Relativamente all'art. 13, commi 2, 3, 4 e 5,  della  legge
regionale n. 19 del 2012, la Regione sostiene la  inammissibilita'  e
infondatezza del primo motivo  di  censura,  legato  alla  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    In primo luogo, viene rilevato che l'art. 1-sexies  del  d.l.  n.
239 del 2003, assunto a parametro interposto, di per  se'  disciplina
la costruzione e l'esercizio degli elettrodotti facenti  parte  della
rete  nazionale  di  trasporto  dell'energia  elettrica  (comma   1),
prevedendo, al comma 5, che «le Regioni disciplinano  i  procedimenti
di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di reti elettriche
di competenza regionale in  conformita'  ai  principi  e  ai  termini
temporali di cui al presente articolo  [...]».  Da  cio'  deriverebbe
che, non potendo ricavarsi da tale norma principi fondamentali  della
materia per impianti  e  strutture  diverse  dalle  reti  elettriche,
dovrebbe dichiararsi l'inammissibilita', per mancata indicazione  del
necessario parametro interposto, della  questione  riferita  all'art.
13, commi 2 e 3, per la parte  in  cui  essi  riguardano  impianti  e
strutture diverse  dalle  reti  elettriche;  comma  4  (che  riguarda
impianti di produzione di  energia,  e  impianti  di  deposito  e  di
stoccaggio di oli minerali); comma 5, per la parte in cui  disciplina
la autorizzazione unica per i gasdotti e per le reti di trasporto  di
fluidi termici. 
    La censura sarebbe comunque non fondata  nel  merito,  sia  nella
parte in cui si riferisce alle reti elettriche, sia  nella  parte  in
cui essa si  dovesse  riferire  ai  rimanenti  impianti  e  strutture
considerati dagli artt. 12 e 13 della  legge  regionale.  E  cio'  in
quanto  l'autorizzazione  unica  e'  rilasciata  a  seguito  di   una
conferenza di servizi convocata al fine di giungere  all'adozione  di
una decisione nel merito, che deve avere necessariamente  ad  oggetto
un progetto definitivo. 
    2.3.1.- La Regione sostiene la  inammissibilita'  e  infondatezza
anche del secondo motivo di censura avente ad oggetto  sempre  l'art.
13, commi 2, 3, 4 e 5, della legge regionale in  esame,  legato  alla
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    La Regione ritiene che la disposizione statale che sarebbe  stata
violata - l'art. 1-sexies, comma 3, del d.l. n. 239 del  2003,  nella
parte in cui stabilisce che il procedimento di  autorizzazione  unica
puo' essere avviato sulla base di un progetto preliminare o analogo -
si riferisce ad elettrodotti facenti parte della  rete  nazionale  di
trasporto dell'energia elettrica, per i quali l'autorizzazione  unica
e' rilasciata dal Ministero delle attivita'  produttive  di  concerto
con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e previa
intesa con la regione o le  regioni  interessate.  Le  autorizzazioni
uniche cui si riferisce l'impugnato art.  13  della  legge  regionale
sono invece  solo  quelle  di  competenza  regionale,  provinciale  e
comunale. Ne deriverebbe che il comma 3 del citato art. 1-sexies  non
potrebbe  essere  qualificato  come   norma   diretta   a   stabilire
prestazioni essenziali, cui le regioni si debbano uniformare. 
    2.3.2.- Con riferimento, infine, al terzo motivo di  censura  del
predetto art. 13, commi 2, 3, 4 e 5, legato alla violazione dell'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost.,  a  parere  della  Regione  la
questione  sarebbe  frutto   di   un   errore   di   prospettiva   e,
conseguentemente,  palesemente  non   fondata.   Nella   disposizione
impugnata il riferimento a elaborati della  progettazione  definitiva
delle opere pubbliche sarebbe solo un mero espediente redazionale per
indicare in forma sintetica certi atti, mediante rinvio ad una  altra
fonte che gia' li descrive, non avendo, invero, nulla a che fare  con
l'applicazione della disciplina che regola i contratti pubblici.  Del
resto, la norma  regionale  non  richiamerebbe  tutti  gli  elaborati
tecnici che devono accompagnare il progetto per la  realizzazione  di
un'opera pubblica,  limitandosi  a  quelli  rilevanti,  per  il  loro
contenuto, ai fini del rilascio o del  diniego  della  autorizzazione
unica. 
    2.4.- Non fondata sarebbe,  a  parere  della  Regione,  anche  la
questione avente ad oggetto l'art. 13, comma 6, della legge regionale
n. 19 del 2012. 
    Per  comprendere  le  ragioni  della  infondatezza,  la   Regione
precisa, in via preliminare, che la necessita'  di  «atti  definitivi
attestanti  la  titolarita'  delle  aree»,  richiesta  dalla   norma,
risulterebbe in realta' circoscritta e mitigata ad opera della stessa
legge regionale. Da un lato, alla luce delle disposizioni del comma 6
e del comma 8 del medesimo art. 13, non e' richiesta  la  titolarita'
delle aree per gli impianti idroelettrici,  eolici,  geotermici  (per
l'installazione dei quali e' necessaria una concessione) e,  piu'  in
generale, per tutti i casi in cui vi sia un atto  amministrativo  che
individua uno specifico  sito  ai  fini  dello  sfruttamento  di  una
risorsa rinnovabile. Dall'altro, il comma 7  dello  stesso  art.  13,
dispone che il procedimento autorizzativo possa essere avviato  anche
sulla base di dichiarazioni sostitutive di atti  di  notorieta',  che
attestino la titolarita' delle aree, ovvero sulla base  di  contratti
preliminari  regolarmente  registrati,  purche'  entro  la  data   di
adozione  del  provvedimento  autorizzativo  finale   l'istanza   sia
integrata con gli atti definitivi redatti in forma di  atti  pubblici
regolarmente registrati. 
    Tanto premesso sul quadro normativo nel  quale  si  inserisce  la
norma impugnata, la  Regione,  in  ordine  alla  presunta  violazione
dell'art. l, comma l,  del  d.lgs.  n.  79  del  1999,  sostiene  che
liberta' delle attivita' di produzione,  importazione,  esportazione,
acquisto e  vendita  di  energia  elettrica  significa  che  suddette
attivita' non sono  soggette  a  contingentamenti  o  a  concessioni,
rimanendo, invece, del tutto  impregiudicata  la  questione,  affatto
diversa,   relativa   alla   disponibilita'   del   bene   che    sia
strumentalmente necessario allo svolgimento della  attivita'  stessa.
In ogni caso la norma regionale impugnata non contrasterebbe  affatto
con il principio di liberta' della attivita' produttiva,  in  quanto,
in concreto, essa considera idoneo ogni soggetto o come  imprenditore
o come auto produttore (che sia tale  sulla  base  delle  definizioni
statali). 
    Ad avviso della Regione non sarebbe neanche fondata la censura in
ordine alla presunta violazione dell'art. 12 del d.lgs.  n.  387  del
2003, il quale mostrerebbe che l'iniziativa  produttiva  puo'  essere
intrapresa anche da soggetti non  in  possesso  di  «atti  definitivi
attestanti la titolarita' delle aree». Ed  invero,  anche  alla  luce
della precisa  -  e  ben  ristretta  -  delimitazione  del  campo  di
applicazione della norma impugnata, come sopra esposta, la previsione
della necessita' del titolo  di  disponibilita'  rappresenterebbe  un
ragionevole bilanciamento tra l'interesse alla produzione di  energia
da fonti rinnovabili e l'interesse dei proprietari del fondo. 
    E' sostenuta, altresi', l'inammissibilita' o  infondatezza  delle
censure relative agli artt.  3  e  41  Cost.  In  ordine  alla  prima
censura,   si   profilerebbe   una   disparita'    costituzionalmente
irrilevante, derivante dalla legittima  esplicazione  della  potesta'
legislativa regionale. In  ordine  alla  seconda  censura,  la  norma
sarebbe il frutto del ragionevole bilanciamento  tra  il  diritto  di
iniziativa economica privata e il diritto proprietario  del  titolare
del fondo su  cui  l'attivita'  di  produzione  sarebbe  destinata  a
svolgersi. 
    2.5.- In ordine all'art. 14 della legge regionale  impugnata,  la
Regione, con riferimento alle misure di  salvaguardia,  ne  valorizza
l'elemento funzionale, concludendo che esse atterrebbero - secondo un
giudizio di prevalenza - alla materia dell'urbanistica, di competenza
primaria della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  ai  sensi
dell'art. 4, numero 12, dello statuto, in quanto esse toccano in modo
assolutamente rilevante e condizionante  la  programmazione  dell'uso
del  territorio.  Non  sussisterebbe,   quindi,   alcuna   violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. Viene ritenuta non fondata anche la
censura relativa all'art. 97 Cost.,  in  quanto,  da  un  lato,  essa
presuppone - ad avviso della Regione inesattamente - che  sia  sempre
l'interesse alla realizzazione della rete a prevalere  sull'interesse
ad   altre   utilizzazioni   del   territorio.    Dall'altro    lato,
l'autorizzazione unica comprende anche il permesso di  costruire,  in
ordine al quale il Comune interessato deve esprimersi  in  conferenza
di servizi,  ermo  restando  che  -  una  volta  avviato  l'iter  per
l'autorizzazione unica - l'ente locale, nelle proprie  determinazioni
in materia urbanistica, gia' in  base  ai  principi  generali  dovra'
comunque tenere conto  dell'opera  per  la  quale  il  proponente  ha
chiesto la autorizzazione. 
    Anche   con   riferimento    alla    mancata    previsione    che
l'autorizzazione  unica  costituisca  titolo  sufficiente  pure   per
realizzare ogni opera inserita nel progetto approvato  che  si  renda
necessaria  per  la  risoluzione  delle  interferenze,  la  questione
promossa non sarebbe fondata. E cio' in quanto una tale omissione non
sussisterebbe e  non  sarebbe  ravvisabile  alcun  contrasto  con  la
disposizione statale assunta a parametro. La Regione  giunge  a  tale
conclusione sulla base di due norme della legge regionale  censurata:
l'art. 13, comma 2, il quale  stabilisce,  con  norma  generale,  che
l'istanza di autorizzazione unica «deve contenere l'elenco  di  tutte
le interferenze», con i relativi progetti,  e  l'art.  12,  comma  3,
primo  periodo,  il  quale  prevede  che  «[l']autorizzazione   unica
rilasciata  a  seguito   di   conferenza   di   servizi   sostituisce
autorizzazioni, concessioni, pareri, nulla osta  e  atti  di  assenso
comunque denominati, contiene la dichiarazione di  pubblica  utilita'
nei casi previsti dalla legge  e  costituisce  a  tutti  gli  effetti
titolo a costruire ed  esercire  gli  impianti  e  le  infrastrutture
relative,  in  aderenza  e  in  conformita'   al   progetto   tecnico
approvato». 
    2.6.- Con riferimento alla questione avente ad oggetto l'art. 14,
comma 2, della legge regionale  impugnata,  la  Regione  ne  sostiene
l'inammissibilita' relativamente all'art. 97 Cost., in  quanto  priva
di qualunque motivazione specifica, e  l'infondatezza,  relativamente
agli altri parametri invocati. E cio' in quanto la norma regionale si
limiterebbe a riprendere il contenuto delle linee guida, le quali, al
punto   13.3.,   prevedono   una   comunicazione   alle    competenti
soprintendenze nei medesimi termini della legge regionale. 
    2.7.- In ordine all'art. 14, comma 7, della legge regionale n. 19
del 2012, relativamente all'art. 117, terzo comma, Cost., la  Regione
segnala come il  ricorrente  parta  dal  presupposto  errato  che  la
disposizione regionale chieda l'acquisizione del parere di ARPA al di
fuori della conferenza di servizi. 
    Quanto alla presunta violazione degli artt.  97  e  117,  secondo
comma, lettera m), Cost., la Regione ritiene che  le  censure,  prima
che infondate (perche' il contenuto della disposizione non e'  quello
che vi legge il  Governo),  siano  inammissibili  per  genericita'  e
difetto  di  motivazione,  limitandosi  esse  a  sostenere   che   la
(supposta) violazione dei principi fondamentali e'  anche  violazione
di queste due ultime disposizioni costituzionali. 
    2.8.- Passando alla trattazione degli artt. 14, comma  9,  e  18,
comma 2, della legge regionale in esame, la Regione ritiene opportuno
rammentare come nel sistema regionale si preveda  che,  nel  caso  di
mancata acquisizione del parere favorevole  del  consiglio  comunale,
l'organo esecutivo dell'ente titolare del procedimento  autorizzativo
(secondo il riparto di competenze tracciato dagli artt. 2 e  3  della
medesima legge regionale n. 19 del 2012) abbia il potere di  assumere
la determinazione conclusiva in luogo della  conferenza  di  servizi,
eventualmente superando il dissenso urbanistico comunale qualora esso
dovesse apparire ingiustificato. 
    Quanto alle piu' volte citate linee guida,  la  Regione  sostiene
trattarsi  di  un  parametro  del  tutto  inconferente,  in   quanto,
analogamente al  decreto  legislativo  che  ne  e'  alla  base,  esse
riguardano solo gli  impianti  di  produzione  di  energia  da  fonti
rinnovabili, mentre le disposizioni  regionali  impugnate  riguardano
solo le infrastrutture energetiche lineari (elettrodotti e  gasdotti,
nei limiti sopra evidenziati). 
    Infine, si contesta la totale assenza di  motivazione  in  ordine
alla violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. 
    2.9.- Con riferimento all'art. 16, comma  2,  lettera  a),  della
legge reg. n.  19  del  2012,  la  Regione  sostiene  che  il  quadro
normativo regionale complessivo, caratterizzato  da  una  valutazione
piu' ampia degli effetti del regime di autorizzazione o comunicazione
sulle   destinazioni   e   sulle   utilizzazioni   del    territorio,
consentirebbe   di   ritenere   che   l'estensione   della   facolta'
riconosciuta alle Regioni dall'art. 6, comma 11, del d.lgs. n. 28 del
2011 ad altre ipotesi, corrispondenti per ratio  e  per  gli  effetti
perseguiti  e  prodotti,  costituisca  non  una  contraddizione   del
principio espresso dalla norma statale ma un suo sviluppo coerente. 
    La Regione puntualizza  inoltre  che  la  disposizione  censurata
interseca   inestricabilmente   la   materia   dell'urbanistica,   di
competenza primaria della Regione, non soggetta, come tale, al limite
dei principi fondamentali della materia. 
    In ordine agli artt. 3 e 41 Cost., la Regione segnala come,  piu'
che per avanzare una censura autonoma, il richiamo a  tali  parametri
costituzionali sembrerebbe valere come argomento  per  attribuire  il
carattere di principi fondamentali alla richiamata norma  del  d.lgs.
n. 28 del  2011.  Quanto  alla  asserita  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s),  Cost.,  si  rileva  che  il  ricorso  non
indicherebbe alcuna norma (diversa da quella del  d.lgs.  n.  28  del
2011) in qualche modo attinente all'ambiente e al  paesaggio  violata
dalla disposizione regionale. 
    2.10.- Affrontando la questione  di  legittimita'  costituzionale
avente ad oggetto l'art.  17  della  legge  regionale  impugnata,  la
Regione   preliminarmente   traccia   il   perimetro   della   norma,
evidenziando  che  la  stipula  dell'accordo  con  il  proponente  e'
configurata  dalla  legge  regionale  come  una   delle   opzioni   a
disposizione della Regione nel momento in cui si appresta a  prendere
le proprie decisioni  in  materia.  Sarebbe,  poi,  ben  possibile  -
fisiologico,  anzi  -  che  l'accordo  si  raggiunga.  Ne'   potrebbe
costituire  una  ragione  di  incostituzionalita'  della   legge   la
circostanza che in certe ipotesi la Regione non ritenga di addivenire
all'intesa. 
    In  ordine  al  lamentato  appesantimento  e   aggravamento   del
procedimento, con la conseguente violazione dell'art.  97  Cost.,  la
Regione rileva che la posizione di siffatte regole procedurali  circa
il modo in cui  si  forma  la  volonta'  della  Giunta  regionale  su
questioni rilevanti  come  quelle  per  le  quali  occorre  l'intesa,
piuttosto che contrastare con l'invocato parametro costituzionale, lo
attuano  sotto  il   profilo   della   controllabilita'   dell'azione
amministrativa, anche di governo, e comunque ricadono nella  potesta'
di autorganizzazione  dell'esecutivo  regionale,  riconosciuta  dallo
statuto speciale (art. 12, comma 2, e art. 4, numero l). 
    Relativamente alla censura legata al  contrasto  con  l'art.  34,
comma 16, del d.l. n. 179 del 2012, la Regione ne sostiene la  palese
inammissibilita', in  quanto  la  disposizione  statale  invocata  e'
successiva alla legge regionale impugnata, e, comunque,  la  assoluta
infondatezza. 
    Con riferimento alla censura relativa al presunto  contrasto  con
il principio fondamentale in materia di «produzione, distribuzione  e
trasporto di energia» dettato dal  legislatore  statale  all'art.  l,
comma 5, della legge  n.  239  del  2004,  la  Regione  segnala  che,
diversamente da quanto sostenuto nella prospettazione del ricorrente,
la disposizione statale non escluderebbe affatto che le misure  -  in
particolare quelle di compensazione  -  possano  riferirsi  ad  altri
ambiti,  ove  non  espressamente  vietati  ed   ove   ragionevolmente
correlati all'opera da realizzare. 
    2.11.- La Regione sostiene l'infondatezza della questione  avente
ad oggetto l'art. 18, comma 4, della legge reg. n. 19  del  2012,  in
quanto la legislazione statale, nel definire gli  obiettivi  generali
di  politica  energetica  del  Paese,  consentirebbe   a   tutte   le
istituzioni di esercitare i propri poteri al fine,  tra  l'altro,  di
«salvaguardare  le  attivita'  produttive  con   caratteristiche   di
prelievo  costanti  e  alto  fattore  di  utilizzazione  dell'energia
elettrica, sensibili al costo dell'energia» (art. 1, comma 3, lettera
m, della legge n. 239 del 2004). A tale obiettivo si  ispirerebbe  la
norma impugnata, la quale stabilirebbe una modesta  correlazione  tra
il sacrificio subito dalla comunita' regionale e la partecipazione ai
vantaggi che l'impianto di reti elettriche transfrontaliere produce. 
    2.12.- Con riferimento agli artt. 35, comma 7,  e  34,  comma  l,
lettere f) ed h), della legge regionale impugnata, la Regione  rileva
l'infondatezza della questione promossa dal Presidente del  Consiglio
dei ministri. Viene innanzitutto evidenziato che  le  caratteristiche
delle  «stazioni  di  servizio»  stabilite  dalla   legge   regionale
risponderebbero tutte ad  esigenze  di  pubblica  utilita'  prese  in
considerazione  dalla  normativa   statale.   Cosi',   l'obbligo   di
installare  apparecchiature   di   tipo   self-service   prepagamento
funzionanti autonomamente 24 ore su 24 risponderebbe all'esigenza  di
garantire la continuita' nell'accesso al bene carburante, strumentale
alla liberta'  di  circolazione  e  di  impresa;  l'installazione  di
pannelli fotovoltaici sulle coperture risponderebbe al  principio  di
massima diffusione delle energie rinnovabili sulle nuove costruzioni;
l'obbligo  di  servizi  igienici  e  di  parcheggi  per  gli   utenti
risponderebbe alle esigenze delle persone e dei  consumatori  e  alle
esigenze  di  accessibilita'  per  soggetti  diversamente  abili;  la
presenza di apparecchiature di ricarica per auto  elettriche  sarebbe
funzionale alla incentivazione della diffusione di  questo  mezzo  di
trasporto non inquinante; la previsione  di  accessi  per  i  veicoli
separati e distinti per entrata e uscita risponderebbe a esigenze  di
sicurezza della circolazione stradale. 
    Quanto alla asserita discriminazione in danno dei nuovi operatori
entranti,  essa  non  sussisterebbe  affatto,  stante  la  previsione
regionale,  a  carico  degli  impianti  esistenti,  dell'obbligo   di
adeguamento - entro termini prestabiliti e con la sola eccezione  per
l'obbligo  dell'installazione   dei   pannelli   fotovoltaici   sulle
coperture - ai nuovi requisiti (art. 37, comma 6; art. 41,  comma  2,
lettera a), alla cui mancata ottemperanza possono seguire persino  la
chiusura e la rimozione dell'impianto (art. 42, comma 6). 
    Con specifico riferimento alla norma relativa ai  nuovi  impianti
del tipo «stazione di rifornimento elettrico»,  viene  segnalato  che
essa e'  stata  abrogata  dall'art.  191  della  legge  regionale  21
dicembre  2012,  n.  26  (Legge  di   manutenzione   dell'ordinamento
regionale 2012), cosicche' oggi  alla  definizione  di  «stazione  di
rifornimento elettrico» non si collega alcuna conseguenza  normativa.
La Regione attesta che, nel breve lasso di tempo nel quale  la  norma
e' stata in vigore, essa non ha  avuto  applicazione,  in  quanto  la
limitazione alla realizzazione non era assistita da alcuna  sanzione,
ne' la installazione e l'esercizio dell'impianto  erano  soggetti  ad
alcuna autorizzazione.  Ne  conseguirebbe,  pertanto,  la  cessazione
della materia del contendere. 
    3.-  All'udienza  pubblica   le   parti   hanno   insistito   per
l'accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale  di  numerose  disposizioni  della  legge
della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 11 ottobre 2012,  n.  19
(Norme in materia di energia e distribuzione dei carburanti),  ed  in
particolare degli artt. 5, comma 9; 12, comma 8; 13, commi 2, 3, 4, 5
e 6; 14 per intero e, in subordine, commi 2, 7  e  9;  16,  comma  2,
lettera a); 17; 18, commi 2 e 4; 34, comma 1, lettere f) ed h), e 35,
comma 7, in riferimento agli artt. 3, 41,  97,  117,  secondo  comma,
lettere e), l), m) ed s), e terzo comma, della Costituzione,  e  agli
artt. 4 e 5 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia). 
    2.- Preliminarmente va evidenziato che il richiamo da  parte  del
Presidente del Consiglio dei ministri agli artt. 4 e 5 dello  statuto
va letto come esposizione delle ragioni  per  le  quali  non  trovano
applicazione le norme speciali statutarie, bensi' quelle del Titolo V
della Costituzione (sentenze n. 165 del 2009 e n. 286  del  2007),  e
non come  parametro  invocato  a  supporto  di  specifici  motivi  di
censura. 
    In effetti, lo statuto regionale non contempla una competenza  in
materia di ambiente (cui va ricondotta la disposizione oggetto  della
prima questione) ne' in materia di concorrenza (cui va ricondotta  la
disposizione  oggetto  dell'ultima  questione)  ne'  in  materia   di
produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia (cui vanno
ricondotte  le  disposizioni  oggetto  delle   restanti   questioni);
pertanto, secondo la clausola di equiparazione  di  cui  all'art.  10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione) si applica il nuovo  Titolo
V per le parti in cui prevede «forme di autonomia piu' ampie rispetto
a quelle gia' attribuite». 
    3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  impugna  l'art.  5,
comma 9, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia  n.
42 (recte: 19) del 2012, in riferimento all'art. 117, secondo  comma,
lettera s), Cost.,  oltre  che  degli  artt.  4  e  5  dello  statuto
speciale. 
    La disposizione stabilisce che l'atto di programmazione regionale
(d'ora in avanti APR) predisposto, nelle more  dell'approvazione  del
piano energetico regionale (d'ora in avanti PER), in  attuazione  del
provvedimento ministeriale previsto dall'art.  2,  comma  167,  della
legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale o pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008),
e' sottoposto alle procedure  relative  alla  valutazione  ambientale
strategica (VAS) «nel caso in  cui  contenga  l'individuazione  delle
aree e dei siti non idonei» (implicitamente escludendola negli  altri
casi). 
    Il  ricorrente  evidenzia  che  l'APR   rientra,   per   le   sue
caratteristiche, nella  definizione  di  cui  all'art.  5,  comma  1,
lettera e), numero 1), del decreto legislativo 30 aprile 2006, n. 152
(Norme  in  materia  ambientale)  quale  «atto»  di  «programmazione»
elaborato da «un'autorita' a livello regionale» per «essere approvato
[...] mediante una procedura legislativa». Pertanto,  trattandosi  di
«piano» concernente il «settore energetico», ai  sensi  dell'art.  6,
comma  2,  lettera  a),  del  predetto  d.lgs.  n.  152   del   2006,
rientrerebbe nel novero dei piani assoggettati sempre - ad  eccezione
dei limitati casi previsti dal comma 3 dello stesso art. 6 (in questa
sede non rilevanti) - alla VAS prevista da tale fonte statale. 
    3.1.- La Regione eccepisce l'inammissibilita' della questione, in
quanto l'esclusione delle procedure di VAS sarebbe disposta dal comma
8, e non dal comma 9, oggetto di impugnazione. 
    L'eccezione non e' fondata in quanto  la  disposizione  impugnata
(il comma 9, appunto)  individua  le  ipotesi  in  cui  il  piano  e'
sottoposto alla VAS e, comunque, dal contesto complessivo del ricorso
e' chiaro che la disposizione censurata  e'  quella  che  esclude  le
procedure relative alla VAS se non  nelle  ipotesi  in  cui  contenga
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei. 
    3.2.- Nel merito, la questione e' fondata. 
    3.3.- L'art. 5 del citato d.lgs. n. 152 del  2006,  al  comma  1,
lettera e), numero 1), fornisce  una  precisa  definizione  di  piano
energetico: «ai fini del presente decreto si intende  per:  [...]  e)
piani e programmi: gli atti e provvedimenti di  pianificazione  e  di
programmazione  comunque  denominati,  compresi  quelli  cofinanziati
dalla Comunita' europea, nonche'  le  loro  modifiche:  1)  che  sono
elaborati e/o adottati da un'autorita' a livello nazionale, regionale
o locale oppure predisposti da  un'autorita'  per  essere  approvati,
mediante una procedura legislativa, amministrativa o negoziale  e  2)
che  sono  previsti  da  disposizioni  legislative,  regolamentari  o
amministrative». 
    Ebbene,  l'APR,  sia  per  l'oggetto  che  per  le  modalita'  di
adozione, e' atto avente natura di piano energetico. 
    E'  da  escludere,  in  particolare,  che  l'APR   possa   essere
considerato atto di mera programmazione finanziaria delle risorse  da
destinare al settore, come  sostiene  la  Regione  sulla  base  della
circostanza che esso e' emanato,  nelle  more  dell'approvazione  del
PER, «in attuazione del provvedimento ministeriale previsto dall'art.
2, comma 167, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria
2008), (burden sharing)», il quale ha  il  compito  di  «definire  la
ripartizione fra regioni e province autonome di Trento e  di  Bolzano
della quota minima di  incremento  dell'energia  prodotta  con  fonti
rinnovabili necessaria per raggiungere l'obiettivo del 17  per  cento
del consumo interno lordo entro il 2020». 
    Difatti,  la  norma  regionale,  nel  perimetrare   contenuto   e
finalita' dell'APR, smentisce  tale  lettura  limitativa,  in  quanto
dispone che esso «assicura uno  sviluppo  equilibrato  delle  diverse
fonti,  definisce  le  misure   e   gli   interventi   necessari   al
raggiungimento   degli   obiettivi    fissati    dal    provvedimento
ministeriale, puo' individuare le aree e i siti  del  territorio  non
idonei  all'installazione  di  impianti  a  fonti  rinnovabili»,  con
evidente incidenza sulla programmazione energetica.  
    Del resto, lo stesso carattere transitorio dell'APR, destinato ad
una fisiologica fine al momento  della  adozione  del  PER,  conferma
l'identita' di natura dei due atti. 
    L'atto  di  programmazione  in  questione,  pertanto,  rientrando
nell'ambito applicativo della norma interposta, e' affetto dal  vizio
di costituzionalita' dedotto dal ricorrente. 
    3.4.- Va, dunque, dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  il
comma 9 dell'art. 5  della  legge  regionale  impugnata,  e  «in  via
consequenziale», ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953,  n.
87, deve essere dichiarato incostituzionale il comma 8  del  medesimo
articolo, limitatamente alle parole «escluse  le  procedure  relative
alla VAS», trattandosi di disposizione la cui  illegittimita'  deriva
come conseguenza dalla decisione adottata. 
    4.- Il ricorrente impugna, poi, l'art. 12, comma 8, della  citata
legge regionale per violazione dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,
oltre che degli artt. 4 e 5 dello Statuto speciale. 
    La disposizione censurata, nella parte  in  cui  assoggetta  alla
procedura abilitativa semplificata, di cui  all'art.  6  del  decreto
legislativo  3  marzo  2011,  n.  28  (Attuazione   della   direttiva
2009/28/CE  sulla   promozione   dell'uso   dell'energia   da   fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), gli interventi per modifiche  non
sostanziali da realizzarsi «anche in corso  d'opera»  su  impianti  e
infrastrutture   che   hanno   ottenuto    l'autorizzazione    unica,
contrasterebbe  con  l'art.  5,  comma  3,   dello   stesso   decreto
legislativo. 
    Quest'ultimo articolo, infatti, nell'attribuire ad un decreto del
Ministro dello  sviluppo  economico  (adottato  di  concerto  con  il
Ministro dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare,
previa intesa con la  Conferenza  unificata)  l'individuazione  degli
interventi di modifica «sostanziale» degli impianti  da  assoggettare
ad autorizzazione unica, prevede che, nelle more dell'approvazione di
tale decreto, «non sono considerati  sostanziali  e  sono  sottoposti
alla disciplina di cui all'art. 6 [cioe' alla  procedura  abilitativa
semplificata]   gli   interventi   da   realizzare   sugli   impianti
fotovoltaici, idroelettrici ed eolici esistenti». 
    4.1.- La questione e' fondata. 
    4.2.-   La   norma   regionale,    estendendo    l'autorizzazione
semplificata  anche  agli  interventi  relativi   ad   impianti   non
necessariamente esistenti, si pone  in  contrasto  con  la  normativa
statale di principio fissata dal d.lgs. n. 28 del 2011 nella  materia
di «produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale  dell'energia»,
cui va ricondotta la disposizione censurata. 
    4.3.-  La  norma  statale,  infatti,  ha  natura   di   principio
fondamentale della  materia,  secondo  quanto  gia'  riconosciuto  da
questa Corte (vedi sentenze n. 275 e n. 99 del 2012), in  particolare
quanto  alla  necessita'   dell'esistenza   (intesa   come   completa
realizzazione) dell'impianto  ai  fini  del  ricorso  alla  procedura
semplificata per le modifiche «non sostanziali».  La  giustificazione
di  tale  disciplina  e'  evidentemente  legata  al   suo   carattere
transitorio e alla preoccupazione che la suddetta fase possa incidere
negativamente  sull'efficienza  degli  impianti   esistenti:   questa
giustificazione non puo' essere estesa al caso in questione. 
    5.- L'art. 13, commi 2, 3, 4 e 5, della legge regionale in  esame
e' impugnato per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.,  oltre
che degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. 
    Le  disposizioni  censurate  -  che  disciplinano   i   contenuti
dell'istanza di autorizzazione unica - eccederebbero  l'ambito  della
potesta' legislativa concorrente riservata alla Regione in materia di
produzione,  trasporto  e   distribuzione   nazionale   di   energia,
introducendo oneri amministrativi - «a pena  di  improcedibilita'»  -
superflui  e  comunque  non  previsti  dalla  normativa  statale   di
riferimento: l'art. 1-sexies del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239
(Disposizioni urgenti per la sicurezza  e  lo  sviluppo  del  sistema
elettrico  nazionale  e  per  il  recupero  di  potenza  di   energia
elettrica), convertito, con modificazioni, dall'art. della  legge  27
ottobre 2003, n. 290. 
    In particolare, il ricorrente censura le  disposizioni  regionali
nella parte in cui prevedono «che il progetto da allegare all'istanza
di autorizzazione unica, nonche' il  progetto  relativo  a  tutte  le
interferenze, siano corredati  da  elaborati  tecnici  con  grado  di
approfondimento analogo a quello richiesto per il progetto definitivo
dei lavori pubblici e che "a pena di improcedibilita'" l'istanza  sia
corredata da un  progetto  con  contenuti  assimilabili  al  progetto
definitivo dell'opera pubblica,  comprensivo  di:  1)  opere  per  la
connessione alla rete; 2) altre  infrastrutture  indispensabili  alla
costruzione e all'esercizio dell'impianto;  3)  elaborati  grafici  e
normativi di variante al PRGC, qualora necessaria». 
    5.1.- Va dichiarata  la  non  fondatezza,  per  inconferenza  del
parametro interposto (sentenza n. 255 del 2013 e  n.  263  del  2012;
ordinanze n. 31 del 2013, n. 84 del 2011, n. 286 e n. 77  del  2010),
della questione relativa all'art. 13, commi 2 e 3, per  la  parte  in
cui riguardano impianti e strutture diverse  dalle  reti  elettriche;
comma 4 (che riguarda impianti di produzione  di  energia  elettrica,
impianti e depositi di stoccaggio di oli minerali); comma 5,  per  la
parte in cui disciplina la autorizzazione unica per i gasdotti e  per
le reti di trasporto di fluidi termici. 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le disposizioni
regionali contrasterebbero con il citato  art.  1-sexies,  assunto  a
parametro interposto. Senonche' tale norma disciplina la  costruzione
e l'esercizio degli elettrodotti facenti parte della  rete  nazionale
di trasporto dell'energia elettrica (comma 1) e, al comma 5,  precisa
che «Le regioni disciplinano i procedimenti  di  autorizzazione  alla
costruzione  e  all'esercizio  di  reti  elettriche   di   competenza
regionale in conformita' ai principi e ai termini temporali di cui al
presente articolo».  Essa  e',  quindi,  inconferente  rispetto  alle
questioni relative ai commi sopra indicati, aventi diverso oggetto. 
    5.2.-  Anche  per  la  parte  rimanente  della  disposizione,  la
questione non e' fondata. 
    5.3.-  Per  valutare  la  correttezza  o  meno  della  necessaria
allegazione del progetto definitivo - e non  di  quello  preliminare,
come, in sostanza, preteso dal ricorrente - vanno tenute presenti  la
natura e la portata della relativa istanza. Questa e', nella  specie,
finalizzata  alla  convocazione  di   una   conferenza   di   servizi
nell'ambito della quale devono essere  valutati  in  modo  definitivo
tutti gli interessi pubblici coinvolti: essa,  infatti,  si  conclude
con  il   rilascio   dell'autorizzazione   unica   che   «sostituisce
autorizzazioni, concessioni, pareri, nulla osta  e  atti  di  assenso
comunque denominati, contiene la dichiarazione di  pubblica  utilita'
nei casi previsti dalla legge  e  costituisce  a  tutti  gli  effetti
titolo a costruire ed  esercire  gli  impianti  e  le  infrastrutture
relative, in aderenza e in conformita' al progetto tecnico approvato»
(art. 12, comma 3, della legge reg. n. 19 del 2012). 
    Ebbene, cio'  richiede  necessariamente  che  sia  presentato  un
progetto definitivo, quale indispensabile supporto delle  valutazioni
da effettuare. 
    Ne' dalla disciplina statale si desume un principio  diverso,  in
quanto la previsione che per l'avvio della conferenza di servizi  sia
sufficiente un progetto preliminare o analogo va  letta  in  aderenza
alla legge  7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi).  Quest'ultima  perimetra,  in   via   generale,   la
possibilita' che la conferenza di servizi sia convocata sulla base di
un  progetto  preliminare,   disciplinando,   all'art.   14-bis,   la
«conferenza  di  servizi  preliminare».  La   norma   regionale,   al
contrario,  si  riferisce,  come  si  e'  visto,  all'apertura  della
conferenza di servizi decisoria e dunque non contraddice la richiesta
di un progetto definitivo. 
    In  tal  senso,  del  resto,  e'  la  disciplina  introdotta  dal
legislatore statale con le  linee  guida  adottate  con  decreto  del
Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010 (Linee guida  per
l'autorizzazione degli impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili).
Tali linee guida, al punto 13.1., dispongono che «[l']istanza per  il
rilascio dell'autorizzazione unica [...] e' corredata da: a) progetto
definitivo dell'iniziativa [...]». Esse, anche se riguardano solo gli
impianti di produzione  di  energia  elettrica  alimentati  da  fonti
rinnovabili - disciplinati dall'impugnato comma 4  dell'art.  13,  in
ordine  al  quale  (per  quanto  sopra  scritto)  la   questione   e'
manifestamente  infondata   per   inconferenza   del   parametro   -,
rappresentano  un'ulteriore  dimostrazione  della  correttezza  della
norma regionale. 
    Resta peraltro  ferma  la  possibilita',  prevista  dal  comma  3
dell'impugnato art. 13, per le  ipotesi  in  cui  l'intervento  debba
essere sottoposto a VIA, che si apra una prima  fase  sulla  base  di
progetto composto da «elaborati tecnici con grado di  approfondimento
analogo a quello richiesto per il  progetto  preliminare  dei  lavori
pubblici»,  finalizzata  all'emissione  del  provvedimento  di   VIA,
successivamente alla quale si richiede l'integrazione con progetto di
natura definitiva. 
    6.- Lo stesso art. 13, commi 2, 3, 4 e 5, e' impugnato anche  per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., oltre che
degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. 
    Le disposizioni, prevedendo «a pena  di  improcedibilita'»  oneri
amministrativi documentali superflui e comunque  non  previsti  dalla
normativa statale di riferimento,  contrasterebbero  con  i  principi
fondamentali dettati con legge statale  in  materia  di  procedimento
amministrativo e, in particolare, con il principio di semplificazione
dell'attivita'  amministrativa,  in   violazione   della   competenza
legislativa  statale  in  materia  di  «determinazione  dei   livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su tutto il  territorio  nazionale»,  nel
cui  novero  andrebbero  sussunte  anche  le  norme  che  attuano  il
principio di semplificazione amministrativa. 
    6.1.-  Analogamente  a   quanto   argomentato   sulla   questione
precedente,  va,  innanzitutto,  dichiarata  la  non  fondatezza  per
inconferenza  del  parametro  interposto  della  questione   relativa
all'art. 13, commi 2 e 3, per la sola parte in  cui  essi  riguardano
impianti e strutture diverse dalle  reti  elettriche;  comma  4  (che
riguarda impianti di produzione di  energia  elettrica,  impianti  ed
depositi di stoccaggio di oli minerali); comma 5, per la parte in cui
disciplina la autorizzazione unica per i gasdotti e per  le  reti  di
trasporto di fluidi termici. 
    6.2.- Per la parte rimanente della disposizione, la questione non
e' fondata. 
    6.3.- E' corretto invocare l'art. 117, secondo comma, lettera m),
Cost. posto che «le  norme  di  semplificazione  amministrativa  sono
state  ricondotte  da  questa  Corte  alla   competenza   legislativa
esclusiva dello  Stato  in  materia  di  determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e  sociali,
in quanto "anche l'attivita'  amministrativa,  [...]  puo'  assurgere
alla  qualifica  di  "prestazione"  (quindi,  anche  i   procedimenti
amministrativi in genere), della  quale  lo  Stato  e'  competente  a
fissare un "livello essenziale" a fronte di una specifica pretesa  di
individui, imprese, operatori economici ed, in generale, di  soggetti
privati" (sentenze n. 207 e n. 203 del 2012)»  (sentenza  n.  62  del
2013). 
    Tuttavia non puo'  ritenersi,  per  quanto  gia'  argomentato  in
riferimento alla questione precedentemente trattata, che rientri  nel
concetto di semplificazione amministrativa la  previsione  dell'avvio
della conferenza di servizi in assenza di un progetto definitivo. 
    7.- L'art. 13, commi 2, 3, 4 e 5, viene,  infine,  impugnato  per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., oltre che
degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. 
    Le  disposizioni  censurate  sarebbero  contrastanti  con  quanto
previsto dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163  (Codice  dei
contratti  pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture   in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e  2004/18/CE),  che,  all'art.
206, nell'individuare le norme applicabili ai settori speciali  (gas,
energia termica ed elettricita'), non richiama  le  disposizioni  sui
livelli di progettazione di cui agli artt. 93 e 94, ai quali, invece,
si ispirerebbe la disciplina regionale nell'individuare i requisiti e
i contenuti della progettazione. 
    7.1.- La questione non e' fondata. 
    7.2.- Nella disposizione impugnata  il  riferimento  a  elaborati
della progettazione definitiva delle  opere  pubbliche  non  concreta
un'applicazione della disciplina di cui ai richiamati artt. 93  e  94
del citato decreto legislativo, ma  solo  un  espediente  di  tecnica
redazionale per indicare in forma sintetica una serie  di  documenti,
rimandando  ad  un'altra  fonte  normativa  che  gia'   li   descrive
analiticamente. La norma regionale, del resto, non richiama tutti gli
elaborati  tecnici  che  devono  accompagnare  il  progetto  per   la
realizzazione di un'opera pubblica indicati nei predetti articoli. 
    8.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, poi, l'art.
13, comma 6,  della  citata  legge  regionale  n.  19  del  2012  per
violazione degli artt. 3, 41 e 117, terzo  comma,  Cost.,  oltre  che
degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. 
    Tale disposizione, nel prevedere  che  l'autorizzazione  per  gli
impianti   alimentati   da   fonti   rinnovabili    sia    rilasciata
esclusivamente al richiedente che dimostri di essere in  possesso  di
idonei requisiti soggettivi, nonche' di atti definitivi attestanti la
titolarita' delle aree, contrasterebbe con la  normativa  statale  di
principio di cui al d.lgs. n. 28 del 2011; al decreto legislativo  16
marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante  norme
comuni per il mercato interno dell'energia elettrica)  e  al  decreto
legislativo 29 dicembre 2003,  n.  387  (Attuazione  della  direttiva
2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica  prodotta
da   fonti    energetiche    rinnovabili    nel    mercato    interno
dell'elettricita'). 
    In particolare, la previsione della  dimostrazione  del  possesso
degli idonei requisiti soggettivi contrasterebbe con l'art. 1,  comma
1, del d.lgs. n. 79 del 1999, il quale sancirebbe  la  natura  libera
dell'attivita' in esame; mentre quella avente ad oggetto il  possesso
di atti attestanti la titolarita' delle aree  contrasterebbe  con  il
d.lgs. n. 387 del 2003,  dalla  cui  disciplina,  ed  in  particolare
dall'art.  12,  potrebbe  desumersi  che  l'iniziativa  puo'   essere
intrapresa anche da soggetti non  in  possesso  di  «atti  definitivi
attestanti la titolarita' delle aree». 
    Il ricorrente censura la norma anche in riferimento agli artt.  3
e 41 Cost., in  quanto  inciderebbe  sul  diritto  costituzionale  di
iniziativa  economica  e  creerebbe  ingiustificata   disparita'   di
trattamento tra operatori del settore. 
    8.1.- Va premesso che,  da  quanto  esposto  nel  ricorso  e  dai
parametri invocati, la questione deve intendersi limitata alla  parte
in cui la disposizione impugnata riguarda gli impianti alimentati  da
fonte rinnovabile (art. 12, comma 1, lettera a, della legge regionale
n. 19 del 2012) e non anche, quindi, gli elettrodotti (art. 12, comma
1, lettera b), gli impianti di produzione di  energia  elettrica  che
utilizzano fonti tradizionali (art. 12,  comma  1,  lettera  e),  gli
impianti e i depositi di stoccaggio di oli minerali (art.  12,  comma
1, lettera f). 
    8.2.- La questione, cosi' delimitata, e' fondata con  riferimento
alla denunciata violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    8.3.- Relativamente al profilo della liberta' dell'attivita',  la
disposizione  regionale  individua  i  «soggetti  dotati  di   idonei
requisiti», disegnando una precisa, per quanto ampia,  perimetrazione
degli stessi e, pertanto, limitando il novero di coloro  che  possono
produrre energia rinnovabile; essa si pone cosi' in contrasto con  la
norma  interposta  che  prevede  che   l'attivita'   di   produzione,
importazione, esportazione, acquisto e vendita di  energia  elettrica
sia «libera». 
    8.4.- Quanto alla dimostrazione del possesso di  atti  definitivi
attestanti la titolarita' delle aree come presupposto per il rilascio
dell'autorizzazione, emerge un chiaro contrasto  con  l'art.  12  del
d.lgs. n. 387 del 2003. 
    La norma interposta, al comma 1, dispone che «[l]e opere  per  la
realizzazione degli impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  [...]
sono di pubblica utilita' ed indifferibili ed urgenti», e,  al  comma
3,  che  «l'autorizzazione  unica  [...]  costituisce,  ove  occorra,
variante  allo  strumento  urbanistico».  Da  cio'  si   evince   che
l'iniziativa produttiva puo' essere intrapresa anche da soggetti  che
acquisiscano la «titolarita'» delle aree a seguito  della  successiva
espropriazione per pubblica utilita'. Si aggiunga che la disposizione
statale - al comma 4-bis, limitatamente agli  impianti  alimentati  a
biomassa  e  agli  impianti  fotovoltaici  -   richiede   la   (mera)
disponibilita' e mai la «titolarita' delle aree». 
    8.5.-  Restano  assorbiti  i  motivi  di  censura  formulati   in
riferimento agli ulteriori parametri. 
    9.- Viene impugnato, per violazione degli artt. 97 e  117,  terzo
comma, Cost., oltre che degli artt. 4 e  5  dello  statuto  speciale,
l'art. 14 della legge regionale in  esame,  il  quale  disciplina  il
procedimento per il rilascio dell'autorizzazione. 
    La  norma  regionale  eccederebbe   la   competenza   legislativa
regionale  in  materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia», in quanto contrasterebbe  con  la  normativa
statale di principio di cui al  d.l.  n.  239  del  2003,  sotto  due
distinti profili. 
    Si deduce, innanzitutto, che essa non  prevede  l'apposizione  di
«misure  di  salvaguardia»  volte  ad  impedire   che,   nelle   more
dell'autorizzazione della nuova  infrastruttura,  vengano  rilasciati
permessi  di  costruire  sui  terreni  potenzialmente  impegnati  dal
progetto, mentre l'art. 1-sexies del citato decreto-legge,  al  comma
3,  disporrebbe  la  sospensione,   dalla   data   di   comunicazione
dell'avviso dell'avvio del procedimento  ai  comuni  interessati,  di
ogni determinazione comunale in ordine alle domande  di  permesso  di
costruire nelle aree potenzialmente impegnate, fino alla  conclusione
del procedimento autorizzativo. 
    La norma, inoltre, non prevede  che  l'autorizzazione  unica  sia
titolo sufficiente a realizzare ogni opera si  renda  necessaria,  in
conformita' al progetto approvato ed alle prescrizioni  eventualmente
contenute nel decreto autorizzatorio,  mentre  il  predetto  articolo
1-sexies, al comma 1, sancirebbe il principio contrario. 
    A parere del ricorrente la norma censurata  violerebbe  anche  il
principio costituzionale di buon  andamento  dell'amministrazione  di
cui all'art. 97 Cost., incidendo negativamente sulla economicita'  ed
efficacia dell'azione amministrativa. 
    9.1.- Va premesso che dal complessivo tenore del  ricorso,  oltre
che dai parametri invocati, risulta che la questione e' limitata alla
parte in cui la  disposizione  impugnata  riguarda  gli  elettrodotti
(art. 12, comma 1, lettera b, della legge regionale). 
    Diversamente opinando, le questioni riferite alle  autorizzazioni
uniche di impianti o strutture diverse dagli  elettrodotti  sarebbero
comunque  manifestamente  infondate  per  totale   inconferenza   del
parametro.   L'art.   14,   infatti,   disciplina   il   procedimento
relativamente a tutte le autorizzazioni uniche, per ogni tipologia di
impianto od opera, mentre la  disposizione  invocata  come  principio
fondamentale della materia - come si e'  gia'  osservato  -  concerne
unicamente le reti elettriche (i commi l e 3 dell'art.  1-sexies  del
d.l. n. 239 del 2003 riguardano gli elettrodotti facenti parte  della
rete di trasporto nazionale dell'energia  elettrica,  e  il  comma  5
vincola la Regione espressamente per la disciplina dei  «procedimenti
di  autorizzazione  alla  costruzione   e   all'esercizio   di   reti
elettriche»). 
    Le questioni, sotto  tale  profilo,  devono,  quindi,  intendersi
limitate alla sola  autorizzazione  di  cui  all'art.  12,  comma  l,
lettera b), della legge regionale n. 19 del 2012. 
    9.2.- Con riferimento alla lamentata  violazione  dell'art.  117,
terzo comma, Cost., la questione  promossa  in  ordine  alla  mancata
previsione delle misure di salvaguardia e' fondata. 
    9.3.- Va disattesa, infatti, la tesi della Regione,  secondo  cui
le norme in esame andrebbero ricondotte alla materia  urbanistica,  e
cio' in considerazione di un presunto elemento  funzionale.  Infatti,
proprio in riferimento a tale  elemento,  esse  vanno  ascritte  alla
materia   «produzione,   trasporto    e    distribuzione    nazionale
dell'energia», attesa la natura degli interessi pubblici sottesi allo
svolgimento delle attivita' (sentenza n. 383 del 2005). 
    In  questa  prospettiva,  la  norma  statale   interposta   (art.
1-sexies, comma 3, del d.l. n. 239 del 2003) costituisce un principio
fondamentale della legislazione statale,  come  dispone  il  comma  5
dello  stesso  articolo,  secondo  cui  «Le  regioni  disciplinano  i
procedimenti di autorizzazione alla costruzione  e  all'esercizio  di
reti elettriche di competenza regionale in conformita' ai principi  e
ai termini temporali di cui al presente articolo».  Esso  e'  infatti
espressione della  volonta'  di  incentivazione  della  produzione  e
distribuzione di energia elettrica e, pertanto, la mancata previsione
delle misure di salvaguardia si pone in contrasto  con  un  principio
fondamentale fissato dal legislatore statale. 
    9.4.-    Anche    la    questione    relativa    alla     portata
dell'autorizzazione unica e' fondata  relativamente  alla  denunciata
lesione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    9.5.- Il piu' volte citato art. 1-sexies, al  comma  1,  sancisce
che l'autorizzazione unica «sostituisce autorizzazioni,  concessioni,
nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalle norme
vigenti  e  comprende  ogni  opera  o   intervento   necessari   alla
risoluzione delle interferenze con  altre  infrastrutture  esistenti,
costituendo titolo a costruire  ed  esercitare  tali  infrastrutture,
opere o interventi, in conformita' al progetto  approvato»  e,  anche
tale disposizione, va considerata, ai sensi del comma 5 del  medesimo
articolo, quale principio fondamentale  in  materia  di  «produzione,
trasporto e distribuzione di energia»  per  le  considerazioni  prima
svolte. 
    La norma regionale, non specificando con chiarezza tale  portata,
deve ritenersi contrastante con il principio in questione. 
    9.6.-  Restano  assorbite  le  altre  censure   di   legittimita'
costituzionale prospettate dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    10.- Oggetto di impugnazione e' anche l'art. 14, comma  2,  della
legge regionale in esame. 
    La disposizione, oltre a porsi in contrasto con gli artt. 4  e  5
dello  statuto  speciale,  eccederebbe  la   competenza   legislativa
regionale  in  materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia» di cui all'art. 117, terzo comma,  Cost.,  in
quanto contrasterebbe con la normativa statale di  principio  di  cui
all'art. 12, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, oltre  che  con
le linee guida. L'art. 12 da ultimo citato, in particolare, al  comma
4, prevede che l'autorizzazione unica sia «rilasciata a seguito di un
procedimento unico, al quale  partecipano  tutte  le  Amministrazioni
interessate, svolto nel rispetto dei principi  di  semplificazione  e
con le modalita' stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241». 
    La disciplina regionale, secondo il  ricorrente,  aggraverebbe  e
irrigidirebbe  il  procedimento,  imponendo  al  proponente,  qualora
l'impianto non ricada in zona  sottoposta  a  tutela,  ai  sensi  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali
e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,
n. 137), di effettuare, contestualmente all'istanza per  il  rilascio
dell'autorizzazione  unica,   una   comunicazione   alle   competenti
soprintendenze. 
    Sussisterebbe, anche, la violazione della competenza  legislativa
statale   ex   art.   117,   secondo   comma,   lettera   m),   Cost.
(«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti  su  tutto  il
territorio  nazionale»),  sotto  il  profilo  del  contrasto  con  il
principio di semplificazione amministrativa nonche' con il  principio
di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. 
    10.1.- Va dichiarata l'inammissibilita' della questione  relativa
al parametro da ultimo citato. 
    Si deve ribadire la consolidata giurisprudenza di  questa  Corte,
secondo la quale  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  e'
inammissibile allorche' sia  omesso  qualsiasi  accenno  alla  stessa
nella delibera di  impugnazione  dell'organo  politico,  dovendo,  in
questo caso, «escludersi la volonta' del ricorrente  di  promuoverla»
(ex pluribus: sentenze n. 20 del 2013; n. 227 del 2011, n. 365  e  n.
275 del 2007). 
    Nel  caso  di  specie,  l'esame  della  delibera  governativa  di
impugnazione dell'11 dicembre 2012 consente di rilevare che la stessa
non contiene alcun riferimento al  parametro  costituzionale  dettato
dall'art.  97  Cost.,  sul  quale  peraltro,   nel   ricorso,   manca
qualsivoglia sviluppo motivazionale, come rilevato dalla Regione. 
    10.2.- Con riferimento ai restanti parametri, la questione non e'
fondata. 
    10.3.- La norma regionale, infatti, si  limita  a  riprendere  il
contenuto delle linee guida, le quali,  al  punto  13.3.,  dispongono
l'obbligo di comunicazione alle  soprintendenze,  disciplinandolo  in
maniera sostanzialmente sovrapponibile alla norma in esame. 
    11.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l'art.  14,
comma 7, della legge reg. n. 19 del 2012, per violazione degli  artt.
97 e 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, Cost., oltre  che
degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale, nella parte in cui  prevede
che le autorizzazioni per la realizzazione degli elettrodotti, sia di
quelli ricompresi nella rete di trasmissione nazionale, sia di quelli
che rientrano nella spettanza della Regione, siano rilasciate  «[...]
previa  espressione  del  parere  favorevole  di  ARPA»  quanto  alle
emissioni elettromagnetiche. 
    La disciplina regionale contrasterebbe con la  normativa  statale
di  principio  dettata  in  materia  di  «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia» di cui all'art. 1-sexies, comma
5, del d.lgs. n. 329 del 2003 (recte: d.l. 29 agosto 2003, n. 239), e
con il principio di semplificazione in esso contenuto,  violando,  in
tal modo, anche  la  competenza  legislativa  statale  ex  art.  117,
secondo comma, lettera m), Cost. 
    11.1.- Va premesso che anche la censura  in  esame  e'  limitata,
secondo quanto esposto dallo stesso  ricorrente,  agli  elettrodotti,
cui si riferisce la norma interposta, secondo quanto gia' argomentato
supra. 
    11.2.- Relativamente alla denunciata  violazione  dell'art.  117,
terzo comma, Cost., la questione e' fondata. 
    11.3.- La materia cui e' ascrivibile la  norma  in  esame  e'  la
«produzione,  trasporto  e   distribuzione   nazionale   dell'energia
elettrica», nel cui ambito il gia' citato comma 5 dell'art.  1-sexies
del d.l. n. 239 del  2003  dispone  che  le  Regioni  disciplinino  i
relativi  procedimenti   di   autorizzazione   alla   costruzione   e
all'esercizio di reti elettriche  in  conformita'  ai  termini  e  ai
principi da esso enunciati, in particolare a  quello  della  unicita'
del procedimento. In contrasto con esso la  norma  impugnata  prevede
che sia acquisito il parere di ARPA al di fuori della  conferenza  di
servizi. 
    Al contrario di quanto  sostenuto  dalla  Regione,  infatti,  dal
complesso della normativa regionale non puo' desumersi che il  parere
sia acquisito nell'ambito della conferenza di servizi. Cio' si evince
dalla disposizione censurata, la quale prevede che le  autorizzazioni
siano rilasciate «previa» espressione del parere di ARPA, e si desume
anche dalla mancata previsione di tale parere  nell'Allegato  A,  cui
rinvia l'art.  13,  comma  1,  della  legge  reg.  n.  19  del  2012,
richiamato dall'art. 14, comma 1, della stessa  legge  regionale  per
individuare quali  siano  le  amministrazioni  che  partecipano  alla
conferenza di servizi. 
    11.4.-  Restano  assorbiti  i  motivi  di  censura  formulati  in
riferimento agli ulteriori parametri. 
    12.- Gli artt. 14, comma 9, e 18, comma 2, della legge  regionale
in esame vengono impugnati, per  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera m), e terzo comma, Cost., oltre che degli artt. 4 e  5
dello statuto speciale. 
    Il ricorrente rileva che le disposizioni censurate prevedono  che
l'autorizzazione unica rilasciata dalla  Regione  per  infrastrutture
energetiche  lineari  non  abbia  di  per  se'  effetto  di  variante
urbanistica, essendo  necessario  a  tal  fine  anche  l'assenso  del
Comune, espresso in sede di conferenza  di  servizi  sulla  base  del
previo parere favorevole del Consiglio comunale. Tale  disciplina  si
porrebbe in contrasto con l'art. 1-sexies, comma 2, lettera  b),  del
d.l. n. 239 del 2003, secondo cui «[...] [q]ualora le opere di cui al
comma  1,  comportino  variazione  degli  strumenti  urbanistici,  il
rilascio dell'autorizzazione ha effetto di variante  urbanistica»,  e
con le linee guida, le quali, al punto 13.4.,  con  riferimento  agli
impianti alimentati da fonti rinnovabili, prevedono, che «Le  Regioni
o le Province delegate non possono subordinare la  ricevibilita',  la
procedibilita' dell'istanza o la conclusione  del  procedimento  alla
presentazione  di  previe  convenzioni  ovvero  atti  di  assenso   o
gradimento, da parte dei comuni il cui territorio e' interessato  dal
progetto». 
    12.1.- Va premesso, anche in ordine alla censura  in  esame,  che
essa deve  essere  limitata,  secondo  quanto  esposto  dallo  stesso
ricorrente, alle infrastrutture energetiche  lineari,  cui,  ad  ogni
buon conto, si riferisce la norma interposta (art. 1-sexies del  d.l.
n. 239 del 2003), secondo quanto gia' argomentato supra. 
    12.2.- Relativamente alla lamentata lesione dell'art. 117,  terzo
comma, Cost., la questione e' fondata. 
    12.3.- E' evidente, infatti, la difformita'  di  tale  disciplina
rispetto a quella statale (art. 1-sexies, comma  2,  lettera  b,  del
d.l. n.  239  del  2003,  invocato  dal  ricorrente  quale  parametro
interposto),  poiche'  essa  introduce  un  passaggio   ulteriore   e
superfluo nell'iter procedimentale dell'autorizzazione. 
    Ne' rileva, come invece pretende la Regione, la previsione di  un
meccanismo normativo per superare l'eventuale dissenso del  Consiglio
comunale, ricostruito sulla base dell'art. 12, comma 2,  della  legge
regionale  in  esame.  Cio'  infatti   non   elide   l'aggravio   del
procedimento prodotto dalle disposizioni censurate, consistente nella
necessaria acquisizione dell'assenso del Comune. 
    12.4.- Restano assorbiti i  restanti  profili  di  illegittimita'
costituzionale dedotti da parte ricorrente. 
    13.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna l'art.  16,
comma 2, lettera a), della legge regionale Friuli-Venezia  Giulia  n.
19 del 2012, per violazione degli artt. 3, 41 e 117,  secondo  comma,
lettera s), e terzo comma, Cost., oltre che degli artt. 4 e  5  dello
statuto speciale. 
    La disposizione  assoggetta  al  regime  della  comunicazione  di
inizio lavori l'installazione degli impianti di produzione di energia
elettrica o termica  da  fonti  rinnovabili  su  edifici  o  aree  di
pertinenza degli stessi. 
    Secondo il  ricorrente  tale  disciplina  contrasterebbe  con  la
normativa statale di principio di cui al d.lgs. n. 387 del 2003 e  al
d.lgs. n. 28 del 2011.  In  particolare,  l'art.  6,  comma  11,  del
decreto legislativo da ultimo citato  rimette  alle  linee  guida  la
determinazione degli  interventi  da  assoggettare  a  comunicazione,
precisando che «[l]e Regioni e le Province autonome possono estendere
il  regime  della  comunicazione  [...]  ai  progetti   di   impianti
alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale fino  a  50  kW,
nonche'  agli  impianti  fotovoltaici  di  qualsivoglia  potenza   da
realizzare sugli edifici, fatta salva la  disciplina  in  materia  di
valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche».
La disposizione regionale, quindi, estenderebbe  il  predetto  regime
abilitativo oltre i limiti fissati dal legislatore statale: il limite
di potenza («non superiore a 50 kW») per gli impianti  alimentati  da
fonti rinnovabili e la limitazione  legata  alla  ubicazione  («sugli
edifici») per gli impianti solari fotovoltaici. 
    Il ricorrente lamenta altresi' la violazione degli artt. 3  e  41
Cost., in considerazione della ingiustificata discriminazione tra  le
iniziative economiche nelle diverse regioni, e dell'art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost., in quanto «la disciplina  statale  inerente
il regime abilitativo garantisce la sussistenza di un equilibrio  tra
la competenza esclusiva statale in materia di ambiente e paesaggio  e
quella concorrente in materia di energia». 
    13.1.- In ordine alla denunciata violazione dell'art. 117,  terzo
comma, Cost., la questione e' fondata. 
    13.2.- Al di la' delle argomentazioni difensive  in  ordine  alla
ratio  della  normativa,  resta  indiscusso  (e  la  stessa  Regione,
significativamente, non lo  contesta,  limitandosi  a  motivarlo)  il
contrasto  con  la  normativa  statale,  piu'  volte  qualificata  di
principio,  dettata  in   materia   di   «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale di energia». 
    La disposizione regionale censurata, infatti, estende lo speciale
regime abilitativo oltre i limiti  fissati  dalla  legge  statale  in
ordine all'ubicazione e alla potenza degli impianti. 
    13.3.-  Restano  assorbite  le  altre  censure  di   legittimita'
costituzionale prospettate dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    14.- Il ricorrente impugna l'art. 17  della  legge  regionale  in
esame per violazione degli artt. 97 e  117,  terzo  comma,  Cost.,  e
degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. 
    La norma dispone che l'Assessore regionale competente in  materia
di energia possa proporre alla Giunta regionale l'approvazione di uno
schema di accordo con  i  proponenti  volto  ad  attribuire  vantaggi
economici  o  occupazionali  per  il  territorio  regionale,   misure
compensative ovvero opere di razionalizzazione  di  linee  elettriche
esistenti. In tal caso l'espressione dell'intesa tra Stato e  Regione
nell'ambito  delle  funzioni  riservate  allo  Stato  ed  esercitate,
appunto, d'intesa con la Regione ai sensi  dell'art.  2  del  decreto
legislativo 23 aprile 2002, n. 110 (Norme di attuazione dello statuto
speciale  della  regione   Friuli-Venezia   Giulia   concernenti   il
trasferimento di funzioni in materia  di  energia,  miniere,  risorse
geotermiche e incentivi alle imprese)  e'  subordinata  alla  stipula
dell'accordo. 
    La  disposizione  e'  censurata,  con  riferimento  al  parametro
dettato dall'art. 117, terzo comma, Cost. sotto diversi  aspetti:  a)
la previsione che la stipula  dell'accordo  condizioni  l'espressione
dell'intesa di cui all'art. 11 della legge  regionale  impugnata;  b)
l'ampiezza di contenuto degli accordi, maggiore di quella perimetrata
dalla normativa statale di riferimento; c) il contrasto con la  norma
statale  che  prevede  che  gli  accordi  siano  stipulati  nei  modi
stabiliti da un decreto ministeriale. 
    Sotto il primo aspetto, tale disciplina si porrebbe in  contrasto
con  il  principio  fondamentale  dettato  dal  legislatore   statale
all'art. 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del
settore energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto  delle
disposizioni  vigenti  in  materia  di  energia),   il   quale,   pur
consentendo alle regioni e agli enti locali di stipulare accordi  con
i soggetti proponenti che individuino misure di  compensazione  e  di
riequilibrio ambientale, non prevedrebbe  che  la  stipula  di  detti
accordi  possa  condizionare   -   subordinandola   -   l'espressione
dell'intesa  ed  il  correlato  rilascio  dei   pareri   propedeutici
all'ottenimento dell'autorizzazione  alla  costruzione  ed  esercizio
della infrastruttura energetica. 
    Con riferimento  allo  stesso  aspetto,  inoltre,  il  ricorrente
lamenta che la norma impugnata, stabilendo gia' la «posizione» che la
Regione deve assumere ai fini dell'intesa disciplinata  all'art.  11,
comporterebbe, per le ipotesi di mancato raggiungimento della stessa,
la sostanziale obbligatorieta' del ricorso alla procedura alternativa
prevista dal comma 3 dell'art. 2 del  d.lgs.  n.  110  del  2002.  Il
conseguente  aggravamento  del   procedimento   volto   al   rilascio
dell'autorizzazione  unica  rappresenterebbe   una   violazione   del
principio costituzionale di  buon  andamento  previsto  dall'art.  97
Cost. 
    Viene, poi, evidenziato, in ordine al  secondo  aspetto,  che  la
facolta' di individuare misure di  compensazione  e  di  riequilibrio
ambientale  sarebbe   circoscritta   dalla   legislazione   nazionale
esclusivamente  a  quegli  interventi  compensativi  che   presentino
carattere ambientale e che,  al  contempo,  siano  coerenti  con  gli
obiettivi generali di politica energetica, mentre la norma  regionale
impugnata  consentirebbe  la  stipula  di  accordi  esorbitanti  tali
connotazioni e finalita'. In particolare il  comma  2  dell'impugnato
art. 17 prevede, alla lettera a), «quantificate e  positive  ricadute
sul territorio in termini di vantaggi economici, occupazionali  e  di
sviluppo per le utenze produttive o civili del territorio  regionale»
e, alla lettera c), «opere di razionalizzazione di  linee  elettriche
esistenti che prevedano, ove possibile, interventi di  demolizione  e
interramento di linee aeree esistenti». 
    Infine, con riferimento al terzo aspetto, viene segnalato che  la
norma censurata, attribuendo all'assessore  regionale  competente  in
materia di energia  il  potere  di  concludere  i  suddetti  accordi,
contrasterebbe con  l'art.  34,  comma  11  (recte:  comma  16),  del
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure  urgenti  per
la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 17
dicembre 2012, n. 221, a  norma  del  quale  «[g]li  accordi  di  cui
all'art. 1, comma 5,  della  legge  23  agosto  2004,  n.  239,  sono
stipulati nei modi stabiliti con decreto del Ministero dello sviluppo
economico,  di  concerto  con  il  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, sentita la Conferenza  unificata,  da  adottarsi  entro  sei
mesi». 
    14.1.- Va premesso che, anche in questo caso, alla luce di quanto
argomentato  dallo   stesso   ricorrente   e   considerato   l'ambito
applicativo della norma interposta, la questione in esame va limitata
alle infrastrutture energetiche. 
    14.2.- La questione legata al primo  profilo  (la  subordinazione
della stipula dell'intesa al raggiungimento dell'accordo) e' fondata. 
    14.2.1.- Se pure e' vero - come evidenziato dalla Regione  -  che
la stipula dell'accordo e' configurata dalla legge regionale come una
mera possibilita' (posto che vi e' la facolta' di proporre uno schema
di accordo), e che, quando si sposa tale opzione,  e'  possibile  che
l'accordo si raggiunga e che,  conseguentemente,  non  vi  sia  alcun
riflesso negativo sull'intesa, cionondimeno  vi  e'  la  possibilita'
che, intrapresa la via dell'accordo, lo stesso non  venga  raggiunto,
con la conseguente preclusione di addivenire all'intesa. 
    Ebbene, cio' comporta la violazione della norma di  principio  su
enunciata,  poiche'  genera  un   ingiustificato   aggravamento   del
procedimento. 
    14.2.2.- Sussiste, inoltre, la violazione dell'art.  97  Cost.  a
nulla rilevando, nel caso di specie, la potesta' di autorganizzazione
dell'esecutivo regionale, riconosciuta dallo statuto speciale  (artt.
4, numero 1, e 12, comma 2), invocata dalla Regione. 
    14.3.- La questione in ordine al secondo profilo  (l'ampiezza  di
contenuto degli accordi), invece, non e' fondata. 
    14.3.1.- Il contrasto ravvisato dal ricorrente con  il  principio
fondamentale di cui all'art. l, comma 5, della legge n. 239 del  2004
- per cui gli accordi sono funzionali alla tutela del solo  interesse
ambientale, con la conseguente esclusione della possibilita'  per  le
regioni di prendere in considerazione altri  interessi,  come  quelli
indicati dal comma 2 dell'impugnato art. 17 - non sussiste. 
    La  norma  statale  non  esprime  un  principio  che  esclude  la
possibilita' di stipulare accordi che si riferiscano ad altri ambiti,
ove non espressamente vietati (come accade, ad esempio,  nell'ipotesi
dell'art. 12, comma 6, del d.lgs. n.  387  del  2003,  che  la  legge
regionale fa salvo) e ove gli interessi che vengono in rilievo  siano
ragionevolmente correlati all'opera da realizzare. 
    In conclusione, l'esercizio della facolta' in questione non  deve
trovare una norma statale di  legittimazione  ad  hoc,  dovendo  solo
osservare eventuali limitazioni e  divieti  posti  espressamente  dal
legislatore statale. 
    14.4.- Neanche e' fondata la questione relativa al terzo profilo,
legato al contrasto dell'art. 17 della legge regionale con l'art. 34,
comma 16, del d.l. n. 179 del 2012. 
    14.4.1.- Difatti, in mancanza del decreto ministeriale,  previsto
da tale articolo,  che  disciplini  le  modalita'  di  stipula  degli
accordi, il contrasto e' solo ipotetico,  ben  potendo  la  normativa
statale prevedere modalita' del tutto compatibili  con  quelle  della
disposizione regionale. 
    15.- L'art. 18, comma 4,  della  legge  regionale  Friuli-Venezia
Giulia n. 19 del 2012 viene impugnato dal  Presidente  del  Consiglio
dei ministri per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.,  oltre
che degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. 
    La norma censurata, che disciplina l'autorizzazione unica per  le
reti degli scambi transfontalieri,  prevede  che  sia  riservata  una
quota significativa dell'energia disponibile importata al  fabbisogno
energetico regionale. 
    Essa, a parere del ricorrente,  violerebbe  l'art.  1,  comma  4,
lettere a), b)  e  c),  della  legge  n.  239  del  2004,  in  quanto
recherebbe un  vulnus  al  sistema  unitario  nazionale  di  gestione
dell'approvvigionamento energetico con conseguente alterazione  delle
regole di concorrenza del mercato dell'energia. 
    15.1.- La questione e' fondata. 
    15.2.- La disposizione impugnata si pone  in  evidente  contrasto
con la citata norma interposta, da ritenersi norma di principio della
materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale  di
energia». 
    Quest'ultima, infatti, prevede che lo Stato  e  le  regioni,  «al
fine di  assicurare  su  tutto  il  territorio  nazionale  i  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti l'energia  nelle  sue  varie
forme e in condizioni di omogeneita', sia con riguardo alle modalita'
di fruizione sia con riguardo ai criteri di formazione delle  tariffe
e al conseguente impatto sulla formazione dei  prezzi,  garantiscano:
a)  il  rispetto  delle  condizioni  di   concorrenza   sui   mercati
dell'energia, in conformita' alla normativa comunitaria e  nazionale;
b) l'assenza di vincoli, ostacoli o oneri, diretti o indiretti,  alla
libera circolazione dell'energia all'interno del territorio nazionale
e dell'Unione europea; c) l'assenza di oneri di qualsiasi specie  che
abbiano effetti economici diretti o indiretti ricadenti al  di  fuori
dell'ambito territoriale delle autorita' che li prevedono [...]». 
    La   disposizione    impugnata,    subordinando    il    rilascio
dell'autorizzazione unica alla sottrazione di una quota, peraltro non
marginale, del totale dell'energia elettrica importata per destinarla
al fabbisogno energetico regionale, comporta  una  chiara  violazione
delle condizioni puntualmente  indicate  dal  legislatore  nazionale.
Essa, in particolare, incide negativamente sulla libera  circolazione
dell'energia e  impone  un  significativo  onere  idoneo  a  produrre
rilevanti  effetti  economici,  certamente  non  limitati  all'ambito
regionale. 
    16.- Il ricorrente impugna, infine, gli artt. 35, comma 7, e  34,
comma 1, lettere f) ed h), della legge regionale indicata in epigrafe
per violazione degli artt. 41  e  117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost., oltre che degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale. 
    L'art. 35, comma 7, prevede che «possono essere  autorizzati  sul
territorio  regionale  esclusivamente  nuovi  impianti  di  tipologia
stazione di servizio come definiti all'articolo 34, comma 1,  lettera
f)», sicche' essi devono comprendere, secondo tale  ultimo  articolo,
«apparecchiature  di  tipo  self-service   prepagamento   funzionanti
automaticamente 24 ore  su  24  -  apparecchiature  di  ricarica  per
alimentazione auto elettriche - locale per  l'attivita'  del  gestore
con relativo servizio igienico - [...] servizi igienici separati  per
sesso di  utenti,  di  cui  almeno  uno  con  servizio  igienico  per
diversamente  abili  -  pensiline  di   copertura   delle   aree   di
rifornimento - pannelli  fotovoltaici  sulle  coperture,  di  potenza
installata nell'area  almeno  pari  a  10  chilowatt  -  uno  o  piu'
parcheggi per gli utenti - accessi dei veicoli alla stazione separati
e distinti per entrate e uscita - eventuali servizi accessori [...]». 
    Sempre il citato comma  7,  nel  testo  antecedente  la  modifica
introdotta dall'art. 191 della legge regionale Friuli  Venezia-Giulia
21 dicembre 2012,  n.  26  (Legge  di  manutenzione  dell'ordinamento
regionale 2012), prevedeva, all'ultimo periodo, che  «Nuovi  impianti
di  tipologia  stazione  di  rifornimento  elettrico,  come  definiti
dall'art.  34,  comma  1,  lettera  h),  possono  essere   realizzati
esclusivamente  negli  ambiti  territoriali  dei  Comuni   tra   loro
limitrofi con popolazione superiore ai 40.000 abitanti», riferendosi,
con tale locuzione, a  quanto  indicato  nell'articolo  ivi  indicato
ovvero all'«impianto costituito da apparecchiature  di  ricarica  per
l'alimentazione di auto elettriche di tipo self service  prepagamento
funzionanti autonomamente 24 ore su 24, locale  per  l'attivita'  del
gestore con relativo  servizio  igienico,  servizio  gestito  di  car
sharing». 
    A parere del ricorrente, tali  disposizioni,  prevedendo  onerosi
requisiti  per  l'apertura   di   nuovi   impianti,   introdurrebbero
significative e sproporzionate barriere all'ingresso nei mercati, non
giustificate dal perseguimento di  specifici  interessi  pubblici,  e
delineerebbero una  regolazione  asimmetrica,  che  aggraverebbe  gli
adempimenti per i  nuovi  entranti,  condizionandone  o  ritardandone
l'ingresso   e,    conseguentemente,    ingenerando    ingiustificate
discriminazioni a danno della concorrenza. 
    Nel  ricorso  viene  inoltre  evidenziato  che   le   diposizioni
impugnate contrasterebbero con il principio  contenuto  nell'art.  1,
comma 1,  lettera  b),  del  decreto-legge  24  gennaio  2012,  n.  1
(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, che considera
contraria al principio di liberta' di  iniziativa  economica  sancito
dall'art. 41 Cost.  e  al  principio  di  concorrenza  stabiliti  dal
Trattato  dell'Unione  europea  le  norme  «che  pongono  divieti   o
restrizioni  alle   attivita'   economiche   non   adeguati   o   non
proporzionati alle  finalita'  pubbliche  perseguite  [...],  che  in
particolare impediscono, condizionano o ritardano  l'avvio  di  nuove
attivita' economiche  o  l'ingresso  di  nuovi  operatori  economici,
ponendo un trattamento differenziato  rispetto  agli  operatori  gia'
presenti sul mercato [...]». Il ricorrente segnala anche che il comma
4 del medesimo articolo 1 obbliga le  Regioni  ad  adeguarsi  a  tale
principio entro il 31 dicembre 2012. 
    16.1.- In via preliminare,  va  dichiarata  la  cessazione  della
materia del contendere  con  riferimento  alla  questione  avente  ad
oggetto la disposizione relativa agli impianti del tipo «stazione  di
rifornimento elettrico», in quanto, successivamente alla proposizione
del ricorso, essa e' stata abrogata dal gia' ricordato art. 191 della
legge reg. n. 26 del 2012 e la Regione attesta che  la  disposizione,
nel breve lasso di tempo nel quale e' stata in vigore, non  ha  avuto
applicazione, secondo quanto richiesto dalla giurisprudenza di questa
Corte (sentenze n. 19 e n. 18 del 2013; n. 300, n. 245, n. 226  e  n.
193 del 2012; n. 325 del 2011). 
    16.2.-  Quanto  alla  parte  della  disposizione  concernente  la
tipologia  «stazione  di  servizio»,  la  questione  e'  fondata  con
riferimento alla denunciata violazione dell'art. 117, secondo  comma,
lettera e), Cost. 
    16.3.- L'art.  35,  comma  7,  pone  divieti  e  restrizioni  che
condizionano e ritardano l'avvio  di  nuove  attivita'  economiche  e
l'ingresso  di  nuovi  operatori,  senza  che  tali  ostacoli   siano
proporzionati alle finalita' pubbliche perseguite. 
    Sussiste, in particolare, un trattamento  differenziato  rispetto
agli operatori gia' presenti sul  mercato,  operanti  in  contesti  e
condizioni analoghi. 
    Per questi ultimi, infatti, la legge regionale  dispone  che  gli
impianti debbano essere adeguati, ma in modo graduale anche in ordine
ai diversi obblighi imposti (art.  37,  comma  6).  Inoltre,  decorso
inutilmente un anno dalla data di entrata in vigore della  legge,  e'
concesso un ulteriore lasso di tempo per presentare un  programma  di
adeguamento (non meglio delimitato nel suo  tempo  esecuzione)  (art.
42, comma  4)  e,  solo  in  ipotesi  di  mancata  presentazione  del
programma, di inammissibilita' dello stesso a seguito di verifica del
Comune o di sua mancata esecuzione secondo le modalita' e le scadenze
in   esso   previste,   si    verifica,    infine,    la    decadenza
dell'autorizzazione  (artt.  42  e  43).  A  cio'  va  aggiunto   che
l'adeguamento non ricopre tutti gli obblighi  previsti  per  i  nuovi
entranti e non riguarda, in particolare, l'installazione dei pannelli
fotovoltaici, oltre che delle apparecchiature  di  tipo  self-service
prepagamento funzionanti automaticamente 24 ore su 24. 
    16.4.-  Restano  assorbiti  i  motivi  di  censura  formulati  in
riferimento agli ulteriori parametri.