ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  29  della
legge della Provincia  autonoma  di  Bolzano  8  aprile  2004,  n.  1
(Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno
finanziario 2004 e per il  triennio  2004-2006  e  norme  legislative
collegate - Legge finanziaria 2004), e dell'art.  3,  commi  1  e  2,
della legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 agosto 2000, n. 13
(Disposizioni  finanziarie  in  connessione  con  l'assestamento  del
bilancio  di  previsione  della  Provincia  di  Bolzano  per   l'anno
finanziario 2000 e per il  triennio  2000-2002  e  norme  legislative
collegate), promosso dal Tribunale superiore  delle  acque  pubbliche
nel procedimento vertente tra l'Azienda Energetica Spa  -  Etschwerke
A.G. (AE-EW) e la Provincia autonoma di Bolzano con ordinanza del  15
maggio 2012, iscritta  al  n.  147  del  registro  ordinanze  2012  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  33,  prima
serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visti gli atti di costituzione della  Azienda  Energetica  Spa  -
Etschwerke A.G. (AE-EW) e della Provincia autonoma di Bolzano; 
    udito nell'udienza pubblica  dell'11  febbraio  2014  il  Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano; 
    uditi gli avvocati Damiano Florenzano e Luigi Manzi per l'Azienda
Energetica Spa - Etschwerke A.G. (AE-EW), Giuseppe Franco  Ferrari  e
Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha  sollevato  -
in riferimento agli artt. 3, 23, 24, 41, 97, 113, 117,  commi  primo,
secondo, lettere e) ed s), e terzo, e 120 della Costituzione, nonche'
agli artt. 5, 9 e 13 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670  (Approvazione
del testo unico delle leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige), ed agli artt.  1  e  1-bis  del
d.P.R. 26 marzo 1977, n.  235  (Norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia),  -
questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  29  della  legge
della Provincia autonoma di Bolzano 8 aprile 2004, n. 1 (Disposizioni
per la formazione del bilancio di previsione per  l'anno  finanziario
2004 e per il triennio 2004-2006  e  norme  legislative  collegate  -
Legge finanziaria 2004), nella parte in cui,  modificando  l'art.  1,
comma 1, lettera c), della legge della Provincia autonoma di  Bolzano
29 marzo 1983, n. 10 (Adeguamento della  misura  dei  canoni  per  le
utenze  di  acqua  pubblica),  fissa  l'ammontare  del  canone  delle
concessioni  per  le   derivazioni   di   acqua   pubblica   ad   uso
idroelettrico,  che  sviluppano  oltre  3.000  chilowatt  di  potenza
nominale, in 24 euro per ogni chilowatt, stabilendo, al comma  3,  la
decorrenza di detto aumento dal 1° luglio 2004. 
    1.1.- In relazione ai parametri  sopra  indicati,  il  rimettente
solleva, altresi', questione di legittimita' costituzionale dell'art.
3, commi 1 e 2, della legge della Provincia autonoma  di  Bolzano  29
agosto 2000, n.  13  (Disposizioni  finanziarie  in  connessione  con
l'assestamento del bilancio di previsione della Provincia di  Bolzano
per l'anno finanziario 2000 e  per  il  triennio  2000-2002  e  norme
legislative collegate), nella parte in  cui,  modificando  l'art.  1,
commi 1 e 2, della medesima legge prov. n. 10 del  1983,  ha  per  la
prima volta introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2000, il  criterio
dell'aumento  progressivo  del  canone   per   l'uso   idroelettrico,
fissando, altresi', importi differenziati  all'interno  della  stessa
tipologia di uso. 
    1.2.- Il giudice a quo premette di essere investito  dei  ricorsi
promossi  in  grado  di  appello  dalla  Azienda  Energetica  Spa   -
Etschwerke A.G. (AE-EW), societa' interamente partecipata dai  Comuni
di  Bolzano  e  Merano,  che  in  regime  di  concessione  produce  e
distribuisce  energia  elettrica  nel  territorio  dell'Alto   Adige,
avverso le sentenze n. 927  e  n.  928  del  2008  con  le  quali  il
Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la  Corte  d'appello
di  Venezia  ha  rigettato  le  domande  dalla  stessa  azionate  nei
confronti della Provincia autonoma di Bolzano. 
    Con il primo ricorso la societa' chiedeva  di  accertare,  previa
disapplicazione della normativa censurata, la non debenza del  canone
di derivazione idroelettrica alla Provincia di Bolzano per  l'importo
contestato per l'anno 2004, e per l'effetto  invocava  l'annullamento
dei provvedimenti dell'Ufficio delle entrate della Provincia autonoma
di Bolzano e la restituzione di quanto pagato in eccedenza. 
    1.3.-  Secondo  quanto  riferito  dal  rimettente,  la   societa'
deduceva che il canone, come rideterminato, costituiva di  fatto  una
tassa  avente  effetto  equivalente  ai  dazi  di   importazione   ed
esportazione di merci, vietati dagli artt. 23 e 25 del Trattato CE, e
che la disciplina  provinciale,  comportando  un  aumento  del  costo
dell'energia  che  aveva  l'effetto  di  ridurre  la   competitivita'
dell'azienda  sul  mercato,  era  quindi   contraria   al   principio
comunitario della libera circolazione  delle  merci,  e  dunque  agli
artt. 2, 3, 4, 14.2 e da 23 a 31 del Trattato. 
    Sollevava,  inoltre,   numerose   eccezioni   di   illegittimita'
costituzionale delle norme in riferimento agli artt. 120 e 41  Cost.,
perche' hanno frapposto barriere al libero commercio tra le Regioni e
hanno limitato la liberta' di iniziativa economica; agli  artt.  117,
secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  e  11,  comma  4,  del  decreto
legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE
recante norme comuni per il mercato interno dell'energia  elettrica),
perche' hanno determinato un  minor  utilizzo  di  fonti  di  energia
rinnovabili e violato la riserva statale in materia  di  legislazione
ambientale; all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto
in un mercato liberalizzato un aumento del prezzo dell'energia in una
sola  parte  del   territorio   nazionale   produce   effetti   sulla
concorrenza. Sosteneva, infine,  che  l'art.  1-bis,  comma  16,  del
d.P.R. n.  235  del  1977  «e'  inapplicabile  per  il  principio  di
sussidiarieta' verticale in quanto l'intera materia e' attratta nella
competenza legislativa  statale,  sicche'  i  canoni  di  derivazione
dovrebbero essere determinati, anche nella provincia di  Bolzano,  ai
sensi della legge n. 36 del 1994, del d.m. n. 90 del 1997 e del  d.m.
24.11.2000». 
    Identiche domande la societa' proponeva con il  secondo  ricorso,
in relazione ai canoni di derivazione idroelettrica per l'anno 2005. 
    La Provincia autonoma di Bolzano  si  costituiva  in  entrambi  i
giudizi, eccependo il difetto di giurisdizione del  giudice  adito  e
contestando, nel merito, la fondatezza delle domande. 
    1.4.-  Quanto  al  secondo  grado  di  giudizio,  il   rimettente
rappresenta che la  societa'  reitera  le  contestazioni  avverso  la
richiesta della Provincia autonoma di Bolzano di pagamento dei canoni
di derivazione idroelettrica calcolati, per l'anno 2005,  sulla  base
dell'art. 29 della legge prov. n. 1 del  2004  che  ne  ha  innalzato
ingiustificatamente l'importo per lo scaglione di potenza superiore a
3.000 chilowatt, portandolo a 24 euro, pari a circa il  doppio  della
media dei canoni applicati dalle altre Regioni italiane nonche' dalla
Provincia autonoma di Trento. 
    Deduce  la  violazione   e   falsa   applicazione   di   numerose
disposizioni di legge, e, in particolare, dell'art. 1-bis del  d.P.R.
n. 235 del 1977; degli artt. 1 della legge costituzionale 9  febbraio
1948, n. 1 (Norme sui giudizi di legittimita' costituzionale e  sulle
garanzie d'indipendenza della Corte costituzionale), e 23 della legge
11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione  e  sul  funzionamento
della  Corte  costituzionale),  in   riferimento   all'illegittimita'
dell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983, come  modificato  prima
dall'art. 3, commi 1 e 2, della legge prov. n.  13  del  2000  e  poi
dall'art. 29 della legge prov. n. 1 del 2004,  per  violazione  degli
artt. 3, 23, 41, 117 e 120 Cost.;  dei  principi  fondamentali  della
legislazione statale vigente; dell'art. 117, primo comma, Cost.,  per
violazione dei principi dell'ordinamento comunitario di certezza  del
diritto e dell'affidamento. Ha reiterato le censure  in  ordine  alla
violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 14.2 e da  23  a
31 del Trattato CE; dell'art. 1 della legge costituzionale n.  1  del
1948 e dell'art. 23 della  legge  n.  87  del  1953,  in  riferimento
all'illegittimita' dell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983, come
modificato dalle leggi prov. n. 13 del 2000 e  n.  1  del  2004,  per
violazione degli artt. 3,  41  e  120  Cost.  Ha  infine  dedotto  la
violazione e falsa applicazione dell'art. 1-bis del d.P.R. n. 235 del
1977; degli artt. 1 della legge costituzionale n. 1  del  1948  e  23
della legge n.  87  del  1953,  in  riferimento  alla  illegittimita'
dell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983, come  modificato  dalle
leggi prov. n. 13 del 2000 e n. 1  del  2004,  per  violazione  degli
artt. 3, 23, 41 e 117 Cost.; degli artt. 5,  9  e  13  dello  Statuto
speciale della Regione Trentino-Alto Adige; degli artt. 1 e 1-bis del
d.P.R. n. 235 del 1977; dei principi fondamentali della  legislazione
statale vigente e dell'art. 117, primo comma, Cost.,  per  violazione
degli obblighi internazionali. 
    1.5.- Aggiunge il Tribunale rimettente che con  distinto  ricorso
la societa' ha promosso appello avverso la sentenza n. 928 del  2008,
svolgendo analoghi motivi e argomentazioni in riferimento  ai  canoni
di derivazione per l'anno 2004; che  in  entrambi  i  giudizi  si  e'
costituita  la  Provincia   autonoma   di   Bolzano   «chiedendo   la
dichiarazione di inammissibilita' o il rigetto degli  appelli»;  che,
con ordinanza collegiale emessa il 7 luglio 2010, i procedimenti sono
stati riuniti e che, in pari data, gli atti sono stati trasmessi alla
Corte   costituzionale   sollevando   questione    di    legittimita'
costituzionale in riferimento ai parametri sopra  indicati;  che  con
ordinanza n. 178 del 2011, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15
giugno 2011, la Corte  costituzionale  ha  ordinato  la  restituzione
degli atti per un nuovo esame della rilevanza delle questioni poiche'
successivamente  alla  deliberazione  dell'ordinanza  di   rimessione
l'art. 31, lettera a), della legge provinciale 23 dicembre  2010,  n.
15 (Disposizioni per la formazione del  bilancio  di  previsione  per
l'anno  finanziario  2011  e  per  il  triennio  2011-2013  -   legge
finanziaria 2011), ha abrogato l'art. 1, comma 1, lettera  c),  della
legge prov. n. 10 del 1983; che con ricorso del 19  ottobre  2011  la
societa' appellante ha chiesto la prosecuzione del giudizio e che  la
Provincia ha depositato memoria difensiva. 
    2.-  Il  giudice  a  quo  ricostruisce  il  quadro  normativo  di
riferimento  anche  alla  luce  della  giurisprudenza  costituzionale
(sentenze n. 1 del  2008  e  n.  133  del  2005)  e  di  legittimita'
(sentenza n. 15234 del 2009 delle sezioni unite civili della Corte di
cassazione), secondo cui, con riferimento alle Province autonome,  il
decreto legislativo 11 novembre 1999, n.  463  (Norme  di  attuazione
dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige  in  materia
di demanio idrico, di opere idrauliche e  di  concessioni  di  grandi
derivazioni a scopo  idroelettrico,  produzione  e  distribuzione  di
energia  elettrica),  ha  realizzato  l'adeguamento   dello   Statuto
speciale al nuovo sistema dettato dal decreto  legislativo  31  marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato alle regioni ed agli enti locali,  in  attuazione  del  capo  I
della legge 15 marzo 1997, n. 59), modificando  l'art.  8,  comma  1,
lettera e), del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme  di  attuazione
dello statuto speciale per  il  Trentino-Alto  Adige  in  materia  di
trasferimento alle province autonome di Trento e di Bolzano dei  beni
demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione), e  trasferendo
alle due Province il demanio idrico dello Stato. 
    Lo stesso d.lgs. n. 463 del 1999  ha  modificato  l'art.  14  del
d.P.R. 22 marzo 1974, n.  381  (Norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica
ed opere pubbliche), concernente l'ambito territoriale di  competenza
per le concessioni di grande derivazione, eliminando  il  riferimento
allo statuto speciale della Regione, ed ha infine  introdotto  l'art.
1-bis nel d.P.R. n. 235 del 1977, in base al  quale  «dal  1  gennaio
2000 e' delegato alle Province autonome di Trento e di  Bolzano,  per
il rispettivo  territorio,  l'esercizio  delle  funzioni  statali  in
materia di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico». 
    E' quindi intervenuta la riforma del Titolo V della Parte seconda
della Costituzione che ha, tra  l'altro,  riconosciuto  alle  Regioni
ordinarie  la  competenza  concorrente  in  materia  di  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»  (art.  117,  terzo
comma), sicche', in forza dell'art. 10 della legge costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione), le Province autonome hanno visto ampliata  la  propria
competenza statutaria, diventando anch'esse  titolari  di  competenza
concorrente in  materia  di  produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia. 
    Successivamente, con il decreto legislativo 15  aprile  2003,  n.
118  (Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale  della  regione
Trentino-Alto  Adige  che  integrano  e  modificano  disposizioni  in
materia  di  concessioni  di  grandi  derivazioni  d'acqua  a   scopo
idroelettrico), e quindi con il decreto legislativo 7 novembre  2006,
n. 289 (Norme di attuazione  dello  statuto  speciale  della  regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, recanti modifiche al D.P.R. 26
marzo 1977, n. 235, in materia di concessioni di  grandi  derivazioni
d'acqua a scopo idroelettrico), - che hanno modificato il  d.P.R.  n.
235 del 1977 - e' stato attribuito alle Province autonome di Trento e
di Bolzano l'esercizio delle funzioni gia' esercitate dallo Stato  in
materia di grandi derivazioni per uso  idroelettrico  e  la  potesta'
legislativa in materia di  disciplina  delle  grandi  derivazioni  di
acque pubbliche a scopo idroelettrico. 
    2.1.- Quanto ai principi fondamentali della legislazione  statale
in materia di  canoni  di  concessione  per  le  derivazioni  ad  uso
idroelettrico, il rimettente muove dal dettato dell'art. 35 del regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni  di
legge sulle acque e impianti elettrici), che ha sancito il  principio
della onerosita' della concessione di derivazione di acque pubbliche,
distinguendo, ai fini della determinazione del diverso ammontare  del
canone annuo, tra derivazioni per «acqua potabile o  di  irrigazione»
(per le quali il canone era fissato per ogni  modulo,  pari  a  cento
litri al minuto secondo) e quelle «per forza motrice» (per  le  quali
il canone era fissato per ogni cavallo nominale di forza motrice). 
    Tali criteri sono stati confermati dall'art. 10 del decreto-legge
2 ottobre 1981, n. 546 (Disposizione in materia di imposte di bollo e
sugli atti e formalita' relativi ai trasferimenti degli  autoveicoli,
di regime fiscale delle cambiali accettate da aziende e  istituti  di
credito nonche' di adeguamento della misura  dei  canoni  demaniali),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della  legge  1°  dicembre
1981, n. 692, e dall'art. 18  della  legge  5  gennaio  1994,  n.  36
(Disposizioni in materia di risorse idriche). 
    A detta del rimettente, anche l'art. 171 del decreto  legislativo
3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)  -  in  relazione
alle  grandi  derivazioni  in  corso  di  sanatoria   ricadenti   nel
territorio della Sicilia nelle more del trasferimento a tale  Regione
del patrimonio idrico - rideterminava retroattivamente i  canoni  dal
l° gennaio 2002, differenziandoli, di nuovo, unicamente in  relazione
al tipo di utilizzazione e fissandoli in somme diverse, a seconda dei
diversi usi. 
    Secondo la  legislazione  statale,  infine,  la  distinzione  tra
piccole e grandi derivazioni non ha mai assunto rilievo ai fini della
determinazione del canone,  ma  per  altri  aspetti,  concernenti  le
modalita' e i criteri per il rilascio della concessione e soprattutto
per gli oneri relativi ai sovracanoni. 
    I suindicati criteri  sono  stati  recepiti  e  confermati  dalla
normativa dettata dalla legge prov. n. 10 del 1983, vigente fino alle
modifiche introdotte con le disposizioni sospettate di illegittimita'
costituzionale ed ispirata ai principi dell'unicita' del  canone  per
ogni tipo di fruizione ed  alla  sua  proporzionalita'  in  relazione
all'unita' di misura. 
    2.2.-  Cosi'  ricostruito  il  quadro   normativo   nazionale   e
provinciale, il Tribunale superiore delle acque pubbliche reputa «che
sia  certamente  plausibile  -  e  molto   probabilmente   esatta   -
l'individuazione nella legislazione statale,  oltre  a  quello  della
onerosita' della concessione, anche di altri  principi  fondamentali,
ed in particolare: a) del principio della differenziazione dei canoni
esclusivamente in base alla tipologia della fruizione  [...];  b)  il
principio della proporzionalita'  del  canone  all'effettiva  entita'
dello  sfruttamento  delle  risorse  pubbliche  che  la   concessione
comporta; c)  il  principio  della  non  previsione  di  una  tariffa
progressiva nell'ambito della medesima utilizzazione». 
    Eccepisce, pertanto, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 29
della legge prov. n. 1 del 2004, che ha sostituito la lettera c)  del
comma 1 dell'art. 1 della legge prov. n. 10 del 1983, e dell'art.  3,
commi 1 e 2,  della  legge  prov.  n.  13  del  2000,  che  aveva  in
precedenza modificato l'art. 1, commi 1 e 2, della legge prov. n.  10
del  1983,  in  relazione  all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  per
contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale,  in
quanto la differenziazione  dei  canoni  all'interno  della  medesima
fruizione dell'acqua, sulla base degli scaglioni di potenza  concessa
o riconosciuta, contrasterebbe con il principio secondo  il  quale  i
canoni vengono  differenziati  solo  in  base  alla  tipologia  della
fruizione, mentre la differenziazione del canone su base  progressiva
non troverebbe  fondamento  su  alcuna  valutazione  riferibile  alla
tipologia della concessione o degli impianti, non  essendo  collegata
ne' al diverso impatto ambientale ne'  al  diverso  rendimento  o  ad
altra circostanza incidente sul depauperamento  delle  risorse  della
collettivita'. 
    3.- Ad avviso del Tribunale superiore delle acque  pubbliche,  la
legislazione statale conterrebbe, altresi', il principio fondamentale
secondo   cui    i    canoni    non    possono    essere    aumentati
indiscriminatamente,   ma   solo   aggiornati   periodicamente    con
provvedimento adottato dall'autorita' amministrativa e sulla base  di
un  criterio  predeterminato  generalmente  collegato  al  tasso   di
inflazione o, comunque, all'aumento del costo della vita. 
    3.1.-  In  particolare,  la  normativa  statale  di   riferimento
dimostrerebbe che i  canoni  sono  stati  sempre  adeguati  con  atto
amministrativo, e che sarebbero  eccezionali  i  casi  in  cui  detto
adeguamento sarebbe stato attuato con provvedimenti  normativi  (art.
10 del d.l. n. 546 del 1981 e art. 18 della legge n. 36 del 1994). Il
comma 5 dell'art. 18, da ultimo citato,  enunciava  espressamente  il
principio della  cadenza  triennale  dell'aggiornamento  con  decreto
ministeriale  sulla  base  dei  tassi  di   inflazione   programmati,
principio ribadito, da ultimo, dall'art. 154, comma 3, del d.lgs.  n.
152 del 2006. 
    3.2.-  La  legislazione  provinciale  si  e'  poi  uniformata  al
criterio ispiratore della normativa statale con l'art. 34 della legge
della Provincia autonoma di Bolzano 3 maggio 1999, n. 1 (Disposizioni
per la formazione del bilancio di previsione per  l'anno  finanziario
1999 e per il triennio 1999-2001  e  norme  legislative  collegate  -
legge finanziaria 1999), che ha introdotto il comma  13  dell'art.  1
della legge prov. n. 10 del  1983,  fissando  il  principio  che  gli
importi dei canoni annui erano determinati dalla  Giunta  provinciale
ed aggiornati ogni biennio. L'art. 41, comma  2,  della  legge  della
Provincia autonoma di Bolzano 9 gennaio 2003, n. 1 (Disposizioni  per
la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario  2003
e per il triennio 2003-2005 e norme  legislative  collegate  -  legge
finanziaria 2003), ha ancora piu' adeguato  la  suddetta  previsione,
non solo stabilendo che «Gli importi dei canoni annui e minimi per le
singole utenze di  acqua  pubblica  possono  essere  aggiornati  ogni
biennio dalla giunta provinciale», ma che cio' avveniva «in base alle
variazioni del costo della vita secondo gli indici ISTAT  I  relativi
importi vengono arrotondati per eccesso o per difetto a unita' di  10
cent». 
    3.3.-  Sostiene  dunque  il  rimettente,  sempre  in  riferimento
all'art. 117, terzo comma, Cost., che l'art. 29 della legge prov.  n.
1 del 2004 e l'art. 3 della legge prov. n. 13 del 2000 si pongono  in
contrasto con il principio fondamentale  della  legislazione  statale
che   impone   l'aggiornamento   dei   canoni    con    provvedimento
amministrativo, in tempi prestabiliti e secondo  criteri  prefissati,
in modo che all'insorgere del rapporto il concessionario sia in grado
di conoscere, sia pure approssimativamente, quando ed in  che  limite
il canone potra' aumentare. 
    4.- Il Tribunale superiore delle  acque  pubbliche  dubita  della
costituzionalita' dell'art. 29 della legge prov. di Bolzano n. 1  del
2004, in riferimento agli artt. 3, 23, 41 e 117, primo comma,  Cost.,
per violazione dei principi generali dell'ordinamento comunitario  di
certezza del diritto e  dell'affidamento,  in  quanto  l'aumento  dei
canoni disposto anche per le concessioni in corso e a solo un anno di
distanza dalla legge prov. n.  1  del  2003  che  aveva  ribadito  il
principio dell'aggiornamento biennale  sulla  base  dell'aumento  del
costo  della  vita,  avrebbe  leso  il  legittimo   affidamento   dei
concessionari  all'invarianza  dei  canoni,  con  pregiudizio   della
liberta' di iniziativa economica nella sua accezione piu' estesa. 
    5.-  Il  rimettente  prosegue  ritenendo  che   le   disposizioni
provinciali censurate avrebbero natura di legge-provvedimento, e che,
pertanto, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale devono
essere sottoposte ad  uno  stretto  scrutinio  di  costituzionalita'.
Denunzia l'assenza di plausibili ragioni per cui l'aumento dei canoni
sia stato attuato con  legge  provinciale  anziche'  con  atto  della
giunta provinciale, nei tempi e secondo i criteri prefissati  in  via
generale dallo stesso  legislatore  provinciale,  e  avanza  il  «non
manifestamente  infondato  sospetto»  che  l'intervento   sia   stato
adottato per sottrarre agli interessati il diritto costituzionalmente
garantito  di  invocare  il  sindacato  del  giudice   ordinario   ed
amministrativo.  Solleva,  pertanto,  questione   di   illegittimita'
costituzionale  delle  disposizioni  provinciali,  in  quanto   leggi
provvedimento adottate in assenza dei  «presupposti  per  legiferare»
(sentenza n. 205 del 1996), per violazione dell'art. 3  Cost.,  sotto
il profilo dell'arbitrarieta' delle norme, nonche' degli artt. 97, 24
e 113, Cost., ritenendo che l'adozione di un atto legislativo venga a
realizzare un'elusione  del  diritto  di  impugnazione  spettante  ai
concessionari. 
    6.-  Nel  differenziare  il  canone  nell'ambito   della   stessa
categoria di utilizzazione dell'acqua, il legislatore provinciale  ne
ha ancorato l'aumento  al  mero  criterio  della  progressione  della
potenza nominale concessa, «Ma, se cosi' e', non e' comprensibile ne'
logico un canone-corrispettivo che e' sottoposto ad  un  criterio  di
determinazione progressivo, giacche' un tale criterio progressivo non
e' ancorato ad alcun valore o elemento che  muti  con  modalita'  non
proporzionali   (ma   progressive)   all'elevazione   della   potenza
concessa». Sostiene il rimettente che  tale  criterio  finirebbe  per
incentivare la proliferazione di piccoli impianti a basso rendimento,
che risultano complessivamente di maggior impatto ambientale rispetto
a pochi, grandi impianti di nuova  generazione:  per  questa  ragione
dubita   della   legittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
provinciali per contrasto con l'art. 3,  Cost.,  sotto  il  principio
della ragionevolezza della disciplina. 
    7.- Il Tribunale superiore delle acque pubbliche censura, poi, le
disposizioni provinciali per violazione  degli  artt.  3,  41  e  120
Cost., nonche' dell'art. 117, primo comma,  Cost.,  in  relazione  ai
principi generali dell'ordinamento comunitario in tema di tutela  del
libero commercio, della liberta'  di  iniziativa  economica  e  della
concorrenza. 
    In particolare, il rimettente condivide la  prospettazione  della
societa' appellante secondo la quale la determinazione di un  importo
del tutto disancorato  dal  valore  della  concessione  trasforma  il
canone in «strumento di politica economica o fiscale,  con  finalita'
di incidere sul mercato della generazione idroelettrica». 
    Il contrasto con  le  regole  concorrenziali  risiederebbe  nella
circostanza che l'art. 4, comma 1, della stessa legge provinciale  n.
1 del 2004 ha autorizzato la sottoscrizione dell'aumento di  capitale
della SEL s.p.a., che e' la societa' attraverso la quale la Provincia
autonoma  di  Bolzano  opera   nell'ambito   dello   stesso   mercato
dell'energia elettrica che provvede a regolamentare  disciplinando  i
canoni dovuti dai concessionari.  In  questo  contesto,  la  societa'
facente capo alla Provincia sarebbe la sola  in  grado  di  pagare  i
canoni fuori mercato, alternativi alla distribuzione  degli  utili  a
favore dell'ente proprietario. 
    La  rideterminazione  dei  canoni   in   difetto   di   qualsiasi
ancoramento alla disciplina di principio statale ed ai  valori  delle
concessioni creerebbe, altresi', una divaricazione rispetto ai canoni
applicati nelle altre  Regioni  del  Paese,  con  pregiudizio  per  i
produttori  operanti  nel  territorio  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano ed ostacolo al libero commercio tra Regioni  ed  alla  libera
circolazione dell'energia elettrica. 
    8.- Il giudice a quo richiama il dettato dell'art. 154 del d.lgs.
n.  152  del  2006,  che  prevede  che  con  decreto  del   Ministero
dell'economia, di concerto con quello  dell'ambiente,  devono  essere
indicati i criteri generali per la  determinazione,  da  parte  delle
Regioni, dei canoni di concessione per l'utenza  di  acqua  pubblica,
tenuto conto dei costi  ambientali  e  dei  costi  della  risorsa,  e
rimarca che la regola risponde all'esigenza di assicurare un'omogenea
disciplina sul territorio nazionale. Ricorda,  altresi',  che  l'art.
171 del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006 aveva fissato, con decorrenza
dal 2002, il canone per le concessioni di grandi derivazioni  ad  uso
idroelettrico in 12,00 euro per ogni chilowatt  di  potenza  nominale
assentita, con una disposizione che  -  seppur  formalmente  riferita
solo ad alcune particolari concessioni di  grande  derivazione  quali
quelle in corso di sanatoria ricadenti nel territorio  della  Regione
siciliana - dimostrerebbe come il  legislatore  nazionale,  nell'anno
2006, stimasse congruo un canone medio di 12,00 euro. 
    La normativa provinciale, che nel 2004 determinava il canone  per
le grandi derivazioni in un importo pari al doppio di  quello  appena
indicato senza giustificazioni legate a particolari esigenze  locali,
violerebbe la riserva statale in materia di  legislazione  ambientale
prevista  dall'art.  117,   secondo   comma,   lettera   s),   Cost.,
determinando un minore utilizzo delle fonti di  energia  rinnovabili.
Per simili  considerazioni,  la  disciplina  provinciale  sarebbe  in
contrasto con l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  che
riserva alla competenza esclusiva dello  Stato  la  disciplina  della
concorrenza, in quanto al maggior importo del canone  necessariamente
segue un  aumento  del  costo  dell'energia  elettrica  prodotta  nel
territorio  provinciale,  con   effetti   «riflessi»   in   tema   di
concorrenza. 
    A supporto dei  profili  di  illegittimita'  appena  indicati  il
giudice a quo richiama i principi affermati da questa  Corte  con  le
sentenze n. 142 e n. 29 del 2010 in materia di  tariffa  dei  servizi
idrici, sostenendo che, anche nel settore delle concessioni di  acqua
pubblica, l'omogeneita' del canone e' finalizzata  a  «preservare  il
bene giuridico ambiente dai rischi derivanti da  una  disciplina  non
uniforme ed a garantire uno sviluppo concorrenziale del settore della
produzione idroelettrica». 
    9.-  Con  ulteriore  censura,  il  giudice   rimettente   solleva
questione   di   legittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
provinciali per contrasto con gli artt. 1 e 1-bis del d.P.R.  n.  235
del 1977, nonche' con gli artt. 5, 9 e 13 del d.P.R. n. 670 del 1972,
in relazione all'art. 3  Cost.,  sotto  il  profilo  della  manifesta
irragionevolezza e dell'eccesso di potere legislativo. 
    Evidenzia, in proposito, che le modifiche  statutarie  introdotte
nel 1972 e con la riformulazione dell'art. 1 del d.P.R.  n.  235  del
1977, hanno espressamente attribuito ai soli enti locali (tra i quali
non erano comprese le Province  autonome)  la  facolta'  di  svolgere
attivita'  nel  settore  dell'energia  elettrica  nelle   forme   ivi
previste.  Aggiunge  che  l'art.  13  dello   statuto   speciale   ha
riconosciuto alle Province autonome una  cospicua  quota  di  energia
prodotta dai concessionari di  grandi  derivazioni  nella  forma  del
sovracanone, avente finalita' solidaristica.  Sostiene,  dunque,  che
l'introduzione del nuovo elevato canone si sarebbe  tradotto  in  una
sottrazione di ricchezza degli enti locali da parte  della  Provincia
di Bolzano, in  violazione  dello  statuto  speciale  che,  peraltro,
implicitamente esclude l'acquisizione di parte  del  valore  prodotto
dalla concessione con  altra  modalita',  qual  e'  lo  «snaturamento
dell'istituto del canone concessorio». 
    10.- Il Tribunale superiore delle acque pubbliche dubita, infine,
della  legittimita'  costituzionale  delle   norme   provinciali   in
riferimento all'art. 1 del d.P.R. n. 235 del 1977, nonche' agli artt.
3, 41 e 120 Cost., sotto il profilo della disparita'  di  trattamento
poiche'   la   nuova   disciplina   del    canone    pregiudicherebbe
esclusivamente gli enti locali concessionari - che  non  possono,  di
regola,  delocalizzare  la   produzione   perche'   istituzionalmente
chiamati  a  gestire  le  attivita'  elettriche,  almeno   in   forma
prevalente,  nel  territorio  provinciale  -  rispetto  alle  imprese
private. Sotto connesso  profilo,  l'aumento  del  canone  in  misura
significativamente  superiore  alla  media  nazionale   provoca   una
ingiustificata  discriminazione  in  danno  dei  concessionari  della
Provincia autonoma di Bolzano, nei confronti di  coloro  che  operano
fuori dal territorio provinciale. 
    11.- Con atto depositato l'11 settembre 2012 si e' costituita  in
giudizio la Provincia autonoma di Bolzano, in persona del  Presidente
pro tempore, che ha concluso per l'inammissibilita', ovvero, in  ogni
caso,   per   l'infondatezza   della   questione   di    legittimita'
costituzionale  sollevata  dal  Tribunale   superiore   delle   acque
pubbliche per le ragioni di seguito esposte. 
    11.1.- In via preliminare,  la  difesa  provinciale  ha  eccepito
l'inammissibilita' per difetto  di  incidentalita'  della  questione,
sull'assunto che il  ricorso  introduttivo  del  giudizio  principale
sarebbe direttamente rivolto a contestare la normativa provinciale  e
non, invece, gli atti paritetici con  i  quali  l'Ufficio  Entrate  -
Ripartizione n. 5, Finanze e Bilancio, della  medesima  Provincia  ha
richiesto il pagamento  dei  canoni  di  concessione  di  derivazione
idroelettrica. 
    11.2.- Ad  avviso  della  Provincia,  non  sarebbe  condivisibile
l'individuazione  dei  principi  fondamentali,  come  effettuata  dal
Tribunale rimettente a sostegno della questione di costituzionalita'. 
    Sostiene, a tale proposito, che l'art. 35 del r.d.  n.  1775  del
1933 sancisce il principio della onerosita'  delle  utenze  di  acqua
pubblica e che il pagamento del canone ha lo  scopo  di  ripagare  la
devoluzione  a  fini  utilitaristici  di  un   bene   proprio   della
generalita'. La distinzione tra grandi e piccole derivazioni  assume,
poi, un significato meramente descrittivo teso all'individuazione del
procedimento  per  il  rilascio  della  concessione,   per   cui   la
classificazione delle derivazioni non costituirebbe un  principio  di
rango  costituzionale.  Analogamente,  il  criterio  di   imputazione
previsto dall'art. 35 sopra citato costituisce «una mera  misurazione
della tariffa, suscettibile  di  variazioni  in  base  a  valutazioni
discrezionali della P.A., purche' rispondenti a precetti di logica ed
imparzialita'» che nella specie non  risultano  violati  ne'  con  la
diversificazione della tariffa secondo fasce di  utenza  ne'  con  la
scelta di disancorare la  quantificazione  del  canone  dal  criterio
della proporzionalita'. 
    La legittimita' della  scelta  provinciale  deriverebbe,  dunque,
dall'impossibilita'  di  elevare   a   principio   fondamentale   una
previsione avente la sola funzione di consentire la "misurazione" del
canone, mentre la ragionevolezza dell'aumento del canone attuato  con
le disposizioni censurate  sarebbe  da  individuare  nella  scarsita'
della risorsa idrica che non rende illogico che  ad  un  aumento  del
quantitativo di risorsa sottratta  all'uso  generale  corrisponda  un
aumento del canone in misura progressiva. 
    11.3.-  La  difesa  provinciale  critica  la  ricostruzione   del
Tribunale  rimettente   secondo   cui   le   disposizioni   censurate
costituirebbero  leggi-provvedimento,  deducendo   che   si   tratti,
piuttosto, di «disposizioni giuridiche in senso proprio» che  trovano
applicazione  nei  confronti  di  ogni  concessionario  che  utilizzi
l'acqua per impieghi  di  natura  idroelettrica  sulla  scorta  della
«nuova modalita' di quantificazione del canone», richiamando,  a  tal
fine, la sentenza di questa Corte n. 47 del 2003. Le modifiche  «sono
intervenute  al  fine  di   introdurre   una   nuova   modalita'   di
"quantificazione" del canone (innovando  la  precedente  disposizione
legislativa a cio' deputata). Le modalita'  di  "aggiornamento"  sono
rimaste, invece, invariate, tanto e' vero che il comma 13 dell'art. 1
della  legge  provinciale  n.  10/1983,  diretto  a  disciplinare  le
modalita'  di  adeguamento  periodico  del  canone,  individuando  la
competenza giuntale a provvedere in  merito,  e'  tuttora  valido  ed
efficace e non ha subito modificazioni per effetto delle disposizioni
censurate». 
    11.4.- Non sussisterebbe, ad  avviso  della  difesa  provinciale,
neppure la prospettata lesione dei  principi  dell'affidamento  e  di
certezza del diritto, in quanto e' l'art. 1-bis del d.P.R. n. 235 del
1977 che demanda al legislatore  provinciale  la  determinazione  dei
canoni demaniali e ne sancisce la competenza  ad  intervenire,  cosi'
escludendo profili di arbitrarieta' dell'intervento legislativo. 
    Analogamente, la  determinazione  dei  canoni  e'  esclusivamente
finalizzata ad assicurare che il prelievo della risorsa da parte  del
concessionario e la distrazione del bene dall'uso collettivo  trovino
adeguato corrispettivo, per cui deve escludersi  che  la  misurazione
dei canoni di concessione sia annoverabile tra le misure di  sostegno
alle fonti  energetiche  rinnovabili,  previste  dalla  direttiva  27
settembre 2001, n. 2001/77/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio sulla promozione dell'energia elettrica prodotta  da  fonti
energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'). 
    11.5.- Quanto ai  riflessi  indiretti  della  determinazione  dei
canoni sulle materie «trasversali» della tutela dell'ambiente e della
tutela della concorrenza, la difesa  provinciale  evidenzia  come  le
inevitabili interferenze  sulle  competenze  legislative  di  matrice
concorrente e residuale non possano comportare l'illegittimita' degli
interventi del legislatore provinciale  «sintonizzati  sulla  realta'
produttiva territoriale», nei quali  il  diretto  coinvolgimento  del
territorio nella gestione  delle  risorse  rende  opportuna  la  loro
regolamentazione in sede locale. A tale scopo richiama le sentenze di
questa Corte n. 383 del 2005 e n. 14 del 2004. 
    Sotto connesso profilo,  contesta  l'applicazione,  invocata  dal
rimettente, dei principi affermati dalla Corte  costituzionale  nelle
pronunce n. 142 e n. 29 del 2010: sostiene, infatti, che, nel caso in
esame, le competenze  legislative  provinciali  discendono  dall'art.
1-bis, comma  16,  del  d.P.R.  n.  235  del  1977,  che  demanda  al
legislatore provinciale la determinazione dell'ammontare dei  «canoni
demaniali di concessione». 
    Evidenzia,  altresi',  la  contraddittorieta'  dell'assunto   del
giudice rimettente,  che  ritiene  non  manifestamente  infondato  il
dubbio sul contrasto tra  la  normativa  provinciale  e  l'art.  117,
secondo   comma,   lettere   e)    ed    s),    Cost.,    affermando,
contemporaneamente,  che   la   determinazione   del   canone   delle
concessioni di acqua pubblica appartiene alla competenza  legislativa
concorrente e che  il  canone  dovrebbe  essere  determinato  secondo
parametri omogenei su tutto il territorio nazionale. 
    11.6.- La Provincia eccepisce  l'inammissibilita',  e,  comunque,
l'infondatezza delle argomentazioni del rimettente sulla  distorsione
dell'istituto   della   concessione,   che   verrebbe   indebitamente
utilizzato per sottrarre reddito ai concessionari. 
    Contesta che l'esercizio della  potesta'  di  determinazione  del
canone possa essere limitata dal disposto dell'art. 13 dello  statuto
speciale che prevede che i concessionari cedano annualmente a  titolo
gratuito alla Provincia una quota dell'energia prodotta rilevando, in
proposito, che il doppio onere di natura solidaristica non  e'  stato
introdotto con le disposizioni censurate, essendo risalente al 1983. 
    Quanto alla portata discriminatoria delle disposizioni  censurate
in relazione al sollevato contrasto con gli artt. 3, 41 e 120  Cost.,
deduce che la rideterminazione dei canoni concessori non  costituisce
un ostacolo alla commerciabilita' dell'energia elettrica anche al  di
fuori   del   territorio   provinciale   e   non   produce   indebite
differenziazioni tra soggetti pubblici (che non possono delocalizzare
gli impianti) e soggetti privati produttori di energia elettrica,  in
quanto il  presupposto  dell'obbligazione  al  pagamento  del  canone
«prescinde dalle caratteristiche del destinatario  della  disciplina,
ed  ha  natura  obiettiva,  dovendosi  identificare,  come  rilevato,
nell'utilizzo della risorsa, cui consegue l'obbligo di "risarcire" la
collettivita' del depauperamento subito». 
    12.-  Con  memoria  depositata  l'11  settembre  2012,  l'Azienda
Energetica Spa - Etschwerke A.G. ha svolto considerazioni a  sostegno
della questione di  illegittimita'  costituzionale  della  disciplina
provinciale,  argomentando,  per   ciascuna   censura,   in   termini
sostanzialmente coincidenti con quelli del giudice rimettente. 
    13.- In data 21 gennaio 2014 le parti  private  hanno  depositato
ulteriori  memorie,  nelle  quali  hanno  nuovamente  ripercorso  gli
argomenti  a  sostegno  delle  richieste  rassegnate  negli  atti  di
costituzione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il  15  maggio  2012,  il  Tribunale
superiore delle acque pubbliche ha sollevato -  in  riferimento  agli
artt. 3, 23, 24, 41, 97, 113, 117, commi primo, secondo,  lettere  e)
ed s), terzo, e 120 della Costituzione, nonche' agli artt. 5, 9 e  13
del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle
leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige), ed agli artt. 1 e 1-bis  del  d.P.R.  26  marzo
1977, n. 235  (Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale  della
regione Trentino-Alto Adige in materia di energia),  -  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 29 della legge della  Provincia
autonoma di  Bolzano  8  aprile  2004,  n.  1  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario  2004  e
per il triennio 2004-2006  e  norme  legislative  collegate  -  legge
finanziaria 2004), nella parte in cui, modificando l'art. 1, comma 1,
lettera c), della legge della Provincia autonoma di Bolzano 29  marzo
1983, n. 10 (Adeguamento della misura dei canoni  per  le  utenze  di
acqua pubblica), fissa l'ammontare del canone delle  concessioni  per
le derivazioni di acqua pubblica ad uso idroelettrico, che sviluppano
oltre 3.000 chilowatt di  potenza  nominale,  in  24  euro  per  ogni
chilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta, stabilendo, al
comma 3, la decorrenza di  detto  aumento  dal  1°  luglio  2004.  In
relazione ai parametri sopra indicati, lo stesso  rimettente  solleva
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi  1  e  2,
della legge della Provincia autonoma di Bolzano 29 agosto 2000, n. 13
(Disposizioni  finanziarie  in  connessione  con  l'assestamento  del
bilancio  di  previsione  della  Provincia  di  Bolzano  per   l'anno
finanziario 2000 e per il  triennio  2000-2002  e  norme  legislative
collegate), nella parte in cui modificando l'art. 1,  commi  1  e  2,
della medesima legge prov. n. 10 del 1983, aveva per la  prima  volta
introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2000, il criterio dell'aumento
progressivo,   anziche'   proporzionale,   del   canone   per   l'uso
idroelettrico, fissando, altresi', importi differenziati  all'interno
della stessa tipologia di uso. 
    2.- Preliminarmente, si precisa  che  il  giudice  rimettente  e'
stato investito  dei  ricorsi  promossi  in  appello  dalla  societa'
Azienda Energetica Spa - Etschwerke A.G. (AE-EW) nei confronti  della
Provincia di Bolzano e che nel giudizio a quo si discute  dei  canoni
richiesti alla societa' concessionaria per gli anni 2004 e 2005 sulla
base   delle   disposizioni   provinciali   che   hanno   modificato,
succedendosi nel tempo, la disciplina contenuta nell'art. 1, commi  1
e 2, della legge prov. n. 10 del  1983  in  materia  di  «Adeguamento
della misura dei canoni per le utenze di acqua pubblica»,  che  sono,
come si e' detto, l'art. 29, commi 1 e 3, della legge prov. n. 1  del
2004 per il periodo compreso tra il 1° luglio 2004 e il  31  dicembre
2005, e l'art. 3, commi l e 2, della legge prov. n. 13 del 2000,  per
il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2004. 
    2.1.-   La   Provincia   autonoma   di   Bolzano   ha    eccepito
l'inammissibilita'  delle  questioni  per   carenza   del   requisito
dell'incidentalita', sull'assunto che  il  ricorso  introduttivo  del
giudizio principale sarebbe  direttamente  rivolto  a  contestare  le
disposizioni contenute nelle leggi provinciali n. 1 del 2004 e n.  13
del 2000 e non, invece, gli atti con i quali l'Ufficio delle  entrate
ha richiesto il pagamento dei canoni di  concessione  di  derivazione
idroelettrica in applicazione dei criteri previsti dall'art. 1, comma
1, lettera c), della legge prov. n.  10  del  1983,  come  modificato
dalla normativa censurata. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    In proposito, si  deve  rilevare  come  il  giudizio  a  quo  sia
connotato da un petitum distinto e autonomo rispetto  alle  questioni
di legittimita' costituzionale sollevate,  in  quanto,  nel  giudizio
principale, la ricorrente  Azienda  Energetica  Spa  Etschwerke  A.G.
chiede, per gli importi  dei  canoni  di  cui  contesta  la  debenza,
l'annullamento dei provvedimenti emessi  dall'Ufficio  Entrate  della
Provincia di Bolzano e la restituzione di quanto pagato in eccedenza. 
    3.- Per un  compiuto  inquadramento  delle  articolate  questioni
sollevate dal Tribunale superiore delle acque pubbliche e' necessario
ripercorrere l'evoluzione normativa delle competenze  in  materia  di
grandi derivazioni a scopo idroelettrico (sentenze n. 1 del 2008 e n.
133 del 2005 di questa Corte). 
    Fino al decreto legislativo 31 marzo 1998, n.  112  (Conferimento
di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli
enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59),
relativamente alle  grandi  derivazioni  site  nel  territorio  delle
Regioni a statuto ordinario la competenza in materia apparteneva allo
Stato,  al  quale  spettavano,  a  titolo  dominicale,  i  canoni  di
concessione, in quanto le grandi derivazioni  afferivano  al  demanio
statale. Lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige escludeva  le
grandi  derivazioni  dalla  competenza  legislativa  delle   Province
autonome di Trento e Bolzano (art. 9, comma 1, numero 9,  del  d.P.R.
n.  670  del   1972),   prevedendo   unicamente   un   coinvolgimento
procedimentale delle suddette Province,  alle  quali  l'art.  71  del
medesimo  statuto  speciale  attribuiva  i  nove  decimi  dei  canoni
riscossi per le grandi derivazioni relative  al  proprio  territorio.
L'art. 4 del decreto legislativo 16 marzo  1992,  n.  268  (Norme  di
attuazione dello statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige  in
materia di finanza regionale e provinciale), chiariva che il predetto
art. 71 si riferiva  alle  concessioni  relative  al  demanio  idrico
statale, spettando  alle  Province  autonome  l'intero  canone  delle
concessioni relative al proprio demanio idrico. 
    3.1.- Il quadro normativo e' mutato con  il  d.lgs.  n.  112  del
1998, che, all'art. 86, ha  conferito  alle  Regioni  competenti  per
territorio l'intera gestione del demanio idrico, e al successivo art.
89 ha  specificato  che  la  suddetta  gestione  comprende  tutte  le
funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua  pubblica,
alla ricerca, estrazione e  utilizzazione  delle  acque  sotterranee,
alla  tutela   del   sistema   idrico   sotterraneo,   nonche'   alla
determinazione dei canoni di concessione e all'introito dei  relativi
proventi. Da tale trasferimento era rimasto  temporaneamente  escluso
il settore delle grandi derivazioni per uso idroelettrico  (art.  29,
comma 3, del d.lgs. n.  112  del  1998)  in  quanto,  in  attesa  del
recepimento della direttiva 19 dicembre 1996, n. 96/92/CE  (Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio concernente norme  comuni  per
il  mercato   interno   dell'energia   elettrica),   le   concessioni
continuavano ad essere rilasciate dallo Stato  secondo  la  procedura
dell'intesa con  la  Regione  interessata.  Successivamente,  con  il
decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della  direttiva
96/92/CE recante norme comuni per  il  mercato  interno  dell'energia
elettrica), e  con  il  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 12 ottobre 2000 (Individuazione dei  beni  e  delle  risorse
finanziarie, umane, strumentali e organizzative  da  trasferire  alle
regioni ed agli enti locali per  l'esercizio  delle  funzioni  e  dei
compiti amministrativi in materia di  demanio  idrico),  adottato  ai
sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59  (Delega  al  Governo  per  il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti  locali,  per
la riforma della Pubblica Amministrazione e  per  la  semplificazione
amministrativa), si e' provveduto ad attuare  il  trasferimento  alle
Regioni, a decorrere dal 1° gennaio 2001, del personale, dei mezzi ed
anche  degli  atti  relativi  agli  affari  pendenti  in  materia  di
derivazioni di acque pubbliche. 
    3.2.-  Con  riferimento  alla  Regione  Trentino-Alto  Adige,  il
decreto legislativo 11 novembre 1999, n.  463  (Norme  di  attuazione
dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige  in  materia
di demanio idrico, di opere idrauliche e  di  concessioni  di  grandi
derivazioni a scopo  idroelettrico,  produzione  e  distribuzione  di
energia  elettrica),  ha  realizzato  l'adeguamento   dello   statuto
speciale alle innovazioni introdotte con i  decreti  legislativi  del
1998 e del 1999, modificando l'art.  8,  comma  1,  lettera  e),  del
d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento  alle
province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  dei  beni  demaniali  e
patrimoniali dello Stato e della Regione), e trasferendo  il  demanio
idrico dello Stato. 
    Il d.lgs. n. 463 del 1999 ha inoltre  modificato  l'art.  14  del
d.P.R. 22 marzo 1974, n.  381  (Norme  di  attuazione  dello  statuto
speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di  urbanistica
ed opere pubbliche), concernente l'ambito territoriale di  competenza
per le concessioni di grande derivazione, eliminando  il  riferimento
allo statuto speciale della Regione. 
    Il d.lgs. n. 463 del 1999 ha infine introdotto l'art.  1-bis  nel
corpo delle norme di cui al d.P.R. n. 235 del 1977, che  al  comma  1
prevede che a  decorrere  «dal  1°  gennaio  2000  e'  delegato  alle
Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  per  il   rispettivo
territorio,  l'esercizio  delle  funzioni  statali  in   materia   di
concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico», e al  comma
16, rilevante nel caso di specie, prevede che «I  proventi  derivanti
dall'utilizzo delle acque pubbliche, ivi compresi i canoni  demaniali
di concessione di grandi derivazioni a scopo idroelettrico,  spettano
alla provincia competente per territorio. Le  concessioni  di  grande
derivazione a scopo idroelettrico, ivi compresi i canoni demaniali di
concessione, sono disciplinati con  legge  provinciale  nel  rispetto
dell'articolo 117, secondo comma,  della  Costituzione,  nonche'  dei
principi fondamentali  delle  leggi  dello  Stato  e  deg1i  obblighi
comunitari». 
    3.3.- Con l'entrata in vigore delle modifiche del Titolo V  della
Parte  II  della  Costituzione,  alle  Regioni  ordinarie  e'   stata
attribuita la  competenza  concorrente  in  materia  di  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»  (art.  117,  terzo
comma, Cost.). Come affermato da questa Corte nella sentenza  n.  383
del 2005, 1e competenze spettanti in materia di energia alle Province
autonome di Trento e di Bolzano in base allo statuto di autonomia del
Trentino-Alto Adige sono meno ampie rispetto  a  quelle  riconosciute
nella stessa materia alle  Regioni  ai  sensi  dell'art.  117,  terzo
comma,  Cost.,  sicche'  le  Province  stesse  possono,  sulla   base
dell'art. 10  della  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3
(Modifiche al titolo  V  della  parte  seconda  della  Costituzione),
rivendicare una  propria  competenza  legislativa  concorrente  nella
materia  della  «produzione,  trasporto  e  distribuzione   nazionale
dell'energia» identica a quella delle Regioni ad autonomia ordinaria. 
    3.4.- Con il decreto legislativo 15 aprile 2003, n. 118 (Norme di
attuazione dello statuto speciale della regione  Trentino-Alto  Adige
che integrano e modificano disposizioni in materia di concessioni  di
grandi derivazioni d'acqua a scopo  idroelettrico),  e  il  d.lgs.  7
novembre 2006, n. 289 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale
della  regione   autonoma   Trentino-Alto   Adige/Südtirol,   recanti
modifiche al D.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, in materia di  concessioni
di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico), i commi 1  e  2
dell'art. 1-bis del d.P.R. n. 235 del 1977 sono stati riformulati. E'
stato riconosciuto alle Province autonome di Trento e di Bolzano, per
il rispettivo territorio «secondo quanto disposto dall'articolo 01  e
nel rispetto degli obblighi comunitari,  l'esercizio  delle  funzioni
gia' esercitate dallo Stato in materia di grandi derivazioni a  scopo
idroelettrico» ed e' stato ribadito che «con legge  provinciale,  nel
rispetto degli  obblighi  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e
degli accordi internazionali, dell'art.  117,  secondo  comma,  della
Costituzione, nonche' dei principi  fondamentali  delle  leggi  dello
Stato, sono disciplinate le grandi derivazioni di acque  pubbliche  a
scopo idroelettrico». 
    4.- Quanto alla disciplina dei canoni di concessione,  l'art.  35
del regio decreto 11  dicembre  1933,  n.  1775  (Testo  unico  delle
disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici),  ha  sancito
il principio di onerosita'  delle  utenze  di  acqua  pubblica  e  ha
introdotto la fondamentale distinzione, in  base  alla  tipologia  di
utilizzazione, tra derivazioni «di acqua potabile o  di  irrigazione»
per le quali ha fissato il canone annuo per ogni modulo, pari a cento
litri al minuto secondo, e derivazioni  per  forza  motrice,  per  le
quali ha fissato il canone annuo «per ogni cavallo dinamico  nominale
di forza motrice». 
    Secondo gli stessi criteri, l'art. 10 del decreto-legge 2 ottobre
1981, n. 546 (Disposizione in materia di imposte  di  bollo  e  sugli
atti e formalita' relativi ai  trasferimenti  degli  autoveicoli,  di
regime fiscale delle cambiali accettate  da  aziende  e  istituti  di
credito nonche' di adeguamento della misura  dei  canoni  demaniali),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della  legge  1°  dicembre
1981, n. 692, nell'introdurre l'adeguamento dei canoni annui relativi
alle utenze di acqua pubblica ne ha fissato l'ammontare in  relazione
alle diverse utilizzazioni, differenziando per ogni modulo  di  acqua
(o per ettaro) ad uso di irrigazione, ad  uso  potabile,  igienico  e
simili, ad uso industriale e per pescicoltura e per ogni chilowatt di
potenza nominale concessa  o  riconosciuta  per  uso  forza  motrice.
Analogamente,  l'art.  18  della  legge  5  gennaio   1994,   n.   36
(Disposizioni in  materia  di  risorse  idriche),  cosiddetta  «legge
Galli», nel ribadire il principio  che  i  canoni  «costituiscono  il
corrispettivo per gli usi delle acque prelevate», ne ha rideterminato
nuovamente gli importi  sempre  in  base  al  modulo,  per  l'uso  di
irrigazione, per il consumo umano,  per  l'uso  industriale,  per  la
pescicoltura, e «per ogni kilowatt di  potenza  nominale  concessa  o
riconosciuta,   per   le   concessioni   di   derivazione   ad    uso
idroelettrico». Al comma 5, l'art. 18 stabiliva che, con decreto  del
Ministro delle finanze  di  concerto  con  il  Ministro  del  tesoro,
sarebbero  state,   tra   l'altro,   definite   le   modalita'   «per
l'aggiornamento triennale dei  canoni  tenendo  conto  del  tasso  di
inflazione programmato e delle finalita' di cui alla presente legge». 
    5.- Per la Provincia autonoma di Bolzano, il  piu'  volte  citato
art. 1 della legge prov. n. 10  del  1983  ha  riprodotto  i  criteri
fissati dalla legislazione statale, diversificando  gli  importi  del
canone per ogni litro al secondo per  l'uso  potabile,  domestico  ed
antincendio, irriguo, per uso industriale, pescicoltura ed  altro,  e
per ogni chilowatt di potenza nominale concessa  o  riconosciuta  per
l'uso idroelettrico. 
    L'art.  3,  comma  1,  della  legge  prov.  n.  13  del  2000  ha
sostituito, come si e' detto, il comma  1  dell'art.  1  della  legge
prov. n. 10 del 1983 e ha rideterminato gli importi del  canone,  per
uso forza motrice, in lire  10.500  per  ogni  chilowatt  di  potenza
nominale concessa o riconosciuta. Il comma 2 dell'art.  3  in  esame,
nel sostituire il comma 2 dell'art. 1 della legge  prov.  n.  10  del
1983, ha previsto che «A decorrere dal 1 gennaio 2000 il canone annuo
per l'uso idroelettrico oltre  3.000  chilowatt  e'  stabilito  nella
misura di lire 30.000 per ogni chilowatt di potenza nominale concessa
o  riconosciuta»  ed  ha  cosi'  operato,  per  la  prima  volta,  la
differenziazione del  canone  in  base  ad  un  criterio  progressivo
nell'ambito della stessa tipologia d'uso. 
    L'art. 29, comma 1, della legge prov. n. 1 del 2004 ha sostituito
la lettera c) del comma 1 dell'art. 1 della legge  prov.  n.  10  del
1983 e - secondo gli stessi criteri introdotti dalla legge  prov.  n.
13 del 2000 - ha rideterminato i canoni per  uso  idroelettrico:  «1)
fino a 220 kW: 8,00  euro  per  ogni  Kilowatt  di  potenza  nominale
concessa o riconosciuta, con una quota annua esente di 50,00 euro; 2)
da 220 kW a 3.000 kW: 10 euro per ogni Kilowatt di  potenza  nominale
concessa o riconosciuta; 3) oltre 3.000 kW: 24 euro per ogni Kilowatt
di potenza nominale concessa o riconosciuta», stabilendo, al comma 3,
la decorrenza degli aumenti dal 1° luglio 2004. 
    5.1.- Sulla scia dei principi dettati dal legislatore statale  in
materia di aggiornamento dei canoni,  l'art.  34  della  legge  della
Provincia autonoma di Bolzano 3 maggio 1999, n. 1  (Disposizioni  per
la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario  1999
e per il triennio 1999-2001 e norme  legislative  collegate  -  legge
finanziaria 1999), ha introdotto il comma 13 dell'art. 1 della  legge
prov. n.  10  del  1983,  riconoscendo  la  competenza  della  Giunta
provinciale in materia di  aggiornamento  dei  canoni  in  base  alle
variazioni del costo della vita secondo gli indici ISTAT. 
    L'art. 3, comma 3, della legge prov. n. 13 del 2000, inserendo il
comma 2-bis dell'art. 1 della legge prov. n. 10  del  1983  prevedeva
che  gli  importi  dei  canoni  e  dei  sovracanoni  potevano  essere
aggiornati  annualmente  dalla  Giunta  provinciale  in   base   alle
variazioni del costo della vita secondo gli indici ISTAT. In seguito,
il comma 2-bis in esame e' stato abrogato dall'art.  36  della  legge
prov. Bolzano 28 luglio 2003, n. 12 (Disposizioni in connessione  con
l'assestamento del bilancio di previsione della Provincia di  Bolzano
per l'anno finanziario 2003 e per il triennio 2003-2005). 
    La disciplina dell'aggiornamento del canone  continuava,  dunque,
ad essere dettata dal comma 13 dell'art. 1 della legge  prov.  n.  10
del 1983, introdotto dall'art. 34 della legge prov. n.  1  del  1999,
successivamente sostituito dall'art. 41, comma 2, della  legge  prov.
n. 1 del 2003, secondo cui: «Gli importi dei canoni  annui  e  minimi
per le singole utenze di acqua  pubblica  possono  essere  aggiornati
ogni biennio dalla giunta provinciale in  base  alle  variazioni  del
costo della vita secondo gli indici ISTAT. I relativi importi vengono
arrotondati per eccesso o per difetto a unita' di 10 cent». 
    6.- Venendo  all'esame  delle  singole  questioni,  il  Tribunale
superiore delle acque pubbliche censura l'art. 29 della  legge  prov.
n. 1 del 2004 e l'art.  3  della  legge  prov.  n.  13  del  2000  in
riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., poiche' determinando il
canone di concessione in base ad un criterio progressivo, e  in  modo
differenziato all'interno della stessa tipologia di uso delle  acque,
le  disposizioni  si  porrebbero  in   contrasto   con   i   principi
fondamentali  della  legislazione  statale  di  proporzionalita'  del
canone all'effettiva entita' dello sfruttamento della risorsa,  della
unicita' del canone  nell'ambito  della  stessa  utilizzazione  delle
acque  e  dell'aggiornamento  biennale  del  canone  in   virtu'   di
provvedimento amministrativo. 
    6.1.-  Le  censure  prospettate  dal  rimettente  devono   essere
valutate nel quadro della potesta' normativa spettante alla Provincia
autonoma di Bolzano nella determinazione dei canoni  di  concessione,
che come affermato da questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 383  del
2005, n. 8 del 2004 e n. 303 del 2003) e' riconducibile,  sulla  base
dell'art.  10  della  legge  costituzionale  n.  3  del  2001,   alla
competenza  legislativa  concorrente  in  materia   di   «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» identica  a  quella
spettante alle Regioni ad autonomia ordinaria, il cui esercizio  deve
avvenire nel rispetto dei principi  fondamentali  della  legislazione
statale, come previsto dall'art. 117, terzo comma, Cost. 
    6.2.- Si e' detto che la disciplina statale in materia di  grandi
derivazioni di acque pubbliche  detta  il  principio  dell'onerosita'
delle concessioni, le quali sono soggette al pagamento di un  canone,
definito come il «corrispettivo per gli usi  delle  acque  prelevate»
dall'art. 18 della legge n. 36 del 1994 (cosiddetta «legge Galli»), e
avente lo scopo di  ripagare  la  collettivita'  per  la  devoluzione
utilitaristica di un bene comune. L'art. 35 del r.d. n. 1775 del 1933
(Testo unico sulle acque) aveva stabilito,  nell'ambito  di  ciascuna
tipologia di  utilizzazione,  la  proporzionalita'  del  canone  alla
fruizione della risorsa sulla base del modulo (pari a cento litri  al
minuto secondo) per l'uso potabile e irriguo,  e  «per  ogni  cavallo
dinamico nominale di forza motrice» per l'uso delle acque come  fonte
diretta  di  produzione  dell'energia.  La  successiva   legislazione
statale non si e' discostata dai principi dettati  dal  testo  unico,
confermando, per quel che rileva nel caso  in  esame,  la  previsione
generale del canone «per ogni kilowatt di potenza nominale concessa o
riconosciuta, per le concessioni di derivazione ad uso idroelettrico»
(cosi' l'art. 18, della legge n. 36 del 1994, sopra citato). 
    6.3.-  Ad  avviso  del  giudice  rimettente,  dalla  legislazione
statale   innanzi   indicata   deriverebbero   i    principi    della
differenziazione dei canoni esclusivamente  in  base  alla  tipologia
della fruizione e del divieto di una tariffa progressiva  nell'ambito
della medesima utilizzazione. 
    La censura non e' fondata. 
    Si e' gia' affermato  che,  come  precisato  dal  rimettente,  la
questione riguarda gli anni 2004/2005 e  che  in  tale  periodo  alle
Province autonome gia' erano state trasferite le funzioni relative al
demanio idrico statale  (che  comprendevano  la  «determinazione  dei
canoni di concessione» relativi «alle derivazioni di acqua pubblica»)
e che era stata loro riconosciuta la potesta' legislativa concorrente
in  tale  materia.  Occorre,  quindi,  valutare  se  detta   potesta'
legislativa era vincolata da principi fondamentali che ostassero alle
scelte effettuate. 
    Al riguardo, le conclusioni del  rimettente  non  possono  essere
condivise, essendo emerso, dall'esame dell'evoluzione normativa,  che
i soli principi della legislazione statale, nel cui perimetro  doveva
essere esercitata la potesta' legislativa concorrente in  materia  di
energia di cui all'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  si  compendiavano
nella onerosita' della concessione e nella determinazione del  canone
in base all'effettiva entita' dello sfruttamento della risorsa idrica
(sentenza della Corte di cassazione civile, sezioni unite, 30  giugno
2009, n. 15234, in una controversia  tra  la  Provincia  autonoma  di
Bolzano  e  la  odierna  societa',  in  materia  di  canoni  per   le
derivazioni di acqua pubblica a scopo idroelettrico). 
    Non  puo',  di  contro,  qualificarsi  come  espressione  di   un
principio fondamentale il criterio di determinazione  del  canone  in
base ad un importo fisso e non progressivo, in quanto la legislazione
statale non vietava che un maggior  uso  del  bene  pubblico  potesse
essere  assoggettato   a   costi   maggiori.   La   misurazione   del
corrispettivo  dovuto  per  la  concessione  ad   uso   idroelettrico
costituiva una delle concrete modalita' di esercizio  della  potesta'
normativa provinciale (sentenza della  Corte  di  cassazione  civile,
sezioni unite, 11 luglio 2011, n. 15144). 
    Per tutte le considerazioni svolte, la questione non e'  fondata,
in quanto le  disposizioni  provinciali  che  hanno  fissato  importi
differenziati del canone all'interno della stessa  tipologia  di  uso
idroelettrico, sulla base di  una  tariffa  di  tipo  progressivo  in
relazione al crescere dei chilowatt di potenza  nominale  concessa  o
riconosciuta, non erano in  contrasto  con  i  principi  fondamentali
della legislazione statale. 
    7.-  Sostiene  il  giudice  rimettente  che  un  altro  principio
fondamentale espresso  dalla  legislazione  statale  sarebbe  «quello
secondo   cui    i    canoni    non    possono    essere    aumentati
indiscriminatamente, bensi' aggiornati ogni certo numero di anni  con
provvedimento amministrativo adottato dalla autorita'  amministrativa
che  deve  attenersi  ad  un  criterio  predeterminato,  generalmente
costituito dal tasso di inflazione, o dall'aumento  del  costo  della
vita, o da simili parametri». 
    Non pertinente,  tuttavia,  si  rivela  il  richiamo  -  come  se
esprimesse un principio non derogabile dal legislatore provinciale  -
al disposto dell'art. 1, comma 13, della legge prov. n. 10  del  1983
(introdotto dall'art. 34 della legge  prov.  n.  1  del  1999),  come
sostituito dall'art. 41, comma 2, della legge prov. n.  1  del  2003,
secondo il quale «Gli importi  dei  canoni  annui  e  minimi  per  le
singole utenze di  acqua  pubblica  possono  essere  aggiornati  ogni
biennio dalla giunta provinciale in base alle  variazioni  del  costo
della vita secondo gli indici ISTAT», in quanto atto  pariordinato  a
quello che lo ha sostituito. Per cio' che riguarda poi  il  contenuto
di quest'ultimo, occorre osservare che, con ogni evidenza,  esso  non
assolve alla stessa finalita' dell'adeguamento biennale del canone in
base al costo  della  vita,  che  -  all'infuori  dei  casi  previsti
dall'art. 10 del decreto-legge n. 546 del 1981, e dall'art. 18  della
legge n. 36 del 1994 - e'  stato  sempre  attuato  con  provvedimento
della Giunta provinciale (delibere n. 2008 del 2012, n. 177 del 2011,
n. 27 del 2009, n. 4500 del 2006 e n. 4819 del 2004). 
    Ne consegue, anche sotto il profilo in esame, la  non  fondatezza
della censura. 
    8.- Quanto detto al paragrafo precedente  porta  a  ritenere  del
pari non fondata la censura in base alla quale l'art. 29 della  legge
prov. n. 1 del 2004, intervenendo a  distanza  di  un  solo  anno  da
quando lo stesso legislatore provinciale  aveva  ribadito  la  regola
dell'aggiornabilita' biennale del canone con la legge prov. n. 1  del
2003, e disponendo, anche per le concessioni in corso, l'aumento  del
canone da 15,00 euro a 24,00 euro al chilowatt per le  potenze  medie
maggiori di 3.000 chilowatt, si porrebbe in contrasto con i  principi
dell'ordinamento  comunitario  dell'affidamento  all'invarianza   dei
canoni e della certezza del diritto cui  il  legislatore  provinciale
deve uniformarsi ai  sensi  dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  e
arrecherebbe, di conseguenza, pregiudizio alla liberta' di iniziativa
economica sancita dall'art. 41 Cost. 
    Ed, infatti, anche in questo caso la prospettazione del Tribunale
rimettente si presta all'osservazione critica di aver  accomunato  il
criterio  di  determinazione  del  canone  dettato  dalla   normativa
censurata, all'attivita' amministrativa di  competenza  della  Giunta
provinciale, di adeguamento biennale del canone al costo della vita. 
    Va poi  rimarcato  che,  come  evidenziato  al  paragrafo  6,  la
previsione avente la funzione di consentire la misurazione del canone
non e' espressione di un principio  fondamentale  della  legislazione
statale,  costituendo  la  modalita'  concreta  di  esercizio   della
potesta' normativa provinciale. 
    8.1.- Ne' puo' valere l'affermazione con cui si invoca una specie
di  immodificabilita'  del  sistema  tariffario,  in   quanto,   come
affermato da questa Corte, «nel nostro sistema costituzionale non  e'
affatto interdetto al legislatore di emanare  disposizioni  le  quali
vengano a modificare  in  senso  sfavorevole  per  i  beneficiari  la
disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di  questi  sia
costituito da diritti soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso
di norme retroattive, il limite imposto in materia  penale  dall'art.
25, secondo comma, della Costituzione). Unica  condizione  essenziale
e'  che  tali  disposizioni  non   trasmodino   in   un   regolamento
irrazionale,  frustrando,  con  riguardo  a  situazioni   sostanziali
fondate sulle leggi precedenti,  l'affidamento  del  cittadino  nella
sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale  dello
Stato di diritto» (sentenza n. 264 del 2005, e,  in  senso  conforme,
sentenze n. 236 e n. 206 del 2009). 
    Si deve richiamare, in proposito, anche la  giurisprudenza  della
Corte di giustizia dell'Unione europea, che ha sottolineato  che  una
mutazione dei rapporti di durata deve  ritenersi  illegittima  quando
incide sugli stessi in modo «improvviso e imprevedibile» senza che lo
scopo perseguito dal legislatore imponga l'intervento  (sentenza  del
29 aprile 2004, in cause C-487/01 e C-7/02). 
    In tale solco, con la sentenza n. 302 del 2010  questa  Corte  ha
reputato legittimo l'intervento legislativo teso alla «variazione dei
criteri di calcolo  dei  canoni  dovuti  dai  concessionari  di  beni
demaniali» e volto ad adeguare i canoni di godimento di beni pubblici
con lo scopo di consentire allo Stato una maggiorazione delle entrate
e di rendere i canoni piu' equilibrati rispetto  a  quelli  pagati  a
favore di locatori privati. 
    8.2.- Ne' si puo' ritenere che l'effetto dell'aumento del  canone
prodotto  dalla  disposizione  legislativa   censurata   sia   giunto
inaspettato, in quanto l'adozione del criterio della graduazione  del
canone sulla base degli scaglioni di potenza «non e'  frutto  di  una
decisione improvvisa ed arbitraria del legislatore, ma  si  inserisce
in una precisa linea evolutiva  nella  disciplina  dell'utilizzazione
dei beni demaniali» (sentenza n. 302 del 2010). 
    A sostegno di tale conclusione milita, nel caso in esame, il dato
storico  della  reiterazione  nel  tempo  dell'intervento   normativo
sospettato di illegittimita' costituzionale, adottato  per  la  prima
volta nel 2000, confermato nel 2004 e ribadito, da ultimo,  dall'art.
31, comma l, lettera a), della legge prov. 23 dicembre  2010,  n.  15
(Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno
finanziario 2011 e per il  triennio  2011-2013  -  Legge  finanziaria
2011). Quest'ultima disposizione, pur estranea al presente  giudizio,
come ha affermato il rimettente, oltre ad abrogare l'art. l, comma l,
lettera c), della legge prov. n. 10 del 1983,  ha  contemporaneamente
inserito l'art.  19-bis  della  legge  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano 20  luglio  2006,  n.  7  (Disposizioni  in  connessione  con
l'assestamento del bilancio di previsione della Provincia Autonoma di
Bolzano per l'anno finanziario 2006 e per il triennio 2006-2008), che
al comma 2 ha  previsto,  ancora  una  volta,  che  «i  canoni  annui
relativi alle utenze di acqua pubblica  per  uso  idroelettrico  sono
rideterminati in 9,65 euro per  ogni  Kilowatt  di  potenza  nominale
concessa o riconosciuta fino a 220 kW, con una quota annua esente  di
50,00 euro, in 11,95 euro  per  ogni  Kilowatt  di  potenza  nominale
concessa o riconosciuta da 220 kW fino a 3.000 kW e in 27,15 euro per
ogni Kilowatt di potenza nominale concessa o riconosciuta oltre 3.000
kW». 
    Quanto precede consente di ritenere non  irragionevole  l'opzione
normativa di rideterminazione del  canone  sulla  base  di  fasce  di
utenza  commisurate  alla  potenza   nominale   degli   impianti   di
derivazione idroelettrica, sulla quale si e' assestato nel  tempo  il
legislatore provinciale allo scopo di attuare un maggiore prelievo al
progredire  della  risorsa  sottratta  all'uso  della  collettivita',
nell'ottica della piu' idonea preservazione delle risorse idriche. 
    9.-  Il  Tribunale  superiore  delle  acque   pubbliche   solleva
questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 29  della  legge
prov. n. 1 del 2004, e dell'art. 3, commi l e 2, della legge prov. n.
13 del 2000, anche  in  quanto  il  legislatore  provinciale  avrebbe
adottato  leggi  provvedimento  arbitrariamente  e  in  assenza   dei
presupposti per legiferare in violazione degli artt. 3  e  97  Cost.,
nonche' per sottrarre agli interessati il  diritto,  garantito  dagli
artt. 24 e 113 Cost., di impugnare l'aumento del  canone  dinanzi  al
giudice ordinario o amministrativo. 
    9.1.- L'esame delle censure sollevate presuppone, in primo luogo,
la verifica della riconducibilita' delle disposizioni censurate  alla
categoria  delle  leggi  provvedimento,  che,  secondo  la  tesi  del
rimettente, sarebbero state adottate  con  un  contenuto  sostitutivo
degli atti amministrativi  di  adeguamento  del  canone  disciplinati
dallo stesso legislatore provinciale. 
    Nella giurisprudenza costituzionale  sono  state  definite  leggi
provvedimento  quelle  che   «contengono   disposizioni   dirette   a
destinatari determinati» (sentenze n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e
n. 2 del 1997), ovvero «incidono su un numero determinato e  limitato
di destinatari» (sentenza n.  94  del  2009),  che  hanno  «contenuto
particolare e concreto» (sentenze n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n.
137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007  e  n.  2  del  1997),
«anche in quanto ispirate da particolari esigenze» (sentenze  n.  270
del 2010 e n. 429 del 2009), e che comportano l'attrazione alla sfera
legislativa  «della  disciplina  di  oggetti  o  materie  normalmente
affidati all'autorita' amministrativa» (sentenze n. 94 del 2009 e  n.
241 del 2008). 
    Questa Corte ha, peraltro, da sempre affermato la  compatibilita'
della legge provvedimento con l'assetto dei  poteri  stabilito  dalla
Costituzione, in quanto nessuna disposizione costituzionale  comporta
una riserva agli organi  amministrativi  o  esecutivi  degli  atti  a
contenuto particolare e concreto (sentenze n. 275 del 2013, n. 85 del
2013 e n. 143 del 1989), pur ribadendo, al  contempo,  che  le  leggi
provvedimento  devono  soggiacere  ad  uno   scrutinio   stretto   di
costituzionalita', sotto i profili della non  arbitrarieta'  e  della
non irragionevolezza della scelta del legislatore (sentenze n. 20 del
2012, n. 429 del 2002 e n. 2 del 1997). 
    9.2.- La censura non e' fondata. 
    Nel senso della non ascrivibilita'  delle  norme  provinciali  in
scrutinio alla categoria delle leggi provvedimento depone,  in  primo
luogo, la considerazione che le impugnate disposizioni in materia  di
determinazione dei canoni costituiscono  espressione  della  potesta'
normativa riconosciuta alla Provincia dalla normativa  di  attuazione
dello statuto, vale a dire dal comma 16 dell'art. 1-bis del d.P.R. n.
235 del 1977, aggiunto dall'art. 11 del d.lgs. n. 463  del  1999,  ai
sensi del  quale  «Le  concessioni  di  grande  derivazione  a  scopo
idroelettrico, ivi compresi i canoni demaniali di  concessione,  sono
disciplinati  con  legge  provinciale  nel  rispetto  dell'art.  117,
secondo comma, della Costituzione, nonche' dei principi  fondamentali
delle leggi dello Stato e deg1i obblighi comunitari». 
    Si e', altresi', posto in luce che il  potere  di  determinazione
dei canoni di concessione e' stato  esercitato  dalla  Provincia  nel
rispetto dei principi fondamentali delle leggi dello Stato e  che  la
modalita' di quantificazione del canone costituisce atto di esercizio
di  potesta'  normativa,  da  tenere   distinto   dal   provvedimento
amministrativo di adeguamento biennale del canone in  base  al  costo
della vita.  Anche  sul  piano  soggettivo,  infine,  la  platea  dei
destinatari  e'  indeterminata,  essendo  la  disciplina  provinciale
rivolta a qualunque concessionario che utilizzi l'acqua per  impieghi
di natura idroelettrica nell'ambito territoriale di riferimento. 
    9.3.- L'inquadramento dell'intervento normativo provinciale sulla
scorta delle  considerazioni  svolte  rende  ultroneo  il  vaglio  di
costituzionalita' imposto dalla giurisprudenza della  Corte  per  gli
atti aventi natura di leggi provvedimento, non essendo  configurabile
ne' la violazione del principio  di  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione   prospettata    dal    rimettente    in    relazione
all'arbitrarieta'  ed  alla  non  ragionevolezza   della   disciplina
denunciata, ne' la lamentata lesione del  diritto  dei  concessionari
alla  tutela  giurisdizionale  dinanzi   al   giudice   ordinario   e
amministrativo. 
    10.- Il giudice rimettente  dubita,  ancora,  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 29  della  legge  prov.  n.  1  del  2004  e
dell'art. 3, commi l e 2, della  legge  prov.  n.  13  del  2000,  in
riferimento all'art. 3 Cost., sotto il profilo dell'eccesso di potere
in cui sarebbe incorso il legislatore provinciale ancorando l'aumento
del canone soltanto alla  quantita'  di  acqua  di  cui  si  consente
l'utilizzazione, secondo il criterio della progressione della potenza
concessa o riconosciuta, prescindendo  da  altri  valori  o  elementi
(quali, ad esempio,  il  diverso  impatto  ambientale  o  il  diverso
rendimento  degli  impianti),  con  l'effetto   di   incentivare   la
proliferazione di piccoli impianti a basso rendimento  che  risultano
di maggior impatto ambientale rispetto a pochi,  grandi  impianti  di
nuova generazione. 
    10.1.- La censura non e' fondata. 
    Per quanto evidenziato nei paragrafi che precedono, la  finalita'
della disciplina provinciale porta ad escludere che la ragionevolezza
dei criteri dettati  per  la  misurazione  dei  canoni  possa  essere
ancorata alla valutazione di altri elementi, quali il diverso impatto
ambientale o il diverso rendimento degli impianti, del tutto estranei
all'intervento teso esclusivamente ad assicurare - sulla  base  della
linea  di  indirizzo  politico-economico  seguita   dal   legislatore
provinciale - l'adeguatezza del corrispettivo dovuto per il  prelievo
della  risorsa  da  parte  del  concessionario  in   relazione   alla
distrazione della risorsa idrica dall'uso della collettivita'. 
    11.- Non  e'  del  pari  fondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale delle disposizioni provinciali per contrasto  con  gli
artt. 3, 41 e 120 Cost., nonche' con l'art. 117, primo comma,  Cost.,
in relazione ai principi  generali  dell'ordinamento  comunitario  in
tema di tutela del libero commercio,  della  liberta'  di  iniziativa
economica e della concorrenza. 
    In questo caso, il rimettente  argomenta  sostenendo  la  portata
discriminatoria delle norme censurate e gli effetti distorsivi  dalle
stesse prodotti sul mercato  dell'energia  elettrica,  sia  sotto  il
profilo dell'indebito vantaggio che nello stesso settore che provvede
a  regolamentare  deriverebbe  alla  Provincia  di  Bolzano  -  quale
proprietaria della societa' SEL spa, che sarebbe il solo operatore in
grado di pagare  canoni  definiti  esorbitanti  ed  alternativi  alla
distribuzione degli utili a favore dell'ente proprietario -  sia  per
il pregiudizio ai  produttori  di  energia  operanti  nel  territorio
provinciale, che subirebbero un costo quasi  raddoppiato  rispetto  a
quello sostenuto dagli operatori nazionali e delle altre Regioni. 
    11.1.-  La  prospettazione  in  esame  ancora  il   vulnus   alla
concorrenza, vale a dire  alla  lesione  del  diritto  di  iniziativa
economica,  e  alla  libera  circolazione   dell'energia   elettrica,
all'assunto  secondo  il  quale  le  indebite  differenziazioni   tra
operatori pubblici e privati nell'ambito del territorio  provinciale,
nonche' nei confronti dei produttori di energia  non  gravati  da  un
costo cosi' elevato,  deriverebbero  dallo  snaturamento  del  canone
concessorio  dalla  natura   di   corrispettivo,   attuato   con   le
disposizioni censurate. 
    L'erroneita' di tale approccio ricostruttivo deriva da quanto  si
e' rimarcato in ordine al carattere  non  arbitrario  dell'intervento
del legislatore provinciale, in relazione alla  non  irragionevolezza
delle finalita' perseguite  nel  dettare  la  disciplina  dei  canoni
concessori. Le lamentate differenze di  trattamento  trovano,  ancora
una  volta,   ampia   giustificazione   nell'esercizio   del   potere
determinativo  con  cui  la  Provincia,  senza  violare  i   principi
fondamentali della legislazione statale, ha adottato i criteri per la
misurazione delle prestazioni dovute dai concessionari  delle  grandi
derivazioni idroelettriche operanti nel proprio  territorio,  criteri
che  -  come  detto  al  paragrafo  precedente  -  prescindono  dalle
caratteristiche dei destinatari ed hanno  natura  oggettiva,  essendo
rapportati  all'entita'  dell'utilizzo  della   risorsa   idrica   ed
all'obbligo di risarcire la collettivita'  locale  per  la  crescente
devoluzione utilitaristica di un bene comune. 
    12.- Ad avviso del giudice a quo, l'art. 29 della legge prov.  n.
1 del 2004, e l'art. 3, commi l e 2, della  legge  prov.  n.  13  del
2000, si porrebbero  in  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettere e) ed s),  Cost.,  in  relazione  all'art.  154  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia  ambientale),  in
quanto  l'introduzione,  con  legge   provinciale,   di   un   canone
particolarmente gravoso rispetto  a  quello  applicato  nel  restante
territorio nazionale invaderebbe la competenza esclusiva dello  Stato
nelle materie «trasversali» della tutela della  concorrenza  e  della
tutela dell'ambiente, contrastando con il principio  dell'omogeneita'
del  canone  su  tutto  il  territorio   nazionale,   disincentivando
l'utilizzo  delle  fonti  di  energia  rinnovabili  qual  e'   quella
idroelettrica, e provocando un aumento  del  costo  dell'energia  con
effetti riflessi in tema di concorrenza. 
    Il rimettente invoca anche il dettato dell'art. 171 del d.lgs. n.
152 del 2006, in materia di determinazione del  canone  idroelettrico
per le  grandi  derivazioni  in  corso  di  sanatoria  della  Regione
siciliana, che dimostrerebbe quale fosse,  all'epoca,  l'entita'  del
canone medio stimato congruo dal legislatore nazionale. 
    12.1.-  A  sostegno  delle  suindicate  censure,   il   Tribunale
superiore delle acque pubbliche  richiama  i  principi  affermati  da
questa Corte nelle sentenze n. 142 e n. 29 del 2010, secondo  cui  la
disciplina della tariffa  del  servizio  idrico  integrato  contenuta
nell'art. 154  del  d.lgs.  n.  152  del  2006  e'  ascrivibile,  «in
prevalenza,  alla  tutela   dell'ambiente   e   alla   tutela   della
concorrenza,  materie  di  competenza  legislativa  esclusiva   dello
Stato». Sostiene che se attraverso la  determinazione  della  tariffa
nell'ambito territoriale ottimale il legislatore statale  ha  fissato
livelli uniformi di tutela dell'ambiente, anche in  riferimento  alle
concessioni di acqua pubblica attribuite alla competenza  concorrente
della  Provincia  di  Bolzano  l'omogeneita'   del   canone   sarebbe
«finalizzata a preservare  il  bene  giuridico  ambiente  dai  rischi
derivanti da una disciplina non uniforme e a garantire  uno  sviluppo
concorrenziale del settore della produzione idroelettrica». 
    12.2.- La questione non e'  fondata  in  relazione  alla  dedotta
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  essendo
stata prospettata  sulla  base  di  una  normativa,  utilizzata  come
parametro interposto, che e' inconferente nel giudizio a quo. 
    Anche tralasciando la questione relativa  al  diverso  ambito  di
applicazione dell'art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, e' sufficiente
ricordare  che  la  questione  oggetto  del  giudizio  da  parte  del
rimettente si  riferisce  -  come  chiarito  dallo  stesso  Tribunale
superiore laddove precisa la non riferibilita' al suo caso del  novum
normativo rappresentato dalla legge prov. n. 15 del 2010 - agli  anni
2004-2005 ed alla normativa allora vigente, precedente, quindi,  alla
data (29 aprile 2006) in cui sono entrate in vigore, salvo il caso di
cui al successivo paragrafo 12.3., le «Norme in materia ambientale». 
    12.3.- La questione e', per lo stesso dirimente motivo, parimenti
non fondata sotto i connessi  profili  relativi  al  contrasto  delle
disposizioni provinciali con l'art. 171 del d.lgs. n. 152  del  2006,
ed  alla  disincentivazione  dell'utilizzo  di   fonti   di   energia
rinnovabili paventata dal rimettente. 
    Non giova, invero, il richiamo all'art. 171 del  d.lgs.  152  del
2006, che dettando le disposizioni per  fronteggiare  una  situazione
specifica, e cioe' «Nelle more del trasferimento alla regione Sicilia
del demanio idrico, per le grandi derivazioni in corso  di  sanatoria
di cui all'articolo 96, comma 6, ricadenti  nel  territorio  di  tale
regione  [...]»,  fissava  retroattivamente  solo  per  tale  realta'
regionale, a  decorrere  dal  1°  gennaio  2002,  il  canone  per  le
concessione di grandi derivazioni ad uso idroelettrico in 12,00  euro
per ogni chilowatt di potenza nominale assentita. Il dato letterale e
la dichiarata  finalita'  della  previsione  impediscono  infatti  di
trarre dalla norma una generale valutazione di  retroattivita'  della
disciplina nonche' di congruita' del canone  valevole  per  tutto  il
territorio nazionale. 
    12.4.-  Venendo   al   dedotto   contrasto   delle   disposizioni
provinciali con l'art. 117, secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  va
premesso che secondo la costante giurisprudenza di  questa  Corte  la
nozione  di  concorrenza  «riflette   quella   operante   in   ambito
comunitario e comprende: a)  sia  gli  interventi  regolatori  che  a
titolo  principale  incidono  sulla  concorrenza,  quali  le   misure
legislative di tutela in senso proprio, che contrastano gli atti ed i
comportamenti delle imprese che incidono  negativamente  sull'assetto
concorrenziale dei mercati [...]; b) sia  le  misure  legislative  di
promozione,  che  mirano  ad  aprire  un  mercato  o  a  consolidarne
l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo  o  eliminando
vincoli al libero esplicarsi della capacita' imprenditoriale e  della
competizione tra imprese, rimuovendo, cioe', in generale,  i  vincoli
alle modalita' di esercizio delle attivita'  economiche  (ex  multis:
sentenze n. 270 e n. 245 del 2010, n. 160 del 2009, n. 430 e  n.  401
del 2007)» (sentenza n.  38  del  2013).  La  materia  «tutela  della
concorrenza», per il suo carattere  finalistico,  non  ha  estensione
certa e delimitata, ma ha carattere «trasversale»  in  relazione  «ai
mercati   di   riferimento   delle   attivita'   economiche    incise
dall'intervento e in grado di influire anche  su  materie  attribuite
alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle  regioni»
(sentenza n. 38 del 2013 e le sentenze, ivi  richiamate,  n.  80  del
2006, n. 175 del 2005, n. 272 e n. 14 del 2004). 
    12.5.- Anche sotto il profilo in esame la censura non e' fondata. 
    Ed infatti, come si e' gia' rilevato, con le norme in oggetto  la
Provincia, nell'esercizio della  propria  competenza  in  materia  di
produzione, trasporto e  distribuzione  di  energia,  ha  attuato  la
quantificazione   del    corrispettivo    delle    concessioni    per
l'utilizzazione delle acque a scopo idroelettrico. 
    Va peraltro osservato che in tale settore il legislatore  statale
ha espressamente affrontato l'esigenza  di  tutelare  la  concorrenza
garantendo  l'uniformita'  della  disciplina  sull'intero  territorio
nazionale soltanto con il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure
urgenti per la crescita del Paese),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012,  n.  134,  dettando,
all'art. 37, in vigore dal 12 agosto 2012, una serie di  disposizioni
che, come affermato da questa Corte nella recente sentenza n. 28  del
2014, mirano ad agevolare  l'accesso  degli  operatori  economici  al
mercato  dell'energia  secondo  condizioni  uniformi  sul  territorio
nazionale. E', pertanto, solo da tale data che lo Stato  ha  ritenuto
di attrarre nell'ambito della lettera e) del secondo comma  dell'art.
117, Cost., la suddetta disciplina. 
    13.- La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  29
della legge prov. n. 1 del 2004 e dell'art. 3, commi  l  e  2,  della
legge prov. n. 13 del 2000, non e'  fondata  anche  in  relazione  al
dedotto  contrasto  con  le  previsioni  dello  Statuto  speciale  di
autonomia del Trentino-Alto Adige (artt. 5, 9 e 13 del d.P.R. n.  670
del 1972) e con le norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  in
materia di energia (artt. 1 e 1-bis, del d.P.R.  n.  235  del  1977),
nonche'  con  l'art.  3  Cost.,  sotto  il  profilo  della  manifesta
irragionevolezza e dell'eccesso di potere legislativo. 
    13.1.- Il giudice a  quo  muove  dell'assunto  che  la  Provincia
autonoma di Bolzano abbia legiferato in violazione della normativa di
attuazione statutaria che ha espressamente attribuito  il  potere  di
svolgere attivita' nel settore  elettrico  agli  enti  locali,  senza
ricomprendervi le Province autonome. 
    Tale ricostruzione non puo' essere condivisa, poiche' si basa  su
un'interpretazione  della  normativa   richiamata   che   omette   di
considerare che l'art. 1 del d.P.R. n.  235  del  1977  -  sostituito
dall'art. 10 del d.lgs. n. 463 del 1999 -  nello  stabilire  che  gli
enti locali (Comuni e unioni di Comuni, loro consorzi o  altre  forme
associative previste dall'ordinamento degli enti locali, ivi compresi
gli enti di cui all'art. 7 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279,  recante
«Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale   per   la   regione
Trentino-Alto Adige in materia di minime proprieta' colturali, caccia
e pesca, agricoltura e foreste»)  hanno  facolta'  di  esercitare  le
attivita' elettriche nelle forme previste, fa salvo quanto  disposto,
tra  l'altro,  dall'art.  1-bis  -  aggiunto,  contestualmente,   dal
medesimo d.lgs. n. 463 del 1999 - che disciplina le competenze  della
Provincia in materia di canoni di concessione. 
    13.2.- Sotto  connesso  profilo,  il  rimettente  sottolinea  che
l'art. 13 dello statuto speciale riconosce alle Province autonome una
cospicua quota  di  energia  prodotta  dai  concessionari  di  grandi
derivazioni nella forma del sovracanone, e da cio' fa  discendere  il
divieto implicito per la Provincia autonoma di Bolzano  di  acquisire
parte del valore della concessione con altra modalita'. 
    Neppure tale approccio puo' essere  condiviso  in  ragione  della
diversa natura degli istituti posti a confronto dal giudice a quo. Ed
infatti, come questa Corte ha avuto  modo  di  rilevare  a  proposito
della disciplina dettata dall'art. 1, comma 2-bis, della legge  prov.
n. 10 del 1983 (abrogato, come si e' detto, dall'art. 36 della  legge
prov. n. 12 del 2003), «la disciplina  dei  sovracanoni  non  attiene
[...] alla materia della utilizzazione delle acque» (sentenza n.  533
del 2002) e il solo  canone  ha  natura  di  provento,  «esulando  la
disciplina dei sovracanoni dall'ambito delle competenze  provinciali»
(ordinanza n. 21  del  2004).  Nello  stesso  solco,  con  la  citata
sentenza n. 533 del 2002, questa Corte  ha  posto  in  luce  che  «La
giurisprudenza  di  legittimita'  ha   infatti   affermato   che   il
sovracanone richiesto ad un concessionario di utenza idrica configura
una  prestazione  patrimoniale  (cosi'  anche  questa  Corte  con  le
sentenze n. 257 del 1982  e  n.  132  del  1957),  non  ha  carattere
indennitario ed e' correlato solo all'esistenza attuale e non all'uso
effettivo della concessione  di  derivazione,  la  quale  costituisce
cosi' il  presupposto  materiale  di  un'imposizione  finalizzata  ad
integrare le risorse degli enti territoriali interessati, nel  quadro
di un'esigenza di sostegno dell'autonomia locale». 
    Ne consegue, pertanto, la non fondatezza  della  questione  sotto
tutti i profili esaminati. 
    14.- Sempre in riferimento all'art. 1 del d.P.R. n. 235 del 1977,
il Tribunale superiore delle  acque  pubbliche  censura  entrambe  le
disposizioni provinciali per contrasto con l'art. 3 Cost.,  sotto  il
profilo dell'irragionevole disparita' di trattamento, e con gli artt.
41  e  120  Cost.,  sostenendo   che   la   disciplina   dei   canoni
pregiudicherebbe esclusivamente gli enti  locali  concessionari,  che
essendo istituzionalmente chiamati a gestire le attivita' elettriche,
almeno in forma prevalente, nel territorio provinciale, non  possono,
di regola, delocalizzare la produzione rispetto alle imprese private.
Lamenta,   inoltre,   che   l'aumento   del    canone    in    misura
significativamente  superiore  alla  media  nazionale   introdurrebbe
un'ingiustificata discriminazione in danno  dei  concessionari  della
Provincia autonoma di Bolzano, a favore di coloro che  operano  fuori
dal territorio provinciale. 
    14.1.- La questione non e' fondata. 
    Si  richiamano,  in  proposito,  le  considerazioni   svolte   ai
paragrafi 8 e  9  sulla  finalita'  dell'intervento  del  legislatore
provinciale,   che,   nell'esercizio   della    potesta'    normativa
concorrente, e' intervenuto dettando le modalita'  di  determinazione
del canone in sintonia con  il  principio  di  corrispettivita'  e  a
prescindere dalle caratteristiche dei titolari delle concessioni. 
    Le presunte differenze di trattamento a discapito degli operatori
territoriali trovano, dunque, ancora una volta il loro fondamento nel
carattere oggettivo dei criteri  dettati  per  la  misurazione  delle
prestazioni  dovute  dai  concessionari  delle   grandi   derivazioni
idroelettriche.  Per  il  superamento  delle  censure  relative  alla
discriminazione attuata in ambito provinciale e' inoltre dirimente il
rilievo  che  i  criteri  adottati  dalla  Provincia  conducono  alla
quantificazione  del  canone  concessorio  non  solo   in   relazione
all'entita' della fruizione della risorsa, ma anche per risarcire  la
collettivita' locale per la devoluzione  utilitaristica  di  un  bene
comune.