ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della  Repubblica  del
20 dicembre 2012, relativa alla insindacabilita', ai sensi  dell'art.
68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall'on.
Maurizio Gasparri nei confronti  di  Marco  Travaglio,  promosso  dal
Tribunale ordinario  di  Roma,  prima  sezione  civile,  con  ricorso
depositato in cancelleria il 2 agosto 2013 ed iscritto al n.  10  del
registro  conflitti  tra   poteri   dello   Stato   2013,   fase   di
ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 6 novembre  2013  il  Giudice
relatore Sergio Mattarella. 
    Ritenuto  che,  con  ordinanza-ricorso  del   22   luglio   2013,
depositato il successivo 2 agosto (reg. confl. pot. amm.  n.  10  del
2013), il giudice della prima sezione civile del Tribunale  ordinario
di Roma ha sollevato, ai sensi dell'art.  37  della  legge  11  marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato  in
ordine alla deliberazione del 20  dicembre  2012  (Atti  Senato,  XVI
legislatura, Doc. IV-ter n. 30-A), con cui il Senato della Repubblica
ha affermato che  le  dichiarazioni  in  relazione  alle  quali,  nel
giudizio civile pendente davanti a detto giudice, e'  stata  avanzata
domanda risarcitoria da parte di Marco Travaglio  nei  confronti  del
senatore Maurizio Gasparri, concernono opinioni espresse da un membro
del Parlamento nell'esercizio delle  sue  funzioni  e  sono  pertanto
insindacabili  ai  sensi  dell'articolo  68,   primo   comma,   della
Costituzione; 
    che, secondo quanto  riferito  dal  medesimo  giudice:  a)  Marco
Travaglio, in data 9 dicembre 2009, conveniva in giudizio il senatore
Maurizio  Gasparri  al  fine  di  ottenere  -   previo   accertamento
incidentale del reato di diffamazione aggravato  dall'uso  del  mezzo
televisivo e della stampa e dalla  reiterata  attribuzione  di  fatti
determinati, nonche' della violazione del diritto alla reputazione  e
all'identita' personale -  la  condanna  al  risarcimento  dei  danni
derivanti dalle affermazioni, ritenute diffamatorie  e  lesive  della
sua onorabilita', rilasciate dal convenuto nel  corso  dei  programmi
televisivi della RAI "Rainews24"  (25  settembre  2009)  e  "Porta  a
porta"  (15  ottobre   2009),   nonche'   in   successive   pubbliche
dichiarazioni riprese dalle agenzie di stampa (28 settembre, 1°, 9  e
17 ottobre 2009); b)  in  particolare,  secondo  l'attore,  sarebbero
state lesive della sua immagine e onorabilita'  le  affermazioni  del
senatore Gasparri concernenti il presunto pagamento da  parte  di  un
condannato per reati di mafia, l'ex maresciallo Ciuro, di una vacanza
che egli avrebbe trascorso in Sicilia; le frasi che  sarebbero  state
pronunciate dal senatore Gasparri - riprendendo, a suo dire, i  fatti
in questione da un'inchiesta giornalistica di Giuseppe  D'Avanzo  sul
quotidiano "La Repubblica" - come  riportate  dall'attore  e  oggetto
della delibera camerale di insindacabilita' ai  sensi  dell'art.  68,
primo comma, Cost., sarebbero, tra le altre, del seguente tenore: «io
vorrei fare una trasmissione dedicata al fatto che Travaglio anni  fa
in Sicilia e' andato in vacanza a spese di un  condannato  per  mafia
[...]. Questo e' Travaglio! Andava in vacanza in un posto e il  conto
lo pagava un signore condannato  per  mafia.  Poi  va  a  parlare  di
Schifani e altro. La moralita' di Travaglio non esiste  [...]  quindi
vorrei fare un'intervista [...] a Travaglio sulle sue  frequentazioni
di persone in Sicilia condannate per mafia. Questo vorrei  discutere,
gli italiani ne sanno  poco»  (25  settembre  2009);  «Non  prendiamo
lezioni di antimafia da  chi  si  faceva  pagare  le  vacanze  da  un
condannato per  mafia»  (28  settembre  2009);  «Leggo  divertito  un
articolo di Marco Travaglio che contiene solo spocchia  senza  fatti.
L'euforia  dell'articolista  e'  ben  nota,  fin  dai  tempi  in  cui
condannati per mafia provvedevano ad organizzare le  sue  vacanze  in
Sicilia»  (1°  ottobre  2009);  «Molto  ci  sarebbe  da  dire   sulla
faziosita' della conduzione e  sulla  pochezza  dei  contenuti  della
trasmissione Annozero [...]. Ci limitiamo solo  a  chiedere:  perche'
[...] durante la puntata in onda ieri sera  non  si  e'  parlato  dei
condannati per mafia che hanno organizzato le vacanze in  Sicilia  di
Travaglio?» (9 ottobre 2009); «ognuno si occupa di quello  che  vuole
in questo paese. C'e' un editorialista di punta, Marco Travaglio, che
e' stato un anno e mezzo fa colpito da molti  articoli  di  D'Avanzo,
giornalista di Repubblica, che evidenzio' che Travaglio andava a fare
delle vacanze organizzate da  personaggi  poi  condannati  per  mafia
[...]. La vacanza e' stata organizzata  da  uno  condannato  poi  per
mafia. L'ex maresciallo Ciuro [...] E' la verita!» (15 ottobre 2009);
«In materia di lotta alla mafia, la sinistra ed alcuni  suoi  addetti
stampa hanno ben poco da dire. Per quanto  riguarda  Marco  Travaglio
confermo al di la' di ogni smentita che,  come  scrisse  D'Avanzo  su
Repubblica,  le  sue  vacanze  in  Sicilia  alcuni  anni  fa   furono
caratterizzate dalla presenza  e  dalla  attivita'  organizzativa  di
personaggi condannati  per  concorso  in  associazioni  mafiose»  (17
ottobre  «2008»  [recte:  «2009»]);  c)  il  senatore   Gasparri   si
costituiva   in   giudizio    eccependo,    in    via    preliminare,
l'improcedibilita' del giudizio ai sensi dell'art. 68,  primo  comma,
Cost. e dell'art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140  (Disposizioni
per l'attuazione  dell'articolo  68  della  Costituzione  nonche'  in
materia di processi penali nei confronti  delle  alte  cariche  dello
Stato) - che,  al  comma  1,  prevede  l'applicabilita'  della  norma
costituzionale «per ogni altro  atto  parlamentare,  per  ogni  altra
attivita' di ispezione, di divulgazione, di  critica  e  di  denuncia
politica, connessa alla funzione parlamentare, espletata anche  fuori
del Parlamento» - trattandosi  di  opinioni  espresse  nell'esercizio
delle sue funzioni di parlamentare; d) a seguito  della  trasmissione
degli atti al Senato della Repubblica,  quest'ultimo  comunicava  che
l'Assemblea, nella seduta del 20 dicembre 2012, aveva deliberato  che
le suddette dichiarazioni costituivano opinioni espresse da un membro
del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni ed  erano,  percio',
insindacabili, ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost.; 
    che il giudice del Tribunale  ordinario  di  Roma,  posta  questa
premessa,  ritiene  che  la  suindicata  delibera  del  Senato  della
Repubblica, eccedendo la sfera di attribuzioni di quest'ultimo, abbia
comportato  una  compressione  della  sfera  di  attribuzioni   della
magistratura,  sottraendo  all'autorita'  giudiziaria  il  potere  di
decidere  la  controversia,  atteso  che   l'insindacabilita'   delle
opinioni espresse da un membro del Parlamento extra  moenia  sussiste
soltanto qualora queste costituiscano  la  riproduzione  sostanziale,
ancorche' non letterale, di atti tipici nei quali si estrinsecano  le
diverse funzioni parlamentari, ovvero sostanzialmente riproduttive di
un'opinione espressa in sede parlamentare; 
    che,  a  suo  avviso,  non  sussisterebbero,  nella   specie,   i
presupposti   circa    l'applicabilita'    della    prerogativa    di
insindacabilita' deliberata dal Senato della Repubblica, giacche' non
risulta alcun atto tipico della funzione parlamentare  riferibile  al
senatore Gasparri che possa far ritenere sussistere tra tale funzione
e le dichiarazioni extra moenia sopra riportate il «nesso funzionale»
richiesto dalla giurisprudenza della  Corte  costituzionale  ai  fini
dell'applicabilita' dell'art. 68, primo comma, Cost. (sentenze n.  11
e n. 10 del 2000; n. 289 del 1998; nonche', tra le tante, n. 334  del
2011; n. 330 e n. 134 del 2008; n. 53 e n. 13 del 2007); 
    che,  infine,  a  suo  avviso,   i   richiami   contenuti   nella
deliberazione  della  Giunta  delle  elezioni   e   delle   immunita'
parlamentari alla situazione di contrapposizione  politica  esistente
tra le parti sarebbero inconferenti,  poiche'  tale  contrapposizione
non sarebbe inerente all'attivita' parlamentare e,  conseguentemente,
sarebbe palese lo sconfinamento di detta deliberazione dalla sfera di
attribuzioni riservata al Senato della Repubblica; 
    che   il    ricorrente    conclude    chiedendo    l'annullamento
dell'impugnata delibera di insindacabilita'. 
    Considerato che,  in  questa  fase  del  giudizio,  la  Corte  e'
chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge  11
marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso
sia ammissibile in quanto vi sia la «materia di un conflitto  la  cui
risoluzione spetti alla sua competenza»,  sussistendone  i  requisiti
soggettivo ed oggettivo  e  restando  impregiudicata  ogni  ulteriore
questione, anche in punto di ammissibilita'; 
    che la forma dell'ordinanza rivestita dall'atto introduttivo puo'
ritenersi idonea ad instaurare il giudizio ove sussistano, come nella
specie, gli estremi sostanziali di un valido  ricorso  (ex  plurimis,
ordinanze n. 151 e n. 129 del 2013); 
    che, sotto il profilo del requisito soggettivo,  va  riconosciuta
la legittimazione del ricorrente giudice della prima  sezione  civile
del Tribunale ordinario di Roma  a  sollevare  conflitto,  in  quanto
organo    giurisdizionale,    in    posizione     di     indipendenza
costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente
la volonta' del potere cui appartiene nell'esercizio  delle  funzioni
attribuitegli; 
    che, parimenti, deve essere riconosciuta  la  legittimazione  del
Senato della Repubblica  -  cui  apparteneva,  all'epoca  dei  fatti,
Maurizio Gasparri (tra le molte, sentenza n. 39 del 2012) - ad essere
parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in
modo definitivo la  propria  volonta'  in  ordine  all'applicabilita'
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; 
    che,  per  quanto  attiene  al  profilo  oggettivo,  il   giudice
ricorrente lamenta la lesione della propria  sfera  di  attribuzione,
costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto
illegittimo, per inesistenza dei  relativi  presupposti,  del  potere
spettante al Senato della Repubblica di dichiarare l'insindacabilita'
delle opinioni espresse dai membri di quel  ramo  del  Parlamento  ai
sensi dell'art. 68, primo comma, Cost.; 
    che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione
spetta alla competenza di questa Corte.