ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 12, comma
1, lettera c), e 16, comma 1, lettera a), della legge  della  Regione
Puglia  6  febbraio  2013,   n.   7   (Norme   urgenti   in   materia
socio-assistenziale),  promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 10-12 aprile 2013,  depositato  in
cancelleria il 18 aprile 2013 ed  iscritto  al  n.  55  del  registro
ricorsi 2013. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    udito nell'udienza pubblica  del  25  febbraio  2014  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    udito l'avvocato dello Stato Amedeo Elefante  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 10-12 aprile 2013 e  depositato  il
successivo 18 aprile, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha
impugnato, in riferimento agli artt. 81 e  117,  terzo  comma,  della
Costituzione, gli artt. 11 (rectius: 12), comma 1, lettera c),  e  15
(rectius: 16), comma 1, lettera a), della legge della Regione  Puglia
6 febbraio 2013, n. 7 (Norme urgenti in materia socio-assistenziale). 
    Premette il ricorrente che l'art.  15  (rectius:  16),  comma  1,
lettera a), della legge reg. n. 7  del  2013,  modificando  il  comma
3-octies dell'art. 8 della legge della Regione Puglia 9 agosto  2006,
n. 26 (Interventi in materia sanitaria), dispone che, ai  fini  della
continuita' assistenziale le convenzioni stipulate dalla Regione  con
le strutture sanitarie residenziali extra ospedaliere «gia' in essere
alla data del 10 febbraio 2013 sono sostituite mediante stipula degli
accordi contrattuali  anche  nelle  more  del  conseguimento  di  una
maggiore offerta di servizi rispetto a quelli minimi regolamentari  e
anche   in   assenza   di   ulteriore   fabbisogno   nel    distretto
socio-sanitario di riferimento, a valere sul  fabbisogno  complessivo
del  territorio  aziendale   e   tenuto   conto   della   popolazione
standardizzata con indice di vecchiaia». 
    Tale disposizione, autorizzando la sostituzione delle convenzioni
in essere con le suddette strutture sanitarie in accordi contrattuali
senza la positiva conclusione della procedura di  accreditamento  nei
confronti delle strutture stesse (o  prescindendone),  contrasterebbe
con i principi fondamentali  in  materia  di  «tutela  della  salute»
contenuti nella legislazione statale di settore  e,  in  particolare,
con quelli riguardanti l'accreditamento delle strutture sanitarie e i
relativi accordi contrattuali, in  violazione  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    Nello specifico, secondo il ricorrente,  la  norma  impugnata  si
porrebbe in contrasto con il principio  fondamentale  in  materia  di
«tutela della salute» di cui all'art. 8-bis,  comma  3,  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino  della  disciplina  in
materia sanitaria, a norma dell'articolo 1  della  legge  23  ottobre
1992, n. 421),  secondo  il  quale  «La  realizzazione  di  strutture
sanitarie  e  l'esercizio  di  attivita'  sanitarie,  l'esercizio  di
attivita' sanitarie per conto  del  Servizio  sanitario  nazionale  e
l'esercizio di attivita' sanitarie a carico  del  Servizio  sanitario
nazionale  sono  subordinate,  rispettivamente,  al  rilascio   delle
autorizzazioni  di  cui   all'articolo   8-ter,   dell'accreditamento
istituzionale di cui all'articolo 8-quater, nonche' alla stipulazione
degli  accordi  contrattuali  di  cui  all'articolo  8-quinques».  Il
medesimo comma 3 stabilisce inoltre  che  tali  disposizioni  valgono
anche per le strutture e le attivita' sociosanitarie. 
    Risulterebbe violato anche l'art. 8-quater, comma 1, del  decreto
legislativo citato, secondo il quale: «L'accreditamento istituzionale
e' rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate,  pubbliche  o
private   e   ai   professionisti   che   ne   facciano    richiesta,
subordinatamente alla loro  rispondenza  ai  requisiti  ulteriori  di
qualificazione, alla loro funzionalita' rispetto  agli  indirizzi  di
programmazione regionale  e  alla  verifica  positiva  dell'attivita'
svolta e dei risultati raggiunti». La norma  precisa,  ulteriormente,
che  «Al  fine  di  individuare  i  criteri  per  la  verifica  della
funzionalita' rispetto alla programmazione nazionale e regionale,  la
regione definisce il fabbisogno di  assistenza  secondo  le  funzioni
sanitarie individuate dal Piano sanitario regionale per  garantire  i
livelli essenziali e uniformi di assistenza,  nonche'  gli  eventuali
livelli integrativi locali  e  le  esigenze  connesse  all'assistenza
integrativa di cui all'articolo 9». Il comma 2 dello stesso  articolo
prevede, altresi', che  «La  qualita'  di  soggetto  accreditato  non
costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio  sanitario
nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate,
al  di  fuori  degli  accordi  contrattuali   di   cui   all'articolo
8-quinques». 
    Il ricorrente  evoca  anche  l'art.  8-quinquies,  comma  2,  del
richiamato  decreto  legislativo,  che,  con  riguardo  agli  accordi
contrattuali, prevede che «la regione e le unita'  sanitarie  locali,
anche attraverso valutazioni comparative della qualita' e dei  costi,
definiscono  accordi  con  le  strutture  pubbliche  ed   equiparate,
comprese le aziende ospedaliere-universitarie, e stipulano  contratti
con  quelle  private  e  con  i   professionisti   accreditati».   Le
disposizioni  successive  (art.  8-quinques,  comma  2,  lettera   b)
disciplinano i contenuti dei suddetti accordi,  tra  i  quali  e'  di
particolare  rilievo  «il  volume  massimo  di  prestazioni  che   le
strutture presenti nell'ambito  territoriale  della  medesima  unita'
sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per  tipologia
e per modalita' di assistenza», nonche' (lettera d) «il corrispettivo
preventivato  a  fronte  delle  attivita'   concordate,   globalmente
risultante  dalla  applicazione  dei   valori   tariffari   e   della
remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nell'accordo». 
    Dal complesso di tali disposizioni statali emergerebbe  che  solo
le strutture  che  siano  state  in  precedenza  accreditate  possono
stipulare accordi  contrattuali  o  contratti  e  che  la  disciplina
dell'accreditamento presuppone  inderogabilmente  l'accertamento  del
possesso dei requisiti ulteriori di qualificazione e di funzionalita'
in relazione agli  indirizzi  di  programmazione  regionale  e  della
positiva verifica dell'attivita' svolta e dei  risultati  conseguiti.
Scopo  di  tale  disciplina  sarebbe  quello  di  garantire  che   le
prestazioni erogate per conto  e  a  carico  del  servizio  sanitario
regionale  siano  caratterizzate  da  elevati  livelli  di  qualita',
efficacia  ed  efficienza,  e  che  siano  coerenti   rispetto   alla
programmazione regionale e al fabbisogno assistenziale, anche al fine
di evitare lo spreco  a  comunque  la  cattiva  gestione  di  risorse
pubbliche. 
    Per tali ragioni, la norma regionale in esame, posta dall'art. 15
(rectius: 16), comma 1, lettera a), nell'autorizzare  la  stipula  da
parte di alcune strutture sanitarie di accordi contrattuali senza  la
positiva conclusione della procedura di accreditamento nei  confronti
delle strutture  stesse  (o  prescindendone),  contrasterebbe  con  i
menzionati principi fondamentali in materia di «tutela della  salute»
contenuti negli artt. da 8-bis a 8-quinquies del d.lgs.  n.  502  del
1992, cosi' violando l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    1.2.- La seconda norma  oggetto  di  impugnazione  da  parte  del
Presidente del Consiglio dei ministri e'  l'art.  11  (rectius:  12),
comma 1, lettera c), della legge reg. n. 7 del 2013 che,  aggiungendo
il comma 3-bis all'art. 69 della legge della Regione Puglia 10 luglio
2006, n. 19 (Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per
la dignita' e il benessere delle donne e  degli  uomini  in  Puglia),
sopprime i trasferimenti alle  Aziende  sanitarie  locali  (ASL)  dei
fondi destinati al rimborso delle spese di trasporto o di  viaggio  e
soggiorno sostenute dagli assistiti per gli interventi di  trapianto,
previsti dalla legge della Regione Puglia 21  novembre  1996,  n.  25
(Rimborso delle spese sostenute per interventi di trapianto). 
    Secondo il ricorrente, la disposizione  regionale  in  esame  che
elimina tali trasferimenti finanziari senza, tuttavia,  abrogare  gli
artt. 1 e 2 della legge reg. n. 25 del 1996 che pongono in capo  alle
ASL l'obbligo di operare detto rimborso, comporta il permanere di una
prestazione per la quale non viene tuttavia specificato il  mezzo  di
copertura finanziaria. Si determinerebbe, in tal modo, una violazione
dell'art. 81 Cost.,  sussistendo  oneri  per  il  Servizio  sanitario
regionale rimasti privi della necessaria copertura finanziaria. 
    2.- In data 20 maggio 2013 si e'  costituita  la  Regione  Puglia
chiedendo il rigetto del ricorso. 
    Preliminarmente, la resistente evidenzia che la  legge  impugnata
e' stata ripubblicata nel Bollettino Ufficiale della  Regione  Puglia
del 22 febbraio 2013, n. 29, al fine di procedere alla  rettifica  di
errori  materiali.  Poiche'  nella   pubblicazione   sul   Bollettino
Ufficiale della Regione Puglia dell'11 febbraio 2013, n. 21, non  era
stato  inserito  l'art.  5,  si  e'   resa   necessaria   una   nuova
pubblicazione che ha comportato la variazione dell'intera numerazione
degli articoli della legge. Ne consegue che il riferimento  contenuto
nel ricorso all'art. 15, comma l, lettera a), della  legge  reg.  n.7
del 2013 deve intendersi all'art. 16, cosi' come quello all'art.  11,
comma l, lettera c), e' riferito all'art 12 del testo rettificato. 
    La legge della Regione Puglia 28 maggio 2004, n. 8 (Disciplina in
materia  di  autorizzazione  alla  realizzazione   e   all'esercizio,
all'accreditamento  istituzionale  e   accordi   contrattuali   delle
strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private),  ha  quale
ambito di applicazione tutte le strutture  sanitarie  e,  tra  quelle
sociosanitarie,  le  Residenze  sanitarie  assistenziali  (RSA).   Ne
consegue che, al di fuori delle RSA, la materia dell'autorizzazione e
dell'accreditamento di strutture sociosanitarie e' disciplinata dalla
legge reg. n. 19 del 2006 e dal Regolamento  attuativo  regionale  18
gennaio 2007, n. 4. 
    Detto  Regolamento  di  attuazione  stabilisce  i  criteri  e   i
requisiti strutturali, tecnologici  ed  organizzativi  necessari  per
l'acquisizione       dell'autorizzazione       all'esercizio        e
dell'accreditamento  per  le  strutture  sociosanitarie.  L'art.  30,
inoltre, stabilisce che  le  Residenze  sociosanitarie  assistenziali
(RSSA), gia' convenzionate con le ASL alla data di promulgazione  del
Regolamento regionale n. 4 del 2007, possono ottenere automaticamente
l'accreditamento in via provvisoria  purche'  iscritte  nell'apposito
registro delle strutture sociosanitarie e sociali di cui all'art.  53
della legge reg. n. 19 del 2006. 
    Nella fase transitoria, sempre il medesimo art. 30,  fa  salvi  i
rapporti  instaurati  dalle  strutture  e  dai  servizi  al  fine  di
permettere l'erogazione delle prestazioni il  cui  costo  si  pone  a
carico del servizio pubblico  e  stabilisce,  inoltre,  che  i  nuovi
contratti  possono  essere  stipulati  sulla  base  degli   specifici
riferimenti normativi e delle  autorizzazioni  in  essere,  ancorche'
provvisorie. 
    L'art. 8 della legge reg. n. 26 del 2006,  cosi'  come  integrato
dall'art. 10 della legge della Regione Puglia 25 febbraio 2010, n.  4
(Norme urgenti in materia di sanita' e servizi sociali), contiene  la
disciplina  degli  accordi  contrattuali  da  sottoscrivere  tra   il
Direttore generale delle ASL e le RSSA,  nell'ambito  del  fabbisogno
ivi stabilito. 
    Le strutture legittimate alla stipulazione dei suddetti contratti
sono solo quelle che possiedono i requisiti previsti dalla legge reg.
n. 19 del 2006 e dal Regolamento regionale n. 4 del 2007,  a  seguito
di pubblicizzazione dei posti letto disponibili. 
    Sotto quest'ultimo profilo, con delibera della  Giunta  13  marzo
2012, n. 484, la Regione Puglia ha approvato linee guida al  fine  di
specificare le modalita' da seguire per la pubblicizzazione dei posti
letto disponibili nel territorio di competenza  delle  ASL  pugliesi,
nel  rispetto  del  fabbisogno   regionale.   Inoltre,   sono   stati
individuati ulteriori requisiti (aggiuntivi rispetto  a  quelli  gia'
contenuti nella normativa regionale  di  settore)  che  le  strutture
devono possedere al fine di stipulare i  contratti,  nell'ipotesi  in
cui vi siano piu' istanze  da  parte  delle  RSSA  a  fronte  di  una
limitata disponibilita' dei posti letto da assegnare. 
    La menzionata disciplina trova applicazione  anche  per  le  RSSA
interessate dalla modifica contenuta  nell'art.  8,  comma  3-octies,
oggetto di impugnazione. Il legislatore regionale, al successivo art.
15, comma l, lettera a), si e' limitato a disporre che  solo  per  le
convenzioni gia' in essere, fermo restando il possesso  dei  predetti
requisiti e, comunque, nell'ambito del fabbisogno stabilito,  non  e'
necessaria la pubblicizzazione dei posti letto ancora disponibili. 
    2.1.- Con riferimento alla seconda questione, la difesa regionale
evidenzia che gli artt. 1 e 2 della legge reg. n. 25  del  1996,  che
obbligano le ASL a rimborsare le spese  per  i  trapianti,  non  sono
stati abrogati e, pertanto, resta fermo l'impegno  della  Regione  di
rifondere le Aziende sanitarie degli importi erogati a tale titolo. 
    Nell'atto di costituzione si evidenzia, inoltre, che il  capitolo
di spesa in esame e' finanziato annualmente per un importo che non ha
mai superato la cifra di € 1.000.000,00 (per il 2013  e'  pari  ad  €
200.000,00) a fronte di una spesa consolidata di oltre 4  milioni  di
euro in media, alla quale il Servizio  sanitario  regionale  fornisce
copertura con fondi di bilancio autonomo regionale (extra FSN e FSR),
nel rispetto delle linee guida per i rimborsi e  le  prescrizioni  di
cui alla legge reg. n. 25 del 1996. 
    Secondo la Regione, l'abolizione del  suddetto  capitolo  sarebbe
propedeutica all'accensione di un nuovo capitolo di  spesa,  in  seno
alle Unita' previsionali di base dell'Area politiche per  la  salute,
allo scopo di determinare preventivamente il limite massimo di  spesa
per i rimborsi rispetto a cui allineare tutti i rimborsi riconosciuti
dalle ASL e attivare procedure piu' puntuali di verifica e  controllo
dei suddetti rimborsi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  ha  impugnato,  in
riferimento agli artt. 81 e 117, terzo comma, della Costituzione, gli
artt. 11 (rectius: 12), comma 1, lettera  c),  e  15  (rectius:  16),
comma 1, lettera a), della legge  della  Regione  Puglia  6  febbraio
2013, n. 7 (Norme urgenti in materia socio-assistenziale). 
    1.1.- Preliminarmente deve rilevarsi che la  legge  regionale  in
esame e' stata oggetto di una duplice  pubblicazione  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione Puglia, perche', per mero  errore  materiale,
nella prima pubblicazione era stato omesso l'art. 5. A seguito  della
nuova pubblicazione, comprensiva del suddetto art. 5, la  numerazione
degli articoli successivi  e'  cambiata:  pertanto,  le  disposizioni
impugnate devono intendersi gli artt. 12, comma 1, lettera c), e  16,
comma 1, lettera a), della legge reg. n. 7 del 2013. 
    2.- La prima questione che viene sottoposta all'esame  di  questa
Corte e', dunque, quella relativa all'art.16, comma  1,  lettera  a),
della  legge  reg.  n.  7  del  2013.  Secondo  il  ricorrente,  tale
disposizione  -  nello  stabilire  che  «Ai  fini  della  continuita'
assistenziale le convenzioni gia' in essere alla data del 10 febbraio
2013 sono sostituite  mediante  stipula  degli  accordi  contrattuali
anche nelle more del conseguimento di una maggiore offerta di servizi
rispetto  a  quelli  minimi  regolamentari  e  anche  in  assenza  di
ulteriore fabbisogno nel distretto socio-sanitario di riferimento,  a
valere sul fabbisogno complessivo del territorio aziendale  e  tenuto
conto della popolazione standardizzata con  indice  di  vecchiaia»  -
violerebbe i principi fondamentali in materia di tutela della  salute
contenuti negli  artt.  8-bis,  8-ter,  8-quater  e  8-quinquies  del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502  (Riordino   della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), e, di conseguenza, l'art. 117, terzo comma,
Cost. 
    In altri termini, la norma autorizzerebbe la stipula da parte  di
alcune strutture sanitarie di accordi  contrattuali  senza  la  (o  a
prescindere  dalla)   positiva   conclusione   della   procedura   di
accreditamento nei confronti delle strutture stesse. 
    3.- La questione e' inammissibile. 
    3.1.- Il ricorrente si  limita  ad  enucleare  nel  dettaglio  la
disciplina statale, motivando il ricorso solo sull'esistenza in  tale
legislazione  del  principio  dell'accreditamento   delle   strutture
sanitarie, senza tuttavia indicare le  ragioni  in  base  alle  quali
ritiene che  le  norme  regionali  impugnate  ne  comporterebbero  la
violazione. 
    Nel ricorso, infatti, viene riportato  per  esteso  il  contenuto
degli artt. 8-bis, 8-ter, 8-quater e 8-quinquies del  d.lgs.  n.  502
del 1992, evocati come principi fondamentali  della  materia  «tutela
della salute», asserendo in conclusione che  la  norma  impugnata  si
pone in contrasto con tali principi. 
    Ne consegue che, sulla base della giurisprudenza di questa Corte,
la questione deve essere  dichiarata  inammissibile  per  carenza  di
motivazione in quanto il ricorso e' privo  di  qualsiasi  svolgimento
argomentativo circa i motivi della violazione, da parte  delle  norme
impugnate, del principio di accreditamento  evocato  quale  parametro
interposto dalla legislazione statale nella materia concorrente della
«tutela della salute» (ex plurimis, sentenze n. 114 del 2013, n. 309,
n. 115 e n. 99 del 2012, n. 312 del 2010). 
    4.- La seconda questione sollevata dal Presidente  del  Consiglio
con il ricorso in esame e' relativa all'art. 12, comma 1, lettera c),
della legge reg. n. 7 del 2013. 
    Il ricorrente lamenta il fatto che il legislatore regionale abbia
soppresso un capitolo di bilancio che prevedeva il trasferimento alle
Aziende sanitarie locali di somme destinate ai rimborsi  delle  spese
di trasporto e di viaggio per coloro che avevano subito un  trapianto
e per il donatore dell'organo, rimborsi previsti  dalla  legge  della
Regione  Puglia  21  novembre  1996,  n.  25  (Rimborso  delle  spese
sostenute per interventi di trapianto). 
    Secondo,  la  difesa  statale,  infatti,  la   norma   impugnata,
nell'eliminare i trasferimenti finanziari senza abrogare gli artt.  1
e 2 della legge reg. n. 25 del 1996 che  pongono  in  capo  alle  ASL
l'obbligo di operare  detto  rimborso,  avrebbe  violato  l'art.  81,
quarto comma, Cost. in quanto  avrebbe  fatto  mancare  la  copertura
finanziaria ad una norma che obbliga la Regione ad erogare rimborsi. 
    4.1.- La questione non e' fondata. 
    La legge regionale  n.  25  del  1996  prevede,  all'art.  1,  il
rimborso delle spese di trasporto di viaggio e di  soggiorno  che  il
cittadino in attesa di trapianto o che abbia gia' subito un trapianto
e il relativo donatore abbiano  sopportato  per  l'effettuazione:  a)
degli  esami  preliminari  e  per  la  tipizzazione   tessutale;   b)
dell'intervento di trapianto; c) di  tutti  i  controlli  successivi,
nonche'  di  quelli  per  le  complicanze  derivanti  dall'intervento
stesso; d) dell'eventuale espianto. 
    Il successivo  art.  2,  comma  2,  prevede,  inoltre,  che:  «Il
rimborso delle spese previste dalla presente  legge  e'  corrisposto,
entro i  limiti  indicati  dall'articolo  1  e  delle  disponibilita'
finanziarie destinate nel bilancio  regionale,  ai  pazienti  il  cui
reddito imponibile familiare non e' superiore a euro 80 mila annui». 
    Al di la' da questioni  che  riguardano  comportamenti  di  fatto
della parte resistente non rilevanti nel presente  giudizio,  risulta
evidente l'erroneo presupposto interpretativo in cui  e'  incorso  il
ricorrente, secondo cui la Regione sarebbe obbligata  ad  erogare  il
rimborso  nei  confronti  di  tutti  coloro  che  si  trovino   nelle
condizioni previste dalla legge anche se nel bilancio  regionale  non
siano destinate risorse a tale finalita'. 
    Dalla lettura del citato art. 2, comma 2, infatti, emerge che  la
Regione e' obbligata a corrispondere i suddetti rimborsi ai  pazienti
il cui reddito non superi gli 80 mila  euro  annui  solo  nei  limiti
delle disponibilita' finanziarie destinate nel bilancio regionale. Si
tratta, dunque, di una prestazione di carattere assistenziale che  la
Regione assicura nei limiti  delle  disponibilita'  di  bilancio  che
annualmente ritiene di destinare a tale finalita'. 
    L'eliminazione dello stanziamento comporta che  per  l'anno  2013
non potranno essere erogati rimborsi, ferma restando la possibilita',
per gli anni successivi, di destinare nuovamente risorse  finanziarie
disponibili per questa finalita'. 
    La norma impugnata, pertanto,  non  determina  alcuna  violazione
dell'art. 81, quarto comma,  Cost.  e  la  questione  sollevata  deve
essere dichiarata non fondata.