ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 8,
del  decreto  legislativo  2  luglio   2010,   n.   104   (Attuazione
dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al
governo per il riordino del processo  amministrativo),  promosso  dal
Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra Natalizi Domenico  e
la Regione Umbria con ordinanza del 20 maggio 2013,  iscritta  al  n.
269 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 2013. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  12  marzo  2014  il  Giudice
relatore Sabino Cassese. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il 20 maggio 2013 e iscritta  al  n.
269 del registro ordinanze  2013,  il  Consiglio  di  Stato,  sezione
prima, nell'esercizio della propria funzione consultiva  in  sede  di
ricorso straordinario al Presidente della  Repubblica,  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7,  comma  8,  del
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104  (Attuazione  dell'articolo
44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al  governo  per
il  riordino  del  processo  amministrativo),  per   violazione   del
combinato  disposto  degli  artt.  76  e  77,  primo   comma,   della
Costituzione. 
    1.1.-  Il  collegio  rimettente  riferisce  che   un   dipendente
regionale ha impugnato, con ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica, le determinazioni dirigenziali relative a  una  procedura
selettiva per mobilita' interna, contestando l'attribuzione del posto
alla  vincitrice   controinteressata,   asseritamente   disposta   in
violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati  profili.  Il
collegio a quo espone, inoltre,  che  la  relazione  ministeriale  ha
concluso  per  l'inammissibilita'  del  ricorso  in   ragione   della
disposizione censurata, a mente della quale «il ricorso straordinario
e' ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione
amministrativa». 
    Ad  avviso  del  Consiglio  di   Stato,   il   proposto   ricorso
straordinario riguarda, in  effetti,  una  controversia  in  tema  di
rapporto  di  lavoro  pubblico  contrattualizzato,  che  spetta  alla
cognizione della giurisdizione ordinaria. Il giudice a  quo  rammenta
che, fino all'entrata in vigore della  disposizione  censurata,  cio'
non  avrebbe  escluso  l'ammissibilita'  del  ricorso  straordinario,
considerato quale rimedio concorrente, anziche' alternativo,  con  la
tutela giurisdizionale ordinaria.  La  disposizione  del  codice  del
processo amministrativo oggetto di censura, tuttavia, modificando  il
sistema  e   facendo   divenire   la   giurisdizione   amministrativa
presupposto di ammissibilita' del ricorso straordinario,  imporrebbe,
nella fattispecie sottoposta al parere del  Consiglio  di  Stato,  la
dichiarazione  di  inammissibilita'  del  ricorso  straordinario  per
difetto di giurisdizione. Il collegio  rimettente,  tuttavia,  dubita
della legittimita' costituzionale del citato art.  7,  comma  8,  del
d.lgs. n. 104 del 2010, in riferimento agli  artt.  76  e  77,  primo
comma, Cost. e solleva la questione dinanzi a questa  Corte,  essendo
«a tanto legittimat[o] dall'art. 69 della legge 18  giugno  2009,  n.
69». 
    1.2.- In punto di rilevanza, il Consiglio di Stato osserva che la
questione  costituisce  «argomento  pregiudiziale  incidente  proprio
sulla norma che la priva della potestas iudicandi» e dalla quale «non
e'  dato  prescindere  nella  presente  controversia»  essendo   essa
«decisiva per la prosecuzione dell'affare e la  sua  definizione  nel
merito in sede consultiva». 
    1.3.- Relativamente alla non manifesta infondatezza, il  collegio
rimettente rileva come una «innovazione legislativa, che importa  una
revisione cosi'  sostanziale  nell'ambito  del  sistema  del  ricorso
straordinario, quale prefigurato dal legislatore sin  dall'origine  e
configurato da una secolare giurisprudenza  non  solo  amministrativa
stabilizzata a "diritto vivente"»,  sia  stata  «introdotta  con  una
decretazione legislativa, in mancanza di alcun esplicito  riferimento
nella  legge  delega  al  particolare  "oggetto"  in  discorso».   La
disposizione  censurata  e'  infatti  intervenuta  -  ad  avviso  del
collegio a quo - senza che  la  legge  delega  recasse  una  «diretta
prescrizione con riguardo alle attribuzioni del Consiglio di Stato in
sede di adozione di parere su ricorso straordinario», in una  materia
«non contemplata come oggetto della delega». Il Consiglio  di  Stato,
rammentando anche la giurisprudenza di questa Corte sulla  necessita'
di ricostruire  il  significato  dei  principi  e  criteri  direttivi
tenendo conto del complessivo contesto normativo  e  delle  finalita'
che ispirano la delega, osserva che  le  disposizioni  dettate  dalla
legge delega (art. 44 della legge n. 69 del 2009) riguardano soltanto
il riordino del  «processo  amministrativo»,  mentre  non  contengono
alcuna «proposizione  espressa  o  implicita  riferibile  al  ricorso
straordinario».  Aggiunge  ancora  il  collegio  rimettente  che   la
disposizione censurata, volta a limitare l'ambito di applicazione del
ricorso straordinario, e' stata  introdotta  in  accoglimento  di  un
parere formulato  dalle  competenti  commissioni  parlamentari  sulla
scorta  di  una  motivazione  -  l'obiettivo  di  «una  piu'   rapida
definizione   del   processo»   -   che   tuttavia   e'   intimamente
contraddittoria, attesa la «funzione deflattiva propria  del  ricorso
straordinario». L'analisi puntuale delle  disposizioni  dell'art.  44
della legge n. 69 del 2009, sulla cui  base  e'  stato  approvato  il
decreto  in  cui  si  colloca  la  norma  censurata,  induce   quindi
l'autorita' rimettente a ritenere che l'oggetto  della  delega  fosse
«circoscritto  al  coordinamento   e   al   riassetto   del   settore
logico-sistematico della giurisdizione amministrativa»,  non  essendo
invece  rinvenibile  «alcun  cenno  alla   disciplina   del   ricorso
straordinario». Ad avviso del Consiglio di Stato,  cio'  risulterebbe
ulteriormente confermato dalla circostanza che la materia del ricorso
straordinario e' separatamente disciplinata in altro  articolo  (art.
69)  della  medesima  legge  n.  69  del  2009,  intitolato   «Rimedi
giustiziali  contro  la  pubblica  amministrazione».  Il  legislatore
avrebbe  dunque  inteso  mantenere  separate  le   distinte   materie
regolate, rispettivamente, dall'art. 44 e dall'art. 69 della legge n.
69 del 2009, con la conseguenza che la ratio  della  delega  prevista
dalla prima disposizione «era quella di riordinare e  riassettare  la
giustizia amministrativa, non  quella  di  riformulare  l'ambito  del
ricorso straordinario», in ordine al quale «non  si  rinviene  e  non
puo' rinvenirsi alcun espresso principio e criterio direttivo». 
    2.- Con atto depositato in cancelleria  il  7  gennaio  2014,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, e'  intervenuto  nel  giudizio,
chiedendo  che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale   sia
dichiarata manifestamente infondata. 
    2.1.- La difesa dello Stato ricorda  innanzitutto  come,  secondo
l'orientamento    giurisprudenziale    tradizionale,    il    ricorso
straordinario fosse ammissibile  anche  nelle  controversie  devolute
alla giurisdizione ordinaria, nelle quali tuttavia il giudice  civile
poteva  disapplicare  la  decisione  del   ricorso,   avente   natura
amministrativa. Tale assetto,  secondo  l'Avvocatura  generale  dello
Stato, per un verso, incideva negativamente «sul piano  organizzativo
e sulla rapidita' della definizione delle questioni rientranti  nelle
competenze del Consiglio di Stato»; per altro  verso,  «impediva  una
corretta    qualificazione    dell'istituto»,    in     quanto     la
disapplicabilita' della decisione straordinaria da parte del  giudice
civile impediva di qualificarla  come  pronuncia  giurisdizionale  ed
escludeva quindi la proponibilita' del giudizio di  ottemperanza.  La
legge n. 69 del  2009,  nella  ricostruzione  proposta  dalla  difesa
statale, ha inteso superare le incertezze sulla  natura  del  ricorso
straordinario,  qualificandolo  a  tutti  gli  effetti  come  rimedio
giurisdizionale.  A  tal  fine,  il  legislatore  ha   riformato   il
procedimento del ricorso straordinario eliminando l'elemento ritenuto
da questa Corte (sentenza n. 254 del 2004) decisivo per affermarne la
natura amministrativa, cioe' la facolta' del Consiglio  dei  ministri
di disattendere  il  parere  obbligatorio  del  Consiglio  di  Stato.
Divenuto quest'ultimo vincolante, oltre che obbligatorio, il  rimedio
del  ricorso  straordinario,  ad  avviso  della  difesa  statale,  ha
definitivamente acquisito natura giurisdizionale. La norma  censurata
costituisce, secondo l'Avvocatura generale dello Stato,  «una  logica
conseguenza di questa innovazione normativa». Se, infatti, il ricorso
straordinario, divenuto  rimedio  giurisdizionale,  fosse  esperibile
anche nelle controversie devolute al giudice ordinario,  occorrerebbe
«ritenere  l'autorita'   giurisdizionale   ordinaria   vincolata   al
contenuto   della    decisione    (giurisdizionale)    del    ricorso
straordinario,   determinando   una   situazione   di   inammissibile
interferenza tra le giurisdizioni». Di conseguenza, ad  avviso  della
difesa statale, la norma censurata, nella misura in  cui  costituisce
«una conseguenza logica necessitata della mutata natura del mezzo del
ricorso straordinario», deve ritenersi «come tale  legittima»,  anche
«a prescindere dalla sussistenza di qualunque  specifico  criterio  o
principio di delega». 
    Peraltro, l'Avvocatura generale dello Stato osserva anche che  la
disposizione censurata e' coerente con la ratio di una delega che  e'
formulata in termini molto ampi e, in particolare,  risponde  sia  al
criterio della «concentrazione ed effettivita' della tutela, anche al
fine di garantire la ragionevole durata del processo» (art. 44, comma
2, lettera a), sia  al  criterio  del  «riordino  delle  norme  sulla
giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto  alle  altre
giurisdizioni» (art. 44, comma 2, lettera b, numero 1). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato, sezione  prima,  nell'esercizio  della
propria funzione consultiva  in  sede  di  ricorso  straordinario  al
Presidente della Repubblica, ha sollevato questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 7, comma 8, del decreto legislativo 2 luglio
2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009,
n. 69, recante  delega  al  governo  per  il  riordino  del  processo
amministrativo), per violazione del combinato disposto degli articoli
76 e 77, primo comma, della Costituzione. 
    Ad avviso del collegio  rimettente,  la  disposizione  censurata,
secondo cui il ricorso straordinario al Presidente  della  Repubblica
«e'  ammesso   unicamente   per   le   controversie   devolute   alla
giurisdizione  amministrativa»,  avrebbe   determinato   un   effetto
innovativo in una materia estranea all'oggetto della delega  di  mero
riordino sulla cui base e' stata adottata. 
    2.- Preliminarmente,  deve  riconoscersi  la  legittimazione  del
Consiglio  di   Stato   a   sollevare   questioni   di   legittimita'
costituzionale  in  sede  di  parere  sul  ricorso  straordinario  al
Presidente della Repubblica. 
    Come gia' affermato da questa Corte ai  fini  dell'ammissibilita'
di questioni di legittimita' costituzionale sollevate  dal  Consiglio
di giustizia amministrativa per  la  Regione  siciliana  in  sede  di
parere  sul  ricorso  straordinario  al  Presidente   della   Regione
siciliana (sentenza n. 265 del 2013), l'art. 69, comma 1, della legge
18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per  lo  sviluppo  economico,  la
semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia  di  processo
civile), modificando il testo dell'art. 13, primo comma,  del  d.P.R.
24 novembre  1971,  n.  1199  (Semplificazione  dei  procedimenti  in
materia  di  ricorsi  amministrativi)  ha  stabilito   che   l'organo
competente ad esprimere il parere sul ricorso straordinario  al  Capo
dello Stato, «Se ritiene che  il  ricorso  non  possa  essere  deciso
indipendentemente dalla risoluzione di una questione di  legittimita'
costituzionale che non  risulti  manifestamente  infondata,  sospende
l'espressione del parere e, riferendo i  termini  e  i  motivi  della
questione, ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale, ai sensi e per gli  effetti  di  cui  agli
artt. 23 e seguenti della legge 11 marzo  1953,  n.  87,  nonche'  la
notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati». 
    Tale disposizione, contenuta in una legge ordinaria, e'  coerente
con i criteri posti dall'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio
1948,  n.  1,  ai  sensi  del  quale  la  questione  di  legittimita'
costituzionale deve essere rilevata o  sollevata  «nel  corso  di  un
giudizio» e deve essere  ritenuta  non  manifestamente  infondata  da
parte di  un  «giudice».  L'istituto  del  ricorso  straordinario  al
Presidente della  Repubblica,  cui  questa  Corte  in  passato  aveva
riconosciuto natura  amministrativa,  soprattutto  in  ragione  della
facolta'  del  Consiglio  dei  ministri  di  adottare  una  decisione
difforme dal parere del Consiglio  di  Stato  (sentenza  n.  254  del
2004),  e'  stato  di  recente  oggetto  di   importanti   interventi
legislativi. Tra questi rileva, in particolare,  l'art.  69,  secondo
comma, della legge n. 69 del 2009, che,  modificando  l'art.  14  del
d.P.R. n. 1199 del 1971, ha stabilito che «La decisione  del  ricorso
straordinario e' adottata con decreto del Presidente della Repubblica
su  proposta  del  Ministero  competente,  conforme  al  parere   del
Consiglio di Stato». L'acquisita natura  vincolante  del  parere  del
Consiglio di Stato, che  assume  cosi'  carattere  di  decisione,  ha
conseguentemente   modificato   l'antico   ricorso    amministrativo,
trasformandolo in un  rimedio  giustiziale,  che  e'  sostanzialmente
assimilabile ad un "giudizio", quantomeno ai  fini  dell'applicazione
dell'art. 1 della legge cost. n. 1 del  1948  e  dell'art.  23  della
legge n. 87 del 1953. 
    3.- Nel merito, la questione non e' fondata. 
    3.1.- Va innanzitutto escluso che la  disposizione  censurata  si
riferisca ad un oggetto estraneo alla delega per il «riassetto  della
disciplina del processo amministrativo», contenuta nell'art. 44 della
legge n. 69 del 2009. Questa tesi, sostenuta dal collegio rimettente,
non considera che la medesima legge n. 69 del 2009, come rilevato, ha
profondamente modificato la disciplina del ricorso  straordinario  al
Presidente  della  Repubblica,  rendendo  vincolante  il  parere  del
Consiglio di Stato e consentendo che in tale sede  vengano  sollevate
questioni di  legittimita'  costituzionale.  Per  effetto  di  queste
modifiche, l'istituto ha perduto la  propria  connotazione  puramente
amministrativa ed ha  assunto  la  qualita'  di  rimedio  giustiziale
amministrativo, con caratteristiche strutturali e funzionali in parte
assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo. 
    La disposizione censurata, percio',  e'  intesa  a  coordinare  i
rapporti  fra  la  giurisdizione   amministrativa   e   l'ambito   di
applicazione di un rimedio giustiziale attratto  per  alcuni  profili
nell'orbita della giurisdizione amministrativa  medesima,  in  quanto
metodo alternativo di risoluzione di conflitti, pur senza  possederne
tutte le caratteristiche. Essa, dunque, non puo' considerarsi  al  di
fuori  dell'oggetto  della  delega   sul   riassetto   del   processo
amministrativo, la quale include,  fra  l'altro,  il  riordino  delle
norme vigenti «sulla giurisdizione del giudice amministrativo,  anche
rispetto alle altre giurisdizioni». 
    3.2.- Ne' puo'  ritenersi  che  la  norma  censurata  produca  un
effetto innovativo incompatibile con la natura della  delega  di  cui
all'art. 44 della legge n. 69 del 2009.  Essa  -  come  ha  precisato
questa Corte -  autorizza  l'esercizio  di  poteri  innovativi  della
normazione vigente a condizione che siano «strettamente necessari  in
rapporto alla finalita' di ricomposizione sistematica perseguita  con
l'operazione di riordino o riassetto» (sentenza  n.  162  del  2012).
L'esperibilita'  del  ricorso  straordinario  al   Presidente   della
Repubblica anche per controversie  devolute  alla  giurisdizione  del
giudice ordinario, in regime di concorrenza e non  di  alternativita'
con  tale  giurisdizione,  si  basa  su  una   risalente   tradizione
interpretativa, consolidatasi, praeter legem, nel  presupposto  della
natura amministrativa del rimedio;  in  virtu'  di  tale  natura,  al
giudice ordinario era sempre consentito disapplicare la decisione sul
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. 
    La legge n. 69 del 2009, modificando la  disciplina  del  ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica nel senso che si  e'  in
precedenza illustrato, ha fatto venir meno quel presupposto,  su  cui
si fondava il regime di concorrenza fra tale rimedio amministrativo e
il ricorso dinanzi all'autorita' giurisdizionale ordinaria. Nel nuovo
contesto, simile concorrenza si trasformerebbe, come ha  rilevato  la
difesa dello Stato,  in  una  inammissibile  sovrapposizione  fra  un
rimedio  giurisdizionale   ordinario   e   un   rimedio   giustiziale
amministrativo,  che  e'  a  sua   volta   alternativo   al   rimedio
giurisdizionale  amministrativo  e  ne  ricalca  solo  alcuni  tratti
strutturali  e  funzionali.  Per  risolvere   questa   anomalia,   la
disposizione censurata,  superando  l'assetto  consolidatosi  in  via
interpretativa,   ha   limitato    l'ammissibilita'    del    ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica alle  sole  controversie
devolute  alla  giurisdizione  amministrativa.  Tale  soluzione,  che
avrebbe potuto ricavarsi dal  sistema,  e'  comunque  la  conseguenza
logica  di  una  scelta  -  la  traslazione  del   suddetto   ricorso
straordinario dall'area  dei  ricorsi  amministrativi  a  quella  dei
rimedi giustiziali - che e' stata compiuta  dalla  legge  n.  69  del
2009. Sotto tale profilo, la norma censurata risponde, quindi, ad una
evidente finalita' di ricomposizione sistematica, compatibile con  la
qualificazione di delega di riordino o  riassetto  normativo  propria
dell'art. 44 della legge n. 69 del 2009. 
    3.3.- Deve pertanto  dichiararsi  non  fondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 8, del d.lgs.  n.  104
del  2010,  sollevata  dal  Consiglio  di  Stato  in  riferimento  al
combinato disposto degli articoli 76 e 77, primo comma, Cost.