ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale, degli articoli 1137,
1334 e 1335 del codice civile promosso  dal  Giudice  istruttore  del
Tribunale ordinario di Catania, nel procedimento vertente tra  D.S.G.
e il condominio di P.D.C. 18/8, con ordinanza del 26 settembre  2012,
iscritta al n. 104 del registro ordinanze  2013  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  21,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2013. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 2014  il  Giudice
relatore Sergio Mattarella. 
    Ritenuto che nel corso di un giudizio civile  avente  ad  oggetto
l'opposizione ad una delibera condominiale ed al conseguente  decreto
ingiuntivo, il Tribunale ordinario di Catania, con ordinanza  del  26
settembre 2012,  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  24  della
Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale  degli  artt.
1137, 1334 e  1335  del  codice  civile,  «nella  parte  in  cui  non
prevedono che la comunicazione della delibera  assembleare  che,  nei
confronti dei condomini che non abbiano  preso  parte  alla  relativa
seduta, determina il decorso iniziale del termine di trenta giorni di
cui a detto  art.  1137  cod.  civ.  sia  presidiata  dalle  medesime
garanzie di conoscibilita' dell'atto previste  per  la  notificazione
degli atti giudiziari»; 
    che il giudice remittente precisa che la parte attrice,  al  fine
di dimostrare la tempestivita' dell'impugnazione, da parte sua, della
delibera dell'assemblea di condominio tenutasi il 3 agosto 2010, alla
cui seduta ella non aveva preso  parte,  ha  fatto  presente  che  il
postino aveva lasciato affisso alla porta dell'abitazione, in data  6
agosto 2010, il relativo avviso, e  che  la  raccomandata  era  stata
«restituita al mittente subito  dopo  ferragosto,  cioe'  durante  il
periodo di sospensione feriale dei termini  processuali»,  sicche'  -
cosi' aveva osservato la  parte  attrice  -  ella  non  aveva  potuto
beneficiare della sospensione feriale, poiche' al suo  rientro  dalle
vacanze la raccomandata era stata gia' restituita al mittente; 
    che il giudice  a  quo  rileva  come  sussista  un  «problema  di
legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 24 Cost.», delle
disposizioni sopra richiamate; 
    che il termine di trenta giorni di cui all'art.  1137  cod.  civ.
e', infatti, un termine c.d. sostanziale a rilevanza processuale,  in
rapporto  al  quale  la  sentenza  n.  49  del   1990   della   Corte
costituzionale ha stabilito, con pronuncia additiva, l'applicabilita'
della sospensione feriale; 
    che il Tribunale ritiene, pertanto, che debba  essere  dichiarata
anche l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1335  cod.  civ.,  in
base al quale le dichiarazioni  negoziali  unilaterali  si  presumono
conosciute  nel   momento   in   cui   giungono   all'indirizzo   del
destinatario; tale previsione si applica in tutti i casi e  quindi  -
irragionevolmente, secondo il giudice remittente - anche nei casi  in
cui il momento  della  conoscenza  «segni  il  decorso  iniziale  del
termine di decadenza entro il quale poter adire quelle vie giudiziali
che rappresentino per il titolare l'unico rimedio per far  valere  il
suo diritto»; 
    che il Tribunale richiama anche la sentenza n. 346 del 1998 della
Corte costituzionale, ricordando che in quella pronuncia si e'  detto
che la diversita' di disciplina tra le  notifiche  a  mezzo  posta  e
quelle eseguite personalmente  dall'ufficiale  giudiziario  non  deve
comportare una diminuzione delle garanzie per il  destinatario  delle
prime; 
    che anche per le notifiche a mezzo posta,  infatti,  si  richiede
che, in difetto di consegna a mani, al destinatario  dell'atto  venga
data comunicazione con lettera raccomandata e che l'atto da portare a
conoscenza non venga  restituito  al  mittente  dopo  un  termine  di
deposito  eccessivamente  breve,  potendo  verificarsi,  specie   nel
periodo estivo, che l'assenza dall'abitazione si protragga  per  piu'
di dieci giorni e  che  tale  assenza  comporti  l'insorgere  di  una
situazione    di    impossibilita'    o    di    grave    difficolta'
nell'individuazione dell'atto notificato, con conseguente preclusione
di ogni possibilita' di esercitare il diritto di difesa; 
    che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione venga  dichiarata  inammissibile  o
infondata. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Catania  ha  sollevato,
in  riferimento  all'art.  24  della   Costituzione,   questione   di
legittimita' costituzionale degli artt. 1137, 1334 e 1335 del  codice
civile, «nella parte in cui non prevedono che la comunicazione  della
delibera assembleare che, nei confronti dei condomini che non abbiano
preso parte alla relativa seduta, determina il decorso  iniziale  del
termine di trenta giorni di cui a  detto  art.  1137  sia  presidiata
dalle medesime garanzie di conoscibilita' dell'atto previste  per  la
notificazione degli atti giudiziari»; 
    che l'ordinanza presenta numerose e gravi lacune in  ordine  alla
descrizione della fattispecie sottoposta all'esame del giudice a quo;
in  particolare,  non  viene  specificato  dopo  quanti   giorni   la
raccomandata sia  stata  restituita  al  mittente,  quando  la  parte
interessata abbia tentato di ritirare la raccomandata e  dopo  quanto
tempo il giudizio sia stato effettivamente introdotto, tanto piu' che
l'art. 49 del decreto del Ministro delle comunicazioni 9 aprile  2001
(Approvazione  delle  condizioni  generali  del   servizio   postale)
stabilisce che la giacenza debba protrarsi, di regola, per (non  meno
di) trenta giorni; 
    che l'ordinanza di rimessione, inoltre, non  chiarisce  di  quale
tipo di delibera si tratti e quale vizio la  parte  ricorrente  abbia
fatto valere, il  che  e'  tanto  piu'  importante  alla  luce  della
giurisprudenza secondo cui l'art. 1137 cod. civ. si applica solo alle
delibere annullabili e non a quelle nulle; 
    che  il  Tribunale  non  prende  in  adeguata  considerazione  il
pacifico orientamento della giurisprudenza  di  legittimita'  secondo
cui la presunzione di conoscenza prevista dall'art.  1335  cod.  civ.
ammette sempre la prova contraria, a condizione che  il  destinatario
dimostri di essere stato, senza  sua  colpa,  nell'impossibilita'  di
avere notizia della comunicazione; 
    che  tali  carenze  dell'ordinanza  di  rimessione,  determinando
l'insufficiente   descrizione   della   fattispecie,   si   traducono
nell'evidente difetto di prova circa la rilevanza della questione; 
    che, inoltre, non e' chiaro quale tipo di correzione del  sistema
il Tribunale di Catania auspichi; in particolare, non si comprende se
venga sollecitata l'emissione di una sentenza additiva  che  imponga,
al posto della comunicazione prevista dall'art.  1137,  terzo  comma,
cod. civ., la notifica a mezzo posta, ovvero una sentenza  che  renda
piu' lungo il termine di trenta giorni ivi stabilito,  oppure  se  si
chieda  uno  spostamento  della  data  di  decorrenza  del   termine,
svincolandola dalla comunicazione a mezzo posta; 
    che,  pertanto,  la  questione   va   dichiarata   manifestamente
inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.