ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del  27
febbraio 2001, relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato
Maurizio Gasparri nei confronti  dei  dottori  Gian  Paolo  Cariello,
Donato  D'Auria  e  Giovanna  Di  Donna,  promosso  dalla  Corte   di
cassazione con ricorso notificato il 20  marzo  2013,  depositato  in
cancelleria il 22 marzo  2013  ed  iscritto  al  n.  3  del  registro
conflitti tra poteri dello Stato 2012, fase di merito. 
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati; 
    udito nell'udienza pubblica  del  20  novembre  2013  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    udito l'avvocato Vito Cozzoli per la Camera dei deputati. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza-ricorso depositata il 24 ottobre 2011, la Corte
di cassazione,  terza  sezione  civile,  ha  sollevato  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti  della  Camera  dei
deputati, in riferimento alla deliberazione con la quale l'Assemblea,
approvando il 27 febbraio 2001  la  relazione  della  Giunta  per  le
autorizzazioni a procedere (doc. IV-quater n. 174), ha dichiarato  la
insindacabilita',  ai  sensi  dell'art.  68,   primo   comma,   della
Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Maurizio  Gasparri
nei confronti dei magistrati Giovanna Di Donna, Donato D'Auria e Gian
Paolo Cariello. 
    La Corte ricorrente - investita della impugnazione  proposta  dai
magistrati  avverso  la  sentenza  della  Corte  d'appello  di  Roma,
confermativa della pronuncia di primo grado, con la quale  era  stata
dichiarata improcedibile  nei  confronti  del  deputato  Gasparri  (e
respinta nei confronti della societa' "Il Mattino" e del  giornalista
Paolo  Gambescia)  la  domanda  di  risarcimento  danni  avanzata  in
relazione al contenuto ingiurioso e diffamatorio  di  due  interviste
pubblicate in quel quotidiano  nei  giorni  18  e  19  marzo  2000  -
premette  che  nel  giudizio  di  merito  gli  attori   avevano,   in
particolare, lamentato: a) che, nella prima intervista,  il  deputato
Gasparri, nel commentare il provvedimento del Tribunale  del  riesame
di Napoli, da essi composto, con  il  quale  era  stata  disposta  la
custodia cautelare di un imputato  di  gravi  fatti  di  criminalita'
camorristica, anziche' in carcere, in una casa di cura,  da  cui  era
poi  evaso,  li  avesse  definiti  irresponsabili;  b)   che,   nella
successiva intervista, quel deputato avesse  aggiunto  di  avere,  in
relazione alla vicenda, sospetti non di una loro  mera  dabbenaggine,
ma di un loro comportamento illecito. 
    La Corte  suprema  ritiene,  quindi,  fondata  la  doglianza  dei
ricorrenti sul punto della denunciata violazione dell'art. 68  Cost.,
in  relazione  alla  delibera  assembleare  ritenuta  ostativa   alla
procedibilita' della loro domanda risarcitoria nella sede di merito. 
    Richiama, all'uopo, la costante giurisprudenza di questa Corte, a
tenore della quale per l'esistenza di  un  nesso  funzionale  tra  le
dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare  e  l'espletamento
delle sue funzioni di membro del Parlamento - al quale e' subordinata
la prerogativa dell'insindacabilita' di cui all'art. 68, primo comma,
Cost.  -  e'  necessario  che  tali  dichiarazioni   possano   essere
identificate   come   espressione   dell'esercizio    di    attivita'
parlamentare (tra le ultime, sentenze n. 301 del  2010,  n.  420,  n.
410, n. 134 e n. 171 del 2008, n. 11 e n. 10 del 2000). 
    Osserva che, viceversa, la  delibera  di  insindacabilita'  della
Camera  dei  deputati,  per  cui  e'  conflitto,  non   indica   atti
parlamentari  tipici  del  deputato  anteriori  o  contestuali   alle
dichiarazioni del deputato Gasparri, limitandosi ad affermare che  le
dichiarazioni del parlamentare «si  inseriscono  nel  contesto  della
perdurante polemica politica nel nostro paese  inerente  ai  problemi
della giustizia (e in  tale  contesto  al  modo  di  procedere  della
magistratura) ed alle  tematiche  della  sicurezza»  e  che  la  fuga
dell'imputato di cui  trattavasi  «fu  oggetto  anche  di  iniziative
parlamentari  di  sindacato  ispettivo,  iniziative  che  lo   stesso
deputato Gasparri aveva  preannunziato»,  senza  pero'  indicare  chi
avesse intrapreso tali iniziative (peraltro negate dai ricorrenti)  e
quando esse fossero state adottate. 
    Conclude, quindi, per l'annullamento della delibera in questione. 
    2.- Questa Corte, con l'ordinanza n. 14 del 2013, ha  dichiarato,
in sede di prima e sommaria delibazione,  ammissibile  il  conflitto,
riservando espressamente alla attuale  fase  processuale  di  merito,
nella quale il giudizio si svolge in contraddittorio  tra  le  parti,
ogni ulteriore decisione anche relativamente alla ammissibilita'. 
    Ricevuta comunicazione di detta ordinanza,  in  data  6  febbraio
2013, la Corte di cassazione, in esecuzione degli incombenti  di  cui
all'articolo 37, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n.  8,  ha,
in un primo tempo, fatto pervenire alla Camera, in busta  chiusa,  il
18  febbraio  2013,  la  ridetta  ordinanza  e  copia   del   ricorso
introduttivo del giudizio; in un secondo tempo,  ha  notificato  alla
Camera gli stessi atti tramite ufficiale  giudiziario,  il  20  marzo
2013. 
    3.- Nel  giudizio  si  e'  costituita  la  Camera  dei  deputati,
chiedendo dichiararsi l'improcedibilita' del ricorso in ragione della
irritualita' della trasmissione degli  atti  effettuata  dalla  Corte
ricorrente il 18 febbraio 2013,  con  modalita'  non  rispondenti  ai
requisiti, sia soggettivo che oggettivo, della "notifica"  prescritta
dal citato art. 37, quarto comma, della legge n. 87 del 1953:  quanto
al  primo  profilo,  perche'  quella  comunicazione  non  era   stata
effettuata a mezzo posta o tramite ufficiale giudiziario e, quanto al
secondo profilo, perche' non risultava compilata la prescritta relata
di notifica. 
    Con successiva memoria, la difesa  della  Camera  ha  poi  ancora
eccepito, in subordine, l'inammissibilita'  del  ricorso  e,  in  via
ulteriormente gradata, la  sua  infondatezza,  sul  rilievo  che  «le
affermazioni dell'onorevole  Gasparri  si  inseriscono  nel  contesto
della  perdurante  polemica  politica  inerente  i   problemi   della
giustizia nel nostro Paese e, in tale  contesto,  al  modus  operandi
della magistratura». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il presente conflitto  di  attribuzione  e'  stato  sollevato
dalla Corte di cassazione, terza sezione civile, nei confronti  della
Camera dei deputati in  relazione  alla  deliberazione  della  stessa
assunta in data 27 febbraio 2001, con la  quale  e'  stata  affermata
l'insindacabilita'  ai  sensi  dell'art.  68,  primo   comma,   della
Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Maurizio  Gasparri
in due interviste pubblicate il 18 e 19 marzo  2000,  nel  quotidiano
"Il Mattino", e ritenute diffamatorie dai componenti di  un  collegio
del Tribunale del riesame di Napoli. 
    I quali - in  relazione  alla  decisione  da  essi  adottata,  di
disporre la custodia cautelare, per motivi di salute, in una casa  di
cura, anziche' in carcere, di un imputato di gravi fatti  di  camorra
che, a tale custodia, una settimana piu' tardi, si  era  sottratto  -
erano stati, dal deputato Gasparri, definiti irresponsabili  e,  poi,
fatti oggetto di sospetto comportamento illecito. 
    2.- La Camera dei deputati, costituendosi nel presente  giudizio,
ha eccepito, nell'ordine,  l'improcedibilita',  l'inammissibilita'  o
comunque l'infondatezza del ricorso. 
    3.- L'eccezione di improcedibilita' - formulata in ragione  della
dedotta nullita' della prima notificazione dell'ordinanza  di  questa
Corte e del sottostante ricorso, effettuata in modo  irrituale  dalla
cancelleria della Corte di cassazione - non e' fondata. 
    Il  carattere  informale  di  quella  notificazione  -   che   ha
pacificamente portato, comunque, gli atti in questione  a  conoscenza
della  Camera  -  non  ne  comporta  invero  inesistenza  o  nullita'
assoluta, ma un mero vizio sanabile (ordinanza n. 56 del  2013),  che
e' stato in concreto sanato dalla successiva (questa  volta)  rituale
notifica degli atti stessi,  effettuata  dalla  ricorrente  entro  il
termine all'uopo fissato dalla richiamata ordinanza n. 14 del 2013. 
    4.- Il ricorso e', pero', comunque, inammissibile per difetto del
requisito della autosufficienza. 
    4.1.-  Secondo   la   costante   giurisprudenza   costituzionale,
affinche' questa Corte «possa accertare la sostanziale identita'» tra
le dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare e gli  atti  di
funzione dallo stesso posti in essere, «il ricorrente ha  l'onere  di
riportare nell'atto introduttivo del giudizio le espressioni ritenute
offensive» (sentenza n. 52 del 2007; in senso conforme, tra le altre,
le sentenze n. 291 e n. 236 del 2007, n. 383 e n. 336  del  2006,  n.
129 del 2005, n. 264 e n. 140 del 2000),  essendosi  anche  precisato
che non e' consentita la sostituzione di quelle espressioni «con  una
libera   rielaborazione   ad   opera    dell'autorita'    giudiziaria
ricorrente», in quanto, cosi' operando, si  realizza  una  «impropria
sovrapposizione tra l'oggettiva rilevanza delle opinioni espresse dal
deputato [...] e l'interpretazione soggettiva che ne e'  stata  data,
che interferisce con l'accertamento del nesso funzionale tra le frasi
pronunciate [...] e gli eventuali atti parlamentari tipici di cui  le
frasi stesse potrebbero essere la divulgazione esterna» (sentenza  n.
79 del 2005; in senso conforme, anche la sentenza n. 383 del 2006). 
    4.2.- Al contrario, il ricorso  della  Corte  di  cassazione  non
riporta in alcuna delle sue parti in modo puntuale  le  dichiarazioni
rese dal deputato Maurizio  Gasparri,  in  relazione  alle  quali  e'
pendente procedimento civile risarcitorio di danni da diffamazione, e
che invece assumono - come detto - importanza  fondamentale  ai  fini
dell'accertamento del nesso funzionale con atti  parlamentari  tipici
di cui le dichiarazioni potrebbero essere espressione. 
    Dopo aver premesso, nella parte in fatto, una breve sintesi delle
doglianze dei ricorrenti, quanto al contenuto delle dichiarazioni del
deputato ritenute da essi lesive,  il  ricorso  si  limita,  infatti,
nella parte in diritto, al  mero  richiamo  della  giurisprudenza  di
questa Corte, sui limiti della insindacabilita'  delle  dichiarazioni
rese dal parlamentare extra moenia, con  la  quale  assume  porsi  in
contrasto la delibera per cui e' conflitto. Ma non  riporta,  neppure
per estratto, il testo di quelle dichiarazioni. 
    Da  cio',  appunto,  la  non  autosufficienza  e  la  conseguente
inammissibilita' del presente ricorso.